Skip to main content

Full text of "Archivio storico per le Marche e per l'Umbria"

See other formats


Google 


This  is  a  digitai  copy  of  a  book  that  was  prcscrvod  for  gcncrations  on  library  shclvcs  bcforc  it  was  carcfully  scannod  by  Google  as  pari  of  a  project 

to  make  the  world's  books  discoverablc  online. 

It  has  survived  long  enough  for  the  copyright  to  expire  and  the  book  to  enter  the  public  domain.  A  public  domain  book  is  one  that  was  never  subjcct 

to  copyright  or  whose  legai  copyright  terni  has  expired.  Whether  a  book  is  in  the  public  domain  may  vary  country  to  country.  Public  domain  books 

are  our  gateways  to  the  past,  representing  a  wealth  of  history,  culture  and  knowledge  that's  often  difficult  to  discover. 

Marks,  notations  and  other  maiginalia  present  in  the  originai  volume  will  appear  in  this  file  -  a  reminder  of  this  book's  long  journcy  from  the 

publisher  to  a  library  and  finally  to  you. 

Usage  guidelines 

Google  is  proud  to  partner  with  librarìes  to  digitize  public  domain  materials  and  make  them  widely  accessible.  Public  domain  books  belong  to  the 
public  and  we  are  merely  their  custodians.  Nevertheless,  this  work  is  expensive,  so  in  order  to  keep  providing  this  resource,  we  have  taken  steps  to 
prcvcnt  abuse  by  commercial  parties,  including  placing  lechnical  restrictions  on  automated  querying. 
We  also  ask  that  you: 

+  Make  non-C ommercial  use  ofthefiles  We  designed  Google  Book  Search  for  use  by  individuals,  and  we  request  that  you  use  these  files  for 
personal,  non-commerci  al  purposes. 

+  Refrain  fivm  automated  querying  Do  noi  send  aulomated  queries  of  any  sort  to  Google's  system:  If  you  are  conducting  research  on  machine 
translation,  optical  character  recognition  or  other  areas  where  access  to  a  laige  amount  of  text  is  helpful,  please  contact  us.  We  encouragc  the 
use  of  public  domain  materials  for  these  purposes  and  may  be  able  to  help. 

+  Maintain  attributionTht  GoogX'S  "watermark"  you  see  on  each  file  is essential  for  informingpcoplcabout  this  project  and  helping  them  lind 
additional  materials  through  Google  Book  Search.  Please  do  not  remove  it. 

+  Keep  it  legai  Whatever  your  use,  remember  that  you  are  lesponsible  for  ensuring  that  what  you  are  doing  is  legai.  Do  not  assume  that  just 
because  we  believe  a  book  is  in  the  public  domain  for  users  in  the  United  States,  that  the  work  is  also  in  the  public  domain  for  users  in  other 
countiies.  Whether  a  book  is  stili  in  copyright  varies  from  country  to  country,  and  we  cani  offer  guidance  on  whether  any  specific  use  of 
any  specific  book  is  allowed.  Please  do  not  assume  that  a  book's  appearance  in  Google  Book  Search  means  it  can  be  used  in  any  manner 
anywhere  in  the  world.  Copyright  infringement  liabili^  can  be  quite  severe. 

About  Google  Book  Search 

Google's  mission  is  to  organize  the  world's  information  and  to  make  it  universally  accessible  and  useful.   Google  Book  Search  helps  rcaders 
discover  the  world's  books  while  helping  authors  and  publishers  reach  new  audiences.  You  can  search  through  the  full  icxi  of  this  book  on  the  web 

at|http: //books.  google  .com/l 


Google 


Informazioni  su  questo  libro 


Si  tratta  della  copia  digitale  di  un  libro  che  per  generazioni  è  stato  conservata  negli  scaffali  di  una  biblioteca  prima  di  essere  digitalizzato  da  Google 

nell'ambito  del  progetto  volto  a  rendere  disponibili  online  i  libri  di  tutto  il  mondo. 

Ha  sopravvissuto  abbastanza  per  non  essere  piti  protetto  dai  diritti  di  copyriglit  e  diventare  di  pubblico  dominio.  Un  libro  di  pubblico  dominio  è 

un  libro  clie  non  è  mai  stato  protetto  dal  copyriglit  o  i  cui  termini  legali  di  copyright  sono  scaduti.  La  classificazione  di  un  libro  come  di  pubblico 

dominio  può  variare  da  paese  a  paese.  I  libri  di  pubblico  dominio  sono  l'anello  di  congiunzione  con  il  passato,  rappresentano  un  patrimonio  storico, 

culturale  e  di  conoscenza  spesso  difficile  da  scoprire. 

Commenti,  note  e  altre  annotazioni  a  margine  presenti  nel  volume  originale  compariranno  in  questo  file,  come  testimonianza  del  lungo  viaggio 

percorso  dal  libro,  dall'editore  originale  alla  biblioteca,  per  giungere  fino  a  te. 

Linee  guide  per  l'utilizzo 

Google  è  orgoglioso  di  essere  il  partner  delle  biblioteche  per  digitalizzare  i  materiali  di  pubblico  dominio  e  renderli  universalmente  disponibili. 
I  libri  di  pubblico  dominio  appartengono  al  pubblico  e  noi  ne  siamo  solamente  i  custodi.  Tuttavia  questo  lavoro  è  oneroso,  pertanto,  per  poter 
continuare  ad  offrire  questo  servizio  abbiamo  preso  alcune  iniziative  per  impedire  l'utilizzo  illecito  da  parte  di  soggetti  commerciali,  compresa 
l'imposizione  di  restrizioni  sull'invio  di  query  automatizzate. 
Inoltre  ti  chiediamo  di: 

+  Non  fare  un  uso  commerciale  di  questi  file  Abbiamo  concepito  Googìc  Ricerca  Liba  per  l'uso  da  parte  dei  singoli  utenti  privati  e  ti  chiediamo 
di  utilizzare  questi  file  per  uso  personale  e  non  a  fini  commerciali. 

+  Non  inviare  query  auiomaiizzaie  Non  inviare  a  Google  query  automatizzate  di  alcun  tipo.  Se  stai  effettuando  delle  ricerche  nel  campo  della 
traduzione  automatica,  del  riconoscimento  ottico  dei  caratteri  (OCR)  o  in  altri  campi  dove  necessiti  di  utilizzare  grandi  quantità  di  testo,  ti 
invitiamo  a  contattarci.  Incoraggiamo  l'uso  dei  materiali  di  pubblico  dominio  per  questi  scopi  e  potremmo  esserti  di  aiuto. 

+  Conserva  la  filigrana  La  "filigrana"  (watermark)  di  Google  che  compare  in  ciascun  file  è  essenziale  per  informare  gli  utenti  su  questo  progetto 
e  aiutarli  a  trovare  materiali  aggiuntivi  tramite  Google  Ricerca  Libri.  Non  rimuoverla. 

+  Fanne  un  uso  legale  Indipendentemente  dall'udlizzo  che  ne  farai,  ricordati  che  è  tua  responsabilità  accertati  di  fame  un  uso  l^ale.  Non 
dare  per  scontato  che,  poiché  un  libro  è  di  pubblico  dominio  per  gli  utenti  degli  Stati  Uniti,  sia  di  pubblico  dominio  anche  per  gli  utenti  di 
altri  paesi.  I  criteri  che  stabiliscono  se  un  libro  è  protetto  da  copyright  variano  da  Paese  a  Paese  e  non  possiamo  offrire  indicazioni  se  un 
determinato  uso  del  libro  è  consentito.  Non  dare  per  scontato  che  poiché  un  libro  compare  in  Google  Ricerca  Libri  ciò  significhi  che  può 
essere  utilizzato  in  qualsiasi  modo  e  in  qualsiasi  Paese  del  mondo.  Le  sanzioni  per  le  violazioni  del  copyright  possono  essere  molto  severe. 

Informazioni  su  Google  Ricerca  Libri 

La  missione  di  Google  è  oiganizzare  le  informazioni  a  livello  mondiale  e  renderle  universalmente  accessibili  e  finibili.  Google  Ricerca  Libri  aiuta 
i  lettori  a  scoprire  i  libri  di  tutto  il  mondo  e  consente  ad  autori  ed  editori  di  raggiungere  un  pubblico  più  ampio.  Puoi  effettuare  una  ricerca  sul  Web 
nell'intero  testo  di  questo  libro  dalhttp:  //books.  google,  comi 


374. 


Ck. 


/ 


\ 


^ 


2- 


K 


/ 


j 


\    ^ 


6'3 


^ 


.    t 


Vedi  avvertcnn^  in  4  pagina 


ARCHIVIO  STORICO 


PER 


LE    MARCHE    E    PER   L'  UMBRIA 


DIRETTO    DA 


M.  FALOCI  PULIGNANI, 
G.  MAZZATINTI,  M.  SANTONI. 


-  • 

t 


Volume  II.  Fateicolo  V. 


FOLIGNO 

PRESSO   LA    DIREZIONE 

iSSs. 


INDICE  DI  QUESTO  FASCÌCOLO 


MEMORIE  E  DOCUMENTI 

GRADASSI  -  LUZI  R.  GU  antichi  capitoU  della  Fiera 

del  Campitello  di  Temi Pag.      5. 

SANTONI  M.  Il  libro  Rosso  del  Comune  di  Camerino  »       3  7. 

RAFFAELLI  F.  Le  CosiituHonis  Marchiae  Anconitanae 
bibliotecnicamente  descritte  in  tutte  le  loro   edi- 
zioni. ( Continuoj^one  e  fine)      .        .        .        .  »       63. 
NOVATI  F.  Un  umanista  Fabrianese  del  secolo  XIV, 

Giovanni  Tinti   .        • »     103. 

RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

DE  SANCTIS  P.  Notizie  storiche  del  Monastero   di 
S.  Salvatore  Maggiore  e  del  Seminario   di   Rieti 

( M.  MaronL) »     158. 

GUERRINl  A.  Storia  della  terra  di  Fratta  oggi  Um- 

bertide  (  G.  Manatinti) »     160. 

Saint  Francois  d*  Assise.  I.  Vie  de  saint  Francois.  -^ 
IL  Saint  Francois  apres  sa  mort.  (  M.  Faloci  Pu- 

ìigTiani) »     i64. 

BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 1»     172. 

SPOGLIO  DELLE  PUBLICAZIONI  PERIODICHE  PEL  SE- 
CONDO SEMESTRE  1 884        ...        .         »     176. 
VARIETÀ  E  NOTIZIE »     190. 


U  ARCHIVIO  STORICO  PER  LE  MARCHE  E 
PER  U  UMBRIA  si  publica  in  fascicoli  trimestrali  di  va- 
ria mole^  da  formare  però  in  fine  di  ogni  anno  un  vo- 
lume non  minore  di  800  pagine. 

Il  prezzo  di  associazione  annua  per  V  Italia  è  di  £  15. 

Per  tuttociò  che  riguarda  la  Direzione  e  1'  Ammini- 
strazione^ rivolgersi   in   Foligno   al   Sig.    D.    M.    Faloci 

PULIGNANI. 


ARCHIVIO  STORICO 


I 


PER 


LE    MARCHE   E   PER   V  UMBRIA 


DIRETTO   DA 


M.  FALOa  PULIGNANI, 
G.  MAZZATINTI,  M.  SANTONI. 


\ 


\ 


VOLUME  SECONDO 


FOLIGNO 
PRESSO  LA   DIREZIONE 

188;. 


GLI  ANTICHI  CAPITOLI 


DELLA 


FIERA   DEL   CAMPITELLO   DI   TERNI 


Le  Confraternite  della  città  di  Terni,  avvegnaché 
meritevoli  di  un  serio  ed  accurato  esame,  furono  per 
incuria  lasciate  nel  più  deplorevole  abbandono  e  po« 
chissimo  esplorate  e  studiate  da  quelli  stessi  che  di 
Temi  lasciarono  scritte  importanti  memorie.  L'  An- 
geloni  ci  narra  soltanto  che  nel  i6oo,  ricorrendo 
V  anno  Santo,  si  partirono  da  Terni  sette  compagnie 
di  confratri,  in  numero  di  oltre  800,  ed  entrate  che 
furono  in  Roma  e  presovi  il  Giubileo,  lasciarono  al 
Papa  uno  stendardo  di  ermesino  rosso  con  su  dipinti 
i  Santi  jM-otettori  e  lo  stemma  delia  città  (').  Dà  pu- 
re un  cenno  delle  origini  della  Confraternita  della 
Crocesanta ,  e  narra  come  la  Compagnia  de'  crocesù 
gnali  venisse  istituita  quando  Alberico  Camporeali  di 
Temi  s*  ebbe  in  dono  dal  Pontefice  Sisto  IV  (  an. 
147 1  )  una  parte   della   croce  che  Cristo  portò   sul 


(i)  Angeloni.  Storia  di  Terni,  pag.  $19. 


6  RICCARDO     GRADASSI-LUZI 

Calvario  (').  Della  Confraternita  di  S.  Nicandro  e 
de'  Disciplinati  dice  quel  tanto  che  é  necessario  a 
mettere  in  evidenza  il  loro  scopo,  quello  cioè  di 
mantenere  Ospedali  a  sollievo  de'  poveri,  ricovrare 
orfanelli  e  dotare  fanciulle  (*):  ma  non  si  addentra 
nella  ricerca  di  lor  primitiva  istituzione  e  nell'  esame 
de*  loro  Statuti,  non  ne  segue  lo  svolgimento  a  tra- 
verso i  secoli ,  e  soprattutto  non  si  cura  de'  lor  do- 
cumenti, non  ne  afferma  la  esistenza  e  non  mette 
sulle  traccie  di  poterli  in  niun  modo  esaminare  e  stu- 
diare. E  questa  istessa  lacuna  troviamo  nelle  Memo- 
rie storiche  del  Silvestri ,  il  quale  mentre  toglieva 
molte  preziose  notizie  dai  libri  delle  Riformanze  di 
Terni,  non  curossi  punto  di  esplorare  gli  archivi  delle 
Confraternite  (  forse  allora  efficacemente  esplorabili  ) 
per  darne  una  esatta  e  completa  monografia. 

E  non  é  chi  non  vegga  con  quanto  danno  della 
istoria  generale  d' Italia  siensi  abbandonati  all'  incuria 
e  alla  dispersione  documenti  preziosi  ed  interi  archivi 
dai  quali  soltanto  sarebbesi  potuta  attingere  V  indole 
ed  il  vero  carattere  di  certe  istituzioni  che,  sorte  per 
impulso  di  religione,  talora  per  im  cieco  fanatismo, 
ma  più  spesso  per  un  nobile  e  generoso  slancio  di 
carità,  stanno  in  gran  parte  a  documentare  la  civiltà 
nostra,  molto  superiore  da  questo  lato,  a  quella  di 
altre  Nazioni. 


(i)  Akgeloki,  pag.  330. 

(2)  Angezx>ni,  pag.  326^  327,  333, 


PIERA  DEL    CAMPITELLO  ^ 

Per  quanto  m'  é  noto»  le  nostre  Confraternite  fu- 
rono in  numero  di  quattordici;  dieci  esistenti  tuttora, 
quattro  dismesse.  Le  prime  si  ebbero  e  mantengono 
le  denominazioni  di  Confraternita  del  Rosario ,  del 
Carmine,  del  Sagramento,  della  Crocesanta,  di  S.  Ge« 
rolamo,  dello  Spirito  Santo,  di  S.  Marco,  di  S.  Seba- 
stiano e  di  S.  Giovanni  Decollato  (').  Le  altre  quattro 
furono  ;  la  Confraternita  di  S.  Lucia,  la  Confraternita 
di  S.  Antonio  (  detta  anche  de'  Disciplinati  ) ,  quella 
di  S.  Nicandro,  e  di  Campitello.  Le  prime  due  ven- 
nero soppresse  per  decreto  di  Monsignor  Martino  In- 
nico  Caracciolo  Visitatore  Apostolico  quando  nel  1739 
ebbe  facoltà  dai  Pontefice  Clemente  XII  di  fondare 
in  Nami  un  ospizio  pei  trovatelli  e  di  aumentare  in 
Temi  il  patrimonio  de'  poveri  infermi  (')•  La  Confra- 


(i)  Notevole  eccezione,  la  Qmfratemiu  di  S.  Giovanni  decollato  o  della 
Misericordia,  possiede  ancora  alcuni  documenti  nel  suo  archivio;  e,  pieno  di 
notìzie  curiose  ed  importanti,  il  Libro  delle  lusHtie  e  de^  Confortadori  che 
meriterebbe  una  pubblicazione.  Vi  sono  dettagli  a  tinte  funebri  che  destano 
raccapriccio  sdegno  e  tenerezza  ad  un  tempo.  In  quelle  pagine  detute  più 
che  da  confortadori,  da  veri  e  spietati  inquisitori,  da  vespilloni  famelici  e 
da  squisita  £mtasia  di  carnefici,  tu  segui  il  condannato  dalla  sua  prima  car- 
cerazione all'  ultimo  supplicio,  anzi  fino  al  punto  in  cui  vien  tumulato.  Col 
nero  cappuccio  calato  sug^  occhi  que*  coofiratelli  della  Morte  assediano  il 
condannato  in  mille  guise  perch'  e*  si  converta,  e  (  £mtasime  paurose  e  sgra- 
dite )  si  rendono  interpreti  della  parola  di  Dio  e  parlano  delle  gioie  del 
cielo,  e  in  tanto  slancio  di  carità  non  vergognano  di  trarre  dalle  labbra 
della  vittima  mezzo  inebetita  dal  dolore  le  confessioni  più  intime  e  le  ri- 
velazioni più  strane  della  sua  vita;  tutte  le  gioie  e  i  dolori  e  i  falli  del  suo 
passato  ;  tutti  i  sensi  più  ascosi  e  i  più  cari  entusiasmi  della  sua  giovinezza. 
E  queste  rivelazioni  venivano  registrate  in  un  libro.  Peccato  che  questo  li- 
bro più  non  s*  abbia  a  trovare  ....  Sarebbe  come  una  splendida  fantasti- 
cherìa nel  campo  severo  della  storia  I 

(2)  V.  la  mia  opera  sugli  Istituti  di  Carità  di  Terni,  pag.  47. 


8  RICCARIK)    GRADASShLUZl 

ternita  di  S.  Nicandro  cessò  d'  esistere  quando  la 
Congregazione  di  Carità  prese  possesso  dell'  Ospedale 
Civile  (').  La  Confraternita  del  Campitello,  della  quale 
ci  é  pervenuta  memoria  soltanto  in  virtù  della  sua 
celebratissima  fiera  {*),  cessò  certamente  d*  esistere,  ma 
non  saprei  dire  né  per  qual  modo  né  quando. 

In  tanta  penuria  dì  memorie,  ogni  documento, 
di  qualsivoglia  natura  egli  sia,  che  a  queste  antiche 
istituzioni  si  riferisca,  possiede  tutte  le  attrattive  delle 
cose  nuove  e  rare,  ed  ha  per  li  studi  storici  una  sin* 
golare  importanza.  Poiché  sovente  avviene  (  e  non  lo 
ignora  chi  ha  la  febbrile  smania  di  rovistar  per  gli 
archivi  )  che  un  intero  periodo  di  storia,  la  narrazio* 
ne  di  un  fatto  notevole  o  d'armi  o  di  lotta  religio* 
sa  o  politica,,  la  viva  pittura  di  un  personaggio  o  la 
riscostruzione  di  un  monumento,  sia  del  tutto  racco- 
mandata alle  carte  ingiallite  di  un  vecchio  Statuto, 
di  un  Breve  o  di  un  Diploma  di  nobiltà,  di  un  di- 
menticato atto  cancelleresco  o  di  un  modesto  rogito 
notarile.  Talora  da  uno  scritto  de'  più  insignificanti  si 
sono  rilevate  le  costumanze  di  un  popolo  :  un  sem- 
plice e  negletto  inventario  ci  ha  rivelato  il  nome  di 
scienziati  e  d'  artisti  ;  la  sbiadita  scrittura  di  un  con- 
tratto o  di  un  testamento  ha  rivendicate  alla  Storia 
pagine  belle  e  immortali. 

Sicché  quando  mi  venne  fatto  di  rintracciare  in 
una  stupenda  e  nitida  pergamena  della  Confraternita 


(i)  V.  op.  cit.  Docum.  VII,  pag-  2$5. 
(2)  V.  op.  dt  Docum.  II,  pag.  2x2. 


PIERA  DEL  CAMPITELLO  $ 

di  S.  Lucia  gli  antichi  Capitoli  della  nostra  fiera  del 
Campìtello  (')  pensai  che  potessero  meritare  tutta 
r  attenzione  degli  studiosi,  cosi  per  quella  ingenuità  di 
esposizione,  non  priva  di  qualche  negligenza  di  stile, 
che  distingue  le  scritture  cancelleresche  del  XV  se- 
colo, come  ancora  per  le  costumanze  dell'  epoca,  per 
le  franchigie  che  lo  Stato  accordava,  pei  diritti  ecce- 
zionali goduti  dai  cittadini  durante  tutto  il  periodo 
della  fiera;  perìodo  in  cui  restavasi  momentaneamente 
paralizzata  la  stessa  autorità  delle  leggi  per  dar  pieno  e 
libero  sfogo  allo  scambio,  per  attirare  il  concorso 
dei  forestieri^  per  procurare  ai  paesani  e  agli  istituti 
di  beneficenza  la  ricchezza  e  il  benessere.  ^ 

£  per  fornire  una  idea  della  fiera  del  Campitello, 
finirò  questa  breve  introduzione  colle  parole  del  no- 
stro  storico   illustre   seguite  da  un  cenno  che   della 


(i)  Le  poche  pergamene  costituenti  1*  antico  archivio  della  Fraternità 
di  S.  Lucia  sono  attualmente  possedute  dalla  Congregazione  di  Carità  che 
le  conserva  in  una  custodia  di  latta  segnata  col  N.  VL  La  più  antica  di 
tali  pergamene  è  del  7  Marzo  1539;  ™^  ^^^  ^^^  contenuto  può  dcdursi  che 
la  Confraternita  fosse  instituita  in  epoca  assai  anteriore.  Il  loro  numero 
complessivo  è  di  venticinque  e  1*  ultima  porta  la  data  dei  29  Maggio  1737, 
data  che  precede  di  due  anni  la  soppressione  del  sodalizio.  Quasi  tutti  i 
suoi  documenta  hanno  un  rapporto  alla  fiera  del  Campitello;  tale  e  tanta 
era  la  importanza  che  suoleva  attribuirlesi  1  —  Soltanto  dalla  pergamena 
dei  6  Settembre  i644  può  rilevarsi  che  la  Confraternita  di  S.  Lucia  avesse 
degli^tatuti,  poiché  è  in  quella  che  un  Cristophorus  Widman  richiama  alla 
osservanza  le  disposizioni  relative  all'  ammissione  dei  Confrati,  e  prescrive: 
deve  il  Confrate  che  vuol  esser  ammesso  dare  il  memoriale  col  suo  nome 
e  cognome  al  Priore  deUa  Fraternità,  e  questi  deve  passarlo  ai  maestri  dei 
novizi  perchè  si  informino  della  qualità  della  persona,  della  sua  vita  ed  o- 
ncstà;  e  di  poi  si  deve  proporre  alla  Congregazione  e  riportare  due  terzi 
dei  voti  per  esservi  ammesso. 


tO  RICCARDO   GSADASSI-LUZI 

Stessa  fiera   desumeva  il  Silvestri   dalle  Rifonnànze. 
......  nel  vocabolo  Qmpitello  che  contiene  gran 

oc  tratto  di  aperta  campagna,  sorge  la  chiesa  sotto  la 
ec  invocazione  di  Maria  Vérgine  e  dell'  apostolo  Mat- 
«  teo  ;  nella  cui  festività  vedesi  sparso  d'  ogni  intomo 
a  quantità  innumerabile  di  più  sorta  mercanzie,  oltre 
«  quelle  di  maggior  pregio  che  si  serbano  in  luoghi 
a  murati  appresso  la  chiesa  ;  laonde  per  tal  solennità 
a  e  per  cosiffatta  grossa  e  famosa  fiera  vi  concorre 
«  infinito  popolo  dalle  convicine  città  terre  e  castella 
<K  per  lo  spazio  di  quindici  giorni  alla  devozione  e 
a  al  provvedersi  di  molti  bisogni.  £  perché  dove  é  la 
a  moltitudine  ivi  è  la  confusione,  e  le  contese  so- 
cc  gliono  nascere  ;  la  Qttà  però  con  quattro  Deputati, 
a  persone  di  qualità  e  V  avvocato  e  un  notaio  con 
«  altri  ministri  di  Corte  e  sei  Soprastanti  postivi  dalla 
«  Confi-atemita  di  Santa  Lucia  di  Temi,  alla  cui  giù- 
«  risdizione  appartiene  la  suddetta  chiesa,  formano 
«  colla  pontificia  autorità  un  Tribunale  che  ad  ogni 
a  cosa  giuridicamente  e  con  buon  ordine  prov- 
«  vede.  »  (') 

E  soggiunge  il  Silvestri  : 


(x)  Tale  era  1'  apparato  della  fiera  ai  tempi  dell' Angeloni;  ed  in  gran 
parte  la  sua  descrizione  trovasi  in  armonia  coi  Gipitoli  qui  appress<0  tra- 
scrittv  Ora  peraltro  la  importanza  di  questa  ficca  è  immensamente  scemata 
sì  perchè  i  fabbricati  vennero  demoliti  in  gran  parte^  sì  ancora  perchè  la 
sua  durata  venne  ridotta  a  due  soli  giorni  fin  da  quando  per  politici  scon- 
volgimenti» per  frequenti  passaggi  d*  eserciti  stranieriy  per  travaglio  di  con- 
tagi» per  cessate  franchigie  e  per  calamiti  annonarie»  le  nostre  antichissime 
fiere  erano  state  ridottie  poco  metio  che  a  nulla. 


PIERA  DEL  CAMPITELLO  It 

«  La  Confraternita  di  S.  Lucìa  implorò  ed  ottenne 
a  dal  voto  consiliare  (  24  Novembre  1666  )  fosse 
(C  aperta  una  comoda  strada  dalla  piazza  della  Chiesa 
«  di  S.  Maria  del  Campitello  fino  alla  Rocca  di 
a  CoUeluna  onde  stabilire  quivi  la  residenza  dei  So- 
«  prastanti  deputati  guardie  amministratori  di  giustizia 
m  ed  altri  pubblici  ufficiali  addetti  alla  sorveglianza 
ce  di  codesta  fiera;  che  perciò  fosser  concesse  ai  ri- 
a  chiedenti  le  chiavi  della  medesima  Rocca  (  da  re- 
«  stituirsi  cessata  la  fiera  )  riconosciutasi  tal  prov- 
«  videnza  necessaria  non  men  che  utile  alla  sicurezza 
«  del  commercio,  per  tenersi  in  guardia  dai  zingari 
a  che  si  permettevano  introdursi  tra  la  folla  per  de- 
«  rubare  e  turbare  il  buon  ordine  ;  tanto  che  la  peti- 
«  zione  venne  accolta  a  pieni  suffragi  (*)  ». 


Riccardo  Gradassi  -  Lviu 


(i)  SavESTRi.  informante;  pag.  341. 


ARCHIVIO 

DELLA 

CONGREGAZIONE  DI  CARITÀ  DI  TERNI 

CUSTODIA  VI. 

Pergamena  N.  i^j  del  12  Settembre  ij^^. 


In  nomine  SAe  et  Individuae  Trinitatis,  Patris  et  Filij 
et  Spirìtus  Sancti  Amen. 

Considerando  li  Priori  et  Confratri  della  Venerabil  Com- 
pagnia di  Santa  Lucia  della  Città  di  Terni  il  debito  e*  hàno 
à  conseruatione  et  augmento  della  Fiera  di  Santa  Maria  del 
Campitello  posta  nel  Territorio  et  diocese  di  detta  Ciptà  ap- 
presso a  suoi  notissimi  lati  etc.  conforme  alla  concessione 
facta  a  detta  compagnia  per  più  fida  et  diligente  custodia,  da 
alcuni  particolari  di  detta  città  quali  a  quel  tempo  ne  aueuano 
spetial  cura  come  appare  per  '  Instrumento  publico  rogato  per 
mano  di  Ser  Dario  Spatha  sotto  el  di  Venti  di  Agosto  1548 
et  anco  per  uirtu  dal'  chun  altre  immunità  et  essemptioni 
date  et  concesse  da  detta  Città  per  la  detta  fiera  alli  medemi 
Priori  et  Confratri  come  similmente  appare  per  mano  di 
Ser  Angelo  de  Filijs  sotto  el  di  sette  de  Ottobre  1548  et  per 
mano  de  Ser  Pieruincenzo  Lazzarini  sotto  el  di  octo  de  no- 
vembre 1554»  in  detti  tempi  Cancellieri  della  predetta  Città. 
La  detta  fiera,  maxime  con  V  ajuto  de  Dio ,  et  a  sua  laude 
et  gloria  col  mezzo  di  qualche  buon  ordine  esser  per  salire 
a  buon  grado.  Congregati  capitularmente  nell'Oratorio  di 
Sancta  Lucia  posto  in  detta  città  contiguo  a  detta  chiesa  co- 
me è  suolito  d'essa  Compagnia  per  obviare  a  tutti  inconue- 
nienti;  Hanno  deputati  tre  d'essi  coofiratri  cioè   Ser    Gio. 


FIERA  DEL  CAMPITELLO  I3 

Maria  lacobonio  Bastiano  d'Orlando  et  loseph  de  Mazzitello 
da  Temi  con  auctorità  di  posser  febrìcare  ordinare  e  stabilir 
capitoli  et  ordinationi  per  conseniatione  augumento  franchi* 
tir  libertà  et  essemptione  di  detta  Fiera  et  di  tutti  quelli  con* 
uenerano  in  essa  et  quelli  con  ógni  modo  possibile  far  che 
siano  concessi  et  confirmati  dalli  maggior  Superiori  come 
ampiamente  cioè  apparisce  per  istromento  publico  rogato  per 
mano  de  ser  Francesco  Colasio  di  Temi  sotto  il  giorno  ven* 
tiuno'di  Novembre  dell'anno  1565.  Et  però  li  sodetti  Ser 
Gio:  Maria  Bastiano  et  losephe  procuratori  et  Confratri  vo- 
lendo le  cose  ad  essi  commesse  con  ogni  studio  et  debita 
deligentia  esseguire,  et  hauuto  più  et  più  uolte  parlamento 
sopra  di  ciò  con  più  et  diuersi  Doctori  artisti  et  mercanti 
che  in  detta  fiera  sogliono  e  possono  uenire  et  considerando 
r  occurrentie  di  detta  fiera  reseruata  sempre  la  buona  gratia 
et  confirmatione  delli  prefati  maggior  superiori,  ordinano  sta- 
tuiscono et  stabiliscano  nel  modo  che  nelli  infrascripti  Capi- 
toli apparerà. 


LIBRO   PRIMO 

dell'  OFFlCtAU 

T}eUi   Soprastanti   della  fiera   et   auctorità 
et  officio  i*  essi  «—  Capitolo  Primo 

Imprima  che  a  detta  fiera  Huomini  et  cose  et  Mercantie 
che  per  li  tempi  vi  saranno  portate  in  tempo  d' essa  fiera  et 
a  tutte  diflferentie  casi  fraudi  deceptioni  estorsioni  malefici]  et 
delitti  che  in  detta  fiera  et  nel  tempo  che  la  durara  occorre- 
ranno ancora  con  li  Cittadini  et  fra  essi  cittadicii  et  comita* 
tivi  di  Temi  debiano  soprastare  e  siano  soprastanti  huomini 
scelti  et  atti  egualmente  dalla  Magnifica  Città  di  Temi  et  della 
detta  fi^atemita  di  Sta.  Lucia  eletti  et  da  elegersi,  quali  se 
debiano  chiamare  et  nominare  soprastanti  di  detta  Fiera  et 
siano  d'essa  fiera  Soprastanti  quali  debbiano  bavere   un  doc« 


14  RICCARDO  GRADASSX-LUZI 

tore  di  legge  per  lor  consultore  et  un  notarlo  pratico  et  eser- 
citato ueterano  per  tutte  quelle  cose  che  a  detti  soprastanti 
saranno  necessarie  di  fare  et  di  scrivere  et  occorreranno  per 
causa  di  detto  officio,  quali  debbiano  per  parte  d'essa  Com* 
munita  esservi  computato  il  Doctore  et  Notaio.  Se  debbiano 
imbussolare  et  ponersi  nel  bussolo  a  quest' effetto  tanto  da 
£u:si  et  cosi  imbussolati  ad  officio  per  officio  per  ciascuna 
fiera  se  debbiano  finalmente  cauare  a  sorte.  Et  per  parte 
della  detta  Fraternità  siano  sei  altri  quali  se  debbiano  '  eleg- 
gere a  voti  come  se  £i  nel  far  degl' altri  officiali  nel  giorno 
della  Madona  de  Agosto  dopo  fiicta  la  S.  Comunione  in  essa 
fraternità  acciò  consultamente  possino  prouedere  a  quanto  bi« 
sognara. 

Che  li  soprastanti  debbiano  giurare  —  Gap.  ij. 

Item  che  tutti  li  Soprastanti  di  detta  fiera  debbiano  infira 
el  termine  di  tre  giorni  dopo  che  saranno  estratti  giurare  in 
mano  delli  Signori  Priori  di  detta  Città  rogato  el  Cancellieri 
d'essi  signori,  et  giurando  promettere  il  detto  loro  officio 
bene  et  fidelmente  esercitare  con  T  osservatione  delli  presenti 
capituli  et  Tannexi  et  descendenti  con  essi  et  da  essi.. 


Che  li  soprastanti  faccino  bannire  la  fiera 
franca  et  mettere  li  polisini  alle  botteghe  «--  Cap.  iij. 

Item  che  li  detti  soprastanti  fra  tre  giorni  doppo  che 
haranno  giurato  debbiano  el  detto  lor  officio  in  se  haver  preso 
et  a  quello  debitamente  dato  principio  et  con  ogni  debita 
diligentia  attendere  la  detta  fiera  facendo  bannire  quell'  anno 
franca  in  tutti  li  luoghi  soliti  da  bannire  et  in  quelli  gli  pa- 
rerà necessario,  et  aver  messi  li  polisini  alle  botteghe  tutte 
delle  pisoni  d'esse  bott^he  et  luoghi  in  detta  fiera  et  far 
scriuere  et  mandar  tre  nuntiatorìe  d' essa  fiera  franca  in  tutti 
quelli  luoghi  pareua  ad  essi  soprastanti  et  fra  detto  tempo  fa- 
rano  anco  aver  fatto  nettare  le  botteghe  strade  et  piazze  de 


FIERA  DEL  CAMPITBLLO  25 

tutta  detta  fiera,  et  in  fine  d'essa  cioè  nell'ultimo  giorno 

d' essa  fiera  farla  rebannire  poi  franca  per  1'  anno  dauenire  a 
suon  di  trombe  ne  luoghi  suoliti  d' essa  sotto  pena  di  perdita 
di  lor  emolumenti  salari]  et  guadagni  da  levarseli  irremisibil- 
mente  et  da  applicare  a  detta  chiesa. 


Che  li  Soprastanti  habbino  la  rtsidmtìà  appresso 
(dia  chiesa  et  non  si  possine  partire  —  Cap.  iiij. 

Item  che  li  detti  Soprastanti  debbiano  bavere  la  lor  pa- 
cifica residentia  et  banca  contigua  alla  chiesa  di  Sancta  maria 
del  Campitello  predetta  (')  ogn'anno  et  per  il  tempo  durerà 
detta  fiera  continuamente  ivi  debiano  stare  senza  mai  partire 
per  dare  espeditione  alle  cose  occorrente  d' essa  fiera  sotto  la 
predetta  pena  da  applicarsi  come  di  sopra,  et  partendosi  oltre 
a  detta  pena  per  l' avenire  mai  possa  esser  eletto  de  Sopra- 
stanti eccetto  che  non  fosse  per  qualche  caso  de  infirmiti  di 
se  stesso  o  di  qualchun  altro  suo  prossimo  et  con  esso  hi- 
tante  et  in  detto  caso  facendolo  prima  constare  per  detto  d'au- 
testimonio  degno  de  fede  almeno  et  debia  mettere  et  las- 
sare in  suo  luogo  uno  che  sia  idoneo  et  in  nessun  caso  se 
possa  seruire  per  sostituto  ma  se  debbia  per  la  detta  fi'ater- 
nita  onero  Priore  et  discreti  deputare  un  altro  in  luogo  del 
detto  o  di  qualcuno  occorresse  morire  qual  habbia  da  perse- 
verare usque  ad  finem  inclusive  et  partecipare  prò  rata  tem- 
porìs  nel  qual  servirà. 


(i)  D  SilTCstrì»  snlls  scorta  delle  Riformame  narra  che  la  Chiesa  di  S.  Maria  in 
CampiteUo  Tenisae  cottniiu  nel  1566.  Ciò  h  inesatto.  Detu  chiesa  sassisteva  già  nd 
1539  (  idocnmenti  della  Fraternità  ampiamente  lo  provano  non  esclusi  i  presenti  Ca* 
pitoli  )  e  al  più  si  potrebbe  sostenere  che  nelle  Riformanze  siasi  volato  accennare  ad 
un  ampliamento  o  ad  un  restauro* 


X6  RICCARDO    GRADASSI-LUZI 

Che  li  soprastanti  hahbino  auctorità  portar  arme 
et  deputar  altri  armati  et  officiali  —  Gap.  V. 

Item  che  detti  Soprastanti  durante  detta  fiera  habbino 
auctorità  di  giorno  et  di  notte  per  essa  fiera  et  territo- 
rio predetto  insieme  con  quelli  che  da  loro  et  chiasschun 
d'essi  saranno  eletti  deputati  et  chiamati  in  seruitio  di 
detto  lor  officio,  portare  ogni  sorta  d'  arme  offensive  et  de- 
fensive  acciò  debbiano  et  possino  andare  cercare  inuestigare 
et  far  cercare  et  inuestigare  qualunqua  contrafara  alU  presenti 
capitoli  et  per  essigere  le  pene  incorse  far  captare  et  consti- 
tuire  conuocare  retenere  et  deputare  altri  armati  et  officiali 
ciaschuno  soprastante  fino  a  quel  numero  che  a  ciascun  di 
loro  parerà  uenendo  il  bisogno  però  senza  alcuna  pena  et  non 
obstante  qualsivoglia  procesione  in  contrario  facta  o  da  farsi. 

Che   li   soprastanti   habbino   auctorità  procedere, 
in  cause  civili  et  criminali  —  Gap.  VL 

Item  che  li  predetti  Soprastanti  possino  et  abbino  omni- 
moda  jurisditione  auctorità  potestà  et  faculta  di  cercare  et  in» 
vestigare  contra  tutti  homint  et  persone  tanto  di  detta  Gitta 
quanto  forestieri  quali  facessino  alchuno  delieto  onero  contra 
raggione  in  detta  fiera  o  vero  per  causa  et  vigore  di  essa  contra 
li  sopra  et  infrascripti  capituli  et  per  qual  si  uoglia  causa  al- 
chuna  cosa  facessino  o  comettessino.  Et  possino  et  debbiano 
col  conseglio  et  assistentia  del  detto  Doctore  et  notarlo  cono- 
scere sinare  decidere  et  terminare  sopra  tutte  et  singule  dif- 
ferentie  cause  delitti  questioni  et  querele  civili  et  criminali 
che  nel  tempo  di  detta  fiera  et  essa  durante  in  essa  et  per 
conto  di  essa  nel  detto  territorio  occorreranno  summarìamente 
simplicemente  de  plano  et  senza  strepito  et  figura  di  giudicio 
et  senza  alchuna  oblatione  de  libello  o  de  altra  petitione 
scritta  o  alchun' altra  solennità  di  raggione  et  punire  ogni 
sorte  di  delinquente  conforme  alli  presenti  capituli  constitutioni 
statuti  et  bannimenti  respectivamente  et  per  manutentione 
del  lor  officio  imponer  pene. 


FIERA  DEL  CAMPITELLO  I7 

Che  si  possa  procedere  per  inquisitione  denuncia 
et  in  ogn*  altro  modo  che  meglio  uerra  —  Gap  :  vii. 

Item  che  per  li  detti  soprastanti  in  tutti  casi  concessi  et 
expressi  nelli  presenti  sopra  et  infrascripti  capitoli  se  possa 
procedere  per  via  d' inquisitione  inuentione  accusa  querela  et 
in  ogni  altro  modo  che  meglio  uerrà  et  anco  summariamente 
come  di  sopra. 


Che  li  soprastanti  habbino  auctorità  a  buon  essere 
alchuna  cosa  prohibire  et  comandare  —  Gap:  Vili. 

Item  che  li  detti  soprastanti  habbino  auctorità  alchuna 
cosa  prohibire  concedere  alterare  astringere  et  comandare  a 
chi  quando  et  in  quel  modo  ad  essi  piacerà  et  parerà  unita- 
mente a  buon  essere  et  per  osseruatione  delli  presenti  capitoli 
et  manutentione  et  augumento  di  essa  fiera  et  imponer  pene 
et  esseguire  summariamente  da  applicarsi  come  nelli  presenti 
infrascripti  capitoli  si  contiene. 


Che  in  tutto  quello  sarà  da  soprastanti  giudicato 
si  debba  eseguire  Gap:  —  Vili.  (') 

Item  che  tutto  quello  che  per  detti  soprastanti  sarà  giu- 
dicato debbia  hauer  luogo  et  mandarsi  ad  essequutione  effe- 
ctualmente  et  essi  soprastanti  possino  et  debbiano  quel  che 
per  loro  sarà  conosciuto  dechiarato  giudicato  et  sinato  man- 


fi)  Ad  onta  di  fatte  le  garanzie  di  coi  si  circonda?aDo  i  soprastaoti,  degli  incoo* 
venienti  ne  dovean  por  nascere  e  aeri  parecchio.  Infatti  da  una  pergamena  del  1649  *i 
raccoglie  che  in  occasione  della  6era  tanto  il  notaio  che  i  soprastanti  furono  feriti  • 
percossi  spietatamente.  La  pergamena  si  compiace  di  nominare  più  specialmente  il  no- 
talo; dò  ià  sopporre  che  fosse  il  più  malconcio  di  tottL 

# 

Archivio  Storico  li.  3. 


l8  RICCARDO    GRADASSI-LUZ1 

dare  ad  eSectuale  essequutione.  Et  questo  tanto  far  possino 
per  se  stessi  come  per  mezzo  di  qualunqu'  altro  baroncello 
essequutore  o  officiale.  Et  nessuno  possa  dalla  sina  declaratione 
decisione  o  giudicato  d'  essi  soprastanti  in  modo  aichuno  ap- 
pellare. Et  s'  appellara,  V  appellatione  non  vaglia  eccetto  non 
pigliasse  recurso  dalli  Magnifici  Signori  Priori  et  aduocato 
della  Comunità  di  detta  citta  di  Terni  quali  debbiano  pigliar 
subbito  informatione  summaria  del  fatto  et  terminarla  nel  me- 
desimo giorno  onero  nel  seguente  prossimo  giorno.  Altra- 
mente habbia  luogo  la  sina  d'  essi  soprastanti  et  quella  se 
debbia  eseguir,  Qual  recurso  non  se  possa  negare  et  se  debbia 
admettere  in  casi  però  d' importantia  et  dove  si  vedesse  peri- 
colo di  qualche  scandolo  a  non  concederlo. 


Che  li  soprastanti  non  possino  procedere  in  casi 
doue  uenesse  imposta  da  imponersi  pena  afflictiua  —  Cap  :  X« 

Item  che  detti  soprastanti  non  possino  ne  debbiano  pro- 
cedere ne  sinare  in  caso  aichuno  dove  uenesse  imposta  o  da 
imporsi  pena  di  sangue  o  di  corpo  afflictiva  cioè  fustigatione 
o  incisione  d'  alchun'  membro  o  d'  ultimo  supplicio,  la  qual 
cognitione  et  essequutione  di  detti  casi  si  lasci  all'  ordinario 
cioè  Governatore  et  Officiai  generale  di  detta  Città  al  qual 
di  raggione  speitara.  Neil'  altri  casi  habbia  luogo  la  preven- 
tione. 

Che  li  soprastanti  possino  imponere  datij  alle  botteghe 
lintrata  de  quali  meta  sia  della  Chiesa  predetta  —  Cap  :  Xi. 

Item  che  detti  soprastanti  possino  imponere  per  pisone 
de  tutte  et  singule  botteghe  et  luoghi  ancorché  fossero  pro- 
prie de  particolari  servando  equalità  da  bottega  a  bottega  et 
da  luogho  a  luogho  et  secondo  el  suolito  della  fiera  di  Santa 
Lucia  di  detta  citta  et  anco  per  banchetti  lintrata  de  quali  sia 
et  esser  debbia  applicata  per  la  meta  solo  alla  fabrica  et  cose 


HBXA  DEL  CAMPITELLO  l^ 

necessarie  prima  di  detta  chiesa  et  poi  ali'  ampliamento  di  detta 
fiera  et  suo  serraglio  et  V  altra  meta  alli  padroni  de  esse  bot« 
teghe  et  luoghi.  Et  anco  il  pagamento  o  pigione  imposta  sgra« 
uare  minuire  et  alterare  secondo  la  qualità  de  tempi  et  augu* 
mento  d'  essa  fiera  comporteranno.  Et  nessuno  possa  ne  dehi 
bia  contradire  ne  contrafare  sitpo  detta  pena,  et  ognuno  deb* 
bia  pagare  quanto  sarà  tassato  ciasch'  una  bottega  da  per  se 
ancor  che  fosse  padrone  d'  essa  bottega  et  dichiare  la  pigione 
et  pagamento. 


Che  se  habbia  fare  un  libro  carfulato 
nel  quale  se  scriuano  tutti  prouenti  sine  et  atti.  —  Capo  Xij. 

Item  eh'  in  ogni  fiera  di  Santa  Maria  del  Campitello  pre» 
fata  et  per  ogni  Camerlengo  se  debbia  fare  un  libro  cartulato 
dove  se  debbia  per  el  notano  d' essa  fiera  scriuere  tutto  quello 
che  in  mano  d'esso  camerlengo  entrara  et  similmente  ne  uscirà 
sotto  pena  di  perdita  di  tutti  suoi  prouenti  et  del  doppio  di 
quanto  lasciasse  de  scriuere,  da  applicarsi  irremisibilmente  a 
detta  chiesa,  et  similmente  debbia  fare  el  detto  notarlo  un  li- 
bro nel  quale  ci  possa  et  debbia  scriuere  tutti  atti  et  sine  an« 
cor  de  cause  summarie  et  picciole  che  siano,  accio  d'  ogni 
tempo  apparisca  la  dicisione.  Li  quali  libri  finita  la  fiera  et 
fatti  li  conti  el  Notarlo  li  debbia  publicare  subito  et  lasciarli 
in. mano  del  camerlengo  generale  di  detta  chiesa  sotto  det« 
ta  pena. 

Che  dopo  la  fiera  haura  presa  for:(a  si  possa  haver 
Uff  poca  de  recognitiotie  et  la  quarta  parte  delle  pene.  —  Cap:  Xiij. 

Item  che  li  detti  soprastanti  che  per  li  tempi  saranno  con- 
sultore et  notarlo  doppo  che  la  fiera  hauerà  presa  un  poco  di 
forza  et  auuiamento  nelle  cose  premesse  possino  et  debbiano 
bavere  un  poco  di  recognitione  onero  salario  secondo  dechia- 
reta  il  prefiito  Priore  con  li  suoi  discreti  d' essa  fraternità  pur- 


20  RICCARDO    GltADASSl*LUZl 

che  nella  magior  somma  per  nessun  tempo  mai  passi  mi'  du» 
cato  de  carlini  dieci  per  ciaschun  soprastante  delia  quarta  parte 
delle  pene  che  non  sono  applicate  alla  chiesa  et  tutto  el  pro- 
uento  intiero  del  bancho  delli  pasetti  et  sigilli  et  il  uitto  ho- 
Destamente  per  detto  tempo  et  per  se  soli  et  non  più  altra 
cosa  alcuna  maL 

Che  li  soprastanti  debbiano  inuestigare 

non  si  cornetta  furto  ne  si  vada  per  la  fiera  di  notte  poi  il  suono 

•• .   .  _  _       ^%       ^»»»«» 


di  campana  —  Gap  :  Xiiij. 


Item  che  li  soprastanti  predetti  debbiano  con  ogni  dili- 
gentia  possibile  curare  che  nessuno  cometta  alchuno  delieto 
ne  furto  et  inuestigare  che  per  detta  fiera  di  notte  poi  el  terzo 
suono  della  campana,  qual  debiano  ogni  sera  far  suonare,  nes- 
sun uadi  in  uolta  et  chi  contra  farà  incorra  in  pena  de  doi 
scudi  d'  oro  cioè  per  ciaschuno  et  ciaschuna  uolta  che  sarà 
trouato  senza  luma  da  applicarsi  egualmente  alli  detti  sopra* 
stanti  et  assegnare  per  egual  portione  della  qual  pena  non  si 
possa  fare  gratia  alchuna.  Con  questo  però  eh'  ogni  sera  se  ne 
debia  fare  pubblico  bano  da  parte  de  detti  soprastanti  nell'  hora 
dell'  Auemaria  et  s'  alchuno  sarà  trouato  portar  arme  doppo 
detta  hora  incorra  in  pena  delli  bannimenti  da  applicarsi  per 
un  terzo  a  detta  chiesa  un  terzo  alli  soprastanti  et  un  terzo 
all'  essequutore  et  in  nessun  caso  una  pena  si  confonda  per 
r  altra. 

Che  li  soprastanti  commettendo  alchuno  delitto  o  fronde 
incorrano  in  pena  — *  Gap:  XV« 

Item  che  se  detti  soprastanti  o  ciaschuno  d' essi  cbmmet-* 
lessino  alcuna  firaude  onerò  alchuno  delitto  del  quale  havessino 
notitia  uno  o  più  di  loro  debitamente  non  punissero  incorrano 
in  pena  de  ducati  dieci  d'  oro  in  oro  et  perdita  di  lor  emo- 
lumenti per  ciaschuno  et  ciaschuna  uolta  da  applicarse  aUa 


FIERA  DEL  CAMPITELLO  21 

fabbrica  et  altre  cose  necessarie  di  detta  chiesa  di  Sancta  Ma^ 
ria  del  Campitello,  et  in  ciò  credasi  al  detto  d' un  testimonio 
con  giuramento. 


LIBRO  SECUNDO 


dell'  ordine,  luogo  et  tempo 
di  detta  fiera 


Dd  luogho  doue  hanno  da  stare  le  mercantU 
a  uendere  —  Gap:  I. 

Item  che  dentro  da  serraglio  murato  el  al  presente  cir- 
cundato  di  muraglia  di  detta  fiera  di  Santa  Maria  del  Campi- 
tello  ordinatamente  nelle  strade  fatte  et  da  farsi  siano  le  bot-- 
teghe  doue  habbino  a  stare  tutte  mercantie  di  panni  merciarie 
corami  rami  ferri  et  altre  simile  nelle  botteghe  murate  et  da 
murarse  secundo  che  sarà  ordinato  dalli  magnifici  signori  so- 
prastanti che  per  li  tempi  sarano  et  nel  modo  che  sarà  da  loro 
giudicato  necessario  et  la  fiera  sarà  augumentata  et  necessario 
possa  ne  debbia  far  altramente  sotto  pena  de  diece  scudi  d'oro 
in  oro  da  applicarsi  irremissibilmente  alla  fabrìca  di  detta  chiesa 
per  ciaschuno  et  ciaschuna  volta. 


Cbe  dentro  dal  serraglio  passino  stare  a  uendere 
V  ascella  salanti  et  frutti  fin  che  non  uenghi  necessita  — 

Gap:  il. 

Item  che  drento  da  detto  serraglio  possino'  stare  a  uen- 
dere finché  non  uenghi  necessita  da  douersi  fare  altre  botte- 
ghe simili  alle  predette  tutte  persone  che  ui  uerranno  a  uen- 
dere r  ascella  canepa  lino  casei  tondina  et  altri  salami  uve 


22  RICCARDO  GRADASSI-LUZt 


paìsse  frutti  et  altre  cose  comestibile  et  suolite  a  uendersi  in 
quel  luogho  però  et  spacio  che  sarà  uicino  alla  staterà  grossa 
et  publica  et  secondo  che  alla  qualità  di  dette  cose  gli  sarà 
prima  assignato  da  detti  soprastanti  come  di  sopra  et  non  al- 
tri ne  altramente  sotto  detta  pena. 


Che  ctpollt  botti  et  begonsi  ceste  altri  legnami 
et  cose  di  legname  sieno  fuora  del  Serraglio  — ^  Cap.  iij. 

Item  che  tutte  altre  robbe  come  cepoUe  botti  begonsi 
ceste  et  altri  legnami  et  cose  di  legname  debbiano  stare  fuo- 
ra di  detto  serraglio  et  per  ordine  come  chiaschuno  sarà  or- 
dinato dalli  prefati  soprastanti^  et  similmente  hosterie  macelli 
et  altri  che  uendesseno  uini  et  a  menuto  senza  fare  hosteria 
et  in  nessun  altro  luogho  se  possino  ne  debbiano  uendere 
sotto  detta  pena  come  di  sopra  da  applicarsi  per  ciascuno  et 
ciascuna  uolta. 


Che  li  soprastanti  debbiano  assignare  botteghe  et  luoghi 
et  far  stare  arte  con  arte  et  nessun  possa  fare  altrimenti  — 

Cap.  iiij. 

Item  che  detti  soprastanti  a  maggior  ornamento  et  co* 
modo  di  detta  fiera  et  de'  mercanti  et  anco  di  quelli  han- 
no da  comprare  possino  et  debbiano  deputare  et  assignare 
botteghe  luoghi  et  banchetti  a  ciascuno  che  uerra  in  detta 
fiera  in  modo  pero  che  habbla  da  stare  arte  con  arte  et  es- 
sercitio  con  essercitio  purché  da  detti  soprastanti  nell'eserci- 
tio  di  quello  bavera  a  lasciare  bottega  o  luogo  sia  prouisto 
subito  d'  un  luogo  o  bottega  et  chi  non  obedirà  casch'  in  pe- 
na ad  arbitrio  d'  essi  soprastanti  da  applicarse  come  di  sopra, 
et  nessun  possa  vendere  ne  tenere  mercamie  di  sorte  alchuna 
in  bottegha  anchorche  la  bottegha  fosse  sua  propria  ne  altro- 
ve se  prima  iion  gli  ne  sarà  fatto  expresso  assignamento  dal* 


HERA  DEL  CAMPITELLO  2$ 

r  istessi  soprastanti  et  fatto  che  sia  scritto  allibro  sotto  la  me- 
dema  pena,  et  manco  tener  banchetti  in  strade  ne  occuparle 
con  robbe  in  altro  modo. 


Che  tutti  padroni  et  locatari}  di  botteghe  et  luoghi 
ogni  anno  siano  tenuti  assignare  et  dar  le  chiavi  a  soprastanti  — 

Gap.  V. 

Item  che  tutti  locatarij  conduttori  et  padroni  delle  bot- 
teghe et  luoghi  di  detta  fiera  siano  tenuti  et  debbiano  ogn'  u- 
no  di  per  se  et  ciaschun'  anno  in  detto  tempo  che  li  detti 
soprastanti  comenciaranno  et  che  deuono  cominciare  ad  eser- 
citare ellor  offitio  hauer  assìgnato  et  dato  in  nota  a  detti  so* 
prastanti  tutte  botteghe  et  luoghi  di  qual  saranno  padroni  lo- 
catori o  conduttori  perpetuamente  o  a  tempo  et  lassarle  in  po- 
tere di  detti  soprastanti  accio  essendo  del  medemo  essercitio 
et  arte  che  possino  stare  in  dette  botteghe  e  luoghi  secondo 
el  sopraddetto  ordine  possino  et  debbiano  esserci  confirmati  o 
prouisto  a  loro  de  altra  bottegha  o  luogho  conueniente  a  lor 
essercitio  sotto  detta  pena  da  applicarsi  come  sopra* 


Che  i  luoghi  dove  s' harano  da  uendere  V  ascella  non  possino 
essere  maggiori  delle  botteghe:  —  Gap.  VI. 

Item  che  per  spatio  et  luogho  dove  se  haueranno  da  uen- 
dere r  ascella  et  altre  cose  simile  et  minute  non  se  possa  ne 
debbia  concedere  maggior  spatio  o  luogo  che  sia  una  delle 
botteghe  che  al  presente  ui  sono  fatte  et  niurate,  et  possendoce 
stare  più  d'  uno  in  detti  luoghi  o  spatii  se  debbiano  insieme 
accomodare  sino  al  numero  di  doi  et  non  più,  et  nessuno 
facci  altramente  sotto  pena  de  doi  scudi  per  ciaschuno  et  eia- 
schuna  uolta  de  chi  contrafara  et  chil' concedesse  onero  da 
chi  r  usurpasse  de  propria  autorità  da  applicarsi  come  di  soprai 


24*  RICCARDO    GRADASSl-LUZl 

Ch'  in   ciascuna  bottega  luogo   o   spatio  non   possino  stare 
più  de  dot  et  siano  del  medesimo  essercitio  —  Op.  VII. 

Item  che  in  ciaschuna  bottega  luogo  o  spatio  predetto 
non  possino  ne  debbiano  stare  se  non  doi  come  di  sopra  qual 
siano  et  esser  debiano  d' un  medesimo  esercitio  sotto  detta 
come  di  sopra  da  applicarsi  et  da  pagarsi  irremissibilmente 
cosi  dalli  mercanti  com'  anco  dalli  soprastanti  che.  ciò  faces*» 
sino  o  consentessino  et  per  ciaschuno  d'  essi  come  di  sopra. 


Che  nessuno  possa  pigliare  appisonare  ne  retenere  alcbuna 
hottegha  ne  leuar  polisino  se  non  de   licentia  de*  Soprastanti  — 

Gap.  Viij. 

Item  che  nessuno  di  detta  Città  ne  qualsivoglia  altra  per- 
sona di  qual  stato  conditione  dignità  o  preheminentia  se  sia 
ardisca  ne  presuma  in  qualsivoglia  modo  pigliare  appisonare 
condurre  locare  ne  retenere  alchuna  bottega  luogo  onero 
spatio  di  qualsivoglia  esser  sorte  et  in  quelli  alchuna  scritta 
ponere  ne  leuare  se  non  de  e^ressa  licentia  et  consenso  delli 
stessi  soprastanti  che  per  li  tempi  saranno  et  che  prima  non 
sia  scritto  alUbro  di  mano  del  predetto  notarlo  ad  instantia 
et  presentia  de  chi  li  vorrà  ancorché  fosse  padrone  principale 
di  dette  botteghe  o  altramente  come  di  sopra  conduttore  etcc. 
sotto  pena  di  dieci  scudi  d*  oro  da  applicarsi  per  un  quarto 
alli  prefati  soprastanti,  un  quarto  all'accattore  et  essequutore 
et  doi  quarti  a  detta  chiesa  come  di  sopra. 


Che  nessuno  possa  ritenere  più  d*  una  hottegha  luogho  o  spatio 
d^  un  medemo  essercitio  —  Gap.  Viiij. 

Item  che  nessuno  come   di   sopra  possa   ne   debbia   in 
detta  fiera  in  modo  alcbuno  far  ne  tenere  più  d'  una  bottega 


FIBRA  DEL  CAUPITELLO  2$ 

o  luogho  o  spatio  o  bancho  cioè  per  ciaschuno  et  medemo 
essercitio  ch'avesse  o  facesse  sotto  detta  pena  da  aplicarsi 
come  di  sopra. 

Cb^  nessuno  possa  recondurrè  ne  retenere  alcbuna 
bottega  ne  concordare  de  pisone  in  intrare  in  compagniaj^ 

Cap.  X. 

Item  che  nessuno  come  di  sopra  possa  ne  debbia  con- 
dure dare  ne  recevere  in  modo  alchuno  alch'una  bottega  in 
luogo  in  detta  fiera  ouero  altramente  concordare  d'alch'una 
pescione  ne  recondurre  da  altra  ne  con  akra  persona  che  con 
r  istessi  soprastanti  che  per  li  tempi  saranno,  ne  menor  intrare 
in  compagnia  o  in  luogo  di  altri  surrogarsi  o  farsi  subrogare 
o  d'essere  subrogato  o  posto  procuri  ne  consenta  ne  intrare 
per  uendere  o  tenerci  alch'una  cosa  da  uendere  d'altri  fuor 
de  quelli  hanno  detu  bottega  o  luogo  condotta  da  detti  so- 
prasunti sotto  pena  di  dieci  scudi  d'oro  come  di  sopra  da 
applicarsi  per  ciascuno  et  ciaschuna  uolta  et  parimente  incorra 
in  la  medema  pena  quello  che  receuesse  seco  una  o  più  per- 
sone con  qualsivoglia  quantità  o  qualità  di  robba  contra  la 
forma  delli  presenti  capitoli. 


Che  ciaschuno  possa  fare  sballare  robbe  et  retenerle  in  soprastantarìa 
finche  si  proueda  di  bottega  —  Cap.  XI: 

Item  che  ogni  uno  porterà  alcuna  quantità  o  qualità  de 
robba  in  detta  fiera  possa  fare  sballare  in  soprastantarìa  et 
iui  retenerla  finché  si  possa  prouederle  di  bottega  o  luogo, 
per  spatio  pero  di  tre  o  quattre  huore  et  più  se  parerà  ne- 
cessario et  intanto  dette  robbe  uendendose  el  padrone  de  esse 
paghi  per  pisone  d' esse  per  mezza  bottega  qual  prouento 
sia  applicato  solo  alla  detta  chiesa  per  parati  o  luminari]  o 
altre  cose  necessarie. 


26  RICCARDO    GRADASSI-LUZI 

Che  ogn'  uno  possa  stare  nelle  possessioni  contigue  alla  fiera 
purché  non  siano  con  frutti  serrate  —  Cap:  XII. 

Item  che  nessuno  possa  impedire  persona  ale'  una  che  non 
possa  liberamente  durante  detta  fiera  di  notte  et  di  giorno 
stare. in  le  posizioni  contigue  a  detta  fiera  doue  però  non 
siano  frutti  di  mela  fichi  persica  uva  et  altri  simili  frutti  ser- 
rati, et  tenerci  bestiami  et  altre  cose  a  uendere  et  a  conser- 
vare secondo  che  dalli  prefati  soprastanti  sarà  designato  et  or-  ' 
dinatOy  et  facendosi  alchuno  danno  con  bestie  si  paghi  solo 
Temendo  sotto  pena  d'aplicare  come  di  sopra. 

# 

Che  la  fiera  sia  franca  et  duri  per  dicci  giorni 
et  non  più  —  Capo  XiiI  ('). 

Item  che  la  detta  fiera  habbia  da  durare  per  dieci  giorni 
continui  da  incomenciare  alli  quindici  del  mese  di  Settembre 
et  come  seguita  da  finirse  nel  qual  tempo  a  ciaschuno  sia 
lecito  di  uenire  con  le  sue  mercantie  di  qualunque  conditione 
qualità  quantità  et  ualore  se  siano  et  condure  ogni  sorte  de 
animali  et  cauarli  anco  di  temi  per  portarli  a  uendere  in  detta 
fiera  et  in  la  medema  con  dette  fobbe  stare  permanere  uen- 
dere barattare  comprare  et  infra  detto  tempo  et  luogo  libera- 
mente et  securamente  extrahere  et  leuare  senza  alcuna  gabella 
o  pagamento  di  pedaggio  ogni  impedimento  et  molestia  della 
detta  Communità  officiali  et  sudditi  de  essa  et  d'ogni  altro 
qualsivoglia  superiore  et  particolare  persona  in  qualunque 
modo  da  darsi  per   qualsivoglia  causa  cessante  eccetto'  per 


(i)  S*  è  visto  che  l' Angeloni  estende  t  quindici  fiorai  It  dorata  della  fieri.  Ignoro 
dove  abbia  attinto  tali  notizie:  certo  si  è  che  l' arclÙTio  della  Coofrateraita  non  ha  do- 
cuoenti  che  possano  giustificare  l'eSattezM  di  tale  asserzione.  La  formula  sacramentale 
del  Capo  XiiiI  esclude  anche  l' ipotesi  di  nn  cambiamento  successivo.        


PIERA    DEL    CAMPITELLO  l^ 

r  infrascripti  casi  riservati  et  cosi  per  ogni  persona  di  qualsi- 
voglia esser  et  sia  stato  grado  conditione  o  preeheminentia 
che  verrà  per  detto  tempo  a  detta  fiera  sia  et  esser  debbia  et 
possa  uenire  stare  et  ritornare  con  tutto  quello  che  portasse 
conducesse  comprasse  et  legittimamente  leuasse  di  detta  fiera 
libera  franca  essempta  secura  da  ogni  arrestationi  molestia  et 
da  ogni  superiore  giudice  officiale  et  essequutòre  per  qualsi- 
voglia esser  debito  ciuile  facto  in  detta  Città  o  altrove  fuor 
di  detta  fiera  cosi  per  cose  camerali  Represalie  et  delitti  co- 
me ancor  per  altre  cose  particolari,  eccetto  delitti  per  li  quali 
fosse  imposta  o  uenesse  da  imponersi  pena  capitale  et  per  de- 
biti fatti  in  detta  fiera  o  obligati  pagarsi  in  essa  och'  alli  pri- 
uilegi  d'essa  fosse  renuntiato.  Possano  essere  li  debiti  da 
detti  soprastanti  summariamente  astretti  a  pagare  et  le  dette 
persone  cose  et  beni  siano  et  esser  debbiano  franche  libere 
et  essempte  come  di  sopra  et  anco  da  ogni  pagamento  di  ga- 
bella de  Entrata  uscita  et  passo  detta  fiera  durante.  Eccetto 
che  non  sia  lecito  cauar  olio  senza  gabella  suolita  et  che  le 
robbe  non  siano  state  in  fiera  almanco  doi  giorni  et  iui  con- 
servate per  quelli  ceF  haranno  portate  senza  anche  uendute  o 
possute  uendere. 


.   Che  la  fiera  non  si  possa  per  nessun'  tempo  mai  prolungare 
oltre  a  dieci  giorni  predetti.  —  Cap:  iiil. 

Item  che  detta  fiera  per  nessun  tempo  mai  se  possa  ne 
debbia  ne  per  pochi  ne  molti  giorni  prolungare  in  modo  al- 
chuno  più  del  detto  tempo  di  dieci  giorni  anchorche  li  mer- 
canti et  concurrenfi  in  essa  ne  facessino  instantia. 


2S  RICCARDO    GRADASSI-LUZI 

LIBRO  TERZO 

DBLU    PESI    ET    IfSSURE. 

Che  ciascbuno  debbia  tenere  el  peso  et  tnesura  agiustati 

et  sigillati  ^  Gap:  L 

Item  che  ciasch'  un  Mercatante  de  panni  et  ognaltro 
artefice  d' ognaltra  cosa  che  uendera  a  pesa  o  a  mesura  sia 
tenuto  et  debbia  hauere  el  passo  ouero  misura  da  detti  So- 
prastanti aggiustato  sigillato  et  lottato  col  peso  misura  sigillo 
et  bollo  di  detu  Communità  et  Chiesa  respectivamente  et 
per  huomo  a  ciò  deputato  o  da  deputarsi  qual  mesura  et  pesi 
non  possano  essere  ne  maggiori  ne  minori  di  quelli  della 
Città  di  Temi  sotto  pena  da  applicarsi  come  di  sopra. 


Che  nessuno  mesuratore  possa  mesurar'  se  prima 
non  bavera  sigillato  —  Cap:  il. 

Item  che  tutti  et  singuli  mesuratori  de  botti  et  d'  ogni 
altra  cosa  che  se  hauesse  a  uendere  misurata,  non  possano  in 
modo  alchuno  mesurare  ne  aggiustare  qual  si  uoglia  esser  cosa 
da  mesurare  o  suolita  a  uendere  a  mesura  se  prima  essi  mi- 
suratori non  haueranno  mostrata  hauer  misura  giusta  conforme 
alla  mesura  di  detta  Città  et  quella  fatta  anco  sigillare  et 
bollare  come  di  sopra  sotto  detta  pena. 

Che  nessuno  possa  uendere  ne  comprare  da  dieci  libre 
in  sopra  se  non  alla  staterà  grossa.  —  Cap  :  ni. 

Item  che  ogn'  uno  qual  uorrà  uendere  o  -comprar'  alchu- 
na  cosa  da  dieci  libre  in  sopra  sia  tenuto  et  debbia  pesare 
alla  staterà  grossa  acciò  deputata,  et  al  suolito  et  deputato 
luogho  su  detta  fiera,  et  posta  da  detti  soprastanti  sotto  detta 


FIERA  DEL  CAMPITELLO  2$ 

pena  da  applicarsi  come  di  sopra  et  la  perdita  delle  robbe 
eh'  hauerà  pesate  o  pesara  in  firaude  quali  siano  et  esser  deb- 
biano di  detti  soprastanti  et  inuentori  per  egual  portione  per 
chiasch'  uno  d'  essi. 


LIBRO  QUARTO 

DBLU  PKOVBKn  EELLA  FIERA  ('). 

Che  per  mercede  del  $u0iìare  rum  si  possa  pigliare 
pa  che  fne:(;(p  grasso  et  un  grosso  —  Cap:  I. 

Item  che  per  mercede  del  sigillare,  li  detti  soprastanti 
non  possino  pigliare  per  sigillo  di  passo  piccolo,  boccale, 
mezzo  et  foglietta  più  di  mezzo  grosso  et  per  sigillo  di  chia- 
schun  passo  longo  belancia  et  staterà  un  grosso  cioè  quattrini 
uenticinque  et  manco  secondo  ad  essi  soprastanti  parerà  uè- 
dendo  che  chi  ha  da  uendere  con  dette  mesure  de  passo  longo 
bilancia  et  staterà  habbia  poca  robba  da  uendere. 


Che  li  mercanti  di  panno 
debbiano  battere  il  Passo  longo  — *  Cap:  il. 

Item  che  tutti  et  singuli  mercanti  et  quelli  uenderanno 
panno  di  lana  di  qualsiuoglia  sorte  siano  tenuti  et  debbiano 
hauere  et  tenere  la  mesura  longa  da  doi  braccia  sigillata  come 


(i)  Athialiiiciitc  i  proTCDti  del  potteggb  (  ■asti  Hmitati  pe*  fitti  narrati  ndbt  i»- 
trodnxiooc)  ttanoo  •  beociiiio  dell'Ospedale  Civile.  Ciò  fioo  dal  tempo  io  coi  i  beni  e 
t  diritti  della  Coofraterniu  di  S.  Loda  Tennero  incorporati  alla  Gonfratemita  di  S.  Ni- 
candro  die  aTct  la  cara  dell'  Ospedale  degl'  infermi  0739  )• 


50  RICCARDO     GRADASSl-LUZI 

di  sopra  et  con  alch'  un  altra  non  possano  uendere  ne  mesu- 
rare  sotto  pena  di  dieci  ducati  d'  oro  da  applicarsi  come  nel 
capitolo  delle  fraudi  et  fraudanti  se  dirà,  per  ciascuno  et  cia« 
se'  huna  uolta  codtrafara. 


Che  si  paghi  per  ciaschuna  bottega  luogo  o  spatio 
quanto  sarà  da*  soprastanti  tassatg  —  Cap:  ni. 

Item  che  per  ciaschuna  bottega  luogo  o  spatio  s'  habbia 
da  pagare  quanto  sarà  signato  per  essi  soprastanti  nel  tempo 
di  detta  fiera  siccome  nelli  presenti  capitoli  et  secondo  eh' ad 
essi  soprastanti  per  il  signato  piacerà  di  fare  in  riscuoter  et 
esiger  et  tutto  quello  sarà  pagato  riscuosso  et  essatto  ancor- 
ché fosse  pochissima  cosa  fino  ad  un  quattrino  se  debbia  pa- 
ghare  in  mano  del  Camorlengo  et  scriuere  allintrata  d'  esso 
per  mano  di  detto  notario,  pero  che  dal  signato  non  si  possa 
ne  debbia  far  gratia  alchuna  ne  manco  si  pessa  signare  più  di 
quello  che  nelli  presenti  capitoli  sarà  espresso  tassato  o  data 
faculta  di  tassare. 


Che  nessuno  possa  esigere  più  di  quello  sarà  tassato 
ne  farsi  prestare  passi  o  pesi  —  Cap  :  uil. 

Item  che  a  nessuno  sia  lecito  pigliare  leuare  riscuotere 
o  riceuere  alch'  una  cosa  da  qualsiuoglia  conduttore  o  condut- 
tori de  qualche  se  sia  bottega  o  luogo  di  detta  fiera  cosi  or- 
dinario come  extraordinario  oltre  alia  meta  che  spetta  a  lui 
come  di  sotto  si  dira  et  secondo  si  conterra  nel  polisetto 
apposto  in  dette  botteghe  et  luoghi  et  in  ciò  se  possa  et  deb- 
bia dare  el  giuramento  et  esaminare  ogn'  uno  che  parerà  a 
detti  soprastanti  et  a  ciasch'  uno  d'  essi  ne  manco  imprestare 
ne  farsi  imprestare  passo  mesura  o  peso  sotto  detta  pena  co- 
me di  sopra  da  applicarsi  per  ciaschuno  et  ciaschuna  uolta  et 
in  ciaschuno  di  detti  casi* 


n£RA  DEL  CAMPITELLO  3X 

Che  le  pesciofti  non  si  possino  alterare 
sen:(a  el  Consiglio  o  Credenza  —  Cap:  V. 

Item  che  le  pescioni  di  dette  botteghe  et  luoghi  non  sì 
possino  ne  debbiano  per  alch^uno  tempo  mai  alterare  senza 
el  decreto  del  pubblico  et  general  consiglio  onero  della  Cre- 
denza di  detta  Citta  sotto  le  predette  pene  per  ciasch'uno  et 
ciasch'una  uolta  che  se  contrauenesse^  da  applicarsi  come  di 
sopra« 

Che  la  meta  delle  pescioni  sia  delli  padroni  delle  botteghe 
et  V  altra  della  detta  Chiesa  *^  Cap.  VI. 

Item  che  de  tutte  et  singule  pescioni  che  si  pagaranno 
dalli  mercanti  et  artefici  delle  botteghe  et  luoghi  posti  in  detta 
fiera,  la  9ieta  sia  delli  padroni  di  dette  botteghe  et  luoghi  et 
r  altra  meta  di  detta  chiesa  di  S.  Maria  del  Campitello  se- 
condo sarà  descritta  nel  polisetto  posto  dalli  soprastanti  in 
esse  botteghe  et  luoghi,  tal  che  se  li  padroni  di  dette  botte- 
ghe si  uoranno  seruire  di  quelle  per  uso  loro  secondo  la  for- 
ma delli  presenti  capitoli  siano  parimenti  tenuti  pagare  la  meta 
di  quello  sarà  signato  nel  detto  polisetto  alli  detti  soprastanti 
et  camerlengo  et  similmente  siano  et  esser  debbiano  della  detta 
chiesa  del  Campitello.  Tutte  pescioni  d'altre  botteghe  luoghi 
et  banchetti  Hosterie  Macelli  et  passi  che  si  locassino  intiera- 
mente se  non  haueranno  padroni  particolari  come  di  sopra 
cioè  dati  et  concessi  dalla  detta  fraternità  et  suoi  Deputati  a 
tal'  effetto  fino  a  terza  generatione  o  altramente  in  perpetuo. 

Che  tutte  spese  si  faranno  si  paghino  delle  intrate 
de  essa  fiera  —  Cap.  Vii. 

Item  che  tutte  et  singule  spese  qual'  se  faranno  per  detti 
soprastanti  cosi  per  il  Vitto  com'  anco  per  fuochi  et  lumi  et 


32  RICCAKDO    GRADASSl-LUZl 

altre  cose  necessarie  circa  alla  detta  fiera  et  sua  custodia  et 
per  causa  de  essa  et  essercido  di  de.tto  offitio  se  debbia  pa- 
gare delle  intrate  et  prouenti  di  detta  fiera  li  qual  lumi  et 
fiioghi  li  possano  et  debbiano  fare  et  tenere  di  notte  accesi 
secondo  a  loro  parerà  necessario. 

Cbel  guadagno  et  emolumento  della  banca 
se  diuida  egualmente.  —  Gap:  VnL 

Item  chel  guadagno  della  banca  delli  prefati  soprastanti 
et  altri  emolumenti  deputati  a  detti  soprastanti  Dottore  et 
notano  siano  et  esser  debbiano  fra  essi  tutti  comuni  et  diui- 
dere  fra  essi  soprastanti  Dottore  et  notarlo  tanto  per  egual 
portione. 


Che  per  pesatura  delle  robbe  si  paghi  quello 
che  si  pagha  in  Terni.  -—  Gap:  Viiij. 

Item  che  per  pesatura  di  qualsiuoglia  essere  robba  da  pe- 
sarsi in  detta  fiera  s'  habbia  da  pagare  quel  tanto  è  suoUto 
pagarsi  nella  città  di  Temi  al  tempo  della  fiera  di  Santa  Lu- 
cia et  è  stato  suolito  laltr*  anni  nella  predetta  fiera  del  Gam- 
piteUo. 


Che  tutti  danari  et  prouenti  della  sattera  botteghe 
luoghi  et  banchetti  uadino  in  mano  del  Camorlengo  — 

Gap:  X. 

Item  che  per  seruitio  di  detta  chiesa  di  Santa  Maria  del 
Gampitello  et  predecta  fiera  et  soprastanti  d*  essa  sia  et  esser 
debbia  un  Gamerlengo  generale  da  elegersi  et  nominarsi  in 
detta  fraternità  nel  medesimo  giorno  luogho  et  tempo  che 
saranno  eletti  et  nominati  li  detti  soprastanti  come  di  sopra , 
1'  officio  del  quale  babbi  a  durare  un  anno  intiero  et  non  più 


FIERA  DEL  CAMPITELLO  j) 

qoal  sia  idoneo  de  facilità  et  fede,  in  mano  del  quale  se  deb- 
biano mandare  et  dare  specialmente  ogni  sera  tutti  danari  che 
se  pigUaranno  dalla  staterà,  quali  danari  incontanenti  saranno 
dalli  pesatori  presi  se  debbiano  mettere  in  una  cassetta  serrata 
a  chiane  la  qua!  debbia  tenere  el  detto  camerlengo  et  detti 
danari  giornalmente  durante  detta  fiera  ogni  sera  sia  dal  ca- 
merlengo presi  contati  et  numerati  inpresentia  delli  detti  so* 
prastanti  rogato  el  notarlo  d'  essi  della  quantità  che  ui  sarà 
retrouata  et  consignata  in  mano  d'  esso  camerlengo  senza  al* 
cuna  diminutione  ne  altra  requisitione.  Et  similmente  siano 
dati  tutti  altri  danari  et  prouenti  de  pisoni  di  botteghe  luoghi 
et  banchetti  della  detta  fiera,  o  per  causa  d'  essa  et  pene  si 
pagbaranno  come  nelli  presenti  capitoli.  Et  quelli  minutamen- 
te fino  ad  un  minimo  quattrino  detti  soprastanti  debbiano  per 
detto  notarlo  farscriuere  al  libro  et  conto  di  detto  camerlen- 
go generale.  Et  di  quelli  esso  camerlengo  secondo  che  a  sue 
mano  entreranno  tenerne  buono  et  fido  conto  con  efiectuale 
restitutione  subito  finito  el  suo  officio  al  camerlengo  generale 
di  detu  chiesa  del  Campitello  che  sarà  a  lui  successore  de* 
tratte  tutte  le  spese  et  prouenti  d' essi  soprastanti,  et  ad  esso 
camerlengo  saranno  messe  in  conto  in  fine  d' essa  fiera  et  poi 
della  detta  chiesa  et  non  si  facci  altramente  sotto  le  maggior 
pene  sopra  et  infra  scrìpte  da  applicarsi  a  detu  chiesa  et  sua 
fiibrìca  per  ciaschuno  et  ciaschùna  uolta. 


LIBRO  QUINTO 

DELLE  FRAUDI  FRANATI  ET  PENE 

Che  qualunque  non  reUnera  le  rohhe  per  dot  giorni 
in  fiera  paghi  la  gabella.  -^  Gap,  L 

Item  che  tutti  quelli  passeranno  per  detta  Città  suo  ter* 
rìtorio  et  distretto  nel  tempo  di  detta  fiera  con  alchona  sorte 

Artkiwio  storico  U.  y> 


34  RlCCMtDO    GRADASSl-LUZl 

di  mercantie  o  de  animali  sieno  tenuti  pagare  la  suolita  ga- 
bella ouer  passaggio  se  dette  mercantie  et  animali  per  doi  giorni 
et  intieri  senza  hauerle  uendute  in  detta  fiera  publicamente 
non  teneranno ,  et  dette  mercantie  non  sbaliaranno  i  modo 
che  ciaschùno  per  prezzo  competente  le  possa  uolendo  com*. 
prare  et  in  modo  che  euidentemente  apparisca  non  hauerlo 
fatto  con  animo  de  fraudare  detta  gabella.  Et  qualunque  of- 
ficiale et  particolare  persona  contrafara  ipso  facto  casch'in 
pena  de  uinticinque  ducati  d' oro  da  applicarsi  alla  fabbrica  de 
detta  chiesa  et  fiera  per  doi  terzi  et  per  un  terzo  alli  sopra* 
stanti  et  essequutore  per  egual  portione. 


Che  ciascVuno  uenderà  a  peso  o  a  mesura  sia  tenuto  dare 
el  giusto  col  peso  et  mesura  sigillata.  —  Gap.  il. 

Item  che  ciaschùno  uendera  a  peso  o  a  misura  sia  tenuto  pe- 
sare et  mesurare  col  peso  et  misura  giusta  et  sigillata  et  dare 
a  ciaschùno  el  giusto  peso  et  mesura  sotto  pena  de  dieci  du« 
cati  d' oro  da  applicarsi  come  di  sopra  et  emendo  del  manco 
dato  al  patiente  in  doppio,  et  se  ciò  sarà  per  mesura  o  peso 
scarso  in  se  stesso  anco  per  non  hauer  sigillato,  una  pena  non 
si  confonda  per  T  altra,  ma  sia  tenuto  ciaschùno  a  pagare  la 
pena  per  tutti  li  delitti  commetterà  in  ciaschùno  caso. 

Che  non  si  possa  uendere  carne  £  alcuca  sorte  sen^a  licentia 

de*  soprastanti.  —  Gap:  ni. 

Item  che  nessuno  possa  ne  debbia  uendere  alcuna  sorte 
ne  qualità  ne  quantità  de  carne  ne  a  peso  ne  in  altro  modo 
senza  expressa  licentia  delli  detti  soprastanti  et  che  prima  da 
loro  non  sia  stata  uista  er  hauta  certezza  che  non  sia  carne 
di  bestia  morta  da  se  stessa  o  per  qualche  infirmila  o  infec- 
tione  sotto  detta  pena  da  applicarsi  come  di  sopra. 


FIERA  DEL  CAMPITELLO  35 

Che  nessuno  possa  uendere  una  cosa  per  un*  altra.  -—  Cap:  iiiL 

Item  che  nessuno  possa  uendere  una  cosa  per  un'  altra  in 
qual  si  uoglia  specie  et  qualità  di  robbe  o  cose  sotto  detta 
pena  et  emendo  del  doppio  al  patiente  per  ciascuno  et  cia- 
schuna  uolta  da  applicarsi  come  di  sopra. 


Che  le  pene  de  maleficij  comessi  con  arme  se  debbiano 
duplicare  et  non  gratiar  se  non  del  quarto.  —  Cap:  V. 

Item  che  tutti  et  singuli  maleficij  predetti,  eccetto  li  re- 
seruati  qual  si  commettessino  in  detto  Territorio  et  Distretto 
di  detta  città  di  Terni  con  alcuno  che  uenesse  in  detta  fiera 
nel  tempo  che  la-  dura  con  alcuna  sorte  d' arme  le  pene  se 
debbiano  duplicare  et  se  intenda  leuato  via  ogni  beneficio  ec- 
cetto che  detti  soprastanti  in  detti  et  altri  tutti  et  singuli  casi 
habbiano  auctorità  et  omnimoda  facultà  di  possere  componere 
granare  et  gratiare  respectiuamente  fino  alla  quarta  parte  et 
non  più. 


Che  li  Zengari  non  possano  stare  ne  essere 
assicurati  in  detta  fiera  ne  fuora  nel  conuicino.  Cap  :  VI. 

Item  che  nessuna  quantità  ne  qualità  o  sorte  di  Zengari  in 
modo  alchuno  possa  ne  debbia  in  tempo  di  detta  fiera  durante 
come  di  sopra  ne  per  doi  giorni  prima  né  poi  stare  di  giorno 
ne  di  notte  ne  per  poco  ne  per  assai  tempo  in  detto  Terri- 
torio ne  fuora  ne  conuicino  ne  manco  se  possino  da  detti  so- 
prastanti ne  da  altro  superiore  assicurare  ne  dare  alcima  sorte 
de  licentia  di  posser  stare,  et  dandoseli  la  licentia  sia  nulla,  et 
uenendoci  in  qual  si  uoglia  modo  possino  essere  da  ognono 
sgualisiati  et  presi  et  dati  subiio  in  mano  della  corte  et  dete- 
nuti finché  la  fiera  sia  in  tutto  finita  et  per  detti  doi  giorni 
da  poi,  et  non  procuranno  detti  soprastanti  o  alchùno   d'  essi 


3$  RICCAIDO    GRADASSl-LUZl 

a  tutto  lor  potere  la  Captura  d'  essi  Zengarì  s' intenda  incorso 
in  la  pena  de  uenticinque  scudi  d'  oro  da  applicarsi  come  di 
sopra  et  de  priuatione  del  lor  officio. 

Che  si  proceda  da  simile  a  simile.  —  Cap  :  VII. 

Item  che  in  tutti  et  singuli  casi  descrìtti  nelli  presenti  ca- 
pitoli nelli  quali  se  pfirla  de  soprastanti  et  d'offitio  loro  del- 
l' ordine  et  tempi  della  fiera,  delli  pesi  et  mesure  delle  fraude 
et  fraudati,  pene  et  premi]  spese  et  prouenti  et  altri  casi  non 
espressi  nelli  presenti  soprascrìtti  Capitoli,  si  possa  et  debbia 
per  li  soprastanti  officiali  et  altri  deputati  procedere  da  simile 
a  simile  secondo  eh'  a  detti  soprastanti  officiali  et  deputati  pa- 
rerà più  conueniente  et  a  proposito. 

Che  subito  finita  la  fiera  si  faccino  li  conti  et  conseghi 
in  mano  al  camerlengo  quanto  resterà.  —  Cap:  Vltimo. 

Item  che  detta  fiera  subito  finita  sarà,  se  debbiano  far  li 
conti  et  sallo  del  Camerlengo  soprascritto  prima  che  detti  so- 
prastanti si  partino  dal  luogho  di  detta  fiera  et  nello  ultimo 
giorno  che  la  finirà  sotto  la  pena  di  perdita  di  tutti  lor  emo- 
lumenti et  salarij  et  lintrata  se  debbia  liquidare  detratte  tutte 
le  spese  et  cosi  liquidata  se  debbia  far  scriuere  nel  sudetio  li- 
bro et  lassare  el  tutto  in  mano  del  sopradetto  Camerlengo  di 
detta  Chiesa  di  Santa  Maria  del  Campitello  con  rogito  di 
detto  notarlo  da  farsi  in  fine  del  detto  libro  dell*  atti  et  la- 
trate et  uscite  del  sallo  et  conto  fatto  et  di  quel  che  resterà 
di  guadagno  et  intrata. 

Che  Iddio  facci  sia  principalmente  sempre  a  sua  luade  et 
gloria  et  cosa  buona  utile  et  fructuosa  all'  anime  de  tutti  et 
anco  stato  et  grandezza  deUa  magnifica  Città  di  Temi.  Amen. 
Amen.  Amen.  (')• 


(i)  Stgne  il  decreto  d' approTuione  emtnato  dal  Cardinal  Vitelloeto  VitcUI,  aTcatc 
la  data,  poeu  io  fronte  alla  pcrfaaieaa,  del  giorno  u  Settembre  1567. 


IL  LIBRO  ROSSO 

DEL  COMUNE  DI  CAMERINO. 

(1207  -  1336) 


U  programma  del  nostro  periodico  non  comporta 
la  pubblicazione,  per  intero,  di  una  lunga  serie  di  do* 
cumenti:  mi  conviene  perciò  in  più  modesti  limiti 
restrìngere  la  notizia  di  un  antico  e  prezioso  codice 
d' istorìche  fonti  per  la  città  di  Camerino.  Contiene 
questo,  autenticamente  esemplati  e  copiati,  molti  pri- 
vilegi, contratti,  istromenti,  bolle,  quietanze  e  rescritti, 
che  riflettono  gli  interessi  del  comune,  e  che  a  mag* 
gior  sicurezza  e  più  valida  conservazione  raccolti  in 
un  solo  volume,  doveano  gelosamente  custodirsi  nella 
cassa  detta  delle  cinque  chiavi.  E  a  buona  nostra 
fortuna  gli  antichi  ebbero  sifiàtta  precauzione,  giac- 
ché altrimenti  quelle  carte,  nella  porzione  maggiore, 
sarebbero  già  distrutte  e  perite.  Né  V  esempio  di  tal 
diligenza  é  singolare;  che  eziandio  di  molti  altri 
comuni  si  conosce  la  medesima  solerzia  per  la  cu- 
stodia de'  più  rilevanti  documenti ,  e  per  la  cura  di 
trame  due  o  più  esemplari,  affinché  stessero  al  co- 


38  IL  LIBRO  ROSSO  DEL  COMUKE  DI  CAMERINO 

perto  da  ogni  danno  e  sorpresa.  Questi  volumi  d'  or- 
dinario venivano  appellati  i  Libri  rossi  dei  comuni, 
forse  perché  la  loro  copertura  era  di  pelle  o  di 
drappo  di  quel  colore.  Il  nostro  libro  rosso  pertanto 
esiste  ancora  neir  archivio  segreto  municipale  al  cas- 
setto T.  n.  49  ;  è  in  pergamena,  in  folio  di  cm.  40 
per  28,  con  rilegatura  in  tavola  coperta  di  marocchino 
rosso,  con  borchie  di  ottone,  abbastanza  conservato. 
La  i.^  pagina  è  bianca:  la  2.*  dovea  esserlo  egual- 
mente in  origine,  ma  poi  vi  furono  scritte  queste 
parole:  Le  castella  che  contribuisse y  con  sei  nomi  di 
terre.  Nelle  3 .'  e  4.*  sta  V  indice  delle  rubriche  €  Ista 
sunt  instrumenta  que  continentur  per  ordinem  in  pre- 
senti Registro  »  La  5.'  è  bianca,  e  la  6.*  ha  i  Nomi 
delle  terre  obbligate  a  offrire  il  pallio  e  il  tributo  di 
cera  al  Comune.  Gli  istromenti  incominciano  dalla 
pag,  7.*  e  vanno  di  seguito  :  le  pagine  non  sono 
numerate  e  lo  scritto  occupa  cm.  29  per  19. 

I  documenti  trascritti  sono  novantacinque,  dei 
quali  taluni  intercalati,  senza  numerazione,  altri  du- 
plicati, e  vanno  dal  1207  al  1336.  Ma  V  ordine  onde 
sono  disposti  e  copiati  non  é  il  cronologico,  almeno 
nella  massima  parte,  registrandosi  saltuariamente  quelli 
che  antecedono  V  anno  1297  e  serbandosi  solo  dap- 
poi la  serie  de'  tempi.  Peraltro  pubblicandone  qui  il 
Regesto  io  ho  voluto  guardare  innanzi  tutto  la  cro- 
nologia, senza  trascurare  la  nota  del  posto  che  ten- 
gono nel  codice,  per  comodo  di  chi  volesse  consul- 
tarne alcuno. 

Devesi  ancora  avvertire  che  nei  cinque  numeri 
inclusi  dal  LXIII  al  LXVII,  vengono  registrati  i 
giorni  e   i  danari   pagati  in. conto  del   prezzo   dei 


MILZIADE  SAKTONl  39 

castelli  di  Piastra  e  Fiuminata,  dei  quali  io  non  ten- 
go nota. 

In  fine  del  n.  LXXXVII  si  legge  la  memoria 
del  notato  scrittore  in  queste  parole.  Ego  Angelus 
qd.  magistri  Baroni  de  Camerino  imperiali  auctori- 
tate  notarius  et  judex  ordinarius  prout  inveni  supradi- 
cium  privilegium  et  omnia  supradicta  in  aulhentico  publi- 
cOj  ita  hic  bona  fide  sine  fraude  trascripsi  et  esemplavi.... 
et  una  cum  providis  viris  magnifico  Venantio  magistri 
Riccardi^  magistri  Ufreductii,  et  magnifico  Venantio.... 
Nuntìo  magri  Francisci  notariis  de  Camerino  diligen-^ 
ter  auscultavi.  Sub  anno  Domini  ij4^  ind.  i)  tempore 
dni.  Clementis  Pp.  Vly  die  26  mensis  septembris.  Mtum 
sub  audientia  episcopatus  dicti  dni.  Episcopi.  > 

Il  periodo  di  storia  camerinese  abbracciato  da 
questi  documenti^  é  periodo  assai  travagliato  dai  par- 
titi e  da  sventure,  anzi  dalla  massima  delle  sventure 
quale  fu  la  distruzione  della  città  compiuta  dalle 
truppe  di  Manfredi  neir agosto  del  1259.  E  raggrup- 
pando gli  avvenimenti  intorno  a  quella  funesta  data, 
potrebbe  dirsi  che  qui  leggiamo  il  proposito  nel  po- 
polo a  diventar  grande  e  potente  ;  e  dopo  la  disfatta 
gli  sforzi  a  tornare  alla  primitiva  sicurezza  e  valore. 
Donde  gli  acquisti  fatti  dal  comune  per  allargare  i 
confini  dello  stato  si  dalla  parte  dell'  Umbria  ,  che 
da  quella  della  Marca  ;  e  i  favori  accordati  alla  gente 
del  contado  per  attirarla  air  ossequio  della  città.  A 
questo  aumento  di  forza  materiale  si  fan  corrispon- 
dere le  concessioni  e  i  privilegi  che  a  sua  volta  il 
comune  sollecitava  ed  otteneva  dai  potenti  sovrani , 
fossero  di  parte  guelfa  o  ghibellina,  a  seconda  del- 
l' aura  che  air  una  o  all'  altra  fazione  lo  sospingeva. 


40  IL  LIBRO  ROSSO  DEL  COMUNE  DI  CAMERINO 

Ecco  adunque  la  somma  dei  documenti,  alcuni 
dei  quali  sono  stati  prodotti  dal  Lilii  nella  sua  HisUh 
ria  di  Camerino^  mutilati  peraltro  sempre  e  sovente 
scorretti. 


I.   Instrumentum  submissionis  castri  Belfortis. 

(  vili  ). 

Riccomamo  console  di  Belforte,  e  gli  uomini  di  detto 
castello,  promettono  a  Teobaldo  potestà  di  Camerino,  il  qua- 
le accetta  pel  comune,  di  comportarsi  come  minore  verso  il 
maggiore;  di  far  guerra  e  pace  secondo  comanderà  la  città; 
di  pagare  ogni  anno  per  ciascun  fuoco  al  i.^  maggio,  26  de- 
nari, eccettuati  i  militi,  i  figli  de'  militi,  e  coloro  che  riten* 
gono  r  onor  della  milizia,  come  pure  i  chierici  e  le  vedove. 
La  città  da  sua  parte  si  obbliga  difendere  Belforte,  come  gli 
altri  castelli  e  gli  altri  beni  del  comune. 

(  1205,  IO  octobr.  In  castro  Bdfortis,  Albrìcus  not  ). 

2.  Privilegium  concessionis  habite  ab  Octone  im- 
peratore. (  XVI  ). 

Ottone  IV  imperatore  de'  romani ,  atteso  Y  animo  de- 
voto de'  camerinesi,  conferma  le  loro  buone  e  giuste  usanze 
e  consuetudini,  le  loro  possessioni  e  tenute.  Pena  30  libre  di 
oro  puro  a  chi  recasse  molestia  o  impedimento.  Condona  i 
danni  e  i  malefici  recati  dai  camerinesi  contro  Y  imperatore  o 
r  impero  pel  castello  e  rocca  di  Pioraco. 

(  12  IO,  IV  Kal.  sept  Apud  Abatiam  S.  Salvatorìs  de  monte  Amiata» 
per  maniim  Gualtcrìi  prothonotarìi  ). 


MILZIADE  SANTONI  4I 

3.  Lictere  confirmationis  habite  a  D.  Sedis  apo- 
stolice  Legato.  (  XIX  ). 

Guglielmo  di  Beramania  cappellano  di  Onorio  III  e  le- 
gato della  S.  Sede,  sulla  petizione  di  Bonguadagno  giudice 
del  comune,  conferma  ai  camerìnesi  tutto  ciò  che  con  ragio- 
ne e  pacificamente  posseggono,  salvo  in  tutto  il  mandato 
del  Papa. 

(  1225,  non.  decembr.  Perusii»  Gentilis  Latini  not.  ).    * 

4.  Instrumentum  venditionis  castri  Antici.  (VII). 

Brandano  di  Antico  ed  Offreduccio  vendono  a  Venuto 
di  Bernardo  sindaco  del  comune,  il  Poggio  del  castello  di 
Antico ,  co'  suoi  fabbricati ,  per  devastarlo.  Sottomettono  il 
castello  alla  città,  e  ricevono  in  compenso  mille  libre,  obbli- 
gandosi Brandano  di  far  consentire  al  contratto  il  fratello 
Corrado. 

(  1251,  die  III  exeunte  mardo.  Petrus  de  Sentine  not.  ). 

5.  Item.  (  VII.  bis  ). 

Corrado  di  Antico  consente  alla  vendita  del  castello  e 
Poggio  fatta  da  suo  fratello  Brandano,  e  riceve  500  libre. 

(  1232,  5  junii.  Qmerini.  Gimbius  Bacan.  not  ). 

6.  Privilegìum  jurisdictionis  comunis  civìtatìs  Ca- 
merini, ubi  sunt  declarata  castra,  ville  et  confinia  Ca- 
merini. (  LV.  et  LXXXVII  ). 

n  cardinale  Sinibaldo  Fieschi,  rettore  della  Marca ,  con- 
cede al  podestà  e  popolo  la  cognizione  delle  cause  civili  e 
criminali;  T  esazione  degli  affitti  e  dative;  approva  gli  acquisti 
dei  castelli,  ville  ed  altro  qualsiasi.  Li  dichiara  esenti  dai  tributi 
alla  curia  romana  e  ai  nunzi,  meno  del  fitto  di  50  libre  di 
Ravenna  ed  Ancona;   e  della  procurazione   quando  la  paghe- 


42  n.  LIBRO  ROSSO  DEL  COMUNE  DI  CAMERINO 

ranno  le  altre  città   della  Marca.  Si   descrive  il  distretto   di 
Camerino,  con  tutti  i  luoghi  soggetti. 

(  i24o^  VI  KaL  febmarìL  CameriiiL  Angderìiis  not  ). 

7.  Aliud  piivilegium  super  dieta  confinnatione. 
(LX). 

Gregorio  IX  al  podestà  e  popolo  di  Camerino,  conferma 
la  concessione  del  cardinale  di  S.  Lorenzo  in  Lucina  rettore 

f 

della  Marca. 

(  i24o,  VI.  id  nurtii.  Dat  Laterani  an.  XIH  ). 

8.  Promissio  facta  per  comune  Camerini  univer- 
sitari Sefri.  (  LXU  bis  ). 

Scagno  sindaco  di  Camerino,  a  nome  del  comune,  pro- 
mette a  Paolo  di  Bartolo  sindaco  degli  uomini  di  Sefiro  di 
mantenere  e  difendere  le  loro  persone  e  possessioni,  e  fare 
per  essi  guerra  e  pace,  come  si  £u:ebbe  per  i  buoni  cittadini 
abitanti  entro  le  mura. 

(  i24o,  die  in  es.  novembr.  Raymundus  not  ). 

9.  Privilegium  confirmationis  habite  a  Frederico 
imperatore.  (XVII). 

L' imperatore  Federico  Il'considerando  la  fedeltà  e  devo- 
zione de'  camerinesi,  conferma  loro  tutti  i  beni  e  possedimenti 
e  tutte  le  consuetudini  approvate  e  vigenti,  fin  dal  tempo 
deir  avo  suo  Federico  e  del  padre  Enrico.  Condonando  le  of- 
fese e  le  colpe  contro  gli  imperiali  nunzi  e  ministri,  le  pene 
e  le  multe  contro  gli  inquisiti  e  condannati. 

(  I24a,  mense  augusti.  Apud  s.  Geminianum.  ). 

10.  Instrumentum  remissìonis  facte  comuni  per 
Robertum  de  Castellone.  (  XXXVI  ). 

Roberto  di  Castellione  vicario  imperiale  delle  Marche 
rimette  agli  uomini  di  Camerino  e  suo  distretto,  tutte  le  colpe. 


MILZUDE  SANTONI  43 

Spese  y  pene  e  danni  commessi  contro  V  imperatore  e  suoi 
nunzi.  Li  assolve  dal  pagamento  di  200  libre  dovute  al  loro 
podestà  Fr.  del  Testa  e  permette  che  in  avvenire  si  diano  ai 
podestà  per  salario  libre  300  di  Ravenna  ed  Ancona,  e  fa 
altre  concessioni. 

(  1246,  6  aprìL  Apud  Matelicam.  B.  de  Caramania  not.  ). 

11.  Privilegium  concessionìs  habite  ob  eodem 
impefatore.  (  XVIII  ). 

L' imperatore  Federico  II  riceve  nella  sua  grazia  il  co- 
mune e  gli  uomini  di  Camerino  rimettendo  e  condonando 
colpe  e  pene.  Concede  che  si  diano  ai  futuri  podestà  300  li- 
bre ravennati  e  anconitane  per  salario,  ed  assolve  dal  paga- 
mento di  libre  200  dovute  al  cessato  podestà  Federico  Testa 
di  Arezzo.  Di  simigliante  indulto  vuole  partecipi  Ancarano, 
Agolla  e  Sefro. 

(  1246,  mense  martii.  Capuae). 

12.  Privilegium  confirmationis  territoriì  de  Cafri- 
lia  et  aliorum  locorum.  (  LXII  ). 

Innocenzo  IV,  essendo  legato  della  Marca,  aveva  conce- 
dato  ai  camerinesi  Capriglia  ed  altri  luoghi  spettanti  alla  San- 
ta Sede,  ottenendone  sanzione  da  Gregorio  IX.  Ora  aggiunge 
nuova  conferma  alla  concessione  primiera. 

(  1246,  V.  id.  junii.  Lugduni.  ) 

13.  Privilegium  confirmationis  castrorum  et  di- 
strictus  Camerini. 

Innocenzo  IV  conferma  alla  città  i  castelli,  terre,  ville  e 
possedimenti  che  avea  da  trenta  anni  indietro  ;  e  nel  modo 
come  li  teneva  a'  tempi  della  discordia  fra  la  chiesa  e  Fede- 
rico imperadore. 

(  1246,  id..jim.  Lugdani.  )• 


44  n*  LIBRO  ROSSO  DEL  COMUNE  DI  CAMERtNO 

14.  Privilegium  confirmationis  ipsius  jurisdictio- 
nis.  (  LVI  ). 

Innocenzo  IV  conferma  tutte  le  concessioni  e  privilegi 
dati  quando  egli  era  legato  della  Marca,  come  più  pienamente 
apparisce  dalle  lettere  allora  spedite. 

(  1247,  n  noo.  decembrìs.  Lugduni.  ). 

15.  Privilegium  delegationis  super  confirmatione 
diete  jurisdictionis,  (  LVII  ). 

Innocenzo  IV  commette  all'  arcidiacono  di  Camerino  che 
non  consenta  a  nessuno  molestare  il  comune,  circa  le  grazie 
e  privilegi  dallo  stesso  pontefice  concessi  e  confermati:  ado- 
perando air  uopo  anche  le  censure  apostoliche. 

(  1247,  vn  id.  decembrìs,  Lugduni.  )• 

16.  Aliud  privilegium  delegationis  super  dieta 
confirmatione.  (  LVIII  ). 

Innocenzo  IV  commette  al  Priore  di  s.  Angelo  di  Pro- 
folio e  air  Arcidiacono  di  Camerino  d' impedire  qualsivoglia 
molestia  contro  il  comune,  circa  i  privilegi  ricevuti  dalla  Sede 
apostolica,  pena  le  censure  ecclesiastiche. 

(  1249,  id.  martii.  Lugduni.  ). 

17.  Privilegium  inibitionis  super  dieta  jurisdi- 
elione.  (  LIX  ). 

Innocenzo  IV  al  podestà  e  comune  di  Camerino  concede, 
che  nessuno  ardisca  molestarli  per  i  privilegi  ottenuti  dalla 
Sede  apostolica. 

(  1249,  id.  martii,  Lugduni.  ). 

18.  Instrumentum  Sindaeatus  ad  aeeipiendum  em- 
ptionem  de  eastro  Appennini.  (  XLVI  ). 

Il  consiglio  generale  di  Camerino  adunato  nella  chiesa 
di  S.  Angelo,  presente  Rodolfo  de  Bussis  vicario  del  podestà 


MILZUDE  SANTONI  45 

Accursio  de  Saviola,  delega  Scagno  a  comprare  da  Monaldesco 
Monaldeschi  la  metà  del  castello,  torre,  girone,  edifici,  borgo, 
poggio,  uomini  e  giurisdizione  di  Appennino  e  suo  distretto, 
per  il  prezzo  di  600  libre  di  Ravenna. 

(1252»  die  II  martii.  Paganellus  not  ). 

19.  Instrumentum  emptionìs  de  castro  Appenni- 
ni. (  XLVII  ). 

Monaldesco  Monaldeschi  vende  a  Scagno  sindaco  di  Ca- 
merino la  metà  del  castello  di  Appennino,  come  sopra,  addu- 
cendo  cause  e  condizioni. 

(  1252,  die  i4  martii.  Paganellus  not  ). 

20.  Prìvilegìum  declarationis  super  facto  castri 
Belfortis.  (  XX  ). 

Innocenzo  IV  scrive  all'  arcidiacono  di  Luni  rettore  della 
Marca,  che  il  comune  di  Camerino  reclama  contro  il  castello 
di  Belforte ,  per  alcuni  atti  d' insubordinazione  ;  e  che  egli 
curi  la  osservanza  dei  patti  e  convenzioni  legittime  ed  antiche. 

(1253,  II.  non.  julii.  P^rusii.  ). 

21.  Instrumentum  emptionis  facte  comuni  de  ca- 
stro Belfortis.  (  XLVIII  ). 

Giunta  d'  Albertone  vende  a  Giustizia  di  Giovanni  sindaco 
di  Camerino,  un  terreno  posto  nel  castello  di  Belforte,  dove 
è  il  cassaro,  per  il  prezzo  di  4  libr.  di  Ravenna  ed  Ancona. 

(  1256,  die  12  ioUL  In  castro  Belfortis.  Finaguerra.  not  ). 

22.  Instrumentum  emptionis  facte  a  lacobo  Pan- 
tutìe  de  casareno  ibidem.  (  XLIX  ). 

Giacomo  di  Pantuzia  vende  al  sindaco  di  Camerino  Giu- 
stizia di  Giovanni  un  terreno  in  Belforte  per  6  libr.  di  Rav. 
ed  Anc. 

(  1256^  die  12  julii.  Belfortis.  Finaguerra  not.  ). 


46  IL  LIBRO   ROSSO  DEL  COIfUME  DI  CAMERINO 

23.  Instrumentum  alterìus  emptionìs  £aicte  de  quo- 
dam  alio  casareno  ibidem.  (  L  ). 

Maestro  Accepto  curatore  di  Giacobuzia  vende  al  sudr 
detto  sindaco  un  terreno  o  atterrato  posto  in  Belforte^  per 
sei  libre  di  Rav.  ed  Anc. 

(  1256»  die  X  ex.  decembr.  Camerini .  Finagoerta  not  ). 

24.  Instrumentum  emptionis  castri  Jovis,  et  juris- 
ditionis  Plebistorini.  (  U  ). 

Ranieri  ed  Ugolino,  anche  a  nome  di  Boncontuzio  figlio 
di  Ugolino  Bonconte  vendono  e  cedono  a  Carsidonio  Bon- 
vicino  sindaco  di  Camerino,  il  poggio  ove  fu  il  castello  di 
Giove,  il  borgo  di  detto  castello,  le  fosse  fira  il  castello  e  il 
borgo,  gli  uomini  di  Giove,  di  Pievetorina  e  di  Casprìano, 
pel  prezzo  di  6000  libr.  di  bolognini  di  Ravenna  ed  Ancona. 

(  125  7,  mense  apriL  In  Rota  apud  dsprianum.  Finaguerra  not  ). 

25.  Instrumentum  remissionis  facte  comuni  per 
dominum  Anibaldum  rectorem  in  Marchia.  (XXXVII). 

Annibaldo  proconsole  romano,  nepote  del  Papa  Alessan- 
dro IV,  rettore  della  Marca,  scrive  ai  podestà  e  consigli  di 
Camerino,  Fabriano  e  Sanginesio  di  condonare  i  danni  arre- 
cati tanto  contro  le  curia,  quanto  contro  il  comune  di  Mate- 
tica; e  confermare  lor  privilegi  ed  indulti.  Di  più  restituisce 
a  Camerino  il  castello  di  Gagliole  e  la  villa  di  Aria;  ritiene 
Pitino  per  la  Sede  romana;  cassa  ed  annulla  la  convenzione 
fatta  fra  Sanseverìno  e  Matetica;  promette  ajuto  a  Sassetto 
castellano  di  Fabriano  perchè  possa  ricuperare  sue  robbe  tolte 
dai  Matelicani. 

(1258,  5  octobr.  Monticull.  Janninus  not  ). 

26.  Instrumentum  emptionis  castri  Appennini, 
Macerate  et  Piastre.  (  I.  XXII.  LI  ). 

Magalotto  Magalotti  di  Piastra  vende  a  Migliorato  Ta- 
lenti sindaco  di  Camerino  la  metà  del  castello  di  Appennino, 


MILZIADE  SANTONI  47 

cioè  della  torre  e  del  girone,  del  poggio  e  del  borgo;  il  ca- 
stello di  Macereta  ;  il  castello  del  Poggio  che  dicesi  Serra  ;  il 
castello  di  Piastra  col  poggio,  girone,  torre,  edilìzi  e  borgo; 
pel  prezzo  di  6100  libr.  di  bolognini  ravennati  ed  anconitani. 

(1259^  ^^  ^  januar.  Camerini  ;  Finaguerra  not.  ). 

27.  Instrumentum  sindacatus  ad  recipiendam  di- 
ctam  emptionem  prò  comuni.  (  XXIII  ). 

Il  consiglio  generale,  presente  il  podestà  Saraceno  Buca- 
telli  delega  il  sindaco  Migliorato  Talenti  a  ricevere  da  Maga- 
lotto  Magalotti  la  consegna  della  metà  di  Appennino,  Mace- 
reta, Piastra,  il  Poggio  e  compiere  il  contratto  concluso  col 
comune. 

(  1259,  8  januar.  Finaguerra  not.  ). 

28.  Instrumentum  promissionis  facte  per  Petrum 
domini  Magàlocti  de  castro  Appennini.  (  LII  ). 

Pietro  Magalotti  riceve  da  Bartolomeo  Bonaccorsi  castel- 
lano di  Appennino  la  torre,  il  palazzo,  il  castello  con  sue 
pertinenze  e  giurisdizione  ;  promettendo  guardarlo  e  custodirlo 
pel  comune  di  Camerino. 

(1259,  8  augusti.  Canterini.  lacobus  qd.  Bonifacii  not.  ). 

29.  Instrumentum  concessionis  facte  de  castro 
ColpoUine  et  Corvenani.  (  XL  bis  ). 

Monaldelsco  Monaldeschi  cede  a  Gentile  de  Varano  ca- 
pitano della  città,  il  castello  di  ColpoIIina  e  Corvenano;  e 
resta  assoluto  dai  danni  fatti  ai  camerinesi. 

(  1261,  31  decembris.  Camerini  in  ecclesia  s.  Venantii.  Rugerius  not). 

30.  Instrumentum  emptionis  a  domina  ymilia  de 
casareno  posito  ad  trivium.  (  XLI  ). 

Mirilia  di  Rinaldo  Bonconte  moglie  di  Matteo  d'  Uguc- 
cione  vende  a  Boncambio  Talenti  sindaco,  una  casa  posta  nel 


48  IL  LIBRO  ROSSO  DEL  COMUNE  DI  CAMERINO 

trivio  (in  margine  MorrupH)  pel  prezzo  di  i8o  libr.  di  mo- 
neta nova  corrente. 

(  1264,  die  V  ex.  aprii.  Camerini  ad  locum  Fratnim  Minorotn.  Bona- 
junta  Paganelli  not  )• 

31.  Instrumentum  emptionis  a  domino  Meliorato 
et  Gratia  de  casareno  posito  ad  trivium.  (  XLII  ). 

Migliorato  e  Grazia  vendono  al  comune  una  casa  al  tri- 
vio, per  45  libr.  di  moneta  nova. 

(  1264,  die  V  ex.  aprii.  Camerini  ad  locum  Fr.  minorunt  Bonajunta 
Paganelli  not.  ). 

32,  Instrumentum  sindicatus  hominum  Percane- 
stri  et  Ylicis,  ad  se  submictendum  comuni  Cameri- 
ni. (  III  ). 

Gli  uomini  di  Percanestro  ed  Elci^  col  consenso  di  Ra- 
nieri di  Ugolino,  si  danno  al  comune  di  Camerino;  e  promet- 
tono pagare  ogni  anno  26  danari  per  focolare  ed  un  cereo 
nella  festa  dell'  Assunta  e  di  S.  Venanzio  ;  inoltre  di  far  guerra 
e  pace  a  volontà  del  comune  e  suo  podestà,  sotto  pena  di 
mille  marche  d'  argento. 

(  1264,  die  9  julii.  In  contrada  s.  Pontiani.  Laurentius  not  ). 

3  3 .  Instrumentum  sive  lictere  remissionis  facte  co- 
muni per  dominum  Symonem  cardinalem.  (XXXVIII). 

Simone  cardinale  di  s.  Martino,  legato  del  Pontefice,  fa 
quietanza  al  podestà  e  consiglio  di  aver  ricevuto  cento  libre 
di  Rav.  censo  dovuto  alla  S.  Sede  neir  anno  decorso  e  nel 
corrente. 

(  1265,  Vm  id.  febnxarii.  Corinaldi.  ). 

34.  Instrumentum  Sindacatus  ad  submictendum 
castrum  Rocchette  comuni  Camerini  (  V  ). 

Gli  uomini  della  rocca  o  rocchetta  di  Grancìgnano,  con 
consenso  di  Ugolino  Ugolini,  promettono  soggezione    al  co- 


MILZIADE  SANTONI  49 

mune  di  Camerino,  e  un  tributo  di  26  denari  per  ogni  foco- 
lare, oltre  un  pallio  di  seta  nella  festa  dell'  Assunta  e  di  S.  Ve- 
nanzio. Essi  faranno  pace  e  guerra  a  volontà  del  podestà  e 
del  comune,  sotto  pena  di  mille  marche  d'  argento  se  con- 
traweranoo. 

(  1265,  die  IV  ex.  junio.  Rocchettae.  Laurentius  not.  ). 

35.  Instrumentum  submissionis  castri  Rocchette. 
(VI). 

Giunta  di  Berardo  Sindaco  degli  uomini  di  Rocchetta 
promette  a  Petriolo  del  Castellano  sindaco  di  Camerino  ciò 
che  si  è  stipolato  di  sopra. 

(  126$,  die  IV  ex.  junio.  Camerini  in  ecdessia  Sanctae  Mariae.  Ugu- 
linus  Clptadini  not  ). 

36.  Instrumentum  subjectionis  Percanestri  et  Yli- 
cis  facte  comuni  Camerini.  (  IV  ). 

Angelo  di  Berardo  Sindaco  e  procuratore  degli  uomini 
di  Percanestro  ed  Elei,  notifica  a  Petriolo  del  Castellano  sin- 
daco di  Camerino,  quanto  è  stato  come  sopra  stipolato. 

(1265,  die  1$  jidii.  Camerini  in  ecclessia  Sanctae  Mariae  majoris. 
Laurentius  not  ). 

37.  Instrumentum  vendictionis  Collis  s.  Marie. 
(IX). 

Fessaluto  e  Rodolfuccio,  in  nome  anche  delle  sorelle 
Bainina  e  Marsi bilia,  vendono  a  Ugolino  Cittadini  Sindaco  di 
Camerino  tutte  le  terre  del  colle  santa  Maria  (  di  Cessapalom* 
bo  )  per  100  libr.  di  Rav.  e  Anc. 

(  1266^  die  Xn  ex.  majo.  Apud  collem  s.  Marie.  Finaguerra  not). 

38.  Instrumentum  concessionis  coUis  podi!  s.  Ma- 
rie hominibus  de  Cesapalumbo.  (XXI). 

Gentile  da  Varano  podestà  del  comune,  ed  Ugolino  sin- 
daco,   concedono  il  colle  di  s.  Maria  agli  uomini    di  Cessa- 

Archivio  Storico  li.  4* 


50  IL  UOMO  tosso  DEL  COMUNE  DI  CAMEUNO 

palombo,  che  promettono  ritenerlo  per  il  comuDe  di  Ca- 
merino. 

(  1266,  die  Xn  ex.  maja  Apod  ooQem  s.  Blaiiae.  Finagoem  ooL  ). 

39.  Instrumentum  venditionis  ejusdem  coUis.  (X). 

Filippo  di  Monco  de  Cessapalombo ,  per  se  e  i  fratelli , 
vende  al  comune  di  Camerino  le  sue  terre  poste  nel  colle 
s.  Maria,  per  edificarvi  un  castello,  per  il  prezzo  di  100  soldi 
al  modiolo. 

(  1266^  die  Xm  OL  nulo.  Caiìirrini.  Finagocna  not  ). 

40.  Instrumentum  emptionis  a  Johanne  Camere- 
no  Compangi  de  casareno  posito  ibidem.  (XLIII). 

Giovanni  di  Sonante^  Camerino  di  Letulo  e  Paganello 
vendono  ciascuno  la  loro  porzione  di  una  casa  nel  trivio  per 
40  libn  di  moneta  nova  corrente. 

(  1266»  2  decembr.  CamerìnL  Boiia)imta  Paganelli  not  ). 

41.  Instrumentum  emptionis  facte  a  Bonaventura 
Thodini  de  territorio  Mercatalis.  (XLIV). 

Bonaventura  Todini  vende  a  Boncambio  Talenti  sindaco 
sette  stara  di  un  terreno  posto  in  contrada  Pianula,  per  70 
libr.  di  moneta  nova  corrente. 

(  1266,  die  2  decembr.  Camerini.  Bonajunta  not  ). 

42.  Instrumentum  emptionis  factae  a  Francisco 
Boni  de  territorio  Mercatalis.  (XII). 

Francesco  Boni  Ranieri  vende  a  Boncagno  sindaco  dieci- 
sette stara  di  terreno  nel  mercatale  per  158  libr.  di  usuale 
moneta  nova. 

(  1266,  9  decembr.  Qmerìni*  in  palatio  dni.  Gendlis  de  Varano.  Ray^ 
naldus  not  ). 


MILZIADE  SANTONI  $1 

43.  Instramentum  emptionis  facte  ab  Accursio  Ara- 
velli  de  territorio  Mercatalis.  (XIV). 

Accursio  Aravelli  vende  al  medesimo  sindaco  un  pezzo 
di  terra  ai  Mercatale,  al  prezzo  di  libr.  io  di  moneta  nova 
usuale,  per  ogni  staro. 

(  1266,  i4  decembr.  Camerini,  ibid.  Raynaldus  not  ). 

44.  Instrumentum  emptionis  facte  a  Marcovaldo 
et  Raynerio  de  territorio  Mercatalis.  (  XI  ). 

Marcovaldo  e  Ranieri  d'  Ugolino  vendono  a  Boncagno 
sindaco  un  loro  terreno  posto  nel  Mercatale,  per  io  libr.  d'u- 
suale moneta  nova,  ogni  staro. 

(  1266,  16  decembr.  Camerini,  ibidem.  Raynaldus  not  ). 

45.  Instrumentum  emptionis  facte  a  magistro  Bon- 
cangio  et  Raynerio  de  territorio  Mercatalis.  (  XIII  ). 

Boncagno  e  Raniero  Ranieri  vendono  a  Boncagno  Talenti 
sindaco,  un  pezzo  di  terra  nel  mercatale  per  io  libr.  di  mo- 
neta usuale  nova,  per  ogni  staro. 

(  1266,  16  decembr.  Camerini,  ibidem.  Raynaldus  not.  )• 

46.  Lictere  delegationis  facte  domino  Falconi  re- 
ctori  Anconitane  Marchie.  (  XXV  ). 

Gregorio  X  nomina  Falcone  di  Poggio  -  Riccardo  rettore 
della  Marca,  colle  relative  facoltà  ed  onori. 

(  1271,  II  non.  maji.  Dat  Laterani.). 

47.  Dni.  Pape  commissio  in  Ruffinum  ad  com- 
ponendum  et  ad  recipiendum.  (  XXV.  bis  ). 

Gregorio  X  nomina  Ruffino  da  Stradiliano  di  Piacenza , 
tesoriere  nella  Marca  Anconitana,  Massa  trabaria  ed  Urbino^ 
colle  opportune  facoltà. 

(  1271,  VI.  id.  aprii.  Apod  Urbem  Veterem.  ). 


* 


5  a  IL  LIBRO  ROSSO  DEL  COMUNE  DI  CAMERINO 

48.  Instrumentum  sìndacatus  comunìs  Sancii  Se- 
verini.  (LIII). 

II  consiglio  di  San  Severino  delega  Crescenzio  Migliorati 
a  pagare  al  sindaco  di  Camerino  io  mila  libr.  di  Bolognini 
di  Ancona  e  Ravenna,  nel  termine  che  stabilirà  fr.  Giacomo 
de'  Minori ,  e  di  consegnare  la  villa  e  la  pieve  di  Aria ,  Cri- 
spiero,  Fannia  o  Guardia,  Torricella  e  S.  Elena. 

1272,  die  13  febr.  S.  Severini  in  palatio  comunis.  Benvenutus  not  ). 

49.  Instrumentum  concessionis  facte  a  sindaco 
sancti  Severini,  comuni  Camerini.  (  XXIV  ). 

I  sanseverinati  con  frequenti  scorrerie  avevano  danneg- 
giato il  territorio  di  Camerino,  come  riconosce  il  loro  sindaco 
Crescenzio  di  Meliorato  ;  per  compenso ,  transazione  e  concor- 
dia, cedono  la  villa  d'  Aria ,  Crispiero ,  Torricella ,  s.  Elena, 
e  tutti  i  luoghi  di  qua  da  Potenza,  dal  monte  Crispignano, 
secondo  limiterà  fr.  Giacomo  de'  Minori.  Di  più  promettono 
pagare  io  mila  libr.  di  bolognini  di  Ravenna  ed  Ancona:  e 
per  garanzia  lasciano  in  ostaggio  i  prigionieri;  oltre  la  pena 
di  IO  mila  marche  d'  argento  se  contravverranno. 

(  1272,  die  Xin  ex.  febraario.  Camerini .  Grimaldus  not.  ). 

50.  Instrumentum  concessionis  facte  per  sindacum 
comunis  Sancti  Severini.  (LIV). 

Cresenzio  Migliorati  sindaco  di  S.  Severino  cede  al  co- 
mune di  Camerino  la  villa  di  Aria  e  la  pieve,  il  castello  di 
Crispiero ,  Fannia  o  Guardia ,  Torricella  e  S.  Elena,  in  com- 
penso dei  danni  arrecati  alla  villa  della  Costa,  Seppio,  Meccia* 
no ,  e  Mergnano  in  occasione  della  guerra  ingiustamente 
mossa. 

(  1272,  die  XIV  ex.  febr.  Camerini.  Bentevegna  not.  ). 


MIUIÀDB  SANTOLI  55 

51.  Instrumentum  quietationis  facte  comuni  Ca* 
merini  per  dnum.  Fulconem  rectorem  Marchiae. 
(  XXVI  ). 

Fulcone  da  Poggioriccardo  rettore  della  Marca,  presente 
Bernardo  eletto  di  Genova  vicario  generale  della  Marca  e 
Ruffino  da  Stradiliano  tesoriere,  fa  quietanza  al  sindaco  An- 
drea di  Bonguadagno  per  libre  io  mila  di  Ravenna,  riceven- 
done sole  duemila  e  assolvendo  pel  resto;  e  ciò  per  non  aver 
restituito  i  prigioni  di  S.  Severino  secondo  il  mandato  del 
Papa. 

(  1275,  12  decembr.  Apud  Montem  hulmi.  Benvenutus  Campello  de 
Fulgineo  not.  ). 

52.  Instrumentum  submissionis  castri  Urbisalie. 
(  XLV  ). 

Pietro  e  Rosso  di  Gualtieri  da  Urbisaglia  vendono  ai  sin- 
daci di  Camerino,  S.  Ginesio  e  Montemilone,  il  castello  e  la 
giurisdizione  di  Urbisaglia;  promettendo  ritenerlo  in  seguito 
a  loro  nome,  e  fare  secondo  i  loro  ordini  la  guerra  e  la  pa- 
ce. Ricevono  in  prezzo  2  mila  marche  di  argento;  e  si  ob- 
bligano presentare  ogni  anno  un  pallio  a  Camerino  il  giorno 
di  S.  Venanzio,  e  a  S.  Ginesio  il  giorno  di  questo  santo. 

(  1276,  die  29  octobr.  In  dstro  S.  Genesi!  ;  Pace  Monaldi  not.  ). 

53.  Instrumentum  quietationis  facte  comuni  de 
condemnatione  facta  a  comune  per  abatem  Montis 
majoris  (  XXVIII  ). 

Il  tesoriere  del  Papa  Rambatino  Piovanello  fa  quietanza  a 
Martino  da  Firenze  sindaco  di  Camerino  per  550  libr.  Rav. 
e  Àncon.  in  saldo  della  pena  di  lib.  700  cui  fa  condannato  il 
comune  da  Bernardo  Abate  di  Montemaggiore  rettore  della 
Marca. 

(  1281^  i4  Marti].  Maceratae.  Bonaventura  qd.  Ranieri  not  ). 


54        n*  uno  rosso  hel  comuke  di  cameuko 

54*  Instnimentum  emptioms  iurìsdictionis  Flu- 
minate.  (XV). 

Giacomo  e  Bolganiccio  de'  Bolgarellì  vendono  al  Sindaco 
Raniero  Talenti  i  loro  uomini  e  vassalli  di  Fiominata  in 
piena  giorisdizìone,  per  2300  libre  di  danari  Rav.  ed  Ancon. 
con  diversi  patti  e  condizioni. 

(  1282,  9.  decembrìs.  dmeriiii  in  palado  Episcopatns  airi  moratiir 
dns.  Fotcstas.  Salimbme  not  ). 

55.  Lictere  Nicolai  Pp.  IV  prò  securitate  curie. 
(  XXXVII  ). 

Niccolò  IV  al  potesti,  capitano  e  consiglio  di  Camerino 
fa  sapere  che  dovendo  recarsi  colla  curia  a  Rieti ,  lascino  li- 
beri i  passi  a  tutti  i  negozianti  della  Marca  e  di  altri  luoghi 
che  portino  a  quella  citti  biada,  vino  ed  altre  vettovaglie. 

(  1288,  V.  id.  majL  Romae  ap.  S.  Petrum.  )• 

56.  Instrumentum  concessionis  montìs  Busiti. 
(XL). 

Il  nobile  e  potente  signore  Francesco  di  Bartolo  di  So- 
mareggia  vende  a  Giacomo  Angeloni  sindaco  ogni  ragione 
ed  azione  sulla  montagna  di  Buseto,  colle  sue  selve,  pascoli, 
e  fiumi^  per  50  libre  di  bolognini  di  Ancona  e  Ravenna,  con- 
donando se  valesse  di  più. 

(  1288,  die  20  augusti.  Camerini.  Salimbene  not  ). 

5  7.  Instrumentum  quietationis  facte  dicto  comuni 
per  dnum.  lohannem  de  Colupna.  (  XXVII  ). 

Giovanni  Colonna  rettore  della  Marca  dichiara  buona  la 
quietanza  fatta  per  cento  marche  di  argento  da  Simone  teso- 
riere di  S.  Chiesa,  al  Sindaco  di  Camerino  che  pagò  anche 
per  i  comuni  di  Recanati,  Cingoli,  Montecchio,  Macerata,  To- 


MILZIADE  SAinrOKl  $$ 

lentino,  Sanginesio  e  Belforte,  multati  per  armate  scorrerìe  e 
depredazioni  fatte  di  conserva  nel  territorio  di  Spoleto. 

(  1288,  20  septembr.  Montis  hulmi.  Benincasa  not  ). 

58.  Instrumentum  si  ve  lictere  remissionis  facte 
de  offitialibus  qui  flierunt  Perusii.  (  XXXIX  ). 

Raimondo  vescovo  di  Valenza  rettore  della  Marca  assolve 
i  camerinesi  per  aver  ricettato  Berardo  da  Varano,  Gentile 
Bonafede  ed  altri  inquisiti  per  ragione  di  ufficio  tenuto  a  Pe- 
rugia. 

(1292,  5  junii.  Maceratae). 

59.  Instrumentum  generalis  remissionis  facte  co- 
muni per  eumdem  rectorem*  (  XXXII  ). 

Raimondo  vescovo  di  Valenza  rettore  della  Marca  libera 
ed  assolve  il  barone  di  S*  Miniato  podestà,  e  Rainuzzo  sin- 
daco di  Camerino,  da  tutte  le  censure  e  pene  riportate  dal 
comune  per  decreto  del  cardinale  Simone  del  titolo  di  S.  Mar- 
tino legato  della  Marca,  eccettuata  la  multa  di  duecento  mar- 
che d*  argento  pel  fatto  di  Santa  Anatolia  e  Castel  S*  Maria, 
del  quale  pende  tuttora  la  causa. 

(  1292,  2  septembr.  Camerini.  Andrea  de  Setia  not.  ). 

60.  Instrumentum  quietationis  facte  per  dnum 
Raymundum  rectorem  Marcine.  (  XXXI  ). 

Gli  abitanti  del  castello  di  Matetica  avevano  occupato  la 
rocca  di  S.  Maria  in  monte  spettante  ai  camerinesi.  Questi 
unitisi  agli  uomini  di  Tolentino,  S.  Ginesio,  Macerata,  Mon- 
tecchio^  Cingoli,  Fabriano  e  Belforte  si  portarono  contro  Ma- 
telica  usando  rappresaglie  e  recando  gravi  danni.  Il  rettore 
della  Marca  Raimondo  assolve  e  libera  da  qualunque  penalità 
incorsa  tutti  costoro,  sulla  promessa,  che  richiesti  porteranno 
le  armi  contro  i  nemici  della  Chiesa. 

(  1293,  2)  ]anuar.  Cinguli.  Andrea  de  Sena  not.  ). 


' 


$6  IL  LIBRO  ROSSO  DEL  COMtTNE  DI  CAMÌERmO 

6i.  Instrumentum  quietationis  facte  per  dominum 
Raymundum  rectorem  Marchiae.  (  XXIX  ). 

Raimondo  rettore  della  Marca,  attesa  la  fedeltà  degli  uo- 
mini di  Camerino,  S.  Ginesio,  Sarnano  e  S.  Anatolia,  li  quieta 
ed  assolve  dalla  condanna  di  50  mila  marche  d'  argento,  e  più 
di  altre  mille,  pena  di  una  rubberia  a  danno  di  alcuni  pesa- 
resi. Rimette  qualsivoglia  penalità  per  danni  e  delitti  commes- 
si, in  specie  all'  occasione  della  guerra  con  Matelica,  Gagliole 
e  S.  Severino;  e  dell'edificazione  a  loro  danno  del  castello 
di  Terraimondo;  purché  si  paghino  ad  Orlandino  Pagani  da 
Lucca  tesoriere  tre  mila  fiorini  di  oro. 

(  1293»  18  decembr.  Macerate.  Andreas  de  Tincosis  not.  ). 

62.  Instrumentum  quietationis  &cte  per  Orlandum 
thesaurarium  in  Marchia.  (  XXX  )• 

Orlandino  Paganello  tesoriere  dichiara  ricevere  da  Fran- 
cesco Cresci  Sindaco  di  Camerino ,  tre  mila  fiorini  di  oro , 
dovuti  per  la  composizione  fatta  dal  rettore  della  Marca  Rai- 
mondo di  Valenza;  ed  altre  50  libre  Ànc.  e  Rav.  invece  di 
cinque  soldati  imposti  al  comune,  per  l'esercito  della  Chiesa 
contro  Cingoli. 

(  1294,  8  augusti.  Montehulmi.  Steph.  Bucolini  noL  ). 

63.  Absolutiones   late   prò  comuni   per  dominum 
Jacobum  de  Asmeria.  (  XXXV  ). 

Giacomo  dall'Aquila  giudice  generale  della  Marca  cassa 
ed  annulla  qualunque  sentenza  e  pena  a  danno  del  comune, 
per  la  ragione  di  guerra  e  saccheggio  al  castello  di  Matelica 
e  suo  territorio. 

(  1295,  31  januarìi.  Montishulnu  ). 

64.  Instrumentum  quietationis  a  Donato  libertini 
de  CIIII  fior,  et  den.  VI.  fior.  (  LXVIII  ). 

Donato  libertini  mercante  fiorentino  fa  quietanza  aPuc- 


MILZIADE  SANTONI  57 

ciarello  di  Rainaldo  Bonvicini  Sindaco  di  Camerino  per  1836 
fiorini  di  oro  in  saldo  di  fiorini  2600  dovuti  dai  comune. 

(  1296,  18  febniar.  Perusii.  Salimbeoe  not  ). 

65.  Instrumentum  absolutionis  fate  tempore  do- 
mini Ofredutii  de  Montorio  potestatis  de  subspen* 
sione  Vengiati  dicti  furis.  (  LXIX  ). 

Nicola  Giandonati  di  Pistoia  tesoriere  della  Marca  riceve 
da  Offreduccio  da  Montorio  di  Narni  podestà  di  Camerino  e 
da  altri  suoi  officiali  fiorini  40,  pena  di  aver  preso,  carcerato 
e  condannato  un  chierico. 

(  1296,  26  junii.  MonthulmL  Nigrus  de  Plaza  not  ). 

66.  Instrumentum  absolutionis  facte  de  cogendo 
clericos  ad  solutionem  dativarum.  (  LXX  )• 

Nicola  tesoriere  suddetto  riceve  fiorini  io  di  oro  dal  sin- 
daco Federico  Maggiore,  in  pena  di  aver  costretto  i  chierici 
della  città  e  distretto  a  pagar  collette,  dative,  contro  le  costi- 
tuzioni del  Marchese. 

(  1296,  26  junii.  Monthulnù.  Nigrus  de  Plaza  not  ). 

67.  Lictere  delegationis  facte  domino  Rogerio  de 
Placentia  in  Anconitana  Marchia.  (  XXXIII  ). 

Bonifacio  Vili  con  due  bolle  delega  Ruggero  proposto 
di  S.  Antonio  di  Piacenza,  suo  cappellano,  a  recarsi  nella 
Marca  con  amplissime  facoltà;  e  ne  dà  notizia  ai  dignatari  ed 
officiali  ecclesiastici  e  secolari. 

(  1296,  XV  Kal.  decembr.  Romae  apud  s.  Petrum  ). 

68.  Instrumentum  quietationis  facte  comuni  per 
eumdem  dominum  rectorem.  (  XXXIV  ). 

Ruggero  Catia  proposto  di  Piacenza  comanda  ad  Ugoli- 
no d'Amelia  podestà  di  pagare  entro  dieci  giorni  240  fiorini 


58  It  LIBRO  ROSSO  DEL  COUUNE  DI  CAMERmO 

di  QTO  per  composizione  e  transazione  di  ogni  pena  incorsa 
pel  fitto  di  Rocca  s.  Maria  e  Matetica. 

(  1297,  12  maituL  Maceratac.  Peregrìniis  de  ìéatàni  noL  ). 

69.  Aliud  instrumentum  quietatìonis  per  eumdem 
rectorem.  (  XXXIV  bis  )• 

Ruggero  medesimo  riceve  da  Pietro  Bonifazi  Sindaco^  a 
nome  del  comune  di  Camerino  e  dell'università  deUa  Serra 
Petrona,  240  fiorini  d'  oro,  in  saldo  di  molte  e  più  gravi  pe* 
ne  ivi  designate. 

(  1297,  20  martiL  Maceratae.  lac  -  Ioaimis  de  Tuderto  not  ). 

70.  Instrumentum  procurationis  domini  Symonis 
de  Perusio  ^d  quietandum  comuni  Gunerìni  super 
quodam  debito  contracto  Perusii.  (  LXXI  ). 

Bonifacio  di  Simone  di  laconis  da  Perugia  costituisce 
procuratore  suo  figlio  Masseo  per  richiedere  e  ricevere  da 
Conforto  Biondi  di  Camerino,  diverse  somme  di  danaro  do- 
vute dal  comune. 

(  1297,  16  janiiarìi.  Burgi  S.  Sq>ulchrì.  Blasius  Massei  deAgello  pe- 
nisiiio  ). 

71.  Instrumentum  quietationis  facte  per  ipsum 
procuratorem  Amialutium  super  dicto  debito.  (l-XXII). 

Masseo  di  Bonifazio  di  Simone  de  laconis  de  Perugia 
procuratore  di  Bonifacio  suo  padre  fa  quietanza  a  Conforto 
Biondo,  di  200  fiorini  d*  oro,  e  di  altre  somme,  per  obbliga- 
zioni del  comune. 

(  1297,  18  januarìL  PerusiL  Acto  Uguictioois  not  >. 

72.  Instrumentum  quietationis  factum  per  domi- 
num  Conterium  de  Eugubio.  (  LXXUI  ). 

Canti  Gabrielli  da  Gubbio  nomina  suo  procuratore  Da* 


MILZIADE  SAKTOKI  S9 

urello  Cafiagi  nella  causa  col  comune   di    Senigaglia   e  Ca- 
merino. 

(  1299,  8  decembrìs.  Eugubii.  Angelus  Massei  not  ). 

73.  Instrumentum  quietationis  de  pretio  Fiumi- 
nate.  (  LXXIV  ). 

Borgaruccio  di  Ranuzio  di  Burgarello,  e  Datarello  pro- 
curatore di  Canti  da  Gubbio  nipote  di  detto  Borgarello,  fan- 
no finale  quietanza  a  Mro.  Mercenario  camerlengo  del  comu- 
ne di  Camerino  per  1150  libre  Rav.  e  Anc.  per  gli  uomini 
e  i  vassalli  di  Fiuminata,  ceduti  con  ogni  giurisdizione. 

(  1290,  18  decembrìs.  Camerml.  Pace  Munaldi  not.  ). 

74.  Instrumentum  quietationis  facte  per  dnum. 
Canter  de  Eugubio.  (  LXXV  ). 

Datarello  Cafiagi  procuratore  di  Canti  Gabrielli  dichiara 
aver  fatto  ratificare  la  quietanza  di  222  libre  di  Ravenna  da 
esso  ricevute,  da  Mro.  Mercenario,  per  residuo  di  debito  del 
comune  di  Camerino. 

(  1299^  18  decembr.  dmerini.  Pace  Grimaldi  not.  ). 

75.  Instrumentum  quietationis  facte  per  Sindicum 
civitatis  Fulginii.  (  LXXVI  ). 

Mro.  Giacomo  da  Foligno  notaro  del  rettore  della  Marca 
riceve  da  Mro.  Mercenario  di  Macerata  camerlengo  del  co- 
mune di  Camerino,  18  fiorini  di  oro,  per  alcune  scritture  di 
assoluzione  di  scomunica,  e  cancellazione  di  bandi. 

(  1300,  26  aprìlis.  Maceratae.  Franciscus  Grìxii  de  Camerino  not.  \ 

76.  Instrumentum  absolutionis  facte  per  rectorem 
Marchie.  (  LXXVIIl  ). 

David  da  Ferentino  vicario  generale  della  Marca  libera 
il  comune  dalle  pene  meritate,  per  essere   stato   condannato 


60  IL  LIBRO   ROSSO   DEL  COMUNE  DI  CAMERINO 

dal  podestà  un  chierico  a  morte,  ricevendo  150  fiorini  di  oro. 

(1300,  IO  maji.  Montehulmi.  Petrus  de  Alatro  not  ). 

77.  Instrumentum  absolutionis  facte  per  rectorem 
Provincie  Marchie.  (  LXXIX  ). 

Matteo  da  Rieti,  rettore  della  Marca  libera  alcuni  citta- 
dini multati  per  mille  libre  Anc.  e  Rav.  per  ognuno,  ricevendo 
soli  fiorini  150  di  oro,  ed  assolvendoli  nel  resto. 

(1300,  II  maji.  Montehulmi.  Petrus  de  Alatro  not  ). 

78.  Instrumentum  quietationis  affictus.  (LXXVII), 

Nicola  Gualtieri  di  Ancona  tesoriere  della  Marca  riceve 
dal  comune  libre  50  per  corrisposta  annua  di  un  affitto. 

(1300,  26  majL  Maceratae.  ). 

79.  Instrumentum  pactorum  habitorum  cum  Bo- 
naventura Massei.  (  LXXX  ). 

Bonaventura  di  Mosè  giudeo  di  Camerino  riceve  dal  co- 
mune 500  libre  per  quanto  deve  avere,  giusta  l'arbitrato  dei 
capitani  delle  arti  e  di  nove  discreti  uomini  eletti  dal  con- 
siglio. 

(  1300,  5  julii.  Camerini.  Jacobus  de  Eugubio  not  ). 

80.  Instrumentum  tractatus  de  factis  domini  du- 
cis  Spoletani  ducatus.  (  LXXXI  ). 

Bernardo  da  valle  Godorio  rettore  del  ducato  di  Spoleto, 
ritenuto  che  i  Vissani  non  solo  hanno  frodato  la  chiesa  di 
molti  tributi,  e  negato  i  debiti  ;  ma  hanno  di  più  favorito 
gli  Spoletini  ribelli,  prestando  loro  soccorso  e  favore  contro 
la  Santa  Sede,  invoca  V  ajuto  della  città  di  Camerino  e  dei 
comuni  alleati  ad  essa,  quali  sono  specialmente  Ancona,  To- 
lentino, San  Ginesio  e  Sarnano. 

(  1313,  25.  octobrìs.  Fulginii.  ). 


MILZIADE  SANTONI  él 

8i.  Instrumentum  emptionis  facte  de  territorio 
castri  Raimundi.  (  LXXXU  ). 

Compagnuccio  Brodetti  da  Camerino,  vende  al  comune 
e  per  esso  a  Gelachino  Monaldeschi  da  Orvieto  capitano,  tutto 
il  territorio  in  contrada  Rotabella  e  Lapidosi,  in  cui  è  fab- 
bricato il  castello  di  Raimondo,  col  primo  e  secondo  fosso  e 
r  adiacente  terreno,  per  360  libr.  Anc.  e  Rav. 

(  1318,  29  martii.  Camerini.  Thomas  lacobi  not.  ). 

82.  Instrumentum  emptionis  facte  de  dicto  terri- 
torio. (  LXXXIII  ). 

Andreola  di  Ruguzio  Paganelli  vende  la  sua  porzione  di 
beni  in  Rotabella  e  Lapidoso,  dove  si  è  edificato  il  castello  di 
Raimondo,  per  160  lib.  Anc.  e  Rav. 

(1318,  31  martii.  In  castro  Agelli.  Thomas  lacobi  not.  j. 

83-  Instrumentum  submissionis  ville  Cese  distri- 
ctus  Camerini.  (  LXXXIV  ). 

Gli  uomini  delle  Cesi  adunati  nella  chiesa  di  s.  Calisto 
eleggono  loro  procuratore  Paoluccio  Accorroni  perchè  dichiari 
al  podestà  e  capitano  di  Camerino  che  1'  università  e  gli  uo- 
mini di  Cese  ab  antiquo  appartenevano  alla  giurisdizione  di 
detta  città,  e  testé  indebitamente  se  ne  sono  sottratti;  e  pro- 
metta nuovamente  soggezione  e  fedeltà,  obbligandosi  di  recare 
tutti  gli  anni  un  pallio  di  seta  nella  festa  di  s.  Venanzio  e 
26  denari  per  ciascun  fuoco. 

(  1322,  II  martii.  Cese  ....). 

84.  Instrumentum  ratificationis  diete  submissio- 
nis. (  LXXXV  ). 

Altri  uomini  delle  Cese  e  della  Rocchetta  ratificano  la 
stipolazione  precedente. 

(1322,  22  martii.  Cese.  Torellus  Palmeroni  de  Rocchetta,  not  ), 


62  ÌL  uno  tosso  DEL  COMUHE  DI  CAMERINO 

85.  Quedam  liaere  mìsse  prò  parte  rectorìs  Mar- 
chie.  (  LXXXVI  ). 

Bertrando  arcivescovo  Ebredunen.  nunzio  della  Sede  apo- 
stolica nella  Marca  dichiara  che  per  gli  statuti  da  lui  pubbli- 
cati non  si  reca  pregiudizio  alle  leggi  e  consuetudini  del  co- 
mune di  Camerino;  e  da  fiicoltà  di  eleggere  a  podestà  ed 
officiali  persone  della  città  e  distretto. 

(  1336,  20  septembrìs.  EagubiL  ). 

E  poi  la  soscrìzione  del  notaro  Angelo  di  maestro  Barone 
chiude  il  Libro  rosso.  Seguono  però  di  altra  mano  altri  due 
documenti  aggiuntivi  in  epoca  più  tarda,  e  sono  bolle  papali 
di  Gregorio  XI  e  di  Boni£icio  IX. 

Gregorio  XI  concede  a  Giovanni  e  Gentile  di  Berardo  da 
Varano  le  terre  di  Tolentino  e  San  Ginesio  ed  altri  castelli 
e  potesterie  tolte  al  loro  germano  Rodolfo  in  pena  di  aver  ade- 
rito alla  lega  maledetta  dei  Fiorentini  (1377.  IF.  KaLfebr.). 

Bonifacio  IX  assolve  Gentile  di  Berardo  da  Varano  dalla 
pena  di  ribellione  contro  la  Chiesa,  annullando  ogni  processo 
e  bando  a  suo  danno,  e  gli  restituisce  gli  antichi  diritti  e  pri- 
vilegi. In  fine  della  bolla  vi  sono  i  nomi  de'  complici  nella 
fellonia,  e  dei  castelli  e  ville  restituite.  (  1390.  XFL  Kal. 
aprii.  ). 


Milziade  Santoni. 


LE  CONSTITUTIONES 
MARCHIAE    ANCONITANAE 

BIBLIOTECNICAMENTE    DESCRITTE 
IN  TUTTE  LB  LORO  EDIZIONI  (') 


X. 


1522. 


CONSTITUTIONES  MARCHIE 

anconitane  noviter  emendate  :  cum  additionìbus 

novissimis  usque  in  presentem  diem: 

V3    Additiones 

Domini  epi  Tiburtini   |   Sixti  pape  quarti   |    Dni 
Agnelli  vicari)   generalis  |  Innocenti]  pape  octavi  | 
Domini  Cotonensis  (sic)  |  Dni  Antoni]  de  Sancta  Ma- 
ria I  Dni  Evangeliste  bagarocti  |  Alexandri  pontificis 
Sexti  I  Dni  cardinàlis  Sancti  Georgi]. 

Questo  titolo  leggesi  nel  dritto  della  prima  carta,  cioè 
F.i*  nel  cui  verso  F,i**  comincia: 

a  Tabula  primi  libri  constitution.  Mar- 
cine Anconitane. 


(1)  Continaazioiie  V.  Voi.  I.  Fase.  I.  pag.  Sa  -  99. 


64  FILIPPO  tAFFAELU 

della  qual  tavola  la  prima  parola  della  prima  colonna,  essendo 
a  due  colonne  per  pagina,  è  —  ATTERA  vicariaius  — . 
Questa  tavola  del  primo  libro  è  seguiu  da  quella  degli  altri 
libri,  ed  in  calce  della  seconda  colonna  del  F.  4.^  si  trova  la 
parola  FINIS.  A  questo  duerno,  inarcato  A,  siegue  con  quin- 
terno segnato  egualmente  A,  con  la  sola  diflerenza  che  V  A 
del  duerno  è  in  carattere  gotico,  come  tutte  le  altre  segna- 
ture del  libro,  mentre  VA  del  quinterno  è  in  carattere  ro- 
mano, il  che  ha  dato  luogo  a  supporre,  che  il  quinterno  sia 
stato  aggiunto  posteriormente.  Detto  quinterno  comincia  al 
dritto  della  prima  caru  F.  5/  colle  parole 

Tabula  utilis  et  novissima  in  pluribus  |  decisi- 
va singulorum  que  Ubique  in  |  loto  volumine.  S.  Con- 
stitutio  I  num  M,  Anchonitane  |  Comprehendun- 
tur.  ►J*. 

Tiene  dietro  nel  verso  carta  A.  F.  5.** 

Fabius    vngarius     Spoletinus:     Cosmo     Blan- 
chino  Veronefi  S.  D. 

POTUISSEM  equidem  candidissime  COSME,  et 
dum  istic  prudentum  interpretationes  in  leges  audie- 
bam  I  Summulas  istas  ocius  imprimendas  ad  te 
dare.  Verum  tanta  animum  invaserat  avaritia  utpote  | 
utpote  (sic)  mihi  commodissimas  |  non  secus  quam 
rarum  atque  unicum  thesaurum  visceribus  scrimorum 
reconditas  [  bue  usque  suppreserim  quod  etsi  rei  pre- 
cium ac  dignitas  exigebant  :  Visum  tamen  est  decen- 
tius  publicae  potius  Utilitati  et  authoris  Amplissimo 
nomini  consulere.  qui  corporis  admirabili  et  ingenii 
magnitudine  incredibili  huiusce  patriae  ornamentum 
vivit.    Tu  igitur   pulchram   absolutamque   operis   fa- 


coNSTrrunoNES  marchiae  65 

ciem  :  non  ut  pictores  in  peius ,  sed  ut  soles  vera 
manu  tua  referes  adamussim.  Ita  q  recti  Judices: 
insignes  patroni:  clientes  miseri  omnisque  prouincia 
plurimum  debere  fateantur.  Quorum  laboriosa  tempo- 
ris  jactura  per  huiusmodi  capita  rerum  brevissima  so* 
latio  multo  repleta  est.  Vale.  Ex  umbrìe  metropoli. 
Kl  Juliis  MD  •  XXII. 

Nel  dritto  della  carta  Ali  (F.*)  hawi  altra  lettera  coti  la 
seguente  intestazione  — 

D,  Perhieronymus  Garoforus  Spoletanus. 
Fabio  Ungario  conterraneo  Juris  prò  |  fessori  Ce- 
leberrimo. S.  D.  I  Accepi  studiosissime  Fabi  etc. 

la  quale  lettera  prende  linee  15  del  foglio  lettera  A,  e  questa 
è  seguita  dalla  tavola  che  meglio  potrebbe  dirsi  repertorio  od 
indice,  in  cui  sono  disposti  i  vari  libri  per  ordine  alfabetico,  e 
che  termina  al  verso  del  A,  cioè  F.  14.^  1.  1%  cui  succede  la 
seguente  sottoscrizione  tipografica. 

a  FINIS  I  Impressum  Perusie  apud  Leonem:  ope- 
ra et  I  industria  Cosmi  Veroneii,  cognomento  |  Bian- 
chini. Anno  Domini.  M.  D.  \  xxij.  Die  vero,  xxv, 
mensis  |  Septembrìs.  ^ 

Ai  dritto  della  carta  15  (  e.  num.  i  )  (a)  hanno  comin- 
damento  gli  Statuti,  in  testa  ai  quali  leggesi 

a  Liber  constitutionum  sancte  matris  ec  |  de« 
sic  etc. 

Tali  Statuti  sono  stampati  in  carattere  gotico  a  due  co- 
lonne, e  divisi  in  sei  libri  terminano  alla  F.  107.  (  e.  num. 
92  )  ultima  carta  stampata,  mentre  F.  107.^  è  bianca. 

Archivio  Storico  II.  $. 


66  FaiPPO  RAFFÀELU 

Il  Manzoni  sebbene  nel  registrare  questa  Edizione  nel- 
la sua  Bibliografia  Sututaria  (')  abbia  letteralmente  ripro- 
dotto r  articoletto,  che  ad  istanza  di  lui  ne  fece  V  egregio  Bi- 
bliotecario di  Perugia  Prof.  Adamo  Rossi,  ciò  non  pertanto 
volle  allargarne  la  descrizione  con  aggiungervi  di  suo,  tanto 
da  fare,  come  gii  notammo  al  N.  m,  un  bisticcio  con  V  altra 
edizione  perugina  del  1502  a  lui  sconosciuta,  e  da  lui  igno- 
rata, come  da  altri  bibliografi;  ricordata  però  dall' Aw.  Raf- 
faele Foglietti  (').  Il  Manzoni  dopo  di  aver  detto  che  questa 
edizione  perugina  del  1522  »  è  in  foglio,  molto  rara,  di  cui 
«  vide  un  esemplare  mutilo  al  fine,  nella  Biblioteca  comunale 
«  di  Perugia,  aggiunse  che  tale  edizione  la  trovò  anche  mi- 
a  nutamente  descritta  nelle  schede  del  dotto  De  Batines,  che 
«  ebbe  tra  mano  l'esemplare  posseduto  dall' Aw.  Gennarelli 
e  di  Roma,  che  sembra  fosse  perfetto,  giacché  il  De  Batines^ 
a  nota,  che  alla  fine  del  volume  vi  è  la  seguente  sottoscri- 
«  zione  del  tipografo  —  Impressum  p  FranciscU  Baldassaris  bi^ 
«  bliopoU  de  Perusio  —  Anno  Domini  Mcccccij.  Die  xxij.  Mar- 
«  tij  —  ».  Il  buon  Manzoni  non  si  avvide  del  porro  che  an- 
dava a  prendere  con  dimenticare  la  sottoscrizione  tipografica 
riportata  poche  linee  sopra  —  Impressum  Perusie  apud  Leonem 
opera  et  industria  Cosmi  Veroneh,  cognomento  Bianchini  An. .  •  • 
M.  D.  xxij  — ,  e  col  dar  luogo  a  quella  dell'  Edizione  Mcccccu, 
come  se  le  due  date  si  spettassero  ad  una  sola.  Sia  pure  che 
quandoque  bonus  dormitat  Homerus,  ciò  non  ostante  dovea  fer- 
marlo la  distanza  di  venti  anni  che  passava  da  una  data  all'  al* 
tra,  ed  i  nomi  dei  due  diversi  stampatori;  cosi  dovea  avve- 
dersi della  diversità  del  formato,  mentre  l' esemplare  della  edi- 
zione del  M.  D.  xxij,  esistente  nella  Biblioteca  Comunale  di 
Perugia  da  non  molti  anni  acquistato  dal  Rossi  a  Parigi,  non 
è  in  foglio  ma  in  4.^  maj.  g.  eh:  e.  Sign.  et  ff.  n.  a  /•  //  2. 
Col.  U  44. 


(t)  Voi:  I.  Parte  U.  pag.  Sg, 
(a)  Op:  cit.  pag«  37, 


CONSTITUTIONES    MARCHIAE  6^ 

Detto  di  questa  Edizione,  credo  pregio  del  mio  lavoro  di 
aggiungere  una  qualche  notizia  intorno  al  Tipografo  Cosimo  di 
Bernardo  soprannominato  Bianchirlo  del  Leone,  di  cui  l'illustre 
e  venerando  Bibliotecario  della  Capitolare  di  Verona,  Mons. 
Giamb.  Carlo  Conte  Giullari  poco  ne  disse,  e  questo  per 
manco  di  documenti  non  esatto,  nel  suo  — *  Saggio  Storico  e 
Letterario  della  Tipografia  Veronese  (').  —  Dichiariamo  peraltro, 
che  noi  per  non  vestirci  delle  penne  del  pavone,  in  ciò  fa- 
cendo, riferiremo  in  parte  quanto  intomo  a  questo  tipografo 
ne  ha  lasciato  scritto  e  stampato  il  diligentissimo  Sig.  Adamo 
Rossi  nelle  citate  sue  —  Nuove  ricerche  sopra  V  arte  tipografica 
in  Perugia  durante  il  Secolo  XV  e  la  prima  metà  del  Secolo 
XVI  —  ('),  delle  quali  ci  auguriamo,  anzi  gli  facciamo  calda 
preghiera,  a  volerne  continuare  la  pubblicazione  che  sin  dal 
1868  lasciò  interrotta  a  pag.  64  del  testo,  e  72  dei  documenti. 

«  Perugia  deve  la  seconda  tipografia  nazionale  al  vero- 
«  nese  Cosimo  di  Bernardo  di  Varrone,  altrimenti  il  Bian- 
€  chino,  al  qual  soprannome  più  tardi  si  aggiunse  l'altro 
«  del  leone  per  un  singolare  officio,  eh'  egli  qui  lungamente 
a  ritenne.  Verso  la  metà  del  febbraio  1497  regalato  il  co* 
«  mune  di  due  lioncelli  dal  magnifico  e  generoso  condottier 
a  d'  armi  Giampaolo  Baglioni,  la  Signoria  sollecita  affidarne 
«  ad  alcuno  la  custodia  ed  il  governo,  credette   il   Bianchino 

e  uomo  da  ciò  e  gliene  diede  l' incarico  col  salario 

«  vitto  in  palazzo e  casetta   assegnatagli   ad   abitare 

ff  presso  la   stia.    Da   questa    casetta volgendo 

«  r  anno  1 5 1 3  si  vide  pendere  V  insegna  di  un  leone,  posante 
«  la  destra  branca  anteriore  armata  di  spada  sopra  un  monti- 
«  ticello  di  libri.  Il  guardiano  della  belva  era  divenuto  tipo- 
ff  grafo,  ed  i  volumi  di  sua  stampa,  tra  quali  tengono  il  prì« 
e  mo  luogo  certe  curiosità  letterarie  di  subbietto  o  religioso 
«  od  erotico,  si  dissero  impressi  al  leone 


(1)  Verona  —  MerlOi  1871.  in  8.0  gr.  pag.  73. 
(3)  Pag:  61 


6%  FIUPPO  RAFPAELLI 

I  libri  stampati  con  il  suo  nome  al  Leone  «  intorno  al  1525 
«  scemano,  finché  dopo  il  27  vengono  affatto  a  mancare  •  •  •  • 
fl  Ad  un  tratto  però  nel  1532  Cosimo  Bianchino  riappare  edi- 

«  tore ,  ma  nel  maggio  1536  le  annuali   ordì- 

ff  nanze  di  pagamento  per  la  custodia  dei  leoni  cominciano  a 
e  recare  in  luogo  del  nome  di  lui,  quello  dei  figli  ed  eredi, 
<  ciò  vuol  dire  che  Cosimo  Bianchino  usci  di  vita  tra  questo 
«  ed  il  maggio  dell'  anno  precedente.  » 

Una  parola  ancora  ci  sarebbe  piaciuto  qui  dire  intomo  al 
giureconsulto  Spoletino  Fabio  UngariOy  di  cui,  come  abbiamo 
osservato,  una  lettera  diretta  al  Bianchino,  alla  carta  5.^  di  que- 
sta edizione  perugina  delle  Costituzioni  Egidiane,  1522,  viene 
riportata.  Riuscite  però  vane  la  nostre  molte  e  replicate  ri- 
cerche daremo  luogo  invece  a  quanto  il  Minervio  ci  ha  la- 
sciato scrìtto  nel  secondo  Libro  —  De  rebus  gestis  atque  an^ 
tiquis  Monumentis  Spoletì  —  dell'  altro  Spoletino  Piergirolamo 
Garofolo,  del  quale  in  questa  istessa  edizione  delle  Costituzioni 
della  Marca,  vediamo  alla  carta  6,  (  A  ii  )  altra  lettera  indi* 
rizzata  a  Fabio  Ungario.  Tale  estratto  dal  Minervio  dobbiamo 
alla  cortesia  del  dotto,  e  benemerito  Istoriografo  di  Spoleto, 
Barone  Achille  Sansi,  al  quale  vogliamo  rese  pubbliche  e  so- 
lenni azioni  di  grazie. 

«  Petrus  leronymus  Garopholus  vtr  popularts  et  honestis  pa- 
«  rentibus  natus^  staturae  adeo  procerae  atque  immanis  fuit,  quod 
a  in  omni  hominum  caetu  semper  eminenter  cerneretur;  sed  corpo- 
«  ris  magnitudinem  virtute  aequavit.  Latinis  literis  hic  optime 
«  institutuSf  ex  eloquentia  gloriam  reportavit.  Reipublicae  Spoleti- 
«  nae  diu  amator  fuit ,  causas  deinde  et  quamplures  gravissimas 
«  egit,  et  inde  popoli  gratiam  paravit.  Seditiosus  fuit,  et  contra 
«  nobiles  semper  stetit.  In  patria  tanto  fuit  ut  primus  inter  onh 
e  nes  habitus  sit.  Gloriabatur  nil  detrimenti  rempublicam  Spoìtti- 
t  namy.se  vivente  oc  consulente ,  a  duobus  exercitibus  cepisse.  * 
Il  Garofolo  fiori  specialmente  sotto  i  Pontificati  di  Leone  X., 
Adriano  VL,  e  Clemente  VII.,  e  le  sue  azioni,  confortate  da 
documenti,  sono  poste  in  luce  dal  sopralodato  Barone  Sansi, 
nella  seconda  parte  della  lodatissima  sua  Storia  di  Spo- 
leto. 


COKSTlTUnONES    MARCHIAE  69 

VI. 
1524. 

In  nomine  Sancte  et  individue  trinitatis: 
Constitutionum  editaram  per  Reverendissimum 
Patrem  et  Dum  D.  Aegidium  Epm  Sabi- 
nensem,  Apostolicae  Sedis  Lega- 
ta, et  Dini  Papae  Vicarium 
Liber  prìmus  incipit 

Prohemium 

Se  questa  rarissima  edizione  viene  ricordata  dal  Manzo* 
ni  ('),  dal  Berlan  ('),  dal  Foglietti  Q)^  ed  accuratamente  nel 
titolo  soprariferito  registrata  dall'  illustre  Prefetto  degli  Archi- 
vi di  Stato  di  Bologna,  Cavaliere  Dottore  Carlo  Malagola 
nella  Nota  II  —  L*  Arte  Tipografica  in  Faen:(a  —  inserita  a 
pag.  34  della  sua  interessantissima  memoria  —  Di  Sperindio 
e  delle  Cartiere ,  dei  Carro:^:(ieri  ^  Armajoli^  Librai,  Fabbrica'^ 
tori  e  Pittori  di  Vetri  in  FaenT^a  sotto  Carlo  e  Galeotto  Mah" 
fredi  (  1468  -  1488  )  (^)  ,  nessuno  mai  ne  ha  porta  una  mi- 
nuta ed  esatta  descrizione  bibliografica,  quale  sono  io  oggi  in 
grado  di  presentare  per  benevola  cortesia  dell'  egregio  biblio- 
grafo faentino  Angelo  Ubaldini,  al  quale  pubblicamente  rende 
distinti  e  cordiali  ringraziamenti. 


(1)  Op:  dì:  Voi.  I.  Parte  i.  pag.  17. 

(a)  Statuii  Italiani  —  Saggio  bibliogrqfieo  etc:  con  giunte  di  Niccolò  baroni 
e  di  altri  Letterati  italiani  etc:  Venezia,  tip.  dal  Commercio  1858  in  8.0  pag.  3, 

(3>  Op.  dt.  pag.  23  nota  (34)  ^  P>g:  40»  nou  Ut). 

(4)  liodena,  tip.  di  G.  T.  Vincenzi  e  Nipoti  1883  in  8.0  —  Estratto  dagli  — 
Atti  e  Memorie  della  R,  Deputazione  di  Storia  patria  per  le  Provincie  di  Romagna 
^  m  Sarìt.  Voi.  L  Fase.  V. 


^0  FILIPPO  RAFFAELLl 

La  presente  edizione  è  in  foglio  di  carte  59,  delle  quali 
56  sono  numerate  soltanto  recto  con  numeri  romani,  e  3  non 
numerate.  La  prima  carta  numerata  recto  contiene  il  soprari- 
ferito titolo,  con  il  Pi-oemio,  con  il  principio  dei  sei  Libri 
delle  Costituzioni  i  quali  occupano  5 1  carte,  numerate  recto  e 
versoy  e  la  cinquantaduesima  recto  soltanto  ;  nella  stessa  carta 
poi  verso  cominciano  le  Additiones  Nove,  che  giungono  in  prin- 
cipio della  cinquantesima  terza  verso,  nella  quale  incominciano 
le  Additiones  Sixti  Quarti  Pontificis,  che  occupano  recto  quasi 
tutta  la  carta  cinquantesima  sesta,  in  fine  della  quale  stanno 
le  seguenti  note  tipografiche: 

Expliciunt  Constitutiones  Marchiae  Anchonitanae 
cum  non  nuUis  ad  |  ditionibus,  cura  et  impensis  Ma- 
gnificae  Coifiunitatis  Fauentinae,  |  per  lohannem  Ma- 
riani de  Simonetis  Cremonesem  in  eadem  |  Civitate 
Fauentina  impressae.  Anno  Dominicae  incarna  |  tio- 
nis  M .  D .  XXIIII .  Die  Decima  Aprilis.  Cle  |  mentis- 
simo Clementi  Septimo  Pont.  Maxi  |  mo  imperante, 
Pontificatus  sui  |  Anno  Primo    |  ►J*  |  . 

Siegue 

Registrum 

ABCDEFGH 

Quatemiones  omnes,  praeter  H  qui  est  Duernìo 

La  medesima  carta  numerata  cinquantesima  sesta  verso 
è  bianca.  Vengono  in  fine  le  tre  carte  non  numerate  conte- 
nente r  Indice  delle  Costituzioni. 

Esemplare  di  questa  pregevole  edizione  conservasi  nella 
Comunale  Biblioteca  di  Faenza,  e  trovasi  unito  con  cucitura 
e  rilegatura  al  seguente  non  meno  raro  Volume  degli  Statuti 
Faentini ,  pure  in  foglio,  non  registrato  dal   Bonaini ,  appena 


COKSTlTUnONES    MARCHIAE  7I 

ricordato  dal  Berlan  ('),  non  esattamente  descritto  dal  Man- 
zoni (*),  ma  accuratamente  indicato  dal  Malagola  (').  Noi  lo 
diamo  come  ci  venne  illustrato  dal  diligentissimo  ed  egregio 
Sig.  Ubaldini  (0- 

Magnificae 
Civìtatis  Faventie  Ordinamenta  Novis- 
sime recognita  et  reformata:  ac  in  lucem 
edita  Regnante  Sanctissimo  in 
ypo  patre  et  Dno  Noro  D. 
Clemente  Papa 
Septimo . 

È  questo  Libro,  come  abbiamo  già  avvertito,  in  foglio, 
composto  di  72  carte  numerate  soltanto  recto  con  numeri  ro- 
mani, .  e  di  4  non  numerate.  La  prima  delle  numerate  forma  il 
frontespizio,  il  quale  consiste  in  una  incisione  in  legno,  che 
rappresenta  nella  parte  superiore  a  destra  S.  Apollinare ,  e 
S.  Pietro,  a  sinistra  S.  Paolo  e  S.  Terenzio^  e  nel  mezzo  la 
B.  V.  Maria  col  Bambino.  Ai  lati  sono  colonette,  e  nella  parte 
inferiore  lo  Stemma  della  S.  Sede  fra  lo  stemma  di  Faenza 
ripetuto.  £  si  bella  questa  incisione,  che  il  Prof.  Argnani  la 
giudicò  disegnata  dal  pittore  faentino  G.  B.  Bertucci  il  seniore. 
Nel  vano  lasciato  nel  centro  della  incisione,  è  stampato  il 
soprariportato  titolo. 

Sieguono  49  carte  numerate  le  quali  contengono  il  proe- 
mio, e  Sette  Libri  degli  Statuti  di  Faenza.  Nella  metà  supe- 
riore poi  della  settantunesima  prima  carta  recto  stanno  le  Addp- 
fiones,  e  nella  metà  inferiore  le  seguenti  note  tipografiche  = 


(1)  Op:  cit:  p«g:  37. 

(s)  Op:  dt.  Voi.  I.  Parte  I.  pagg.  17,  18. 

(3)  Op:  cit:  pag:  35. 

{4;  Lettera  16  Marzo  1884. 


^2  FILIPPO  RAFFAELLI 

Expliciunt  Statuta,  cura  et  impensa  Magnifi- 
we  Comunitatis  Fa  |  ventiae ,  per  Ioanem  Mariani 
de  Sìmonetis  Cremonensem  |  in  eadè  Qvitate  Fa- 
uentina  impressa.  Anno  Dominicae  |  incarnationis. 
M.  D.  XXVII.  Die  xxiiij  Dece  |  bris.  Clementissimo 
Clementi  Septimo  Pont.  |  Maximo  imperante.  Ponti- 
ficatus  sui  I  Anno  quarto. 

Siegue 

Registrum 

ABCDEFGHIK. 

Quatemiones  omnes,  praeter  K  qui  est  Duernìo. 

La  carta  verso  è  bianca.  Indi  viene  la  carta  settantesima  seconda 
che  recto  porta  il  fine  del  libro  settimo  degli  Statuti ,  errore 
posposituìfty  come  ivi  si  legge;  il  verso  è  bianco.  Vengono  final- 
mente le  quattro  carte  non  numerate,  nelle  prime  tre  delle 
quali  recto  e  verso^  e  nella  quarta  recto  soltanto  (  essendo  an- 
ch' essa  bianca  verso  )  si  trova  V  Indice. 

Queste  due  ben  rare  edizioni  uscirono,  come  abbiamo  già 
visto  y  dalla  officina  tipografica  di  Gio  :  Maria  Simonetti  di 
Cremona,  che  a  quanto  scrive  V  egregio  Sig.  Cav.  Malagola  (') 
fu  il  primo  ad  introdurre  T' arte  della  stampa  a  Faenza 
nel  1525. 

Crediamo  di  fare  cosa  grata  ai  nostri  lettori  ed  ai  cultori 
di  bibliografia  dare  di  questo  fortunoso  tipografo  tutte  quelle 
notizie  che  ci  vennero  cortesemente  favorite  dal  bibliografo 
Sig.  L.  Zapponi  di  Pavia  con  grazioso  foglio  del  3  Mag- 
gio 1884. 


(1)  Op:  cit:  pég:  34. 


COHSTlTUnONES     MARCHIAE  73 

«  Da  ricerche  fatte  già  da  qualche  tempo,  io  son  venuto 
«  nell'  opinione  che  il  Nostro  (  G.  M.  Simonetta  )  sia  nipote 
«  o  pronipote  del  famoso  Cicco,  che  fii  segretario  di  France- 
e  SCO  Sforza.  Il  Cicco  era  Calabrese,  ma  raccomandato  dallo 
«  Zio  Angelo  Simonetta  allo  Sforza,  visse'a  questo  carissimo, 
«  insieme  col  fratello  suo  Giovanni.  £  nota  la  fine  del  pò- 
«  vero  Cicco,  decapitato  nel  Castello  di  questa  Città  (  Pavia  ) 
«  ad  opera  di  Bona  e  di  Lodovico  il  Moro  nel  1480.  Gio- 
«  vanni  che  col  fratello  era  stato  imprigionato,  messo  in  libertà 
e  fu  confinato  a  Vercelli.  Ai  figli  di  Cicco  e  Giovanni  fu  con 
«  salvacondotto  dell'  11  Settembre  1479  concesso  di  poter 
e  recarsi  ad  abitare  nei  domini  dello  Stato  Sforzesco ,  dove 
€  loro  paresse  meglio. 

«  Nel  decreto  di  confisca  dei  beni  di  Cicco  sono  accen- 
fl  nate  case,  che  questi  possedeva  a  Cremona  :  beni  pure  vi 
«  ebbe  Giovanni,  da  cui  io  farei  discendere  il  Nostro.  Nelle 
«  famiglie  celebri  del  Litta,  all'  albero  genealogico  del  Simo- 
«  netta,  non  è  fatta  menzione  di  Giovanni  Maria,  ma  io  in- 
e  clino  a  credere  ad  una  omissione,  dipendente  forse  dal  fatto 
€  che  non  si  era  il  Nostro ,  come  gli  altri  fratelli ,  reso  insi- 
«  gne  nella  prelatura,  nei  consigli  o  nelle  armi.  U  Arusi  nella 
«  sua  —  Cremona  UieratOy  parlando  di  Giovanni  fratello  di  Cicco, 
H  dice:  Ioannes  Simonetta ^  seu  Ceuhi  celeberrimi^  apud  omnes 
ff  cbronographos  frater,  natione  Calaber ,  inter  cives  Cremonenses 
e  hoc  anno  (  146J)  una  cum  fruire  adscriptus  et  in  Collegium 
e  Notariorum  receptus  est,  qnum  hic  degeret  in  vicinia  S.  ApoU 

w  linaris Per  quel  che  ho  detto,  resta,  per  conto  mio, 

e  fuor  di  dubbio  V  appartenenza  del  Nostro  alla  famiglia  Ca- 
e  labrese.  Quando  poi  sia  nato,  io  veramente  non  so,  e  certo 
1  molto  difficile  riuscirà  a  saperlo. 

«  Fu,  come  Ella  sa  meglio  di  me,  stampatore  a  Faenza, 
«  in  cui  diede  alla  luce  nel  1523  — Auscultationes  in  parvam 
«  artem  Galeni  — ,  di  Antonio  Cittadini  faentino,  edizione  che 
«  il  Deschamps  non  conosceva  prima  che  il  Cotton  non  gli  ap- 
«  prendesse  che  esistevane  una  copia  nella  Boldejana  di  Oxford, 
ff  edizione  del  resto  che  il  Mangeto  cita  nella  sua  -*-  BibUo- 
«  theca  Scriptorum   medicorum  —  Voi.  I.  Parte  2.  pag.  6o. 


74  FILIPPO  tAFFAEEXl 

«  Ma  questo  il  Deschamps  non  era  obbligato  a  sapere,  tanto 
«  più  che  il  Mangeto  visse  e  scrisse  un  secolo  e  mezzo 
prima.  » 

«  Nel  1524  die  aUaluce  —  coHsmvnoNBs  marchub  ah^ 

<  CHONTTAMB  i»  civitate  fovmHna  ùnpressae  —  Anno  dommicat 
«  incarnationis  MDXXIIII  die  decima  Aprilis. 

e  Poi  —  NICOLAI  PETRi  Opus  de  immortalitaie  animorum  — 

<  In  fine  —  Ioannes  Maria  ex  Simonettis  Crenununsis  impri^ 
e  mebat  Faventiae  Anno  Domini  M.  D.  XXV.  XIIL  Col  N(h 
e  vembris. 

e  Inde  —  oRDOiAMiESTA  fnagnificae  cmitaHs  FauenHae  -— 
e  In  fine  dei  quali  leggesi  :  — «  Explidunt  Stahita^  cura  et  im- 
«  pensa  magnificae  Comunitatis  Fauentinae.  Per  Ioannem  Ma- 
e  riam  de  SìmoneHs  Cremonensem  in  eadem  dvitaie  Fauentina 
e  impressa.  Anno  Dommicae  Incarnaiois  MJ).XXVIII  (1J28J. 
€  Die  XXIII  Decembris.  Q). 

«  Bujo  pesto  poi  riscontro  dal  1529  al  i539« 
ff  E  qui  mi  permetto,  egregio  Sig.  Marchese,  di  aprire 
fl  una  parentisi.  Visse  in  Pavia  nella  prima  meti  del  Secolo 
«  XVI  Ambrogio  Teseo  de' Conti  d'Albonese,  uomo  dottissi- 
e  mo,  conoscitore  di  molte  lingue.  Natura  piuttosto  solitaria, 
«  chiusesi  a  vita  claustrale  nel  famoso  Monastero  di  S.  Pie- 
«  tro  in  Ciel  d'oro  di  questa  Città.  Chiamato  a  Roma  du- 
«  rame  il  Pontificato  di  Giulio  II  nel.  15 12  al  tempo  del 
«  Concilio  indetto  dal  Papa  in  opposizione  al  Conciliabolo 
«  che  cinque  Cardinali  avevano  scismaticamente  raccolto  in 
«  Pisa,  ebbe  agio  di  conoscervi  molti  illustri  prelati  stranieri, 
«  e  di  dar  saggio  di  sua  conoscenza  nelle  lingue  orientali 
<r  specialmente  nel  siro -caldaico.  Partitosi  di  là  il  1521,  rien- 
cr  trato  nella  sua  quiete  a  Pavia,  fu  alla  fine  del  1526  chia- 
«  mato  a  Ravenna  pel  Sinodo  de'  suoi  correligiosi.  Ma  presa 


(s)  Cr«diaiiio  eqoivocatt  dal  Zapponi  questa  data,  poiché  tanto  nella  daacriiione 
di  questa  stampa  porta  dal  Sig.  Cav:  Malagola,  quanto  in  quella  favoritaci  dal  Sig.  U- 
baldini,  la  date  segna.  M.  D.  XXVII.  Die  XXuì)  Decemtrit. 


CONSTITUTIONES    MARCHUE  75 

ce  Pavia  dalle  armi  francesi  nel  1527,  tutto  vi  fu  manomesso 
e  saccheggiato.  La  raccolta  dei  libri  caldei,  siri,  armeni, 
ebraici  da  lui  fatta  con  tanto  intelletto  d'amore  fu  sper- 
duta ;  persino  la  tipografia  del  Monastero  sperperata.  S' im- 
magini quanto  l'Ambrogio  ne  fosse  corrucciato.  Non  ebb« 
il  coraggio  di  tornare  in  patria.  Passò  da  Ravenna  a  Ferrara 
e  a  Venezia,  dove  s' incontrò  col  Bomberg  celebre  tipografo 
ed  editore  orientalista.  —  E  forse  qui  che  egli  conobbe  il 
Nostro,  da  Faenza  probabilmente  venuto  sulla  laguna,  in 
cerca  di  lavoro,  dopo  aver  venduto  tutta  la  suppellettile  per 
la  tipografia.  L' Ambrogio  Albonesi  che,  ingegnosissimo,  aveva 
fatto  una  raccolta  di  caratteri,  ed  egli  stesso  ne  aveva  fusi 
per  r  opera  sua,  lo  chiamò  a  Pavia  nel  Monastero  di 
S.  Pietro  in  Ciel  d'  Oro  ove  nel  1539  stampò  la  famosa 
opera  —  AMBROSII  THESEI  EX  COMITIBUS  AL- 
BONESn.  Inrtoductio  in  chaldaicam^  linguatriy  Syriacatn  atque 
àrmenicam  et  decem  alias  linguas.  Characterutn  differentium  aU 
phabeta,  circiter  quadragintay  et  eorumdem  invicem  conformatio 
Mystica  et  cabalistica  qun  plurima  scitu  digna.  Et  descriptio 
ac  simulachrum  (  sic  )  Phagati  Afranii.  —  In  fine  —  Excu^ 
debat  Papiae  Ioannes  Maria  simoneta  Cremonen.  In  Canonica 
Sancti  Petri  in  Coelo  aureo  SUMPTIBUS  et  TYPIS  Aun 
toris  libri  Anno  a  Virginis  Partu  IS39'  ^^^*  Martii.  —  Del 
Nostro  qui  in  Pavia  non  conosco  altra  edizione  certa. 

«  Si  crede  che  poi  passasse  a  Piacenza.  Negli  Statuti  di 
quella  Città  si  legge  in  fine  :  —  Paulo  III  Pont.  Max.  Se- 
dente. Uberto  Card.  Gambara  Cispadanae  Protnnciae  Legato. 
Almae  civitatis  Placen.  Statuta.  Impressioni  opere  Io.  Mariae 
Simonetae  tradita.  M.  D.  XLiij  ab  ìncarnatione.  —  Qui  non  è 
indicato  il  luogo  di  stampa,  non  è  detto  che  il  Nostro  fjc- 
cudebat  o  imprimebat^  ma  semplicemente  che  gli  Statuti  e- 
rano  tradita  impressioni  opera  I.  M.  S.  Se  egli  fosse  stato 
veramente  Stampatore  con  officina  propria  non  si  sarebbe 
«  soscritto,  come  fece  nelle  edizioni  faentine,  e  come  vedre- 
a  mo,  in  quella  di  Napoli,  e  non  avrebbe  detto  egli  stesso 
r  excudebat  o  imprimebat  in  modo  da  non  lasciar  dubbio  ?  Non 
«  pare  a  Lei  che  sia  editore,  più  che  altro?  Finché   io   non 


I 


76  FILIPPO  RAinPAELU 

«  conosca  se  altri  libri,  omessi  gli  Statuti,  abbia  impresso  in 
«  Piacenza,  resto  nell^  opinione  che  in  questa  ultima  città  non 
«  si  sia  recato  mai  e  che  degli  Statuti  abbia  curata  la  stampa 
€  qui  in  Pavia  stessa.  Né  farà  meraviglia,  sapendosi  che  la 
«  prima  edizione  di  essi,  condotta  verso  la  fine  del  Secolo  XV 
a  è  incertissimo  a  quale  stampatore  appartenga,  non  essen- 
«  dovi  indicazioni  né  di  luogo  né  di  tipografo,  e  la  edizione 
«  posteriore  a  questa  degli  stessi  Statuti  fu  fatta  a  Brescia 
e  nel  1560. 

a  Dal  1543  al  1556  non  é  a  mia  cognizione  l'apparimento 
«  di  alcun  opera  edita  dal  Nostro.  In  quest'anno  poi  trovo 
«r  nelle  mie  note:  —  Martirani  Coriolanu  Tragaediae  Vili  • .  •  • 
<  Comaediae  U  —  in  fine  :  —  lanus  Marius  Simonetta  Crtmo- 

«  nensis   Neapoli  excudehat  Mense   majo 

«  MDLVL  —  Qui,  come  Ella  vede,  il  nome  si  cambia.  Non 
a  é  probabile,  che  invece  di  Giovan  Maria  Simonetta  sia  que^ 
«  sto  il  figlio  di  lui?  .  •  • » 

Noi  incliniamo  a  credere,  che  lanus  Marius^  sia  proprio 
il  medesimo  che  Ioannes  Maria^  essendo  chiaro  il  cognome, 
la  patria,  mentre  a  quel  tempo  che  tutto  si  voleva  paganizzare, 
ossia  dare  la  forma  classica  dal  paganesimo,  i  nomi  cristiani 
si  cambiavano  accademicamente  in  pagani;  quindi  Giovanni 
(Ioannes)  diventava  lanus  o  lulianus;  Maria,  Marius;  Petrus, 
Pierius;  Marcus,  Mercurius  ut.;  e  la  mitologia  prendeva  posto 
anche  nelle  cose  più  sacre.  Quindi  Mani  erano  le  Anime  del 
Purgatorio;  Vestali,  le  Monache;  Fato,  la  Providen:(a;  Cristo,  fi- 
gliuolo di  Giove  etc:  A  noi  adunque  sembra,  che  Giovanni  Ma^ 
ria  Simonetta  seguendo  l'andazzo  del  tempo  volesse  in  quella 
circostanza  mettere  il  nome  accademico.  Lasciamo  il  decidere 
al  non  men  cortese  che  dotto  Sig.  Zapponi,  a  cui  rinnoviamo 
infiniti  e  cordialissimi  ringraziamenti,  ed  a  cui  sapranno  grado 
i  cultori  degli  studi  bibliografici  per  le  soprariferite  notizie 
che  ci  favori. 


CONSTlTUTtONES    BCARCHIAE 


77 


VII- 

1540 

CONSTITUTIONES  |  MARCHIAE  | 
ANCONITANAE    | 

Noviter  ab  omnibus  erroribus  atque  mendis  ex- 
pur  I  gatae  cum  Additionibus  antiquis.  Novissimae  | 
autem  quaedam  novae  additiones  adiaectae  |  fuerut 
usq.  in  pntem  die,  praesertim  |  lulii  II  et  Pauli  III 
SQ  Pont,  f*  quae  nunqua  alias  ab  ullo  |  typographo  im- 
pressae  fuerunt. 

Più  in  basso  nel  mezzo. 

—  Eme  candide  lector  et  fruere  — 


Sotto  a  due  colonne. 

Domini  Epi  Tiburtini 

Sixti  Papae  quarti 

Dni  Agnelli  vicarii  gnalis 

Innocentii  Papae  octavi 

Dni  Coronensis 

Dni  Antoni  de  seta  Maria 

Dni  Evagelistae  Bagorocti 

Ancora  più  in  basso. 


Alexandri  Pontificis  Sexti 
Dni  Cardinalis  seti  Georgi! 

Costitutiones  novae 
Julii  Papae.  IL 
Clementis.  Papae.  VII. 
Leonis  Papae.  X. 
Pauli  Papae,  IH. 


M ' D  •  XXXX  • 

Questo  titolo  parte  in  carattere  rosso,  e  parte  in  nero  è 
dentro  una  corniciatura.  Si  veggono  ai  lati  emblemi  militari: 
nella  parte  superiore  entro  corona  di  alloro  sorretta  da  due 
putti  assisi  sopra  basamento  di  fabrica  che  costituisce  il  fondo 


1 


78  FILIPPO  RAFFAELLl 

del  quadro,  si  vede  la  figura  di  un  uomo  togato  che  pog- 
gia la  destra  sovra  libro,  nel  cui  piatto  sono  le  lettere  M.  T. 
C.  (Marcus  Tullius  Cicero  J^  a  destra  un  guerriero  coronato 
d'  alloro  con  lo  scettro  in  avanti  sopra  cavallo  a  tutta  corsa. 
Dietro  un  soldato  tenente  vessillo,  .nel  cui  mezzo  le  lettere 
S.  F.  (  Severus  Flavius  ?  );  a  manca  altro  guerriero  dietro  al 
quale  nel  muro  della  fabrica  retrostante  sono  le  lettere  A.  C. 
(  Annihal  Cartaginensis  J.  Sparse  nel  suolo  sono  spade,  elmi 
e  scudi.  Nella  parte  poi  posteriore,  nel  mezzo  si  trova  un 
guerriero  assiso  sovra  massi,  sorreggendosi  in  sulla  spada,  li- 
na larga  ferita  ha  nella  coscia  destra:  è  in  atteggiamento  sup- 
plichevole: il  suo  elmo  è  in  terra,  ove  poggiato  al  masso  tro- 
vasi un  cartello  con  le  Iniziali  F.  M.  (  Fabius  Maximus  ?  ) 
A  destra  di  lui  si  scorge  un  guerriero  laureato  con  lo  scet- 
tro in  mano  pure  in  avanti  sopra  cavallo  andante.  Dietro  a 
questi  in  una  targa  fissa  ad  un  tronco  d'  albero ,  leggonsi  le 
lettere  l.  C  (  Julius  Caesar  ).  Dall'  altra  banda  altro  guer- 
riero paludato  con  elmo  in  testa,  e  dietro  a  lui  pure  in  tronco 
d' albero  appesa  una  targa  con  le  lettere  A.  M.  (  Alexander 
Macedo  ). 

Il  verso  di  questa  prima  carta  è  bianco.  Al  dritto  della 
seconda  segnata  }^.  ii  incomincia  una  prefazione  che  è  segui- 
ta dalla  tavola,  la  quale  termina  al  dritto  della  sesta  carta,  il 
cui  verso  è  bianco.  Nel  diritto  della  seguente  A  (  seg.  I  ) 
cominciano  gli  Statuti  che  divisi  in  sei  libri  terminano  al  ver- 
so della  carta  44,  essendo  questa  carta  numerata  nel  dritto  in 
testa.  Al  dritto  della  45  hanno  cominciamento  le  Additiones, 
alle  quali  precedono  le  parole  — 

Expliciunt  constitutiones  generales  Sanctae  Matris 
Ecclesiae  — 

quindi  le  citate  addizioni,  cioè  — 

Incipiunt  quaedam  additiones  novae  primo  addi- 
tiones  praefati  domini  Sabinensis,  in  quibus  casibus 
appellari  non  valet  — 


CONSTITUTIOKES     MARCHIAE  79 

Siccome  le  Rubriche  del  Sesto  Libro  degli  Statuti  sono 
289  così  i  Capitoli  di  queste  novae  Addiiiones  continuano  nella 
numerazione  sino  al  N.  38,  dopo  rìprendesi  la  numerazione 
di  ciascuna  aggiunta  sino  alla  carta  78,  in  calce  della  quale 
dopo  la  parola  FINIS  leggesi  la  sottoscrizione 

Hoc  Constitutionum  sive  addit.  Opus  Impressum 
fuit.  Venetiis  Impensis  Nob.  viri  Di  Nicolai  de  Ari- 
stotile civis  Ferrariensis,  anno  a  deiparae  virg.  partu. 
D.  M.  XL  (tfc). 

Il  verso  di  quest'ultima  carta  78  è  bianco. 

L*  edizione  è  in  foglio.  L*  abbiamo  registrata  e  descritta 
sopra  r  esemplare  esistente  nella  Comunale  Biblioteca  d' A- 
scoli-Piceno,  e  sopra  altro,  presso  il  Ch.  e  Nobile  Sig.  Com- 
mendatore Severino  Conte  Servanzi  Colilo  di  San  Severino 
Marche.  La  riferisce  il  Manzoni  (*)  il  quale  dice  di  averne  trovato 
soltanto  una  copia  nella  Biblioteca  del  C.  Malvezzi  De  Medici  di 
Bologna,  e  di  aver  veduta  la  descrizione  datane  dal  De  Batines 
per  le  sue  aggiunte  al  Bonaini.  Con  buona  pace  però  del  Sig. 
Manzoni,  egli  non  è  stato  esatto  nel  titolo  riferito,  perchè  le 
novae  addiiiones  adiaectae  non  furono  di  Paolo  II  che  sali  al 
trono  pontificale  nel  1468,  come  egli  stampò,  ma  di  Paolo 
ni,  come  trovasi  realmente  espresso  nella  stampa,  il  quale 
visse  nel  1534,  e  dopo  Giulio  II.  Sarà  forse  corso  errore  di 
stampa  !  ! 


(I)  Op.  dt.  Voi.  I.  Parte  I  ptff.  91  num.  11. 


80  FIUPPO  RAFFAEtLl 

vm. 

1542. 

Annotationes  |  super  Gap.  IL  Lib.  VI.  |  CON- 
STITUTIONUM  AEGIDIARUM  |  Virginii  de  Bocca- 
tiis  a  Gingillo  I.  G.  Romani. 

Registriamo  questa  edizione  sulla  fede  del  Bonaini  ('),  e 
del  Manzoni  (^),  i  quali  dicono  trovarsi  quest'  opera  inserita 
col  Colombeti  -  Consiliataribus  ect  Edizione,  Lugduni^  ^54^-  A 
noi  però  non  fu  mai  dato  vedere  questa  raccolta,  sebbene 
replicate  volte  ricercata,  anzi  con  il  rispetto  dovuto  a  quelli 
egregi  Bibliografi,  estemiamo  non  soltanto  dubbio,  ma  siamo 
persuasi  nel  credere  che  non  esista,  mentre  sappiamo  che  nel  1542 
il  Boccacci  era  ancora  giovanissimo,  né  fuori  di  scuola  da  potere 
scrivere  e  pubblicare  un  opera  di  polso ,  che  meritò  V  onore 
di  ristampa.  La  prima  volta,  come  vedremo,  essa  fu  pubblicata 
( rtunc primum  in  lucem  edita)  nel  1570,  e  quindi  con  aggiunte 
nel  1581. 

IX. 
1545. 

AEGIDIANE  GON 

STITUTIONES 

recognitae,  ac  novissime 

impressae. 

Volume  in  fol.  di  carte  24  non  numerate,  più  di  altre 
147  numerate  sul  recto. 


(t)  Op;  cit;  pag.  75. 

(3)  Op:  cit:  Voi.  1  Ptrte  I.  ptg.  m  N.  IL 


CONSTITUTIONES    MARCHIAE  8l 

Sotto  il  riportato  titolo  vedesi  lo  Stemma  del  Cardinale 
Ridolfo  Pio  di  Carpi  Legato  della  Marca,  chiuso  in  un  tondo 
a  forma  di  grande  suggello.  In  calce  della  pagina  leggesi  •*« 
Cum  privilegio  Pauli  III.  Pont.  Max.  — 

Nel  verso  di  questa  prima  carta  si  riferisce  il  Privilegio 
di  Paolo  III.,  con  il  quale  accordasi  a  Francesco  Priscianense 
fiorentino  di  potere  stampare  «  aegidianae  constitutiones  cum 
novis  additionibus  diligenter  recognitis,  et  hactenus  non  impressis  » 
e  con  inibizione  ad  altri  di  poterle  per  lo  spazio  di  un  de- 
cennio stampare  e  vendere  senza  espressa  licenza  del  detto 
Francesco  Priscianense.  Nella  carta  susseguente  retto  trovasi 
un  Decreto  del  Card.  Ridolfo  Pio  di  Carpi  <r  agri  picaeni  de 
laUrt  legatus  »  con  cui  si  ordina  1'  osservanza  delle  costitu- 
zioni rivedute  e  corrette  con  1'  ajuto  dei  Giureconsulti  Gio  : 
Battista  Chiappadello,  Papirio  Virginio,  Fabio  Alavolino,  Giu- 
liano Brolio,  Ottavio  Ferro,  Bartolomeo  Appoggio,  Filippo 
Gipzio  (Gessi),  Angelo  Androtio,  Francesco  Giardini,  Gio: 
Battista  Braconio,  Francescbino  Rodolfino,  Leonardo  Manci- 
nello,  Leonardo  Blancucci,  Gio:  Battista  Fedele,  non  che  de- 
gli Assessori  di  esso  Cardinale,  Bernardino  Ruffo  e  Niccolò 
Farfaro.  Nel  verso  di  detta  carta  siegue  il  Breve  di  Paolo  III. 
e  Datum  Rotnae  apud  Sanctum  Petrum  Anno  Incarnationis  Do^ 
minicae  Millesimo  Quingentesimo  trigesimo  nono  undecimo  Calen- 
das  Maii  »  con  il  quale  si  accordano  al  detto  Cardinale  ampie 
£icoltà  e  privilegi  per  il  Governo  della  Marca;  quindi  altri 
tre  Brevi  dello  stesso  Pontefice  Paolo  III,  con  il  primo  de' 
quali  dato  «  Perusiae  sub  Anulo  Piscatoris  Die  X  Septembris 
IS44  *  ^'  ingiunge  1^  osservanza  delle  Costituzioni  Carpensi; 
con  il  secondo  «  Datum  Romae  apud  Sanctum  Marcum  ijj8 
tertio  Calendas  Augusti  »  si  porta  la  conferma  delle  Costitu- 
zioni Egidiane;  finalmente  con  il  terzo  del  XI  Gennaro  1536 
«  Dilectis  filiis,  Comunitatibus  et  Universitatibus  Civitatum,  ter-- 
rarum,  oppidorum  et  locorum  Provinciae  nostrae  Marchine  Anconi- 
tanae  »  si  richiama  1^  osservanza  delle  Costituzioni. 

Tali  Bolle  e  Brevi  hanno  termine  al  verso  della  sesta 
carta.  Nella  settima,  e  susseguenti  sino  a  14  carte  viene  la 
Tavola  delle  materie  alfabeticamente  disposte  con  il  titolo-—* 

Archivio  Storico  11.  6. 


62  FILIPPO  RAFF\ELLI 

Tabula  CansHtuHonum  Marcime,  -^  ed  a  questa  Tavola  siegue 
quella  dei  Capitoli  dei  sei  libri  delle  Costituzioni  in  tre  carte, 
neir  ultima  verso  delle  quali  in  calce  dopo  la  parola  —  FINIS  — ^ 
leggesi  : 

«  D.  Hieronyma  de  Girtularijs  excudebat  Romae 
in  Platea  Pariohis.  M.  D.  XLV.  Mense  lanuario  :  » 

Tale  Girolama,  secondo  1'  Alberetto  della  Perugina  Famiglia 
Cartolari  datoci  dal  Rossi  ('),  fu  moglie  a  Baldassare  Cartolari 
Giuniore  morto  nel  1543  a  Roma,  ove  si  era  condotto  circa 
il  1540  per  praticarvi  V  arte  tipografica. 

Nel  retto  della  24*  carta  è  una  lettera  di  Marco  Favonio 
spoletino  «  celeberrimo  Patronorunty  Causidicorumque  oc  TaheU 
limum  Agri  picaeni  collegio  »  da  cui  si  apprende  che  egli  fii 
incaricato  dal  Legato  alla  correzione  delia  stampa  delle  dette 
Costituzioni.  Il  verso  della  carta  è  bianco,  e  alla  carta  seguente 
(  segnata  i.  )  cominciano  le  Costituzioni,  le  quali  hanno  ter- 
mine al  verso  della  carta  147.  colla  nota  dopo  il  registro 
A  —  Z  terniores  omnes.  A.  duernio,  B.  ternio. 


Romae 

in  aedibus  Francisci  Priscianensis 

M.  D.  XLin. 

L' ultima  carta  non  numerata  è  bianca. 

Le  costituzioni  sono  divise  in  sei  libri,  il  i^  di  Capi  22, 
il  2°  di  55,  il  3^  di  29,  il  4°  di  98,  il  5*»  di  31,  il  6®  di  36. 

Due  belli  esemplari  di  questa  non  commune  stampa  con- 
servansi  nella  Comunale  Biblioteca  di  Fermo,  il  i^  sotto  il 
numero    16346 ,  e   questo  pregievolissimo  per  le  molte  po- 


co Op.  cit.  pag.  4.9.  o.  3. 


CONSTITUTIOKES    MARCHIAE  83 

Stille  Mss,  e  per  avere  appartenuto  al  celebre  Giureconsulto 
Maceratese  Claudio  Giardini  figlio  a  Francesco  Giardini,  uno 
dei  Riformatori  delle  Costituzioni  Egidiane,  come  lo  si  ap- 
prende dair Indulto  del  Cardinale  Rodolfo  Pio  da  Carpi,  che 
come  abbiamo  detto,  trovasi  al  retto,  della  seconda  carta,  e 
dalla  Biblioteca  Picena  (');  il  2°  sotto  il  numero  215 12.  Altri 
due  esemplari  pregievoli  pur  vedemmo,  il  primo  a  Sanseve- 
rino  Marche  presso  V  erede  del  compianto  nostro  amico  Do- 
menico Valentini,  esemplare  che  sebbene  difettoso  delle  ul- 
time 20  carte,  è  assai  a  valutare  per  le  molte  giunte  Mss. 
che  ricorrono  lungo  i  margini,  ed  in  fogli  interpolati  alla 
stampa  di  dotto  Giureconsulto;  il  2^  nella  Communale  Bi- 
blioteca della  città  d' Ancona^  ad  essa  venuto  in  dono  sotto 
il  giorno  7  Febbraio  1882  per  lascito  del  dotto  ed  erudito 
Mons.  Cesare  Canonico  Gariboldi.  Tale  esemplare  oltre  ad 
essere  ricchissimo  di  postille,  porta  in  calce  del  frontespizio 
il  seguente  originale  atto  notarile  di  publicazione  —  Et  quia 
de  premissa  publicatione  Ego  FranJ^  Ang.  Notarius  per  R,  Cam» 
Ap.  Rogai,  feci  ideo  manu  propria  me  subscripsi  — . 

Questa  Edizione  fu  registrata  dal  più  volte  lodato  Conte 
Manzoni  ('),  ma  ci  spiace  dirlo  con  assai  poca  diligenza,  co- 
me inesattamente  venne  pure  ricordata  dal  Bonaini  ('),  dal 
Berlan  (^),  dal  Foglietti  (5),  e  dall'egregio  Sig.  Paoli  nella 
descrizione  che  gentilmente  ci  favori  dell'esemplare  esistente 
neir  Archivio  degli  Stati  Romani  (*)• 

Presentata   tale   descrizione,   ora  dimandiamo   a   noi 
stessi,  a  qual  anno  si  riferisce  questa  Edizione  ?  Due  date,  co- 


ti) Osimo  p«r  Domenico  Antonio  Qoercetti  1796.  in  4.0  Tomo  V.  pag.  77. 
(3)  Op.  ctt.  Voi.  I.  Parte  I.  pag.  18.  n.  V. 

(3)  op.  cit.  pag.  75. 

(4)  Statuti  Italiani  -^  Saggio  Bibliografico  con  giunte  di  Niccolò  Baroxxi  N. 
VcBtiU  llp.  del  Commercio  1858.  pag.  4. 

(5)  cfp.  cit.  pag.  40. 

(6)  Lettera  94  Agosto  i88a. 


84  FILIPPO  KAFFAELU 

me  abbiamo  osservato,  in  esse  si  trovano»  la  prima  in  calce 
delia  tavola  dei  Capitoli  dei  sei  libri  delle  Costituzioni. 

—  D  Hieronyma  de  Cartuiarijs  excudebat  Romaé 
in  Platea  Parionis.  M  •  D  •  XLV.  Mense  Januario  — , 

la  seconda  in  fine  del  Volume    —  Romae    |   in   aedibus 

Francisci  Priscianensis  |  •  M  •  D  •  XLIII.  — 

Esaminati  più  cataloghi  e  manuali,  non  che  la  descrizione 
portaci  di  tale  edizione  dal  Manzoni  ('),  tutti  sorvolando  so- 
pra la  data  posta  in  fine  della  Tavola  dei  Libri  -  M  *  XLV,  le 
assegnano  V  anno  *  M  *  D  '  XLm.,  e  dicono  il  volume  compo- 
sto di  carte  24  non  numerate,  di  147  numerate.  Noi  per  altro 
dissentiamo,  ed  in  luogo  crediamo  dover  convenire  a  questa 
edizione  la  data  del  '  M  '  D  '  XLV.  a  fronte  che  i  caratteri, 
sieno  ben  diversi  da  quelli  del  testo  delle  Costituzioni,  sieno 
le  linee  assai  meno  spaziate,  portando  le  facce  piene  delle 
prime  24  carte  linee  50,  quelle  del  testo  40,  osservata  però 
sempre  l'altezza  e  la  larghezza,  misurando  l'altezza  mm.  235, 
la  larghezza  130.  Sia  pure  che  il  Priscianense  detto  dal  suo 
biografo  «  honorum  litterarum  et  graece  admodum  eruditus  (')  » 
tenesse  nelle  proprie  case,  in  aedibus,  officina  tipografica,  ed 
in  tsst  facesse  dar  mano  alla  stampa  delle  Costituzioni,  il  libro 
non  fu  pubblicato,  e  molto  meno  ultimato  a  stamparsi,  man- 
cando il  frontespizio,  e  quant'  altro  avesse  il  Priscianense  cre- 
duto necessario  di  dovere  premettere  al  testo  delle  Costitu- 
zioni. Niun  esemplare  da  noi  veduto,  e  per  quanto  da  noi  si 
sappia,  si  conosce,  che  porti  frontespizio  se  non  diverso  del 
soprariferito,  almeno  uguale  di  caratteri  a  quelli  adoperati  per 
il  testo,  e  ciò  ci  conferma  che  il   libro   non   fu   ultimato   a 


(1)  Op.  dt.  e  1.  eit. 

(a)  Poccianti  —  Caiahg'Ut  Scriptorum  Florentinorum  omnst  generi*,  quorum  et 
memoria  extat  atque  locubrationet  in  iiterat  relatae  Munt  ad  noeira  utque  tempora 
i^Sg  —  Fhrentiae  apud  Philippum  Junctam  ts9g  in  8.0  pag.  69. 


CONSTITUTIONES    MARCHIAE  Sj 

Stampare  e  molto  meno  publicato  e  posto  in  vendita.  Noi 
invece  siamo  di  avviso  che  il  Priscianense,  in  forza  del  Breve 
Pontificio  desse  facoltà  alla  vedova*  Cartolari  di  far  propria 
di  lei  questa  edizione,  di  ultimarla ,  di  dare  ad  essa  fronte- 
spizio, e  ad  essa  aggiungere  i  Brevi  Apostolici,  le  Tavole,  e 
forse  la  lettera  del  Favonio  che  precede  al  testo  delle  Costi* 
tuzioni  per  lui  stampate  nel  •  M  •  D  •  XLIII.,  e  finalmente  di 
poter  porre  in  vendita  il  libro,  per  sollevarla  dalla  disgrazia 
che  la  incolse  con  la  morte  del  marito.  Spiegare  diversamente 
il  fatto  a  noi  non  è  dato  fino  a  prova  contraria.  Aggiungia« 
mo  poi  ancora,  che  se  in  fine  del  volume  vediamo  riportato 
il  registro  dei  fogli  del  testo,  la  vedova  Cartolari  non  mancò 
di  registrare  le  24  carte  premesse  al  testo  stesso,  cioè  A  temo, 
a,  b  duerno,  d  temo,  per  errore  tipografico  in  luogo  di  Cy  e 
d  duerno  segnato  e.  Tutto  adunque  ci  porta  ad  ascrivere  al 
M*D*XLV.  la  presente  Edizione. 


X. 


I  570. 

Annotationes  [  super  Cap.  IL  |  Libri  Sexti  |  Con- 
stitutionum  Aegidiarum  Verginii  de  Boccatiis  de  Gin- 
gillo I  L  V.  Doctoris  |  Civis  Romani  : 

Sotto  questo  titolo  trovasi  lo  stemma  del  Cardinale 
Alessandro  Sforza,  al  quale,  come  vedremo,  si  dedicò  questo 
Libriccino.  A  pie  del  frontespizio  la  seguente  data  di  stampa. 

Romae  apud  lulium  Accoltum  MDLXX, 

In'  12.**,  di  4  carte  non  numerate  in  principio.  Nella  prima  retto 
essendo  bianco  il  verso,  il  frontespizio  riferito;  nella  seconda 
retto  e  verso.  Lettera  dedicatoria  al  Cardinale  Alessandro  Far- 
nese ;  nella  terza  retto  si  legge  un  epigramma  in  tre  distici 
in  lode   del  Boccacci,  di  quel  distinto  letterato  Anconitano 


86  FILIPPO  ftAPPAELU 

Giovanni  Francesco  Leoni,  a  cui  il  Caro  per  avere  il  Leoni  un 
naso  sesquipedale,  in  occasione  che  si  trovava  ad  essere  Rè 
della  celebre  Accademia  della  Virtù,  fondata  in  Roma  circa 
il  1538  da  messer  Claudio  Tolomei  in  casa  dell'Arcivescovo 
Francesco.  Colonna,  gli  fé  presente  di  un  guardatiaso  accom- 
pagnato dal  Trattato  —  La  Nasca  ^— ,  nel  verso  di  detta 
carta  si  riporta  un  brano  del  Mòtu- proprio  di  Pio  V,  nel 
quale  si  encomia  il  Boccacci,  si  approva  la  stampa  delle  pre- 
senti  annotazioni ,  e  si  accorda  privilegio  per  dieci  anni  per 
non  fistrsi  ristampa.  Tale  brano  di  Motu- proprio  ha  termine 
verso  la  metà  della  carta  4  retto,  il  cui  verso  è  bianco.  Ven- 
gono poi  le  annotazioni  sopra  il  detto  Capitolo  II  del  Sesto 
Libro  delle  Costituzioni  Egidiane,  le  quali  prendono  dal  retto 
della  carta  numerata  i.  al  retto  della  cana  57,  nel  verso  della 
quale  si  legge  V  approvazione,  o  meglio  il  Puhliutur  del  Pro- 
curatore Generale  de'  P.  P.  Domenicani,  e  Maestro  del  Sacro 
Palazzo  Apostolico,  Fr.  Serafino  Cavalli,  in  data  18  Ottobre 
1569.  A  queste  57  carte  ne  tengono  dietro  altre  12  non  nu- 
merate, le  quali  portano  T  —  Index  copiosus  rerum  numorabi^ 
lium,  quae  in  hoc  opere  continentur.  —  Tale  indice  termina  alla 
meti  del  retto  della  carta  io ,  nel  verso  trovasi  T  Errata  a 
minuto  carattere;  nella  carta  11  retto  il  Registro  *  A  —  I 
Omnes  sunt  quaterniores  praeter  *  et  l  quae  sunt  duerniores  — 
Il  verso  di  questa  carta,  come  V  intera  carta  12  restano  in 
bianco. 

Di  questa  Edizione  ricordata  dal  solo  Foglietti  (')  a  noi 
fii  dato  vederne  tre  Esemplari  nelle  Biblioteche  Comunali  di 
Fermo  e  di  Macerata  ed  a  Cingoli  nella  privata  di  nostra  Fa- 
miglia. Peraltro  T  edizione  non  presenta  rarità  veruna,  anzi  è 
communissima. 

E  qui  si  perdoni  all'  amore  al  mio  luogo  natale  se  ag- 
giungo brevi  cenni  biografici  dell'  illustre  Giureconsulto  Cin* 
golano,  di  cui  peraltro  meglio   dettagliate   notizie  si   hanno 


(1)  Op:  cit:  p«g.  42  nota  (4(). 


CONSTITUnONES    MARCHIAE  87 

presso  il  Toppi  (') ,  nel  Mazzucchclli  (*) ,  nelle  giunte  al 
Dizionario  Storico  portatile  del  P.  Origlia  ('),  e  nella  Biblio- 
teca Picena  (*). 

Giovanni  Boccacci  di  nobile  patrizia  famiglia  Cingolana 
fìi  figliuolo  di  Sebastiano.  Sin  dalla  giovinezza  si  applicò  allo 
studio  delle  Leggi,  e  visse  in  assai  riputazione  presso  la  Curia 
Romana.  Ignorasi  il  motivo  per  cui  egli  venisse  cacciato  a 
bando  da  Roma.  Malevoglienza,  invidia  più  che  altra  legittima 
causa,  secondo  egli  ci  ha  lasciato  scritto  nella  dedica  del  suo 
—  'Tractatus  de  Litieris  Remissionalibus,  sive  de  dilaiionibus.  et  de 
citatione  per  edkfum  pubblicum  eie.  Romae  1587.  in  4.°  — ^ 
sembra  che  sia  stato.  Egli  si  parti  di  Roma,  fece  ritorno  in 
patria,  ed  i  cittadini  di  lui  lo  tennero  sempre  in  rispetto,  ed  in 
peculiarissima  stima^  valendosi  del  suo  consìglio,  dell'  opera 
sua  in  ogni  più  arduo  pubblico  negozio.  Nel  1579  fii  incari- 
cato a  rappresentare  il  Comune  presso  la  Congregazione  della 
Provincia:  il  di  ultimo  Luglio  1580,  per  consulto  di  Achille 
Simonetti,  venne  incaricato  a  raccorre  tutte  le  antiche  memo- 
rie della  patria,  con  insistenza  richieste  da  Aldo  Manuzio. 
U  originale  autografo  di  queste  memorie  tuttora  conservasi 
inedito  nella  Biblioteca  RafFaelIiana.  Toltasi  a  moglie  Panta- 
silea  Ferri  nobile  Maceratese,  fissò  sua  stanza  in  quella  città, 
dove  con  sommo  credito  si  die  a  patrocinare  cause,  e  dove 
venne  ascritto  al  Collegio  degli  Avvocati  di  quella  Curia  ge- 
nerale. Salito  al  soglio  Pontificio  il  Cardinale  Felice  Peretti 
col  nome  di  Sisto  V,  al  quale  erano  ben  noti  e  manifesti  i 
meriti  del  Boccacci ,  fu  questi  richiamato  a  Roma ,  ove  gli 
durò  la  vita  sino  al  1596,  lasciando  a  stampa  più  opere,  al- 
cune delle  quali  si  ebbero  1'  onore  di  ristampa  e  in  Italia,  ed 


(1)  Bibtiot:  élapol:  pag:  304* 

(i)  Degli  Scrittori  d' Italia  ete.  Voi:  II  Parte  3.  pa«.  1315. 

(3)  P*g-  *9>' 

(4)  Biblioteca  Picena  osia  NoHiie  delle  Opere  e  Scrittori  Piceni^  Osimo,  Quer- 

cctli  1790  —  179^'  Tom.  H.  pag:  273. 


88  FILIPPO  RAFFAELtl 

in  Germania.  Il  Conte  Mazzucchelli,  ed  i  Redattori  della  Biblio- 
teca Picena  ci  hanno  lasciato,  di  queste^  accuratissima  nota. 


XI. 


1571. 

AEGIDIANAE  |  CONSTITUTIONES  |  cum  ad- 
ditìonibus  |  Carpensibus  |  nunc  denuo  recognitae ,  et 
a  quampluribus  erroribus  expurgatae,  cum  glossis 
non  minus  doctis  quam  utilibus  praestan  |  tissimi  viri 
Gasparis  Caballini  de  Cingulo  |  Jurisconsulti  Picentis  | 
Cum  Indice  tam  Capitulorum  quam  Glossarum  loco- 
rum  insignium  |  Cum  Privilegiis  Summi  Pontificis  ( 
Et  Senatus  Veneti. 

Venettis  MDLXXI  (  senza  nome  di  Stampatore  )  ma  dal- 
l'impresa  tipografica  sotto  il  titolo  —  fontana  a  molti  getti 
entro  cornice  o  cartella  incartocciata  —  abbiamo  motivo  a  rite- 
nere uscita  dalla  pressa  di  Giovanni  Zenario,  perchè  simile 
impresa  la  sì  trova,  come  vedremo  al  N.  XVII,  nell'  Edizio- 
ne fatta  da  questo  Tipografo  nel  1605. 

L'  edizione  è  in  4.^  di  carte  8  in  principio  non  numerate, 
ma  quaderno  registrato  alla  stelletta  *,  le  quali  contengono  il 
frontespizio,  il  cui  verso  è  bianco,  la  2.*  carta  porta  la  lettera 
di  dedica  fatta  dal  Cavallini  — •  Sanctissitno  Domino  nostro  Pio 
V  Pontifici  Maximo  —  data  da  Venezia  «  Kalendis  Julij 
MDLXXI  J9,  la  quale  lettera  ha  termine  con  io  linee  nel 
verso  di  detta  carta.  Nella  carta  seguente  3  si  nel  retto,  che 
nel  verso  havvi  Avviso  al  lettore  —  Ad  lectorem  auctor  — 
Nella  4/  e  per  la  metà  della  5/  retto  si  riportano  due  Brevi 
di  Paolo  III  —  De  confirmatione  Aegidiarum  Constitutionum  — 
il  primo  dato  «  Romae  apud  5.  Marcum  jj}8  Tertio  Cai.  Au- 
gusti j»,  il  secondo  «  Perusiae  Die  X  Septemhris  1J44  ».  Al 
verso  poi  della  5/  carta  incomincia  l' indice  dei  Capitoli  che 


CONSTITUTIOKES    MARCHIAE  89 

prende  tutta  la  carta  6/  e  7/.  Neil'  8/  retto  si  trova  la  de- 
dica dei  due  primi  libri  delle  Costituzioni  e  delle  glosse,  che 
h  il  Cavallini  al  Cardinale  Alessandro  Farnese.  Nel  verso  tro- 
vasi incisa  in  legno  la  Giustizia  coronata  assisa  sul  dorso  di 
due  leoni,  alto  tenendo  con  la  mano  destra  la  spada,  e  colla 
sinistra  la  bilancia.  Nella  fascia  della  fronte  dell'  arco,  sotto 
coi  si  .trova  effigiata  la  Giustizia,  leggesi  —  lustitiam  diligite 
0  vos  qui  iudtcastis  ierram  —  Seguono  poi  le  Costituzioni , 
che  prendono  dalla  pag.  1/  alla  412.  Queste  sono  divise  in 
sei  libri,  il  i.**  di  Rubriche  22,  il  2.®  di  Rub.  55  ,  il  3.°  di 
Rub.  29,  il  4.''  di  Rub,  99,  il  5.*»  di  Rub.  31,  il  6.**  di  Rub. 
38.  —  Ogni  Rubrica,  o  meglio  Capitolo  è  seguito  dalle 
glosse. 

Abbiamo  superiormente  avvertito,  che  il  1.®  e  2.®  libro 
delle  Costituzioni  venne  dedicato  al  Cardinale  Alessandro  Far- 
nese. Ora  diremo,  che  il  3.°  libro  porta  in  fronte  il  nome 
del  Vescovo  Tuderte  Angelo  Cesi  con  lettera  data  —  PatavH 
decitno  Quinto  cakndas  Novembris  ijyo  —  il  4.®  libro  quello 
dell'Illustre  e  molto  Reverendo  Don  Ferdinando  Farnese  con 
epistola  datata  pur  da  Padova  nello  stesso  giorno  ed  anno 
della  precedente,  il  5.^  è  dedicato  con  lettera  data  —  Gardae 
apud  lacum  Btnacum  Decimo  cakndas  Novembris  1^70.  Reve- 
rendissimo  oc  illustri  D.  Ludovico  Caesio  Abbati  Clarevallis  Me- 
diai, et  Re.  Cam.  App.  Clerico  — ,  V  ultimo  libro  —  Super  iU 
lustri  Regimi  (sic)  de  quadraginta  Almae  Civitatis  Bononiae  — ^ 
datata  egualmente  da  Garda  sotto  l' istesso  giorno  ed  anno 
della  precedente. 

Dopo  le  Costituzioni  sono  12  carte  non  numerate,  le 
prime  io  delle  quali  porta  V 

€  Index  locorum  insìgnium  glossarum  Constitu- 
tìonum  9 

Tu.*  retto  il  Registro 

►$4   A  —  Z.Aa  —  Ee. 


90  FOIPPO  RAFFAELU 

tutti  quaderni  tranne  Ce  Dd.  Ee,  che  sono  ternL  Nel  verso 
di  detta  carta  è  riportata  la  figura  della  giustizia,  come  tro* 
vasi  al  principio,  al  verso  della  8/  carta.  L'  ultima  carta  è 
tutta  bianca. 

Se  una  tale  edizione  fu  appena  citata  dal  Manzoni  (') , 
dal  Bonaini  (') ,  e  dal  Berlan  (') ,  V  egregio  A w.  Foglietti 
non  si  rimase  alla  sola  citazione,  ma  con  quel  fine  ingegno, 
per  cui  tanto  si  distingue,  volle  dirci  delle  glosse,  e  del  com- 
mento del  Cavallini  per  £uiie  rilevare  il  merito  ed  i  difetti. 
Crediamo  pregio  di  questo  nostro  povero  lavoro  riportare  te- 
stualmente le  parole  del  Fc^lietti  (^). 

ff  Gaspare  Cavallini  di  Cingoli  vedendo  come  Sebastia- 
»  no  Napodano,  Andrea  d' Isemia,  e  Matteo  d'Afflitto  avessero 
ff  glossato  o  commentato  le  costituzioni  del  regno  di  Napoli; 
«  Niccolò  Bovio,  Andrea  Tiraquello,  Bartolomeo  Cassano,  Pie- 
«r  tro  Rebuffi  ed  altri  molti  le  consuetudini  firancesi;  Diego  Co- 
e  vamivia  le  leggi  Spagnuole ,  e  con  lui  altri,  e  vedendo 
«  come  nessuno  avesse  pensato  a  far  nulla  di  simile  per  le 
e  Egidiane,  mentre  poi  non  credeva  —  cum  in  ditùme  eule^ 
«  siastica  serventuTy  quodibi  non  adessent  viri  qui  et  sapientia  et 
e  longa  fori  experientia  praedictos  superarent  —  volle  tentare 
«  egli  r  impresa  — >  Afferma  nel  suo  discorso  al  lettore  — 
«  costitutUmes  ipsas  in  textu  a  quampluribus  erroribus  expurgaviy 
ff  invenv  sententias  aliquot  mutilaSy  quasdam  supervactiis  verbis 
«  abundare^  alibi  transposita  verba;  ut  ubique  lector  remorari  pos- 
«  sit  in  illarum  inUlligentiay  rute  atque  ordine  omnia  in  suam 
«  consonantiam  reduxi,  parentibus,  commatibus  ornavi  utfestivior 
«  atque  liberior  lectio  habeatur  — .  Questo  ci  pare  che  realmente 
«  l'abbia  fatto;  ma  quanto  al  suo  commento  od  alle  sue 
e  glosse  si  deve  riconoscere  che  esse  non  hanno  alcuna  im- 


(I)  Opt  cit:  Voi:  I  Parte  I:  p.  19. 
(3)  Op:  cit:  p.  75. 

(3)  Op:  cit:  p.  40. 

(4)  Op:  dt:  p.  41 


CONSTITUTIOKES    M ARCHI AE  9I 

«  portanza  storica,  e  nulla  ci  dicano  sopra  tante  cose  che 
«  egliy  più  vicino  ai  tempi  in  cui  la  compilazione  era  stata 
e  fatta,  e  con  tanta  maggior  copia  di  documenti  a  sua  dispo- 
c  sizione,  avrebbe  potuto  facilmente  chiarire  —  Nella  glossa 
«  al  capitolo  nono  informa  i  lettori,  che  la  costituzione  in 
e  esso  contenuta  non  era  più  applicabile  con  le  tre  precedenti 
«  nel  tempo  in  che  scriveva,  perchè  non  vi  era  più  nella  pro- 
a  vincia  alcun  presidato  —  Remanserat  solum  Praesidatus  Far^ 
«  ftnsis,  ti  residebai  judex  Ripae  Transonum  —  e  prosiegue 
«  più  sotto  —  Et  ut  nihil  poenitus  ignoretur  antiquitatis.  Judex 
9  praesidatus  multa  loca  sub  se  habebat  quae  loca  et  suos  judices 
«  babebant  cum  limitata  jurisdictione^  mandat  haec  constitutio 
«  etc.  —  Ecco  qual  cosa  egli  intendeva  per  una  dichiarazione 
•  completa  deli'  antichità  !  Il  commento  è  tutto  giuridico ,  e 
t  quale  erano  allora  i  più  dei  commenti,  ossia  zeppo  di  ge- 
r  neralità  spesso  estranee  alla  tesi,  ed  in  genere  poco  interes- 
«  sante  ed  utile  anche  nei  punti  che  meritano  giuridicamente 
«  di  essere  chiariti.  Eppure  il  Cavallini  doveva  essere  un  uo- 
c  mo  di  molti  studi,  di  molta  esperienza  ed  anche  in  genere, 
e  di  molto  buon  senso.  »        '  ' 

E  di  fatto,  noi  aggiungiamo,  era  Cavallini  praestantissimus 
lurisconsultuSy  come  il  dichiara  il  santo  pontefice  Pio  V.  in 
un  Breve  che  gli  ebbe  ad  indirizzare  il  17  Giugno  1567  — 
Nato  a  Cingoli  di  Giovan  Battista  Cavallini  e  di  Margherita 
Boccacci  prima  della  metà  del  secolo  XVI,  come  per  gli  studi 
di  lettere  fatti  in  patria,  ebbe  il  padre  scorto  nel  fanciullo  ele- 
vatezza d'  ingegno  e  buona  volontà  di  apprendere,  lo  mandò 
a  studiare  giurisprudenza  in  Pavia  ed  in  Perugia,  da  dove 
passò  air  Università  di  Macerata,  e  da  ultimo  a  quella  di  Bo- 
logna, nella  quale  Città  nel  1550  si  ebbe  a  Precettore  il  ce- 
lebre Gabriele  Paleotti,  il  quale  riguardò  mai  sempre  con  oc- 
chio di  singolare  benevolenza  il  Cavallini.  A  premura  di  detto 
precettore,  il  quale  venne  pur  promosso  alla  Porpora  Cardi- 
nalizia, il  Cavallini  si  ebbe  il  Governo  di  Savona  per  la  Re- 
publica  di  Genova,  quello  di  Piombino  per  Giacomo  di  Ara- 
gona Appiano,  quello  di  Fano  per  Lionello  di  Carpi  Signore 
di  Meldola«  Dopo  di  avere  sostenuti  con  assai  lode  tali  Go- 


9  a  FILIPPO  RAFFABLLl 

verni  tolse  in  moglie  Faustina  del  celebre  Egidio  Falcetta  da 
Cingoli  che  come  rimase  vedovo  si  die  alla  chieresia,  e  per 
i  suoi  singolari  meriti,  eletto  Vescovo  di  Caurli  nel  Veneto, 
assai  si  distinse  nel  Concilio  di  Trento.  Mancatogli  questa 
di  vita,  il  nostro  Gaspare  pensò  d'incamminarsi  per  la  via 
ecclesiastica,  e  a  tal  fine  si  portò  in  Padova  per  studiarvi  Teo- 
logia, anche  perchè  il  Pohtefìce  S.  Pio  V.  lo  incaricò  della 
correzione  e  riforma  dei  due  Trattati  di  Carlo  Molines  — 
Commerciorum  et  Usurarum  Dividui  et  Individui  —  Sceverati 
da  tante  erronee  proposizioni,  il  Cavallini  questi  riprodusse, 
ma  siccome  non  si  vide  di  questa  fatica  guiderdonato,  come 
lusingavasi,  abbandonò  il  pensiero  di  andare  innanzi  nella  via 
ecclesiastica.  Allora  passò  a  seconde  nozze  sposandosi  ad  An* 
tilia  di  Giovanni  Filippo  Benvenuti  anche  essa  di  famiglia 
air  ordine  dei  Patrizi  Cingolani.  Da  tali  matrimoni  il  Cavallini 
si  ebbe  più  figli.  Nel  1589  egli  cessò  di  vivere  al  mondo, 
non  alla  memoria  degli  uomini,  che  né  suoi  dotti  libri  ammi- 
rano tuttora  la  di  lui  straordinaria  dottrina.  I  benemeriti  col- 
lettori  della  Biblioteca  Picena  (')  ci  hanno  lasciato  di  questi 
grato  ricordo  con  averne  intessuto  accurato  catalogo. 


xn. 


CONSTITUTIONUM  |  AEGIDIARUM  (Seu) 
Marchiae  |  Anconitanae  |  Gap.  Ut  minonim,  XXV.  lib. 
V  dilucida  Commentarìa  in  decem  |  Glossas  digesta, 
continentia  quaestiones  utiles  in  praxi  |  et  theorica, 
quae  versa  pagina  indicantur.  |  A   Verginio  de  Boc- 


(1)  Op:  cit:  Tom.  HI  p.  195. 


CONSTITUTIONES    MARCHIAE  93 

catìis  a  Cingulo,  |  Jurisconsul.  Clarissimo,  et  in 
Romana  Curia  |  causarum  Patrono,  |  nunc  primum 
in  lucem  edita.  |  Cum  Summarijs  et  Indice  rerum  ac 
verborum  locupletissimo.  —  Cum  Privilegio. 

Sotto  il  titolo  impresa  tipografica  dei  Giunti  con  le  ini- 
ziali al  lato  del  Giglio  L.  A  (Luca  Antonio).  Più  in   basso 

Venetiis  apud  Juntas  •  M  •  DLXXVI. 

In  8.^  gr.  di  carte  non  numerate  32,  con  registro  ^  a-g 
duerni,  e  numerate  solo  nel  retto  i  -  220  con  registro  A  •  Z* 
A  a- E  e.  tutti  quaderni. 

Nella  prima  carta  retto  frontespizio;  verso,  i  titoli  delle 
questioni  sopra  i  Commentari  svolte  in  dieci  Glosse.  La  2^ 
carta  ed  il  retto  della  3.»  fin  sotto  alla  metà,  lettera  di  dedica  — 

S.  D.  N.  Gregorio  XIII.  |  Pontifici  Opt.  |  Maximo- 
que—  data  —  Romae  Kal.  Aprilis  Anno  MDLXXIIU. 

Bianco  è  il  verso.  Nella  carta  4.*  retto,  si  porta  il  tenore 
della  Costituzione  —  Quae  forma  sit  servanda  in  alienationi" 
bus  et  contractibus  Minorum  et  Mulierum  — ,  la  quale  costitu- 
zione forma  la  Rubrica  XXV  del  Libro  V,  nel  verso  il  Proe- 
mio. Alla  carta  5*  retto  fin  quasi  alla  metà  del  verso  della 
carta  32  viene  V —  Index  copiosissimus  rerum  ac  verborum  no- 
tatù  dignorum^  serie  alphabetica  contextus.  —  In  calce  di  detto 
indice  è  il  registro  dell*  Opera  sopra  riferito.  Nel  retto  della 
carta  numerata  i  comincia  il  Commento  alla  Costituzione 
XXV  del  Libro  V  sulla  forma  da  osservarsi  nei  contratti  dei 
Minori,  e  delle  Donne,  quale  Commento  termina  a  due  terzi 
della  carta  retto  220,  rimanendo  poi  bianco  il  verso.  Il  Com- 
mento, come  si  è  detto,  viene  diviso  in  dieci  glosse  :  la  '  i* 
di  Rubriche  29.,  la  2*  di  94.,  la  3^  di  142.,  la  4*  di  92.,  la 
5*  di  47.,  la  6*  di  177.,  la  7*  di  37.,  l'S*  di  310.,  la  9*  di 
77.,  e  la  IO*  di  45. 


94  FILIPPO  RAFFAELLI 

Dopo  quanto  sul  pregio  di  quesc'  Opera  ne  ha  scritto  il 
più  volte  encomiato  Sig.  Aw.  Foglietti  ('),  non  crediamo  di 
aggiungere  parole.  Accennata  fii  questa  edizione,  ma  non  esat- 
tamente dal  Bonaini  (^),  con  fedeltà  ci  fu  però  dato  il  titolo 
dal  Manzoni  ('),  e  dai  Collettori  della  Biblioteca  Picena  (^). 


xm. 

I  5  76. 

CONSTITUTIONES  |  Marchiae  I  Anconitanae  | 
Ab  Aegidio  olim  compilatae,  et  |  per  Verginium  Boc- 
catium  I  luriscons.  Clarissimum.  |  Nunc  recens  perspi- 
cuis  Commentarijs  illustratae.  |  Cum  Summarijs  et 
Indice  rerum  ac  Verborum  locupletissimo.  |  Cum 
privilegio. 

Impresa  tipografica  Giuntina,  come  alla  precedente,  quin- 
di nota 


Venetiis.  Apud  luntus  MDLXXVI.  in  4. 


to 


Questa  edizione  tanto  nel  numero  delle  carte,  quanto 
nella  forma  dei  caratteri,  e  disposizione  della  materia  in  essa 
trattata,  non  presenta  diversità  dalla  edizione  superiormente 
descritta.  La  differenza  trovasi  soltanto  nel  titolo  ,  nel  non 
portare  nel  verso  della  i.^  carta  gli  argomenti  delle  questioni 
svolte  nelle  dieci  glosse,  nella  data  della  lettera  di  dedica  a 
Gregorio  Papa  XIII. ,  la   quale   se   nella  edizione  precedente 


(1)  Op.  cit.  ptgg:  43  e  44.»  note  44  e  47* 
(a)  Op.  cit.  ptft:  75. 

(3)  Op.  dt.  Voi:  I  Parte  I.a  pag.  19.  N.  VII. 

(4)  Tomo  II.  pag.  374.  n.  a. 


CONSTITUTIONES    MARCHIAE  95 

abbiamo  veduto  essere  —  Kal,  Aprilis  Anno  MDLXXUII,  in 
questa  Romat  KaL  Maij  Anno  MDLXXVI.  Cosi  in  questa 
edizione  il  tenore  della  Costituzione  è  antemesso  al  Proemio» 
il  quale  trovasi  chiuso  da  cornice  a  semplice  filetto ,  o  linea 
sottilissima.  Altra  piccola  diversità  si  scorge  ancora  nella  let- 
tera capitale  E(tsi)  della  Dedica,  mentre  nella  presente  edizione 
misura  mm  42  X  40,  ed  è  elegantissima  negli  arabeschi,  nella 
precedente  alquanto  rozza  e  più  piccola,  mm.  38  X  35* 

Né  dal  Bonaini,  dal  Manzoni,  né  dai  Collettori  della  BU 
hlioteca  Picena  viene  registrata  questa  Edizione,  è  ricordata 
però  dal  Foglietti  (').  Un  esemplare,  rattoppato  nel  frontespi- 
zio conservasi  in  questa  Comunale  Biblioteca  di  Fermo  al 
N.  15824. 

XIV. 
I  6  8  I  . 

Annotationes  |  cum  Additìonibus  |  in  Constitu- 
tione  i  Aegidiana  seu  L.  |  unica  C.  si  de  mom.  |  poss. 
fiier.  appcL  |  Vergimi  de  Boccatiis  |  a  Cingulo  I.  C. 
Romani  |  nmic  primum  in  lucem  editae.  |  Quae  an- 
tera contineantur  in  (  Additionibus,  post  sequentem 
paginam  demonstrabitur.  |  Adiecto  insuper  Indice  |  re- 
rum ac  verborum  locupletissimo. 

Sotto  questo  lungo  titolo  Stemma  di  Giacomo  Boncom- 
pagni  Generale  Governatore  di  S.  Chiesa.  Più  in  basso. 

Maceratae  |  ex  Typographia  Sebastiani  Martelli- 
ni  I  M.  D.  LXXXI.  |  D.  D.  Superiorum  licentia  ob- 
tenta. 


(1)  Op.  ctt.  ptg.  43.  0.  44. 


96  nUPPO  tATFAELU 

Edizione  in  4.<*  Al  riferito  titolo  tiene  sonito  neUa  2.*  carta 
lettera  di  dedica 

Illustriss  ■"  et  Eccellentiss.""  |  Domino  D.  Jacobo  | 
Boncompagno  Duci  Sorae  |  Marchioni  Vignolae  |  et 
S.  R.  Ecci.  Generali  |  Gubematorì  |  meritìssimo. 

Nella  3/  carta 

Index  eorum  («^)  quae  continentur  in  additio- 
nibus. 

le  quali  sono  19.,  la  carta  4.*  è  bianca. 

In  caratteri  cancellereschi,  come  sono  quelli  della  lettera 
di  dedica,  viene  a  pagina  numerata  i  /  la  Prefazione,  intestata 

Annotationes  |  cum  Additionibus  | 

in  Cap.  IL  Lib.  FI.  (  dal  Mazzucchelli  negli  Scrittori  S  Ita- 
lia (')  per  equivoco  VII  ) 

Constitutionum  |  Aegidiarum  ]  Seu  L  unicae  C. 
Sì  de  mom.  |  possessione  fiierìt  appellatum. 

Alla  pag.  numerata  3/  cominciano  le  annotazioni  con  le  ag- 
giunte, le  quali  terminano  quasi  alla  fine  della  pag.  88.%  con 
le  parole 

Laus  et  gloria  perpetua  sit  Sanctissimae  Trinitati, 
et  glorìosissimae  Virgini  Mariae. 

Le  susseguenti  carte  8.  non  numerate  sino  al  retto  del* 
r  ultime  portano. 


(1}  Voi.  II.  Parte  3.*  pag.  I5t3« 


CONSTITUTIONES    MARCHIAE  97 

Index  I  copiosissìmus  |  rerum  et  verborum  J  nota- 
tu  dignorum  quae  |  in  bisce  annotatio  |  nibus  et  ad- 
ditionì  I  bus  continentur  I  Serie  Alfabetica. 


U  verso  poi  di  detta  ultima  carta  non  numerata  8/  pre- 
senta, prima  il  Registro  *  A  -  N. 

Omnia  sunt  folia  integra 

(  cioè  duerni  ) ,  quindi  una  linea ,  sotto  la  quale  l' impresa 
dello  Stampatore  entro  cornice  che  misura  mm.  68  X  6o, 
raffigurante  un  tripode  con  sopra  V  incudine,  due  martelli,  un 
serpe  attortigliato  che  brucia  fra  le  fiamme.  Fuori  della  cor- 
nice il  motto 

Malleolis  vincitur  invidia 

cioè  a  sinistra  Malleolis,  sopra  Vincitur,  a  destra  Invidia.  Do- 
po una  tale  impresa  la  nota  tipografica 

Maceratae  |  ex  typographia  Sebastiani  Martellini  | 
M.  D.  LXXXI. 

Poi  altra  linea,  sotto  la  quale  finalmente 

De  licentia  DD.  Superiorum. 

Bello  è  r  esemplare  esistente  in  questa  comunale  Biblio- 
teca di  Fermo  al  N.  14865  ,  ricoperto  a  sola  pergamena. 

Anche  questa  Edizione  rimase  sconosciuta  al  Bonaini,  al 
Manzoni ,  ai  Collettori  della  Biblioteca  Picena ,  non  che  al 
Sig.  Foglietti.  Quest'  opera  non  è  che  ristampa  in  parte  di 
quella  già  da  noi,  sebbene  respinta ,  registrata  sotto  V  anno 
1542  al  N.  Vili,  e  deir  altra  accuratamente  descritta  all'  an- 
no 1570.  N.  X.  Abbiamo  detto  ristampa  in  parte,  poiché  in 
questa  sono  state  portate  delle  aggiunte,  come  rilevasi  dal 
titolo. 

Archivio  Storico  II.  **  7* 


98  FILIPPO  RAFFAELLi 

Annotationes  cum  additìonibiis  etc. 

E  giacché  la  buona  ventura  ci  ha  portato  innanzi  una 
bella  ed  elegante  Edizione  Maceratese ,  non  possiamo  rima- 
nerci dal  notare»  avere  errato  il  benemerito  Bibliofilo  redat* 
tore  del  Dìctionairt  de  Geograpbie  ancienne  et  moderne  à  V  u- 
sage  du  Libraire  j  et  de  ?  amateur  des  Limes  (')  con  aver 
detto  sulla  fede  del  Falkenstein  ('),  che  la  Stamperia  a  Ma- 
cerata risale  al  1575»  e  che  il  primo  ad  esercitarvi  T  arte  sia 
stato  Sebastiano  Martellini. 

Per  notizie  da  noi  raccolte  sembra  certo  che  a  Macerata 
non  si  aprisse  officina  tipografica  anteriormente  alla  metà  del 
Secolo  XVI»  e  che  il  primo  ad  esercitarvi  1'  arte  si  fosse  il 
Mantovano  Maestro  Luca  Bino.  Troviamo  in  fatto  nel  Libro 
delle  Riformagioni  di  quel  Comune  dell'anno  155 1  a  foglio 
49  retto  la  convenzione  che  ai  14  di  Agosto  di  queir  anno 
si  stipulò  —  inter  Civitatem  et  Magistrum  Lucam  de  Binis  Man- 
tuanum  impressarem  conductum  prò  tribus  annis  cui  assignentur 
florenos  viginti  quinque  prò  pensione  domus  conducta  Domino  Ioanne 
Andrea  Floriano  de  Sancto  Severino  sita  in  quarterio  S.  Ioanis 
iuxta  Nardum  Berardini  et  fratres  ac  beredes  Alexandri  Floriani 
cum  poeto  quod  D.  Mag.  Lucas  habeat  servitutem  acque  in  domi- 
bus  novis  habitatis  a  D.  Angelo  Androtio  de  Monticulo  per  Stra- 
tam  publicum  eundo  ad  d.  domos.  —  È  d^  avvertire  peraltro  che 
il  Comune  sin  dal  1547  andava  in  traccia  di  uno  Stampatore, 
che  potesse  esercitare  V  arte  sua  in  quella  città,  poiché  in  detti 
libri  delle  Riformagioni  sin  dal  12  Ottobre  di  quell'  anno  si 


(i)  BiHt,  Firmin  Didotftére$  1870  in  4.  coli.  783.  Sebbene  oltremodo  prege> 
Tole  Aia  questo  Repertorio»  tuttavia  oon  pocbi  errori  ed  inesattezze  in  esso  s' incon- 
trano. L' illustre  ed  eruditissimo  Salvatore  Bongi  prese  a  lare  di  questo  libro  accurata 
rassegna,  che  pubblicò  nelIMrcA/yio  Storico  Italiano,  Serie  Ter^a,  T.  XI.  P.  II.  Fh- 
reu{e.  Tipografia  Galileiana,  1870,  alla  quale  rimandiamo  i  cortesi  lettori. 

(2)  Gecschiehte  der  Buchdrokerkunst  in  ihrer  Entttehung  und  Autbildung,  Ein 
Denkmal  ^ur  vierten  Sacular  -  Feier  der  Erfindung  der  Typographie.  Leipzig, 
Verlag  und  Druck  von  B.  G,  Teuhner,  1840  in  4.  P.  II.  pag.  laa.  Pregevolissima  o- 
pera  che  riassume  i  principali  scritti  sino  ad  ora  pubblicati  sulla  introduzione  dell'  arte 
della  Stampa  nei  dififerenti  paesi  d' Europa,  e  delle  altre  parti  del  mondo,  cominciando 
dall'AIemagna  <f  cu,  dice  il  Branet  Tom.  II.  coli.  1173  #  P  auteur  Parrete  avec  une 
complaitance  que  nout  ne  taurions  bldmer.  » 


CONSTITUTIONES    MARCHIAB  9<) 

trova  decretato  — *  Quod  si  stampator  se  conduxerit  ad  eius  artem 
stampe  exercendanty  Comunitas  teneatur  eidem  solvere  decem  flore- 
nos  prò  pensione  domus  prò  uno  anno ,  et  in  posterum  quolibet 
anno.  — 

Ci  piace  ancora  di  osservare  che  Io  Stampatore  Maestro 
Luca  nel  1554  fu  eletto  a  Bidello  dello  Studio;  che  alla  morte 
di  lui  gli  venne  surrogato  ai  13  Aprile  1569  Sebastiano  di 
Pietro  Martellini  di  Macerata,  allievo  nell'  arte  tipografica  di 
detto  Maestro  Luca,  del  quale  Sebastiano  Martellini  si  fa  ri- 
cordo in  una  Risoluzione  del  25  Agosto  1569  (').  Il  Martel- 
lini ebbe  poi  a  compagno,  quindi  a  successore  nella  tipografia 
il  veneto  Pietro  Ferri,  ciò  rilevando  da  altra  Risoluzione  Con« 
siliare  del  22  Novembre  1605,  con  la  quale  gli  viene  accor- 
data per  dieci  anni  V  esenzione  al  pagamento  delle  Gabelle  (^). 
Cosi  finalmente  lo  troviamo  unito  ad  un  tale  Gio  :  Battista 
Bonhomini,  nella  stampa  —  Descrittione  et  Dichiaratione  dell*  arco 
eretto  in  Macerata  nell'  ingresso  dell'  Illustrissimo  e  Reverendissimo 
Sig.  Cardinale  Pio  Legato  della  Marca  à  24  di  Giugno  1621  — 
In  Macerata,  appresso  Bastiano  Martellini  e  Gio  :  Battista  Bonho- 
mini 16 21  in  8J^  di  carte  16.  — 

Ma  non  è  qui  luogo  intrattenerci  più  a  lungo  sopra  i 
Tipografi,  che  esercitarono  Y  arte  loro  a  Macerata.  Essi  entre- 
ranno più  dettagliatamente  in  altro  nostro  studio.  —  Sopra 
V  introdu:(ione  dell'Arte  tipografica  nelle  diverse  città  della  Marca. 
A  noi  basta  V  avere  dimostrato  che  il  Martellini  non  fu  V  intro- 
duttore della  tipografia  in  Macerata,  ma  che  egli  fosse  il  secondo 
dopo  il  Mantovano  Maestro  Luca  Bino. 


(t)  V.  Riformaziooi  di  detto  Anno  1554  fol.  143  recto  —  1568  fol.  10  recto  — 
i$6q  foK  19^  recto. 

(3)  V.  d.  Rirorm.  Anoo  1605  fol.  149  recto. 


100  FILIPPO   RAFFAELLl 


XV. 


iS8s. 

AEGiDiANAE  j  CONSTITUTIONES  I  cum  additio- 
nibus  Carpensibus  |  nunc  denuo  recognitae  et  quam- 
pluribus  erroribus  expurgatae  |  cum  glossis  non  minus 
doctis  quam  utilibus  |  praestantissimi  Viri  Gasparis 
Caballini  de  Cingulo  |  Jurisconsulti  Picentis.  —  Cum 
indice  tam  Capitulorum  quam  Glossarum  iocorumque 
insignium. 

Venetiis.  M.  D.  LXXXV.  Senza  nome  di  stam- 
patore in  fol. 

Questa  edizione  non  è  che  una  fedele  ristampa  di  quella 
già  descritta  sotto  il  N.  XI.  dell'  anno  1571.  È  ricordata  dal 
Manzoni  (')  e  sulla  fede  di  questi  dal  Foglietti  ('). 

XVI. 
1588. 

AEGIDIANAE  CONSTITUTIONES.  etc. 

Non  ne  ripetiamo  il  titolo,  perchè  tale  edizione  è  simile 
alle  precedenti  1571,  e  1585.  Viene  ricordata  dai  Collettori 
della  Biblioteca  Picena  Q),  dal  Foglietti  (♦),  dal  Berlan  ($),  dal 


(I)  Op.  dt.  Voi:  1  Ptrte  I.  pag:  19.  n.  Vili, 
(a)  Op.  cit.  pag:  44.  Dota  47. 

(3)  Tom.  III.  pag.  194.  n.  a. 

(4)  Op.  cit.  pag.  44.  nota  47. 

(5)  Op.  cit.  pag.  4. 


coNSTrnmoNcs  marchiae  ioi 

Bonaini  ('),  e  dal  Manzoni  ('),  il  quale  falsamente  crede,  che 
la  data  di  questa  stampa  sia  errore  tipografico,  e  si  sia  volu- 
to ricordare  la  precedente  edizione  del  1585.  Esemplari  poi 
con  la  data  1588  si  trovano  nella  Biblioteca  Comunale  di 
San  Severino  (  Marche  ),  ed  in  quella  di  nostra  Famiglia  a 
Cingoli. 


XVII. 
1605. 

AEGIDIANAE  |  CONSTITUTIONES  |  cum  ad- 
ditionibus  |  Carpensìbus  |  nunc  denuo  recognitae  et 
quam  |  pluribus  erroribus  expurgatae  cum  glossis  non 
minus  doctis  quam  |  utilibus  praestantissimi  viri  Ga- 
sparis  Gaballini  (51V)  de  Gin  |  gulo  iurisconsulti  Pi- 
centis.  I  Cum  indice  tam  capìtulorum  |  quam  glossa- 
ram  locorumque  insignium.  |  Cum  privilegiis  Summi 
Pontificis  I  et  Senatus  Veneti. 

Venetiis.  MDCV.  Apud  Joannem  Zenarium.  in  fol. 

Questo  titolo  leggesi  nel  retto  della  prima  carta  fregiata 
dell'  insegna  del  tipografo ,  che  era  una  fontana  a  molti  getti 
entro  cornice  o  cartella  accartocciata,  simile  a  quella  che  ab- 
biamo trovata  nella  Edizione  senza  nome  di  stampatore  al 
N.^  XI.  Anno  1571.  Il  verso  di  essa  carta  è  bianco.  Le  due 
pagine  della  seconda  contengono  un  discorso  dell'  Autore  al 
Lettore  —  Ad  Leciorem  Auctor ,  —  in  cui  si  dà  ragione  del- 
l'opera.  Seguono  i  brevi  del  Pontefice  Paolo  III,  che  confer- 
mano la  riforma  delle  Costituzioni  fatta  dal  Cardinale  Rodolfo 


(1)  Op.  cit.  pag.  75. 

(t)  Op.  e  luogo  sopra  citato. 


102  I^ILIPPO  RAFFAELtl 

da  Carpi,  a'  quali  tien  dietro  Y  Indice  dei  Capitoli,  che  ripar- 
tono la  raccolta.  Le  Costituzioni  hanno  principio  alla  pagina 
numerata  i,  essendo  tutte  le  precedenti  senza  numero,  e  tali 
Costituzioni  continuano  fino  alla  pag.  412.  Dopo,  si  trovano 
altre  dieci  carte  non  numerate,  le  quali  portano  l'indice  — 
Locorum  insignium,  glossarum^  constitutionum  —  L'  prdine  della 
raccolta  non  è  variato  nei  Sei  Libri;  le  glosse  del  Cavallini 
sono  Capitolo  per  Capitolo;  le  Costituzioni,  le  glosse,  e  gli 
indici  sono  stampati  a  due  colonne  per  ciascuna  pagina. 

Questa  Edizione  è  ricordata  da  tutti  i  Bibliografi  più  volte 
sopranominati,  ed  un  beli'  esemplare  noi  vedemmo  nella  ricca 
Collezione  Statutaria  presso  gli  Archivi  di  Stato  Romano. 


Indulgentia  dignus  est  labor  arduus 

Con  queste  parole  poniamo  fine  alla  rassegna  bibliografica 
di  tutte  le  Edizioni  delle  celebri  costituzioni  della  marca  dette 
EGiDiAKE,  delle  quali  soltanto  9  furono  note  al  Bonaini,  7  al 
Berlan,  11  al  Foglietti,  13  al  Manzoni,  ma  da  tutti  non  esat- 
tamente e  bibliotecnicamente  descritte  ed  illustrate,  come  noi 
ci  siamo  peritati  di  fare,  portando  inoltre  il  numero  di  esse 
a  17.  Se  con  questo  lavoro  abbiamo  bene  o  nò  incominciato 
a  dare  una  Bibliografia  Storico -artistica,  letteraria,  scientifica, 
e  biografica  della  Provincia  Maceratese,  ci  riportiamo  al  giu- 
dizio dei  cultori  di  siffatti  generi  di  studi.  Il  nostro  buon  vo- 
lere presso  questi  ci  scusi,  ripetendo  ancora  una  volta  —  In- 
dulgentia dignus  est  ìabor  arduus. 


UN  UMANISTA  FABRIANESE 


del  secolo  XIV. 


GIOVANNI  TINTI 


Dell*  uomo,  il  di  cui  nome  leggesi  in  fronte  a 
queste  pagine,  il  tempo  ha  nel  suo  corso  ravvolti  di 
si  fatta  oscurità  il  ricordo  e  gli  scritti ,  che  il  ride- 
star r  uno  ed  il  ricercare  gli  altri  potrebbe  da  taluno 
giudicarsi  vana  ed  inutile  impresa.  Il  timore  che  al- 
tri esprima  consimil  parere  non  mi  trattiene  però 
dal  rendere  di  publico  diritto  i  documenti  che  sul 
Tinti  mi  avvenne  di  raccogliere;  per  quanto  infatti 
essi  né  siano  in  gran  copia  né  di  molto  rilievo,  pu- 
re ho  fede  non  debbano  essere  sdegnati  da  coloro, 
ai  quali  precipuamente  si  rivolgono;  a  coloro,  inten- 
do, che  dalle  indagini  istituite  intorno  all'  origine  ed 
alle  vicende  del  classico  risorgimento  hanno  appreso 
quanto  mal  nota  ne  sia  ancora  la  storia  per  quel  no- 
tevolissimo periodo,  che  abbraccia  le  ultime  decadi 
del  secolo  decimoquarto.  Quel  largo  movimento  di 
pensiero  e  di  ricerche  che,  auspici  i  grandi  dotti  fio- 
rentini, si  diffonde  in  tutta  la  penisola  sul  morir  del 
trecento  non  è  oggi  per  verità  se  non  in  poca  parte  co- 
nosciuto, mancandoci  ancora  sopra  quasi  tutti  coloro 


104  FRANCESCO  NO  VATI 

che  ne  furono  i  propagatori  e  gli  ausiliatori  più  o 
meno  famosi,  esatte  e  particolari  notizie.  Che  se  la 
fine  del  sec.  XIV  ci  offre  da  un  lato  lo  spettacolo 
della  decadenza  della  letteratura  volgare;  se  in  que- 
gli anni  che  seguono  alla  scomparsa  del  Petrarca  e 
del  Boccaccio,  il  gran  fiume  della  poesia  trecentista,  si 
copioso  d'  acque,  lo  vediam  perdersi  quasi  disseccato, 
nelle  desolate  aridità  dei  poemi  allegorici,  calcati  sul 
modello  della  Commedia  o  dei  Trionfi^  nella  vacuità 
monotona  dei  canzonieri  amorosi  esemplati  sul  petrar- 
chesco; ci  si  presenta  però  contemporaneamente  d'altra 
parte  un  quadro  più  lieto.  Questa  età  non  ha  dato  veri 
poeti,  ma  ha  prodotto  invece  una  ingente  schiera  di  dot- 
ti, non  prepotenti  tutti  d' ingegno,  ma  tutti  infaticabili 
allo  studio;  talché  se  Leonardo  Aretino,  se  il  Poggio, 
se  il  Loschi  (per  ricordarne  qualcuno),  adolescenti, 
vincono  già  in  dottrina,  e  lo  sanno  e  lo  dicono,  il 
Boccaccio  ed  il  Petrarca,  di  ciò  é  da  ricercare  in  gran 
parte  la  cagione  neir  insegnamento ,  nell'  esempio , 
nelle  cure  sollecite  e  sapienti  di  cui  circondarono  i 
loro  inizi  gloriosi  quegli  uomini,  dei  quali  la  fama  si 
ecclissò  e  scomparve  dinnanzi  alla  grandissima  che  i 
discepoli  raggiunsero.  Io  spero  fra  non  molto  di  mo- 
strar raggruppata  intorno  al  più  illustre  di  loro,  al- 
l'erede del  Petrarca,  Coluccio  Salutati,  codesta  schiera 
di  dotti  modesti  e  dimenticati.  Dal  lor  numero  intanto 
trascelgo,  né  mi  curo  nasconderlo,  un  gregario:  ma 
in  questo  Archivio,  indirizzato  ad  illustrare  la  storia 
civile  e  letteraria  delle  Marche,  ciò  che  noi  verremo 
ora  esponendo  intorno  all'  oscuro  letterato  fabriane- 
se  non  troverà  certo  né  impazienti ,  né  sdegnosi  i 
lettori. 


UN  mSANISTA  PABRIANESC  IO5 


L 


La  famiglia  dei  Tinti  contava  già  nel  trecento 
fra  le  illustri  fabrìanesi  secoli  di  esistenza  non  in- 
gloriosa. Fino  dal  sec.  XII  la  sua  sorte  erasi  colle- 
gata infatti  a  quella  dei  valorosi  guerrieri  che  dove- 
vano, duecent'  anni  dopo,  assumere  il  dominio  della 
patria,  i  Chiavelli:  e  gli  storici  di  Fabriano  ci  hanno 
serbato  ricordo  come  al  fianco  di  Ruggero  Chiavelli, 
quando  del  1180  egli  cinse  Rimini  d'  assedio^  com- 
battesse, non  ancor  quadrilustre,  Antonio  Tinti ,  do- 
tato di  cosi  straordinaria  vigoria  di  braccio  che  non 
solo  uccise  cinque  nemici,  da  lui  V  un  dopo  V  altro 
provocati,  ma,  salito  il  primo  sulle  mura  della  città 
assediata,  ne  procacciò,  spalancandone  le  porte,  ai 
suoi  concittadini  V  acquisto.  (') 


(I)  Ved.  O.  MARCOALDI,  Guida  e  Statistica  della  Città  e  Comune 
di  Fabriano  (  Fabriano,  Crocetti,  1874  ),  Voi.  I,  p.  70  e  segg.  Non  ci  è  però 
riuscito  di  ritrovare  nei  pochi  libri,  che  fra  i  moltissimi  da  Fabrìanesi  det* 
tati  ad  illustrazione  delle  patrie  glorie,  uscirono  sin  qui  per  le  stampe, 
notìzia  di  altri  membri  di  questa  famiglia  che  per  virtù  militari  o  civili  si 
rendessero  illustri.  Del  resto  il  nome  dei  Tinti  ricorre  raramente  anche 
nelle  Carte  Diplomatiche  Fabrianesi,  che  A.  ZONGHI  raccolse  ed  illustrò, 
le  quali  formano  il  secondo  txsmo  della  Collezione  di  docum,  stor.  ani, 
inediti  ed  ed,  rari  delle  città  e  terre  marchigiane  (  Ancona  ,  1872  )  e  van- 
no dal  xoii  al  1299.  Non  è  probabile  infatti  che  alla  gente,  dalla  quale 
il  Nostro  discese,  appartenessero  cosi  quel  Ioannes  o  Ioannutius  Tinti  e  quel 
Settonus  Tinti  che  insieme  agli  altri  abitanti  del  Castello  di  Chiaramonte  fe- 
cero nel  1220  atto  di  sommissione  al  Comune  di  Fabriano  (  o.  e  Doc. 
LXXV,  p.  io4  e  LXXVII,  p.  107  ),  dopoché  Attone  e  Bartolo  di  Ugolino 
ebbero  ass<^ettata  al  detto  Comune  la  terza  parte  di  quel  castello.  Ma  si 
può  invece  riconoscere  un  antenato  di  Giovanni  in  quel  dominus  StéRu- 


loé  PRANCCSCO  KOVATI 

Che  da  questa  schiatta  di  generosi  nascesse  Gio- 
vanni ci  sembra  fuori  di  dubbio  ;  ma  da  qual  padre 
ed  in  qual  anno,  mal  sapremmo  indicarlo.  E  però  as- 
sai probabile  che  egli  vedesse  la  luce  nella  seconda 
metà  del  trecento,  avendo  noi  ragione  di  credere  che 
la  sua  vita  siasi  prolungata  fino  al  quarto  o  quinto 
lustro  del  secolo  seguente. 

Se  i  nostri  calcoli  pertanto  non  vanno  errati,  la 
adolescenza  e  la  prima  giovinezza  del  Tinti  sareb- 
bero trascorse  in  quel  ventennio,  tempo  fra  tutti  per 
Fabriano  fortunatissimo,  nel  quale  sotto  la  indiretta 
dominazione  de*  più  miti  fra  i  Chiavelli,  la  città  po- 
sò, sopite  le  intestine  discordie  e  le  esterne  insidi^, 
in  tanta  pace,  che  vi  <c  augumentarono  incredibil- 
mente le  ricchezze,  le  genti  et  le  virtù  »  (').  Fabriano 
andò  allora  altera,  lo  narra  il  Sansovino,  di  ospitare 
entro  le  sue  mura  una  eletta  di  patrizi  e  di  dotti  : 
«  v'  erano  ventiquattro  Cavalieri  a  spron  d'  oro ,  al- 


to Tinti,  che  del  1290  apparisce  fra  i  fideiussori  del  G)mune  verso  Aga- 
pito G>lonna,  Vicario  Generale  nella  Marca  Anconitana  (  o.  e.  Doc.  CCLIV, 
p.  289).  Un  Tinti  appare  pure  fra  i  venditori  di  una  casa,  comperata  nel  1255 
dal  Comune  per  fabbricare  il  Palazzo  publico;  ma  non  saprei  dire  se  egli» 
come  i  suoi  fratelli  Venturello  e  Bartolo  e  le  sorelle  Nuccia  e  Granuccia 
di  Marsilione  di  Giovanni,  fosse  o  no  della  casata  dei  Tinti  (  o.  e.  Doc.  CL- 
XXV,  p.  2x5  );  giacché  il  nome  di  Tinto  lo  troviamo  portato  da  molti  di 
famiglie  diverse  (ved.  così  o.  e.  p.  295,  296,  305  etc.)  Forse  un  nepote  del 
Nostro  fu  quel  Giacomo  Tinti,  notaio,  che  rogò  in  Fabriano  dal  1454  al 
i48o  (  ved.  MARCO AyDI  o.  e.  p.  311  ),  e  che  nel  i48i  essendo  consiglie- 
re del  suo  comune,  fii  eletto  ambasciatore  della  città  a  Roma,  per  riavere 
il  corpo  di  S.  Romualdo.  Ved.  ZONGHI.  Documenti  storici  fàbrianesi,  Fa- 
briano, 1881,  pag.  23  e  seg.  Di  un  altro  Giacomo  di  Giovanni  Tinti  , 
esso  pure  nouio  dal  1528  al  1549,  è  fatto  ricordo  ibid.  p.  312. 

(I)  F.  SANSOVINO,   Origini  e  fatti  delle  famiglie  illustri  d* Italia 
(  Venezia,  Combi,  MDCLXX  ),  p.  303.  Cfir.  MARCOALDI,  o.  e  p.  6. 


tTN  tlMANISTA  FABRIANESE  tO? 

trettanti  Dottori,  sette  eccellenti  Medici;  et  nove  Ca- 
pitani con  somma  lode  loro  guerreggiavano  in  di- 
verse parti  d' Italia  (").  »  Ma,  non  men  che  i  guer- 
rieriy  rendevano  intanto  famoso  al  di  fuori  il  nome 
della  loro  patria  i  dotti  :  dalle  cattedre  di  vari  studi 
italiani  suonava  riverita  la  voce  di  Giovanni  Bec- 
chetti (*);  e  il  doloroso  senso  di  pietà  e  di  racca- 
priccio, che  r  annunzio  delle  orride  stragi  cesenati 
aveva  gettato  negli  animi  degli  Italiani,  trovava  una 
manifestazione  efficace  nel  dialogo  famoso  di  ser  Lo- 
dovico da  Fabriano.  (')  Che  V  amore  alla  scienza 
scendeva  e  si  diffondeva  dall'  alto  :  nella  principesca 
loro  dimora  i  Chiavelli  ragunavano  una  preziosa  bi- 
blioteca, troppo  presto  ed  in  troppo  tragica  guisa  di- 
spersa; (f)  e  nelle  aule,  dove  correvano  i  petrarche- 
schi sospiri  di  Livia  Chiavelli,  (^)  cresceva  queir Alber- 


(1)  id.  ibid. 

(2)  Ved.  O.  MARCOALDI,  o.  e.  p.  4;  e  TORELLI ,  Ristretto  delle 
ViU  degli  huomini  e  delle  donne  illustri  in  Santità  dell*  ord.  Agostiniano 
(  Bologna,  Monti,  1647  ),  cap.  LIX,  p.  299.  Cfr.  anche  TIRABOSCHI,  Stor. 
della  leti,  ital  Lib.  II,  I.  V,  p.  121  {Modena,  1775  ). 

(3)  Ved.  Appendice  I. 

(4)  Alberghetto  II  fu  amantissimo  «  di  raccoglier  libri,  componendo 
con  ingenti  somme  una  scelta  e  ricchissima  biblioteca;  parte  della  quale 
fu  barbaramente  disthitta  dalle  fiamme,  che  i  ribelli  Fabrianesi  appiccarono 
all'archivio  e  alla  cancellerìa  de* massacrati  Chiavelli  nel  1435,  e  parte 
quindi  andò  venduta  a  Federigo  d*  Urbino  ».  MARCOALDI,  o.  e.  p.  52  e 
cfr.  qui  p.  118. 

(5)  Livia  Chiavelli,  moglie  a  Chiavello  di  Guido  Chiavelli  (  f  io 
Gennaio  i4io  ) ,  fu  donna  bellissima  e  di  molto  ingegno.  Un  suo  sonetto 
che  cohl: 

Rivolgo  gli  occhi  spesse  volte  in  alto, 

non  del  tatto  infelice,  è  riferito  dal  SANSOVINO  (  o.  e.  p.  3 1 1  ),  che 
ne  fa  ampolloso  elogio.  Lo  rbtampò  il  CRESCIMBENI,  Cotnm,  alla  st. 


I08  FRANCESCO  KOVATt 

ghetto  oc  giovane  di  gratiosa  presenza,  eloquente  et 
di  maturo  consiglio,  dotto  di  latino  et  di  greco,  a- 
mator  de'  virtuosi  e  della  pace  »  (') ,  che  doveva 
degnamente  succedere  nel  dominio  al  buon  fratello 
Tommaso. 

Il  Tinti,  più  che  all'  esercizio  delle  armi,  alla  sua 
stirpe  prediletto ,  dovette  sentir  V  animo  inclinato 
agli  studi;  e  nella  vicina  Perugia  od  altrove,  com- 
piuto il  corso  delle  letterarie  discipline,  attese  proba- 
bilmente alle  giuridiche.  Questa  nostra  supposizione 
non  è  però,  fa  mestieri  il  dirlo,  corroborata  da  alcun 
documento:  anzi  quante  volte  ci  verrà  fatto  di  im- 
ì)atterci  nel  nome  del  Tinti,  non  ci  occorrerà  mai  di 
vederlo  preceduto  da  qualche  titolo  che  lo  accerti, 
se  non  conventato  in  ambo  le  leggi ,  almeno  deco- 
rato di  quel  grado  che  concedevasi  a  chi  avesse  spesi 
tre  anni  nello  studio  dell'  ars  notarla.  (*)  Tuttavia  che 


delia  voìg.  poesia,  V.  11^  P.  Il,  libr.  II,  p.  ni  e  III»  p.  I.  p.  119.  Cfir. 
anche  MARCOALDI,  o.  e  p.  52.  IL  TIRABOSCHI  però,  (o.  e.  T.  V, 
p.  464  )  vorrebbe,  e  forse  non  a  torto,  spogliare  del  poetico  alloro  cosi  la 
Chiavelli,  come  V  altra  poetessa  fabrìanese  del  sec.  XIV,  Ortensia  Gugliel- 
mi. Davvero,  queste  povere  nostre  poetesse  antiche  son  poco  fortunate 
nelle  loro  relazioni  coi  critici! 

(i)  SANSO  VINO,  o.  e.  p.  310.  Aggiunge  il  MARCOALDI  (o.  e. 
p.  52  )  che  Alberghetto  a  compose  un  libro  intitolato  degli  elementi  (  sic  ); 
tradusse  dall*  originale  nella  lingua  del  Lazio  la  Parafrasi  di  Temistio  f  eu- 
frate  (  sec.  IV  )  (sic)  »  Non  ci  ^cciamo  davvero  garanti  dell*  attendibilità,  e 
sopra  tutto  della  esattezza,  di  notizie  date  in  sifiiatta  maniera. 

(2)  Il  suo  nome  cosi  non  appare  in  quell'  Elenco  cronologico  de'  No- 
tar! fiibrianesi,  che  il  MARCOALDI  uni  al  suo  volume  (o.  e  p.  311  ). 
Vero  è  tuttavia  che  in  esso  non  son  annoverati  che  i  notar!  de!  quali  i  pro- 
tocolli si  conservano  nell*  Archivio  di  Fabriano  ;  il  che  viene  a  dire  che 
non  di  tutti  i  notari  fioriti  in  questa  città  noi  vi  ritroviamo  quindi  fatto 
ricordo. 


UN  UMANISTA  PABRIANESB  IO9 

la  congettura  nostra  non  sia  del  tutto  infondata  é  ne« 
cessano  affermarlo,  quando  rìcordinsi  gli  uffici  dei 
quali  il  nostro  appare  rivestito. 

Restaci  infatti,  a  documento  di  ciò,  una  lettera 
scrìtta  al  Tinti  da  queir  uomo  che  V  Italia  tutta  ono- 
rava allora  come  il  più  eloquente  ed  il  più  dotto  del 
tempo,  del  celebre  cancelliere  della  republica  fiorentina, 
Coluccio  Salutati.  (')  Come  fra  i  due  fosse  sorta 
una  amichevole  relazione  ci  é  ignoto:  forse  il  Tinti, 
cedendo  ad  uno  di  que'  generosi  impulsi,  propri  della 
età  giovanile,  aveva  scritto  per  il  primo  a  Coluccio 
allo  scopo  di  manifestargli  la  sua  ammirazione,  di 
richiederlo  della  sua  amicizia;  e  V  altro  con  quella 
sua  benignità  squisita  che  lo  rendeva  inclinevole  sem* 
pre  a  soddisfare  quanti  a  lui  si  rivolgessero  o  per 
consiglio  o  per  aiuto,  lo  aveva  lietamente  accolto  e 
collocato  nella  schiera  numerosa  e  fiorente  dei  suoi, 
più  che  amici ,  figliuoli.  Certo  si  è ,  comunque  ciò 
avvenisse,  che  la  lettera,  della  quale  discorriamo,  non 
può  esser  stata  la  prima  che  il  Salutati  scrìsse  al 
Tinti,  come  non  fu  la  sola,  quantunque  niun' altra 
al  nostro  diretta,  si  legga  ora  nell'  epistolarìo  di  Co- 
luccio.  Orbene,  dopo  avere  nella  sua  epistola  soddis- 
fatto alle  domande  mossegli  dair  amico  intorno  alla 
natura  di  quella  virtù,  che  dicesi  della  prudenza,  il 
cancelliere  fiorentino   aggiungeva:  ce  Se  tu  vuoi  an- 


(i)  La  rìproduciamo  nell'Append.  II,  i. 


XIO  FRANCESCO  NO  VATI 

dare  col  podestà  del  Chianti,  (*)  fa  di  venire  a  Fi- 
renze e  di  accordarti  con  lui.  Io  già  di  te  assente 
gli  tenni  parola  e^  quando  sarai  qui  giunto,  a  lui  ti 
farò  conoscere  di  persona.  » 

Nella  sua  lettera  adunque,  oltre  che  i  dubbi  filo- 
sofici che  lo  molestavano,  il  Tinti  aveva  dovuto  e- 
sporre  all'  amico  anche  le  sue  inquietudini  ed  i  suoi 
bisogni  d*  indole  assai  diversa.  Forse  Giovanni  tro- 
vavasi  in  patria  senza  ufficio  e  le  esigue  sostanze 
gli  facevano  desiderare  di  provvedere  a  sé  stesso,  as- 
sumendone qualcuno.  £  Coluccio,  che  di  tutti  gli  a- 
mici  suoi  prendevasi  cura,  che  era  divenuto,  per  dir 
cosi,  il  provveditore  di  ufficiali  e  di  cancellieri  per 
quanti  Signori  e  Signorotti,  Comuni  e  Republiche, 
esistevano  in  Toscana,  e  non  in  Toscana  soltanto, 
erasi  preoccupato  di  mettere  a  posto  anche  1'  amico 
fabrianese. 

Ma  quale  ufficio  il  Tinti  poteva  aver  mostrato  di 
desiderare  ?  Evidentemente  tale  che,  per  quanto  non 
troppo  elevato,  non  poteva  esser  coperto  se  non  da 
chi  possedesse  qualche  scienza  di  legge.  Presso  il  Po- 
destà del  Chianti  al  Nostro,  per  lasciar  da  parte  quello 
di  cavaliere ,  non  era  dato  tenere  altro  ufficio  che  di 
giudice  o,  più  probabilmente,  di  notaio.  Ufficio  molto 
modesto,  alle  fatiche  del  quale  non  rispondeva  il  più 


(i)  ir  Sique  vis  ire  cum  potestate  Chiantis,  cura  ut  verna s   secumque 
componas  »  scrive  Coluccio.  Nella  stampa  del  RICACCI,  le  prime   parole 

suonali  cosi:  Siquid  vis  cum  Potestate   Chiantis Figuriamoci   qual 

senso  se  ne  venga  a  ricavare  1 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  IH 

delle  volte  il  guadagno;  causa  di  molestie  molte  e 
gravi ,  di  pericoli  fors'  anche  ;  ma  che  era  ad  ogni 
modo  desiderato  da  coloro,  i  quali  o  la  povertà  o  la 
brama  di  novità  rendevano  propensi  ad  abbandonare  il 
luogo  natale.  £  talvolta  da  si  umile  stato  poteva  ve- 
nir fatto  di  assorgere  a  più  eccelse  ed  onorevoli  con- 
dizioni: e  Pisa  vedeva  allora  appunto  un  notaio 
diventato  tiranno. 

Pur  troppo  la  lettera  del  Salutati  manca,  come  av- 
viene quasi  sempre  di  ogni  altra  sua,  della  data  ;  e 
nemmeno  vi  occorrono  indizi,  dai  quali  sia  lecito 
•  desumere,  anche  approssimativamente,  il  tempo  in  cui 
fu  scritta.  Tuttavia,  se  vorremo  valerci  del  solo  mezzo 
che  ci  si  porga  a  determinarne  la  data  (  mezzo  spesse 
volte  assai  fallace  )  cioè  tener  conto  del  luogo 
che  essa  occupa  nelle  raccolte  di  lettere  del  Salutati, 
potremo  congetturare  che  questi  la  dettasse  nell'ul- 
timo decennio  del  secolo  decimoquarto  ('). 


(I)  Nel  cod.  Napolet.  delle  lettere  di  G)luccio  quella  al  Tinti  sta  fra 
altre  due,  che  furono  scritte  o  nel  1392  o  nell'  anno  seguente.  Ora,  che  a  que- 
sto tempo  appartenga  anch*  essa  è  credibile  e  più  lo  sembrerà  ove  si  tenga 
conto  di  quanto  adesso  diremo.  Fra  i  sonetti  amorosi  di  Alberto  degli  Al- 
bizzi  e  di  altri  a  lui,  che  stanno  nel  cod.  Chigiano  L.  IV.  131  (  copia  di 
mano  del  sec.  XVI  ex.  di  altro  codice  scritto  in  Firenze  sugli  ultimi  del 
Trecento  ),  se  ne  legge  a  f.  706  r  uno,  cosi  intitolato:  Risposta  (  di  Alberto  ) 
a  Ser  Giovanni  da  Fabriano.  Com  :  * 

Alma  gentile ,  onde  abbondante  vena 
Rampolla  d'  Elicona,  ond'  io  nutrisco 
E  stempero  1*  ardor  per  qual  perisco , 
Poich*  Amor  cinse  a  me  la  suo  catena  etc. 

Ora  il  trascrittore  prepose  a  questi  sonetti  una  rubrica,  riportata  essa  pure 
nel  cod.  Chigiano  (  i  698  r),  dalla  quale  risulta  che  egli  li  copiò  nell'  otto- 


Il  a  FRANCESCO  NO  VATI 


Accettò  il  Tinti  di  recarsi  a  Firenze  per  unirsi 
ivi  alla  brigata  che  il  nuovo  podestà  conduceva  seco 
nel  Chianti  ?  Nulla  ci  vieta  di  supporlo,  giacché  del  suo 
soggiorno  in  quella  città  abbiamo  anche  altre  prove. 
É  credibile  che  egli  conducesse  cosi  per  vari  anni, 
fuori  di  patria,  la  vita  errabonda  e  vagante  che  era 
necessaria  conseguenza  della  carriera  da  lui  abbrac- 
ciata: ma  non  potremmo  affermarlo,  che  di  nuovo 
perdiamo  le  sue  traccie.  E  quando  le  rinveniamo  é  in 
patria  che  lo   vediamo  restituito. 

Il  4  Maggio  1406  Coluccio  Salutati,  grave  d'  an- 
ni, era  sceso  nel  sepolcro;  e  lo  accompagnava  il 
compianto  di  tutta  Firenze  e  di  quanti  in  Italia  col- 
tivavano con  crescente  ardore  gli  studi.  Mai,  come 
in  quel  momento,  la  sua  gloria  aveva  brillato  di  luce 
più  viva:  la  città,  da  lui  fedelmente  servita  per  più 
che  trent'  anni,  grata  all'  uomo  che  con  tanto  amore 
erasi  adoperato  a  renderne  maggiore  la  fama,  più  ri- 
spettati i  consigli,  sulla  bianca  testa  del  venerando 
estinto  aveva  deposto,  premio  ambitissimo,  la  corona 
d' alloro  :  Coluccio  era  ormai  il  terzo  poeta  laureato 


bre  del  1394  (  Cfr.  A.  WESSELOFSKY,  77  ?arad,  degli  Alberti,  I,  II,  p.  211.  ) 
Che  sotto  il  nome  di  Ser  Giovanni  da  Fabriano  si  indichi  il  Tinti ,  mi  par 
certo;  e  così  anche  i  codici  delle  lettere  del  Salutati  sogliono  chiamarlo.  Ma 
che  egli  scrivesse  ali*  Albizzi  un  sonetto  da  Fabriano  mi  sembra  improba- 
bile ;  molto  probabile  invece  che  prendesse  parte  alla  corrispondenza  poe- 
tica avviata  dall'  Albizzi  con  altri  letterati  che  dimoravano  in  Firenze , 
quando  egli  si  recò  in  questa  città.  Ma  se  i  sonetti  correvano  già  per  le 
mani  di  tutti  nell'autunno  del  1394  vuol  dire  che  per  lo  meno  erano 
stati  scritti  molti  mesi,  forse  un  anno,  prima;  eccoci  adunque  di  nuovo  al 
1393,  che  si  può  quindi  fissare  come  la  probabile  data  ddla  partenza  del 
Tinti  per  la  Toscana. 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  1 1 J 

di  cui  si  gloriasse  Firenze.  (')  La  scomparsa  del  buon 
vecchio  colpiva  di  vivo  dolore  quanti  ne  avevano 
potuto  apprezzare  Y  animo,  non  che  la  dottrina  ;  e 
al  pari  de' più  famosi,  il  Poggio,  Leonardo  Bruni, 
Pietro  Turchi,  sulla  sua  tomba  aveva  pianto  un  oscu- 
ro discepolo,  Giovanni  Tinti.  La  triste  novella  lo 
aveva  raggiunto  in  Fabriano  ove  erasi  ricondotto  e 
quivi  appunto,  scorso  alcun  tempo,  gliene  perveniva 
un''altra,  ma  lieta.  Antonio  Loschi,  che  già  da  molti 
anni  aveva  levato  grido  di  sé  e,  fatto  uomo,  man- 
teneva le  promesse  date  da  fanciullo,  lasciata  Vicen- 
za, ove  al  minare  improvviso  delle  fortune  viscon- 
tee si  era  rifugiato,  recavasi  a  Roma,  legato  della 
republica  veneta  al  Pontefice.  Ma,  mentre  impaziente 
d*  indugio  si  aflfrettava,  desideratissimo,  alla  volta  della 
città  eterna,  inaspettati  ostacoli  lo  avevano  trattenuto: 
i  dintorni  ne  erano  desolati  dalle  soldatesche  di 
re  Ladislao  e  fin  che  queste  non  gli  concedettero  il 
passaggio,  gli  fu  mestieri  fermarsi  in  Perugia  (*). 
Il  Tinti,   ammiratore   dell'  ingegno   del   Vicentino 


(1)  Ved.  i  Virorum  eruditorum  de  Coìucio  Salutato  testimonia,  premessi 
al  primo  volume  delle  Lini  Colucii  Pierii  Salutati  Epistolae  (  Firenze,  Bni- 
scagli,  1741  )  e  singolarmente  p.  XV,  XXI.  etc. 

(2)  Ved.  per  queste  notizie  gli  infelicissimi  Commentarii  che  sulla 
vita  e  sugli  scritti  di  Antonio  Loschi  publicò  il  conte  GIOVANNI  DA  SCHIO 
(Padova,.  1858  ).  Sebbene  riboccante  d'errori  e  di  inesattezze  d* ogni  genere, 
pure  è  questa  V  unica  opera  che  sia  stata  sin  qui  scritta  intomo  ali*  illustre 
letterato  vicentino.  Sarebbe  pur  desiderabile  che  qualcuno  a  lui  consacrasse 
uno  studio  condotto  secondo  le  esigenze  scientifiche  moderne  !  I  nostri  grandi 
umanisti  attendono  quasi  tutti  un  biografo  degno  di  loro.  E  che  giova  (verrebbe 
fatto  di  chiedere  )  dettar  storie  generali  del  risorgimento  quando  dei  promo- 
tori e  operatori  di  esso,  si  hanno  ancora  così  scarse  e  spesso  erronee  notizie? 

Archivio  Storico  li.  8. 


114  FRANCESCO  NO  VATI 

vide  propizia  1'  occasione  per  farsi  a  lui  noto  :  e  la 
colse,  dirigendogli  a  Perugia  il  19  Luglio  1406  una 
lettera  ('). 

€  Sia  a  me  concesso  —  egli  scriveva  —  ottimo 
Signore,  or  che  il  lume  dell'  italica  facondia  per  la 
morte  del  più  illustre  fra  i  poeti  dell'  età  nostra ,  di 
Coluccio  Salutati,  si  è  spento,  sia  a  me  concesso  ri- 
correre a  te,  come  a  suo  erede.  Queir  illustre  mi  a- 
veva  onorato  della  sua  amicizia,  benché  di  essa, 'co- 
me della  tua,  ove  tu  volessi  concedermela,  io  mi  re- 
putassi indegno.  Ma  quel  benignissimo  padre,  del 
quale  non  mi  é  dato  ricordar  senza  lacrime  il  nome, 
lion  tollerava,  tanta  era  la  sua  bontà!  che  con  lui 
altro  titolo  adoperassi ,  fuorché  quello  d' amico  .  .  . 
Tu  tieni  fermo  però  che  qualunque  luogo  ti  piaccia 
concedermi  nella  tua  benevolenza,  nella  tua  familia- 
rità, esso  sarà  sempre  per  me  graditissimo  ». 

A  questo  breve  ma  lusinghiero  invito  il  Loschi 
non  rispose  che  circa  tre  mesi  dopo  da  Roma,  ma 
con  una  lettera  lunga  e  altrettanto  cortese.  In  essa^ 
dopo  aver  chiesto  perdono  del  ritardo,  il  Vicentino 


(I)  Dal  codice  che  l'ba  a  noi  conservata,  venne  tratu  e  publicata 
dal  G)nte  DA  SCHIO  (  o.  e.  Documenti  )  insieme  alla  risposu  del  La- 
schi (  p.  160-163).  Koi  ripublichiamo  in  Appendice  (II,  2  e  3) 
cosi  r  una  come  V  altra  ,  sforzandoci  coli*  aiuto  del  cod.  di  purgarle  dagli 
enormi  spropositi  che  le  deformavano  nella  stampa  anteriore.  Basti  qui  il 
dire  che  perfino  il  nome  del  Tinti  vi  era  stato  trasformato  in  quello  di 
Santi!  Chi  del  resto  voglia  verificar  la  esattezza  di  questo  nostro,  non  severo, 
giudizio,  confronti  le  lezioni  del  cod.  con  quelle  della  stampa  da  noi  riferite 
in  calce.  Il  cod.  però  è  esso  pure  assai  guasto;  e  all'  ignoranza  del  me- 
nante a  sciupar  le  lettere  si  è  aggiunta  la  malignità  del  caso:  le  carte  sono 
per  umidità  sofferta- divenute  pressoché  illeggibili. 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  1 1 5 

respinge  con  modestia ,  forse  un  po'  esagerata ,  lo 
spontaneo  omaggio  del  Tinti,  ce  Io  temevo  —  egli 
scrive  — ,  poiché  tu  mi  chiamasti  erede  della  colucr 
ciana  eloquenza,  di  addossarmi,  rispondendoti,  l' onere 
insopportabile  di  questa  eredità,  che  a  me  non  ap? 
partiene  e  che  le  mie  spalle  non  valgono  a  sostene- 
re. Feci  pertanto  come  coloro  ai  quali  toccano  in  e-^ 
redità  sostanze  o  per  giuridiche  difficoltà  o  per  il 
grave  peso  di  debiti  di  arduo  accesso;  gran  pezza  ri- 
flettono innanzi  a  ciò  che  la  legge  loro  concede;  e 
quindi,  avuta  contezza  delle  sostanze,  si  decidono.  >  E 
cosi,  schermendosi  in  tono  scherzoso,  e  che  ci  mo^ 
stra  in  lui  il  giurisperito,  dalle  lodi  del  Tinti  con- 
tinua :  a  Poiché  il  Salutati ,  buonissimo  e  dottis- 
simo uomo,  della  latina  eloquenza  ai  di  nostri  prin- 
cipe, mostrò  sempre  il  più  vivo  desiderio  di  trasfon- 
dere nei  concittadini  suoi  quanta  dottrina  e  facoltà 
di  ben  dire  possedesse  e  rinvenne  a  ciò  inclinevoli 
ingegni  feracissimi  ;  come  potrei  io,  disceso  da  quei 
Cimbri,  che  Mario  volse  in  fuga,  strappare  ai  fioren- 
tini ,  uomini  nati  air  eloquenza ,  Y  eredità  del  loro 
compaesano  e  maestro  ?  »  Parole  queste  che,  se  pu- 
re non  e'  inganniamo,  celano  forse  un  più  recondito 
senso  di  quel  che  a  primo  sguardo  non  apparisca.  Che 
il  Loschi  non  poteva  aver  dimenticato  come,  tre  anni 
innanzi,  letta  la  sua  virulenta  e  (  checché  altri  abbia 
detto  (')  )  non  inefficace  invettiva,  contro  Firenze, 


(r)  II  DA  SCHIO  dice  V  invettiva  del  Loschi  scrittura  «  indegna  del 
letterato  e  dell*  uomo  onesto ....  priva  di  ordine  e  di  logica  .  .  .  ricca 
soltanto  di  sordidi  insulti  e  sciocchi  ,  .  ,  »  Certo  non  è  troppo  bella  ;  ma 


2X6  FRANCESCO  NOVATI 

il  vecchio  Cancelliere  della  Signoria  avesse  ritrovato 
tutto  il  suo  giovanile  vigore  per  schiacciare  sotto 
il  peso  dei  suoi  eruditi  ragionamenti  e  delle  sue  sot- 
tili argomentazioni,  V  imprudente  avversario.  (')  La 
ricordanza  adunque  di  questa  polemica  che  aveva  al- 
quanto alterate  le  relazioni,  fin  allora  ottime,  fra  i 
due  dotti,  non  é  forse  senza  parte  nell'  esplicito  ri- 
fiuto che  con  umiltà  fin  troppo  grande  fa  il  Loschi 
della  eredità  attribuitagli  :  ma  di  questo  sentimento 
di  dispetto,  se  lo  provò,  vediam  tosto  fatta  amplis- 
sima ammenda  con  le  lodi  splendide  e  meritate 
che  aggiunge  all'  indirizzo  dell'  estinto  che  bramò , 
ma  non  potè  avere,  maestro.  Esempio  questo  nobi- 
lissimo e  degnissimo  d' imitazione ,  che  non  tro- 
vò però  facilmente  seguaci  allora,  né  li  trova  oggi 
in  certi  letteratucoli,  d'  animo,  come'  di  corpo,  loschi 
veracemente.  Ma  ritorniamo  al  Tinti. 


da  ciò  al  giudicarla  come  il  DA  SCHIO  fì,  ci  corre.  Il  quale  non  deve 
averla  mai  letta  attentamente,  giacché  non  avrebbe  allora  scritto  che  «si 
legge  soltanto  a  brani  nella  risposta  che  le  fece  Coluccio  »  (  p.  S9-)>  meo- 
tré  invece  neirinvettiva  di  questi  è  riportata  intiera,  per  testimonianza  espressa 
dell*  autore;  né  ha  saputo  comprendere  1*  importanza  politica  che  ebbero,  ai 
di  in  cui  furono  composti,  questi  scritti.  È  in  essi  infatti  che  comincia  ad 
esplicarsi  quel  concetto,  ignoto  per  lo  innanzi,  che  doveva  poi  acquistar 
tanta  importanza  nelle  contese  politiche  ;  che  non  bastano  le  armi  per  aver 
ragione;  conviene  anche  fame  convinti  gli  altri:  che  la  forza  non  trionfa 
senza  la  persuasione. 

(i)  L*  Invectiva  L,  Colucii  Salutati  Reip.  Fior,  a  secretis  in  Antonium 
Luschum  Vicentinum  de  ead.  Rep.  mah  sentientem  fu,  come  è  noto,  data  la 
prima  volta  in  luce  a  Firenze  per  il  Magheri,  1826,  a  cura  di  D.  MORENI. 
Tutto  lascia  a  desiderare  questa  edizione  :  scorretto  il  testo,  vacua  e  spro- 
positata r  introduzione. 


UN  UMANISTA  FABRIAMESE  II7 

La  corrispondenza  sua  con  il  vicentino,  quantun- 
que cosi  bene  incominciata,  sembra  però  che  si  limi- 
tasse a  questo  scambio  di  cortesie  ;  che  continuasse 
infatti  noi  non  ne  ritrovammo  le  prove.  E  mentre  il 
Loschi  procedeva  nella  sua  via  gloriosa  e  alla  bre- 
ve oscurità,  in  cui  lo  aveva  ravvolto  la  ruina  del  do- 
minio dal  genio  di  Gian  Galeazzo  ideato  ed  in  parte 
tradotto  in  realta,  si  sottraeva  entrando,  segretario  di 
Gregorio  XII,  nella  curia  romana,  il  Fabrianese,  che 
ne  aveva  con  effusione  di  animo  buono  salutato  il 
luminoso  passaggio,  consumava  la  sua  esistenza  nel- 
r  ombra  della  città  natale. 


IL 


Ma  neppur  qui  egli  si  piegò  a  trarre  inoperosi 
i  suoi  giorni.  Era  a  Tommaso  successo  nella  signo* 
ria  quel  buono  e  dotto  principe  che  fu  Alberghetto  II; 
e  lui  regnante  il  palagio  dei  Chiavelli  dovette  aprir- 
si più  che  mai  ospitale  a  quanti  in  Fabriano  fosser 
chiari  per  nobiltà,  per  dottrina,  per  ingegno.  Che  in 
questa  schiera  il  Tinti  fosse  de'  primi  non  v'  è  dav- 
vero luogo  a  dubitarne  :  su  di  lui  pertanto  dovet- 
tero accumularsi  predilezioni  ed  onori.  Anzi  la  affet- 
tuosa familiarità  che  avvìnse  ai  suoi  Signori  il  Tinti 
fu  tale  eh'  egli  o  per  proprio  o  per  altrui  desiderio  si 
volsQ  a  dar  opera  all'  educazione  letteraria  e  intellettuale 


ri8  PRAN(ÌESCO  KOVATI 

di  quel  giovane  nipote  di  Alberghetto  ('),  nel 
quale  con  fauste  previsioni,  che  i  futuri  casi  dove- 
vano si  duramente  smentire,  riconoscevasi  da  tutti 
r  erede  della  familiare  autorità  ;  colui  che  avrebbe 
conservato  e  accresciuto  V  avito  dominio  ,  reso  più 
vivo  il  fulgore  del  domestico  nome. 

A  Battista  adunque,  che  doveva  un  giorno  assu- 
mere le  redini  dello  stato,  rivolse  le  sue  cure  il  No- 
stro; egli  vagheggiò  la  speranza  di  rendere,  mercè  i 
suoi  assidui  sforzi,  il  quadrilustre  alunno  Q)  tale, 
che  si  avvicinasse  a  queir  ideale  del  principe  fi- 
losofo, rigoroso  osservatore  delle  leggi,  padre  ai  sog- 
getti, protettore  dei  dotti,  amante  del  bello,  che  la 
meditazione  delle  storie  e  V  ammirazione  per  gli  eroi 
dell'  antichità  presentava  desiderabile  e  glorioso  alla 
sua  mente,  come  lo  suggerì  del  resto  a  quella  degli 
eruditi  e  dei  politici  tutti  del  risorgimento,  pronti 
sempre  a  ravvisare  in  ogni  tìrannello  che  li  accarez- 
zasse un  Cesare  risorto.  E  che  il  buon  letterato  fa- 
brianese  un  siffatto  ideale  non  soltanto  nutrisse,  ma 
mirasse  a  ridurre  in  eflFetto,  apertamente  lo  ma- 
nifesta quel  trattato  De  institutione  regiminis  dignità- 
tum  eh'  ei  scrisse  e  dedicò  al  suo  alunno  ;  trattato 
che  per  essere  aflfatto  ignoto  ed  offrircisi  unico  do- 


(i)  Che  il  Tinti  divenisse  un  vero  e  proprio  precettore  del  Chiavelli, 
BOn  ardiremmo  però  di  affermarlo,  poiché  il  suo  nome  si  ricerca  inutilmente 
in  quel  Liher  salariatorum  et  aliorum  famiìie  Clavelie ,  che  forma  il  volu- 
me LVI  dell'  Archivio  di  Fabriano  (  Cfr.  ZONGHI,  Carte  dipìom,  Fabr,  etc 
p.  LXI  ).  Ora  se  avesse  tenuto  tale  ufficio  probabilmente  ne  avrebbe  rice- 
vuto  adequato  compenso,  del  quale  si  dovrebbe  ritrovar  fatta  menzione. 

(2)  Se  Battista  fu  ucciso  nel  1435  d'  anni  cinquanta  non  poteva 
nel  i4o6  averne  più  di  ventuno. 


UN  UMANISTA  FABIUAKESE  119 

cumento  dell'  ingegno  e  della  dottrina  del  Tinti , 
non  crediamo  superfluo  fare  ora  argomento  di  breve 
esame. 

Dell'opera  sono  giunti  a  noi  due  manoscritti  ('): 
é  questo  un  indizio  che  ai  giorni  in  cui  vide  la  luce 
abbia  goduto  di  qualche  favore  ?  Potrebbe  darsi  ;  ma 
il  favore,  se  l'ottenne,  fu  passeggero  ed  espiato  dal 


(i)  Di  essi  il  primo  si  conserva  nella  Vaticana,  il  secondo  nella  biblio- 
teca Comunale  di  Siena.  Intorno  al  cod.  Vaticano  non  possiamo  (  e  ce  ne 
duole  )  dare  alcuna  notizia  ;  tutto  quanto  ne  sappiamo  è  raccolto  in  queste 
parole  del  MARCOALDI  (  o.  e.  p.  72  ):  «  Vicini  (sic)  Tinto  di  Giovanni  fu 
buon  letterato  e  fra  i  codici  urbinati,  poi  vaticani,  era  un'opera  di  lui  col 
titolo  —  Tinti  Ioannis  de  Ficinis  (sic)  de  Fabriano  de  institutione  regiminis 
dignitatum  Dialogus  inter  Baptistam  Onaveìlum  de  Cbiavellis  et  libri  aucto^ 
rem  ».  Dove  è  da  notarsi  V  errore,  non  sappiamo  donde  provenuto,  che  fece 
l^gere  in  luogo  di  Tintis,  Ficinis  ;  cognome  questo  che  non  fu  mai  portato 
da  alcuna  famiglia  di  Fabriano,  e  tanto  meno  da  quella  del  Nostro.  Ma  il  povero 
Tinti  fu  disgraziato  ;  i  due  soli  scrittori  che  lo  abbiano  fin  qui  rammentato, 
il  DA  SCHIO  ed  il  MARCOALDI,  son  andati  a  gara  a  travisarne  il  nome: 
1'  uno  ne  ha  fatto  un  Santi,  quest'  altro  un  Ficini  I  Siccome  parte  dei  co- 
dici che  formavaiK)  la  biblioteca  Chiavelli  passò  a  quella  dei  Signori  d'Ur- 
bino (ved.  MARCOALDI,  o.  e.  p.  x8o),  cosi  non  sarebbe  punto  improba- 
bile che  il  codice  Vaticano-Urbinate  fosse  l' esemplare  di  dedica,  quello  che 
del  suo  libro  aveva  il  Tinti  offerto  al  Chiavelli. 

Sul  codice  Senese  siamo  invece  in  grado  di  fornire  compiute  notizie, 
perchè  V  abbiamo  esaminato  noi  medesimi  e  di  vari  documenti,  dei  quali 
non  ci  era  stato  concesso  trarre  copia,  ci  fu  poi  cortese  V  egregio  Dott  For- 
tunato Donati,  al  quale  è  degnamente  affidata  quella  Comunale  Biblioteca. 
G  sia  qui  concesso  rinnovargli  le  più  sentite  azioni  di  grazie.  Il  codice, 
segn.  G.  VII  44  (  cfr.  ILARI,  Catal  della  Bibl  di  Siena,  II.  p.  108)  è  car- 
taceo, del  sec.  XV,  mis.  15X^2,  di  fogli  recent,  numer.  86  e  contiene  non 
poche  scritture  di  umanisti,  ma  nella  massima  parte  già  note.  Le  lettere 
del  Tinti,  di  cui  discorriamo  più  oltre,  ed  il  trattato  si  leggono  in  esso  da 
f.  22  t  a  f.  57  t.  Dello  scrittore  del  codice  nulla  ci  é  noto;  ma  0  era  di 
pochissima  coltura  o  si  serviva  di  una  cattiva  copia  ,  giacché  al  pari  di 
tutti  gli  altri  scritti  che  il  cod.  contiene,  quelli  del  Tinti  sono  scorrettissi- 
mi e  in  qualche  luogo  cosi  corrotti  da  render  impossibile  ogni  restituzione* 


liO  FRANCESCO  MOVATI 

profondo  oblio  che  poscia  lo  ravvolse.  Oblio  non  im- 
meritato del  resto ,  diciamolo  francamente  :  troppo 
mediocre  infatti  era  V  opera ,  troppo  priva  di  origi- 
nalità nella  sostanza,  di  elegante  acutezza  nella  forma, 
perché  le  fosse  lecito  aspirare  a  più  gloriosi  destini. 
Ammaestrare  il  suo  Signore  nei  doveri  e  negli  uffic! 
propri  del  principe  :  questo  era  V  intendimento  del 
Tinti  e  a  conseguirlo  né  il  suo  ingegno  né,  del  re- 
sto, i  suoi  tempi  gli  permettevano  di  scegliere  altra 
via  che  non  fosse  quella  già  aperta  e  calcata  dagli 
scrittori  antichi.  I  loro  volumi  erano  ricchi  di  sapienti 
precetti:  cosa  si  poteva  far  di  meglio  che  con  reve- 
renza raccoglierli  e  ripeterli  ?  Aristotele  adunque  e 
Cicerone,  V  Elica  dell'  uno,  gli  Uffici  dell'altro,  ecco 
le  guide,  alla  cui  saggezza  il  letterato  fabrianese  si 
volle  affidare;  delle  quali  accolse  premuroso  e  ripro- 
dusse i  dettami  (').  Ma  la  sua  reverenza  non  fu  cie- 
ca però;  né  il  filosofo  greco  né  il  latino  avevano 
delle  opere  loro  fatto  singolare  argomento  V  insegna- 
re come  divenisse  per  V  educazione  ottimo  un  prin- 
cipe: raccolti  quindi  i  precetti  che  intorno  a  ciò  ave- 


(i)  Ciò  è  espressamente  afTermato  nel  Prologo.  È  del  resto  cosa  ben* 
nota  come  il  libro  di  Cicerone  fosse  posto  nelle  mani  de*  giovanetti  a 
conseguire  un  duplice  intento  :  quello  di  apprender  loro  il  latino  e  nel 
tempo  medesimo  arricchirli  di  morali  documenti.  Qualche  anno  più  tardi 
sono  ancora  gli  Uffici  che  troviam  fra  le  mani  di  queir  infelice  e  calun- 
niato giovane  che  fu  Oddantonio  di  Urbino  (  Ved.  UGOLINI,  Storia  dei 
Conti  e  Duchi  d'  Urbino,  I,  p.  282  ).  Che  la  scienza  dei  costumi  fosse  fon- 
damento air  arte  di  governo  è  principio  fermato  da  Aristotele  ne'  suoi  li- 
bri d'  etica  e  più  specialmente  negli  Ethicon  Megalon,  ai  quali  piuttosto  che 
a  quelli  ad  Nicomachum  crediamo  abbia  voluto  alludere  il  Tinti.. 


UN  UMANISTA  PAfiRIANCSE  ìlt 

vano  qua  e  là  dati,  rimaneva  ancor  molto  da  fare. 
Rimaneva  da  coordinarli,  disporli  in  un  armonico 
complesso,  infondere  nelle  membra  sparse  lo  spirito 
vivificatore,  mescolando  alle  acque  incorruttibili^  sgor- 
gate dalle  pagane  sorgenti,  alcune  goccie  attinte  alle 
fonti  più  fresche  e  più  pure  della  morale  cristiana. 
In  questo  soltanto  poteva  consistere  la  parte  ori- 
ginale del  lavoro,  e  il  Tinti  lo  comprese  e  tentò 
di  farlo  (').  Come  poi  lo  facesse  apparisce  da  una 
lettera  eh'  egli  sul  proprio  libro  scrisse  ad  un  suo 
protettore,  il  Cardinale  di  S.  Eustachio  (*)  ;  lettera 
che,  quale  espressione  sincera  del  pensiero  del  Tinti, 
non  sarà  inopportuno,  innanzi  che  procediamo  più 
oltre,  compendiosamente  riferire  ('). 

€  Fu  mio  proposito,  scrive  adunque   il  Nostro , 
premesse  le  consuete  scuse  intorno  all'  ignoranza  pro^ 


(i)  Cod.  Sen.  f.  25  t.  «  Suppeditahit  nohis  ingenium  si  quid   in  am* 
pkctendo  eas  fvirtutis)  defuit  Ciceroni    ...    ». 

(2)  Cod.  Sen.  f.  22  t.  Rev.  domino  Alfonso  Sancii  Eustachii  cardinali 
Epistola  Johannis  Tinti,  Intorno  a  questo  cardinale  ved.  CIACCONIVS,  Vitat 
€t  Ris  Gest,  Pont.  Rom.  II,  col  745.  Alfonso  Carillo  era  spagnuolo,  nato  a 
Conca,  città  delle  Asturie,  da  Gomez  che  fu  cameriere  di  Giovanni  II  di 
Castiglia.  Egli  fu  eletto  cardinale  da  Benedetto  XIII  nel  i4o8  ;  ma  poi  si 
allontanò  da  lui  aderendo  a  Martino  III,  che  non  solo  lo  confermò  nella  di- 
gnità sua,  ma  gli  diede  titolo  di  Arciprete  Lateranense  e  ufficio  di  Legato 
a  Bologna.  Governò  pure  Avignone  ed  il  Contado  Venosino  e  morì  il  i4 
Marzo  1434  in  Basilea,  dove  erasi  recato  per  assistere  al  Concilio.  Gli  fu- 
rono fatte  splendide  esequie  ed  il  suo  cadavere  venne  trasportato  a  Roma  ; 
quindi  in  Spagna.  La  lettera  del  Tinti  a  lui  non  può  essere  anteriore  al 
i4o8;  r  essere  essa  scrìtta  apud  urhem  Florcntiam  ci  offre  argomento  a 
credere  che  il  Tinti  lasciasse  nuovamente  la  patria  per  qualche  tempo; 
ma  di  queste  sue  vicende  noi  siamo  affatto  ali*  oscuro. 

(3)  La  publichiamo  per  intero  neir  App.  II,  4. 


122  FRANCESCO  NOVATI 

pria  ed  al  tenue  valore  del  libro  che  aveva  osato  of- 
frire al  porporato  suo  mecenate ,  quello  di  obbedire 
alla  volontà  di  chi  mi  aveva  tale  incarico  imposto  e 
di  riuscirgli,  obbedendo,  di  qualche  utilità,  col  farlo 
accorto  come  una  certa  istituzione  intorno  all'  ufficio 
del  principe  sia  indispensabile  a  chi  voglia  rettamente 
governare,  come  le  private,  le  publiche  cose.  In 
quella  stessa  guisa  infatti  che  al  nostro  corpo  fa 
d'  uopo  che  1'  animo  ne  raffreni  e  diriga ,  secondo 
ragion  vuole^  i  moti  e  le  disposizioni  e  regoli  della 
vita  attiva  le  condizioni  ed  i  tempi;  in  quella  guisa 
che  ad  ogni  strumento,  perché  ne  esca  gradito  il 
suono,  fa  mestieri  di  chi  sappia  toccarlo  maestrevol- 
mente; cosi  colui,  il  quale  sarà  un  giorno  chiamato  a 
reggere  una  famiglia  od  uno  stato,  deve  apprendere 
come  una  disciplina  medesima  possa  si  nell  uno  che 
neir  altro  caso  riuscirgli  proficua.  Per  essa  infatti  egli 
potrà  a  qualunque  faccenda  ponga  mano,  esaminarla 
con  prudenza  e  meditarla  attentamente;  e  quando  un 
diligente  esame  e  matura  riflessione  Y  avranno  fatto 
certo  dell'  equità  del  suo  operato,  condurla  ad  efiet- 
to,  studiosamente  evitando  che  qualche  ostacolo  sor- 
ga a  vietarglielo,  che  qualche  còsa  di  falso  o  di  a- 
busivo  vi  arrechi  alterazione.  E  nel  compiere  poi  con 
forte  e  costante  animo  ciò  che  avrà  deUberato  di  fa- 
re gli  si  aggiungeranno  compagne  quante  virtù  ren- 
dono degno  del  suo  grado  il  principe  che  le  possie- 
de: perseveranza  e  pazienza,  temperanza  e  modestia. 
Ma  non  meno  di  queste ,  che  nobilitano  V  animo  , 
dovrà  il  principe  pregiare  le  virtù  che  si  manifestano 
esteriormente;  e  siccome  non  di  rado  suole  avvenire 
che  dall'  apparenza  si  tragga  argomento  a  giudicare 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  lij 

il  valore  di  un  uomo,  cosi  alle  doti  dell'  animo  sarà 
necessario  rispondano  la  gravita  del  portamento,  la 
magnificenza  non  effeminata  dell'  abito ,  la  nobiltà 
del  linguaggio;  pregi  tutti  che  dimostrano  nel  prin- 
cipe abbondare  quella  dignità  sapiente ,  la  quale  ai 
sudditi  fedeli  é  fonte  di  compiacenza  dolcissima.  E 
di  queste  sue  doti  il  principe  dovrà  far  partecipi  gli 
amici,  i  quali  eleggerà  onesti  e  devoti  ;  e  nel  di- 
stribuire i  suoi  benefizi  avrà  cura  di  favorire  quelli 
che,  considerati  i  meriti  loro,  ne  appariranno  più  de- 
gni. Né  trascurerà  alcuna  volta,  messe  in  disparte  le 
occupazioni  ed  i  tumulti  della  vita  attiva,  di  abban- 
donarsi al  salutare  ozio  della  contemplativa;  poiché 
allora,  sapientemente  meditando  sulla  instabilità  della 
fortuna  e  sulle  umane  vicende,  potrà  apparecchiarsi  a 
sostenere  con  virile  animo  le  avversità  e,  sgombra 
la  mente  dalle  cure  terrene ,  ergersi  allo  studio  dei 
più  eccelsi  misteri  della  natura  e  di  Dio  » . 

Questo  pertanto  lo  scheletro  dell'  opera.  Vediamo 
ora  più  da  vicino  come  il  Tinti  abbia  saputo  rive- 
stirlo di  carni  e  di  polpe.  Il  prologo,  col  quale  si 
apre  il  De  inslitulione  regiminis  dignitatum,  altro  non 
é  in  sostanza  se  non  una  lettera  con  la  quale  l'Au- 
tore ofiire  al  Chiavelli  il  libro  composto  per  lui,  che 
aveva  espresso  il  desiderio  di  veder  riassunti  in  for- 
ma precettiva  quei  colloqui  che  non  senza  diletto 
aveva  tenuti  col  maestro  intorno  agli  ufiici  ed  ai 
doveri  del  principe  (').  Come  nella  epistola  al  Ca- 


(I)  Cod.  Sen.  f.  li  r.  Ioannes  Tintij  de  Fabriano,  .  .  Mapiifico  il  ge- 
nerosa, Adolescenti  Baptistachiaveìlo  de  Chiavellis  de  Fabriano  domino  suo  Epi- 


t±4  FRANCESCO  NOVATt 

rillo,  cosi  qui  pure  il  Tinti  confessa  che  dal  porre 
mano  all'  opera  lo  distolsero  dapprima  e  la  cogni- 
zione della  propria  ignoranza  e  il  ricordare  come 
scrittori  e  filosofi  eccellenti  V  avessero  in  questo  ar- 
ringo preceduto;  ma  la  devozione  e  Paffetto  ch'ei  nu- 
triva per  il  suo  Signore  finirono  col  trionfare  dei  suoi 
timori.  €  Ed  ora,  egli  conclude ,  ecco  il  libro  che 
«  tu  bramavi  scritto  a  fiigare  V  ozio  nelle  lunghe 
«  veglie  invernali,  a  guisa  di  familiare  discorso,  in 
«  forma  facile  e  piana,  colla  brevità  che  io  potei 
«  conseguire  maggiore.  »  (*) 

Ma  il  trattato  non  essendo  che  Y  eco  dei  discorsi 
fatti  tra  il  Chiavelli  ed  il  Tinti,  cosi  parve  a  questi 
opportuno  conservargli  la  forma  di  dialogo.  Il  libro 
perciò  ha  principio  con  il  benvenuto  che  il  giovane 
principe  dà  al  Tinti,  da  lui  impazientemente  atteso 
per  chiedergli  spiegazione  d*  una  lettera  ricevuta  il 
giorno  innanzi,  nella  quale  enimciava  come  ad  un 
principe  fosse  innanzi  tutto  necessario  sapere  (*).  Ora 


stola,  lussisH,  magnifici  et  generose  adoìescetts,  coììata  et  disputata  invicem  de 
quibusdam  spectantibus  ad  regimen  prìncipatus  in  formam  ìibdli  redigere,  ut 
sepe  fruereris  iocunditate  Uh  perìegendo,  quam^  ut  ais ,  suppremam  (  sic  )  in 
ipsa  coìlatione  Imbuisti  .  .  .  j>. 

(x)  Gxl.  Sen.  Le...  institutionis  regiminis  summuìam  ,  ocii 
excutiendi  causa,  inter  htcubrationes  brumales  editam  ....  phnis  familiari- 
bus  et  quotidianis  vocabulis  contextam  ...  ». 

(2)  Segue  al  Prologus  una  Tabula  dei  capitoli ,  in  cui  il  trattato  si  di- 
vide, che  sotto  riferiremo,  e  quindi  a  f.  25r  si  legge:  De  institutione  regi- 
minis dignitatum.  Collocutores  Baptistachiavellus  et  Tintus, 

(  Bapt.  a  )  dvenisti,  TintCy  in  tempore,  TI.  Quidnam  est  ?  BA.  Nequibam 
te  diutius  expectare,  adeo  vehementer  concitava  me  pridie  illa  tue  (  sic  1.  tua  ) 
epistola,  ut  scis,  de  principe  et  sapere  referente  (  sic  ) . . .  »  La  lettera  del  Tinti, 
alla  quale  si  allude,  era  stata  realmente  scritta  e  si  legge  nel  cod.  a  f.  24 1. 
La  riferiamo  insieme  alla  breve  risposta  del  Chiavelli,  nell*App.  U,.^  t  6. 


UN  UMANISTA   FABRIANESE  Ì2$ 

che  cosa  deve  egli  sapere  un  principe  ?  E  meglio  an- 
cora che  cosa  é  il  principe  ?  Ecco  le  prime  domande 
che  il  giovanetto  fa  al  Tinti,  il  quale  si  aflfretta  a 
soddisfarlo,  dando  la  desiderata  definizione.  Il  princi- 
pe -  egli  dice  -  é  colui  che  per  consenso  ed  autorità 
dei  più  potenti  viene,  come  più  sapiente,  eletto  quale 
conservatore  della  giustizia  e  per  conseguenza  dell'  e- 
quità,  alla  tutela  ed  al  governo  degli  altri  e  perché 
primo  in  ogni  cosa  detto  principe.  Poiché  é  in  tutto 
primo  chi  possiede  la  dignità  di  comandare  e  di  do- 
minare >  (')• 

Chiede  allora  il  Chiavelli  se  principato  e  dignità 
siano  una  cosa  medesima;  ma  il  Tinti  risponde  che 
no,  osservando  come  ogni  principato  sia  dignità,  ma 
non  viceversa.  Alla  nuova  domanda  perché  la*  digni- 
tà venga  cosi  chiamata,  il  Tinti  dà  risposta,  dicendo 
come  tal  nome  derivi  dalla  convenienza  di  assumere 
al  governo  i  più  degni  o  dall'  obbligo  che  corre  a 
coloro,  che  a  tale  grado  sono  elevati,  di  operare  vir- 
tuosamente in  guisa  da  mostrare  che  tanto  onore  é 
ben  meritato.  Ora  operare  virtuosamente  altro  non 
vuol  dire  che  conoscere  e  fare  tutto  ciò  che,  essendo 
onesto  e  laudabile,  riesce  utile  alla  società  umana  e 
renderne  dotti  inoltre  e  consapevoli  gli  altri.  Ma  a 
tanto  non  si  può  pervenire  se  non  per  mezzo  delle 
virtù,  fra  le  quali  sopra  tutto  sono  efficaci  aiutatrici 


(I)  Cod.  Sen.  1.  e.  Princeps  est  ex  muìtis  unus,  ut  sapientior  assensuet 
auctoritate  potentiorum  (?),  conservator  institie  et  per  consequens  equitatis,  alio* 
rum  tuttlU  (sic)  et  regimini  constitutus,  quia  prima  capiat,  dictus  princeps.  Prima 
vero  capii  qui  pruipiendi  et  dominandi  fungitur  dignitate. 


126  FRANCESCO  NOVATI 

a  raggiungere  il  desiderato  fine,  quelle  che  si  com* 
prendono  sotto  V  appellativo  di  cardinali  e  morali,  la 
prudenza,  la  giustizia,  la  fortezza  e  la  temperanza  (') 
Poiché  adunque  tutte  queste  virtù  non  si  possono 
acquistare  se  non  coli'  ammaestramento  e  coir  educa- 
zione ed  a  nessuno  più  che  ad  un  principe  fa  me- 
stieri conoscerle  e  possederle,  perciò  il  Chiavelli  pre- 
ga il  maestro  di  rivolgere  precipuamente  sopra  di  esse 
il  suo  discorso;  ed  il  Tinti,  non  ostante  la  difficoltà 
dell'  argomento ,  acconsente  e  sollecita  V  alunno  a 
chiedergli  quanto  desidera  di  sapere  (*).  Con  questa 
esortazione  termina  il  primo  capitolo,  che  può  quin- 
di essere  considerato  quasi  un  esordio  dell'  opera;  gli 
fa  seguito  il  secondo ,  intitolato  de  Prudentia  e  dopo 
di  questo  altri  tredici ,  che  trattano  partitamene 
te  della  giustizia,  della  fortezza,  della  temperanza^ 
della  maestà  e  del  culto  nelle ,  vesti  e  ne'  discor- 
si, della  sapienza  conveniente  al  principe,  del  modo 


(1)  Cod.  Sen.  1.  e  ...•••.  TI.  Omnis  principatus  est  di" 
gnitas,  non  est  cantra.  BA.  Cur  dignitas  nuncupatur  ?  TI.  Qui  (  sic  1.  quia) 
dignos  ad  regimina  sumere  expediat,  ve!  quod,  assumpti,  operatione  secundum 
virtutes  dignos  se  fatiant  (  sic  )  principatu,  BA.  Quid  est  operari  secundum  vir- 
tutes?  TI.  Que  honesta  et  laudabilia  sunt  utilia  humane  sotietati  scire  et  facere 
et  hec  ipsa  alias  instruere  et  dacere,  BA.  Hec  institutio  eius  (  sic }  est  ?  TI.  Hcc 
eadem,  BA.  Quibus  mediis  ista  fiuntì  TI.  Ipsis  virtutihus.  BA.  Quibusì  Ti.  lUis, 
que  sub  iis  quatuor,  maralibus  et  cardinaìibus  nominatisi  Prudentia,  lustitia, 
Fortitudine  et  Temperantia,  complectuntur.  Quorum  singuìis  per  se  annexe 
virtutes  plurime  famulantur,  ex  quibus  omnibus  honesta  et  laudabilis  vita  com- 
ponitur  etc.  ». 

(2)  Cod.  Sen.  1.  e.  TI.  Dicamus  tamen  hinc  aliqua ,  quamquam  per 
arduissima  divertamur:  malo  enim  imperitiam  meam  morsui  censure  subicere 
(sic),  quam  te  eo  diutius  obscitare  (  sic) :  propierea  quad  velis  exponito  ». 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  127 

di  ordinar  la  propria  esistenza,  del  pudore,  dell'  evi- 
tazione  de'  vìzi,  della  circospezione  nello  scegliere 
gli  amici,  della  ritenutezza  che  il  principe  deve  sem- 
pre serbar  verso  i  sudditi,  del  modo  di  distribuire  retta- 
mente i  benefici,  della  tranquillità  del  saggio  (*).  Con 
questo  capitolo,  consacrato  a  celebrare  i  conforti  che 
arrecano  gli  studi  e  la  sapienza  ai  loro  cultori,  il 
trattato  ha  fine. 

Se  a  ben  comprendere  per  quali  vie,  per  quali 
modi  siasi  operato  il  passaggio  dal  Medio  Evo  al 
Risorgimento  è  a  giudizio  dei  critici  più  esperti  ne- 
cessario, non  che  utile,  il  ricercarne  le  vestigia  per 
entro  agli  scritti  politici  degli  umanisti,  poiché  è  in 
essi,  per  quanto  mediocri  tutti,  che  si  tenta  la  prima 
volta  di  aprire  sulle  traccie  degli  antichi  la  via  per 
cui  sulle  rovine  dell'  edifizio  scolastico  sorgeranno 
trionfanti  le  libere  ed  ardite  teoriche  dei  Cinquecen- 
tisti, (*)  anche  il  libretto  del  Tinti  non  sembrerà,  per 
quanto  scarso  di  pregi,  indegno  dell'  attenzione  che 
abbiamo  creduto  di  accordargli.  Ove  si  voglia  tener 
calcolo  del  tempo  in  cui  fu  composto,  esso  dovrà  a 
buon  dritto  essere  considerato,  se  non  il  primo,  certo 
uno  de'  primi  tentativi  fatti  per  fondare  l' educazione 
intellettuale  e  politica  su  quelle  basi  medesime  sopra 


(!)  Ecco  r  indice  che  si  legge  a  f.  24  1. 1.  De  institutione  regiminis  di- 
^nitaium.  II  de  prudentia.  III  de  iustitia.  IV  de  fortitudine.  W.de  temperantia, 
VI  de  maiestate  et  hahitu.  VII  de  cuìtu  orationis  et  vestium.  Vili  de  sapien- 
tia  prittcipis.  IX  de  constiluenda  vita.  X  de  pudore.  XI  de  vitiis  evitandis. 
XII  de  efectione  amicorum,  XIII  de  principis  consideratione  in  subditos.  XIV 
de  offitiis  conferendis.  XV  de  odo  sapientum. 

(2)  P.  VILLARI,  La  vita  e  le  op.  di  N.  Machiavelli,  II,  Lib.  n,  p.  2i4. 


128  FRANCESCO  NOVATI 

le  quali  V  avevano  stabilita  gli  antichi  ;  (')  non  è 
pertanto  a  meravigliare  che  d*  un  tentativo  esso  serbi 
tutti  i  caratteri  e,  come  tutte  le  incertezze,  tutti  gli 
errori.  Ciò  non  toglie  però  che  in  quella  schiera  di 
umanisti,  i  quali  dovevano  intorno  al  problema  dell'e- 
ducazione  spendere  tanto  tesoro  di  meditazione  e  di  dot- 
trina, il  Nostro  non  stia  fra  gli  antesignani;  e  se  la  meta, 
alla  quale  altri  giungeranno,  egli  non  V  ha  toccata,  e 
forse  neppur  nettamente  veduta,  nondimeno  é  ad 
essa  che  egli  ha  mirato  ed  i  suoi  brancolamenti 
son  già  per  lui  un  elogio.  Prendiamo  la  definizione 
che  del  principato  ci  porge  il  Fabrianese  e  confron- 
tiamola con  quella  che  ne  offrono  gli  scrittori  me- 
dioevali. Nelle  parole  del  Tinti  v'é,  non  lo  neghiamo, 
una  indecisione,  una  indeterminatezza,  che  rivelano  forse 
un  concetto  non  perfettamente  chiaro  ;  ma  quale  enor- 
me diflFerenza  però  fra  le  sue  e  le  dottrine  degli  sco- 
lastici (*)  !  Lungi  dal  dare,  come  queste  fanno  concor- 
demente, origine  sopranaturale  al?  istituzione,  il  No- 


(1)  Il  libro  che  Pietro  Paolo  Vergerio  scrisse  per  Ubertino  da  Carrara  ed 
intitolò  De  ingenuis  moribus,  giovandosi  anch*  egli  del  de  Officiis  di  Cicerone 
e  del  libro  che  collo  stesso  titolo  compose  S.  Ambrogio,  è  stato  composto 
alcuni  anni  innanzi  che  il  Tinti  dettasse  il  suo.  Ma  quantunque  il  Salutati, 
facendone  al  Vergerio  gran  lodi,  dicesse  che  gli  sembrava  «  non  . .  adoU" 
scentem  instituere,  sed  ad  omnem  vile  rationem  et  etatis  humane  differentias 
virum  perfectissimum  insiituere  b  (  Ved.  MURATORI,  R.  It,  Script.  T.  XVI, 
col.  230  )  esso  però  non  aveva  un  intento  cosi  essenzialmente  politico  com*  è 
quello  che  ha  ispirato  il  De  institutione  regiminis  dignitatum.  Ved.  tuttavia 
C.  A.  COMBI,  Di  P.P.  Vergerio  e  del  suo  Epist.  p.  26  e  segg. 

(2)  Ved.  per  i  trattati  medievali  sull'ottimo  principe  il  lavoro  di  K. 
BARTSCH,  Dos  Fùrstenideal  des  Mitielallers  in  Spiegel  deutscher  Dichiung^ 
Lipsia,  1868. 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  I29 

stro,  pur  mantenendone  altìssimo  il  pregio,  la  vuol 
rìtoraare  però  alla  sua  vera  ed  umana  derivazione  : 
è  cosi  che  ì  fatti  sociali  si  incominciano  a  considerare 
ormai  come  puramente  naturali  ed  umani.  Il  princi- 
pe, secondo  che  egli  scrive,  per  consentimento  dei 
suoi  simili  é  innalzato  tanto  in  alto  ;  é  da  loro,  non 
da  Dio,  che  gli  deriva  quindi  T  autorità  di  cui  vien 
rivestito,  E  quel  medesimo  sentimento  che  suggeri- 
sce al  Tinti  siffatta  definizione  del  principato  lo  in- 
duce a  porre  come  fondamento  dell'  educazione  di  un 
sovrano  il  sapere;  la  sua  dignità  il  principe  deve  con- 
seguire per  la  virtù  propria  o,  altrimenti  raggiuntala, 
almeno  con  essa  mantenerla.  Quanto  é  già  lontano 
il  tempo  in  cui,  non  ostante  che  filosofi  e  poeti  si 
a£[aticassero  a  dire  altrimenti,  si  credeva  indegno  di 
ogni  uomo  di  nobile  schiatta  qualunque  studio  che 
non  fosse  dell'  armi  1  La  querela  adunque  che  quanto 
è  lunga  r  età  media  sorge  incessante  ed  inascoltata 
dagli  scritti  dei  dotti  a  ricordare  il  dispregio  in  cui 
la  scienza  é  tenuta  da  que' medesimi  che  per  esser 
collocati  in  alto,  più  dovrebbero  coltivarla  e  riverirla, 
ha  sul  cader  del  trecento  già  cominciato  ad  essere 
oziosa  ed  ingiusta.  Essa  suona,  é  vero,  pur  sempre,  né 
meno  aspra  che  per  il  passato,  sulla  bocca  del  Petrarca, 
del  Boccaccio,  del  Salutati;  ma  che  questi  sommi,  inna- 
morati d' un  ideale  che  non  si  poteva  ancora  raggiun- 
gere, siano  imparziali  con  i  loro  contemporanei,  non 
oseremmo  davvero  affermarlo.  Essi  medesimi,  se  alcuno 
il  facesse,  sorgerebbero  a  contraddirlo,  poiché  sono 
i  loro  epistolari  che  ci  oflFrono  le  prove  come  mol- 
tissimi fra  quelli  che  li  proseguirono  di  calda  e  affet- 
tuosa riverenza  debbansi  ricercare  in  quella  classe 

Archivio  Storico  II.  9* 


130  FRANCESCO  novah 

appunto  della  quale  essi  son  soliti  lagnarsi  più  ama- 
ramente. Volgiamo  uno  sguardo  alle  corti  principe- 
sche che  vanno  sorgendo  o  consolidandosi  a  questo 
tempo  in  Italia:  ecco  i  Gonzaga,  i  Carrara,  i  Visconti, 
i  Pio,  i  da  Correggio,  i  Malatesta,  i  da  Polenta,  i 
Guidi)  i  da  Casale,  gli  Orsini^  per  tacer  di  tant'  altri, 
i  quali  nelle  lor  corti  o  sontuose  o  modeste,  negli 
splendidi  palagi  cittadineschi  o  nei  forti  castelli  sorgenti 
fra  le  colline,  offrono  grata  ospitalità  agli  studiosi,  ga- 
reggiano con  loro  nel  comporre  versi  e  prose,  vanno 
in  traccia  di  manoscritti,  si  prestano  gli  uni  cogli  altri 
i  raccolti,  alla  lettura  dei  classici  alternano  quella  dei 
romanzi  cavallereschi  ;  appassionandosi  ormai  non 
meno  per  i  greci  che  per  gli  eroi  francesi,  decorano 
le  loro  aule  di  pitture,  per  le  quali  chieggono  ispi* 
razioni  alle  memorie  dell'  antichità  ed  ai  dotti  del  lor 
tempo  consigli  per  renderle  più  pregevoli  e  versi  per 
dichiararle.  Tenui  principi,  è  vero,  né  mancano  al  qua- 
dro, di  cui  ora  ho  sbozzato  le  parti  luminose,  le  ombre. 
Ma  è  cosi  che  l'aura  dei  tempi  nuovi  entra  finalmente 
nelle  reggie  e  che  nei  petti  dei  signori  italiani  sorge 
quel  fuoco  che  trapasserà,  divampando,  in  quelli 
dei  loro  figliuoli,  dei  loro  nepoti. 


III. 

Al  Tinti  però  la  fortuna  volle  negata  quella  ri- 
compensa che  le  durate  fatiche  meritavano  ed  alla 
quale  sopra  tutto  egli  dovette  aspirare  :   il  conforto 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  I3I 

di  vedere  coronata  di  lieto  successo  V  impresa,  a  cui 
aveva  consacrato  con  tanto  ardore  il  suo  ingegno. 
In  Battista  Chiavello  quella  brama  di  gloria,  quella 
sete  di  dottrina,  che  il  Tinti  aveva  per  ogni  modo 
cercato  di  suscitare,  ben  lungi  dall'  accrescersi  e  farsi 
cogli  anni  più  intense,  andarono  invece  spegnendosi, 
soffocate  dall' irrompere  violento  di  ogni  più  disor- 
dinata passione.  L'uomo  mancò  a  tutte  le  speranze 
che  r  adolescente  aveva  fatte  concepire  ;  troppo  con- 
corde é  su  questo  punto  il  giudizio  de' contempora- 
nei, perchè  sia  lecito  dubitare  della  veracità  del  ri- 
tratto che  di  Battista  essi  ci  hanno  lasciato.  Forse  la 
soverchia  autorità  che  egli  consegui  per  la  avanzata 
età  del  padre,  il  quale  lo  volle  associato  al  governo 
della  publica  cosa  giovanissimo,  (')  contribuì  a  svi- 
luppare in  lui  que'  rei  germi  che  V  educazione  non  era 
riuscita  a  sradicare;  ma  certo  si  è  che  egli  si  appa- 
lesò ben  tosto  violento  e  dissoluto,  fastoso  più  che 
il  suo  grado  non  lo  comportasse;  tale  insomma  da  atti- 


(I)  «  Erat  enim  naiu  grandior  oitategue  iam  conjectus  Thomas  ClaveUus, 
qui  oppido  dominahatur,  cuius  filius  aeiate  major  BapHsta  patris  induJgentia 
mufura  fere  omnia  ohibat,  »  I.  SIMONETAE,  Rer,  Gest.  Fr,  Sfortiae  Lih.  Ili 
in  MURATORI,  R.  IL  Scr.  t.  XXI,  e.  247.  E  cfr.  SANSOVINO ,  o.  e. 
p.  311  :  MARCOALDI,  o.  e.  p.  7.  GRAZIOSI,  Storie  di  Fabriano  t.  V, 
p.  $1-52  (citato  da  G.  VALERI,  Della  Signoria  di  F,  Sforma  nella  Marca 
in  Arcò.  Stor.  Lomb,  XI,  p.  37).  Fra  i  volumi  dell'  Archivio  di  Fabriano 
ve  ne  ha  uno  (  il  LV:  ved.  ZONGHI,  o.  e.  p.  LVI  )  in  cui  sono  registrate 
omnes  gratiae  et  compositiones  facte  per  magnif.  d.  Thomam  de  Clavellis  Fa» 
briani  prò  S.  R.  Ecclesia  Vicarium  et  Baptistam  eius  natum  sub  anno  domini 
MCCCCXFI II  tempore  domini  Martini  P.  P.  Ora  noi  sappiamo  che  nel  '  3  5 
quando  Battista  fu  ucciso,  toccava  i  cinquant*  anni  ;  suo  padre  pertanto  lo 
fece  partecipe  del  governo  non  ancor  trentenne. 


132  FRANCESCO  NOVATI 

rare  ben  tosto  sovra  di  sé  e  dei  suoi  V  odio  dei 
Fabrianesi.  Dispregiatore  delle  leggi  divine  ed  umane 
lo  chiama  un  contemporaneo  ed  aggiunge  :  la  sua 
libidine  non  risparmiava  nessuno  ;  nessuno  la  sua 
cupidigia.  (') 

Tutto  ciò  è  rigorosamente  conforme  al  vero? 
Non  si  potrebbe  sospettare  che  le  colpe  di  Battista 
siano  state  fatte  anche  più  gravi  per  diminuire  in 
qualche  parte,  dacché  cancellarla  era  impossibile,  l'in- 
famia di  cui  si  macchiarono  i  Fabrianesi  con  il  mo- 
struoso  eccidio  dei  Chiavelli?  Noi  non  ci  sentia- 
mo in  grado  di  rispondere  a  sifiEatte  domande;  ma 
certo  si  é  però  che  per  quanto  grandi  fossero  stati 
gli  errori  di  Battista  essi  non  bastarono  a  giustifi- 
care la  strage  deir  intiera  sua  casa,  nemmeno  agli 
occhi  de'  contemporanei,  che  della  sanguinosa  cata* 
strofe  sentirono  profondo  ribrezzo.  Persino  il  pane- 
girista di  Francesco  Sforza  (che  Dio  sa  se  immune 
di  complicità  nel  delitto)  ('),  Giovanni  Simonetta, 
un  di  coloro  che  più  duramente  rimproverano  a 
Battista  d'aver  con  i  suoi  vizi  provocata  la  distru- 
zione della  sua  famiglia,  non  sa  frenare  la  pietà  e 
lo  sdegno  e  chiama  la  uccisione   di   Battista  e   dei 


(i)  Is  (  Baptista  )  supra  facidtates  eìatus  animo,  cum  opes  non  suppeU- 
rent,  plurima  per  tyrannidem  exercebat,  nequs  rapinae,  neque  libidini ,  cui- 
quam  parcibat:  omnia  divina  bumanaque  permiscebat,  SIMONETTA  o.  e.  An- 
che gli  altri  scrittori  fan  sopratutto  carico  ai  Chiavelli  della  loro  crudeltà 
ed  avarizia. 

(2)  Ved.  VALERI,  o.  e.  p.  37,  dove  si  citano  vari  storici  che  sospet- 
tano non  estraneo  lo  Sforza  alla  congiura.  È  ben  noto  come  poscia  Fabriano 
passasse  in  suo  dominio. 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  133 

suoi  orribile  ed  inaudita  strage ,  fatto  atrocissimo, 
scelleraggine  cosi  negra,  che  non  parrebbe  credibile 
siasi  potuta  consumare  quasi  nel  centro  d' Italia ,  ed 
in  età  in  cui  accresciuta  s'  era  la  mitezza  dei  co- 
stumi (*). 

Comunque  ciò  sia,  ben  nota  è  T  orrida  tragedia. 
La  mattina  del  25  Maggio  1435,  mentre  nel  coro 
di  S.  Venanzio  i  Chiavelli  ascoltavano  i  divini  uf- 
fici, ecco  alle  parole  del  Credo  :  el  incarnalus  est  de 
Spiri  tu  SanctOj  irrompere  sopra  di  loro,  inermi,  una 
schiera  di  congiurati.  Sotto  i  ferri  omicidi  cadde 
prima  Tommaso  II,  quasi  ottuagenario ,  e  dopo  di 
lui  Battista  e  con  lui  il  fratello,  i  figli  e  nepoti  (*). 

Né  r  ecatombe  di  S.  Venanzio  bastò  a  sbramare 
la  sete  di  sangue  negli  assassini.  Corsi  alle  case  dei 
Chiavelli  a  cinque  altri  giovanetti  toglievano  la  vita  ; 
delle  donne  alcune  perdevano  insieme  la  vita  e  T  o- 
nore;  altre  salvava  il  pensiero  di  serbarle  quasi  os- 
taggi contro  chi  tentasse  vendicare  i  trucidati  con- 
giunti (').  Poco  dopo   l'impresa  era   coronata   col 


(i)  «  Caedes  horribilis  ìnauditaque,  atrocissimum  factum»  scrive  secondo 
la  stampa.  Ma  nel  cod.  aggiunse:  Quum  ne  accidere  quidem  posse  vedere 
tur  tam  tetrum  scelus  in  ipso  quasi  Italiae  umhilico  et  in  hac  tempestate, 
qua  mitiora  vigurent  ingenia  j>  o.  c.  col.  248.  Fa  strano  contrasto  con  V  in- 
dignazione, che  speriamo  sincera,  dello  storico  lombardo,  la  indifferenza  con 
cui  1*  orrido  delitto  fii  registrato  nella  sua  Cronaca  dal  gubbiese  ser  Guer- 
riero di  ser  Silvestro:  «  In  Fanno  14 jj  li  homini  di  Fabriano  ama^aro  ìi 
loro  Signori  vechi  et  giovani  ».  E  basta  1  Ved.  questo  Arch.  Stor.  per  le 
Marche,  e  per  T  Umbria,  I,  p.  427. 

(2)  Vcd.  SANSOVINO,  o.  e.  p.  312,  MARCOALDI,  o.  e.  p.  7  e  le 
note  a  p.  180. 

(3)  MARCOALDI,  0.  e.  p.  180. 


X34  FRANCESCO  KOVATl 

saccheggio  del  palazzo  degli  uccisi  signori,  di  quello 
del  Podestà  ;  coli'  arsione  della  Cancelleria  e  dell'  Ar- 
chivio ;  anche  gran  parte  della  eletta  biblioteca,  a  for- 
mar la  quale  ingenti  somme  avevano  consacrate  i 
Chiavelli,  peri  allora  preda  delle  fiamme.  (')  Agli 
ottanta  congiurati  la  Comunità  fu  larga  di  privilegi 
e  d'  onori  l 

A  Giovanni  Tinti,  cui  il  dolore  di  aver  gettate 
al  vento  tante  cure  e  di  vedere  cosi  diverso  da  quel 
eh'  egli  aveva  sognato  il  prediletto  discepolo,  dovette 
amareggiare  gli  ukimi  anni ,  la  fortuna  risparmiò 
molto  probabilmente  questo  supremo  cordoglio;  egli 
non  vide  sparire  in  cosi  orribile  guisa  quella  fiorente 
famiglia  in  cui  tanto  affetto  aveva  riposto.  Assai 
prima  di  quell'infausto  giorno  egli  certo  aveva  tro- 
vato riposo  nelle  pietose  braccia  della  grande,  dell'  u- 
nica  consolatrice  di  tutte  le  umane  sventure. 


Francesco  Novati 


(i)  MARCO  ALDI,  o.  e.  1.  e.  Anche  a  Serrasanquirico  del  resto,  ap- 
pena giunse  la  notizia  dell*  assassinio  de'  Chiavelli,  la  popolazione  si  affrettò 
ad  abbruciare  1*  Archivio:  «  Quella  Comunità  ha  ahrusiato  tutti  loro  scartapel- 
lari,  libri  et  ragiuni  »  scriveasi  nel  Capitolato  fatto  poco  dopo  con  lo  Sfona 
Ved.  G.  VALERI,  V  Archivio  di  Serrasanquirico,  in  questo  Arch.  1,  p.  718. 


m  lAIANISTA  FABRIANESB  I35 


APPENDICI 


L 


SULL'  AUTORE   DEL   DE  CASU  CjESENjE. 


Il  curioso  abbozzo  o  tentativo  drammatico,  ispirato  dal 
doloroso  sentimento  di  raccapriccio  che  in  tutta  Italia  suscitò 
il  racconto  delle  orride  stragi  consunKite  nel  1377  in  Cesena 
per  comando  del  sanguinario  cardinal  di  Ginevra,  non  venne, 
come  è  ben  noto,  alla  luce,  se  non  in  tempo  a  noi  vicinissimo 
per  opera  di  un  egregio  erudito  toscano,  G,  Gori.  (')  if  dia- 


li) D^  eccidio  urbis  Caesenae  anonimi  auctoris  coaevi  comoedia  in  Arch. 
Stor,  ItaL,  t.  Vili.  P.  II.  (  1858  j.  Non  credo  inutile  avvertire  che  il  titolo, 
sotto  il  quale  dal  GORI  fu  divulgato  il  dialogo,  si  deve  al  solo  suo  arbi- 
trio e  non  è,  molto  probabilmente,  quello  di  cui  V  autore  insigni  il  suo  com- 
jponimento.  Quale  esso  fosse  non  possiamo  con  certezza  affermarlo,  perchè 
il  dial<»o  in  due  dei  tre  codici  che  Y  hanno  conservato  è  anepigrafo  ;  ma 
però  è  tacile  venire  a  verosimili  conclusioni.  Noto  anzi  tutto  che  nel  codice 
corsiniano  il  dialogo  è  chiamato  tragedia  quedam  de  casu  Cesene  :  non  già 
de  eccidio  e  questa  voce  casus  si  ripete  anche  in  quell*  Argumentum,  che  in 
tutti  e  tre  i  codd.  leggesi  preposto  al  dialc^  e  manifestamente  è  dovuto 
ali*  autore  medesimo  :  Argumentum  est  veUe  significare  casum  infelicis  dvi' 
toHs  Cesene.  Si  aggiunga  infine  che  anche  nella  lettera  di  A.  Casario  al 
Ferretti,  più  sotto  citata,  il  dialogo  è  detto  de  f  infelice  et  miserabile  caso  di 
Cesena,  evidente  reminiscenza  del  titolo  che  esso  aveva  nel  codice  dal  Ga- 
sarlo veduto.  Ove*  si  tenga  conto  di  tutte  queste  osservazioni  ed  a  esse  si 
unisca  pur  V  altra  che  la  voce  casus  è  di  latinità  buonissima,  non  credo 
vi  sarà  alcuno  che  rifiuti  di  sostituire  al  titolo  proposto  dal  GORI,  quello 
con  cui  noi  indichiamo  il  dialogo:  De  casu  Caesenae^  che  assai  probabil- 
mente è  il  solo  con  cui  V  autore  si  piacque  chiamarlo. 


13^  FRANCESCO  NÒVATI      ' 

logo  però  (  che  del  titolo  sia  di  commedia  sia  di  tragedia  non  ci 
par  davvero  lecito  onorare  si  sconnesso  componimento  (')  ) 
godeva  già  da  tempo  di  una  certa  fama,  poiché  la  attribuzione 
che  il  codice  gaddiano  -  laurenziano,  il  solo  sin  qui  conosciu- 
tone, ne  fa  al  Petrarca,  aveva  gii  dallo  scorso  secolo  attirata 
su  di  esso,  benché  in  modo  assai  superficiale,  V  attenzione  dei 
dotti.  Ne  discorsero  cosi,  dopo  lo  Zeno,  il  Mehus,  il  De  Sa- 
de, il  Tiraboschi,  1'  Andres  e,  più  tardi,  il  Levati;  i  quali  tutti,  o 
presso  che  tutti,  non  sollevarono  contro  la  pretesa  paternità  pe- 
trarchesca, alcuna  obiezione  (^).  a  Or  crederà,  scriveva  il  Gori, 
inviando  al  Vieusseux  il  dialogo  perché  lo  publìcasse  nel-^ 
r  Archivio  Storico^  crederà  essere  più  chiaro  e  lampante  che  il 
sole,  che  tutti  questi  barbassori,  sulla  cui  parola  generalmente 
giurasi  in  fatto  di  letterari  giudizi,  hanno  parlato  di  questa 
Commedia  senza  averla  letta?  »  (')  Che  se  essi  si  fossero 
data  questa  pena,  avrebbero  tosto  riconosciuta  V  assoluta  im- 
possibilità di  poter  credere  quel  componimento  sceso  dalla 
penna  di  messer  Francesco.  Se  alla  Commedia  infatti^  scrittu- 
ra  grossolana  e  scorretta  tanto  che  a  priori  doveva  parer  as- 
surdo r  attribuirla  al  Petrarca,  non  porge  argomento  V  asse- 
dio che  della  fortezza  di  Cesena  fece  nel  1357  il  cardinale 
Albornoz,  come  si  era  ripetuto  ;  (^)  ma  in  quella  vece  V  ecci- 
dio ordinato  in  odio  della  infelice  città  dal  prelato  che 
doveva  poco  dopo,  usurpando  il  nome  di  Clemente*  VI,  assor- 
gere al  soglio  pontificio  ;  come  il  Petrarca  poteva  aver  deplo- 


(i)  E  r  uno  e  1'  altro  però  furongli  dati  dai  contemporanei;  ved.  la 
nota  preced. 

(2)  I  luoghi  in  cui  dai  citati  eruditi  si  ricorda  il  De  Casu  son  diligen- 
temente raccolti  e  discussi  dal  CORI,  o.  e. ,  p.  4  e  segg. 

(3)  Op.  e,  p.  6. 

(4)  E  si  è  continuato  a  ripetere:  ved.  per  esempio,  CARDUCCI,  Le  stan^ 
Te  etc.  di  A,  Poliiiano  (  Firenze,  Barbera,  i86j  )  p.  LXI,  dove  sulla  fede  del 
GIUDICI,  Stor,  del  teatro  in  ItaL,  cap.  VII.  $.  7,  n.  i,  si  fa  risalire  la  mi- 
oa  di  Cesena  al  1351  (?).  Le  conclusioni  del  Cori  son  invece  state  accolte 
dal  D'ANCONA,  Origini  del  teatro  in  Italia.,  II,  p.  154. 


*  * 


UN  UMANITÀ  PA&RtANCSE  I37 

rato  un  avvenimento  compiutosi  nel  1377,  cioè  tre  anni  dopo 
la  sua  morte  ? 

Uno  solo  fra  i  dotti,  che  nello  scorso  secolo  si  occuparono 
del  Dt  casu  Caesenae,  giudicò  doversi  negar  fede  all'  opinione 
che  ne  faceva  autore  il  Petrarca:  e  questi  fu  il  Tiraboschi,  il  quale, 
ebbene  non  avesse  avvertita  la  confusione  avvenuta  fra  le  due 
sventure  che  in  meno  di  cinquanta  anni  aveano  funestata  Ce- 
sena, pure  con  quel  suo  mirabile  acume  sospettò  V  errore  ed 
inchinò  ad  accogliere  la  affermazione  di  un  dotto  cinquecen- 
tista che  il  De  Casu  fosse  invece  opera  di  Coluccio  Salutati.  ('). 
A  questa  ipotesi  però  il  Gori  si  oppose  risolutamente  perchè  gli 
pareva  assai  agevole  mostrarne  la  poca  solidità;  il  che  infatti  egli 
fece  mettendo  a  confronto  con  il  dialogo  la  nobilissima  lettera, 
che  a  nome  del  popolo  fiorentino  aveva  scritta  in  esecrazione 
della  nefanda  strage  il  Salutati  a  tutti  i  principi  d' Italia  ed  ai 
sovrani  stranieri  (^).  Dal  confronto  apparve  ben  manifesto  come 
fosse  impossibile  ammettere  che  i  due  componimenti  fossero 
usciti  da  una  unica  penna,  a  Se  lo  stile  della  lettera,  conclu- 
de il  Gori,  non  può  dirsi  purgato  e  colto  (  pregio  che  sareb- 


(i)  Ecco  le  parole  stesse  del  TIRABOSCHI  :  «  La  Commedia  ossia  il 
«  Dialogo  sulla  espugnazione  di  Cesena  senza  ragione  attribuito  al  Petrarca  y 
e  pare  anzi  che  debba  credersi  opera  di  Coluccio  Salutato.  Cosi  almeno  cre- 
«  aevasi  nel  sec.  XVI,  ed  io  lo  raccolgo  da  una  lettera  di  Antonio  Casario 
ff  a  monsignor  Ferretti  Vescovo  di  Lavello  scritta  da  Cesena  ;  e  che ,  co- 
«  munque  non  abbia  data,  dovette  certo  essere  scritta  al  più  tardi  nel 
e  i$57,  in  cui  il  Ferretti  mori:  «  Mando  a  V.  S.,  dice  egli,  il  Dialogo 
«  cV  Ella  desiderava  de  f  infelice  et  miserabil  caso  di  Cesena  nel  tempo,  che 
e  fu  cosi  crudelmente  da*  Britoni  minata,  dal  quale  conoscerà  quanto  in  pie- 
e  ciolo  stato  fosse  allora  la  Lingua  Latina,  et  pur  il  Collutto,  che  n*  è  T  autore, 
e  era  de'  buoni  della  sua  età  estimato,  »  Stor,  della  leti,  ital.  t.  IX,  p.  71  (  Mo- 
dena, 1775  ).  Dalla  lettera  del  Casario,  stampata  fra  le  Lettere  volgari  di 
diversi  <  Venezia,  15 64,  Lib.  Ili,  p.  39)  noi  possiamo  ricavare  una  prova 
diretta  dell'  esistenza  di  un  cod.  cesenate,  certo  assai  importante,  del  dialogo 
e  una  indiretta  della  poca  probabilità  che  il  Salutati  ne  sia  stato  1*  autore; 
ciò,  attesa  la  rozzezza  del  componimento,  pareva  strano  al  Casario  medesimo. 
(2)  Questa  lettera  Regibus  atque  Principibus,  scritta  il  21  febbraio  1377, 
era  già  stata  data  alla  luce ,  ma  assai  scorrettamente,  dal  MURATORI , 
Rer.  Jt.  Script.  XV. 


138  FRANCESCO  NOVATI 

be  indiscretezza  pretendere  dagli  scrittori  di  quel  secolo  di 
ferro,  pure  non  solecìzza  e  non  barbarizza,  come  ad  ogni  tratto, 
la  squacquerata  sintassi  della  Commedia  ».  (') 

Al  Gori  però  era  rimasta  ignota  una  testimonianza  che, 
venendo  in  appoggio  delle  affermazioni  di  Antonio  Gasarlo , 
potrebbe  a  primo  aspetto  conferire  all'  opinione  del  Tirabo- 
schi  una  maggiore  parvenza  di  verità.  E  la  testimonianza  è 
quella  di  un  codice,  scritto  sul  cader  del  trecento,  nel  quale 
pure  il  dialogo ,  invece  che  al  Petrarca ,  è  attribuito  al  Salutati  : 
il  Gorsiniano  33.  E.  23  ,  (*)  in  cui  il  comp<mimento ,  del  qua- 
le ci  occupiamo,  va  da  f.  86  r.  a  91  r.  ed  è  preceduto  da  que- 
sto titolo  :  Tragedia  quedam  de  Casu  Cesene  edita  per  ColuHum 
de  Salutatis  de  Stìgnano  Cancellarium  Flarentinum*  Introducun- 
tur  conlocutares  Joannes  et  Corradus.  (') 

Dinnanzi  a  questo  argomento,  che  vien  certamente  a  rin- 
forzare r  opinione  abbracciata  dal  Tiraboschi ,  ed  alla  quale 
ora  i  più  propendono,  che  dobbiamo  noi  fare?  È  egli  proprio 
necessario  riconoscere  nel  De  Casu  Caesenae  un  frutto,  poco 
felice,  dell'  ingegno  del  celebre  cancelliere  fiorentino  ? 

Se  dobbiamo  svelare  francamente  il  nostro  pensiero,  di- 
remo non  parerci  permessa  neppure  la  più  lieve  esitazione 
sulla  bontà  degli  argomenti  addotti  in  contrario  del  Gori.  Ghe 
dalla  penna  del  Salutati  potesse  esser  caduto  si  rozzo  compo- 
nimento, a  fatica  ci  saremmo  indotti  a  crederlo  ove  fosse  statò 
lecito  attribuirlo  ai  suoi  anni  giovanili;  agli  anni  in  cui  scri- 
veva quelle  declamazioni  sulla  morte  di  Lucrezia,  che  otten- 
nero ai  suoi  giorni,  ed  anche  nel  pieno  rifiorire  degli  umani 


(i)  0.  e.  p.  7. 

(2)  Di  questo  cod.  ho  già  avuto  occasione  di  discorrere  (ved.  Gìom. 
Star,  della  UtU  i/a/.,  I,  63  ):  basterà  pertanto  qui  il  notare  che  la  parte 
di  esso,  ove  si  legge  il  nostro  componimento,  appartiene  agli  ultimi  anni 
del  sec.  XIV,  se  non  forse  ai  primi  del  seguente. 

(3)  Allo  scrittore  sono  rimasti  nella  penna  i  nomi  degli  altri  due  in- 
terlocutori, del  Cesenate  cioè  e  del  Messo.  AI  dialogo,  che  com.  con  le  pa- 
role di  Johannes  :  Si  loqui  cepero  moìesius  sum . . .  non  segue  alla  fine  ninna 
didascalìa:  tu  et  geruìus  ite  Jelices  et  omni  prò  re  tene  me  tuum.  Amen. 


VH  UMANISTA  FA&RIAKESE  Ì39 

Studi,  tanto  (  e  tanto  poco  meritato  !  )  favore.  (')  Ma  quando 
fosse  neoesario,  come  lo  sarebbe,  ascrivere  tal  componimento 
alla  virilità  di  Coluccio,  piegarci  ad  opinione  sifiatta  ci  diviene 
addirittura  impossibile.  Q)  Noi  dividiamo  quindi  intieramente  la 
credenza  del  Gori  e  l'attribuzione  del  cod.  corsiniano  non  ha  agli 
occhi  nostri  maggior  valore  di  quella  del  ms.  laurenziano.  Cosi 
come  il  copista  di  questo  si  lasciò  sfuggir  dalla  penna,  Dio  sa 
perchè,  il  nome  del  Petrarca,  cosi  il  trascrittore  di  quello  ap- 
pioppò il  De  Casa  Caesenae  al  Salutati.  Il  componimento  correva 
adespoto;  il  capriccio  degli  amanuensi  lo  battezzò  col  nome 
del  più  illustre  letterato  contemporaneo  che  lor  soccorresse 
alla  memoria  :  e  una  volta  toccò  al  Petrarca,  un'  altra  al  Sa- 
lutati. Né  per  V  uno,  né  per  V  altro,  del  resto,  il  caso  poteva 
reputarsi  nuovo.  (') 


(i)  Questa  opinione,  che  noi  nutriamo  da  lungo  tempo,  la  vediamo 
con  piacere  divisa  dal  VÓIGT,  il  quale  in  un  suo  recente  e  bel  lavoro 
Uber  die  Lucretia-fahel  und  ihre  literarischen  Verwandten  (  in  Berichte  ub, 
die  Ferbandiung,  der  K.  Sachs»  GeséllscL  der  Wissensch,  ^u  Leipiigy  HisU 
PbU,  CLy  1883,  I,  II,  p.  2$  )  giudica  le  declamazioni  scrìtte  da  Coluccio 
óhne  Zweifel  in  jùngeren  lahrm.  Il  numero  dei  codici  che  le  racchiudono 
è  addirittura  straordinario:  esse  furono  stampate,  come  opera  del  Piccolo- 
mini  ,  prìnu  ancora  che  nell'  edizione  di  Basilea ,  come  scrìve  il  VOIGT, 
in  una  edizione  milanese  del  sec.  XV  delle  Epistolae  Aeneae  Siìvii.  Ad  ogni 
modo  la  paternità  di  Coluccio  non  si  può  mettere  in  dubbio  e  le  due  ora- 
zioni, sebbene  scrìtte  con  uno  stile  sonfìo  ed  ampolloso,  sono  però  senza 
confronto  superìorì  alla  rozza  latinità  del  De  Casu, 

(2)  Ved.  anche  VOIGT,  1.  e 

(3)  Al  Petrarca  ouello  stesso  cod.  laurenziano,  che  gli  attribuisce  con 
tanta  franchezza  il  De  Casu ,  dà  pur  la  paternità  di  una  lamentazione  di 
Medea,  opus  nobiUssimum,  che  egli  certamente  non  scrìsse  mai  (  ved.  GORI, 
a  e.  p.  4  )  Son  del  resto  ben  noti  i  lamenti  che  il  grande  uomo  faceva 
con  r  amico  Lelio  intomo  alla  facilità  con  cui  gli  si  attribuivano  molte  scrìt- 
ture,  e  in  latino  e  in  volgare,  delle  quali  e*  era  da  arrossire  soltanto  a 
sentirsene  sospettar  autori  I  Epist.  Senti.  II,  X.  Al  Salutati  poi  son  state 
regalate  opere  che  non  esistettero  mai,  oltre  alcune  che  realmente  possedia- 
mo. Non  essendo  questo  il  luogo  di  tessere  il  catalogo  degli  scrìtti  apocrifi 
del  Cancelliere  fiorentino,  basterà  ricordare  come  il  LAMI  nel  Catalogo  della 
Riccardiana,  e  tutti  gli  altri  dopo  di  lui ,  T  abbian  fatto  autore  di  un'  Ars 
dictandij  che  si  leg^e  nel  cod.  riccard.  808,  la  quale  risale  ad  un  secolo 
prima  ed  è  probaKlmente  ,  come  le  lettere  che  ad  essa  sono  unite,  uscita 
dalla  scuola  di  Giovanni  Bondi  d' Aquileja  I 


140  FSANCESCO  MOVATI 

Si  dovrà  adunque  rinunziare  decisamente  aHa  speranza  di 
rinvenire  il  vero  autore  dei  De  Casu  Caesenae  ì 

Ben  al  contrario;  era  necessità  sgombrare  il  cammino 
dagli  ostacoli  che  ci  impedivano  di  arrivare  alla  meta  e  ciò 
noi  abbiamo  voluto  fare  innanzi  tutto.  Ed  ora  che  la  via  è 
aperta,  la  meta  ci  apparirà  non  lontana,  perchè,  se  pur  non 
ci  inganniamo,  teniamo  questa  volta  in  pugno  la  chiave  del 
piccolo  problema. 

Il  De  Casu  Caesenae^  oltre  che  nel  cod.  laurenziano  e  nel 
corsiniano ,  ci  è  giunto  anche  in  un  terzo  manoscritto ,  sfug- 
gito esso  pure ,  per  quanto  sembra ,  alle  investigazioni  .  degli 
studiosi.  È  questo  il  Chigiano  H.  IV.  3,  (*)  che  un  Pietro  di 
Giovanni  Nardi ,  nativo  di  quella  città,  la  quale  contese  ad  Ur- 
bania  il  vanto  di  esser  la  prima  fra  le  terre  della  montagnosa 
Massa  Trabaria,  scrisse  dal  1470  al  1475»  mentre  seguiva  nelle 
sue  guerresche  imprese  il  magnifico  Federico  di  Montefeltro.  (') 
Qualunque  fosse  V  ufficio ,  eh'  ei  teneva  presso  colui ,  che  fu 
il  primo  duca  d'  Urbino,  (')  certo  il  Nardi  non  era  privo  di 


(i)  Il  cod.,  segnato  anticamente  ii4o,  è  di  mano  del  sec.  XV,  di 
fogli  recentemente  num.  i4o,  più  4  in  principio  orìffinarìamente  bianchi. 
Mis.  i4  X  21:  ed  è  l^ato  assai  nccamente  in  pelle  verde  con  gli  stemmi  chi- 
giani.  Lo  precede  un  indice  assai  incompiuto,  di  mano  moderna.  I  primi 
quattro  fo^Ii  e  gli  ultimi  quattro  (  i)6t-  i4or),  che  lo  scrittore  aveva  la- 
sciati vuoti,  furono  da  una  mano  diversa,  ma  antica,  riempiti  con  alcune 
rime  volgari,  adespote:  sonetti,  sestine,  capitoli.  Noto  fra  questi  il  capitolo 
ben  conosciuto  dei  Forestani: 

O  specchio  di  Narciso,  o  Ganimede, 
che  si  legge  a  f.  137  t 

(2)Ciò  rilevasi  dal  s^;uente ricordo  che  il  copista  appose  a  f.  24 r,  dopo 
aver  cioè  trascritto  il  Catilinario  di  Sallustio  :  FINIS.  TE  AQ2  (sic).  Hja 
Tempore  Pauli  secundi  die  6  may  bora  uero  nofie  ego  petrus  Johannis  nardi 
hunc  librum  de  sancto  Angelo  in  Vado  sub  stipendio  Dni  dni  comitis  federigi 
perfeci.  S.  Angelo  in  Vado,  capo  luogo  delle  venti  terre,  fra  città  e  castella, 
poste  nella  regione  superiore  del  Metauro,  che  formavano  lo  stato  de*  Bran- 
caleoni,  era  passato  nel  1437  in  potere  di  Federigo  d*  Urbino,  come  dote 
della  di  lui  moglie  Gentile,  unica  erede  dell*  ultimo  Brancaleoni.  Ved.  UGO- 
LINI, Storia  dei  Conti  e  Duchi  S  Urbino  (  Firenze,  Grazzini ,  1859  )  '^omol, 
p.  282,  dove  a  lunso  si  descrive  S.  Angelo  in  Vado. 

(3)  Le  parole  che  usa  il  ì^sirdi  f  sub  stipendio  domini  comitis  fedmgi  ) 
farebbero  credere  eh*  ei  militasse  sotto  le  insegne  del  Conte  d*  Urbino. 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  14! 

una  certa  cultura  letteraria,  giacché  soltanto  la  propria  soddi- 
sfazione deve  averlo  indotto  a  raccogliere  per  vari  anni  nel  suo 
zibaldone  quante  scritture  gli  venivano  alle  mani;  d' antichi  e  di 
moderni,  classiche  e  teologiche,  poetiche  e  prosaiche.  (')  Ora 
è  appunto  in  mezzo  a  questa  selva  che  il  Nardi  col  suo  ca- 
ratterino stentato,  minutissimo,  spesso  indecifrabile,  ha  trova- 
to posto  anche  per  il  De  Casu  Caestnae.  (')  E  ad  esso  ha  fatto 
precedere  1'  Argumentum ,  già  noto  a  noi  per  il  codice  lau- 
renziano,  ma  libero  però  da  quella  goflPa  aggiunta  che  ivi  sem- 
bra fare  del  Gerulus  e  di  Francesco  Petrarca  una  sola  persona; 
(')  e  lo  segue  poi,  dopo  T  Amen  di  rito,  il  seguente  ricordo, 
del  quale  è  facile  veder  l'importanza: 

Hoc  fecit  S^  Ludouichus  de  Fabriano  anno  domini 
M.  ecc.  LXX.  VIJ  in  Ciuitate  Perusij  et  isto  anno  et 
tempore  fuit  quod  supra  narratum  est:  mense  autem 
prout  in  opere  supra  concluditur. 


(i)  Cos\  dopo  le  storie  dì  Sallustio  il  Nardi  ha  ricopiate  tre  orazioni 
di  Cicerone  (  f.  25  r  -  f.  34  r  ),  le  celebri  invettive  apocrife  di  Sallustio  con- 
tro Cicerone  e  la  risposta  di  questi  (  f.  80  r  -  f.  83 1  ),  V  Or  alio  Senecae  ad 
Neroném  (  £.  84  r.  )  e  dei  Flores  auctoritatum  Senecae  (f.  90  r-91  t  ),  etc. 
Fra  gli  scrìtti  di  età  più  recente ,  oltre  che  molti  versi  e  prose  senza  indi- 
cazione d'  autore,  sono  a  notarsi  una  lunga  scrittura  grammaticale,  che  va 
daf.  34ra  f.  4or;  un  trattato  teologico  sulla  immacolata  concezione 
(  f.  4i  r  -  f.  50 1  ),  la  traduzione  fatta  dallo  Zambeccarì  delle  Epistole  di  Liba- 
rne (  f.  59  r  -  f.  79  t  K  una  lettera  del  Petrarca  (  Sen,  XIII,  i  f.  92  r  )  ;  una 
bizzarra  epistola  di  Satana  a  Giovanni  Dominici,  il  celebre  cardinal  Ragusino 

(  f.  99  r  -  99  t  ),  il  divulgatissimo  epitafìo  scritto  per  la  tomba  del  Visconti, 
arcivescovo  dì  Milano,  da  Gabrio  de*  Zamorei  (Quam  fastus,  quam  pompa 
ìtvis  etc,  f.  102  r  ),  una  orazione  Dominici  Sabini  de  uxorum  commodis  et 
incommodis  (  f .  105  t  -  f.  ix4  t  ),  etc. 

(2)  f.  96  t  -  f.  98  t. 

(3)  Diciamo  cosi,  giacché  noi  non  crediamo  che  scrivendo  :  Collo-' 
quitores  (sic)  introducunlur  Johannes  et  Conradus  Cesanensis  et  Gerulus  D, 
F .  Petrarca,  lo  scrittore  del  cod.  laurenziano  intendesse  identificare  il  Petrarca 
col  messo ,  ma  sibbene  indicar  V  autore  della  commedia ,  come  più  aperta- 
mente  faceva  poi  nella  nota  di  chiusa. 


X42  FRANCESCO  NOVATI 

Ecco  adunque  apparir  sulla  scena,  reclamando  la  paternità 
del  dialogo,  un  personaggio  finora  sconosciuto:  ser  Lodovico 
da  Fabriano.  Le  sue  pretese  meritano  di  esser  prese  in  consi- 
derazione? Vediamolo. 

Sarà  per  ciò  necessario  esaminare  quanta  fede  possa  essere 
attribuita  alla  didascalia  del  cod.  chigiano  :  è  dessa  da  reputarsi 
un'  arbitraria  aggiunta  del  Nardi  o  invece  fedel  trascrizione  di 
quanto  egli  leggeva  nel  cod.  che  esemplava  ?  La  prima  ipotesi 
si  può  tosto  respingere  e  con  piena  sicurezza  di  non  cadere  in 
errore.  È  inammissibile  che  il  Nardi  cavasse  dal  suo  capo  le  noti- 
zie che  nella  rubrica  son  date  in  forma  cosi  precisa  ed  esplicita; 
egli,  scrittore,  come  per  altre  prove  lo  sappiamo,  diligentissi- 
mo  ('),  non  ha  fatto  che  riportare  nel  suo  libro  una  nota  che 
nel  codice  da  lui  ricopiato  seguiva  al  De  Casu  Caesenae. 

Ma  a  questo  codice,  di  cui  il  Nardi  si  giovò j  quale  au- 
torità può  essere  conceduta  ?  Quando  e  dove  e  da  chi  sarà 
stato  trascritto  ?  Risaliva  esso  al  secolo  decimoquarto  ?  A  tali 
domande  non  riesce,  conie  ben  si  capisce,  agevole  troppo  il 
dare  «una  risposta.  Non  sarà  tuttavia  inutile  il  tentarlo. 

Notiamo  innanzi  tutto  che  il  Nardi  deve  aver  ricopiato 
il  De  Casu  Caesenae  in  Roma  nel  1475.  Di  ciò  noi  siamo 
edotti  da  un  ricordo  che  egli,  come  era  solito  di  fare,  (^)  ap« 
pose  in  calce  ad  un  trattatalo  teologico  che  aveva  trascritto;  (') 


())  Ved.  la  nota  a  pag.  143. 

(2)  Abbiamo  già  riferita  1*  annotazione  del  1470,  che  si  legge  a  f.24r. 
Eccone  una  seconda  di  cinque  anni  dopo ,  che  sta  a  f.  79  t  (e  ciò  mo- 
strerebbe forse  come  nel!'  intervallo  tra  il  1470  ed  il  1475  il  Nardi  non 
avesse  trascritto  alcuna  cosa  nel  suo  volume):  Finis.  MCCCCLXXV  die 
1}  KprUis  manu  mei  Peiris  Joannis  de  sancto  angelo  in  nodo.  Una  terza,  più 
breve  a  f.  ii4t,  si  limita  a  ricordare  il  tempo  in  cui  il  N.  terminò  di  rico- 
piare r  orazione  del  Sabino  :  Finis,  die  prima  februarij  147 s»  IQ  ^Itre  due  lo 
scrittore  toma  a  far  menzione  della  persona  propria  :  così  a  f.  132  r,  dove 
chiude  certe  lettere  dicendo  :  Finis,  14JS  die  8  aprilis.  Manu  mei  petri  de 
sancto  Angelo  in  uado  ed  a  f.  136  t  dopo  V  Or  atto  in  qua  continentur  non- 
nulle  matrimoni  laudes  :  Tecos  (sic),  Amen,  Manu  propria  mei  petri  de  sancto 
Angelo  in  uado  ss,  die  22  Aipriìis  147S- 

(3)  Il  trattato,  che  com.  a  f.  112  così:  In  libro  decreti  24}  e.  Resecando, 
dicitur  :  Resuande  sunt  putride  carnes  et  scabiose . . .  à  volto  a  dimostrare 


UN  UMANISTA  FABRUNESE  I43 

dal  quale  risulta  che  egli  trovavasi  ospite  della  eterna  città 
nel  febbraio  di  queir  anno.  E  siccome  aggiunge  che  al- 
lora trovavansi  pure  in  Roma  il  Re  di  Napoli  ed  il  Duca 
d'  Urbino  e  noi  sappiamo  eh'  egli  era  ai  servigi  di  quest'  ul- 
timo, cosi  è  molto  probabile  avesse  da  Napoli  seguito  alla 
corte  di  Sisto  IV  il  suo  Signore.  (')  Vero  è  che  in  calce  al 
dialogo  il  Nardi  non  si  è  curato  di  indicare,  secondo  il  suo 
solito,  il  giorno  e  il  mese  e  1'  anno  in  cui  aveva  compiuta 
la  sua  fatica;  ma  il  trovar  noi  collocato  il  De  C^ff  fra  scritti 
esemplati  in  Roma  dal  febbraio  all' aprile  del  1475  ci  concede 
di  stabilire  con  sicurezza  che  in  quella  città  e  in  quel  tem- 
po dovette  venir  anch'  esso  trascritto. 

Ma  che  il  Nardi  trovasse  o  no  in  Roma  il  codice  che 
conteneva  il  De  Casuy  è  questione  di  poca  importanza;  ben  più 
utile  sarebbe  per  noi  il  conoscere  donde  questo  codice  prove- 
nisse. E  su  tal  proposito  ci  sia  concesso  manifestare  un  so- 
spetto ,  forse  non  del  tutto  infondato ,  che  1'  esame  dei  vari 
opuscoli  riuniti  dal  Nardi  nel  suo  zibaldone  ha  fatto  sorgere 
in  noi.  Dicemmo  già  come  il  buon  uomo  facesse  tesoro  an- 


b  falsità  della  opinione  teologica  sull'  immacolata  concezione,  la  anale  vien 
definita  heresis  pexima.  Anche  in  teologia,  tempora  mutantur,.!  A  e  50 1, 
dove  il  libro  finisce  con  queste  ^sltoìg:  doctores  eius  ubi  ostendant  privilegium, 
il  Nardi  aggiunse:  Nota  quod  in  ilio  exempìari  non  inumi  plus  et  sicut  m- 
ueni  ita  scripsi  nec  hoc  credo  esse  completum  opus:  nobisque  nunc  satis  est  hoc 
scripsisse.  Deo  gratias  et  nobis  infundet  gratiam  suam  ut  de  hoc  uerum  habea- 
mus.  E  sotto  :  òcriptum  fuit  hoc  opus  a  me  Petro  Johannis  de  sancto  angelo  in 
uado  anno  domini  14JS  die  ^  Februarij  tempore  sanctissimi  pape  Sixti  4  nec 
non  tempore  quo  rome  indulgentia  plenaria  aderam  et  ilio  tunc  erant  ibi  Rex 
Sicilie  ac  etiam  Urbini  dux  quos  deus  secundet  iuxta  vota  et  contra  paganos 
vires  (?)  eorum  dirigat. 

(t)  Federigo,  fatto  nel  '74  duca  d'Urbino,  passò  sui  primi  del  se- 
guente anno  da  Napoli  a  Roma,  dove  fu  con  grande  onore  ricevuto  dal  pon- 
tefice: assistette  alle  nozze  di  Giovanna,  sua  seconda  figliuola,  con  Giovanni 
della  Rovere,  nepote  di  Sisto  IV,  e  non  lasciò  la  corte  pontificia  se  non  per 
andar  a  fare  V  impresa  di  Città  di  Castello  tenuta  da  Niccolò  Vitelli.  Ved. 
MUTIO,  Historia  de'  fatti  di  Federigo  da  Montefeltro  (  Venezia,  Ciotti,  1605  ), 
Libr.  Vili,  p.  J71,  LITTA,  Famiglie  celebri.  Conti  del  Montefeltro,  tov.  Ili, 
UGOLINI,  Stor.  de'  Conti  e  Duchi  £  Urb.  I,  p.  507. 


144  FRANCESCO  NOVATI 

che  di  scritture  contemporanee;  e  studiosamente  raccogliesse 
quelle  orazioni ,  epistole ,  metriche  composizioni ,  che  dalle 
penne  degli  umanisti  scesero  in  tanta  abbondanza.  Ora  la  più 
parte  di  questi  scritti  è  disgraziatamente  priva  del  nome  dei 
rispettivi  autori;  ma  fra  i  pochi,  che  invece  ne  sono  fregiati, 
riappariscono  insistentemente  i  nomi  di  scrittori  perugini.  Cosi 
è. di  un  perugino,  il  celebre  Francesco  Maturanzi,  quell'ora- 
zione in  lode  delle  arti  liberali  che  leggiamo  ai  51;  (0 
cosi  i  versi  latini  di  un  G.  C.  Farnese,  che  trovansi  a  f.  102, 
sono  diretti  ad  un  nobile  perugino,  a  Guido  della  Comia('); 
i  quattro  epigrammi,  che  si  rinvengono  altrove,  deplorano  una 
sventura  perugina ,  la  morte  di  una  fanciulla  di  quella  città  » 
Urbana,  vittima  di  maritale  gelosia,  (')  etc. 

Questa  riunione  di  scritti ,  composti  da  perugini  o  a  pe- 
rugini diretti,  nello  zibaldone  del  Nardi  deve  imputarsi  a  pura 


(i)  Francisei  Mataratij  perusini  or  atto  in  omnium  artium  que  liheralgs 
dicuntur  Jaudes  edita.  Com.:  Non  mediocri  animum  meum  ìetitia.  Term.  f.  $St: 
Excidet,  ingenti  stat  sine  morte  decus.  Questa  orazione  è  ricordata  dal  VERMI- 
GLIGLI (Biograf,  degli  scrittori  ùerugini,  Perugia»  Battelli,  1828,  t  II,  p. 
109  -  12  X  )  colà  dove  tesse  il  catalogo  degli  scrìtti  dtl  Maturanzi,  ma  sotto 
il  titolo  di  Oratio  hahita  Perusiae  prò  meliorandis  studiis.  Che  però  non  si 
tratti  di  diversa  scrittura  Io  attesta  il  VERMIGLIGLI  stesso,  affermando 
esister  essa  nel  codice  cliisiano  del  Nardi  (  p.  117).  Il  vero  cognome  del- 
la famiglia  da  cui  nacque  i  umanista  perugino  era,  come  risulta  da  una  per- 
gamena vista  dal  V.,  Mataraccio  ;  latinizzato  poi  in  Maturantius  assai  strana- 
mente. La  rubrica  del  cod.  chigiano  viene  a  porger  di  ciò  nuova  conferma. 

(2)  Julius  Cesar  Farnesius  (?)  ad  Guidonetn  Corneum  Civem  Perusi- 
num.  Com  : 

Guide,  decus  Latii,  patrie  proavumque  iuorum, 
IL  VERMIGLIGLI  (  o.  e.  I,  p.  349-359),  mentre  ricorda  vari  illustri  per- 
sonaggi  appartenenti  alla  famiglia  della  Comia,  non  fa  menzione  alcuna 
di  questo  Guido. 

(3)  Apprendiamo  ciò  dal  VERMIGLIGLI,  il  quale,  dopo  avere  asse- 
rito che  l'orazione  surricordata  dal  Mamranzi  si  legge  nel  nostro  codice, 
continua  :  «  E  poiché  ci  occorre  di  rammentarlo,  aggiungeremo,  che  in  es- 
«  so  si  trovano  pure  quattro  epitaffi  metrici  in  morte  di  Urbana  perugina 
a  moglie  di  un  Fabricio,  e  vi  si  dicono  raccolti  da  un  Pier  Giovanni  l&rdi 
«  (sic),  e  da  essi  si  apprende  che  questa  giovane  morì  avvelenata  per  so- 
ft spetto  di  infedeltà;  uno  di  quegli  epitaffi  è  forse  simile  ad  altro  che  si 
«  legge  nel  cod.  misceli,  della  pubblica  biblioteca  di  Perugia,  num.  60  ». 
0.  e.  II,  117. 


UN  UMANISTA  FABRJANESE  I45 

bizzarria  del  caso?  Potrebbe  darsi;  ma  potrebbe  darsi  pur 
anche  che  la  cagione  fosse  a  rinvenirsene  altrove  :  che  il 
Nardi  spigolasse  da  un  codice  scritto  in  Perugia  o  per  lo 
meno  da  un  perugino  e  da  esso,  come  gli  scritti  già  citati, 
togliesse  pure  il  dialogo  di  cui  ci  occupiamo.  Ove  si  ammetta 
questa  ipotesi,  alla  didascalia  che  accompagna  il  De  Casu  nel 
cod.  chigiano  si  viene  a  riconoscere  non  lieve  importanza: 
scritta  in  Perugia,  essa  ci  offre  T  eco  di  una  tradizione  locale, 
degna  di  fede.  Ma  la  esattezza  della  didascalia,  che  del  resto 
presenta  caratteri  manifestissimi  di  genuinità,  può  essere 
confermata  anche  per  altra  guisa.  In  essa  si  afferma  che  la 
commedia  non  soltanto  fu  composta  in  Perugia,  ma  lo 
fu  nel  1377 ,  vale  a  dire  subito  dopo  V  eccidio.  Che 
questo  nuovo  particolare  debba  esser  conforme  al  vero 
nessuno  vorrà  negarlo;  non  è  infatti  punto  probabile  che 
il  Nardi,  o  la  sua  fonte ,  V  avesser  inventato  a  capric-> 
ciò;  non  se  ne  vedrebbe  alcun  plausibil  motivo.  Nondi- 
meno anche  la  esattezza  della  determinazione  cronologica  si 
può  facilmente  dimostrare.  Scrìve  il  Gori  essere  da  certe  pa- 
role pronunciate  da  uno  degli  interlocutori  concesso  arguire 
che  il  dialogo  a  fu  scritto  nell'anno  stesso  che  segui  Torri- 
e  bil  caso  ;  giacché  non  si  fa  alcuna  allusione,  né  alla  morte 
«  di  papa  Gregorio  successa  ai  28  di  Marzo  del  1378,  né 
e*  air  esaltazione  al  triregno  del  feroce  Cardinale  di  Ginevra, 
a  avvenuta  il  20  Settembre  dell'  anno  medesimo.  »  (')  Che 
il  Gori  fosse  pienamente  nel  vero,  la  rubrica  del  cod.  chigiano 
ora  lo  conferma;  la  commedia  fu  certamente  scritta  nella 
primavera  del  1377  (*). 

Ma,  domanderà  forse  qualcuno,  quali  argomenti   ci   pos- 
sono dar  la  certezza  che  un  ser  Lodovico  da  Fabriano  vivesse 


(i)  o.  e.  p.  25. 

(2)  Anzi,  se  crediamo  alla  rubrìca,  nel  febbrajo;  giacché  il  i  di  quel 
mese  avvenne  T  eccidio  (ved.  GORI,  o.  e  p.  22). 

Archivio  Storico  II.  io. 


14^  FRANCESCO  NOVATI 

realmente  nella  seconda  metà  del  sec.  XIV?  E  se  egli  ha 
esistito,  non  riuscirà  facile  rinvenire  qualche  menzione  di  lui 
nei  documenti  del  tempo? 

Anche  a  questa  esigenza  la  fortuna  ci  offre  modo  di  po- 
ter dare  soddisfazione.  Si  conserva  nelF  Archivio  comunale  di 
Fabriano  un  volume  di  strumenti  diversi  a  favore  della  fami- 
glia Chiavelli,  che  dal  17  Settembre  1362  giunge  fino  al 
maggio  dell'anno  successivo.  Orbene:  tra  questi  documenti 
sta  un  frammento  di  codice  cartaceo,  una  novantina  di  fogli, 
vergato  di  proprio  pugno  dal  notajo  Lodovico  dei  Romani 
da  Fabriano  (').  Non  sarà  certamente  temerario  da  parte 
nostra  identificare  il  notaio  che  rogava  del  1363  per  i  Chia- 
velli con  colui  che  quattordici  anni  dopo  piangeva  sulla  mina 
della  forte  città  romagnola. 

La  questioncella  sorta  intomo  all'  autore  del  De  Casu  Cae- 
senae  può  quindi  (o  ci  illude  il  desiderio?)  considerarsi  ormai 
come  risolta.  Ai  nomi  di  Albertino  Mussato,  di  Giovanni  Man- 
zini della  Motta,  di  Antonio  Loschi,  di  Laudivìo  da  Vezzano, 
di  coloro  insomma  che  primi  tentarono  rialzare  in  Italia  il 
teatro  civile,  ci  sembra  ormai  lecito  aggiungere  anche  quello 
di  Lodovico  Romani  da  Fabriano. 


(I)  «  Voi.  LI.  Dal  17  Settembre  1363  al  io  Ma^o  1363.  Chiavelli. 
I.  Istrumenti  diversi  a  favore  della  famiglia  Chiavelli.  Frammento  di  un 
cod.  cartac.  che  incomincia  dalla  pas.  CCI  e  termina  CCXLVI,  num.  da  una 
sola  parte,  scritto  tutto  dal  notaro  Ludovico  de'  Romani  da  Fabriano  con 
inchiostro  nero  su  carta  di  lino  con  marca  rappresentante  un  arco  teso  ar- 
mato di  freccia  sul  punto  d*  essere  scoccata  :  alto  e.  allargo  21,  carattere 
sbiadito  in  diversi  punti:  è  di  paz.  86  ».  A.  ZONGHI,  Carte  Dipìomat 
Fabrianesi,  p.  LV.  Il  nome  di  Ser  Lodovico  si  ricerca  però  inutilmente  nel- 
r  Elenco  cronologico  àé  Notari,  i  protocolli  d/  quali  si  conservano  nelV Archi- 
vio di  Fabriano^  compilato  dal  MÀRCOALDI  (  o.  e.  p.  311  e  segg.  ). 


UN  UMANISTA  FABRÌANESE  I47 


n. 


DOCUMENTI 


I. 

COLUaUS  SALUTATUS  lOHANNI  DE  FABRIANO  (') 

Queris,  imo  dubitare  uideris ,  frater  karissime ,  nunquid 
uirtus,  quam  prudentiam  dicimus,  haberi  possit  ab  homine,  an 
potius  sit  res  ita  diuina  quod  ab  homine  penitiis  haberi  non 
possit.  Que  quidem  dubitatio  longius  atque  profundius  radices 
s  habet,  quam  ut  a  me  ualeat  explicari.  Nec  occupationes  meas 
in  deprecationem  adduco,  uel  causam,  nel  fauorem,  quamuis 
cum  hac  ingenii  mediocritate ,   que    quam   citra  medium  sit 


(i)  Questa  lettera  fu,  come  dicemmo^  publicata  nel  volume  II,  p.  75* 
77,  delle  L.  Colucii  Pierii  Salutati  Epistoìae  ex  cod,  mss,  nunc  primum  in 
lucem  editae  a  lOSEPHO  RICACCIO  bibliopola  fiorentino  (  Florentiae,  I.  B. 
Bniscagli,  MDCCXXXXII  ).  Il  Lami,  che  fu,  come  è  ben  noto,  il  vero  editore 
di  tal  volume,  la  trasse  dal  cod.  Riccardiano  84$,  dove  si  legge  a  f  26 1  Questo 
cod.,  che  contiene  la  silloge  più  copiosa  di  lettere  del  salutati  che  noi  co- 
nosciamo, è  però  scorrettissimo  :  e  nella  stampa  del  Rigacci  agli  strafalcioni 
dell*  amanuense  antico  aggiuntisi  quelli  del  nuovo,  è  agevole  comprendere 
che  sia  divenuta  la  lettera.  Noi  ne  emendammo  il  testo  coU'ajuto  di  due  buoni 
manoscritti:  il  Chigiano  E.  IV.  74,  dove  leggesi  a  f.  37  t-38  r.  e  il  Na- 
poletano F.  V.  1 3 ,  f.  4  t:  r  uno  e  V  altro  ddla  fine  del  sec.  XIV.  Indi- 
chiamo colla  sigla  R.  la  stampa  del  Rigacci  ;  con  C.  il  cod.  Chigiano;  con 
N.  il  Nap. 

lókamni  de  Fabriano  R.  C.  Insigni  Viro  lohanni  de  Fabriano  amico  cariuimo 
N.  I  immo  R.  —  frater  liberatitsime  mihi,  quid  (  del  )  R.  9  ab  homine  poitit  ha" 
beri  N.  3  penitus  non  pouit  haberi  R.  G.  7.  quae  quidem  R. 


148  FRANCESCO  NOVATI 

mecum  ipse  cognosco,  ipsam  queam  uere,  nedum  probabiliter, 
allegare,  sed  solam  questìonis  in  se  Cum  magnitudinem,  tum 
difficultatem.  Nam,  si  uoluerimus,  ut  satis  rationabiliter  dici 
potest,  ipsam  haberi  non  posse,  frustra  uidebuntur  cunctorum 

'  mortalium  ingenia  laborasse:  frustra  sapiens,  frustraque  tradita 
nobis  Christiane  religionis  saluberrima  disciplina.  Sin  autem 
ipsam  haberi  posse  dixerimus,  fateri  oportet  ipsam  alieni  con- 
tigisse  :  frustra  siquidem  potentia  est  que  numquam  deduca- 
tur  in  actum,  uel  saltem,  quod  certius  est,  ipsam  omnino  su- 

10  besse  non  possumus  affirmare.  Ceterum  si  fuit  in  aliquo  per* 
fecta  prudentia,  fuerint  necesse  est  et  cuncte  virtutes,  quando 
quidem  quelibet  uirtus  ex  omnium  uirtutum  diuitiis  et,  ut 
ita  loquar  ,  supellectili  componitur,  quarum  si  qua  desit, 
nulla  possit  uirtus  omnino  constare.  Nam  ut  de  prudentia  di- 

'^  sputemus,  quam  rectam  rationem  definiunt  agendorum,  si  tollas 
ab  ipsa  iustitiam,  que  poterit  tsse  prudentia,  si  non  insta? 
Hoc  idem  licet  de  ceteris  afErmare.  Si  desit  enim  fortitudo, 
qua  contra  pericula  muniamur,  ubi  colligi  poterit  agibilium  re- 
ctitudo,  cum  formido  terribilium  cuncta  perturbet?  Cumque  sine 

'^  carnalibus  affectibus  non  uiuamus  in  corpore,  quod  animam  ag- 
grauat  et  sensum  multa  cogitantem,  si  toUatur  temperantie 
frenum,  quomodo  poterit  mens  commota  et  quasi  nubibus 
passionum  ofiuscata ,  ut  ueraixi  rationem  inueniat,  serenari  ? 
Quo  fit  ut  concludere  nos  oporteat,  nedum   in   aliquo   nun- 

*$  quam  fuisse  aliquando  prudentiam,  sed  quod  omnino  nequeat 
reperiri.  Nec  micbi  de  mediatore  nunc  Dei  et  hominum  ser- 
mo est,  sed  de  puris  mortalibus,  qui  nature  uiribus  relinquan- 
tur.  Scio  quidem  Deum  per  gratiam  supplere  posse  quod  no- 
bis non   potest  per  naturam   contingere  :  nec   negauerim   in 

'^  sanctis  patribus  ac  martyribus  nostris  perfectam  fuisse  uirtu- 
tem,  quos  legimus  nedum  patienter  tollerasse  tormenta,  sed, 
quod  consumatam  philosophiam  ^sst  uoluerunt,  etiam  intrepide 


s  cum  magnitudine  difficultatem  R.  eum  . .  .  tum  .  .  .  N.  4  uidebimur  N.  5  mo- 
ralium  R.  7  nabere  N.  duxerimut  R.  7-9  aiicui- ipsam  om.  R.  in  cui  si  legge  : 
iptam omnino  tubeste  quod  non  poisumu»/  \%  componuntur  N.  16  iniutta  R.  18  mu- 
niatur  R.  30  aggrauat  animam  R.  C.  35  afìquando  fuitte  R.  C.  s6  mediatione  C 
a  6  hominum  nunc  N.  a  7  purit  et  R.  38  tuplere  patte  per  gratiam  R  C.  39  contingere 
per  naturam  R.  C.  30  atqueVL,  C  33  contummatam  et  physicamB,, 


IO 


UN  UMANISTA  PABRIANESE  I49 

mortem,  quamuis  terribilem,  expectasse  :  imo,  quod  plus  est, 
ad  illam,  cum  non  appellarentur  uel  fugere  possent,  uoluntarie 
cucurrisse:  adeoque  amore  Christi  succensos,  prò  cuius  con- 
iessione  nominis  moriebantur,  quod  liberationem  in  mediis 
tormentis  oblatam  recusantes,  Deum  prò  perfectione  martyrii 
rogauerunt.  Nec  tamen,  sicut  non  negauerim  perfectam  in 
in  ipsis  fuisse  uirtutem,  sic  consummationem  earum  ipsos  ha- 
buisse  confirmem,  postquam  apostolorum  maximus  de  se  scrip- 
sit  :  ego  autem  carnalis  sub  peccato  sum  uenundatus:  et  post  ali- 
qua:  condelector  enim  legi  Dei  secundum  interiorem  hominem;  video 
autem  aliam  legem  in  membris  meisy  repugnantem  legi  mentis  mee. 
Qui  quidem  status  non  est  eius  qui  uere  consummateque  di- 
ci debeat  uirtuosus.  Prudentia  igitur,  que,  sicut  dixi,  recta 
agibilium  ratio  definitur,  aut  Dei  donum  est,  aut  non  potest 

'^  ab  homine  usque  ad  perfectionis  terminum  possideri.  Quis 
enim  adeo  lynceis  oculis  adeoque  perspicacis  uiuidique  intel- 
lectus,  qui  de  preteritorum  ratione  nouerit  presentibus  formam 
tradere  uel  futuris  regulam  exhibere  ?  Possumus  tamen  esse 
uirtutis  huius  participes  plus  et  minus  :    ex   quo  fit   ut   alter 

^®  altero  prudentior  habeatur  ;  nam  si  adusque  perfectionem 
ascendi  posset  ad  equalitatem  et,  ut  ita  loquar ,  equilibrium, 
quotquot  ad  illam  uenissent  deberent  non  impariter  comparare 
De  Seneca  nero,  quem  ita  mordes,  alias  sermo  fiet.  Vale;  si- 
que  uis  ire  cum  potestate  Chiantis,  cura  ut  uenias  secumque 

^^  componas.  Ego  quidem  iam  te  sibi  tradidi  absentem  et,  cum 
hic  fueris,  presentabo.  Florentie,  decimo  octauo  Kalend,  fe- 
bruarii. 


t  Immo  R*  3  sueeensos  amore  Christi  R.  C.  4  nominis  om.  R.  C.  7  eonsumatio- 
nem  C  9  uenumdatus  sub  11  autem  R.  PAVL.  Epist,  ad  Rom.  Vii,  14,  33,  24  I3 
eius  Olii.  R.  C.  consumateque  C.  13  debeat  dici  R.  G.  16  uel  uiuidi  R.  C.  17  pre- 
tiorum  N.  3o  aà  usque  N.  31  potest  R.  C.  3a  uenissent  ad  illam  R.  C.  33  vero  om. 
N.  quae  (  sic)  R.  24  siquid  vis  cum  Potestate  (  sic  1  )  R.  25  tradidi  sibi  lòdecimosep- 

timoC  xvuin. 


15^  FRANCESCO  NOVATI 


2. 
JOHANNES  TINTUS  ANTONIO  LUSCHO    (') 

lam  nunc,  uirorum  optime,  extincto  lumine  italice  facun- 
die  prouentu  mortìs  eui  nostri  clarissimi  uatis,  Coluti!  Saiutati, 
cuius  dudum  amicicia,  seruili  tamen  subiectione  potito,  michi 
liceat  ad  te,  tamquam  hereditarium   sibi,  recurrere  et  munus 

$  mutue  beniuolentie  legatario  competat  in  heredem.  Sciebam 
equidem  et  noscebam  indignum  me,  qui  meritus  fuerim  tanti 
uiri  beniuolentiam ,  nec  minus  quod  apud  te  munus  hoc  prò- 
merear,  cum  minimo  superioris  arrogare  amicicie  locum  sibi 
non  liceat  :  sed  equa  seruitus    debito   obsequii    gradu   uirtuti 

'®  pedissequetur.  At  ille  benignus  pater,  cuius  nusquam  sine  la- 
crymis  occurrit  memoria,  non  patiebatur  alio  me  erga  eum 
quam  amici  uti  uocabulo:  tanta  erat  prestans  eius  et  immensa 
benignitas!  Sique  modo  hac  fiducia  te  uirum  clarissimum  quan- 
doque  dominum,  quandoque  patrem,  quandoque  amicum  accerse- 

's  ro,  sit  tamen  tibi  firmum  mentis  mee  propositum,  omnem  michi 


(I)  Questa  lettera  fu  edita  la  prima  volu  da  GIOVANNI  DA  SCHIO 
nei  suoi  Commentari  sulla  vita  e  sugli  scritti  ài  A*  Loschi  vicentino  etc. 
(Padova,  tip.  del  Seminario,  1858)  a  p.  160,  Doc.  II,  con  questo  titolo: 
Lettera  di  òiovanni  Saluti  (  sic  )  da  Fabriano  ad  Antonio  Loschi  e  risposta  del 
medesimo.  Il  DA  SCHIO, la  trasse  dalcod.  Ambrosiano  B.  116  sup.  (non 
119,  come  egli  scrive  ),  dove  si  legge  a  f.  127  r.  (  numer.  antica  CXLVIII). 
Il  codice  Ambr.,  secondo  il  quale  noi  ristampiamo,  correggendo  gli  infiniti 
svarioni  del  DA  SCHIO  le  due  lettere,  è  un  ms.  cartaceo  di  ff.  157,  di 
varie  mani  del  sec.  XV,  assai  guasto  per  umidità:  forse  è  del  numero  dei 
codd.  pinelliani,  salvati  dal  mare.  Le  pagine,  in  cui  si  leggono  le  due  let- 
tere, son  molto  sciupate  e  in  qualche  parte  V  inchiostro  è  scomparso  :  ciò 
?uò  scusar  alquanto  il  DA  SCHIO,  o  chi  ha  trascritto  per  lui  i  documenti 
loi  indichiamo  con  A  le  legioni  errate  del  cod  :  con  S  auelle  della  stampa. 

Celeberrimo  uiro  domino  Antonio  Luscho,  Missiva,  A.  S. 

s  prò  eventa  morte  eivie  (  sic  1  )  S.  3  potine  (  tic  )  tum,  liceat  S.  4.  accurrtre 
S.  etenim  Jue  (sic  1  )  S.  5  competit  S.  7  apud  te  numquam  hoc  S.  p  equua  A.  om. 
5.  debita  S.  10  pedieequitur  S.  is  amico  A  e  S.  13  potestae  (sic)  S.  la  parola  é  però 
quasi  cancellata  1  )  tiquid  S.  14  quidquid  .  •  •  quidquid  •  •  .  quidquid  S.  a  Dopo  accer 
Mero  un  punto  fermo  S.  meae  mentis  S. 


UN  UMANISTA  PABRIAN&SE  t$t 

apud  te  gradum  et  locum  familiaritatis  et  beniuolentie  gratum 
esse.  Veiis  ergo  ex  nunc  me  tuum  tibi  uelle,  qui  ex  proposito 
tuus  sum  et  raihi  precipere  et  si  quando  occupationes  cesserint, 
aliquid  ad  mei  consoiationem  et  in  signum  expectate  beniuo* 
$  lentie  rescribere.  Vale.  Fabriani,  XVIIIJ  Julii  MCCCCVI. 

Tuus,  quicquid  est,  Johannes  Tinctus 

de  Fabriano. 


£0 


3 


ANTONIUS  LUSCHUS.  lOHANNI  TINTO 

Dubius  aliquando  fui,  frater  et  amice  carissime,  an  illi 
tue  breuissime  quidem,  sed  facundissime  epistole  responsum 
esset,  quam  Fabriani  datam  duodecimo  kalendas  augusti,  Pe- 
rusii  ego  paulo  post  habui.  Urgebat  bine  eloquentia  tua  et 
honesta  prouocatio  piena  beniuolentie  et  caritatis,  ut  non  re* 
spondere  et  superbi  et  inhumani  uideri  posset  ingenii:  acce- 
debat  et  promissio  mea  nuncio  tuo  facta:  cum  illic  ad  iter  ac- 
'^  cincto  non  esset  rescribendi  otium,  promisi  ex  urbe  me  esse 
*  responsurum  ;  ita  ut  si  nec  ex  urbe  rescripsero,  me  non  su- 
perbie solum,  sed  et  fidei  non  servate  crimen  subeundum 
esse  uideatur.  Verum  enim  timui  rescribendo,  quia  me   here« 


I  gratìuM  S.  5*  prtcipe  A.  quando  S.  5  retcribe  S.  7.  SanetUM  (sic)  S.  A  ter^o,* 
Celeberrimo  viro  laurea  digno  domino  Antonio  iuscko  patri  et  domino  meo,  A.  om.  S. 
Retponsiua  A.  f.  127  r.  S«  p.  161  •  23  uideri  uiberi  A.»  24  cum  enim  S. 


152  FRANCESCO  NOVAtl 

dem  colutiane  eloquentie  appellauisti,  id  onus  ìmportabilis  here- 
ditatis  adirem,  quod  et  meuni  non  esset  et  ego  sustinere  non 
possem.  Feci  igitur  quod  hi,  quibus  suscepte  uel  ob  iuris  legi- 
timi  difficultatem,  uel  ob  alieni  aeris  grave  pondus,  hereditates 

$  obueniunt  :  multo  enim  ante  deliberant  quod  ius  tribuat  ;  deinde 
quod  per  leges  liceat,  exploratis  bonis,  consilium  capiunt.  Ego 
itaque  cum  essem  a  te  opulentissime  ac  onerose  (?)  hereditatis 
heres  appellatus,  paruitatis  mee,  cum  in  omni  uirtute  atque 
scientia,  tum  maxime  in  eloquentia  mihi .  conscius ,  substiti  : 

'^  mecum  in  silentio  reputans  quam  multi  essent  quam  me,  qui 
ad  tanti  nominis  successionem  iure  anteirent  :  quibus,  si  me 
anteponere  auderem,  preceps  nimium  et  inconsultus  merito  pos- 
sem iudicari.  Cum  enim  optimus  ille  uir  atque  doctissimus, 
Colutius  Salutatus,  nostris  temporibus  latine  eloquentie   prin- 

'^  ceps,  singulari  studio  semper  exarserit  in  ciues  suos  quan- 
tum in  se  erat  doctrine  et  facultatis  in  dicendo  transfundere 
et  ad  hanc  rem  fuerit  ingenia  optima  nactus;  egone,  homo 
cimber  (  id  est  in  ea  terra  natus,  que  a  profligatis,  Mario  duce, 
Cimbris,  inter  adriacum  mare  et  Athesim  flumen  Venetie  eulta 

^°  fiiit,  florentinos  homines,  ad  eloquentiam  natos,  de  civis  et  niagi- 
stri  sui  hereditate  depellerem,  in  eo  maxime,  in  quo  nonnuUos 
ingenio  et  arte  prestantes  sibi  adoptasse  in  suis  optimis  studiis 
atque  artibus  uisus  est,  quos  tibi  nominare  superfluum  esse  pu- 
taui,  quia,  cum  se  notissimos  sua  uirtute  fecerint,  obscuritate 

^^  patrie  ignoti  esse  non  possunt  ?  Si  ergo  uerum  et  legitimum  (?) 
heredem  queris  eloquentie  colutiane,  illum  inter  eos  quere, 
quos  studiorum  doctrineque  participatio  conuictores  et  assidua 
et  domestica  consuetudo  persimiles  efficere  potuit;  me  nero  hoc 
pieno  oneris  nomine  libera,  quia  amaui  hominem  profecto,  sed 

'°  tamen  magistrum  directoremque  non  habui,  sicut,  nisi  obstitisset 
fortuna,  a  teneris  annis  optaueram  atque  prouideram,  cum  ad 
illum  adolescentulus,  sola  addiscendi  cupiditate   accensus,  de 


9  adire  S.  6  ^uod  p&r  leges  fuerit  S.  Il  fuerit  è  quasi  illeggibile  7  Fuerim  heu" 
plentitiime  (sic)  ac  generate  S.  Qoasi  smarrite  le  parole.  9  mihi  conaiut tubtitti A^ 
in  consiliis  subitili  mecum,  S.  11  successorem  S.  14  elequentiae  S.  16  doctrinae  fa^ 
cultates  S.  17  optimum  fuerit  ingenium  S.  19.  Adriaticum  S.  si  depelleremf  in  eo 
S.  .  .  multot  S.  15  luminosum  S.  ao  Eguidem  amavi  hominem  tametsi  S.  30  (nam 
obst.  foru  )  (  sic  )  S. 


UN  UMANISTA  FAftRIAKESE  153 

Verona,  ubi  tunc  degebam  apud  principem  ciuitatis,  Floren- 
tiam  accesslssem.  Sed  rerum  illius  patrie  repentina  mutatio 
coegit  me,  posthabita  ratione  litterarum,  necessitati  tempo- 
rum  parere.  Consideret  etiam  atque  eiiam  oportebit,  quisque 

^  hoc  hereditarium  munus  sibi  amplectendum  esse  cxistimabit, 
quantìs  se  debitis  obnoxium  faciat:  que  si  soluenda  non  fuerint , 
declinare  cum  ipsa  hereditate  consultius  puto,  ne,  delusus,  ino- 
piam  detegat,  quam  occultare  potuisset.  Fuit  enim  ille  in  stu* 
diis  humanis  locuples  et  in  dicendo   copiosus    et   ad   omnes, 

'^  qui  ad  eum  scriberent,  exiniia  quadam  benignitate  liberalis,  ut 
nemini,  uel  minus  docto,  epistolas  rescribere  refertissimas  sua- 
uitatis  atque  doctrine  dedignaretur  :  que  omnia  multaque  alia 
ab  illius  eloquentie  herede  desideranda  uidentur.  Me  autem 
apud  te,  qui  ad  me  honoris  gratia  nomen   hoc  a    dignioribus 

'5  transtulisti,  illum  non  esse  profiteor  :  quare  nolim  a  me  pe- 
tas  beniuolentie  munus ,  ut  legatarius  ab  herede  ,  quemadmo- 
dum  scribis;  sed  petas  uelim,  ut  amicus  ab  amico,  atque  hoc 
uno  tibi  nomine  respondendum  esse  putaui,  sic  ut  nec  essem 
muneri  hereditatis  aliene  obnoxius,  nec  item  superbus  et  fedi- 

*"  fragus  a  te  iure  uocari  possem.  Habe  igitur  hanc  breuem  epi- 
stolam  erga  tuani  caritatem  mee  testem  uoluntatis  ac ,  uelut 
quemdam  amicitie  none  chirographum,  ut  in  reliquum  tem- 
pus  me  uti  iure  tuo  posse  te  scias.  Vale.  Dat.  Rome,  prope- 
rantissime,  dum  ad  recessum  festino,  apud  edes  pompeianas, 

*5  octauo  Kal.  Nouembris. 

« 

Tuus  Antonius  Luschus  uicentinus 


I  Alile  afftbam,  apui  Principem  ciuitatis  Florentiam  S.  3  uero  illius  S.  6  solvendo 
par  non  fuerit  S.  Ma  j»r  non  e'  è  nel  cod.  7  redonare  eum  ipsum  haereditatem  (  sic  !  ) 
S,  8  inopia  delegai  quod  S.  12  denegarci  S.  14  primum  tibi  qui  ad  me  S.  Ma  nel  cod. 
000  c'è  tibi  e  primum  fu  cassato.  17  Sedpetas  ...  S.  19  quidem  hereditatis  (sic)  S. 
fidefragus  A....  forte  S.  aa  cirographum  A.  33  Romae,  om.  datum  S. 


154  FRANCESCO  NOVATE 


lOHANNES  TINTUS  ALPHONSO  S.   EUSTACHII  CARDINALI. 

Quod  iucundum  gratumue  sii  tibi,  tam  rudis  eloqui!,  tam 
incondite  orationis  opusculum,  quod  nouiter  edidi,  de  institu- 
tione  regiminis  dignitatum,  nisi  forte  delectet  te  materie  dignitas, 
uel  fidelis  solertia  animi,  non  puto  alia  ratione  contingere.  Sed 

$  utinam  foret  iudicio  tuo  dignum  !  Ego  quidem  proprii  ingenii 
conscius,  non  fallor;  erubesco  prodisse  in  lucem  ignorantie 
mee  chaos.  Àt,  si  quid  est  quod  possit  uel  hebetudinem  ex- 
cutere  uel  torporem  ab  animo  addereque  uires  ingenio,  tue 
procul  dubio  dignitatis  auctoritas  afflat  calamo   meo  fiduciam 

'°  subeundi  onus  uiribus  meis  impar.  Quare  animus  feruens  radio 
humanitatis  tue,  supra  errorum  et  defectuum  pungentes  acu- 
leos  celeri  preteritione  deambulans,  non  sentit,  quas  reliqui 
uident,  creberrimas  compuncturas.  Sed  omnia  nenie  et  correc- 
tioni  tue  subjicio;  fuit  namque  mihi  propositum   illi,  a  quo 

'^  iniunctum  hoc  munus  fuerat,  in  quantum  facultas  suppeteret, 
morem  sue  gerere  uoluntati  et  obsequendo  aliquid  prodesse, 
dum  ostenderem  qualiter^  uel  in  rei  familiaris  uel  in  rei 
publice  gubernatione,  circa  agende  ulte  seriem  opus  foret  pre- 
ferre  quoddam  magisterium  princìpatus.  Nam  et  ita  ut  corpori 

*°  nostro  organico  opus  est  moderatore  animo,  qui  ulte  actiue 
dispositiones,  conditiones  et  tempora,  congruenti  ordine  ra- 
tionis  coerceat  et  demandet;  quemadmodum  in  reliquis  in- 
strumentis,  ubi  tactu  et  pulsu  decentibus  et  sonoris  tinnitibus 
redditur  gratum  melos;  sic  qui  futurus  est  rei   familiaris  uel 

*5  rei  publice  gubernator,  hanc  eandem  disciplinam  noscet  in 
utroque  proficere.  Quoniam  quis,  vite  multorum  ductor,  ut 
sit  peritissimus  est  necesse  :  uidelicet  ut  quodcumque  sit  ne- 
gociuni  aggressurus,  prudentia  circumspiciat  :  que  ipsum  do- 
cebit  illud  gravi   consideratione   discutere,   donec   memoriter 

'^  rem  capessat  et  consequenter  intelligat  qualis  sit  et  quibus  mo- 


3  ciuitatum  7  tiquid  14  tubicio  2%  tynnitu  30  quale. 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  I55 

dìs  disponi  et  accomodari  oporteat  per  meditationem  et  ra- 
tionis  intelligentiam  providendo:  postea  id  ex  omni  premedi- 
tata materia  quod  iustum  equumue  fuerit  eligere  et  preferre 
et  tanta  illud  religione  amplecti^ut  in  re  nulla  par  pietas  ha- 

^  beatur ,  acerrime  defendendo  ne  quid  in  contrarium  propo- 
sito astruatur  nel  modo  aliquo  uioletur.  Et  in  hoc  toto  animo 
et  uiribus  incumbere ,  obseruando  custodiendoque ,  ne  quid 
abusiuum  nel  mendacium  comprehendat.  Deinde  premedi- 
tatum  [  equum  ]  iustumque  forti  et  constanti  animo  sustinere, 

'^  efiectuique  mandare  ,  ratio  commendat  et  exigentia  summe 
poscit,  ut  magnifico  et  excelso  animo  ac  fidenti  serio  rem 
disponat,  nec  oppositis  contrariis  deuincatur:  sed  laudabili 
patientia  et  perseuerantia  non  desistat  :  imo  uirtute  illud  et 
animo  magno    et  libero  exequatur  ;   subsequenter   inter   alia 

*5  prepensando  ut  ea  res,  que  exequenda  est,  temperantia  cir- 
cumscripta  nulli  inclinet  parti ,  sed  medio  constituta  ,  conti- 
nenti ratione  ac  clementi  operatione  modestoque  pudore  con- 
sideat,  ut  conceptum  et  prepensatum  negotium  fine  laudabili 
daudatur.  Que  omnia  principem  dignum  faciunt  principatu.  Sed 

***  quedam  exigit  ratio  dignitatis  cultui  suo  necessaria  et  de- 
cora quibus  quodam  modo  ministrantibus  agens  curruni 
sui  regiminis,  subsistentibus  quadrigis  uirtutibus,  ulte  et  eius 
incumbentiis  subministrat.  Primum  equidem  ex  exterioribus 
habitibus  inteme  mentis  indicia  propalare  maiestatis  suis  qua- 

'^  litatibus  exomata  uisa  est  partem  priorem  principis  occupare. 
Cui  succedit  uestium  cultus,  non  tamen  ornatui  instructus 
quam  decentie  dignitatis,  cum  uerborum  conuenientia,  graui- 
tatis  humanique  decoris  habentium  maiestatem.  Ex  quibus  ex- 
primitur  inesse  illi  sapientie  dignitatem,  que  gaudio   complet 

**  intimo  corda  fidelium  subditorum  ;  maxime  si  uitam,  sapientie 
documento  constituat,  cum  pudore  uirgineo  modestoque  ha- 
bitu  uitia  inherentia  profugare:  partiendoque  hoc  summum 
bonum  cum  amicis  et   honestis   uiris  allectis   premeditatione 


6  abttruaiur  9  dopo  prtmeditatum  v*  è  una  lacuna  nel  cod.  18  congeptum  ig/atiunt 
14  kabentibus  27  eumvenientia  30  et  intimo  subdictorum  32  habente  33  altectus. 


t$6  FRANCESCO  MOVATI 

dilìgentissima  et  matura,  principis  consideratione  tamen  digne 
merentibus  prò  beneficio  conferendum  ope  et  contemplatione 
salutaris  otii  sapientis.  In  quo  princeps  ipse  et  eius  rei  quili- 
bet  curiosus  reperiac  in  fortune  et  humanorum  casuum  mise- 

^  ria  certissima  ac  salutaria  documenta  et  totius  uite  actiue  et 
uirtuosarum  actionum  suauissima  libamenta,  nec  non  et  uite 
contemplatine  diuersorium  summe  gratum:  ubi,  semotis  pas- 
sionibus  et  afiectibus  rerum  humanarum,  animo  expedito  et 
libero  dei  et  nature  misteria  perscrutatur.  Hec,  uirorum   hu- 

'^  manissime,  continentia  quam  breuiter  totius  nostri  opusculi 
argumentum,  in  excusationem  mee  imbecillitatis,  imparis  tante 
rei,  preferre  constitui.  Tu  nero  fidei  mee  benignus  interpres 
potius  quam  ingenii  mei  esto  et  munusculum  hoc  meum ,  si 
paruitati  mee  ignoueris,  tua  illud  summa  benignitas   non   re- 

'^  cuset.  Apud  urbem  Florentiam,  pridie  idus  iulias. 

Fidelis  tuus  lohannes  Tintus  de  Fabriano 


5- 

JOHANNES  TINTUS  BAPTISTACHIAVELIO  DE  CHIAVELLIS. 

Omnium,  quibus  nitimur  ratione   corpusque   tuemur   et 

^^  alimus  disciplinam,  sicut  princeps  natura  nos  docuit,  ita  nostrum 

scire  est  ab  eaque  discere  singula  per  se  meantia  duce   indi- 

gere  uel  principe,  nec  potest  alterum  sine  altero,  utpote  sine 

auriga  currus,  existere  :  quemadmodum  in  corpore   humano , 

caput  totius  corporis  et  singulorum  membrorum  regnum  ha- 

'^  bens,  non  sola  ui  agere  consulit,  sed  prouidentia  et  intellectu 

defensat  et  dirigit.   Cuius  exemplo   quid  apprime  principem 

deceat  scitum  est:  nam  si  aliqua  ex  parte  corruptum  uel  di- 

minutum  sit,  maxime  cerebro,  cuius  est   mentem   ac   corpo- 

ream  machinam  rationi  et  intelligentie  conseruare,  inepte  agetur 

3^  quasi  dissonum  et  incompactum  suis  partibus   instrumentum. 

Si  igitur  inferiorum  omnium  accidentium  princeps,  ut    caput 

membrorum,  curam  et  diligentiam  habiturus  est,  ut  sine  de- 


UN  UMANISTA  FABRIANESE  I57 

fectu  sii  et  sciat  quid,  quomodo  et  quando  conueniat,  necesse 
est.  Ergo  eum  oportet  quod  primum  studio  animus  liber  am- 
piectitur  et  id  honesto  ocio  perlustratum  exequitur  opere,  quod 
pretium  rei  est:  parum  nempe  foret  dicere  et  eadem  ultro 
negligere.  Qaibus  uero  partibus  distributa  sit  regendi  diligentia, 
erit  nobis  materia  inutilis  otii  replendi  in  emolumentum  di- 
uitie  lectoris.  Cuius  hodiemum  sit  priucipem  sapere  oportere. 
Vale. 


Tintus. 


so 


6. 


BAPTISTACHIAVELLUS  lOHANNI   TINTO. 

Nec  dictu  £sicile  nec  lene  esser  calamo  comprehendi  quam 
gratas  habuerim  tue  epistole  de  principe  rationes  et  de  eo, 
quod  ad  eum  pertinet ,  sapere.  Que  tanto  lepore  me ,  quasi 
lapideum,  demulxere  ut,  ceterarum  curarum  osor,  totus  trahar 
et  omnibus  ad  id  percipiendum  afiectibus.  Sed,  quoniam  circa 
rationum  et  uerborum  tuorum  summas  occurrunt  mihi  quam 
multa  querenda  et  dubia,  ut  postremo  intelligam  quo  se  refe- 
*5  rat,  quid  exigat  illud  a  principe  sapere,  quod  hebeti  non  ca- 
pio  intellectu  ;  uellem  tecum  hec  ipsa  in  presentiarum  disse- 
rere.  Ideo  ob  hanc  rem  quanto  poteris  citius  bue  adesto.  Vale. 


3  ampleUtur  7  iectionis  35  que. 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 


DE  SANCTIS  PAOLO.  Noti:(te  Storiche  del  Mona- 
stero di  S.  Salvatore  Maggiore  e  del  Seminario  di  Rieti. 
Rieti,  Tip.  Trinchi,  1884,  in  8.°  di  pag.  112-xxxvi. 

È  un  lavoro  distinto  in  due  parti:  nella  prima  si  parla 
del  Monistero  0  Badia  di  5.  Salvatore  MaggiofCy  nella  seconda 
del  Seminario  di  Rieti;  o  per  dir  meglio  sono  due  lavori  rac«- 
colti  in  un  volume ,  che  per  intendimento  dì  unità  Y  autore 
ha  intitolati  parte  prima  e  seconda.  Ma  veramente  unità  non 
e'  è  ;  imperocché  nesso  sufficiente  fra  la  prima  e  la  seconda 
parte  non  può  essere  il  fatto ,  che  a  giorni  nostri  la  badia  o 
monistero  antico  di  S.  Salvatore  Maggiore  sia  addivenuta  vil- 
leggiatura del  seminario  reatino  unitamente  a  quello  di  Pog- 
gio Mirteto. 

L'  autore,  nella  dedica  a  Mons.  Egidio  Mauri  Vescovo  di 
Rieti,  cosi  scrive  :  —  «  Giacché  a  nostri  tempi  si  studia  tanto 
cf  a  trarre  dalla  polvere  e  dall*  oblio  per  mettere  alla  pubblica 
a  conoscenza  i  documenti  antichi  ed  i  fatti,  talvolta  anche 
«  turpi  e  disonoranti,  della  patria  ;  non  sarà,  io  credo^  stima- 
«f  to  inopportuno  e  disutile  T  aver  in'  uno  raccolte  le  cose  più 
«  degne  di  ricordo  sopra  due  delle  più  notevoli  fondazioni 
ff  nostrali,  che  furono  il  Monistero  di  S.  Salvatore  Maggiore 
«  ed  il  Seminario  di  Rieti».  —  E  cosi  scrive  giustamente; 
però  ci  sembra  che  il  fatto  non  risponda  appieno  all'  inten- 
zione. La  materia  storica  del  Monistero  di  S.  Salvatore  Mag- 
giore é  troppo  diluita  e  nello  stesso  tempo  non  é  senza  la- 


RIVISTA    BIBLIOGRAFICA  I59 

cune  ;  quella  del  Seminario  di  Rieti  è  troppo  scarsa.  Si  accenna 
air  istitutione,  notando  bene  a  ragione,  come  a  titolo  d' onore, 
che  il  seminario  reatino  fu  il  primo  ad  essere  aperto  dopo 
che  il  concilio  tridentino  raccomandò  la  fondazione  de'  semi- 
nari :  ma  poi  quasi  di  pie  pari  si  salta  a  controversie  recenti 
per  la  chiusura  ordinatane  dal  Natoli  ministro  per  la  pubblica 
istruzione  nel  regno  d' Italia.  Ci  sembrano  fuggevoli  troppo 
le  notizie  date  rispetto  agi'  insegnanti.  E  V  insegnamento  dato 
nei  vari  tempi  non  doveva  essere  esposto  e  dilucidato  ?  E  gli 
allievi,  che  non  dovettero  essere  pochi^  non  meritavano  affatto 
r  onore  di  un  cenno  ?  E  le  leggi  che  governarono  T  istituto 
quali  furono ,  quali  vicende  toccarono  ?  Salvo  che  il  Semina- 
rio reatino  sìa  sempre  vissuto  senza  infamia  e  senza  lodo,  lo 
che  non  crediamo,  una  narrazione  storica  doveva  meritarla, 
come  avviene  di  quasi  ogni  istituzione.  Ora  è.  indubitato  che 
chi  si  faccia  a  leggere  il  lavoro  del  Desanctis  con  la  speranza 
di  conoscere  la  vita  del  seminario  reatino,  rimane  ingannato. 

Dobbiamo  inoltre  notare  che  V  esposizione  non  procede 
sempre  con  quella  rigidezza,  che  la  storia,  specie  se  fatta  co- 
me oggi  si  vuole ^  cioè  tutta  basata  sui  documenti,  principal- 
mente richiede.  La  passione,  per  quanto  ispirata  da  sentimenti 
personali  lodevoli ,  spesso  trasmoda  ;  e  quindi  anche  le  locu- 
zioni sono  senza  la  dovuta  urbanità.  Nella  calma  della  storia 
non  può  intromettersi  il  bollore  della  polemica.  E  più  pole- 
mica forse  che  storia  è  il  lavoro  del  canonico  Desanctis.  Ed  alla 
polemica  potremo  perdonare  quello  che  davvero  non  potremo 
perdonare  alla  storia,  la  quale  si  troverà  meravigliata  di  vedere 
data  come  cosa  a  lei  appartenente  i  capitoli  —  Risposta  ad  al- 
cuni economisti,  —  //  Seminario  Diocesano  —  Doveva  il  vescovo 
Carletti  accettare  la  ispe:(ione  ?  Di  questi  capitoli,  tranne  il  tono 
declamatorio,  si  potrà  dire  :  pulcre,  bene,  recte  ;  ma  è  necessario 
aggiungere  ancora  :  non  erat  hic  locus. 

I  difetti  che  abbiamo  riscontrato  nel  testo,  si  riscontrano 
eziandio  nelle  note ,  delle  quali  alcune  '  sono  opportune ,  altre 
non  hanno  a  che  fare  punto  con  la  materia.  E  avrebbero  do- 
vuto essere  meglio  collocate.  L'  autore  interrompe  il  testo  con 
la  citazione  dei  libri,  ai  quali  qualche  luogo  si  riferisce^  e  con 


l60  RIVISTA   BIBLIOGRAFICA 

la  indicazione  delle  note  con  la  forma  ce  Nota  N.  i,  2  ecc.  » 
Era  più  semplice  e  più  comunemente  usato  il  sistema-  di  fare 
indicazione  con  un  numero  nel  testo,  e  dì  riportare  a  pie  di 
pagina  le  note  e  le  citazioni  dei  libri ,  che  pur  esst  sono  note, 
e  dopo  il  testo  i  documenti. 

Concludendo:  a  nostro  avviso  il  libro  ci  sembra  che  sia 
stato  fatto  con  buona  intenzione  ma  con  difetto  di  arte.  Sa- 
rebbe pregevole  se  T  autore  facesse  quello',  che  secondo  V  e- 
spressione  dantesca,  Giustiniano  fece  delle  leggi,  togliesse  cioè 
il  troppo  e  il  vano. 

Michele  Maroki 

GUERRINI  ANTONIO.  Storia  della  Terra  di  Fratta 
ora  Utnbertide  dalla  sua  origine  fino  air  anno  184$^ 
completala  da  GENESIO  PERUGINI.  Umbertide,  Tip. 
tiberina,  1883,  in  8*    di  pag.  368  ,  con  quattro    ta- 
vole e  una  pianta. 

Se  il  Municipio  di  Umbertide  invece  di  decretare  nel 
marzo  dell'  82  la  stampa  della  storia  del  Guerrini,  avesse  più 
tosto  deliberato  di  collocarne  il  ms.  nell'  archivio  comunale , 
avrebbe  compiuto  opera  degna  e  procurato  che  la  stima,  che 
il  Guerrini,  secondo  il  Mezzanotte  suo  biografo,  s'  era  procac* 
ciata  con  altri  scritti  di  varia  indole,  non  fosse  per  nulla  sce- 
mata dalla  publicazione  postuma  di  questa  storia.  A  compi- 
larla il  Guerrini  aveva,  a  quanto  pare,  speso  tanta  cura  e  fa- 
tica, che  sul  punto  di  morire  ne  raccomandò  la  stampa  al 
Perugini,  suo  consanguineo  :  «  a  me  (narra  il  pietoso  editore) 
raccomandava  fervidamente  quest'  ultimo  frutto  de'  suoi  studi.... 
e  mi  confortava  al  complemento  di  quello,  dietro  le  tracce  da 
Esso  Lui  vergate,  spirando  pago  (ielle  mie  assicurazioni.  Quan- 
tunque sentissi  che  le  mie  forze  non  fossero  corrispondenti  al 
grave  pondo  (!)  non  potei  coscenziosamente  mancare  a  quella 
solenne  promessa  j».  E  H  Perugini ,  compiendo  questa  promessa, 
fece  mostra  di  troppo  fervido  zelo;  che  certe  volontà,  anche 
se  espresse  da  un  morituro,  non  dovrebbero  mai  mandarsi  ad 
effetto  \  tanto,  come  in  tal  caso,  dalla  stampa  dell'  opera  del 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA  l6l 

Guerrini   né   trae   alcun  profitto   la   storia  italiana,  né  viene 
illustrata  quella  della  sua  patria. 

I  fatti  politici  di  Umbertide,  fino  alla  prima  metà  del 
sec.  presente,  non  offrono  alcuna  speciale  importanza;  questa 
piccola  città  sorse  probabilmente  sulle  rovine  di  Pitulo  a  vit- 
tima (  secondo  T  a.  )  della  barbarica  devastazione  »  (?)  ;  e  , 
accettando  T  opinione  di  «  molti  scrittori  rinomati  »  devesi  ai 
figli  d' Ariberto  duca  di  Borbone  attribuire  «r  la  munifica  im- 
presa della  riedificazione  di  Fratta  circa  Tanno  796»  (pag.  30  ). 
«  Nei  tempi  primitivi  (  !!  )  la  Fratta  si  era  governata  con  le 
proprie  leggi  e  particolari  statuti  e  se  ne  ebbero  fin  dall'  anno 
1362  »  (  pag.  34  ).  Nel  1326  i  perugini  con  quelli  della  Fratta 
vinsero  le  soldatesche  di  Guido  Pietramala  ;  il  suo  territorio 
fu  corso  e  messo  a  ruba  dal  conte  di  Landò  nel  1359  ;  i  pe- 
rugini, che  possedevano  Umbertide,  la  perderono  nelT  85  e  la 
riacquistarono  nelT  anno  dopo,  munendola  di  una  rocca  e  di- 
fendendola dalle  ire  de'  Michelotti:  nel  1396  la  Fratta  fii  sot- 
toposta a  Bonifacio  IX,  e,  dopo  le  guerre  suscitate  da  Braccio, 
iu  beneficata  con  un  sussidio  di  200  fiorini  da  Martino  V  per 
la  restaurazione  dei  dannr  sofferti  nelle  trascorse  vicende  ;  nel 
1479  fu  gravemente  offesa  dall'  esercito  fiorentino,  ostile  a  Pe- 
rugia; nel  1503  sostenne  gravi  questioni  contro  Montone,  le 
quali  non  sappiamo  in  qual  maniera  fossero  composte  coli'  in- 
tervento dei  perugini;  si  difese  validamente  contro  Francesco 
Maria  duca  d'  Urbino,  che,  privo  del  ducato  per  opera  di  Leo- 
ne X,  r  avea  stretta  d'  assedio  ;  si  dimostrò  tanto  umilmente 
fedele  a  Paolo  III  che  questi  le  indirizzò  un  breve  ed  encomi; 
fa  ceduta  da  Giulio  III  ai  figli  di  Nicolò  Vitelli  nel  1550,  e 
nel  16 IO  fu  danneggiata  dalle  acque  del  Tevere.  Sono  questi 
i  fatti  più  notevoli  della  storia  di  Umbertide  fino  al  1683.  Di 
eguale  importanza  storica  sono  quelli  occorsi  dall'  ultimo  ven- 
tennio del  sec.  XVIII  fino  al  1845.  L^  a.  si  deve  essere  accor- 
to che  la  scarsezza  della  materia  era  tale  da  non  poter  pro- 
durre un'  ampia  storia,  senza  uscire  arbitrariamente  dai  confini 
del  breve  racconto  dei  fatti  successi  in  Umbertide;  quindi  ri- 
corse al  solito  mezzo  delle  inutili  digressioni.  E  narrò,  non 
dico  con  quanta  verità  storica,  le  invasioni  barbariche  (pag.  17 

Archivio  Storico  IL  ii. 


l62  RIVISTA   BIBLIOGRAFICA 

e  segg.  ),  il  dominio  dei  Longobardi  (  pag.  29  e  seg.  ),  un  po' 
di  storia  perugina,  giovandosi  del  Pellini,  del   Mariotti,  del 
Campano,  del  Cristiani  e  degli  annali  decemvirali   (pag.  37 
e  segg.  );  quella  delle  teorie  di  Lutero  e  di  Calvino  (  pag.  93 
e  segg.  )  ;  della  rivoluzione  francese  e  delle   republiche  cispa- 
dana e  cisalpina  (  pag.  996  segg.  )  ;  di  Napoleone  I  e  delle 
sue  gesta  in  Italia  (  pag.  115  e  segg.  )  e  finalmente   delle  ri- 
volte del  1830  (  pag.  149  e  segg.  ).  Curiosa  poi  è  la  maniera 
onde  V  a.  introduce  questi  vaniloqui  di  digressioni  nel  racconto 
della  storia  politica  di  Umbertide;  ne  cito  un  esempio.  Esposti 
certi  fatti  avvenuti  nel  sec.  XVII,  V  a.  impotente  a  tirare  in- 
nanzi la  sua  storia  per  deficienza  di  materia   e   non   sapendo 
come  pur  colmare  questa  lacuna,  cosi  scrive  :  a  Non  offrendo 
questo  lungo    periodo    di    decadenza  cose  notevoli  da  essere 
memorate,  anche  per  meschinità  di  notizie,  daremo  invece  un 
rapido  sguardo  alle  cagioni  che  preparavano  il  morale  e  poli- 
tico sovvertimento  dell'  Europa  ed  a  quei  sintomi  che  ne  fa- 
cean  presagire  funestissima  e  non  lontana  la  trista  afiezione  » 
(pag.  93).  La  citazione  delle  date  e  Y  esposizione  dei  fatti  è  più 
d'  una  volta  espressa  con  particolare  indecisione  ;  relativamente 
alla  guerra  insorta  tra  i  perugini  ed  i  fiorentini  nel  1479, l' a. 
nota  che  i  due  contendenti  «  col  consenso   e   mediazione  del 
papa  si  strinsero  di  nuovo  in  lega  nel  terminare  del  suddetto 
anno   (1479)  o  pure  nel   1480   o  nel   1482»   (pag.  55); 
quasi  che  non  fosse  proprio  possibile  il  fissar  1'  anno  preciso 
di  codesta  lega.  A  pag.  24  riportando  certe  inscrizioni  romane, 
scoperte,  facendosi  alcuni  scavi  e  risarcimenti,  in  Umbertide, 
per  dimostrare  1'  antica  origine  di  questa  città,  riferisce,    tra 
un*  iscrizione  ricordante  Q.  Petronio  Birronio  ed  un  un'  altra 
che  dovette  appartenere  ad  un  tempio  sacrato  a  Giove  ottimo 
massimo ,    questa   inscrizione   medi  evale  :   MCCCIV.    H.    S. 
FECER.   FILH.    S.   FRACISCL  BENVENVTL    DE    FLO- 
RENTIA.  P.  AIA.   DNE.  DAVINE.  MATRIS.  SVE.   HIC. 
SEPULTE.   Ci  vuol  poco  a  capire  che    P  a.  ha  reputato  ro- 
mana questa  inscrizione  collocandola  fra  le  altre  due  d'  epoca 
romana  e  V  ha  riprodotta  con  quelle  per  attestare  la  vetusta 
origine  della  patria   sua.   A   pag.    29   è  detto  con  tutta  fran- 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA  l6$ 

chezza  che  «r  a  compiere  V  esterminio  delle  desolate  città  ai 
Goti  successero  i  furibondi  longobardi  da  Narsete  chiamati 
alla  conquista  d' Italia  »;  a  pag.  138  Napoleone  I  è  chiamato 
il  «  Guerriero  Dominatore,  di  battaglie  di  conquiste  e  di  san- 
gue giammai  satollo».  O  non  aveva  io  ragione  quando  fin 
da  principio  diceva  che  sarebbe  stato  meglio  che  codesta  sto- 
ria fosse  rimasta  ignorata  nell'  archivio  comunale  della  Fratta, 
più  tosto  che,  dedicandola  ce  ai  benevoli ....  concivi  »,  pu« 
blicarla  ?  Che  se  il  Perugini,  per  mantenere  la  a  solenne  pro- 
messa »  fatta  al  suo  buon  parente,  avesse,  invece  di  stamparla 
per  intero,  estratto  dalla  storia  del  Guerrini  quelle  parti  che 
riferisconsi  alla  pura  storia  d'  Umbertide,  rimaneggiatele  e  rab* 
berciatane  la  scorrettissima  veste,  allora  forse  T  opera  sua  sa- 
rebbe stata  di  qualche  vantaggio,  e  quella  fatale  promessa  egli 
avrebbe  più  degnamente  e  coscenziosamente  adempiuta.  In  tal 
caso  non  vi  avremmo  Ietto  periodi  sgrammaticati  e  troppo 
rei,  quasi  a  ogni  pagina  ;  od  altri  periodi  gonfi  di  boria  reto- 
rica come  questo  :  a  Affinchè  poi  nell'  avvenire  perenne  ri* 
manesse  monumento  della  ricuperata  Terra  e  non  rinnovassero 
i  Vitelli  pretensioni  sopra  di  Lei  (  la  Fratta  ) ,  o  non  addive- 
nisse più  guiderdone  d' altri  Magnati  per  sanguinose  gesta  fa- 
mosi .  .  «  .  »  (  pag.  7 1  );  o  come  questo  :  «  Il  puro  Cielo 
d'  Ausonia ,  che  sorrideva  alla  soavità  di  aure  tranquille ,  ben 
presto  si  vide  annubilare  al  sorgere  d'  un  nembo,  che  tutto 
ingombrava  con  rutilante  fragore  il  pontefical  reggimento  »  : 
o  pure  bolzi  come  questo  :  «  Il  secolo  XVII  nel  fosco  suo 
tramonto  lasciò  1'  Europa  sopra  il  cratere  d' immenso  vulcano, 
al  cui  tremendo  scoppio  poco  mancherà  che  dessa  non  resti 
dalle  vorticose  fiamme  distrutta»  (pag.  95):  o  idropici  come 
quest'  altro  :  «  Sembra  però  indubitabil  cosa ,  che  il  modo 
con  cui  i  Vitelli  presero  possesso  della  Fratta,  se  die  sentore 
di  befiardo  orgoglio  indegno  d'illustre  prosapia,  offri  motivo 
del  pari  alla  disgradevole  reazione  di  un  Popolo^  che,  conscio 
della  propria  dignità  tollerar  non  voleva  soperchiere  ed  awi- 
lifflento  »  (pag.  70).  A  pag.  159  1' a.  scrive:  «Nel  merco- 
ledì santo  il  Sole  col  primo  raggio  illuminava  un  trionfale 
Vessillo ,  ove  scorgeansi  effigiati  il  mistico  Calice  d'  oro ,  su 


lé4  RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

cui  innocenti  colombe  curvavano  pietose  il  candido  collo,  la 
sovrastante  splendida  cometa ,  V  autorevole  feltro  gentilizio  e 
gli  astri  scintillanti  ;  vivi  simboli  di  religione,  di  mansuetudine, 
e  di  possanza  »  :  1'  a.  con  questo  perìodo ,  fregiato  di  tredici 
aggettivi  insulsi,  ha  voluto  dire  che  la  Fratta  nel  marzo  del 
1830  ritornava  sotto  il  dominio  pontificio.  Il  Mezzanotte  nella 
biografia  del  Guerrini  affermò  che  questi  fu  anche  dicitore  in 
rima  :  anche  senza  leggere  codesu  biografia  me  ne  sarei  accor- 
to dai  molti  versi,  sparsi  in  questa  brutta  esposizione  della 
storia  frattese.  Qua  dentro  ve  n'  ha  di  svariate  armonie  e  mi- 
sure; piani,  come  questo;  «dal  perugino  General  Consiglio» 
(  pag.  52):  tronchi,  come  questo;  «per  dar  notturno  assalto 
alla  città»  (pag.  55):  sdruccioli,  come  quest' altro  ;  «dal  vit- 
torioso Fiorentino  Esercito»  (pag.  55  ).  E  qui  basti.  Ma,  tanto 
per  compiere  il  dovere,  dirò  che  in  questo  volume  oltre  alla 
storia  politica  (pag.  17  e  segg. ),  e*  è  la  civile  (pag.  167  e 
segg.  ),  e  una  raccolta  di  schizzi  biografici  degli  uomini  più 
cospicui  d'  Umbertide  :  in  principio  e  in  fine  del  libro  sono  il 
ritratto  del  Guerrini  e  una  pianta  della  città  ;  e  nel  corpo  del 
testo  tre  tavole,  rappresentanti  il  Foro  Bovario,  il  ponte  sul 
Tevere  ed  Umbertide  dalla  parte  di  Nord  -  est. 

Giuseppe  Mazzatinti. 

SAINT  FRANCOIS  D]  ASSISE.  I.  Vie  de  saint 
Franfois.  II.  Saint  Francois  apris  sa  mori.  Paris, 
C.  Plon,  Nourrit  et  C.  1885.  Voi.  in  foglio,  di 
pag.  440,  con  250  incisioni  nel  testo,  e  35  tavole. 

Volendo  restringere  in  poche  parole  un  giudizio  conve- 
niente sopra  questo  volume,  ci  sembra  giustissimo  ed  esattis- 
simo quello  che  se  ne  dà  in  un  breve  annunzio  che  lo  ac- 
accompagna,  ove  si  legge  che  esso  è  un  monument  splendide 
itevi  par  les  Frires  Mineurs  Capucins  de  Frante  d  la  gioire  de 
leur  siraphique  Pire,  saint  Francois  d^  Assise.  E  veramente  il 
libro,  considerato  come  splendido  monumento^  merita  senza  dub- 
bio questo  titolo,  imperocché  il  numero,  la  bellezza  dei  dise- 
gni, delle  incisioni,  delle  tavole,  delle  cromolitografie  di  ogni 
epoca,  di  ogni  scuola,  di  ogni  genere,  edifizi,  statue,  scolture. 


RIVISTA  BIBUOGRAFICA  .  l6$ 

fac  -  simili  di  vecchie  stampe,  di  antiche  edizioni,  di  sigilli,  di 
stemmi,  di  arazzi,  di  affreschi  ecc.  in  somma  di  tutto  quanto 
potè  dar  V  arte,  specialmente  in  Italia,  da  Giotto  a  Raffaello, 
da  Raffaello  al  Rembdat  al  Murillo,  fino  al  Duprè  e  al  Pas- 
saglia^  tutto  questo  insomma  vi  è  riprodotto  con  diligenza  e 
con  amore  singolare,  e,  trattandosi  specialmente  di  monumenti 
pittorici  del  Xin  e  XIV  secolo,  vennero  questi  disegnati  in 
modo  da  riprodurre  egregiamente  il  carattere  degli  originali, 
dai  quali  non  si  discostano  di  un  punto.  Merito  questo  dei 
padri  Cappuccini  della  Francia,  specialmente  del  padre  Luigi 
da  Porrentruy,  che  diresse  la  parte  illustrata  di  questo  libro, 
e  degli  altri  valenti  artisti  ivi  nominati,  fra  i  quali  si  notano 
parecchi  religiosi  del  medesimo  ordine.  Abbiamo  esaminato 
questo  volume,  e  delle  pitture  di  Giotto,  abbiamo  trovato  che 
se  ne  publicarono  poco  meno  di  40:  ed  oltre  a  queste  ve  ne  ha 
di  Cimabue,  di  Giunta  Pisano,  del  Berlinghieri,  e  di  altri  pit- 
tori itaUani  e  stranieri  dall'epoca  di  san  Francesco  fino  ai 
giorni  nostri.  Notevoli  le  riproduzioni  in  cromolitografia  di 
alcuni  dipinti  sul  vetro  e  di  qualche  arazzo,  bellissime  poi  le  ta- 
vole di  alcune  terre  cotte  dei  della  Robbia,  esistenti  special- 
mente in  Toscana.  Del  resto,  a  voler  parlare  di  tutto,  non  ci 
sarebbe  posto  davvero  in  una  breve  rivista,  e  per  numerare  solo 
questi  300  disegni  ci  vorrebbero  pagine  non  poche.  Però  onde 
avere  un'idea  della  parte  artistica  del  volume,  basta  notar 
questo,  che  cioè,  mentre  il  testo  (  ne  parlerò  qui  presso  )  rac- 
conta la  vita  di  san  Francesco,  cominciando  dal  descriverne 
la  città  quale  era  a  tempo  della  sua  nascita  (1182),  e  poi 
narrando  del  suo  battesimo,  descrivendo  il  luogo  ove  ricevè 
questo  sacramento,  ecc.  ecc.  fino  alla  sua  morte  e  alla  sua  cano- 
nizzazione, la  parte  illustrativa  serve  di  perpetuo  commento  al 
testo  medesimo,  mettendo  sotto  gli  occhi  i  luoghi  e  i  monu- 
menti dei  quali  si  parla  se  questi  esistono  ancora,  sia  pure 
in  mina,  ed  ove  non  esìstano  dando  di  essi  un  disegno  rica- 
vato da  monumenti  dei  più  celebri  maestri,  specialmente  di 
Giotto,  il  quale  in  Firenze  e  in  Assisi  lasciò  tanti  dipinti 
sulla  vita  e  sui  miracoli  del  santo  patriarca.  Quindi,  per  dare 
un  esempio,  parlando  di  Assisi  a  tempo  di  san  Francesco,  si 


1^6  RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

riproduce  una  vecchia  incisione  ove  si  vede  disegnata  la  città 
quali  si  crede  che  fosse  nel  XII  secolo  :  venendo  alla  sua  na- 
scita e  al  suo  battesimo,  ecco  la  bruna  fronte  del  san  Ru6no 
ove  fu  recato  per  ricevere  quel  sacramento,  ecco  il  rozzo 
fonte  battesimale  ove  lo  ricevette:  parlando  dei  suoi  antenati 
eccone  l'albero  genealogico,  eccone  i  blasoni  della  famiglia 
ricavati  a  fac-simile  da  un  intaglio  del  XVI  secolo,  e  cosi  via 
via  fino  alla  sua  morte  ed  a  suoi  funerali,  dei  quali  ultimi 
fatti  vengono  dati  analoghi  disegni  di  tre  pitture  di  Giotto, 
di  una  di  Rubens,  del  Zurbaran,  di  una  scoltura  di  Benedetto  da 
Maiano  ecc.  E  tuttociò  nella  sola  prima  parte,  che  è  la  bio- 
grafia di  san  Francesco,  poiché  la  seconda  parte  che  racconta 
le  vicende  dell'  ordine  Francescano ,  ne  ricorda  i  membri 
più  illustri,  e  considera  san  Francesco  e  la  sua  influenza  nel- 
r  arte,  è  una  sequela  della  prima,  ove  i  più  insigni  monasteri 
Francescani,  le  persone  che  nell'  ordine  si  distinsero  per  pietà, 
per  dottrina  ecc.  i  monumenti  più  belli  che  trattano  di  san 
Francesco,  sono  tutti  qui  riprodotti  con  la  esattezza  e  con  la 
diligenza  notata  di  sopra.  In  conclusione,  questo  volume,  per 
la  parte  artistica,  è  un  museo,  un  album,  ove  i  capolavori  e 
le  rarità  di  pittura,  scoltura,  di  palegrafia,  di  incisione,  di 
sfragistica,  di  oreficeria,  che  hanno  relazione  con  san  Fran- 
cesco, si  succedono  e  si  moltiplicano  con  una  frequenza  e  con 
un  lusso  più  unico  che  raro.  Certo,  qualche  imperfezione  e 
qualche  lacuna  vi  si  riscontra  (  e  quale  è  l' opera  umana  che 
non  ne  abbia  ?  ),  onde  invano  vi  abbiano  cercato^  per  addurre 
un  esempio,  qualche  disegno  del  tempio  di  Minerva  in  Assisi, 
ove  san  Francesco  avrà  più  volte  avuto  da  fare  e  da  dire  coi 
suoi  allegri  amici  della  gioventù  (forse,  fu  innanzi  a  quel  portico 
che  un  uomo  stese  le  vesti  sotto  i  suoi  piedi);  anche,  l^immagine 
della  Porziuncula,  dipinta  nel  1383  da  prete  Ilario  da  Viterbo, 
che  vi  avrebbe  trovato  suo  posto^  non  vi  si  vede,  né  fra  i  nume- 
rosi sigilli  francescani  dei  secoli  XIV  e  XV  che  riproduconsi 
a  fac  -  simile,  ve  ne  é  alcuno  dei  conventi  d' Italia  (  essendo 
quasi  tutti  francesi  )  se  ne  ecettui  quello  di  Gubbio.  Ma  que- 
sti sono  nei ,  in  un'  altra  edizione ,  che  sentiamo  essere  già 
pronta,  facilmente  rimediabili,  e  che  poco  o  punto  tolgono  al 


RIVISTA    BIBLIOGRAFICA  I67 

valore  di  questo  libro,  il  quale  è 'in  vero  uno  splendido  monu- 
mento ideato  con  un  criterio  estetico  molto  elevato,  eseguito 
con  magnificenza  e  con  lusso,  degno  invero  di  esser  consecrato 
alla  memoria  di  uno  dei  più  gran  Santi  che  ricordi  la  chiesa. 

Tale  è  la  parte  artistica  di  questo  libro:  se  noi  non  pos« 
siamo  commendare  egualmente  la  parte  narrativa  dello  stes- 
so, ciò  non  vuol  dire  che  questa  sia  priva  assolutamente 
e  di  qualunque  merito;  questo  nò  davvero,  solamente  ci 
pare,  che,  trattandosi  di  un  opera  cosi  poderosa,  si  fosse  pò* 
tuta  scrivere  una  vita  di  san  Francesco ,  che  anche  per  la  par- 
te critica  e  storica  come  per  la  parte  figurata  ed  artistica,  poca 
speranza  avesse  potuto  lasciare  di  poter  far  meglio.  Il  qual 
merito  non  ci  sembra  che  al  Saint  Francois  in  discorso  con- 
venga troppo.  Il  libro'  è  diviso  in  due  parti ,  e  di  queste ,  la 
seconda  è  suddivisa  in  tre  sezioni  che  formano  quattro  parti 
ben  distinte  che  dobbiamo  esaminare,  sia  pur  brevemente, 
l'una  separata  dall'altra. 

La  prima  parte  comprende  la  vita  di  san  Francesco;  co- 
me è  naturale,  occupa  la  maggior  parte,  circa  tre  quarti,  del 
volume  (  pag.  i  -  X]0  ).  Ne  è  autore  il  padre  Leopoldo  Che- 
rancè  Cappuccino,  il  quale  in  questo  volume  ha  ripublicata  e 
corretta  una  sua  vita  di  san  Francesco^  della  quale  possede- 
vamo anche  una  versione  italiana  (Venezia,  1882).  Lo  Cherancè 
ha  scritto  una  bella  vita  di  san  Francesco,  e  questo  non  si 
può  negare:  vi  sono  belle  pagine,  buone  considerazioni  di 
vario  genere,  il  carattere  di  san  Francesco  vi  è  ritratto  felicemen- 
te, quantunque,  specialmente  in  alcuni  capitoli,  vi  si  riscontri 
una  imitazione  abbastanza  fedele  della  vita  dello  Chavin  de 
Malan,  del  quale  sembra  abbia  avuto  sotto  occhi  più  volte  la 
poetica  narrazione.  Ciò  per  altro  non  prova  che  la  Cherancè 
si  sia  fondato  esclusivamente  su  quel  libro,  né  che  per  scri- 
vere il  suo  non  abbia  ricorso  spesso  alle  fonti  primitive  della 
storia  sanfrancescana ,  imperocché  di  questi  fonti  si  é  ser- 
vito continuamente.  Dispiace  peraltro  di  veder  trascurato  qual- 
che istorico  il  quale  gli  avrebbe  potuto  recare  gran  lume  e 
in  qualunque  modo  gli  avrebbe  giovato,  assai,  specialmente 
per  la  cronologia  ;  per  esempio  Giordano  da  Giano,  Tommaso 


l68  RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

Eccleston,  ecc.  Mancanza  questa  abbastanza  notevole,  quan- 
tunque non  si  debba  ascrivere  molto  a  sua  colpa,  imperocché 
considerando  che  lo  Cherancé,  nello  scrivere  il  suo  libro^più 
che  fare  un  lavoro  critico,  cercò  di  dettare  una  vita  del  Santo 
principalmente  con  scopo  morale^  si  comprende  bene  come 
tanti  elementi  di  storia^  di  cronologia  e  di  altro  siano  stati 
da  lui  trascurati,  pago  di  attenersi  agli  storici  che  1'  aveano 
preceduto.  Difatti,  appunto  perchè  questo  libro  ha  uno  sco^o 
morale,  non  vi  è  in  esso  un  punto  della  vita  di  san  Francesco 
che  sia  stato  esaminato  criticamente,  e,  nei  luoghi  dubbi,  di- 
chiarato e  illustrato  anche  quando  il  farlo,  specialmente  per 
uno  scrittore  francese,  era  cosa  non  difficile.  Per  esempio, 
(  comincio  proprio  da  capo  )  lo  Cherancè  a  chiusi  occhi  as- 
serisce che  la  madre  Pica  fosse  dei  conti  di  Bourlemont  di 
Provenza,  come  scrisse  il  Frassen,  e  come  sulla  sua  fede  ac- 
cettò il  Papini ,  e  forse  il  Cristofani.  Orbene ,  giustamente 
fa  qui  osservare  il  Bonghi  che  se  Pica  fu  veramente  dei 
conti  di  Bourlemont,  e  se  è  vero  che  nell'  archivio  domestico 
di  quei  signori  si  conserva  il  contratto  nuT^iale  fra  lei  e  Pietro 
Bernardone,  sarebbe  bene  che  questo  scritto  si  pubblicasse.  Desi- 
derio giustissimo,  perchè  questo  documento  sulla  genealogia 
di  san  Francesco  ancora  cosi  incerta,  recherebbe  moltissima 
luce,  e  farebbe  scomparire  molti  dubbi  e  molti  errori  che  vi 
sono.  Ora,  come  non  venire  in  mente  allo  Cherancè  il  pub- 
pubblicare  questo  interessantissimo  documento?  Chi-  avrebbe 
potuto  farlo  meglio  di  lui,  che  per  tutta  la  Francia,  per  l'I- 
talia e  fuori,  mandò  cercando  dai  suoi  correligiosi  ricordi  e  cimelii 
francescani  di  ogni  genere  ?  E  notate,  che  parlando  dell'  origi- 
ne francese  della  madre  di  san  Francesco,  egli  cita  appunto 
il  Frassen. 

Prosegue  lo  Cherancè,  narrando  i  prodigi  che  accompa- 
gnarono la  nascita  di  san  Francesco,  il  suo  battesimo  ecc.  le 
quali  cose  noi  siamo  ben  lungi  dal  voler  ri6utare,  specialmente 
senza  esame.  Ma  intanto,  io  domando  se  è  buona  regola  di 
critica  quella  di  certuni  —  e  lo  Cherancè  è  fra  questi ,  che , 
ricordando  questi  fatti ,  si  contentano  di  un'  asserzione  dei 
Waddingo,  di  un  monumento  del  sec.  XVII,  o  al  più  al  più 


RIVISTA   BIBLIOGRAFICA  1^9 

dell'autorità  di  Bartolomeo  Pisano  nelle  sue  conformità.  San 
Francesco  non  ci  guadagnerebbe  più,  se,  scartando  tante  giunte 
arbitrarie,  leggermente  asserite  e  più  leggermente  accettate, 
la  sua  vita  sapesse  più  di  storia  e  meno  di  leggenda  ?  È  stato 
già  notato,  fra  gli  altri  dal  Castelar  nei  suoi  ricordi  (T  Italia^ 
come  nei  posteriori  biografi  di  san  Francesco  si  riscontri  una 
continua  e  ben  determinata  intenzione  di  rassomigliare  in  tutto 
e  per  tutto  la  vita  di  lui  a  quella  di  G.  C,  la  quale  intenzione 
ci  diede  con  Bartolomeo  da  Pisa,  che  fu  forse  il  più  antico 
propagatore  di  essa,  il  libro  delle  conformità  tessuto  mira- 
bile di  cose  vere  circondate  da  moltissime  leggende.  Orbene, 
questa  benedetta  ed  esagerata  conformitày  è  stata  se  non  l'u- 
nica certo  una  delle  prime  cause  per  le  quali  la  storia 
di  san  Francesco  merita  in  tanti  punti  di  essere  esaminata  e 
discussa*  Difatti,  avendo  le  Conformità  incontrata  la  fortuna  di 
piacere  ai  più,  impinguarono  la  vita  del  Santo  con  una  quantità 
di  cose  poco  o  nulla  dimostrate,  forse  colle  migliori  inten* 
zioni  del  mondo,  sul  che  io  non  discuto,  ma  certo  con  danno 
notevole  della  vita  vera  e  genuina  di  lui ,  la  quale  se  fosse 
tale,  cioè  vira^  sarebbe  tanto  più  bella.  Tommaso  da  Celano, 
i  tre  compagni.  Giordano  da  Giano,  san  Bonaventura,  le  let- 
tere e  gli  opuscoli  di  san  Francesco  e  pochi  altri  documenti 
ed  istorici,  ecco  i  fonti  sinceri  della  vita  di  lui;  onde  è  che 
chi  scrivesse  questa  vita,  e  non  usasse  la  cautela  di  servirsi 
o  nulla  o  molto  parcamente  dei  soliti  fioretti  ^  delle  conformità^ 
delle  cosi  dette  tradizioni  ecc.,  correrebbe  rischio  di  far  pas- 
sar per  vere  cose  o  false  o  alterate,  e  cosi  renderebbe  a  san  Fran- 
cesco un  gran  cattivo  servizio.  E  fra  i  suoi  biografi,  lo  Cha- 
lippe,  lo  Chavin  de  Malan,  il  Palomes  e  il  nostro  Cherancè 
e  cent'  altri,  non  se  ne  sono  guardati  quanto  dovevano.  Per 
la  qual  cosa  noi  siamo  in  questa  ferma  opinione,  che  cioè 
una  vita  vera  di  san  Francesco  d'  Assisi  sia  ancora  una  cosa 
da  farsi.  Il  Papini  mezzo  secolo  fa  era  forse  al  caso  di  intra- 
prendere questo  lavoro,  e  lo  esegui,  ma  oltreché  riesci  assai 
sciamannato,  come  lo  chiama  bene  il  Cristofani,  in  efletto 
poi  riuscì  tanto  difficile  ed  esigente  nell'  accettare  un  fatto, 
che  da  una  eccessiva  buona  fede,  cadde,  ci  sembra ,  nell'  esa- 


170  RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

gerazione  contraria  e  non  corrispose  certo  al  fine  che  un 
buon  isterico  si  deve  proporre. 

Veniamo  alia  seconda  parte  del  libro,  intitolato  :  San  Fran- 
cesco dopo  la  sua  morte.  Il  padre  Enrico  da  Grèzes  parla  del- 
l' ordine  di  san  Francesco ,  narrandone  lo  sviluppo,  il  dilatarsi 
per  r  Italia,  per  l' Europa,  fuori  di  questa,  accennando  le  divi- 
sioni e  suddivisioni,  le  modificazioni  e  le  riforme,  per  le  quali 
il  grande  albero  francescano  rimase  separato  in  tanti  rami  di- 
stinti, di  ciascuno  dei  quali  ricorda  i  meriti,  le  opere,  le  fa- 
tiche spese  a  prò  della  Chiesa,  della  società,  delle  lettere,  delle 
arti ,  le  persone  che  si  segnalarono  per  virtù ,  per  dottrina , 
terminando  l' utile  lavoro  con  alcuni  dati  statistici  sullo  stato 
attuale  dell'  ordine.  /  figli  di  san  Francesco  è  il  titolo  di  una 
serie  di  brevi  biografie  di  illustri  francescani,  tanto  del  primo 
ordine  nelle  varie  divisioni,  che  del  secondo  e  del  terzo.  In- 
cominciando dai  primi  seguaci  di  san  Francesco  giù  giù  per 
sei  secoli  fino  ai  giorni  nostri,  il  p.  Ubaldo  da  Chanday  cap- 
puccino ha  potuto  facilmente  presentarci  una  serie  di  nomi  il- 
lustri in  ogni  classe  di  persone,  dandoci  quasi  sempre  di 
ognuna  di  queste  i  ritratti  migliori  che  se  ne  conoscano,  rica- 
vati da  tele,  da  tavole,  da  affreschi  ecc.  o  riprodotti  da  vecchi 
intagli,  da  libri,  da  silografie  del  quattro  o  del  cinquecento. 
Va  da  se  che  fra  i  Francescani  figura  il  nome  dell'  Alighieri 
come  ascritto  al  terz'  ordine,  e  va  pure  da  se  che  il  p.  da 
Chanday  non  si  è  molto  curato  di  giustificare  V  asserzione  con 
un  esame  critico  dei  documenti  che  ci  restano,  poiché  è  cosa 
nota  che  per  accettare  fatti  anche  di  qualche  interesse ,  basta 
per  certuni  che  siano  stati  scritti  senza  poi  curarsi  molto  del 
come  e  del  quando.  Io  ritengo  probabile  assai  che  V  Alighieri 
si  cingesse  della  corda  francescana,  ma  devo  ancora  leggere 
un  libro  dove  almeno  questa  probabilità  venga  bene  accertata. 
Fra  i  francescani,  e  questo  è  certo,  figura  il  nome  di  laco- 
pone  da  Todi  la  cui  scarna  e  severa  figura  viene  qui  ripro- 
dotta la  prima  volta  da  un  affresco  del  XIV  secolo,  testé  sco- 
perto a  Prato,  sotto  al  quale  si  legge:  beato.  Iacopo,  da.  todi. 

Segnaliamo  questo  dipinto  agli  studiosi  della  vita  e  dei 
versi  del  Tudertino,  il  quale  dal  vecchio  artefice  toscano  fu 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA  I7I 

disegnato  con  un  libro  aperto  nella  sinistra^  ove  sta  scritto:  Ke 
farai  frate  lapone  Hor  se  giunto  al  paraone  (*). 

L'  autore  dell'  ultima  parte  del  libro  è  un  signor  M.  che 
ha  parlato  di  san  Francesco  nelV  arte^  e  ne  ha  parlato  assai  fe- 
licemente, avendo  dato  un  rapido  sguardo  alla  storia  dell'  arte 
riguardata  in  tutte  le  sue  diverse  produzioni,  in  tutte  le  quali, 
in  tutte  le  epoche,  di  ogni  scuola ,  di  ogni  epoca,  e  quasi  di 
ogni  artista  ha  trovata  una  chiesa,  una  statua,  un  monumento,  un 
dipinto,  magari  un  sigillo,  una  medaglia,  lavorata  per  san  Fran- 
cesco e  per  i  francescani.  Le  incisioni  e  i  disegni  intercalati 
nel  testo  per  tutto  il  volume,  e  che  non  servirono  da  illustra- 
zione al  testo  medesimo,  vengono  opportunamente  ricordati  in 
questa  ultima  parte  del  magnifico  volume^  la  quale  è  un  vero 
museo,  una  vera  galleria  francescana,  malgrado  qualche  lacuna 
e  qualche  nome  che  fu  trascurato.  Fra  queste  lacune,  conviene 
accennarla,  quella  dei  dipinti  del  Gozzoli  in  san  Francesco  di 
Montefalco  è  invero  troppo  notevole,  poiché  fra  i  libri  del 
Rio,  dell'  Ozanam  e  di  altri,  qualche  ricordo  di  quelle  bellis- 
sime storie,  nelle  quali  per  dirla  coli'  Owerbek,  Benozo  cantò 
con  note  colorate  il  poema  della  vita  di  san  Francesco,  l'avrebbe 
certo  ritrovato. 

Concludendo  questo  nostro  cenno,  ripetiamo  le  parole 
scritte  in  principio,  che  cioè  il  saint  Francois  d'Assise  è  uno 
splendido  monumento  innalzato  dai  minori  cappuccini  alla 
gloria  sua.  Se  allo  splendore  ed  alla  ricchezza  della  parte  ar- 
tistica non  corrisponde  interamente  l' esattezza  della  parte  sto- 
rica, che,  per  le  nuove  esigenze  della  critica,  merita  nuovo 
studio  ed  accurato  esame,  questo  è  un  difetto  al  quale  potrà 
certamente  (  e  lo  speriamo  e  ce  lo  auguriamo  )  rimediarsi  in 
una  seconda  edizione  di  questo  libro ,  edizione  che  insieme 
ad  una  versione  italiana  sappiamo  si  stia  già  preparando,  la 
prima,  di  3000  esemplari,  essendo  già  esaurita. 

Michele  Faloci  Pulignani. 


(1)  Cfr.  Panfilo  da  Magli  ano.  Storia  compendiosa  di  S.  Francesco  e  dei  Fran- 
cescani', RoauL,  1876,  voi.  2,  pag.  279-380. 


17^ 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


Antoka  -  Traversi  Camillo.  La  Salma  di  Giacomo  Leo- 
pardi.  Recanatiy  tip.  Simboli,  1884,  in  i6.°  di  pag.  88. 


Si  sa  che  morto  il  Leopardi  a  Na- 
poli, il  Ranieri  potè  fame  deporre  il 
cadavere  in  san  Vitale  fuori  Grotta 
ove  riposa  tuttora.  Oggi  si  vuole  da 
taluno  estrame  le  ceneri,  per  riporle 
in  più  degno  sepolcro;  ma  dove?  in 
santa  Croce?  a  Recanati?  V*ha  chi 
pensa  nel  primo  e  v*  ha  chi  pensa 
nel  secondo  modo,  anzi  in  Recanati 
si  è  air  uopo  costituito  un  opportuno 
comitato  cne  lavora  del  suo  meglio 
per  riuscire.  C*  è  poi  un  terzo  par- 
tito, per  dir  così,  il  quale  non  pensa 
né  in  uno  né  in  un  altro  modo,  e 
propugna  il  princìpio  di  non  rimuo- 
vere affatto  1  cadaveri  dal  luogo  ove 


furono  prima  deposti.  Nel  passato 
anno  i884  si  suscitò  in  proposito  in 
alcuni  giornali  una  vivace  polemica, 
che  in  quest*  opuscolo  del  sig.  An- 
tona  -  Traversi  viene  ordinatamente 
riassunta,  colla  publicazione  di  mol- 
tissimi articoli,  comunicati,  lettere  ed 
altro  che  allora  si  scrissero.  L'Antona- 
Traversi  che  nella  polemica  ebbe 
parte,  espone  con  molta  calma  (  a 
difTerenza  di  parecchi  scrittori  molto 
vivaci  dei  quali  ristampa  le  lettere  ) 
la  propria  opinione,  la  quale  sarebbe 
di  poter  vedere  onorato  il  Leopardi 
in  santa  Croce  a  Firenze,  ove  il  Ra- 
nieri  desse  per  ciò  il  suo  consenso. 


Antona  -  Traversi  Camillo.  Un  capitolo  inedito  dell*  au-- 
tomografia  di  Monaldo  Leopardi.  Kecanati,  tip.  Simboli,  1884, 
in  8.°  di  pag.  8. 


È  questo  capitolo  la  prima  parte 
di  un  lavoro  autobiografico,  che  non 
sembra  andasse  più  in  là  del  mede- 
simo. Avvertiamo  che  desso  non  ha 
nulla  che  fare  coir  autobiografìa  pu- 
blicata  dair  Avoli,  e  della  quale  si 
parlò  pure  in  quest'Archivio  I,  p.  100 
In  esso  il  Leopardi,  col  fitok)  Della 
mia  patria^  parla  molto  severamente 
di  Recanati,  del  quale   considera  lo 


stato  politico,  economico,  religioso  ec. 
lamentando  le  cattive   condizioni   di 

2uel  tempo,  e  prevedendone  peg^ori. 
*  Antona  -  Traversi  publicando  il  ca- 
pitolo inedito  da  un  manoscritto  di 
casa  Leopardi,  in  una  nota  a  pag.  5, 
scrive  a  carico  del  Wogel  una  cosa, 
che  presa  assolutamente  come  é,  non 
sappiamo  quanto  sia  vera;  almeno  nel 
Wogel  non  V  abbiamo  letu. 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


173 


Bianconi  Giacomo.  Morte  e  funerali  del  IV  Malatesta 
Bagliani.  Assisi,  tip.  Sensi,  1884,  in  8.^  di  pag.  20. 

tezza  quei  documenti  e  quegli  scrit- 
tori accennati  o  molto  vagamente 
o  alla  peggio.  Per  ts..  FroUiere;  Vedi 
Tesorieri  mss.;  Archiv.  Municib.  di 
Bettona.  ecc.  Ecco  come  segnò  le  ci- 
tazioni il  Bianconi ,  il  quale ,  al- 
meno per  questo  lato  non  merita 
certo  r  applauso  dei  dotti ,  i  quali , 
air  occorrenza,  chi  sa  quanto  dovran- 
no cercare  prima  di  trovare  il  docu- 
mento che  egli  indica,  ma  non  cita 
esattamente.  A  pag.  i4  il  Bianconi 
promette  il  catalogo  dei  vicari  ponti- 
fici, conti,  luogotenenti,  potestà  ecc. 
di  Bettona,  e  noi  ci  auguriamo  di 
veder  presto  pubblicato  questo  scritto^ 
che  per  la  storia  di  quella  terra  do- 
vrà certo  riescire  interessantissimo. 


Questo  opuscolo  dovea  intitolarsi 
piuttosto  :  Bettona  e  i  Baglioni,  poiché 
dei  funerali  del  IV  Malatesta  in  Bet- 
tona, 24  Dee.  1531,  si  parla  appena 
per  cinque  pasgine,  essendo  il  resto 
occupato  da  alcune  appendici  che  a 
Malatesta  si  riferiscono  poco  o  nulla. 
La  narrazione  di  questi  funerali  è 
una  pa^na  notevole  dei  costumi  del 
secolo  XVI,  ma  in  essa  non  trovia- 
mo cosa  alcuna  di  nuovo ,  tutto  es- 
sendo destmto  dalle  vecchie  cronache 
penane  che  si  hanno  a  stampa. 
Utili  invece  sarebbero  le  ab  bendici, 
se  in  esse  al  buon  volere  di  illustrare 
la  storia  della  terra  di  Bettona,  aves- 
se corrisposta  un  pò*  di  diligenza  nel 
cercare,  disporre  ea  indicare  con  esat- 


BoNGHi   Ruggero.   Francesco    di  Assisi.  Studio.  Città  di 
Castello,  Lapi  editore^  in  16.^  di  pag.  116. 


Non  vi  è  stato  giornale,  più  o 
meno  letterario,  che  di  questo  studio 
del  Bonghi  non  abbia  fatto  rivista  in 
vario  senso.  E  certo  in  vario  senso 
è  necessario  che  se  ne  facciano,  poi- 
ché siamo  persuasi  che  il  bellissimo 
studio  sia  piaciuto  a  molti,  dispia- 
ciuto a  non  pochi.  Diciamo  di  più. 
Sarà  ben  difficile  trovare  uno  studio- 
so, al  quale  in  questo  libro  non  di- 
spiaccia leggere  alcune  cose,  alcuni 
giudizi ,  alcuni  fatti  che  non  si  pos- 
sono accettare  sotto  un  aspetto  o 
sotto  un*  altro.  Escludiamo  la  parte 
teol(^ca  e  la  morale,  che  qui  non 
ci  riguardano,  ma  sulla  parte  storica 
e  crìtica,  parecchie  cose  avremmo  da 
notare,  alle  quali  certo  non  possiamo 
aderire.  Il  Bonghi  fa  nascer  san  Fran- 
cesco nel  1181,  non  nel  11 82,  perché 
gli  antichi  biografi  non  parlano  di 
questa  data,  e  perché  i  Fioretti  reca- 
no la  prima.  C!he  sia  nato  neli*  81 
può  essere,  ed  anche  qualche  storico 
ci  crede,  ma  che  sia  nato  proprio  in 
queir  anno,  perché  lo  dicono  i  Fioret- 
ti, é  cosa  tm  pò  ardua  ad  accettare. 


Del  resto  poi,  che  1'  82  sia  la  vera 
data  della  nascita ,  si  cava  bene  da 
un  calcolo  molto  semplice.  Ed  infat- 
ti il  Da  Celano,  narrando  della  mor- 
te di  san  Francesco  (1226) ,  la  dice 
avvenuta  20  anni  dopo  la  sua  con- 
versione, e  questa,  25  anni  non  com- 
piti dopo  la  nascita.  Si  tratta  di  una 
somma.  Poi  il  Bonghi  toglie  a  s.  Fran- 
cesco il  cantico  dei  soie,  che  i  codici 
ecc.  attribuiscono  a  lui,  e  gli  assegna 
due  laudi ,  che  ai  più  sembrano  del 
Tudertino.  Ma  con  che  fondamento? 
Intendiamoci  però:  non  creda  il 
lettore  che  lo  studio  del  Bonghi  sia 
cosa  di  poco  pregio,  perché,  anche  in 
fatto  di  critica,  contiene  delle  inesat- 
tezze. Le  contiene  é  vero,  peraltro  il 
suo  studio  é  lo  studio  più  completo 
che  oggi  abbiamo  sulla  vita  di  san 
Francesco  e  sui  primi  biografi  di  lui, 
degno  invero  di  studio  e  di  esame,  e 
da  non  trascurarsi  mai  da  chiunque 
voglia  tornare  a  scrivere  sulla  storia 
francescana,  con  una  larga  conoscen- 
za delle  fonti  e  dei  monumenti  più 
antichi. 


174 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


Castelli  Giuseppe.  Una  colonia  Ascolana  in  Corsica.  Ascoli 
Piceno,  tip.  Cesari,  1884,  in  16.**  di  pag.  76. 


Il  signor  dstelli  vuol  dimostrare 
in  questo  breve  scrìtto  che  nel  seco- 
lo XIII  un  Pietro  della  Scala  fuoru- 
scito ascolano,  navigò  nella  G>rsica 
con  alcuni  seguaci,  ed  ivi  fondò  una 
colonia,  intitolando  Asco  la  nuova 
città,  ed  Asco  intitolando  parimenti 
la  valle  ove  questa  si  trova.  I  molti 
indizi  e  le  molte  ragioni  che  si  pro- 
ducono, fanno  ritener  quasi  per  sicura 
se  non  la  andata  in  Corsica  di  Pietro 
della  Scala  per  fondare  la  città  di 
Asco ,  certo  la  immagrazione  di  un 
manipolo  di  Ascolani  in  quell'  isola  : 
peraltro,  un  documento  sicuro  di  que- 


sto fatto  non  fu  ancora  prodotto,  e 
tutti  ^li  istorici  del  sec  XVII  sono 
autorità  troppo  recenti  per  meritare 
su  ciò  intera  fede.  Il  Sig.  Castelli  fa- 
rà bene  ad  insistere  sulla  cosa,  cer- 
cando di  quesu  un  documento  fide- 
d^;no,  indagando  su  qual  documento 
cronologico  si  fondasse  TAndreanto- 
nelli,  su  quali  il  Marcucci,  di  che 
epoca  sia  stato  il  Filippini  ecc.  Forse 
ulteriori  ricerche  potranno  condurlo 
a  dare  al  suo  racconto  quel  grado  di 
certezza  che  non  ci  sembra  sìobia  an- 
cora raggiunto. 


Feroso  C.  Guida  di  Ancona  e  dei  suoi  dintorni  con  pianta 
topografica  della  città.  Ancona,  Morelli  editore,  1884,  in  16.^ 
di  pag.  154. 


Augusto  Conti  ragionando  poco  fa 
(Ved.  Rassegna  Naiionah,  Firenze, 
16  Ottobre  i884.  )  sulla  proposta  di 
una  nuova  Guida  Ì  Italia  composta  da 
Italiani^  ed  accennando  la  necessità 
e  r  utilità  di  tale  lavoro  ,  suggeriva 
anche  il  modo  col  quale  la  nuova 
guida  si  potrebbe  compilare,  affine  di 
renderla  piacevole  non  solo  ma  istrut- 
tiva eziandio.  Naturalmente  egli  ri- 
chiede, come  lavoro  preparatorio,  la 
stampa   di   molte  guide  parziali ,  e 

2ueste,  non  intende  sieno  un  elenco 
i  cose  e  di  nomi,  ma  sibbene  un 
libro  di  istruzione,  ove  la  storia ,  T  ar- 
te, la  poesia,  tutto  insomma  debba 
avere,  i  suoi  ricordi,  le  sue  pagine,  le 
sue  considerazioni  di  vario  genere.  Il 
sig.  Feroso  (diciamolo  subito, questo 
signor  Feroso^  nostro  collaboratore, 
non  è  altri  che  il  sig.  avv.  Michele 
Maroni)  senza  conoscere  lo  scritto 
del  Conti  che  fu  pubblicato  dopo,  ha 
messo  in  pratica  il  desiderio  e  il  pro- 
getto suo,  e  per  quanto  riarda  An- 
cona, ha  compilata  una  Guida  proprio 
secondo  le  idee  del  professore  fioren- 


tino. La  guida  del  Feroso,  non  è  un 
indice- catal(^o,  come  lo  è  un  altra 
guida  di  Ancona  della  quale  diremo  un 
altra  volta,  ma  è  un  vero  manua- 
letto  di  cose  piacevoli  che  si  riferi- 
scono alla  storia  di  Ancona,  ai  suoi 
monumenti^  ai  suoi  illustri  cittadini 
alle  sue  memorie  civili,  religiose,  let- 
terarie, a  quanto  insomma  può  inte- 
ressare il  viaggiatore  studioso  e  in- 
telligente, cui  piace  conoscere  le  cose 
più  notevoli  delle  città  che  va  per- 
correndo. Quando  il  lettore  ha  fatte 
col  signor  Feroso  le  cinque  passeg- 
giate in  città,  e  le  due  gite  nei  din- 
tomi  (una  di  queste,  a  Loreto^  è  un 
pò  brevina  veramente),  può  essere 
sodisfatto.  Egli  senza  sforzo  ha  im- 
parate parecchie  cose,  ha  lette  belle 
pagine,  ha  fatto  conoscenza  con  molti 
nomi,  e,  sul  fine,  stringerebbe  volen- 
tieri la  mano  all'  amico  Feroso ,  che 
gli  ha  fatta  cosi  lieta  e  piacevole  com- 
pagnia. Va  da  se  che  il  libro  non  è 
un  libro  di  notizie  critiche,  e  però  vi 
cercheresti  invano  note,  documenti, 
indicazioni  ecc.  Che  peraltro  ogni  co- 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


175 


sa  asserita,  sia  stata  asserita  con  fon- 
damento, con  diligenza,  con  esattez- 
za, può  fiacilmente  arguirsi  da  chi 
conosca  1*  erudizione  in  cose  patrie 
del  sig.  Feroso,  della  quale  erudizio- 
ne questo  nostro  Archìvio  ha  dato  e 
darà  parecchi  saggi.  Del  resto,  chi  vo- 
lesse   anche   conoscere  gli    scrittori 


della  storia,  dell'  arte  ecc.  di  Ancona, 
può  ricorrere  in  fine,  ove  il  Feroso 
con  ottimo  pensiero  ha  raccolti  i  ti- 
toli di  circa  170  libri  di  storia  anco- 
nitana, bibliografìa  questa  assai  più 
completa  che  quelle  del  Ranghiaschì, 
del  Ciavarini  ecc. 


Ffrretti  Corrado.  Il  cognome  e  quattro  lettere  di  Pasqua- 
lino d'  Ancona  ingegnere  militare  del  sec.  XV I.  Ancona,  Morelli 
editore,  1884,  in  8.°  di  pag.  32. 

gnere  civile  e  militare,  e  ce  lo  fanno 
conoscere  uscito  dalla  famiglia  Buoni 
o  Boni  tuttora  esistenti.  Il  sig.  Ferretti 
trovate  le  quattro  lettere  nell'  Archi- 
vio Mediceo,  e  riprodottele  diplomati- 
camente, non  pure  le  annotò  e  le 
commentò  con  paziente  diligenza,  ma 
attesa  la  cattiva  forma  nella  quale 
furono  dettate,  le  ristampò  anche  in 
buona  lingua,  fatica  questa  che  ci 
sembra  soverchia,  poiché  riteniamo 
che  nessuno  studioso  di  cose  d'  arte 
e  di  storia  possa  aver  difficoltà  a 
leggere  e  comprendere  una  lettera  del 
cinquecento ,  per  quanto  sia  stata 
scritta  barbaramente. 


Nelle  Memorie  storico  -  critiche  dei 
pittori  anconitani  del  conte  Ferretti 
(Ancona,  Morelli,  1885  )  delle  quali 
fu  fatto  un  cenno  anche  in  questo 
Archivio  I,  p.  670  si  legge  registrato 
anche  il  nome  ai  un  Pasqualino  d'An- 
cona, del  quale,  per  difetto  di  docu- 
menti, potè  dirsi  tanto  poco,  che  di 
un  artista  ricordato  pernno  da  Ben- 
venuto Cellini,  non  sì  potè  nemmeno 
trovare  la  famiglia  alla  quale  appar- 
tenne. Oggi  però  le  nuove  ricerche 
del  eh.  Ferretti  hanno  dato  un  buon 
risultato,  ed  alcune  lettere  di  lui  scrit- 
te dal  1540  al  1556  al  duca  Cosi- 
mo I,  ce  K)  rivelano  valente  inge- 


Raffaelli  Filippo.  Sigillo  di  Mercenario   da  Monteverde. 
Camerino,  Tip.  Mercuri  Succ.  Borgarelli.  1S84.  in  8.°  di  pag.  8. 

È  un  brevissimo  scritto,  sotto  forma 
di  lettera  al  Comm.  Severino  Conte 
Servanti  Colìio,  pubblicato  dal  eh.  Si- 
gnor Filippo  Raffaela,  bibliotecario 
della  comunale  di  Fermo,  nel  Bulìet- 
tino  di  Numismatica  e  Sfragistica  (  An. 
II.  n.  3.  4.  i884),  dal  quale  venne 
estratto.  Del  sigillo  di  Mercenario  si 
dice  che  venne  non  ha  guarì  disot- 
terrato in  contrada  Monteverde,  che 
è  posseduto  dal  sig.  Gaspare  Rosetti, 
che  nel  mezzo  ha  lo  scudo  a  targa 
triangolare  con  leone  rampante  sor- 
reggente nelle  zampe  im  ramoscello, 


ed  in  giro  ha  la  scritta  Mècenarius, 
D.  Mòtevtde.  E  di  più  non  si  po- 
teva dire.  Laonde  tutto  lo  scrìtto,  ol- 
tre air  accenno  di  un*  altro  sigillo  di 
Mercenario  conosciuto  e  descrìtto  dal 
Catalani  nelle  Memorie  della  Zecca 
Fermano^  si  diffonde  nelle  notizie 
biografiche  di  Mercenario  di  Fide- 
smtdo  da  Monteverde,  cui  dà  impor- 
tanza un  diploma  o  lettera  di  Lodo- 
vico il  Bavaro  diretta  a  Mercenario, 
documento  inedito,  ed  invero  assai 
interessante. 


il6 


SPOGLIO 


DELLE     PUBBLICAZIONI     PERIODICHE 


DEL    SECONDO    SEMESTRE    i884. 


ANNUARIO  BIOGRAFICO  UNIVERSALE  -  TO- 
RINO. 

Voi  L  disp.  2.  BAUDANA  VACCOLINI  C,  Giuseppe 
Fracassetti  (  Breve  biografia  di  questo  letterato  Fermano,  alla 
quale  è  soggiunta  una  lunga  serie  dei  suoi  scritti,  tolta  da  un 
lavoro  del  RafFaelli ,  del  quale  si  parlò  in  questo  Archivio, 
1,125.). — TECCHIO  S.  Pompeo  di  Campello  (Invece  della 
biografia  di  questo  patrizio  spoletino ,  si  riproduce  la  com- 
memorazione fattane  dal  Tecchio  in  Senato.  Non  ci  pare  che 
questo  sistema  di  tesser  la  biografia  dei  valentuomini  sia  da 
lodarsi  in  un*  opera  che,  come  il  titolo  dice ,  dovrebbe  dare 
biografie,  non  discorsi  rettorici.  E  per  fortuna  dell*  Annuario 
fosse  questo  un  caso  isolato  !).  —  Disp.  3.  ROUX  O.  An- 
gelini Annibale  ^Pittore  nato  a  Perugia  il  12  Maggio  1880, 
ed  ivi  morto  il  19  Luglio  1884.).  —  Magner  Eusebio  (^Cap- 
puccino di  Potenza  Picena,  morto  vescovo  di  Orvieto  il  15 
Agosto  del  passato  anno.  ). 

ARCHIVIO  DELLA  R.  SOCIETÀ  ROMANA  DI 
S  TORI  A  PA  TRI  A  -  ROMA. 

An.  VII,  fase.  Ili,  IV.  TOMASSETTI  G.  Della  campa- 
gna Romana  nel  Medio  Evo  (  A  pag.  357  si  discorre  di  Givi- 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  X77 

fella,  piccolo  comune  sulla  via  Flaminia,  al  26  miglio  da  Ro* 
ma>  da  Eugenio  IV  infeudata  a  Giorgio  e  Battista  Ridolfini 
da  Narni.  ).  —  Comunica:(ioni  dell'  Archìvio  Storico  Comunale  di 
Roma  (  È  notevole  un  documento  dell'  antico  comune  di  Roma, 
4  Gennaio  1396,  diretto  a  molti  castelli  del  territorio^  e  fra 
questi  alla  città  di  Amelia  ). 

ARTE  E  STORIA  -  FIRENZE. 

An.  Ili,  num,  28.  RICCI  C.  Ritratti  di  Raffaello  (A 
proposito  del  libro  del  Muntz:  Les  Historiens  et  les  critiques  de 
Raphael). —  Num.  29.  CASTELLI  G.  Una  colonia  Ascolana 
in  Corsica  (Continua  nei  num.  30,  31.  Cfr.  Bullettino  Biblio^ 
grafico  pag.  174.).—  Num.  31.  CAFFI  M.  Un  opera  dei  Mu- 
ratori lombardi  ntlV  Umbria  (  È  ricordata  in  un'  iscrizione  della 
chiesa  parrocchiale  di  Càscia,  ed  ha  la  data  1589.  ).  —  Num. 
34.  ANGELINI  A.  Ricerca  di  una  tavola  dipinta  in  Arcevia  da 
Luca  della  Robbia.  —  Num.  37.  BINDI  V.  Alcune  inedite  noti:(ie 
intorno  al?  artista  abru^ese  Cola  dell*  Amatrice  (  Continua 
nel  num.  seg.  )  —  Num.  38.  MARGUTTI  A.  Cose  di  Sini- 
gaglia.  —  Num.  39.  X.  Le  pitture  del  Domenichino  (In  Fa- 
no.). —  Num.  42.  FALOCI  PULIGNANI  D.  M.  Le  pitture  di 
Nicolò  Alunno  in  5.  Maria  in  Campis  (Continua  nel  num.  se- 
guente. ).  —  Num.  47.  CANTALAMESSA  G.  Pietro  Perugino 
dal  J4^j  al  ijo)  (  Continua  fino  al  num,  51.  ).  —  Num.  48. 
VACCAI  G.  //  castello  di  Gradara.  —  Num.  49.  LUZI  E. 
/  Restauri  nel  Duomo  di  Ascoli  Piceno.  —  Num.  51.  ANSEL- 
MI  A.  Di  un  quadro  di  maiolica  nelV  eremo  di  Monterubbio  presso 
Pergola. 

A  TENEO  ITAUANO  -  MILANO. 

An.  Vili.  fase.  5.  DEFILBOAT  L.  Farfalloni  degli  antichi 
Istorici  (  È  questo  un  Libro  di  D.  Secondo  Lancellotti  monaco 
Olivetano  di  Perugia,  del  quale  il  Defilboat  dà  dei  saggi  ed 
altri  ne  promette.  ). 

Arckirio  storico  IL  12. 


1/8  SPOGUO  DEI  PEUODia 

ATTI  DELLA  R.  ACCADEMIA  DELLE  SCIEN- 
ZE DI  TORINO 'TORSSO. 

Voi.  XIX,  disp.  5.  PEYRON  B.  Note  di  storia  letteraria 
del  secolo  XVI  tratte  dai  manoscritti  della  Biblioteca  Nazionale 
di  Torino  (  Uno  di  questi  codici,  che  appartenne  all'  Accade- 
mia degli  Invaghiti^  contiene  le  rime  di  Curzio  Ardii^o  da 
Pesaro,  letterato  del  sec.  XVI,  e  vi  sono  premessi  due  sonetti 
di  T.  Tasso,  T  uno  per  le  rime  dell'  Ardizio ,  e  fu  stampato, 
r  altro  per  la  sua  impresa,  che  era  un'aquila,  e  che  il  Feyron 
ritiene  inedito.  ). 

BULLETTINO  DELL  ISTITUTO  DI  CORRI- 
SPONDENZA ARCHEOLOGICA  -  ROMA. 

1884,  num.  VII.  Luglio.  Iscri:^ione  di  Fossombrone  (È  quella 
pubblicata  già  in  questo  Archivio^  I,  380.).  —  Num.  X.  Otto- 
bre. Viaggio  dell'  Ètruria  (  Fu  fatto  nell'  81  dal  prof.  Helbig, 
il  quale  parla  di  Perugia  e  dintorni.  ).  —  Num.  XI.  Novembre. 
Antichità  di  Castellone  di  Suasa  (  Si  descrivono  dell'  Helbig.  ). 

BULLETTINO  DI  NUMISMATICA  E  SFRAGI- 
STICA -  CAMERINO. 

Voi.  n,  num.  3,  4.  PILA  CAROCCI  L-  Della  luca  e 
delle  tnonete  Spoletine,  in  rela:(ione  alla  storia  delle  epoche  um- 
bre ,  romana  ,  ducale  e  pontificia  (  Sotto  un  titolo  cosi 
ampio ,  monsignor  Pila  Carocci  non  fa  che  la  enumera- 
zione delle  sessanta  monete  spoletine  della  sua  collezione , 
non  avendo  alcun  valore  T  inutile  ed  inopportuna  prefazione 
premessa  a  questo  catalogo.  Nessun  documento  egli  produce 
sulla  storia  della  zecca  spoletina ,  sui  maestri  della  stessa , 
sulle  monete  che  vi  si  coniarono.  È  cosa  singolare,  che,  ci- 
tando gli  scrittori  spoletini,  trascura  o  non  conosce  i  recen- 
tissimi volumi  del  baron  Sansi,  mentre  in  compenso,  per  con- 
ferma di  quanto  asserisce,  cita  spesso  una  sua  storia  di  Spo- 
leto, ed  un  suo  codice  diplomatico  spoletino  manoscritti  am^ 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  I79 

bedue  III).  —  RAFFAELLI  F.  Sigillo  di  Mercenario  da  Monte^ 
verde  (Cfr.  il  Bullettino,  pag.  175.  )• 

CRONACA  MARCHEGIANA  -  CAMERINO- 

Ad.  IX,  num.  17.  Visso  (Si  fa  la  rivista  degli  Statuta 
comunis  et  populi  di  questa  terra,  publicati  dal  prof.  M.  San- 
toni. ).  —  Serrasanquirico  (  Una  grotta,  testé  scoperta,  viene  de- 
scrìtta dall*  ing.  Paolo  Matteucci,  ).  —  N.  22.  Ascoli  Piceno. 
I  restauri  del  Duomo  (  Articolo  del  sac.  Emidio  Luzi.  ). 

DEUTSCHE  REVUE-BKESLAU  UND  BERLIN. 

An.  IX,  fase.  9.  MINGHETTI  M.  Die  kt^te  Periode 
RaffaeVs  (L*  ultimo  periodo  di  Raffaello.  1517-1520.  La  fine 
nel  fase.  11.  ). 

ETRUSCKISCHE  FORSCHUNGEN  UND  STU- 
DIEN-  STUTTGART. 

6,  18S4.  DEECKE  W.  Sùd-Etrurien  (Tombe  ed  iscri- 
zioni di  alcune  città  della  bassa  Etruria,  fra  le  quali  di  Or^ 
vieto.  ). 

FANFULLA  DELLA  DOMENICA  -  ROMA. 

An.  VI,  num.  32.  ONUFRIO  E.  Due  paesaggi  (  Con- 
fronto della  lettera  di  Plinio  sul  fiume  Clitunno,  con  1'  ode 
del  Carducci  sul  medesimo  fiume.).  —  Num  38.  RICCI  C. 
Un  altro  libro  per  Raffaello  (  È  quello  dei  Signori  Crovve  e 
Cavalcasene,  al  quale  si  muovono  parecchi  e  notevoli  appun- 
ti.).—  Num.  40.  SALVIETTI  A.  Gli  ultimi  anni  di  Giuseppe 
Balsamo  (  Nei  Castello  di  san  Leo  ).  —  N.  45.  BORGOGNONI 
A.  La  can:(pne  del  Leopardi  alla  sua  Donna  (  Nega  che  in  questa 
canzone  si  lodi  la  libertà.  ).  —  48.  ANTONA-TRAVERSI  C. 
//  natio  borgo  selvaggio  di  G.  Leopardi  (  Ricercasi  la  ragione 
onde  il  Leopardi  abbia  sdegnosamente  parlato  della  sua  città 
natia  in  alcuni  versi  delle  Ricordan:(e.  J. 


l8o  SPOGLIO  DEI  PERIODia 

GAZZETTA  LETTERARIA  -  TORINO. 

An.  Vni,  num.  34.  BRUZZONE  P.  L.  Tre  rife//i  (Vin- 
cenzo Alfonso  e  Ferrante,  Signori  di  Città  di  Castello,  Mon- 
tone ecc.  ).  —  Num.  45.  GIAN  MARTINO  S,  Giacomo  Lea- 
pardi  (  Di  nessun  conto.  ).  —  Num.  50.  CLARETTA  G. 
(  Recensione  dello  scritto  di  G.  Venturino  da  Fabriano  estratto 
dalla  Rassegna  Naiionaìe^  e  del  quale  vedasi  V Archivio,  1, 686.). 

GIORNALE  ARALDICO  -  PISA. 

An.  XIII,  n.  3  -4.  Recensione  del  libro  del  conte  S.  Servanzi 
CoUio  sullo  statuto  Municipale  di  Serra  Petrona  del  quale  cfr. 
Archivio,  I,  768,  e  della  guida  di  Orvieto  del  conte  T.  Picco- 
lomini- Adami.  (Favorevole  per  ambedue  gli  scritti.).  — Num. 
6.  Recensione  della  storia  della  Fratta  del  Guerrini  della  quale 
vedasi  sopra  a  pag.  160  e  seg.  La  recensione  è  favorevole. 

GIORNALE  DEGÙ  ERUDITI  E  DEI  CURIOSI- 
PADOVA. 

An.  n.  N.  56.  FABRETTI  F.  /  BecchetH  nella  Storia  di 
Perugia.  —  Num.  59  -  60.  ASfcLLUS .  Eugubini  e  Veronesi 
Matti.  — ìium.  61.  MORSOLIN  B.  B.  Angela  da  Foligno  — 
Eugubini  e  Veronesi  Matti.  —  Num.  62.  CATTANEO  G.  C. 
E.  Angela  da  Foligno.  —  FALOCI  PULIGNANI  D.  M.  Pro- 
verbi ammirativi  di  Luoghi  (  Si  parla  di  Perugia,  Sinigaglia,  Pe- 
saro, Ancona,  Urbino,  Ascoli,  Recanati,  Foligno  e  Fano)  — 
Num.  62.  RENIER  R.  Tommaso  Un^io.  —  Num.  64.  FALOCI 
PULIGNANI  D.  M.  Proverbi  ammirativi  di  luoghi  (  Si  parla 
del  proverbio  :  Foligno  dalle  strade  inzuccherate.) 

GIORNALE  STORICO  DELLA  LETTERATU- 
RA ITALIANA  -  TORINO. 

An.  IL  voi.  IV.  fase,  io- 11.  GIAN.  V.  Ballate  e  strani- 
botti  del  secolo  XV  tratti  da  un  codice    Trevisano  (  E   il   cod. 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  l8l 

43  della  biblioteca  comunale  di  Treviso,  miscellanea  conte- 
nente opuscoli  diversi,  dei  quali  il  VI,  di  scrittura  del  sec. 
XVI,  è  intitolato:  Fideli  Almerico  da  Pesaro^  Le  essequie  di 
Messer  Thomasio  Avveduto  Fanese.  Selva.  Comincia:  Ove  V o^ 
scura  tomba  e  7  duro  sasso.  Finisce:  Demmo  quella  sant*  Alma 
in  pace  a  Dio.  FiwiV.  j.  —  Fase.  12.  MEDIN  A.  Poesie  politiche 
nella  cronaca  del  Sercamhi  (In  una  ballata  del  1397,  si  crede 
di  trovare  ricordata  la  beata  Angela  (  non  Angelica  )  da  Fo- 
ligno ,  nei  versi  :  Nel  sangue  sparto  per  nostra  salute  —  cha 
quella  da  Fuligno  scoppio  il  core  etc.  ). 

IL    BIBLIOFILO  ^BOLOGìi A. 

Ad.  V,  num.  7.  Recensione  del  libro  del  can.  Zonghi  : 
Le  antiche  carte  fabrianesi  ecc.  che  si  giudica  assai  favorevol- 
mente. —  Num.  8-9.  BERTOLOTTI  A.  Varietà  archivistiche 
e  bibliografiche  (  Il  numero  XCIX  tratta  della  relazione  di  An- 
drea Bacci  medico  di  sant'Elpidio  con  la  corte  di  Mantova). 
—  Num.  IO-  II.  FALOCI  PULIGNANI  D.  M.  Tre  antiche 
stampe  del  Giardinetto  (  Una  di  queste  stampe  minutamente 
descritte,  fu  eseguita  in  Foligno  nell'officina  Colaldi-Canta- 
galli,  poco  dopo  il  1560.). —  BERTOLOTTI  A.  Varietà  Ar- 
chivistiche e  bibliografiche  (  Il  num.  CV  parla  di  un  libro  dedi- 
cato alla  Marchesa  di  Mantova  da  Guido  Postumo  de'  Silve- 
stri di  Pesaro.  Nel  num.  CIX  intitolato  un  Cappuccino  poeta 
si  pubblica  una  lettera  di  Fra  Serafino  da  Senigaglia  poeta 
del  sec.  XVU.  ).  —  Num.  12.  PIERGILI  G.  Dalle  ir  cento 
confessioni  »  attribuite  a  Carlo  Leopardi.  —  Recensione  dello 
scritto  del  Mecchi,  pubblicato  in  questo  Archivio^  I,  161  - 187, 
e  dell'opuscolo  di  Mgr.  Zonghi,  del  quale  cfr.  Archivio  I,  769. 

IL  DIRITTO 'ROMA. 

An.  1884,  num.  259.  OLIVELLI  V.  Il  pessimismo  di  G.  Leo- 
pardi. 


l82  SPOGLIO  DEI  PERIODia 

IL  PAESE  -  PERUGIA. 

Àn.  IXy  nutn.  45.  S.  Carlo  Borromeo  a  Perugia  (  Noti« 
zie  conosciute ,  alle  quali  potevasi  aggiungere  qualche  docu- 
mento o  lettera,  che  certo  non  dovrebbe  mancare.  ). 

IL  POLIFONO  -  FOLIGNO. 

An.  II,  num.  37.  RAIMONDO  PICENO.  Gubbio  (  Ar- 
ticolo di  poco  conto,  ove  molte  osservazioni  sono  inesatte, 
molte  non  sicure.  ).  —  Num.  40.  Ad  onore  di  un  Folignate 
(  Si  riproduce  come  sconosciuta  l' iscrizione  onoraria  posta  a 
Brera  in  Milano  alla  memoria  di  G.  Piermarini,  la  quale  per 
altro  era  già  stampata  più  volte.  Questo  si  fa  notare  nel  nu- 
mero seg.  )  —  Num.  41.  PADOVAN  G.  (Recensione  dello 
scritto  di  Af.  Faloci  Pulignani  intitolato:  Le  arti,  e  le  lettere 
alla  corte  dei  Trinci  in  Foligno,  pubblicato  nel  Giornale  storico 
della  letteratura  italiana.  Favorevole.  Vedi  lo  spoglio  di  que- 
sto periodico  nell'  Archivio,  I,  150.  ).  —  Num.  43.  In  lode 
della  città  di  Foligno  (  È  una  breve  poesia  di  Gasparo  Murtola 
pubblicata  nel  16 18.  L'editore  avrebbe  fatto  bene  a  indicarci 
il  libro  ove  la  trovò.  ).  —  Maestro  Nicolò  di  Liberatore  (  Ar- 
ticolo di  poco  conto  su  questo  pittore  del  secolo  XV.  ).  — 
Num.  44.  CAPPELLETTI  L.  La  can^^one  di  Giacomo  Leopar^ 
di  a  un  vincitore  di  pallone.  —  Num.  46.  RAIMONDO  PI- 
CENO. Todi. 

IL  PRELUDIO  -  ANCONA. 

An.  Vili,  num.  13-14  URBINI  G.  Per  i  natali  di  Sesto 
Proper^iio,  nuova  Polemica  (  Cfr.  Archivio,  I,  671.  Num.  ).  — 
17-18.  FERRETTI  C.  //  cognome  e  quattro  lettere  di  Pasqua- 
lino d'Ancona.  (  Cfr.  in  questo  volume  il  Ballettino  biblio- 
grafico,  pag.  175  Segue  nei  num.  20-21).  — Num.  22-23-24. 
VANZOLINI  G.  Alcune  lettere  inedite  di  Pietro  Giordani  (So- 
no dirette  al  conte  Domenico  Paoli  di  Pesaro,  morto  nel 
1853.  ).  —  ZERBINI  E.  La  Can:(pne  del  Leopardi  «  alla  sua 


St»OGLlO  DE!  PERIODICI  183 

donna  »  (  Conferma  con  nuove  osservazioni ,  la  sentenza  da 
lui  altrove  proposta,  che  questa  canzone  sia  politica,  non  a- 
morosa.  J. 

IL  PROPUGNATORE  -  BOLOGNA. 

An.  XVII  disp.  4,  5.  —  PÈRCOPO  E.  Le  laudi  di  fra 
lacopone  da  Todi  nei  mss.  della  Biblioteca  na:(ionale  di  Napoli, 
contributo  alla  edizione  critica  (  Neil'  intenzione  di  riescir  u- 
tile  per  la  a  desiderata  edizione  critica  delle  laudi  del  Todi- 
no  »  il  Pèrcopo  ha  tratte  diligentemente  le  varianti  di  tut- 
te le  laudi  che  nei  manoscritti  della  Biblioteca  Nazionale 
di  Napoli  sono  attribuite  al  beato  lacopone.  Il  cod.  XIV,  C, 
38,  ne  contiene  49,  e  di  ciascuna,  prima  di  dare  le  varianti, 
dà  utilissime  indicazioni  bibliografiche  sui  codici  e  sulle  stampe 
che  la  contengono ,  terminando  coli'  indicare  la  stampa  con- 
frontata col  ms.  napolitano.  Il  lavoro  di  Pèrcopo  è  cosi  mi- 
nuto e  diligente,  che  forse  era  quasi  meglio,  anche  per  como- 
do degli  studiosi,  pubblicar  le  laudi  interamente.  In  questa 
dispensa  si  danno  le  varianti  delle  laudi  I  -  XXI  contenute  nel 
codice  citato.  ).  —  CAPPELLETTI  L.  Osservazioni  ecc.  sulle 
fonti  del  Decamerone  (  A  proposito  della  nov.  2.  della  VI  gior- 
nata, si  discorre  di  Matteo  d' Acquasparta.  ).  —  MIOLA  A.  Le 
scritture  in  volgare  dei  primi  tre  secoli  della  lingua  ricercate  nei 
codici  della  Biblioteca  naj^ionale  di  Napoli  (  Cod.  XII,  F,  47. 
Contiene  la  Scala  del  Paradiso  di  san  Giovanni  Climaco,  tra- 
dotta in  italiano  da  fra  Gentile  da  Foligno.  Fu  edita  nel  1875 
dall'  ab.  Ceruti,  e  forma  parte  della  collezione  Romagnoli.  — 
Cod.  XII,  F.  48.  Contiene  il  cosmografo  di  Tommaso  da  Rie- 
ti. —  Cod.  XII,  F,  56.  Contiene  la  quadriga  spirituale  di  fra 
Nicola  da  Osimo.  ).  —  Disp.  6.  PÈRCOPO  E.  Le  laudi  ecc.  di 
fra  lacopone  da  Todi  (  Continuazione.  Dallo  stesso  cod.  XIV, 
C,  38,  si  danno  le  varianti  delle  laudi  XXII  -  XXXVI.  ).  — 
RUBERTO  L.  Le  egloghe  edite  ed  inedite  di  B.  Baldi  (Conti- 
nuazione e  fine.  Discorre  delle  Egloghe  miste  0  ten:^ioni  bucco- 
Ikhe,  delle  allegoriche,  e  delle  borghesi.  Il  Ruberto,  come  può 
vedersi  in  principio  del  suo  studio  (  Cfr.  Archivio.  I,  678.  ) 


184  SPOGLIO  DEI  PERionrci 

conosce  del  Baldi  le  sole  edizioni  di  Venezia  1690,  di  Parma 
(è  un'egloga  sola)  1707,  e  di  Firenze  1859:  ma  la  sua  enu- 
merazione è  incompleta.  Il  Camerini  stampò  alcuni  versi  del 
Baldi  in  Ancona  nel  1843  ,  ai  quali  premise  una  bella  prefa* 
zione,  indicando  anche  un  edizione  di  Parma  per  Erasmo 
Viotti^  1606,  in  4.^  ). 

LA  DOMENICA  LETTERARIA  -  ROMA. 

An.  Ili,  num.  26.  CIMBOLI  G.  //  Cardinale  Ruffo  emi- 
grato (  Nel  1806 y  essendo  esiliato  da  Napoli,  si  ritirò  nello 
stato  pontificio,  prima,  verso  la  fine  di  Maggio,  sembra  in 
Foligno,  poi  in  Amelia.  Il  Cimboli  pubblica  lettere  del  Car- 
dinale scrit:e  da  questa  ultima  città.  Continua  nel  num.  30.  ). — 
Num.  47.  Un  capitolo  inedito  della  autobiografia  di  Monaldo 
Leopardi  (  Vedi  il  Bullettino  hibliograficOy  pag.  172.  ). 

LA  NUOVA  UMBRIA  -  SPOLETO. 

An.  VI.  Num.  29.  SANTONI  M.  /  restauri  del  tempio 
di  Macereto.  —  Num,  31.  //  reliquiario  di  5.  Euti^^io.  —  N.  32. 
Sonetto  di  Giacomo  Leoncilli  da  Spoleto  a  Baldassarre  Olimpo  da 
Sasso/errato {D^  un'edizione  perugina  del  1522.).  —  Num.  34. 
Madrigale  di  Giovanni  Campelli  sopra  il  bacio  di  Giuda  (  £  del 
sec.  XVII  ).  —  Num.  35  SORDINI  G.  Epigrafia  (  Si  pubbli- 
ca  un'  iscrizione  romana,  che  si  dice  non  avvertita  da  nessu- 
no. ).  —  Num.  42.  Recensione  del  libro  del  Sansi  :  Storia  del 
Comune  di  Spoleto  (  Favorevole  in  parte ,  ma  con  parecchi 
appunti  in  cose  secondarie.  ).  —  Num.  47.  SORDINI  G.  Epi- 
grafia (  Si  danno  altre  epigrafi  romane  inedite.  Continua  nel 
num.  seg.  )  —  Num.  52.  Antichità  (  Sotto  questo  titolo  si 
traduce  parte  di  una  dissertazione  latina  del  Bormann,  il  quale 
prova  che  1'  antica  via  Flaminia  non  passava  per  Spoleto.  ). 

L'  APPENNINO  -  CAMERINO. 

An.  IX,  num.  25.  SANTONI  M.  L*  arco  di  S.  Agostino 
(  Si  descrive  quest'  arco  novellamente  scoperto.  ).  —  Num.  26, 
SANTONI  M.  La  Statua  di  Sisto  V  (  Accenna  ai  lavori  per 
una  nuova  base.  ). 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  185 

LA  RASSEGNA  ITALIANA  -  ROMA. 

An.  IV.  voi.  Ili,  fase.  III.  GIANUIZZI  P.  La  chiesa  di 
5.  Maria  di  Loreto.  —  Voi.  IV.  fase.  I.  G.  B.  Due  nuove 
pubblicazioni  del  prof.  Mil:(iade  Santoni  (  Recensione  della  Vita 
spirituale  della  b.  Battista  Varano,  e  del  Commentario  ecc.  sopra 
sant'  Ansovino.  ). 

L'  ART'  PARIGI. 

An.  X,  Num.  14.  MICHEL  E.  Les  Mattres  italiens  au 
Music  de  Munìch  (  Fra  i  quadri  del  Museo  di  Monaco ,  ve 
ne  ha  pure  del  Perugino.  ). 

LA  SCUOLA  ROMANA  -  ROMA. 

An.  Il,  num.  io.  CUGNONI  G.  Giuseppe  Vera  (  Buon 
letterato,  nato  in  Amelia  nel  1778  e  morto  nel  183 1  in  Alvo 
presso  la  sua  patria.  ). 

L  ATENEO  .  TORINO. 

An.  XVI,  num.  21.  GAITER  L.  La  politica  di  S.  Fran- 
cesco d*  Assisi  (  Cenno  sopra  la  vita  di  san  Francesco,  scritta 
dal  p.  Anastasio  Bocci,  col  titolo  :  il  vero  amico  del  popolo.). 

L  ECO  DELLA  S.  CASA  -  LORETO. 

An.  IV,  num.  39.  Storia  delia  S.  Casa  di  Loreto  di  Ora- 
:^io  Tursellini  Gesuita  (  Questa  vecchia  istoria  fu  scritta  in  la- 
tino, ed- ora  il  prof.  Quatrini  tradottala  in  italiano,  la  pubblica 
in  questo  periodico,  non  aggiungendoci  del  suo  che  la  firma 
a  pie  di  ógni  brano.  Che  utile  cavi  la  storia  della  S.  Casa 
da  questa  riproduzione ,  non  sappiamo.  Fu  cominciata  col 
n.  I,  e  proseguirà  chi  sa  per  quanto  tempo.  ).  —  ANSELMINI 
R.  DeW  autenticità  della  S.  Casa  di  Loreto  (  Continuazione  e 
fine.  Pubblica  documenti  dei  sec.  XIIL  e  XIV.  ).  —  BARTO- 
LINI  D.  Osserva:(ioni  storico  -  critiche  ecc.  (Anche  questa  è  una 
inutile  riproduzione  di  un  dotto  scritto  dal  card.  Bartolini , 
stampato  omai  son  quattro  lustri.  ).  —  Effemeridi  Loretane 
(  Sotto  questo  titolo   si  raccolgono ,   desunte   da    documenti 


l86  SPOGLIO  DEI  PFRIODICI 

autentici,  notizie  di  vario  genere,  storiche,  artistiche,  religiose^ 
disposte  con  ordine  cronologico  mese  per  mese,  ma  riferen- 
tesi  tutte  alla  storia,  o  al  culto  della  Santa  Casa.  In  questo 
numero  di  Luglio  vanno  dal  141 1  al  1447.  Queste  effemeridi, 
come  tutti  gli  altri  scritti  annunziati,  sono  cominciate  nei  fa- 
scicoli precedenti  e  continuano  nei  seguenti.  ).  —  Num.  40. 
Storia  della  S,  Casa  del  Tursellino  (  Continuazione.  )  BARTO- 
LINI  D.  Osserva:(ioni  storico  -  critiche  ecc.  (  Continuazio- 
ne. ). —  Effemeridi  Loretane  (  Agosto  -  Settembre  dal  141 1  al 
1450.  ).  —  Num.  42.  (  Contiene  il  seguito  dei  tre  scritti  pre- 
cedenti. Le  Effemeridi^  sono  di  Ottobre,  e  vanno  1418  al 
1440.  ).  —  Num.  43.  (  Continuazione  dei  due  scritti  del  Tur- 
sellino  e  del  Bartolini.  ).  —  N.  44.  (  Contiene:  il  seguito  dello 
scritto  del  Tursellino  ^  un  documento  del  1741  relativo  alla 
disamina  fatta  in  quell'  anno  della  S.  Cappella,  e  le  Effemeridi 
di  Novembre  Dicembre,  dal  141 8  al  1444.  ). 

LE  LIVRE  -  PARIGL 

An.  V.  num.  55.  N urologie  (Fra  queste  vi  ha  quella 
dello  Spoletino  Pompeo  di  Campetto.  )• 

U  ITALIA  -  ROMA. 

An.  IL  num.  18-19.  CANTAL  AMESSA  G.  Il  Perugino 
e  Raffaello  (  Continua  fino  al  numero  23.  In  questo  studio , 
il  Cantalamessa  nega,  contro  V  asserzione  dei  Sigg.  Crovve  e 
Cavalcasene,  che  Raffaello  abbia  esercitata  una  influenza  sul 
Perugino.).  —  Num.  20-21.  FALOCI  PULIGNANI  D.  M. 
//  chiostro  di  Sassovivo  (  Con  illustrazione.  ). 

L  ORDINE  -  ANCONA. 

An.  XXV,  num.  284.  —  R.  Istituto  Tecnico  e  R.  Scuola 
Nautica  di  Ancotia  (  Si  parla  anche  di  G.  Benincasa  cartografo 
anconitano  del  sec.  XV,  del  quale  vedasi  T  Archivio  I.  363.)-  — 
Num.  291.  //  B.  Antonio  Fatati  (Notizia  del  culto  di  questo 
vescovo  anconitano  del  sec.  XV.  Continua  nel  num.  seg.  ove 
si  legge  la  cifra  C.  F.  iniziali  di  C.  Feroso,  o  meglio  del- 
l' avv.  M.  Maroni  che  si  nasconde  sdtto  quello  pseudonimo.).  — 
Num.  331.  Marchese  Cesare  Benincasa  (Cenno  necrologico. 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  187 

scrìtto  dal  nominato  e.  F.  di  qae^o  patrìzio  anconitano,  morto 
il  29  Nov.  1884,  coi  quale  si  spegne  la  sua  illustre  fami- 
glia. Di  alcuni  antenati  di  questa  si  fa  ricordo.  ). 

V  UNIONE  LIBERALE  -  PERUGIA. 

An.  in,  num.  53.  FUMI  E.  Guelfi  e  Ghibellini  (  In  que- 
sto giornale  il  Fumi  illustra  con  ricordi  storici  -  biograBci  le 
vie  e  le  pia:(xe  di  Orvieto,  illustrazione  che  incominciò  con 
Ranieri  della  Greca  nei  num.  35,  e  36,  e  con  i  Monaldeschie 
Filippeschi  nei  numeri  39,  44  e  45.  L'  articolo  Guelfi  e  Ghi- 
bellini comincia  col  num.  49,  e  prosiegue  nei  numeri  53,  61, 
62,  63,  64,  65,  66  e  67.  In  questo  lungo  articolo  si  narrano 
le  vicende  di  questi  due  partiti  in  Orvieto.  ).  —  Num.  72. 
FUMI  L.  Beffati  e  Malcorini  (Contin.  nel  num.  73  ).  — 
Num.  74.  FUMI  L.  /  Ranieri  (  Con  questo  numero  riman- 
gono sospesi  i  belli  articoli  storici  del  Fumi,  il  quale  però 
sappiamo  che,  raccolti  in  un  volume,  li  pubblicherà  tutti  in 
edizione  separata.).  —  Num.  85.  ROSSI  A.  (Lettera  al  Sin- 
daco di  Perugia,  relativa  alle  origini  del  palazzo  del  comune 
di  Perugia.  ). 

MISCELLANEA  DI  STORIA  ITALIANA  -  TO- 
RINO. 

Voi.  XXIII.  SOMMI  PICENARDI  C.  Trattato  fra  Barnaba 
Visconti^  il  Conte  Antonio  di  Montefeltro^  la  republica  di  FirenT^e  e 
h  comunità  di  Urbino  e  Cagli  il  /.°  febbraro  i}js  (  Da  una 
copia  AtW  Oliveriana  di  Pesaro,  cod.  374.). 

MITTHEILUNGEN  DES  INSTITUTS  FÙR  Ò- 
STERREICHISCHE  GESCHICHTS  FORSCHUNG  - 
INNSBRUCK. 

V.  I.  WICKHOFF.  F.  Recensione  dell'  opera  dei  Signori 
Crowe  e  Cavalcasela  sopra  Raffaello  ;  critica  severa  nel  com- 
plesso e  in  molti  particolari. 

NAPOLI  LETTERARIA  -  NAPOLI. 

An.  I,  num.  28.  CURTI  C.  Camerino  e  i  suoi  dintorni 
(Lungo  vaniloquio  per  indicare  che  il  prof.  A.  Conti  ha  pub- 
blicata una  guida  di  Camerino.). 


l88  SPOGUO  DEI  PERlODia 

NUOVA  ANTOLOGIA  -  ROMA. 

Voi.  XLVI,  fase.  XIII.  VISCONTI  VENOSTA  E.  Una 
nuova  critica  dtlF  antica  pittura  italiana.  (  Largo  rìassimto 
dell'opera  Die  Werkt  italieniscbtr  Meister  in  den  GaUrim  von 
MùncbeUf  Dresdtn  und  Berlin.  —  Ein  Krisiecber  Fersucb  von 
Ivan  Lermolìef.  Leipsig,  1880 ,  tradotta  testé  col  vero  nome 
dell'  autore,  sotto  il  titolo  Italian  Masters  in  German  Galleries 
hy  Giovanni  Mortili ^  membor  of  the  italian  Senat.  London,  1883. 
Giovi  segnalare  il  cap.  IV.  completamente  consacrato  a  com-* 
pendiare  quanto  il  Morelli  con  larga  dottrina  ha  scrìtto  sa  le 
scuole  umbra  e  marchigiana,  e  su  la  vita,  gli  studi  e  le  opere 
di  Raffaello.  Vedine  altre  recensioni  in  The  Atheneum,  2944,29 
marzo,  e  in  The  Academy  novembre  decembre  di  C.  Mon- 
kousi.  ). 

POLYBIBLION  ( Partic  littèraire  )  -  PARIGI. 

An.  XX,  fase.  4.  PAWLOWSCKI  G.  Les  historiens,  et  les 
critiques  de  Raphael.  1483- 1883.  (Recensione  di  questo  libro 
di  Eugenio  Muntz,  che  si  giudica  ottimo,  ma  nel  quale  qualche 
aggiunta  si  può  fare.  ). 

RASSEGNA  CRITICA  -  NAPOU. 

An.  IV,  N.  6.  SCHERILLO  M.  Recensione  del  libro  di 
F.  Colini ,  su  Pergolesi  e  Spontini  (  Sfavorevole  :  cfr.  Archi-- 
vio,  I,  358.). 

RIVISTA  CRITICA  DELLA  LETTERATURA 
ITALIANA  -  ROMA. 

An.  I,  num.  i.  G.  SETTI.  Rivista  del  libro  di  F.  Lesler. 
Poesie  di  G.  Leopardi  scelte  e  commentate  per  uso  delle  scuole. 
Ascoli,  Cardi,  1883.  —  Num.  3.  E  MONACI.  Per  la  storia 
della  Ballata  (Riproduce  un'iscrizione  di  Foligno  del  11 90, 
edita  in  questo  Archivio^  voi.  i,  pag.  26,  osservando  che  in 
essa  trovasi  lo  schema  più  antico  che  si  conosca,  vuoi  della 
ballata,  vuoi  della  lauda.). 

RIVISTA  STORICA  ITALIANA  -  TORINO. 

An,  I.  fase.  3.  GENTILE  I.  Publio  Fentidio  Basso  Ascolano 
(  Sotto  questo  titolo  il  Gentile  ha  raccolte  con  molta  dili- 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  189 

genza  tutte  le  memorie  che  si  hanno  negli  antichi  scrittori 
sulla  vita  e  sulle  gesta  di  questo  valoroso  soldato  italico.  ).  — 
Fase.  4.  VENTURI  A.  /  primordi  del  rinascimento  artistico  a 
Ferrara  (Teniamo  conto  di  questo  scritto,  perchè  in  esso  vi 
sì  ricorda  Gentile  da  Fabriano  e  la  sua  presenza  a  Ferrara.  ).  — 
FABRETTI  A.  Nota  storica  sulla  battaglia  cosi  detta  dei  sassi, 
tratta  dagli  antichi  statuti  di  Perugia  (Riproduce  la  rubr.  117, 
lib.  III.  degli  statuti  del  1342,  e  la  rubr.  107.  del  lib.  III. 
parimenti  degli  statuti  del  1366.  Infine  aggiunge  un  cap.  de- 
gli statuti  del  1279.  ). 

STUDI  E  DOCUMENTI  DI  STORIA  E  DIRIT- 
TO  -  ROMA. 

An.  V,  fase.  4.  DE  ROSSI  G.  B.  La  biblioteca  della  sede 
apostolica  ed  i  catalogi  dei  suoi  manoscritti  (A  pag.  320  ecc. 
si  parla  della  biblioteca  dei  duchi  di  Urbino.  ). 

THE  ACADEMY  -  LONDRA. 

An.  1884,  Num.  638  HESSELS.  J.  H.  Titles  of  the  first 
Books  from  the  Earliest  Presses  established  in  different  Cities , 
Tawns,  and  Monasteries  in  the  Europe  before  the  End  of  the  Fif- 
thentb  Century  (  In  questa  pubblicazione  fra  le  fotografie  che 
riproducono  vecchi  incunaboli  italiani,  una  ve  ne  ha  (13)  che 
riguarda  un'  edizione  di  Foligno  del  1470.  ).  —  Num.  640. 
MERCER  W.  The  Blenheim  Raphael  (  Notizie  nel  quadro  di 
Raffaello  ^-  La  Madonna  degli  Ansidei  —  dipinta  nel  1505 
per  r  altare  di  S.  Nicolò  di  Bari  in  san  Fiorenzo  di  Perugia, 
d'  onde  fu  tolto  nel  1764  ed  acquistato  da  lord  Spenser,  che 
poi  lo  cede  al  duca  di  Malborough.  ).  —  Num.  645.  RICH- 
TER  I.  P.  Raphael  as  an  architect  (  Recensione  del  libro  del 
GeymùUer:  Raffaello  San:(io  studiato  come  architetto.  J. 

THE  CONTEMPORANY  REVIEW.  -  LONDRA 

1884.  Luglio.  Si  dice  giovevole  alla  storia  d' Italia  la 
pubblicazione  delle  ^Storie  dei  suoi  tempii  I4TJ  -  ijoon  di  Si- 
gismondo de'  Conti  da  Foligno,  di  cui  cfr.  Archivio  I,  638  e 
seguenti. 


190 


VARIETÀ  E  NOTIZIE 


*  Stimiamo  cosa  utile  indicare  ai  lettori  dell'i4rcAi- 
Pto  ì  codici  Ashburnhamiani  che  rìferìsconsi  alla  storia  ed 
alla  letteratura  umbro-marchigiana.  Togliamo  queste  indica- 
zioni dalla  Rela\ione  alla  Camera  dei  Deputati  per  t  acqui- 
sto  di  Codici  appartenenti  alla  biblioteca  Ashbumham^  Ro- 
ma^ tipografia  della  Camera  dei  Deputati^  1884. 

Cod.  89.  Reguìa  Fratrum  Minorum.  a  Questo  sono  indulgenze  con- 
cesse a  quelli  i  quali  visitano  le  chiese  di  tutti  li  frati  de  V  ordine  de  Sete 
Francesco.  »  Cod.  membran.  in  4  picc  del  XV  secolo. 

Cod.  92.  FormuJae  in  Regulari  Observantia  servandae,  editae  per  Fr. 
David.  Cod.  Membran.  in  4  pie.  del  secolo  XV. 

Cod.  151.  Gentilis  de  Fulgikeo.  Expositio  super  canones  Avkennae* 
Cartaceo,  sec.  XV.  (  i462  )  in  foglio  grande. 

Cod.  203.  Oratio  in  funere  Io.  Fontani.  Cod.  cart.  del  sec.  XV.  ia 
ottavo. 

Cod.  215.  Legenda  Seraphici  Patrìs  Francisci  et  aliae.  Membranaceo, 
sec.  XV,  in  fol. 

Cod.  245.  Libro  dicto  Quadriga  Spirituale.  Cod.  Cart.  Membran.  in 
ottavo,  del  XV  sec.  (1458)  —  %uali  e  contemporanei  sono  i  due  cod. 
246  e  247  in  4.  del  sec.  XV,  contenenti  lo  stesso  libro. 

Cod.  253.  Trattatalo  dicto  Compendio  di  salute,  composto  per  frate  Ni- 
colò DA  OsiMo.  Cart.  e  membran.,  sec.  XV,  in  fol.  Eguale  è  il  cod.  254. 

Cod.  258.  La  regula  et  la  Vita  de  Frati  Minori.  Cod.  in  4,  sec.  XV. 

Cod.  302.  Cecco  d*  Ascoli.  U  Acerba.  Cart.,  sec.  XV  in  fol. 

Cod.  304.  F.  Prezzi.  //  Quadriregio.  Cart.,  sec.  XV.  in  fol. 

Cod.  355.  Iacopone.  Laudi.  Cart,  sec.  XIV,  in  foi. 

Cod.  477.  Sposi^ione  degli  Evangeli  di  Fra  Simone  da  Cascia.  Cod. 
Cart.  in  fol.  sec.  XV. 

Cod.  497.  Vita  e  miracoli  di  S.  Francesco.  Cart.,  sec.  XIV,  in  fol. 

Cod.  597.  Fioretti  di  S.  Francesco.  Cart,  sec.  XIV,  in  fol. 

Cod.  600.  Ordine  della  Vita  cristiana  di  fra  Simone  da  Cascia.  Cod. 
cart.  in  quarto  del  sec.  XIV. 


VARIETÀ  E  NOTIZIE  I9I 

Cod.  612.  TrattaUHÌo  dd  ben  morire,  composto  dal  cardinale  di  Fermo, 
Cart,  scc  XV  in  4. 

Cod.  899.  Campani  Iohannis  Antonu.  Vitae  Bracci  Perusini  et  oratio 
fumris  prò  Baptista  Sfortia  Urbini  Comitissa*  Membran.,  sec.  XV,  in  fol., 
con  miniature. 

Cod.  992.  Severi  Minervi  Spoletini.  Opera.  Cod.  Cart.  in  fol.  sec. 
XVni,  voU.  2. 

Cod.  1002.  Iacopone.  Laudi.  Membran.,  sec.  XV,  in  fol. 

Cod.  1061.  Nic.  Perotti  ad  Pirrum  nepotem  de  Ceneribtis  Metrorum, 
Cod.  cart.  in  quarto  sec.  XV. 

Cod.  1088.  Fioretti  di  s,  Francesco.  Cart  sec.  XV.  (1469),  in  4. 

Cod.  Il 50.  Cecco  d'  Ascoli.  L'  Acerba,  Membran.,  sec.  XIV,  in  4. 
Contiene  anche  vari  componimenti  poetici  attribuiti  allo  stesso  autore. 

Cod.  1152.  Cecco  d'Ascoli.  L'  Acerba,  Cart.,  sec.  XV,  in  4. 

Cod.  1213.  F.  Frezzi.  //  Quadriregio.  Cart.,  sec.  XIV,  in  4. 

Cod.  i448.  Due  libri  di  Herone  Alessandrino,  della  macchina  da  se 
operante,  tradotti  da  Bernardino  Balbi  da  Urbino.  Cod.  autografo,  cart.  in 
4  piccolo  del  sec.  XVI. 

Cod.  1719.  Diario  di  Federico  Buono,  Conte  d'  Orvieto  (del  se- 
colo XI y  in  dialetto  romano  ),  Cod.  cart.  in  fol.  sec.  XVII,  in  parte  inedito. 

*  Annunziammo  già  (  Cfr.  Archivio,  l,  583  )  che  era 
in  corso  di  stampa  una  biblioteca  recanatese  ael  rev.  D.  C. 
Benedettucci.  Ogei  quel  volume  è  pubblicato,  e  contiene  un 
tesoro  di  notizie  letterarie,  bibliografiche,  storiche,  geneolo- 
giche  ecc.  Ne  riparieremo:  ora  sappiamo  che  il  medesimo 
autore  sta  lavorando  intorno  ad  una  amplissima  appendice 
al  suo  lavoro,  appendice  che  non  conterrà  meno  di  200  pa- 

fine  in  4^,  e  che  per  la  massima  parte  sarà  dedicata  alla  bi- 
liògrafia  leopardiana,  poi  alla  ricerca  sulla  patria  del  Vin- 
ciguerra ecc.  ecc. 

*  U  Archivio  di  Stato  in  Roma  si  è  arricchito  di  una 
pregevole  raccolta  di  persamene  dal  secolo  IV  al  XVI  (  circa 
un  mmliaio),  una  parte  delle  quali  si  riferiscono  alle  Marche. 
Sarebbe  ottima  cosa,  che  qualche  studioso  marchigiano  resi- 
dente a  Roma,  si  prendesse  la  cura  di  far  conoscere  di  que- 
ste pergamene  marchegiane  almeno  un  indice,  il  quale  po- 
trebbe certo  esser  causa   di  moltissime  scoperte. 

*  A  Macerata^  nell'Aula  Massima  di  quella  R.  Università 
V  Avv.  Raffaele  Foglietti  ha  iniziata  una  serie  di  conferenze 
sulla   Storia  Antica  delP  attuale  territorio  maceratese ,  la 


192  VARIETÀ  £  NOTIZIE 

S)rima  delle  auali  è  intitolata  :  Gli  AriL  Siccome  queste  con- 
èrenze  si  puolicano  in  tante  puntate^  cosi  appena  stampato 
un  primo  volume^  ne  terremo  parola. 

*  A  Torino  è  sorta  una  Società  Bibliofila  TorinesCy  la 
quale  ^  a  cura  delP  editore  A.  Gustavo  Morelli  di  Ancona^ 
SI  propone  la  pubblicazione  di  cose  rare  e  inedite^  e  che 
sieno  importanti  per  la  storia  della  nostra  letteratura.  Fac- 
ciamo plauso  alla  nuova  Società^  alla  quale  auguriamo  F  esito 
il  più  felice. 

*  L' Antologia  della  nostra  Critica  letteraria  moderna 
del  Prof.  Morandi,  edita  dal  Lapi  di  Città  di  Castello^  fra 
gli  altri  scritti  di  storia  letteraria  contiene  quello  del  Mo- 
naci: una  Leggenda  Araldica  e  P  Epopea  Carolin^  nel^ 
r  Umbria^  ed  un  altro  del  D^  Ancona  :  Le  Ediiiont  e  i  Cri- 
tici  di  lacopone. 

*  Il  noto  bibliofilo  Comm.  Lozzi  annunzia  la  pubblica- 
zione di  un  lavoro  bibliografico  di  molto  valore^  cioè  la  de- 
scrizione analitica  degli  Statuti  e  storie  municipali,  libri  e 
opuscoli  di  ogni  genere  antichi  e  moderni  riguardanti  t  /- 
taliaj  che  fanno  parte  della  sua  ricca  collezione.  Siccome 
questa  collezione  per  la  storia  delle  Marche  è  assai  nume- 
rosa^ ci  proponiamo  occuparci  del  libro  appena  apparirà^ 
cosa  che  ci  auguriamo  sollecita. 

*  A.  Quaracchi  in  Toscana,  i  padri  Francescani  di  quel 
collegio  di  san  Bonaventura  hanno  pubblicato  un  primo  vo- 
lume di  Analecta  Franciscana,  nel  quale  sono  compresi  an- 
che documenti  di  molto  valore  per  la  storia  delP  ordine  di 
san  Francesco.  Notiamo  la  cronaca  di  fra  Giordano*  da 
Giano  nelP  Umbria  (1207- 1238),  quella  di  fra  Tommaso 
Eccleston,  contemooranea  alla  pnma,  ed  una  Parva  ckro^ 
nica  Provinciae  Éeraphicae  reformatae. 

*  Fra  poche  settimane  si  pubblicherà  a  Berlino  un  Ar^ 
chip  fur  die  Litteratur-und  Kirchengeschichte  des  Mit" 
telalters  herausgegeben  von  P.  i/.  Denijle  O.  Pr.  und 
F.  Ehrle  S.  I:  nel  quale,  fra  i  primi  lavori,  compariranno 
anche  parecchie  nuove  osservazioni  sui  manoscritti  della  bi- 
blioteca di  san  Francesco  in  Assisi,  aggiunte  a  quelle  del 
Benthmann  dal  padre  Francesco  Ehrle. 


Edizioni  di  SCIÌ?IONE  LAPI  Editore 

CITTA  DI  CASTELLO 


Bonghi  Ruggero.  Francesco  d'Assisi.  In  i6,  di  pag.  ii6        L.  i,  50 

Mannucci  Eugenio.  Guida  storico  -  artistica  di  Città  di  Ca- 
stello. In  32  di  pag.  232  con  una  pianta         .        .        »     i,  30 

Rara.  (  Biblioteca  dei  bibliofili  ).  Del  Governo  della  Corte  di 
un  Signore  in  Roma  ecc.  In  16  carta  a  mano,  espres- 
samente fabbricata,  di  pag.  xxx-84  .        .        .        »     4, — 

MoRANDi  Luigi.  Antologia  della  nostra  critica  letteraria  mo- 
derna. { Vi  è  compreso:  Monaci.  Una  leggenda  Araldi- 
ca nell'  Umbria:  BartoìL  Origine  del  Dramma  in  Ita- 
lia: ly Ancona.  Le  edizioni  e  i  critici  di  lacopone  ec.  ) 
In  16  di  pag.  672 »     4,  — 


Edizioni  di  ANNESTO  NOBILI  Editore 

PESARO 

Vaxzouki  Giuliano.  Storia  delle  Maioliche  Metaurensi  ed 
attinenti  ad  esse.  (  Contiene  la  storia  delie  maioliche  di 
Pesaro,  Urbino,  Casteldurante,  Gubbio,  Ferrara,  Faen- 
za ecc.  )  Volumi  3 j»  20,  — 

Marcolini  Camillo.  Notizie  storiche  della  provincia. di  Pe- 
saro e  Urbino.  VoL  in  4.  di  pag.  472  ,  con  molti  di- 
segni e  tavole d  20,  — 


Edizioni  di  A.  GUSTAVO  MORELLI  Editore 

ANCONA 

Ferretti  Corrado.  Memorie  storiche  critiche  dei  pittori 
Anconitani  del  XV  al  XIX  secolo.  Voi.  in  S  di  pagi- 
ne vili  -  112 »     I,  50 

Feroso  C.  Ancona.  Biografìa  degli  illustri  anconitani.  In  16 

di  pag.  i4o »     2,  — 

—  Spigolature  biografiche   di   Francesco  Podesti.  In  8  di 

pag.  120  .        .        .        ...        .        .        .        .        »     2,  — 

—  Guida  di  Ancona.  i884.  In  16   di   pag.  154  .con  una     ' 
pianta »     3,  — 

D^Ancoka  Alissakdro.  Studi  sulla  letteratura  italiana  dei 
primi  secoli*  (  Vi  è  compreso  lo  studio  :  lacopone  da 
Tedi  il  giullare  di  Dio  del  sec.  XIV).  In  16.  di  pag  464    »     5,  — 


AI    NOSTRI    ASSOCIATI 


Il  nostro  Archivio  Storico  per  le  Marche  e  per  l'Um- 
bria incomincia  con  questo  quinto  fascicolo  il  II  volume 
della  sua  pubblicazione.  Abbiamo  inviati  i  primi  fascicoli 
a  molti  studiosi,  invitandoli  ad  incoraggiare  colla  loro 
adesione  una  pubblicazione  che  alle  regioni  nostre  man- 
cava, e  che  forse  qualche  utilità  sarà  per  recarla  ;  però , 
a  differenza  di  molti  altri  periodici,  non  abbiamo  rite- 
nuti per  associati  che  coloro  soli,  i  quali  ci  rimandarono 
firmata  la  scheda  di  abbuonamento,  o  in  altro  modo  di- 
chiararono espressamente  di  associarsi.  Siccome  però  al- 
cuni fra  questi  non  hanno  ancora  fatto  il  proprio  do- 
vere, chiediamo  ai  medesimi  che  vogliano  sollecitamente 
porsi  in  regola  coirAmministrazione  dclV Archivio^  avendo 
noi  risoluto,  per  evitare  inutili  spese,  di  pubblicare  nella 
copertina  del  prossimo  fascicolo  e  di  comunicare  a  tutti 
i  periodici  congeneri,  la  nota  di  quegli  associati^  i  quali 
mandarono  la  loro  adesione^  e  poi  non  fecero  ancora  il  loro 
dovere.  Facciamo  conoscere  come  il  periodico  nostro^  fra 
quelli  di  qualche  entità^  è  forse  unico  in  Italia  che  si  reg- 
ga solo  con  il  sacrifìcio  dei  promotori  e  con  le  contri- 
buzioni degli  abbuonati^  senza  aiuti  o  incoraggiamento 
alcuno  di  Comuni,  di  Provincia^  o  di  Governo,  senza  ap- 
poggio di  un  editore.  L'  unico  nostro  appoggio  essendo 
il  numero  e  la  diligenza  degli  abbuonati,  attendiamo  da 
questi  sollecitamente  V  adempimento  dell'  impegno  che 
hanno  assunto. 

Foligno,  Stab.  Tip.  Pietro  Sgariglia  i8  Aprile  1885: 


ARCHIVIO  STORICO 


PER 


LE    MARCHE    E   PER   L'  UMBRIA 


DIRETTO    DA 


M.  FALOCI  PULIGNANI, 
G.  MAZZATINTI,  M.  SANTONI. 


Volume  IL  Fàtekoh  VU 


^ ,~\  u.^  ;      /   -r'^s. 


/. 


V  '  -      '•^■'  .  -.    w_  . 


'     .     / 


<      ■     '  l^   • 

>..    •  .IV.'',-' 


FOLIGNO 

2KE^0   LA    DIREZIONE 

iSS^. 


INDICE  DI  QUESTO  FASCICOLO 


MEMORIE  E  DOCUMENTI 

FALOCI   PULIGNANI  M.  Vito  di  S.  Chiara    da 

Montefalco  {fine) Pag.  193. 

SANTONI  M.  Sisto  V  e  la  sua  statua  a  Camerino      »      267. 

VALERI  G.  L'  Archivio  segreto  di   Serrasanquiri- 

co  (finej         ...         .      ^        .        .      •      294. 

FALOCI  PUUGNANI  M.  Cronaca  di   Foligno  di 

Buonaventura  di  Benvenuto     .        .        .        .      »      317. 

FRATI  L.   Federico   Duca  d'  Urbino   e  il  Feltro 

dantesco »      360. 

GREGOROVIUS  F.  Il  libro  dei  documenti  della  città 

di  Orvieto      ....•••»      368. 
RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

CAVALCASELLE  G.  D.  e  CROWE  I.  A.  Raffael- 
lo, la  sua  vita  e  le  sue  opere.  (A.  Mancinelli)      »      376. 

MARCOLINI  CAMILLO.  Notizie  storiche  deUa  pro- 
vincia di  Pesaro  e  Urbino  (A,  MancmélU)     .      »     378. 

ORLANDO  GENNARO.  Storia  di  Nocera  de'  Pa- 
gani. (  M.  Faìoci  PuUgnani)  .        .        .      »      380. 

PILA  CAROCCI  L.  Della  zecca  e  delle  monete  di 

Spoleto.  ^  M,  Faìoci  Puìignani )       .        .        .      »      382, 

SANTONI  M.  Stotuto  comunis  et  populi  civitatis 

Vissi.  (  L.  Pacciareìli  )    ......      384. 

BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO. 

VARIETÀ  E  NOTIZIE »     394. 


L'ARCHIVIO  STORICO  PER  LE  MARCHE  E 
PER  U  UMBRIA  si  pubblica  in  fascicoli  trimestrali  di 
varia  mole^  da  formare  però  in  fine  di  ogni  anno  un 
volume  non  minore  di  800  pagine. 

Il  prezzo  di  associazione  annua  per  l'Italia  è  di  £  15. 

Per  tuttociò  che  riguarda  la  Direzione  e  l'Ammini- 
strazione y   rivolgersi  in  Foligno  al  Sig.  D.  M.  Faloci 

PuLIGNANI. 


j 


VITA 


DI    S.     CHIARA    DA    MONTEFALCO 


SCRITTA 


DA  BERENGARIO  DI  S.  AFRICANO  (') 


74.  Et  in  quadam  alia  uisionc  fuit  Giare  ostensum  quod 
quidam  uirì  iniqui  prodictionaliter  educebant  de  monasterìo 
Collis  floriti  fratem  lacobum  ejusdem  monasteri)  capellanum 
et  per  locum  alium  educentium  complices  ueniebant.  Qui 
manus  iniecentes  in  eum  prope  cancellum  dicti  monasteri) 
Collis  fioriti  capiebant  eumdem  et  carceri  mancipìebant.  Et 
post  uisionem  |  predictam  circa  semestri  temporis  (  f.  3,.» 
lapsum^  dictus  frater  lacobus  fuit  captus  modo  et  loco  qui- 
bus  Giare  fuerat  reuelatum  ('). 

75.  Frater  (')  quidam  ordinis  minorum  in  corde  suo  reti- 
nuerat  quoddam  secretum^  sic  sub  silentìo  retinens  quod 
extra  se  ad  nullius  notitiam  potuerat  peruenisse.  Deliberauit 
autem  in  animo  super  temptationem  huiusmodi  loqui  Giare. 
Cum  autem  quadam  die  dictus  frater  Qare  loqueretur  ad 


(i>  Contimiftzione;  vedi  voi.  I.  ptg.  557-695. 

(a)  Neil'  Umbria,  che  io  conosca,  non  esiste  alcun  convento  di  Colfiorìto  abitato 
da  Franceacani.  Però  preeeo  il  castello  di  Colfiorìto,  fra  i  monti  di  Foligno  esisteva  un 
piccolo  convento,  detto  di  Brogliano,  ove  ebbe  principio  la  riforma  dei  M.  O.  e  forse 
è  di  qnesto  convento  che  parla  Berengario.  Vedi  il  Iacobilu  L.  Vita  del  Beato  Paolo 
Trinci.  Foligno,  1617. 

(3)  Dal  processo  del  1318  (  fol.  177  )  apparisce  che  si  chiamava  /ira ter  lacobui. 
In  margine  si  lei;ge.  Fratri  minori  abdita  paudit. 

Archivio  Storico  IL  1 3* 


194  MICHELE   FALOCI  PULIGNANl 

cratem^  et  spirituali  colloquio  uerbis  tantum  comunibus  con- 
tulisset^  surrexit  frater  predictus  se  a  Clara  licentians  ut  ahi- 
ret.  Qara  interrogauit  dicens:  habes  mihi  aliquid  dicere?  Qui 
ait^  non.  Clara  dixit.  Vide  bene  quia  aliquid  habebas  mihi 
dicere.  Et  tunc  frater  predictus  cum  assertione  negauit  di- 
cens: uere  dico  tibi  quoniam  nil  amplius  habeo  tibi  dicere. 
Clara  dixit.  Sede  parum  adhuc.  Et  dictus  frater  sedit.  Clara 
autem  cum  quodam  femore  spirìtus  dixit.  Miser  homo^  tu 
cogitationem  tuam  quamdam  mortiferam  in  tua  mente  diu- 
tius  occultasti^  et  modo  uis  a  me  id  abscondere^  quasi  nesci- 
rem.  Et  tunc  Clara  cogitationes  fratris  illius  referre  cepit 
per  ordinem  et  eam  totam  sic  integraliter  retulit  quod  fra- 
ter  ille  plenius  nequisset  referre.  Ex  quibus  frater  predi- 
ctus nimium  admiratus  et  pre  uerecundia  stupefactus^  ea 
que  Clara  dixerat  nera  esse  negauit.  Et  tunc  Clara  dixit.  Et 
si  ante  reuelatione  et  a  me  tibi  factam  (sic)  \  ista  nega-  (  f .  3,. 
ueras,  modo  tamen  post  meam  reuelationem  taliter  men- 
tiendo  plus  peccas.  Putas  ne  me  Deus  deceperit?  Et  tunc 
frater  predictus  cum  uerecundia  culpam  sui  mendatij  et 
Claram  ueritatem  dississe  humiliter  recognouit ,  et  Clare 
Consilio  et  orationibus  ex  tunc  a  predicta  temptatione  dam- 
pnabili  (?)  extitit  liberatus.  xj\ 
76.  Caterina  sepe  fati  monasteri)  monialis  fratrem  carna- 
lem  habebant  in  ordine  fratrum  minorum  (*) .  Et  qua- 
dam  die  ipsa  Caterina  in  presentia  Clare  dixit:  libenter  lo- 
querem  fratri  meo.  Clara  nero  ipsam^  eo  quod  consan- 
guineos  suos  nimis  diligeret ,  reprehendit  et  adiunxit.  Fac 
bonum  ut  ipsum  possis  in  paradiso  uidere  ^  quoniam  in 
hoc  mundo  eum  amplius  non  uidebis.  Mors  autem  fratris 
illius  a  sorore  non  uisa  et  post  tempus  modicum  sub- 
secuta^  ostendit  se  fuisse  Clare  anna  (  antea  ?  )  reuelatam. 


(t)  In  margine;  de  fratre  minore. 


VITA   DI   SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  I95 

77.  a  Alius  frater  eìusdem  ordinis  (  *  )  die  quadam  Giare 
uLrgini  loquebatur.  Cuius  salutem  in  Deum  Clara  desiderans^ 
secundum  facte  sibi  reuelationis  ordinem  ei  dixit.  Nisi  a  pecca- 
tis  que  brutaliter  operaris  abstineas  preter  diuinum  iudicium 
carcerale  obprobrium  in  tuo  ordine.  Sustìnebis  Te  enim  in 
quadam  reuelatione  uidebam  esse  Eugubij  et  prò  peccatis 
huiusmodi  carceri  mancipiari.  Dictus  autem  religiosus  habitu 
doctrine  uirginis  prophetantis  oblitus  et  suis  uoluntatibus 
turpiter  inuo  |  lutus  post  aliquod  temporis  spatium  (  f.32». 
in  conuentu  Eugubij,  sicut  Qara  predixerat,  sententiam  carce- 

78.  ris  a  suo  superiore  recepit.  Q  Frater  quidam  ordinis  predica- 
torum  lector  in  theologia  quadam  die  uenit  ad  monaste- 
rium  quod  sibi  penitus  erat  ignotum.  Clara  autem  in  illa 
bora  tenens  capitulum  et  dominabus  inde  seruitio  instruens^ 
subito  stetit  fixa  et  loqui  obmisit  aliquantulum  facie  eleuata. 
Et  cum  post  modicum  temporis  spatium  ad  se  fuisset  reuersa^ 
cuidam  ad  rote  custodiam  deputate  que  tunc  erat  in  capitulo 
iniunxit.  Uade  ad  rotam  quoniam  frater  talis  de  ordine  pre- 
dicatorum  incontinenti  est  ibi  et  sibi  respondeas.  Et  ad  domi- 
nas  conuersa  dixit.  Recipiatis  eum  caritatiue,  homo  est  enim 
boni  spiritus,  et  cui  poteritis  loqui  confidenter.  Cumque 
domina  illa  rotarla  abbatisse  obediens  perrexit  ad  rotam  ad 
quam  aliquid  petentibus  est  consuetum  in  ipso  monasterio 
responderi,  dictus  frater  pulsauii  ad  rotam.  Quem  rotarla 
interrogans  quis  esset,  adiunxit.  An  esset  frater  talls  de  or-i 
dine  predlcatorum.  Ad  culus  dicti  frater  nlmlum  admlratus^ 
eo  quod  nedum  In  monasterio  In  quo  numquam  alias  fuerat, 
sed  nec  In  terra  Illa  umquam  consueuerat  conuersarl,  pre- 
sertlm  quoniam  per  muri  et  rote  Interposltlonem ,  Ipsum 
uldere  nequluerat,  quin  etlam  sì  uldisset  nuUatenus  cogno- 
vlsset.  Et  dixit  frater.  Quomodo  uos  me  tallter  cognoulstis? 
Rotaria  respondlt.  Ego  nuUatenus  uos  co  |  gnosco  (  f.  53. 
sed  Clara  In  splrltu  uos  cognouit,  et  nunc  loquens  In  capi- 
tulo mlhl  ut  uobls  responderem  Inlunxlt.  xij. 


(1)  Id  margine:  de  eodem  ordine. 


196  MICHELE  FALOCI  PULIGNAKI 

79*  Bernardus  etiam  de  Pesarìs  alia  uice  ad  monasterium 
ueniebat  et  Qara  quasi  in  ipsius  aduentu  dominabus  mo- 
nasterìj  hoc  predixit  ('). 

80.  Quadam  die  uidit  Clara  in  oratione  existens  qiiamdam 
stellam  pulcerrimam  que  habebat  trium  stellarum  magnitu- 
dinem^  et  splendorem  maximum  sicut  solis^  et  stella  ipsa 
super  suum  monasterium  stabat  fixa^  ad  cuius  stelle  splen- 
dorem plures  populi  de  diuersis  mundi  partibus  confluebant. 
Stellam  vero  predictam  Clara  retulit^  ut  extimabat,  repre- 
sentare aliquam  animam  sanctam,  in  ipso  monasterio  per- 
mansuram.  Et  quamuis  Qara  hoc  non  expresserit^  de  se 
ipsa  comuniter  tamen  creditur  ipsam  fuisse  signatam  in 
stella. 
81.  Uacante  sede  apostolica  per  obitum  domini  Benedictì 
xi.  quidam  frater  minor  (*)  tractabat  et^  ambasciatas  por- 
tabat  prò  quodam  prelato  ad  summum  pontificatum  prò- 
monendo.  De  quo  Clara  dixit.  Talb  frater,  quem  nomi- 
natim  expressit,  habet  conscentiam  maganiatam  quoniam 
de  ambasciata  quam  portat  utilitatem  temporalem  expectat. 
Deus  autem  a  suo  desiderio  non  respondebit  hac  uice  xiij. 

82.  Dominus  Angelus  de  Tinnosis  de  urbe  presbiter  et  late- 
ranensis  canonicus  locuturus  Clare  uersus  Montem  Falco- 
nem  direxerat  gressus  suos.  |  Et  in  die  quo  Mon-  (  f.  33». 
tem  Falconem  debebat  intrare,  Clara  non  humana  reuelatione 
edocta,  sed  reuelatione  divina,  uidit  predictum  dominum 
Angelum  ad  suum  monasterium  uenientem.  Et  uisionem 
referens  dominabus,  fecit  prò  ipso  ferculum  preparari.  Cum- 
que  eodem  die  quasi  post  iter  trium  miliarium  monasterium 

83.  aduenissit  comestionem  reperit  preparatam.  Q  Domino  Tome 
canonico  Eugubino  ^frequenter  similia  in  omnibus  conti- 
gerunt. 


(1)  Ignoro  chi  fosse  questo  Bernardo  da  Pesaro,  e  perchè  salisse  a  Montefalco: 
però  doveva  essere  assai  ricco,  poiché  nel  processo  del  1318  (fol.  183')  si  legge  che  vi 
sali  multis  comitantibui  equit.  Vedasi  il  num.  107.  in  nota* 

(a)  In  margine  :  Defratre  minore. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  I97 

84.  Quedam  de  monasteri)  dominabus  personas  quasdam 
que  super  hec  eam  rogauerant  Gare,  recomendauit^  ac- 
tente  personas  tamen  non  exprìmens  nec  causam.  Et  ecce 
Qara  in  crastinum  eidenii  domine  satisfaciens  causam  recom- 
mendationis  et  personas  nominatim  expressit. 

85.  Cuidam  bone  reputalionis  uiro  de  Spoleto^  Clara  uerbo- 
tenus  die  quadam  iniunxit^  ut  magne  orationi  uacaret  et  se  re- 
traheret  ab  hominum  coilocutionibus^  quibus  se  nimium 
occupabat.  Qui  per  dies  iiij.^'^  in  domo  propria  se  recludens^ 
Gare  preceptum  studiose  seruauit.  Die  autem  V.  cum  ad 
locum  fratrum  minorum  de  mane  prò  audiendis  diuinis  of- 
fitijs  accessisset^  post  missam^  cum  fratrìbus  uerbis  se  impli- 
cans^  usque  ultra  tertiam  collocutionibus  quamuis  de  se 
alias  non  iliidtis  se  inuoluit.  Et  recordatus  se  precep- 
tum I  quod  Gara  mandauerat  non  seruasse^  ad  (  f.  ^ 
domum  propriam  redijt  cum  dolore  Gare  correctionem  ex- 
pectans.  Usitata  experentia  edocente  cognoscens  sue  locu- 
tionis  defectum  fuisse  Gare  a  domino  reuelatum.  Et  ecce 
post  paucarum  horarum  diei  illius  spatium^  Gare  nuntius 
uenit  ad  prefatum  uirum  sibi  precipiens^  ut  uenirét  ad  Ga- 
ram.  Qui  uocationis  causam  in  se  considerans  coram  Gara 
uerecundus  comparuit^  et  super  sua  locutìone  uerìssimo  or- 
dine Gare  reuelationis  audito^  se  super  huiusmodi  locutio- 
nìbus  de  cetero  non  offensurum  promisit.  Sed  humana  fra- 
gilitate  deuictus  post  paucos  dies  iterum  et  modo  consimili 
loquendo  defecit^  quod  et  in  ipso  instanti  fuit  Gare  a  do- 
mino reuelatum.  Et  cum  post  redisset  ad  eam^  Clara  de 
locutione  et  eius  circumstantijs  ipsum  monitionibus  castì- 
gauit.  Frequenter  alias  quam  sepe  fatus  uir  ad  monasterium 
ueniebat  quicquid  cogitauerat  ueniendo  per  uiam^  loca  in 
quibus  se  fixerat^  Clara  ei  referebat  (*)  quam  idem  sciuissct 

86.  referre,  Q  Nam  sicut  dominarum  sui  monasteri)  conscentias 
cognoscebat^  sic  aliarum  personarum  prò  quibus  orabat  euen- 


(1)  Forse  manca  meliut. 


198  MICHELE  FALOCl  PULIGNÀNI 

tus,  cogitatus^  facta  et  opera  prophetìco  spiritu  preuidebat^ 
ut  futura  eis  precerit  (?)  secreta  cordium  reuelaret  et  deno- 
taret  euentus  designando  quando  loca^  tempora^  cìrcunstan- 
tias  et  personas.    |  (  f .  jV . 

87.  Si  contra  constitutiones  monasteri)  fìebat  aliquid  in  con- 
Aientu  quando,  antequam  ad  Claram  in  cella  iacentem  de- 
nuntiatio  peruenisset  reuelatione  humana,  ipsa  defectus  hu- 
iusmodi  corrigebat,  occulte  tamen,  si  defectus  occulti  fuerant, 
sin  aulem  corrigebat  presenti  bus  dominabus.  Sed  sic  caute 
in  quantum  cum  Dei  honore  poterat,  quod  non  proderat  se 

88.  per  spiritum  hoc  sciuisse.  Q  Cogitabat  quando  (')  quod  domine 
monasteri)  personis  exterioribus  coUoquentes  Claram  de  san- 
ctitate  laudarent,  Clara  uero  nullo  mortali  sibi  referente  sed 
reuelatione  diuina  de  hijs  habens  notitiam  dominas  que  ipsam 
commendauerant,  increpabat.  Et  quando  dicebat.  Que  uerba 
loquiminj  ?  O  quam  male  me  cognoscitis  !  Istam  enim  con- 
«centiam  de  me  habeo,  quod  peior  sum  omnibus  creaturis. 
Quia  quamuis  de  statu  uestro  uel  aliarum  personarum  quam 
quam  (sic)  aliquid  uideam,  non  credatis  tamen,  quod  hoc  ex 
mea  bonitate  procedati  sed  hoc  est  ratione  oflBtij  et  orationibus 
dominarum  aliarum  bonarum  personarum.  Et  quamuis 
Deus  erga  me  se  gratiosum  exibeat  et  benignum,  ego  ta- 
men  prò  parte  mea  omnia  mala  et  disolutiones  commisissem, 
nisi  dominus  me  defendisset,  et  ego  Dei  benefitiis  sum  nimis 
ingrata.  Et  dum  benefitia  Dei  penso  et  meam  ingratitudinem 
sentio,  non  uideo  quod  alicuius  persone  quantumcumque 
inordinate  malitia  possit  mee  miserie  adequari,  nam  respectu 
ingratitudinis  omnia  uitia  quasi  prò  nichilo  |  repu-  (  f.  35. 
tantur.  Cogitetis  sorores,  quod  si  Deus  nos  dimicteret,  nos 
prò  parte  nostra  maium  et  non  aliud  faceremus.  De  quo 
ergo  possumus  commendari? 


(1)  Forse  converrà  correggere  :  contingebat  quando,  per  aliquando,  come   si 
legge  più  volte. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  I99 

89.  Quamuis  autetn  Clara  dominarum  sui  monasteri)  sancti- 
tatem  cognosceret  in  Dei  seruitio  radicatam,  unum  tamen 
principaliter  formidabat  ne  falsi  religiosi  et  ypocrite  familiari 
colloquio  sub  uirtutum  similitudine  niterentur  seducere  ali- 
quam  dominammo  presertim  cum  aliquas  personas  sanctitatis 
famose  nomine  premunitas  audiuisset  plures  in  defectus  pes- 
simos  talium  familiaritatibus  cecidisse.  Et  ideo  cum  huiu- 
smodi  deceptores  sub  sanctitatis  pallio^  ad  monasterìum  ue« 
niebant,  Qara  eorum  aduentum  multotiens  predicebat,  et 
in  aduentu  aliquorum  dicebat:  Infra  breui  temporis  spatium 
habebitis  hic  personam  in  tali  quem  designabat  habitu  in- 
cedentem ,  que  inter  uos  errores  sui  spiritus  nititur  semi- 
nare. Ecce  iam  per  tantum  temporis  se  fraudolentis  cogi- 
tationibus  preparauit^  uolens  ostendere  coram  uobis  se  esse 
quam  nunquam  actingit  (*)^  et  inuenire  si  poterit^  reprehensio- 

*  nis  occasionem  in  uobis.  Ab  eius  ergo  confabulatone  attendite^ 
nulla  sibi  loquatur^  nisi  quod  per  me  iniunctum  extiterit.  Ta- 
lium etenim  personarum  antequam  uenirent  ad  monasterìum, 
interdum  nomina  exprimebat,  interdum  circumstantias  per- 
sone et  habitus  designabat  Tempus  etiam  earum  sic  expri-  . 
mens,  quod  quando  dienri  et  horam  antea  predicebat  in 
omnibus  sic  se  habens  sicut  |  sibi  fuerat  a  domino  (^).  (  f.  35». 
Et  sic  ne  tali  perìculose  superuenienti  persone  aliqua  domi- 
narum  ex  improuidentia  loqueretur,  Clara  eam  uocatam  ex 
nomine  ad  se  faciebat  uenire  et  ipsam  ab  illium  conuersa- 
tione  compescens  defectum  eius  et  causam  prohibitionis  col- 
loqui reserabat.  Dei  honore  in  omnibus  et  fama  proximi 
in  quantum  cum  Deo  poterat   obseruatis.    Q  Et   ut   unum 

90.  quod  pluribus  fuit  notum  ad  literam  exprimatur,  quoniam 
domine  que  in  monasterio  post  Clare  transitum  remanse- 
nint,  nolebant  aliquam  personam  infamare  super  hijs  que 
solum  in  monasterìo  nota  erant,  Clara  die  quadam  loquens 


(1)  Forse  mmca:  talis  perfecHonit, 
(1)  Aggiungasi;  reyttatum. 


200  MICHELE  FALOCl  PCLIGXANI 

sòrorìbus  suis  dixit.  Duos  tales  rdigiosos^  quos  nominatim 
expressit^  in  sue  religionìs  habitu  uidi  ad  monasterìum  hoc 
uenire^  ab  eoruin  conuersatione  quelìbet  uestrum  absdneat 
nullam  (sic)  umquam  eonim  alìcui  loqui  '  quomodocumque 
presumat  Unus  enim  eonim  in  lupi  rapacis  specie  ueniebat. 
Alter  uero  in  forma  porci  et  quasi  porcus  efiTectus  caudam 
maximam  et  reuolutam  ferebat.  Lupus  rapax  animas  Deo 
subtrahere  nititur.  Porcus  autem  propter  caudam  retinens 
odìum  ad  inmiunda  opera  machinatur.  Et  ecce  firatres  pre- 
dicti  eadam  die  ud  in  proximo  simul  ad  monasterìum  ac- 
cessenint.  Quibus  Clara  ad  cratem  ueniens  post  aliquale  col- 
loquium  dixit.  Nolo  fratres  quod  in  tsto  monasterìo  conuer- 
sationem  aliqualem  habeatis  nec  est  uestram  |  offi-  (  f.  36. 
dum  £amiliarìtas  dominanim.  Cumque  dictis  firatrìbus  tur- 
batìs  in  animo^  lupus  ille  signa  humilitatis  ostenderet  et  cau- 
sam  quare  Qara  conuersationem  eonim  ndebat,  quereret 
ìnportune^  Qara  eis  retulit  uisionem  addens  quod  nolebat 
in  monasterìo  aliquem  conuersarì  nisi  illas  personas  ad  qua- 
rum  officium  pertineret. 

gu  Non  solum  autem  uiuis  dominabus  suo  prophetico  spi- 

rìtu  prouidebat  sed  etìam  defunctis.  Nam  aliquando  (')  de- 
cessisset^  recomendabat  eam  in  capitulo  et  quando  dicebat. 
Talis  quam  exprìmebat  domina  patitur  in  purgatorìo  ma- 
gnas  penas;  et  quando  dicebat^  regratiemini  Deo^  quoniam 
talis  domina  paradisum  intrauit.  Q  Vuientes  autem  dominas 

92.  ab  insidi js  demonum  liberabat  et  demones  indignati  mul- 
totiens  et  maxime  diebus  uenerìs  de  nocte  post  factum  ca- 
pitulum  Qare  apparebant  in  cella  multis  terrorìbus  eam 
occidere  comminantes^  eo  quod  ipsonim  facta  et  opera  sic 
fìinditus  uertebat.  Et  tantum  odium  id  creuit  quod  quadam 
nocte  etìam  corporaliter  eam  suffocare  uolebant  ad  quorum 
rumorem  et  strepitum   domine  monasterìj  que  audierant 


(i)  Maoet:  ti  atiqua  domina 


VITA  DI  SAKTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  201 

concurrentes^  Claram  fatigatam  nimium  inuenerunt  et  eam 
sicut  poterant  iuuerunt.  Clara  autem  conualescens  amplius 
contra  eos^  quamuis  ab  eis  frequentes  molestias  pateretur 
temptationes  eorum  et  uincula  disrumpebat^  et  conseruans 
dominas  in  Dei  seruitio  de  demonibus  frequenter  trufiaba- 
tur  et  ipsorum  malitias  detegebat.  (f.36'. 

93.  Retulit  Qara  sancta  domino  Thome  canonico  eugubino 
confexorì  suo  quod  ipsa,  vij.  annos  sic  posita  fuerat  demo- 
num  potestati  quod  eam  terroribus,  percussionibus,  infirmita- 
tibus  et  alijs  afflictionibus  offendebant.  Et  ipsa  in  odium  sui 
et  ut  demones  possent  liberius  eam  percutere^  exibat  de  nocie 
in  claustrum  monasteri)  extra  dormitorium  ne  ipsi  demones 
possent  in  percutiendo  eam  alijs  dominabus  monasteri)  im- 
pedir!^ dicebat  etenim  ipsa  Clara  multum  fuerat  luctata  cum 
eisdem.  xpij\ 

94*  Quidam  legum  doctor  de  Spoleto  habebat  filium  male 

uite  et  male  dispositionis,  quem  Clare  orationibus  commen- 
dauit  Clara  nero  post  dies  aliquos  oratione  facta  ad  Deum 
prò  eo,  patri  )uuenis  dixit.  De  uestro  filio  nuUatenus  dubi- 
tetis  quonìam  Deus  eius  saluti  prouidit.  luuenis  autem  post 
aliquale  temporis  spatium  ordinem  fr^trum  minorum  ingres- 
sus  et  ibidem  laudabiliter  conuersatus^  demum  in  ipsa  reli- 
gione cum  magna  peccatorum  contrìtione  et  bona  disposi- 
tiene  decessit  (*). 

95.  Vir  quidam  de  ciuitate  Fulginei  qui  in  malis  et  disso- 

lutis  operìbus  exp^ndebat  dies  suos  fuit  a  Deo  infìrmitate 
grauatus^  quod  de  salute  desperabatur  ipsius.  Cuius  soror 
ipsum  Clare  orationibus  commendauit  cum  magno  affectu. 
Et  malo  grauatum  (^)  quoddam  assumptum  de  arbore  |  (  f.  57. 
quam  manibus  suis  Clara  plantauerat^  fratri  infirmo  inscia 


(1)  In  margine:  Gratta  a  beata  Clara  in  malum  ad  ordinem  fratruum  minorum 
bonum  mutatus. 

(a)  Si  traduca;  melo  granato,  come  si  legge  nella  Tersionc  di  fra  Antonio  (  pag. 
137  ).  Sopra  un  albero  piantato  da  santa  Chiara,  cedasi  il  codice  yallicelliano  u,  a8, 


202  MICHELE  FALOCI  PULlGNANl 

tamen  Clara  transmisit^  sperans  fiducialiter  eum  Giare  oratio- 
nibus  et  pomi  illius  perceptione  spiritualiter  et  corporaliter 
liberari.  Et  ecce  post  paucorum  dierum  lapsum  homo  ille 
ab  infirmitate  corporis  conualescens  uenit  ad  Claram  et  ei 
de  salute  sua  regratians  a  uita  sua  inhonesta  et  pessima  est 
correctus  ac  deinde  religionem  fratrum  minorum  ingressus  (*). 

96.  Alius  iuuenis  ciuitatìs  eiusdem  inordinatus  et  lusor  per 
eius  sororem  et  matrem  Giare  oratìonibus  commendatasi 
suam  uitam  subito  sic  correxit^  quod  ludos  fugiens  uixit 
mansuetus  humilis  ac  modestus,  ut  etiam  posset  per  matrem 
ac  si  esset  puer  paruulus  castigati. 

97.  In  quodam  festo  natalis  domini  refulxit  subito  qui- 
dam claritatis  radius  sicut  sol  in  facie  et  in  oculis  sancte 
Giare.  Et  Giara  leuauit  oculos  et  uidit  quod  iste  radius  de 
Xpi  facie  procedebat  ad  eam.  Et  in  ista  claritate  uidit  Giara 
subito  totum  mundum  sicut  uidisset  unam  acum.  Xus  au- 
tem  sedebat  in  celo  et  pedes  tenebat  terre  proximos,  sed 
terram  pedibus  non  tangebat.  Et  sic  existens  peccatoribus 
minabatur.  Et  facto  crucis  signaculo^  suos  benedixit  amicos. 
Quo  facto  xps  in  celum  receptus  est.  Et  Qara  uidit  et  in- 
tellexit^  quos  dieta  benedictio  contingebat.    |  (  f.  37». 

98.  Quidam  frater  ordìnis  minorum  tunc  ipsius  monasteri) 
capellanus  (^)  habebat  filiam  Andriolam  nomine  eiusdem  mona- 
steri) monialem  que  graviter  infirmata^  demum  quadam  no- 
cte  tractus  faciens  morientibus  solitos  expirauit.  Gum  au- 
tem  domine  ad  uocem  infirmarle  concurrentes  puellam 
mortuam  reperissent^  ita  quod  uultu  palido^  labijs  et  ungu- 
lis  quasi  nigris  membra  puelle  effecta  frigida  ruguissent  (') 
ceperunt  domine  nimium  conturbari^  quoniam  pater  puelle 
monasteri)  capellanus^  ad  mortem  sue  filie  non  fuerat  requi- 


(1)  Questo  frate  si  chUmara  Corraduecio,  ed  aveva  una  sorella,  monaca  con  san- 
ta Chiara,  di  nome  Tomatta.  Fra  Corraduecio  nel  1 3Ì8  era  già  morto*  (  Proc.  Ì3Ì8, 
Fol.  136  ). 

(s)  In  margine  :  Capellanu»  moruuterii  b,  Clare  Frater  minor. 

(3J  Forse  :  reperiittent. 


VITA  DI  SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  2O3 

situs.  Clara  autem  uenit  ad  locum  ubi  corpus  iacebat  et  do- 
minabus  dixit.  Oretis  Deum  quia  huic  corpori  dominus  red- 
dat  uitam.  Potens  enim  est  Deus  dare  uitam  et  spiritum  , 
ne  dum  huic  corpusculo^  sed  etiatn  uni  ligno.  Et  tunc  Cla- 
ra prope  corpus  mortuum  genuflectens  dominum  exorauit. 
Cumque  de  oratione  surressisset  post  aliquale  temporis  spa- 
tium  cepit  puellam  (sic)  membra  mouere  et  recuperare  loque- 
lam:  mane  autem  facto  pater  puelle  uenit  ad  monasterium 
et  fìlie  fuit  satis  spatiose  locutus^  et  cum  puella  cibum  ali- 
qualem  sumpsisset  et  de  suis  peccatis  confessori  quicum  pa- 
tre  uenerat  suam  culpam  dixisset,  circa  horamnonam  ejus- 
dem  diei  decessit.  Nullos  tamen  fecit  tractus  morientibus 
solitos  sed  potentie  sensuum  corpus  simpliciter  relin- 
quere.  (»)  xix.  {   f.  38. 

99.  Puella  quedam  de  Stanhano  Vicola  nomine  quedam  die 
ueneris  (sic)  sancta  de  mane  uenit  ad  monasterium,  et  ante 
portam  ipsius  in  claustro  exteriori  lUuminatam  seruitricem 
inueniens  uel  reperiens  eam  suppliciter  exorauit  ut  cum  ab- 
batissa  et  dominabus  receptionem  ipsius  Uicole  procuraret. 
Desiderabat  enim  se  Dei  et  dicti  monasteri)'  servitio  deputa- 
re. Et  cum  post  precum  Instantiam  nil  proficere  potuisset, 
demum  repulsa  ab  Illuminata  predicta  uelut  desperatà,  tri- 
butata recessit  plorando.  Interim  Clara  autem  in  sua  cella 
existens  talem  habuit  uisionem.  Uidebat  enim  quamdam  ui- 
tis  propaginem  pulcra  et  quasi  magnitudinis  fasciculi  cum 
frondibus  saramentorum.  Hec  propago  inter  monasterium 
desiderabat  transponi,  et  alibi  quam  in  ipso  monasterio  ra- 
dices  mietere  aut  uiuere  non  ualebat.  Uidebat  etiam  ipsa 
Clara  quod  Illuminata  seruitrix  propaginem  illam  proiecit 
extra  monasterium,  propter  quod  ipsa  propago  cepit  mar- 
cescere  et  etiam  desiccari.  Cum  igitur  Clara  die  eodem  Illu- 
minate et  alteri  domine  causam  scire  desiderans^  uisionem  retu- 


(ij  Queito  frate  si  chiamava  Andrea,  e  prima  che  entrasse  in  religione  fuerat 
primo  iudex,  et  homo  tatit .hónoratui  in  mundo  tic,  (Proc.  1318,  fol.  197)* 


204  MICHELE  EALOCf  ^ULICKANl 

Usset  predictam  et  posmodum  que  dieta  puella  (sic)  acciderant 
audiuìsset^  mìsit  statim  Dluminatam  eamdem  predicte  Uicola 
et  sic  eodem  die  incontenentì  ut  uenit  in  monasterìo  est 
recepta  |  et  Xpiana  nomine  proprio  trasmutato  uocata.  (r.  jr. 

loo.  Inter  alias  reuelationes  quas  Qara  frequenter  habebat  j 
quadam  nocte  uidit  quamdam  nebulam  maxime  obscurìtatis 
super  in  aere  fluctuantem.  In  cuius  nebule  medio  quidam 
in  similitudine  crucifixi  iacebat  et  circa  multìtudo  uirorum 
et  mulierum  religiosanim  et  secularìum  ex  quibus  Clara  co- 
gnouit  quamplurìmos  qui  illi  crucifixo  et  infra  ipsam  nebu- 
lam assistebant.  Qui  crucifixum  illum  totis  uirìbus  adoran- 
tes  et  ipsum  Deum  esse  erronee  oppinantes^  calorem  ma- 
gnum  sed  inordinatum  de  ipso  sentiebant  Qara  autem  ab 
illis  misérìs  inuitata  ut  crucifixum  illam  una  cum  eis  ut  do- 
minum  adoraret^  fraudis  diabolice  subtilitatem  agnouit^  et 
ad  illum  adorandum  accedere  noluit^  quin  immo  ab  eius 
assistentia  se  retraxit  cognoscens  quod  crucifixi  illius  uisio  , 
non  influebat  spirìtualem  anime  unctionem ,  et  quod  amor 
calidus  quem  de  ilio  adorantes  sùmebant  in  apedtus  illici- 
tos^  et  impudicas  camis  libidines  uertebatur.  Que  Qara  su- 
per omnia  aborrebat.  Ex  quibus  Qara  crucifixum  illum  esse 
demonem  recognouit  qui  sibi  credentes  ad  hanc  perfidiam 
et  mentis  excecationem  deduxerat  ut  eis  camalis  dele- 
ctatio  et  immunditia  licite  uiderentur.  Interim  autem  (  f.  39. 
cum  Clara  unum  de  illis  adorantibus  uìrum  sanctitatis  famose 
diuulgato  sermone,  apud  homines  nominatim  preceteris  no- 
tauisset  quidem  demon  alius  cepit  dare  retraere  sic  dicen- 
do. Vnum  habemus  de  tuis.  Clara  dixit  :  de  meis  non^  nec 
de  tuis  fuisset^  si  meis  locutionibus  credidisset. 

loi.  Post  modum  autem  processu  temporis  quidam  frater 
ordinis  fratrum  minorum  (')  ad  monasterium  ueniens^  trìa  ipsi 
Clare  proposuit^  quasi  peteret  consilium  super  eis  que  a  fra- 
tre  eiusdem  ordinis  de  Eugubio  de  sanctitate  tunc  temporis 


(1)  In  margine:  ùubia  bcatae  darai  a /taire  minare  propoiiia. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  205 

plurimum  commendato  se  audiuisse^  et  super  eis  se  dubitare 
dìcebat^  scilìcet^  quod  homo  potest  facere  quicquid  uult^  et 
quod  infemus  non  est^  et  quod  anima  potest  perdere  desìde* 
rium  in  hac  uita.  Qara  autem  quoniam  uerba  huiusmodi 
sibi  uidebatur  uenenum  erroris  habere  et  pregnantia  {') 
intellectu^  subito  non  respondit  sed  uerborum  intelligentiam 
per  prolixe  orationis  feruorem  nocte  sequenti  a  domino  re- 
quisiuit.  Qua  habita  in  crastinum  eidem  fratri  respondit: 
uerba  illa  super  quibus  me  consulueras  uenenum  pessimum 
in  se  gerere  nisi  intelligatur  discrete.  Inferus  ìgitur  non 
est  ad  bonorum  dumtaxat  supplicium.  Et  homo  potest  fa- 
cere  que  uult  hoc  modo  uidelicet  quod  eius  uoluntas  sit  or- 
dinata in  Deum.  Est  ei  possibile  quod  Deus  sic  ordinat  uo- 
luntatem  alicuius  persone  quod  uoluntatem  propriam  homi- 
nis  sibi  aufert  et  dat  ei  uoluntatem  ordinatam  suam^  scilicet 
ipsius  Dei  I  et  uoluntatem  talis  persone  Deus  sue  uo-  (  f.  39 . 
luntati  taliter  coaptat  ut  nil  appetat  quod  diuine  possit  esse  con- 
trarium  uoluntatL  Et  tunc  talis  persona  potest  facere  quic- 
quid uult^  quoniam  nelle  ipsius  aliud  non  est  nisi  quod  Deus 
uult.  Et  Uli  qui  dicunt  se  posse  facere  quicquid  uolunt^  non 
dicunt  ueritatem^  nisi  talem  statum  haberent  ut  dixi.  Àni- 
ma nero  perdit  desiderium  isto  modo:  non  quod  nihil  appe- 
tebat  in  hoc  uita  existens^  sed  est  possibile  et  contingit  in- 
terdum  quod  anima  in  contemplationis  femore  per  raptum 
uel  aliam  eleuationem  in  Deum  inmersa  et  reposita  coniun- 
ctìone  mirabili  in  dilecto  quiescit^  quod  in  ilio  puncto  quo 
anima  in  ilio  statu  consistit  nil  aliud  appetat  quam  que  ha- 
bet.  Frater  autem  predictus  auditis  Giare  sermonibus  erro- 
res  quos  tenebat  in  animo  non  detexit^  sed  obmutescens 
102.  abscessit  Q  Et  post  aliquod  tempus  ambo  fratres  predicti 
scilicet    Bentiuegna  heresiarca  ae    magister  erroris   (')    et 


(1)  Forse  manca  pravo,  o  altra  parola. 

(>)  Questo  Bentivenga  è  il  frate  eugubino  nominato  di  sopra.  11  popolo,  atteso  il 
suo  zelo  ed  i]  suo  contegno,  lo  chiamava  apotiolo,  (Proc.  i^^i  foU  335 }.  In  margine 
si  legge;  Nota  hoc. 


206  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

lacobus  dus  discipulus^  tunc  occulti  quorum  uterque  predì- 
catìonis  officium  in  ordine  habebant  et  inter  ceteros  de  pro- 
uincia  illa  de  sanctitate  commendati  in  reuerentia  habeban- 
tur  et  maxime  heresiarca  prcdictus  quodam  sero  deliberato 
animo  loqui  incipiens^  asserebat  quod  anima  perdit  deside- 
rium  et  quod  homo  sine  timore  aliquo  offensionis  diuine 
potest  camalia  desideria  adimplere  et  licite  com  mietere  quic- 
quid  uult^  nulla  habita  differentia  cuiuscumque  peccati^  et 
uerba  que  ipsemet  |  antea  dixerat  iuxta  sensum  (  f.  40. 
licteralem  et  absque  determinatione  credens^  intelligens  et 
assummens^  uilipendebat  expositionem  uirginis  supradictam. 
Qara  dixit.  Ànima  numquam  perdit  desiderìum  in  hac  vita. 
Numquam  fìdelis  anima  potest  stare  fìxa  in  hac  uita  ut 
non  moueatur  in  gratia  sibi  data  uel  infusa  a  Deo^  quin  sem- 
per  appetat  maiora  et  altiora  cupiat  querat  et  inueniat. 
De  necessitate  enim  opus  est  quod  anima  aut  crescat  de  uir- 
tute  in  uirtute^  aut  non  sitiat  hec  quod  decrescati  quoniam 
amor  Dei  nescit  existere  otiosus.  Et  si  peccandi  libertas  da* 
retur  anime^  hoc  non  esset  libertas  sed  subiectio  et  seruitus 
dyabub';  homo  enim  peccando  dyabuli  seruus  efficitur  et  a 
Dei  deuiat  uoluntate^  et  ideo  anima  contra  uoluntatem  Dei 
faciens  peccat  et  peccando  sic  efficitur  subiecta  dyabuli  et 
anelila. 
103.  Q  In  huius  modi  autem  colloquio  quamuis  Clara  uerba 
heresiarce  predicti  affirmantis  que  prius  dixerat^  errores  esse 
cognosceret^  quoniam  tamen  frater  ille  multum  honorabilis 
in  suo  ordine  habebatur  et  de  sanctitate  commendabatur 
plurimum  nec  error  illius  usque  adhuc  erat  detectus,  ideo 
sibi  mite ,  et  cum  quadam  nerbali  reuerentia  loquebatur. 
Et  in  quodam  dubio  posita  utrum  heresiarca  predictus  er- 
rores illos  ut  dicebat  crederet  et  sentiret,  an  temptando 
forsitan  loqueretur  sibi,  in  tantum  loquebatur  modeste  quia 
ueritatem  defendens  impugnabat  errores  et  turbationem  ani- 
mi non  I  mostrabat.  Verum  quia  noctis  propinqui-  (  f.  ^o'. 
tas  non  patiebatur  colloquium  ampliar!  recesserunt  predicti 
heretici  et  ad  suum  conuentum  ut  uenerant  redierunt.  Clara 
uero  nocte  ipsa  orationi  insistens  uidit  Xpm  dominum  sibi 


VITA   DI   SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  2O7 

turbatam  faciem  ostendentem  eo  quod  nimis  moUiter  pre- 
dicto  heretico  fuerat  coUocuta  et  ipsius  erroribus  feruentiori 
audatia  non  duxerat  resistendum.  Certificauit  etenim  X  eam 
quod  ìUi  miseri  sic  turpi  ter  erant  iapsi  quia  errorcs  quos  as- 
104.  severaverant  esse  ueritatem  credebant  taliter  excecati.  Q  Mane 
autem  facto  hijdem  fratres  monasterium  redierunt  et  here- 
siarca  predicto  errores  huiusmodi  asserente,  Clara  eis  auda- 
tius  solito  respondebat  Ex  quibus  heresiarca  miratus  et 
turbatus  eo  quod  Clara  suis  erroribus  non  credebat,  ipsam 
interrogando  dixit.  Potest  ne  homo  mulierem  cognoscens 
carnaliter  mane  corpus  X  recipere  ?  Hec  dicens  dictus  here- 
ticus  etiam  si  absque  excusatione  matrimoni)  ex  sola  carnis 
libidine  cognoscatur.  Clara  nero  quamuis  ex  uerborum  tur- 
pitudine turbata  fuisset  tamen  propter  defensionem  fidei  et 
iieritatis:  respondìt,  non.  Heresiarca  dixit:  posset  hoc  facere:  (*) 
Clara  respondit.  Deus  non  est  auctor  peccati  et  si  peccatum 
faceret  Deus  non  esset,  hoc  autem  peccatum  esset.  Et  tunc 
heresiarca  predictus  quasi  eam  et  eius  nerba  despiceret  sub-' 
ridens  |  ait.  Permictit  hoc  Deus?  Clara  respondit.  (  f.  4,. 
Permictit.  Heresiarca  dixit,  nichil  fit  nisi  domino  permictente 
quoniam  secondum  scripture  testimonium  non  cadit  etiam 
frondes  arboris  super  terram,  nisi  permissione  diuina:  ergo 
postquam  Deus  hec  permictit,  est  bonum,  quoniam  Deus  qui 
bonus  est,  nichil  permicteret  nisi  bonum.  Clara  dixit.  In  hijs 
duo  sunt.  Est  enim  in  homine  peccati  prohibiti  operatio,  que 
semper  est  mala,  et  est  in  dicto  permissio,  que  semper  est  bona. 
Unde  quod  Deus  ita  facit  est  bonum  scilicit  ista  permissio, 
et  bonum  inde  sequitur  quoniam  fructus  et  mobilitas  (sic)  uir- 
tutis  melius  apparet  propter  uitij  uilitatem.  Demum  memo- 
ratus  heresiarca  ad  sui  fulcimentum  erroris  per  modum  in- 
terrogationis  adiunxit.  Cum  Magdalena  maioris  sit  meriti 
quam  Agnes,  quid  domino  placuit  plus  aut  Agnetis  uirginitas. 


(1)  Qtti  forse  nuinca  Deu», 


208  MICHELE   FALOCl  PULIGNANI 

aut  corruptio  Madalene?  Clara  respondit:  non  dubito  quin 
Àgnetis  uirginitatis  domino  placuit^  et  domino  displicuit 
corruptio  Magdalene^  nec  nego  per  hoc  quin  maiorìs  meriti 
possit  esse  Magdalena  quam  Agnes^  quoniam  in  Madalena 
post  peccatum  potuit  esse  tanta  contrìctio^  tantus  deuotionis 
et  carìtatis  feruor  tantaque  plenitudo  uirtutum  quod  potuit 
in  merito  super  excedere  uirginitatem  Agnetis.  Non  quod 
peccatum  Deo  placuerit^  sed  bona  post  modum  obsecuta. 
Heresiarca  uero  predictus  quoniam  rationibus  Claram  non 
poterat  superare  se  ad  scripture  et  sanctorum  auctorìtates 
conuertit.  Et  plures  auctorìtates  allegans^  plures  sanctos 
et  I  scrìpturas  eius  oppinionem  erroneam  fundasse  (  f.  41'. 
dicebat  Clara  respondit.  Ego  scrìpturas  non  didici  et  ea 
que  dico  non  assero  quia  relegerim  in  scrìpturìs  sed  quo- 
niam uerìtatem  quam  assero^  michi  dominus  reuelauit  et  a 
catholicis  predicatoribus  non  audiui  contrarìum.  Et  sum  certa 
quod  me  dominus  non  decepit  et  ea  que  ego  assero  pos- 
sent  scrìpturarum  et  sanctorum  testimonia  comprobare.  Tu 
autem  miser  per  malitiosum  et  falsum  intellectum  exponis 
scrìpturas  aut  non  intelligis^  et  desipis  cum  sic  sapis.  Hoc  uolo 
te  etiam  non  latere^  quod  sancti  quos  sic  allegasti  frequen- 
terà honestatem  non  esse  seruandam^  et  alios  errores  quos  tu 
asseris  non  dixerunt.  Quos  si  dixissent  sancti  non  essente 
nec  talibus  erroribus  unquam  crederem  nec  credam^  a  tali 
sum  edocta  magistro:  quin  imo  si  omnes  mundi  homines 
dicerent  et  crederent  que  tu  dicis^  ego  sola  ab  ista  uerìtate 
quam  mihi  ostendit  dominus  et  quam  asserui  nuUatenus 
declinarem.  Modo  etiam  me  uidere  presentialiter  reco- 
gnosco  que  mihi  dominus  dudum  releuauit  per  uisum. 
Videbam  enim  quod  quidam  spirìtus  eccitate  percussus  et 
utroque  oculo  excecatus  mihi  locuturus  ad  istud  monaste- 
rìum  ueniebat  Et  nunc  cognosco  presentialiter  quod  tu 
es  ille  taliter  excecatus.  Heresiarca  dixit.  Verum  dicis  quod 
ille  mei  spirìtus  quem  in  uisione  uidebas  tibi  cecus 
utroque  oculo  uidebatur,  quoniam  curto  intellectu  sis 
grossa  subtilitatem  et  profunditatem  ]  mei  spi-  (  f.  43». 
ritus  non   attingis.  Clara  dixit.  Ego  tui  spirìtus  subtilata- 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MOKTEFALCO  2O9 

tem  intelligo  et  errorem^  sed  ipsum  non  sequor  :  tibi  mul- 
tum  compatiens  qui  sic  turpiter  es  et  prolaxus  et  a  do 
nùno  separatus.  Et  tum  Clara  ex  compaxione  et  dolore 
erroris  et  dampnationis  illius  cepit  plorare  planctu  amarissi- 
me  et  dixit.  Doleo  de  tua  perfidia  obstinata^  doleo  et  de 
labore  quem  prò  te  ingrato  dominus  substinuit  in  hoc  mun<- 
do.  Heresiarca  autem  fortiter  ridere  cepit  dicens.  Rogo  Deum 
qui  spiritual  quem  ego  habeo  tibi  donet.  Clara  dixit.  An- 
tea  permitat  Deus  omnes  tribulationes  que  possent  in  hoc 
mundo  contingere  super  me  si  sibi  placuerit  euenire^  et 
certa  sum  quod  dominus  tantum  dispendium  mee  anime 
non  permictet.  Tunc  heresiarca  dixit.  Si  ea  que  de  meo  spi- 
ritu  sentio,  possem  publìce  predicare  infra  brevi  temporis 
spatium  totum  mundum  rectificarem  et  conuerterem  ad  mei 
spiritus  uirtutem.  Clara  dixit.  Quare  ergo  non  predicas?  He- 
resiarca respondit.  Quia  timeo.  Clara  dixit.  Ergo  meus  spi- 
TÌtus  est  melior  tuo  et  dominus  meus  quem  ego  diligo  il- 
lum  quem  tu  diligis  superat  et  excedit.  Ego  enim  nuUum 
timorem  habeo  et  prò  defensione  ueritatis  quam  assero  non 
dubitarem  in  aliquo  mortis  subire  discrimen.  Nam  Deus  meus 
cui  amore  inhereo  est  spiritus  ueritatis  qui  eum  habentibus 
audadam  et  constantiam  tribuit  et  tanto  audacior  et  con- 
stantior  quis  efificitur  est  securior^  nec  corporis  penas  timet 
quanto  quis  appropinquatur  |  amplius  domino  Deo  (  t^^*, 
meo.  Spiritus  autem  tuus  est  spiritus  falsitatis^  qui  timore 
subìacet  et  est  miser  uilis.  Cumque  hijs  et  aliis  pluribus  ser- 
monibus  quos  labilis  dominarum  memoria  retinere  non  po- 
tuit^  disputando  fuissent  diutius  immorati  adeo  quod  dies 
hora  nona  transacta  ad  uesperum  declinabat^  memoratus  he- 
resiarca de  loco  in  quo  sedebat  surrexit  et  ad  altare  ap- 
propians  appodiauit  se  ei.  Et  cum  ibi  aliquantulum  sic  ste- 
tisset  reuersus  ad  cratem  unde  recesserat  dixit  Clare.  Dominus 
mihi  modo  dixit  quod  non  est  demon  alius  nisi  ipse.  Demon 
est  enim  sapientia^  et  Deus  est  sapientia.  Vnde  Deus  est  de- 
mon. Clara  dkit.  Deus  est  summa  sapientia^  demon  est 
105.  summa  malitia.  Q  Post  hec  autem  heresiarca  predictus  quo- 
niam  uirtute  spiritus  qui  loquebatur  in  Clara  resistere  am- 

Archipio  storico  U.  14* 


210  MICHELE   FÀtOCl  PULIGNANI 

plius  non  ilalebat  abscessit.  Clara  uero  conuersa  ad  dominas 
dixit  eis.  Ego  non  di]à  me  isto  homine  meliorem  eo  quod 
in  me  aliquam  sentiam  bonitatem^  sed  solum  ad  honorem 
io6.  Dei  et  contra  errorem  illius.  Q  In  quadam  uisìone  Xus  appa- 
ruit  ipsi  Giare  oranti.  Et  Xps  nudis  pedibus  incedebat  ueste 
longa  indutus,  et  ipsa  uestis  erat  in  tantum  candida  quod 
eius  comparatione  nix  uideretur  obscura.  Clara  uero  agno- 
scens  dominum  genuflexit  et  pedes  eius  obsculari  desiderans 
inclinauit.  Xps  autem  sua  ueste  candida  proprios  pedes  ope- 
ruit  et  sic  opertos  obsculari  permisit  et  Claram  benedicens 
disparuit.  Et  Clara  ex  uisione  huiusmodi  intellexit  Xpm  |  (f.  4,. 
in  honestitate  et  pudicitia  quam  ipsa  semper  dilexerat  dili- 
gendus.  Et  quod  Deus  habet  odio  istos  hereticos  de  secta 
spiritus  libertatis  qui  tenent  opera  inhonesta  et   turpia  non 

107.  esse  peccatum.  Q  Et  ex  tunc  post  disputationem  predictam 
inhabitam  cum  prefatis  hereticis^  uirgo  Clara  zelatrix  catho- 
lice  fidei  in  persecutionem  diete  secte  hereseos  sic  fìdeliter 
laborauit^  quod  eos  et  credentes  eisdem  quamplures  denun* 
tiauit  ordinis  sancii  Dominici  et  alijs  quibusdam  prouintie 
ducatus  prelatis  nec  non  et  aliquibus  sancte  romane  ec* 
clesie  cardinalibus  qui  in  illis  partibus  tunc  temporis  mora- 
bantur  donec  super  predicto  crimine  fuìt  formata  inquisiti© 
contra  eos  et  reperti  culpabiles^  condemprati  fuerunt  ac  per- 

108.  petuo  carceri  mancipiati.  (*)  Q  Nec  sine  magna  fiducia 
optinende  destructionis  eorum  talia  procurabat.  Viderat 
enim  sibi  domino  reuelante  quod  de  medio  obscurìtatis 
cuiusdam  diluuij  grandinosi,  quidam  fluuius  rapacissimus 
ueniebat  per  prouinciam  et  ducatus  tuscie^  et  cum  illa  gran- 
dine tanto  impetu  discurrebat  quod  pulcerrimas  arbores  de 
uirgultis  delitiosis  euellens  poma  que  dum  erant  in  ipsis  ar- 


(1)  Risalta  dal  processo  del  1^18  (fol.  193  ttq.,  fol.  a6s  seq.  )  che  santa  Chiara 
per  mezzo  di  Bernardo  da  Pesaro,  nominato  di  sopra  (  n.  79)  accusò  questo  fra  Benti- 
Tenga  al  Cardinale  Legato  Napoleone,  forse  Orsini,  e  ad  altri  :  che  lo  accusò  di  molti 
delitti  a  fra  Andrea  da  Perugia  inquisitore,  onde  poi  fu  preso  e  con  altri  suoi  compagni 
messo  in  carcere. 


VITA   DI  SANTA  CHIARA  DA   MONTEFALCO  211 

boribus  uidebantur  pulcerrima  sua  ingluuie  absorbebat.  Et 
poma  illa  quamuls  essent  delectabilia  in  aspectu  dum  ad- 
huc  super  arbores  existerent^  post  quam  absorta  in  fluuium 
fìierant  comprobata  in  sui  apparitìone  apparebant  esse  uana 
et  uacua,  nil  aliud  con  |  tinere  nisi  abominabilem  {{4^. 
feditatem. 

109.  Quadam  die  quedam  sancta  domina  Marina  nomine 
socia  Giare  a  pueritia  usque  ad  obitum^  super  gratia  etuir- 
tute  sacramenti  altaris  et  ipsa  Clara  inuicem  conferebant. 
Cui  domina  Clara  dixit.  Credis  tu  quod  sit  in  consacrata  hostia 
corpus  Xpi?  Atilla  respondit.  Credo.  Clara  dixit.  Et  ego  credo. 
Tempus  ftiit  in  quo  ego  hunc  hec  tantum  per  iSdem  crediti^  sed 
nunc  et  uisione.  Marina  dixit.  Quomodo  Clara?  Que  respondit. 
In  quadam  uisione  mihi  dominus  reuelauit  quomodo  panis 
et  uini  substantiatur  in  corpus  et  sanguinem  Xpi,  et  quo- 
modo omnes  hostie  mundi  a  diuersis  presbiteris  uno  alij  nul- 
lum  impedimentum  prestante  in  ictu  oculi  possunt  confici 
corpus  Xpi.  Hec  enim  per  reuelationem  diuinam  sicut  etiam 
alias  dixit  habuerat  quadam  die  dum  missam  in  oratorio  au- 
diebat.  Modos  predictos  et  quomodo  Xs  in  qualibet  hostia  con- 
secrata  et  in  qualibet  parte  diuise  hostie  est  totus,  Clara  per 
uerba  altissima  retulit.  Sed  Marina  intellìgere  et  quedam  que 
intellexerat  in  memoriam  tenere  nequiuit. 

no.  lohanna  tunc  sepe  fati  monasteri)  monialis  et  abbatissa 

per  (sic)  transitum  Clare  sancte  infirmitatem  tisicam  patieba- 
tur  sic  grauem,  quod  pulmonem  mixtum  sanguini  expuebat 
et  nimia  debilitate  corporis  adgrauata  per  quatuor  medicos 
de  sollemprionibus  |  ducatus  erat  totaliter  deffi-  (  f.  44. 
data,  ita  quod  uirtutem  naturalem  perdiderat  et  medicine 
subsìdio,  mortem  euadere  non  ualebat.  Clara  uero  per  alias 
dominas  monasteri)  exorata  ut  prò  salute  lohanne  rogaret 
dominum  dixit  eis:  sola  utilitas  quam  sentio  de  lohanna  mo- 
nasterio  prouenturam  me  afficit  erga  eam  et  cognosco  quod 
uirtute  orationis  potest  solummodo  adiuuari.  Et  ideo  ore- 
mus prò  ea  dominum  ut  ipsam  liberet  ab  ista  infirmitate 
tam  gravi.  Et  post  modicum  temporis  spatium  lohanna  pre- 
dieta  Clare  ex  orationibus  extitit  liberata. 


212  BirCHELB  FALOCl  PUtlGNAKl 

m.  Cum  quadam  die  Qara  super  suis  defecdbus  et  ingra* 
titudine  cogitans  ploraret  in  cella  et  sibi  ipsi  multum  uilis 
et  pessima  uideretur^  cum  dolorìs  ipsius  amaritudine  iuit  ad 
oratorìum  diuinum  officium  auditura.  Et  dum  missa  in  ora- 
torio dicebatur  Qara  spiritualiter  eleuata  uidit  dommum  in 
se  et  se  in  domino  uelut  in  speculo  et  se  domino  uidebat 
unitam  inenarabili  unione.  Erat  enim  mirabilis  illa  unio  qua 
ipsa  Clara  sic  se  Deo  uidebat  unitam  quod  vix  poterat  se 
ipsam  cognoscere^  et  sic  erat  in  Deo  reposita  quod  ipsa  honor 
uel  uituperium  non  tangebat.  Sed  quamuis  se  totam  uide- 
ret  in  Deum  absortam  et  Deum  uideret  etiam  in  se  ipsam^ 
perfectione  ipsa  tamen  sibi  ipsi  uidebatur  quodam  modo 
quasi  nihil  respectu  infinitatis  diuine^  ymmo  ut  secundum 
aliquam  similitudinem  exprìmatur^  uidebatur  quasi  esset 
unum  beccerium    |    in  medio  maris  mersum  plenum  (  f.  ^* 

112,  acqua  et  infra  ipsam  aquam  absortum.  Q  Quando  dum 
per  sancte  romane  ecclesie  cardinales  aut  prelatos  alios  per- 
sonas  alias  honorabiles  ipsi  dare  recommendationum  litere^ 
elemosine  aut  ensema  mictebantur  (')  aut  nona  aliqua  leta 
uel  trìstia  occurrebant^  Clara  ex  aliquo  accidenti  nuUam  exhi- 
larationem  aut  turbationem  monstrabat  nec  in   aliquo   mu- 

113.  tabatur.  Q  Cappellanus  illius  monasteri)  ordine  fratrum  mi* 
norum  (^)  quodam  die  Claram  reprehendit  super  eo  quod  sibi 
fuerat  nuntiatum  secreto  aliquid  reprehensibile  fuisse  in  ipso 
monasterio  perpetratum.  Clara  nero  in  aliquo  non  turbata^ 
dixit  ei.  Quis  talia  nerba  dixit?  Cappellanus  respondit:  hoc 
nolo  dicere  quoniam  ille  qui  mihi  retulit^  imposuit  prò  secreto. 
Clara  dixit.  Post  quam  uos  mihi  non  uultis  dicere  ego  uo* 
bis  dicam.  Nouerat  enim  sibi  diuino  reuelante  (')•  Et  dixit. 


(1)  Fri  questi  doni,  il  più  volte  citato  processo,  nomina  dei  fiorini  di  oro  che  il 
cardinale  Giacomo  Colonna  mandò  alla  santa  per  mezzo  di  Tommaso  canonico  di  Gain 
bio  :  anche  yi  si  legge  che  vescovi  e  cardinali,  fra  i  quali  V  Ostiense,  che  era  stato  ve- 
scovo di  Spoleto,  le  mandavano  elemosine,  la  regalavano  di  doni,  le  scrivevano  lettere 
(Proc.  1318,  fol.  46,*  80,  i6a  ). 

(2)  In  margine:  Frater  minor  Cappellanut,  Questi  si  chiamava  frater  Ioannet 
de  Fulg'ineo  (Proc.  1318,  fol.  375). 

(3)  Probabilmente  manca  tpiritu. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA   MOKTEFALCO  213 

Si  cogitatum  fuisset  malum  huiusmodi^  Deus  potuisset  fir- 
miter  reuelare.  Sed  dictum  diabolus  (').  Sed  quoniam  nec  fuit 
cogitatum  nec  dictum  non  fìiit  Deus  qui  reuelauit^  quo- 
niam dominus  non  mentitur,  nec  fuit  diabolus  per  se^  sed 
fiiit  homo  qui  dixit  suggestionem  illius.  Et  in  continenti 
Clara  hominem  illum  qui  capellano  illa  falsa  dixerat  exprì- 
mens  nominatim  adiunxit.  Si  mali  hujus  infamia  me  so- 
lam  tangeret  non  me  excusarem^  quoniam  infamia  non  cu- 
rarem,  sed  quia  monasterium  totum  tangit,  excuso  et  dico 

114.  imposita  falsa  esse  (').  Q  Quando  etiam  ipsa  Clara  dicebat: 
o  quot  sunt  qui  contra  me  mac  |  hiijiantur.  Tem-  (  f.  45, 
pus  fuit  in  quo  turbabar  in  tribulatione  et  uerecundia: 
tempus  in  quo  turbabar  in  honore  et  prosperis ,  modo  au- 
tem  nec  de  uno  nec  de  alio  curo  quidquid. 

115.  Dominus  Thomas  canonicus  eugubinus  interrogauit  eam 
dicens.  Qara  quomodo  dominus  ad  Moisen  dississe  legitur: 
posteriora  mea  uidebis,  faciem  autem  meam  uidere  non  po- 
terìs^  cum  tamen  frequenter  sanctis  personis  in  hac  ulta 
apparuisse  legatur?  Qara  respondit.  Quicquid  in  hac  ulta 
de  Deo  uidetur,  Dei  tantum  posteriora  dicuntur  ostendi  non 
quia  in  Deo  proprie  sit  anterius  uel  posterìus,  sed  per  quam- 
dam  similitudinem  quodam  modo  loquitur^  quoniam  ea 
que  in  hac  ulta  de  Deo  uidentur^  posteriora  dicuntur^  uiderì 
respectu  eorum  que  in  gloria  uidebuntur.  Circa  tempus  trien- 
num  ante  suum  obitum  Clara  acquisito  breuiario  ordinauit 
quod  continue  in  ipso  monastério  secundum  consuetudinem 
romane  ecclesie  diuinum  officium  diceretur.  Et  a  se  ipsa  in- 
cipiens  officium  deuote  dicebat^  alias  dominas  legere  et  offi- 
cium dicere  edocebat.  Quam  scientiam  dicitur  habuisse   a 


(i)  Qui  pare  manca  qualche  parola  :  fra  Antonio  (pag.  155  )  traduce  :  e  se 
questo  male  fotte  ttato  detto,  P  avrebbe  potuto  rivelare  il  diavolo  .  .  . 

(2)  Fra  Giovanni  da  Foligno,  cappellano  del  Monastero,  e  che  veniva  chiamato 
il  continente,  riferi  alla  Santa,  che  per  Montcfalco  si  andava  spargendo  la  voce  chele 
Monache  del  suo  Monastero  avevano  cantato  e  ballato  con  secolari,  con  molto  scandalo 
dei  buoni.  La  quale  falsa  voce,  la  ^anta  giustamente  sdegnata  chiamò  infamia.  Cosi 
si  legge  oeUa  vita  del  Piergili. 


214  MICHELE  FALOCI  PULIGKAKI 

Deo  infìisam  potius  quam  per  exercitium^  lectìonis^  quia 
quamuis  tempore  puerìde  vu.  psalmos  et  unam  lectìo- 
nem  matutìni  et  non  plus  didicisse  dicatur^  non  ob  hoc  tar 
men  ex  humano  ingenio  officium  scire  potuit^  et  à  sciuisset 
propter  diutumitatem  temporìs  oblìuìoni  tradere  debuisset. 
Maxime  quoniam  libri  in  quibus  officium  legeret  usque 
ad  hoc  tempus  in  ipso  monasterìo  non  fuerunt.  Et  inspirata 
diuinitus  I  Gare  scientìa  a  quocumque  perito  (  f.  45» 
fiicile  poterat  deprehendi  quoniam  cum  Qara  alias  nec 
libros  legisset  nec  scientias  didicisset  lectoribus  et  predicato- 
ribus  in  theologia  de  quibuscunque  dubijs  et  profundis 
questionibus  sufficientissime  respondebat  (').  et  diuinum  of- 
ficium raro  librum  respiciens  a  dicto  tempore  in  antea  quam- 
uis non  didicerat^  ordinate  dicebat  et  dominas  edocebat. 
116.  Mulier  quedam  de  Monte  Falcone  Helena  nomine  filium 
paruulum  in  tribus  diebus  percutiebatur  XIIU  uicibus  infir- 
mitate  predicta  et  propter  infìrmitatis  illius  paxionem  frequen- 
tem  et  fortem  iam  habebat  oculos  reuolutos  a  qua  etiam  infìr- 
mitate  nullo  modo  poterat  liberar!^  sed  erat  morti  (proximus) 
iudicio  medicorum.  Mater  autem  et  avia  pueri  ipsum  reco- 
mendauerunt  devote  monasteri)  dominabus.  Et  paucis  die- 
bus postmodum  quadam  nocte^  Caterina  eiusdem  monasterij 
monialis  et  matertera  (')  pueri  supra  dicti  uidit  per  reuelatio- 
nem  quod  puer  in  monasterìo  intromìssus  erat.  Giare  uir- 
tute  et  orationibus  liberatus.  Quod  cum  matrì  sue  et  auie 
pueri  retulisset,  Clara  non  humana  sed    diuina   reuelatione 


(t)  Fra  questi  che  interrogaroao  li  Santa,  furono  Angelo  Tignosi  canonico  di 
san  Gto-  Laterano  poi  Vescovo  di  Orvieto,  don  Pietro  Colonna,  don  Bartolo  da  Spo- 
leto, fra  Giacomo  Bonzy,  fra  Pietro  da  Perugia  ed  altri  (Proc.  1318,  fol.  Si',  161  ecc.). 

(3)  Il  testo  dice  mater  tenera  e  fra  Antonio  traduce  parente  (pag.  159  ).  dubito 
quindi  se  si  debba  leggere  matertera,  se  pure  Berengario  non  abbia  dato  a  questo  pa- 
rola  altro  senso  da  quello  che  ha,  cioè  di  madrigna.  11  bambino  di  cui  qui  si  tratta, 
e  che,  come  si  legge  altrove  (  Proc.  1 518,  fol.  si8'  )  chiamavasi  Vannalut ,  t^^eti  un  anno, 
ed  era  figlio  Alivardi  de  Montefalcone,  Non  potea  aver  madrigna,  avendo  viva  la  ma» 
dre  sua,  chiamata  Eiena,  Un  pò  più  sotto  apparisce  che  Caterina  era  la  zia  del  barn* 
bino,  non  la  matertera. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MOKTEFALCO  :ìI5 

de  hoc  habens  notitiam,  ipsam  Caterinam  fortiter  reprehen- 
dit  dicens.  Vadis  tu  sommando  et  postea  refers  tua  somnia 
matri  tue,  Postmodum  uero  mater  et  auia  pueri  cum  fide 
quod  si  Clara  eum  tangeret  puer  esset  plenarie  libera^ 
tus  I  eum  ad  monasterium  detulerunt  et  Tomasiam  (f.  45.» 
et  Catarìnam  et  alias  dominas  que  sibi  loquebantur.  ad  era- 
tem  affectuose  rogauerunt^  ut  puerum  deferrent  ad  Claram 
quia  sperabant  eum  Giare  mentis  liberari.  Tomasia  uero 
pietate  commota,  quamuis  de  hoc  fortem  correctionem  spe- 
raret  eo  quod  non  esset  in  ilio  monasterio  usitatum  ali- 
quem  puerum  intromicti  accepit,  puerum  alijs  dominabus 
hoc  non  audentibus  actemptare.  Et  sibi  puerum  deferenti, 
quasi  in  ipso  celle  introitu  Clara  de  pueri  intromissione 
turbata  dixit.  Quid  est  hoc  quod  fecisti  ?  Tomasia  dixit 
Clara  mea,  prò  amore  Dei  non  maledicas  mihi,  quoniam 
miseria  et  pietas  me  commouìt  et  domina  Branchina  ma- 
gnam  fidem  habet,  et  puer  infirmitate  gravissima  crucia- 
tur.  Quibus  auditis  Clara  puerum  recipiens  decoloratum 
diu  respexit  in  facie,  et  compassione  commota  dixit:  o  domi- 
ne iam  habet  hoculos  reuolutos.  Et  deinde  leuauit  oculos 
uersus  celum  et  dixit.  Domine  qui  multitudinem  infirmita- 
tum  curasti,  rogo  ut  tibi  placeat  curare  istum  puerum  ab 
ista  infirmitate  tam  grauj.  Et  hijs  dictis  Clara  faciens  signum 
puerum  benedixit  et  quamdam  crucem  ligneam  sibi  do- 
nans  eum  Tomasie  redidit  et  remisit.  Et  in  illa  bora  dictus 
puerulus  precibus  Clare  sic  extitit  liberatus  quod  ex  tunc 
nec  dieta  infirmitas  nec  infirmitatis  |  illius  inditia  (  f.46. 
potuerunt  in  puero  deprehendi. 
117.  Margarita  prouintialis  existens  die  in  maiori  ecclesia 
spoletana,  quoniam  multa  que  sibi  mirabilia  uidebantur  de 
sanctitate  Clare  audiuerat,  super  hijs  cogitabat  nec  credebat 
ita  magna  et  ardua  sicut  dicebantur  de  Clara  a  plurìbus  esse 
uera.  Et  timens  credendo  uel  non  credendo  Deum  offendere, 
cum  uellet  suam  uoluntatem  Dei  beneplacito  coaptare  ro- 
gauit  ut  ei  dominus  ueritatem  ostendere  dignaretur.  Et  ecce 
eadem  Margarita  in  quadam  extasi  posita  et  raptu  spirituali 
absorta,'  uidit  quemdam  puerum  delicatissimum  omnem  spe- 


2l6  MICHELE  FALOa  PULIGKANI 

ciem  decorìs  mirabilis  transcendentem  et  in  conspectu  illius 
quedam  pulcerrìma  domina  existebat  que  erat  niue  candi- 
dior  et  maculam  nullam  habens.  De  predicto  autem  puero 
splendor  quidam  mirabilis  et  clarìtatìs  radij  emicabant  quod 
ignis  nel  solis  claritati  non  erant  similes^  sed  multo  amplius 
clarìores  mirabiliores^  et  tota  clarìtas  procedens  de  puero  in 
illam  dominam  recipiebatur  sic  integraliter^  quod  aliorsum 
se  non  diffunderet  sed  solum  ipsam  excessiue  claritate  mi- 
rabili illustraret.  Et  domina  illa  clarìtatem  difiiindebat  pre- 
dictam  in  dominas  monasteri)  sancte  Crucis  de  Monte  Fal- 
cone^ quasi  ab  ipsa  diffluerat  ad  easdem.  Margarita  |  (f.47. 
nero  in  ipsa  uisione  considerans  quenam  domina  illa 
esset  que  X.''  puero  sic  dilecta  tot  gratijs  totque  uirtutibus 
refulgebat^  audìuit  et  ueraciter  intellexit  hec  esse  Clara  ab- 
batissa  monasteri)  sancte  Crucis.  Et  Margarita  ad  se  reuersa 
nesciuit  tunc  uel  ex  post  facto  discemere  utrum  in  corpore 
uel  extra  corpus  predicta  uidisset  :  hoc  tamen  comperiit  quod 
se  erectam  in  pedibus  reperit  et  rìgidam  sic  effectam  quod 
etiam  (')  columpna  erecta.  In  qua  ubione  certificata  extitit 
Margarita  predicta  Gare  uirginis  supradicte^  et  ex  tunc  ma- 
lora de  ea  credidit^  et  prò  certo  habuit  que  a  gentibus  di«- 
ceretur  (sic). 

118.  a  Eidem  etiam  Margarite  plurìes  fuit  a  domino  reuelatiun 
quod  Qara  uirgo  predicta  paxionis  Xpi  insignia  habebat  in 
corde.  Sed  ipsa  Margarita  ipsam  reuelationem  intelligebat 
de  mentali  consideratione  quod  scilicet  Clara  haberet  in  corde 
memoriam  passionis.  Et  ideo  Margarita  nemini  retulit  uisio- 
nem  donec  audiuit  post  Clare  obitum  crucis  et  paxionis  insi- 
gna  in  corde  Qare  fuisse  reperta. 

ng.  lohanna  leprosa  et  reclusa  sancti  Bartholomei  de 
Monte  Luco  in  quodam  sui  raptu  uidit  omnes  dominas  mo- 
nasteri) sante  Crucis  eleuatas  quasi  per  duorum  brachiorum 
altitudinem  supra  terram  et  Clara  stabat  eleuata  adhuc    al- 


(1)  Forte:  quasi  ettct. 


VITA   DI  SANTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  ±1') 

tius  super  eas^  in  qua  uisione  lohanecta  predicta  cognouit 
quod  Clara  in  se  sanctitatem  |  habebat  et  dominas  (  f  47». 
monasterìj  ad  Dei  seruitium  actrahebat.  xxi. 

120.  Uirgo  quedam  purissima  de  ciuitate  Spoleti  sanctitate 
uite  et  diuinis  reuelationibus  usitata^  uidit  reuelatione  diuina 
unam  magnam  societatem  iuuenum  decoris  mirabilis^  franco- 
rum  consuetudine  indutorum^  qui  bino  ordine  incedebant  et 
aliam  societatem  religiosarum  uirginum  eodem  ordine  sub- 
sequentem.  Et  tunc  predicta  in  uisione  hac  admirata  appro- 
pinquauit  cuidam  ex  illis  uirginibus  interrogans  quid  hoc  es- 
set.  Et  ìlla  respondit.  Nos  sumus  fili)  et  filie  sancte  Giare  de 
Monte  Falcone.  Et  tunc  illa  oculos  suos  leuans  uidit  post  uir- 
ginas  predictas  camelos  sequentes^  quibus  concha  quadam 
seu  peluis  aurea  et  maxima  superstabat.  In  cuius  medio  co- 
lumpna  quedam  pulcerrìma  apparebat  erecta  et  in  summi- 
tate  alia  concha  erat  mirabiiis  minor  tamen  quam  persona. 
Et  in  iilius  conche  medio  columpna  alia  in  inferioris  oppo- 
situm  stabat  recta  in  sui  summitate  aliam  concham  habens 
adhuc  columpnam  tertiam  erectam  desuper  substinentem.  Et 
in  predictis  peluibus  sine  conchis  undique  flores  et  lilia  co- 
lorìs  aurei  et  fulgentis  de  quibus  miri  odores  et  fragrantia 
emanabat.  Verum  illi  flores  seu  lUia  tanto  maiorem  pulcri- 
tudinem  |  et  fulgorem  habebant  quanto  conchis  altio-  (  f.  48. 
ribus  iungebantur.  In  columpne  autem  tertie  summitate  sta- 
bat beata  Clara  predicta  in  decore  mirabili  et  fulgore.  Que 
in  ilio  uirtutum  sublimium  trono  sedens^  dixit  uirginibus 
supradictis.  Hec  est  filia  mea.  Et  iussit  statim  dictam  uirgi- 
nem  hec  uidentem  per  illas  uirgines  ad    se   adduci.   Quam 

'  ^bi  datam  deobsculans  et  amplectens^  in  tantum  consola- 
tone dulcedine  et  odore  repleuit^  quod  exuberantiam  iilius 
gaudi)  naturalis  potentia  non  poterat  substinere.  In  qua  re- 
uelatione dieta  uirgo  pienissime  intellexit  quod  Clara' uirtu- 
tes  uirtutumque  ornatus  et  perfectiones  haberet  ac  gradus 
earum  uirtuosis  gressibus  conscendisset.  xxiL 

121.  Abbatissa  monasterìj  sancti  lohannis  de  Colle  consilij 
dum  quadam  die  super  Clare  sanctitate  de  qua  multa  dici 
audiuerat  cogitaret^  uidit  in  spiritu  quoddam  torticeum  cer- 


Ìl8  MICHELE  FALOCI  PULlGNANl 

rum  et  accensum  pulcrum  nimis  et  tante  magnitudinis, 
quod  non  uidebatur  per  unum  hominem  ambobus  brachijs 
posse  amplecti.  lUud  autem  torticeum  ardentem  flammam 
habebat  maximam  et  ascendebat  directissime  uersus  celum. 
Cumque  ad  celi  introitum  propinquasset  triade  se  eduxit  capita 
et  tres  flammas.  Et  cum  ad  Trinitatis  presentìam  cursu  ue- 
locissimo  ascendisset  Xpus  Dei  filius  |  in  carne  hu-  (  f.  4^». 
mane  existens  ipsum  torticeum  facie  exhilarata  recepit  et 
conversus  ad  Paulam  que  predicta  uidebat  dixit.  Istud  en- 
semum  Clara  de  Monte  Falcone  transmisit.  Ego  ipsum  reci- 
pio  cum  amore,  xxiij. 

122.  In  anno  quo  Clara  de  hoc  mundo  transiuit  quidam  bone 
actionis  uir  di  Spoleto  interrogauit  Claram  dicens.  Clara  quo- 
modo  stat?  Que  respondit:  licentiam  a  Deo  habeo  tibi  reue- 
landi  que  dicam.  Et  dixit.  Omnia  mihi  sunt  ad  equalitatem 
reducta^  itaque  anima  mea  ex  aliquo  facto  extrinseco  nuUam 
mutationem  admictit.  Si  quis-me  in  flumen  proiiceret^  uel 
aliam  ofFensam  inferret^  tam  uilem  me  sentio  quod  propter 
conscientiam  quam  haberem  non  possem  dicere  quod  me 
dimicteret  aut  iniuriam  non  inferret.  Et  si  mihi  fieret  totum 
mundi  uituperium  uel  etiam  totus  honor,  mutationem  ali- 
quam  non  haberem^  immo  etiam  si  essem  cum  angelis  uel 
cum  sanctis,  non  ob  hoc  mutationem  haberem,  cum  habeam 
uisionem  ìllius  a  quo  sancti  et  angeli  consolationem  acci* 
piunt  et  quietem. 

123.  Interrogata  etiam,  ut  prefatus  uir  asseruit,  ab  eodem  si 
ipsa  Clara  a  Deo  petebat  aliquid  quod  sibi  dominus  non  fa- 
ceret  sic  respondit.  Quicquid  peto,  dominus  mihi  fecit.  Deus 
tamen  sic  meam  disposuit  uoluntatem,  quod  nihil  uolo  quod 
domino  displiceret. 

124.  a  Semel  interrogata  a  quodam  religioso  quomodo  est 
possibile  anime  uoluntatem  implere,  respondit.  Quid  est  no- 
stra modicitas  respectu  infinitatis  diuine  ?     \  (f.  49. 

125.  Minus  anno  ante  Clare  uìte  transitum  temporis,  ipsa  in 
nocte  profunda  orante  in  cella,  diabolus  quidam  maximus  in 
statura  post  se  ducens  plurimos  alios  demones  se  minores 
ter  successive  omnia  hostia  monasteri)  circuiuit  ipsa  Clara  ui- 


VITA   DI   SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  219 

dente.  Cumque  post  fortes  conatus  et  plurimum  fatigatus 
nuUum  de  hostijs  monasteri)  potuisset  intrare  uenit  ad  hostium 
celle  Qare  per  quam  ibatur  ad  claustrum,  et  iratus^  ut  uerbis  eis 
utamur  ad  literam,  dixit.  Clare^  tu  mihi  totum  hoc  fecisti  quod 
intrare  non  possum,  sed  ego  tibi  ordiar  talem  telam  quod 
habebis  satisfacere  tu  et  qui  prò  te  erunt.  Et  tunc  diabolus 
cum  predìctis  suis  sequentibus  ab  inde  recedens  ad  quem- 
dam  alium  locum  religionis^  Clara  uidedte  accessit,  ubi  die 
sequentì  et  frequenter  in  antea  fuerunt  contra  Claram  et 
eius  monasteriuni  plura  illicite  machinata. 

Et  postmodum  per  dies  aliquos  cum  Clara  suo  capellano 
retulisset  uisionem  predictam ,  capellanus  dixit.  Tua  uisio 
fuit  uera.  Nam  me  presente  talia,  que  capellanus  expressit , 
fuerunt  contra  te  et  tuum  monasterium  ordinata:  ego  tamen 
ea  ut  potui  impediuj. 
126.  Quidam  frater  de  Meuanea  ordinis  minorum  (')  ueniens 
quadam  die  ad  monasterium  Inter  alia  dixit  Clare.  Quid  est 
hoc  Clara  ?  Ego  quandam  personam  reperii  que  in  tanta  pace 
et  quieti  consistit  quod  ex  facto  aliquo  non  turbatur.  Clara 
dixit.  Si  illa  persona  de  |  qua  tu  loqueris  peccatum  (f.  49». 
commicti  et  Deum  ofiFendi  uideret  numquid  ex  facto  huiu- 
smodi  turbaretur?  Dictus  frater  respondit.  In  nullo  moue- 
retur.  Clara  dixit.  Non  potest  dici  quod  illa  persona  in  se 
pacem  habeat  uel  quietem,  immo  est  mortua  spiritualiter  et 
non  uiuit,  quoniam  sicut  corpus  quod  est  mortum  nihil 
sentita  ita  anima  que  non  sentit,  et  non  mouetur  ac  turba- 
tur  quando  Deus  oflfenditur  est  mortua  spiritualiter  nec  po- 
test dici  quod  pacem  habeat  uel  quietem.  Et  ad  hec  Clara 
adiecit.  Proba  modo  super  illam  personam  quam  sta  tu  m 
tantum  se  putat  habere^  et  da  ipsi  unam  alapam  in  maxilla^ 
aut  cum  lapide  unum  ictum^  et  tunc  uidebis  quod  nec  habet 


(1)  Io  margine.*  Frater  Minor,  Questi,   come   si  ricava  dal  processo  del   1318 
(  fol.  178,  348  ),  si-  ctiiamfiya  Frater  Ioannutius, 


220  MICHELE  FALOCI  PULIGNANl 

pacem   nec  patientiam  quoniam   nec   spiritum  Dei  habet. 
Quod  si  forte  non  vis  personam  illam  percutere,  saltem  eam 
interroga  an  turbaretnr  si  quis  eam  percuteret^  et  tunc  ui- 
debis  quid  dicet.  Frater  iile  dixit.   Modo   ista  intelligo^  sed 
numquam  alias  intellexi  :  et  de  responsione  Qare  se  conten- 
tum  ostendens  abscessit.  Et  post  recessum  illius  Clara  cepit  in 
animo  suspicari  quod   idem   frater  fuisset   de   se   locutus. 
Et  suspitionem  concipiens  contra  eum   quod   mentem   ha* 
beret  corruptam  et  esset  de  heresi  secte   spiritus   libertatis^ 
dixit  aliquibus  dominabus.  Timeo  quod  iste  sit  de  isto  spirita 
libertatis   errato.    Et   compatiebatur  sibi  quamplurimum  ac 
etiam  uerba  et  signa  displicentie  ostendebat  eo  quod   diu- 
tius    I    eidem  fratri  non  fuerat  coUocuta  et  ad  hoc  (  f.  50. 
27.  subtilius   non   inuestigauerat  quid  sentiret.  Q    Postmodum 
uero  dictus  frater  ad  monasterium  redijt   et   Qara  propter 
suspictiones  quas  conceperat^  fortius  contra  eum   zelo   fidei 
orthodoxe  accensa  cepit  loqui  eum  magno   femore   spiritus 
de  perfectione  anime  et  de  statu  ipsius  ad  Deum^  uerba  sua 
continuans  illis  super  quibus  fuerant  antea  collocuti.  Et  am- 
bobus  inuicem  conferentibus^  Qara  coUoquium  ampliabat  ut 
per  uerba  illius  saltem  per  aliqua  inditia  posset  cognoscere^ 
an  dictus  frater  in  heresim  esset  lapsus.  Et  durante  colloquio 
frater  predictus  dixit.  Clara  ego  fili  per  annos  m.  in   qua- 
dam  pace  maxima  et  quiete,  quod  ex  facto  aliquo   turba- 
tionem  uel  mutationem  aliquam  non  accepi,  et  fuit  mihi 
datus  post  ea  quidam  status  quod  me  in  tanta   perfectione 
uidebam  et  cognoscebam  dominum  in  omnibus  et  continue 
delectabar  in  eo.  Clara  autem  intelligens  quod  frater  ille  in 
sicuro  stare  credebat  dixit  illi.  Caue  cane  frater,  quoniam  tu 
credis  stare  in  alto,  sed  caueas  de  descensu,  et  quomodo  de- 
scendes.  Qui  respondit  Faciat  Deus  ascensum  suum,  quo- 
niam non  curo  siue  auferat  siue  donet.  Et   tunc  Qara  ma- 
gnam  supitionem  habuit  contra  eum,  tamen  adhuc   noluit 
indicare.  Nam  ymaginata  est  sicut  postea  retulit  dominabus 
quod  posset  aliqua  anima  tante  humilitatis   existere   quod 
non  turbaretur  si  Deus  auferret    |    sibi  gratias  quas   (  f  50'. 
consueuisset  habere  eo  quod  Dei  benefitij  uideret  et  cogno- 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  22  X 

sceret  se  indignam,  Verum  quoniam  dicto  frani  uidebatur 
quod  Gara  sibi  non  crederei  in  predictis  adiunxit.  Or  uide 
Qara  si  homo  aliquis  in  aiiqua  domo  esset  in  qua  domo 
lumen  quoddam  existeret  et  nihil  alium  preter  lumen^  homo 
iile  nil  posset  uidere  aliud  preter  lumen  cum  nil  aliud  esset 
ibi.  Clara  dixit.  Fateor  quod  aliquando  anima  est  sic  Deo  con- 
iuncta  et  eleuata  et  absorta  in  Deum  quod  in  ilio  puncto 
non  uidit  nec  sentit  aliud  nisi  Deum.  Sed  in  hoc  mundo 
non  potest  durare  continue^  quoniam  persone  que  statum 
et  gratiam  istam  habent^  modico  tempore  in  hoc  statu  con- 
sistunt  et  cito  redeunt  ad  se  ipsas.  Et  post  quam  ad  se 
redierunt^  statim  anima  talis  cuiuscumque  persone  timori 
subiacet^  et  debet  etiam  de  se  ipsa  timere.  Et  hijs  dictis  fra- 
ter  predictus  recessit.  Et  post  recessum  illius^  Clara  nerba 
illius  fratris  considerans  et  timens  quod  in  heresim  esset 
lapsus^  dixit  quibusdam  monasteri)  monialibus  que  ibi  tunc 
presentialiter  secum  erant.  Ego  piene  non  possum  cogno- 
scere  an  iste  frater  in  errorem  sit  lapsus,  Ipse  enim  dixit 
aliquando  nerba  bona  et  sancta^  et  interdum  in  suis  locutio- 
nìbus  nerba  alia  interposuit  que  uidentur  suspecta  etiam  de 
iste  spirìtu  maledìcto^  et  post  modum  si  quid  suspectum 
dixerit  recoperit  et  palliat  nerba  sua.  linde  nec  eum 
possum  tenere  infirmo.  (*)  Verum  quoniam  ipsum  suspec- 
tum habeo  uehementer^  quamuis  nondum  piene  possim 
discemere  |  casum  eius^uos  tamen  ut  in  sicuro  possi- (  f.  51. 
tis  exitis  (sic)  existere  ab  eius  locutionibus  abstinete  et  uos 
128.  ab  eo  tamquam  ab  uno  pessimo  homine  custodite.  Q  Et 
post  modum  cum  Clara  infirmata  fuisset  infirmitate  qua  de 
mundo  transiuit^  uenit  predictus  frater  ad  monasterium  a 
suo  superiore  transmissus  ut  Qare  confexionem  audiret.  (')  Et 


(i)  Ab»  posMO  tenere  le  tue  ^enten^e  ferme,  n  legge  nella  versione,  pag.  171. 

(3)  Qui  fra  Clemente  possessore  del  codice,  che  scrupolosamente  avea  notato  nel 
margine  tutte  le  menzioni  che  tì  sono  dei  frati  minori  ai  quali    egli   appartenne  ed  ai 
quali  ritencTa  appartenesse  santa  Chiara,  scrìsse  .*  Nota  hoc  quia  ostendit   ordinem 
b.  dare. 


222  MICHELE  FALOCl  PULIGKAKI 

quamuis  idem  frater  nondum  hereticus  ab  aliquo  diceretur^ 
quoniam  tamen  Clara  contra  eum  ut  dictum  est,  inceperat 
suspicari  in  ipsa  confexione  Clara  predictam  resumpsit  ma- 
teriam  et  ea  que  ipsi  alias  dixerat,  adhuc  denuo  quamuis 
infirmitate  grauata  in  feruore  spiritus  asserebat.  Cui  frater 
dixit.  Clara  ego  fateor  me  credere  ut  tu  credis.  Clara  dixit. 
Ista  est  mea  credulitas  atque  fìdes  quod  quelibet  anima 
que  diu  in  hoc  seculo  cum  corpore  suo  uiuit  Deum  potest 
offendere,  et  offenderet  si  Deus  eam  dimicteret  sibi  ipsi.  Et 
ideo  quanto  maior  est ,  tanto  debet  timere  amplius  et 
cauere  ne  cadat.  Et  post  recessum  fratris  illius,  Clara  retu- 
lit  dominabus  prescripta  et  alia  que  dieta  fuerant  inter  eos, 
quamuis  ipse  domine  plura  nequierint  retìnere. 

129.  In  eadem  infirmitate  Clara  .x.  diebus  quasi  contìnue  mira- 
biles  (uisiones)  habuit  et  sequentibus  ipsos  .x.  plures  de  supra- 
scriptis  visionibus  retroactis  a  domino  sibi  factis  seriose  retulit 
sui  monasteri)  dominabus.  Quod  non  sine  ordinatione  diuina 
creditur  esse  factum,  ne  tante  gratie  facte  a  Deo  uirgini  supra- 
dicte  remanerent  |  occulte  presertim  quoniam  sanitatis  (f.  51.» 
uel  infirmitatum  etiam  aliarum  temporibus  talia  referre  non 
consueuerat  nisi  forte  aliqua  et  illa  rarissimo  et  truncatim 
et  in  accusationem  sue  uilitatis  et  ingratitudinis,  atque  con- 
cludebat,  uel  quando  in  quantum  ad  instructionem  et 
custodiam  dominarum  sui  monasteri)  faciebat.  Ex  quarum 
eleuationum  attitudine  quia  Clare  corpori  naturalem  po- 
tentiam  auferebant,  medici  et  domine  monasteri)  time- 
bant  in  huiusmodi  raptibus  Claram  mori,  cum  alias  for- 
titudo  infirmitatis  illius  et  qualitas  mortalis  non  esset,  imo 
erat  debilitata  infirmitas  et  digesta  ma  (sic)  sicut  medici  asse- 
rebant.  Ad  predictarum  autem  eleuationum  diffugium,  fe- 
cerunt  medici  fieri  quemdam  lectum  portatilem  cum  quo  possit 
Clara  per  monasterium  circumferri.  Et  quando  domine  uo- 
lebant  ponere  eam  super  illum,  Clara  facie  exilarata  dixit: 
lectum  istum  cito  rehabebitis  quia  ego  modico  tempore  hic 

130.  morabor.  Q  Altera  autem  die  eleuata  in  Deum  dominabus 
que  sibi  aderant  dixit.  O  quot  gentes?  eiciatis  eas:  miror  quod 
hic  potestis  morari.  Et  tunc  quedam  domina  interrogauit  eam 


VITA   DI  SANTA   CHIARA   DA  MONTEFALCO  223 

dicens.  Habes  timorem  Clara?  Que  respondit.  Ego  nullum  ti- 
morem  habeo,  quoniam  crucem  domini  Yhi  Xpi  crucifixi  in 
corde  meo  porto.  Et  tunc  lohanna  manu  fecit  crucis  signacu- 
lum  super  eam.  Cui  Clara  dixit.  Soror,  quare  me  signas?  Ego 
exteriori  cruce  non  egeo^  |  quoniam  crucem  domini  mei  (  f.  52. 
Yhu  Xpi  crucifixi  impressam  habeam  cordi  .meo.  Et  hec 
uerba  frequentius  iterauit. 
131.  In  festo  autem  sancti  Laurentij  Clara  exilarata  plurimum 

facie  membra  sua  que  antea  per  plures  dies  mouere  nequi- 
uerat^  cepit  ducere  et  mouere.  Et  in  eleuatione  spiritus, 
sanctorum  societates  sibi  astantes  inspiciens  ac  sui  uoca- 
tionem  ad  paradisum  agnoscens  sicut  ex  eius  sermonibus 
poterat  deprehendi  ait,  Dicite  sancte  Marie  quod  accipiat 
animam  meam.  Et  ad  dominas  conuersa  dixit.  Exultemus 
omnes  in  domino  et  cantemes  Te  Deum  laudamus  quo- 
niam dominus  meus  Yhs  Xpus  ducere  me  uult  secum.  Omnis 
enim  uita  eterna  et  celestis  societas  prò  mea  receptione  se 
parat,  et  ego  totum  mundum  uellem  ad  istas  nuptias  inui- 
tare.  Loquebatur  etiam  uerba  aliqua  quasi  sanctis  persona- 
liter  loqueretur  inter  alia  dicens.  O  fraternitas  ulte  eterne  !  Et 
deinde  ad  dominas  conuersa  ait.  Ego  hic  non  possum  am- 
plius  permanere.  Uos  quid  facitis?  Ecce  uita  eterna  prò  mea 
receptione  paratur  quia  me  uult^  et  sanctus  Franciscus  (')  et 
omnes  sancti  ad  ducendum  me  secum  ueniunt^  quia  dominus 
meus  Yhs  Xpus  me  uult.  Et  posta  liquod  temporis  spatium 
ejusdem  diei  in  spirituali  eleuatione  dicebat.  Video  Dei  iu- 
stitiam  in  omnibus  exerceri  et  uideo  quod  omnia  creata 
sunt  bona^  et  nihil  malum  nisi  unum.  Et  tunc  quedam  de 
dominabus  monasteri]  |  interrogauit  eam  dicens.  Sum  (  f.  52.» 
ego  id  malum  Clara  ?  Clara  autem  illi  domine  non  respondit 
sed  uerba  ista  que  prius  dixerat  in  tanto  resumens  dixit. 
Video  omnia  que  sunt  bona  et  nihil  malum  est  nisi  unum. 


(1)  Qaeste  parole  sono  sottosegnate  nel  codice,  e  io  margine  si  legge.-  Nòta  prò 
ordine  Minorum,  Per  altro  se  il  buon  postillatore  francescano  avesse  letta  la  relazione 
dei  tre  cardinali,  citata  di  sopra,  avrebbe  letto  che  la  Santa  in  fìn  di  vita  diceva  ancora: 
Ecce  domina  mea  cum  virgtnibus,  ecce  Apostoli,  ecce  sanctus  Augustinus  et  omnes 
sancti,  eie.  (  Positio  super  virtutìbus.  Il,  251. 


224  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

quod  est  peccatum.  Verum  quia  Qara  in  eleuatìone  huiu- 
smodi  ex  membrorum  motibus  pati  uidebatur  doiorem,  lohan- 
na  parare  (iussit)  unguenta  quedam  prò  remedio  dolorìs  yliaci 
quem  Clara  alias  quando  habuerat.  Cui  Clara  dixit.  Tolle 
bta.  An  putas  quod  dolores  de  fianco  meo  sentiam?  Soror 
non  existens  (i)  me  sentire  dolores.  Et  cum  paululum  sic  ste- 
tisset  uertit  se  ad  latus  alterum  et  quasi  demonibus  presen- 
tibus  loqueretur,  audacter  tamen  et  cum  magno  feruore  eos 
increpando  dicebat.  Creatura  maledicta  tuum  dare  uel  tuum 
recipere  ego  nolo.  Et  addebat  dicens.  Dicis  quod  mihi  dare 
iiolebas.  Tolle  te  bine  creatura  maledicta.  V.«  milia  anno- 
rum  sunt  et  amplius  quod  fuisti  maledictus  a  Deo^  et  ego 
te  etiam  maledico:  et  ad  dominas  conuersa  dixit.  Dicebat  quod 
mihi  dare  uolebat:  suum  dare  uel  suum  recipere  ego  nolo. 
Dominabas  autem  que  ibi  aderant  intelligentibus  quod  Qara 
cum  diabulo  contemptebat^  una  ex  eis  quamuis  Clara  cum  secu- 
ritate  maxima  loqueretur^  interrogauit  eam  dicens:  habes  timo- 
rem  Clara?  Que  respondit.  NuUum.  Et  adiunxit:  de  quo  timerem 
ego  cum  habeam  crucem  domini  meiYhuXpi  crucifixi  in- 
tus  in  corde  meo?  Et  tunc  quedam  de  |  dominabus  (  f.  53. 
que  ibi  aderant  uoluit  eam  manu  eleuata  signare.  Cui  Clara 
dixit.  Quare  me  signas?  Num  quid  non  dixi  uobis  quoniam 
ego  crucem  domini  nostri  Yhu  Xpi  habeo  intus  in  corde  meo? 
Et  paulo  post  fecit  dominas  cellam  in  qua  iacebat  exire^ 
lohanna  tamen  cuius  presentia  non  uitabat  etiam  in  quibus- 
cumque  gratijs  quas  sibi  dominus  faciebat  ibidem  remanente 
cum  ea.  Et  cepit  dulci  noce  mediocri  cantare.  Amor  mi 
Yhu  X^.  qui  me  aspicis^  tantum  animam  meam  tuo  aspectu 
purissimo^  actraxisti  quod  amplius  continere  non  potest  quin 
ueuiat  ad  te.  Et  post  modum  ad  lohannam  predictam  que 
in  cella  remanserat  se  conuertens^  faci  e  leta  dixit.  Obuiauit 
anima  mea  dilecto  meo  fidelissimo  Yhu  Xpo  qui  mihi  etiam 
dixit  quod  ueniam  ad  eum.  Ex  cuius  uerbo  anima  mea  est 


(I)  Cosi  nel  coiicc:  la  versione  dice:  non  pensare  (pag.  177.) 


VITA   DI   SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  22J 

tantum  refdeta  dulcedine  et  inebriata,  quod  amplius  continere 
non  poteste  quin  uadat  ad  eum.  Et  in'illa  eleuatione  diei 
illius  Qara  plura  alia  denota  et  altissima  nerba  dixit ,  que 
labilis  dominarum  memoria  non  potuit  retinere,  Ea  autem 
que  retenta  sunt^  ego  hec  scrìbens  sic  orìginaliter  conseruaui 
quod  in  eis  ni!  addidi  uel  mutaui. 
132.  Post  dies  autem  aiiquos  quedam  domina  in  Giare  iacentis 
oppositum  posuit  quamdam  crucem.  Quam  cum  Qara  uì^ 
disset  dixit.  Quare  est  ibi  posita  crux  ista?  Et  fuit  per  unam 
dominarum  responsum.  Clara  |  istam  crucem  ibi  (  «.53.* 
posuimus  propter  Xpi  crucifixi  similitudinèm  et  quoniam 
plures  res  optime  (reliquiae?)  sunt  in  ipsa.  Clara  dixit  Soror 
non  opus  per  me  crucem  deferre  quoniam  ego  in  corde 
meo  habeo  crucem  Xpi.  Et  hec  nerba  submissa  uoce  frequen- 
tius  iterauit. 

133*  In  festo  autem  Assumptionis  beate  Marie^  biduo  ante 
suum  obitum  Clara  fecit  ad  se  omnes  dominas  monasteri) 
euocari^  et  eas  in  Dei  seruitium  instruens  et  confortans  inter 
alia  dixit  eis.  Filie  mee  karissime  et  sorores^  ego  omnes  uos 
et  meam  animam  in  morte  Xpi  Dei  crucifixi  commendo^  et 
uos  et  laborem  quem  in  uobis  substinui  domino  reassigno. 
Vos  autem  estote  humiles  obedientes  patientes  et  in  amore 
unite^  et  faciatìs  sic^  quod  Deus  laudetur  in  uobis  et  quod 
non  pereat  opus  quod  dominus  Deus  est  operatus  in  uobis. 
Et  sic  dominabus  ex  instructione  et  inflammatione  prolixa^ 
per  dictis  uerbis  et  pluribus  alijs  ad  deuotionem  accensis^ 
Qara  cum  sermonem  in  femore  spirituali  fecisset^  sacram 
unctionem  quam  antea  petiuerat  deuote  suscepit. 

134.  Altera  autem  die  Clara  in  mentis  eleuatione  dicebat: 
dimictates  me  ire.  Medicus  uero  qui  ad  eam  uisitandam  in- 
trauerat  dixit:  quo  uis  ire  Clara  ?  Que  respondit^  ad  dominum 
meum.  Et  quoniam  medicus  ita  preceperat^  Marina  et  alia  domi- 
na a  cogita  I  tìonibus  huiusmodi  Claram  retrahere  (  f.  54. 
nitebantur  et  ideo  ipsam  si  possent  colloquis  implicare  uole- 
bant.  Clara  autem  ad  lohannam  sibi  secretariam  se  conuer- 
tens.  Quid  dico  ego  lohanna?  Que  respondit.  Clara  mea  dicis 
multum  bene^  iste  tamen  domine  uellent  te  ab  illis  cogita- 

Archivio  Siorko  \U  15. 


226  MICHELE   FALOCl   PUL2GNANI 

tionibus  ad  presens  retrahere  et  post  quam  esses  fortificata 
posses  melius  de  Deo  cogitare.  Clara  autem  cum  quodam 
magno  spìrìtus  feruore  respondit.  Putatis  ne  sicut  cogita- 
tiones  mee?  Non  sunt  cogitationes  mee  soror.  Quod  ideo 
Claram  dixisse  ereditar ,  non  quod  ipsa  non  cogìtaret  in 
Deo  ^  sed  quia  non  solum  cogitationes^  immo  et  ueras 
uisiones  habebat  et  Deum  et  sanctos  ac  glorìam  sibi  para- 
tam  uerissinie  cognoscebat.  Et  paulo  post  Gara  dixit:  proi* 
ciatis  me  et  percutite.  Et  demum  rogauit  dominas  quod 
aliquas  de  horis  canonicis  prò  ipsa  dicerent^  quas  ratione 
infirmitatis  diebus  aliquibus  se  obmississe  dicebat. ,  Quibus 
horis  adhuc  per  dominas  non  completisi  omnium  suorum 
defectum  remissionem  sibi  factam  a  domino  cognouit  et  ce- 
lestem  gloriam  preparatam.  Cuius  immensam  pulcritudinem 
stupendo  considerans  cum  magna  ylaritate   et  spiritus   fer- 

135.  uore  dicebat.  Q  Nimis  est  nimis  est  domine  magna  retrìbutio 
paradisus.  Aduesperascente  iam  die  misit  Clara  prò  fratre  suo 
frate  Francisco  tunc  fratrum  minorum  in  valle  spo  |  (  f.  54.» 
letana  custode  ut  ueniret  ad  eam.  Cui  custos  predictus 
mandauit  si  posset  in  crastinum  expectare.  Clara  respondit. 
Nisi  cras  uenerit  bone  mane  non  oportebit  eum  prò  me  de 
cetero  hic  uenire  ('). 

136.  Mane  uero  diei  sabbati  quo  Clara  de  mundo  transiuit 
suas  sorores  monasteri]  uocauit  et  fecit  se  in  predicto  lecto 
portari  ad  oratorium  cum  magna  alacritate.  Et  cum  domine 
eam  in  oratorio  posuissent  fecit  se  in  alium  locum  eiusdem  ora- 
toris  quem  notanter  designauit  transferri  et  ibi  cum  magna 
corporali  quiete  dormiuit.  Et  in  ilio  eodem  mane^  quedam 
domina  monasteri)  sancte  Illuminate  prope  Spoletum  mo- 
nialis  profexa  ac  in  puntate  uirginitates  et  sanctis  epe- 
rìbus    laudabiliter   antiquata    de   infirmitate   Clare  nuUam 


(1)  Fra  FranccRCO  nella  taa  stessa  deposizione  dice  che  egli  quel  gierno  non  potè 
muoversi  perchè  aspettava  il  ministro  provinciale  nel  convento  di  Spoleto  (  Proc.  131*» 
fol.  340  ). 


VITA   DI  SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  227 

habens  notìtiam  uenit  ad  oratoriuni  sui  predicti  mona- 
steri) ut  oraret  .  Cumque  iuxta  cratem  ferream  per 
quam  domine  loci  illius  corpus  X  inspiciunt  et  ecclesiastica 
percipiunt  sacramenta^  uersus  altare  aliquantisper  orasset^ 
uidit  in  esteriori  parte  ipsius  oratori),  ea  scilicet  parte  (ubi) 
per  clericos  celebrantur  diuina  tres  pueros  per  omnia  similes^ 
equales  et  cohetaneos  et  ultra  quod  referri  ualeat  mirabiles 
et  decores,  capilli  eorum  flaui  facies  decolarate  ut  rose,  fa- 
cies manus  et  membra  cetere  omnem  albedinem  omnenque 
pulcrìtudinem  eccedebant.  Vestes  eorum  |  candi-  (  f .  55^ 
dissime  et  auro  conteste  mirabiliter  refulgebant.  Cumque 
predicta  domina  ipsos  pueros  predictos  diligentius  inspexisset 
et  diuinis  reuelationibus  uisitata  eos  non  esse  mortales  homi- 
nes  cognouisset,  uidit  quod  illi  tres  mirabiles  puerì  interdum 
in  unum  solum  puerum  coniucti,  interdum  in  tres  ab  inni-- 
cem  discreti  in  tanta  equalitate  tantaque  similitudine  consi* 
stebant  quod  quilibet  illorum  trium  a  duobus  alijs  personaliter 
separatus  equalis  erat  in  magnitudine  et  in  omnia  simili  illi 
puero  qui  ex  hijs  tribus  pueris  coniuctis  solus  aer  a  (sic)  re- 
sultabat.  Et  ille  puer  qui  ex  tribus  pueris  coniuncti  iunctus 
resultabat  nullum  de  tribus  distructis  excedebat  in  aliquo  séd 
erat  per  omnia  similis  cuilibet  discretorum.  Et  similis  cum 
pueris  memoratis  in  ipsorum  pulcritudine  cogitando  uidit 
predicta  domina  super  altare  ipsius  ecclesie  uel  oratori)  ar- 
borem  quandam  pulcherrimam  depensam  ramis  et  frondibus 
diuersorum  generum  et  uirtutum.  Nam  in  ipsa  et  circa  ar- 
borem  erant  rose  et  lilla  palmarum  et  oliuarum  ramusculi, 
flores  herbe  et  rami  arborum  uirtuosi  et  odoriferi  qui  to- 
tum  altare  ex  sua  contempsitate  replebant.  Et  ecce  angelo- 
rum  exercitus  sub  ipsam  cepit  intrare  ecclesiam  quorum  ordo 
pulcherrimus  binos  et  binos  eos  incedere  protendebat.  Ad 
huiusauctem  uisionis  altitudinem,  predicta  domina  admira- 
ta  de  loco  in  quo  iuxta  cratem  sedebat  surrexit.  Et  uo- 
lens  I  alias  dominas  monasteri)  tanti  boni  fare  participes  (f.  55/ 
uoluit  in  claustrum  exire  ut  eas  ad  uisionis  huius  intuitum 
euocaret»  Et  descendens  gradum  illum  in  quo  sedebat  cir- 
cumque  per  interius  oratorium  incedebat,  sed   nullo  modo 


228  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

in  claustrum  exire  poterai  nec  dominas  euocare  quin  immo 
ex  altitudine  uisionis  tantum  proueniebat  illi  domine  senti- 
mentum  spirituale  in  anima^  quod  nec  dominas  clamare  po- 
terai et  cum  difficultate  maxima  ac  sui  pondere  ambulabat. 
Et  tunc  unus  de  pueris  X  scilicet  quem  domina  cognouit^ 
uocauit  ex  nomine  dicens^  nil  mutato  addito  uel  remòto. 
Bartolutia  ueni  uide  et  noli  timere  quoniam  nos  sumus  qui 
uadimus  ad  Qaram  de  Monte  Falcone  que  debet  uenire  no- 
biscum^  et  in  corde  suo  reperientur  res  sicut  gemme  mar- 
garite. Et  tunc  ad  Xpi  uocem  predicta  domina  confortata 
ad  cratem  unde  recesserat  redijt  et  uidit  illam  angelorum 
innumerabilem  multitudinem  binario  ordine  adhuc  ecclesiam 
memoratam  intrantem.  Et  post  ipsos  angelos  sanctorum 
confessorum  societas  et  deinde  exercitus  martirum  suis  di- 
stinctis  ordinìbus  successine  et  demum  apostoli  intrauerunt. 
Gognouit  etiam  domina  supradicta  post  comunem  sanctorum 
omnium  uisionem  aliquos  sanctos  specialiter  de  quolibet  ordi- 
num  predictorum.  Intrabant  autem  sancti  predicti  ipsam  excle- 
slam  unus  quisque  in  suo  ordine  et  in  ipso  |  cum  di-(  f.  36. 
uersis  ornatibus  incedebant.  Àliqui  incedebant  religioso  ha- 
bitus ali)  militari  omatu.  Àlij  diaconali^  ali)  sacerdotali  appa* 
ratu  pollebant.  Alij  etiam  pontificali  dignitate  fulgebant.  Et 
sic  sancti  culti  diuersis  apparatibus  processionaliter  ecclesiam 
supradictam  intrabunt.  Repleuerat  autem  ipsam  ecclesiam 
angelorum  et  sanctorum  multitudinis  quedam  supematu- 
raKs  et  mirabilis  plenitudo,  quod  tota  ecclesia  erat  piena. 
Et  ipsam  adhuc  intrabat  continue  sanctorum  innumerabilis 
multitudo^  et  tamen  multitudo  eorum  qui  ecclesiam  ipsam 
totam  plenam  intrauerant^  impedimentum  aliquod  quo  minus 
posset  recipi  adhuc  intrantibus  non  prestabat^  et  multitudo 
intrantium  eos  qui  antea  iam  intrauerant  quominus  spatiose 
existerent  non  artabat.  Postremo  nero  quedam  maxima 
uirginum  multitudo  in  splendore  ac  decore  mirabili  ad  ipsam 
peruenit  ecclesiam  subsequentius.  In  quibus  multitudinis 
medio  beata  uirgo  mater  Dei  incedebat  omnes  santos  et  san- 
ctas  alias  excedens  magnitudine  et  decore.  Que  in  ipsius 
ecclesie  existens  adhuc  limitibus  sanctos  alios  allocuta  dixit. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  22^ 

Eamus  ad  Claram  de  Monte  Falcone  que  debet  uenire  nobis* 
cum.  Et  statini  de  precepto  uirginis  gloriose  audito^  sancii 
et  sancte  predicte  ad  altare  ipsius  ecclesie  accesserunt  et  ra- 
mos  singulos  de  illa  condempsitate  florum  et  arborum  sin- 
guli  assumentes  ordinatim  sicut  uenerant  ab  inde  |  (f.  56/ 
processionaliter  recesserunt  Et  domina  illa  que  predicta  ui- 
debat  cognouit  quod  quilibet  sanctorum  et  sanctarum^  pal- 
mam^  nunum  uel  florem  acceperat  et  portauit  secundum 
proprietatem  uirtutum  quas  habuerat  in  hac  uita.  Ipsa  au« 
tem  Bartolucia  que  uisionem  et  reuelationem  habuerat  su- 
pradictam  praesertim  quoniam  de  Giare  infìrmitate  nullam 
notitiam  ante  habuerat^  tetnpus^  diem  et  horam  uisionis  istius 
signanter  notauit^  et  eodem  die^  circa  uesperas  notitiam  ha- 
buit  quod  Clara  ilio  mane  paulo  post  tempus  uisionis  pre* 
diete  transierat  de  hoc  mundo. 
137.  Et  cum  Clara  fuisset  exitata  a  somno  predicto^  frater 
Franciscus  custos  predictus^  (*)  petijt  a  medico  qui  eam  uisita- 
uerat  monasterium  exeunte  qualiter  Clara  staret.  Qui  in  arte 
phisica  eruditus  respondit.  Credo  eam  liberatam  omnino  et 
nisi  propter  timorem  raptuum  quos  sic  habet  frequentes^  de 
salute  ipsius  nullum  potest  periculum  imminere.  Frater  Franci- 
scus dixit.  Volo  ergo  redire  quoniam  non  opus  (est)^  ut  extimo^ 
me  intrare.  Clara  uero  in  oratorio  memorato  existens^  et  uer- 
bum  fratris  non  corporali  audito  sed  diuina  reuelatione  in- 
telligens  seruitrìci  monasteri)^  que  sibi  aderat^  dixit  Vade  et 
die  fratrì  Francisco  quod  intret^  alias  de  cetero  me  non  ui- 
debit.  Vocatus  frater  Franciscus,  intrauit  cum  fratre  Toma 
monasteri)  capellano^et  Claram  sedentem  super  lectum  cor- 
pore  ereeto  reperiens  dixit.  Clara  |  in  uerìtate  liberata  (f.  57. 
es.  Clara  autem  ipsis  fratrìbus  firma  noce  ac  si  nullam  in- 
firmitatem  haberet,  sapienter  et  disertissime  loquebatur.  Et 
post  modum  ad  fratrum  et  dominarum  instantiam  cibum 
cepit.   Et   sedens   supra    lectum  erecta  colore  pulcherrimo 


(1)  lo  margine  :  Nota  per  totum. 


230  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

et  facie  exilarata  manebat  sic  quod  uires  corporis  reassum- 
psit  quod  nullam  infirmitatem  habere  et  liberata  penitus  ui- 
debatur.  Propter  quod  fratres  et  domine  circumstantes  leta- 
bantur  dicentes.  In  uerìtate  Clara  liberata  est.  Gara  aliquan- 
tulum  subrisit^  et  ad  predictum  custodem  se  conuertens  alt. 
Istud  monasterium  tibi  spiritualiter  recommendo  et  tu  geras  te 
bene  et  esto  bonus.  Et  incontinenti  sine  aliquo  intermedio  uoca- 
uit  fratrem  Tomam  monasterij  capellannum  presentem  ibidem 
et  dixit  ei.  Ego  culpam  meam  dico  Deo  et  tibi  de  omnibus 
defectibus  quos  contra  Deum  commisi  quamuis  alias  pluries 
et  morose  in  ista  infìrmitate  confessa  fuisset.  Et  ad  dominas  se 
conuertens  dixit.  Vos  faciatis  cum  Deo  quoniam  cum  ego  (sic) 
uado  ad  eum.  Et  hijs  dictis  in  ipso  instanti  Clara  sedens 
erecto  corpore  et  nullam  mutationem  membronim  uel  sen- 
suum  faciens^  emisit  spirìtum  ipsum  cum  tanta  letitia  Deo 
reddens  quod  corpus  in  recessu  anime  ^  nec  in  anxietatem 
substinere  perpendi  potuit  nec  dolorem.  Fuit  enim  mirabilis 
ista  corporis  et  anime  separatio  quod  corpus  non  fecit  tractus 
morientibus  solitos^  non  duxit  fauces  uel  labia^  oculos  non 
reuoluit  non  paluit  ipsius  |  facies,  nec  membra  cor-  (  f.  57/ 
poris  riguerunt,  quin  immo  nec  caput  etiam  ad  partem  aU- 
quam  declinauit  sed  suo  colore  roseo  non  mutato,  oculis 
tantum  mediocriter  eleuatis  absque  omni  doloris  indino  tran- 
smigrauit.  Transiuit  autem  Clara  uirgo  clarissima  ex  huius 
mundi  tenebris  ad  celestis  gloriam  claritatis  anno  domini  M* 
lU*"  VIU^  die  sabbati.  XVI.  Kalendis  septembris  circa  horam 
tertìam  parum  ante  (*). 
138.  Et  in  eadem  die  et  bora  Paula  abbatissa  monasterij  san* 
cti  lohannis  supra  Spoletum  in  suo  existens  monasterìo,  ui« 
dit  quamdam  uirginem  indutam  candidis  uestibus  innume- 
rabilì  sanctorum  multitudine  sociata  per  angelorum  ministe- 


(t)  Qui  in  marinine  si  legge  questa  nota  di  fra  Nicolò  da  Montefalco  antico  posi 
sorc  del  codice:  An.  Uni  M 1308  die  gabbati  XVI  Kl'  septembn'9  mortua  ett beata  Cla- 
ra montis  falchi  j,  orni»  minorum. 


VITA  DI  SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  23 1 

rìum  sursum  per  aerea  deferrì  ad  celum.  Cuius  uirginis 
inenarrabilis  pulcrìtudo  tantum  uidentis  domine  actraxit  ani- 
mum^  quod  ad  specialem  cogìtationem  sanctorum  uirginem 
predictam  associantium  sue  mentis  intuitum  non  conuertit. 
Videbat  enim  uirginem  illam  tanta  claritate  fulgere  quod  ipsa 
niue  candidior  maculam  nullam  habens  sic  uidentis  domine 
se  imtuitu  supernaturaliter  exibebat,  quod  dum  inspicieba- 
tur  exterius  interìus  etiam  uidebatur.  Et  dum  a  posteriori 
parte  inspiciebatur  ab  anteriori  etiam  uidebatur.  Sed  ne  pre- 
dieta  Paula  uisionis  istius  aliqualiter  esitaret  et  de  Giare  a- 
scensu  posset  audatius  testimonium  peribere^  duobus  diebus 
sequentibus  |  eamdam  habuit  uisionem.  Et  quamuis  (  f.  58. 
de  infirmitate  Giare  antea  nullam  notitiam  habuisset^  audiuit 
tamen  post  ea  dici  a  gentibus^  quod  Giara  die  sabbati  supra- 
dieta  circa  horam  tertiam  transierat  de  hoc  mundo^  quibus 
die  et  hora  ipsa  Paula  uisionem  habuerat  supradictam.  Et 
Deus  die  tertia  et  in  tertia  uisione  diete  Paule  loquens  in 
anima  dixit:  quod  illa  uirgo  quam  uiderat  erat  Glara^  que 
ad  uitam  eternam  tunc  temporis  sic  gloriosissime  ferebatur. 

139.  Steterat  autem  Giara  usque  ad  horam  nonam  uel  am- 
plìus  tota  erecta  et  uix  post  multa  exsperimenta  facta  per 
medicum  mortua  credebatur.  At  ubi  constitit  post  prolixi 
temporis  interuallum  ex  pallore  et  frigiditate  corporis  ipsam 
esse  defunctam  ,  corpus  ejus  super  lectum  per  dominas  uio- 
lenter  extensum  extitit^  cum  ad  adhuc  nec  caput  eius  ad  par- 
tem  aliquam  declinasset. 

140.  In  ciuitate  Spoleti  Sibilla  uirgo  etate  prouecta^  morum 
grauitate  composita  uiteque  sanctitate  famosa,  dum  in  sua 
domo  orabat,  uidit  diuina  reuelatione  duos  angelos  totidem 
anìmas  domino  presentantes  ac  beatam  Glaram  cum  multis 
alijs  uirginibus  domino  assistentem.  Gonuersus  autem  domi- 
nus^  respexit  alium  de  astantibus  sibi  angelis  qui  statim  at- 
tulit  quamdam  uestem,  qua  fuit  Giara  precepto  domini  mox 
induta«  Vestis  autem  predicta  erat  coloris  aurei  et  quasi 
istoriata  mirifico  opere  et  refulgens  |  ut  stelle  eia-  (  f.  5».» 
rissime,  que  in  firmamento  existunt,  omniumque  uirginum 
aliarum  uestes  pulcritudine  excedcbat.  Sibilla  nero  dcsidcrans 


232  MICHELE  FALOCI  PULIGKANt 

scire  quid  hec  essente  audiuit  dominum  desiderio  responden- 
tem.  He  due  anime  sunt  conuerse  et  saluate  per  Claram,  et 
ideo  ei  super  additur  ista  uestis.  Sibilia  ergo  cum  nihil  de 
dare  obitu  uel  infirmitate  audisset^  diem  uisionis  notauitet 
audiuit  in  crastinum  Clara  de  mundo  transisse^  die  scilìcet 
quo  ipsa  habuerat  uisionem. 

14T.  In  sero  die  dominice  crastine  subsequentis  fìiit  apertum 
cor  Giare  uirginis  (')^  in  quo  thesaurus  crucis  sicut  ipsa  predi- 
xerat^  quamuis  uerba  ipsius  intellecta  non  essente  et  paxionis 
Xpi  cuncta  insigna  erant  reposita  sed  occulta.  Habebat  enim 
hec  uirgo  legis  euangelice  renouatrix  signa  omnia  Xpi  paido* 
nis  in  corde  et  in  loco  fellis  quod  durum  et  arrìdum  do- 
mine corpus  aperiendo  repererant  insigna  Trinitatis.  Nam  in 
corde  predicte  uirginis  erant  in  neruorum  durorum  carnea 
similitudine^  ex  una  parte  crux^  tres  claui^  lancea^  spongia  et 
rundo^  ex  altera  uero  columpna  frusta^  seu  flagellum  cum 
V,  funiculis  et  corona.  In  fellis  autem  loculo  nuUus  liquof 
remanserat^  sed  ibi  erant  tantummodo  tres  lapides  rotundì 
spirici  (sferici?)  per  omnia  similes  coloris  fusci  sicut  credo 
indesignabilis^  et  nuUius  specialis  coloris  mixti^  quodam  modo 
inter  omnes  colores^  qui  lapides  representabant  uerisimiliter 
Trinitatem.    |  (   f.  j^. 

142.  Similitudo  uero  predictorum  insignum  talis  erat.  Cor 
ipsius  uirginis  grossum  quasi  caput  alicuius  puerì  parucchint 
ex  parte  anteriori  sic  erat  pinguedine  cohopertum  quod  nil 
macre  carnis  intrinsece  uidebatur.  Et  in  parte  interiori  con- 
cauum  erat  et  uacuum^  et  quod  habent  corda  aiia^  ullum 
intermedium  carnis  habens^  nisi  quod  in  ipsa  concauitate 
predicta  insigna  continebat.  In  cuius  cordis  aperitione,  unum 
ualde  miraculosum  apparuit  quod^  illa  domina  que  cor  ipsum 
apperuit  nequisset  rasorium  ad  dextram  uel  sinistram  etiam 
per  unius  crossi  turonensis  spissitudinem  deuiare^  aut  prò* 


(I)  In  margine:  De  aperitione  cordis. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA   DA   MOKTEFALCO  2$) 

fundius  mietere  quin  aliquod  de  predictìs  insignijs  destra* 
xisset«  (sic) 
143.  Cnix  uero  in  similitudine  tam  facta  pedem  seu  stipi- 
tem  habebat  quasi  similem  pollici  digito  uirili  in  grossitu- 
dine  et  longitudine  muliebri.  Et  crucis  brachia  subtìliora 
predicto  stipite  alicui  mediocri  digito  in  grossitudine  equa« 
bantur.  Et  unum  quodque  ipsorum  habebat  longitudinem 
duorum  digitorum  cor  in  intransuerso.  Pes  autem  et  bra- 
chia supradicta  ea  parte  qua  insimul  iungebantur  et  circa^ 
erant  grossiora  sed  subtiliora  in  extremitatibus  et  inter  ipsa 
crucb  brachia  de  super  in  stipitis  crucis^  oppositum  caro 
equalitatem  brachiorum  transuersalium  excedebat  quasi  ca- 
put domini  morientis  inclinatum  ad  partem  dexteram  desi- 
gnaret.  Sed  ipsa  |  brachia  inter  se  equalitatem  (  f.  50  » 
omnimodam  non  habebant  sed  incipientes  a  stipite  extremi- 
tates  eorum  mediocriter  in  altum  et  dexterum  brachium 
grossius  erat  sinistro.  Sinistrum  uero  subtilius  dextrus  (sic)  et 
longius^  sed  non  multum.  Insuper  ipsa  etiam  crux  a  summo 
usque  ad  pedem  erat  diuisa  per  medium  in  colore^  et  pars 
dextera  erat  rubea  quasi  bruna^  pars  uero  sinistra  ad  colo- 
rem  albedinis  actrabebat.  Et  fratres  hoc  testimonium  periben- 
tes  iUam  partem  dexteram  esse  intelligunt  non  crucem  ipsam^ 
immo  uerius  species  humani  corpuscoli  crucifixi  quae  sub  con- 
iunctione  brachi)  in  latere  quamdam  aperturam  habebat  quasi 
representaret  Xpi  plagam  uulneris  lateralis.  Et  pensatis  omni- 
bus crucis  illius  circumferentijs^  potius  uidebatur  crux  illa 
representare  Xpi  crucifixi  cum  cruce  similitudinem^  quin  tantum 
modo  lignum  crucis*  Et  dominus  Tedericus  de  Urbe  ueteri 
tane  miles  et  paulo  post  ordinem  predicatorum  ingressus  (') 


(1)  Di  questo  Teo4orico  da  Viterbo  si  hanno  alcune  notizie  da  un  antico  necro- 
logio del  CooTento  dei  Domenicani  di  Viterbo,  scritto  fra  il  1330  e  il  1 348  da  fra  Matteo 
Coccia,  e  che  fa  cooanltato  dal  MAMACHI  (  Annalium  Ordini*  Praedica forum,  tom.  I. 
KooMe,  MDCCLVI,  praefatio,  pag  XXXVU,  num.  XI  )  e  teste  dal  eh.  padre  MASETTI 
i  hhmumenta  et  antiquitates  etc,  ord,  Praedicatorum.  Voi.  1.  Romae,  1844 >  pag.  31  ). 
Questo  dotto  religioso  ha  volato  gentilmente  comunicarmi  la  memoria  di  questo  fra 


234  MICHELE   FALOCl   PULIGNANI 

et  dominus  Bartolus  de  Perusio  et  testes  alij  fide  digni  mirati 
dixerunt  se  uidisse  et  cognouisse  in  Illa  cruce  formam  hu- 
mani  corporis  crucifixi  et  etiam  hucnanorum  lineamenta 
membrorum.  Quamuis  domine  monasteri)  de  hoc  non  de- 
posuerint  sic  distincte^  (')  nec  ego  qui  inspexi  plurìes  et  palpaui 
membrorum  minutorum  lineamenta  cogiioui^  sed  tantum  cru- 
cem  et  formam  |  humani  corporis  crucifixi.  Crux  etiam  (  f.  eo. 
ipsa  ceteri  carni  cordis  ipsius  in  aliqua  sui  parte  nuUate- 
nus  iungebatur^  nisi  quod  ex  una  parte  illius  seu  cellule  in 
carne  cordis  stabat  reposita  et  impressa^  ac  si  in  aliqua  cassa 
sibi  consimili  et  conformi  reposita  estitisset.  Que  e  qualitate 
carnis  cordis  et  crucis  ac  si  (sic)  cellule  ac  dispositione  superfi- 
cie! et  soliditate  facilime  poterat  deprehendi  et  ad  oculorum 


Teodorico  esistente  nel  necrologio  citato,  e  che  qui  riferisco.  Sta  a  paff.  61  di  detto  ne* 
crolo4Ìo.  Frater  Teodorieut  de  Zaccarie  Sacerdot,  et  predica tor.  Fuit  nepos  camaiis 
venerabilii  patri*  Dui  Roderici  de  Urbeveteri  tituis  Prenettini  Epi  Cardinali*.  Hic 
gratia  sui  patrui  plurimorum  Qirdinaiium  extitit  Domicelìu*  :  qui  et  uxorem  duxit 
de  nobili  prosapia  de  Civitate  aspectu  venustam,  hoc  est  honoratam.  Qui  tactus  do- 
lore intrinsecus  de  preteriUs,  si  quid  mali  egerat  contra  Dominum,  Jàctus  miiex 
Beate  Marie  virginis,  pluribus  annis  existens  in  domo  paterna  cum  sua  uxore,  et 
nunquam'diem  pretereundo,  in  quo  officium  tam  diurnum  quam  noeturum  diceret 
sollicite,  et  devote  in  breviario  Ordinis,  necnon  omni  die  nostram  Ecclesiam  visita^' 
bat.  Qui  et  perfectiorem  vitam  agere  volens  eonsilium  servavit  Salvatoris  dicen- 
tis:  qui  non  reliquit  patrem,  et  matrem,  et  uxorem,  etfilios  non  potest  meus  esse 
discipulus.  Cujus  eonsilium  tenens  et  preceptum  quam  citius  potuit  executioni  mau" 
davit  Nam  suos  genitos  nondum  provecte  etatis  adultos  seculo  derelinquens,  ac 
suam  coì^ugem  sanctis  exortaiionibus  inducens,  ipsam  reclusit  prò  moniali  in  mo- 
nast^rio  Sancii  Bauli  nostri  Ordinis.  Fecit  etiam,  et  quidem  mentis  quemadmodum 
pietatis  opus  ;  nam  quamdam  juvenculam  nobilem  genere,  sed  omni  modo  divitiis 
destitutam,  et  ea  utroque  parente  orbatam ,  de  bonis  propriis  dotando  pariter  cum 
sua  conjuge  in  supradicto  monasterio  collocavit.  Et  modico  tempore  quo  in  Ordine 
fuit,  et  ante  ingressum  plurimas,  et  largas  elemosinas  pauperibus  erogavit.  In  Do- 
mino  autem  requievit  apud  Viterbium  sub  MCCCXVIII,  et  in  Ordine  vixit  annos  Vii/, 
Da  queste  ultime  pATo\e  si  ha  un  nuovo  argomento  per  escludere,  come  ho  detto 
nella  prefaxione  a  questa  vita  di  santa  Chiara,  che  Berengario  1*  abbia  scrìtta  nel  1310 
come  vogliono  il  Piergili,  il  Waddin^o  ecc.  Fra  Teodorico  infatti  mori  nel  1318,  ed 
essendo  vissuto  nell'ordine  otto  anni,  il  suo  ingresso  sari  accaduto  nel  1311.  Ora, 
quando  Berengario  scriveva,  fra  Teodorico  era  gii  entrato  neir  ordine,  dei  predicatori^ 
dunque  egli  dovea  scrivere  al  più  al  più  nel  1311 ,  mai  nel  1310."  ma  poi  abbiamo  già 
detto  che  scrisse  alcuni  anni  più  tardi. 

(1)  Tuttavia  nel  processo  del  1318  suor  Tomassa  di  M.o  Giacomo  di  MonteCalco 
depose  quod  ex  latefe  dextro  distingui  poterat  et  distinguebatur  quaedam  concauUa* 
sive  foramen  et  modum  plagae  {  fol.  95*  ),  cosa  questa  che  depose  anche  suor  Tomassa 
di  M.o  Angelo  (fol:  213'). 


VITA   DI  SANTA   CHIARA  DA  MONTEFALCO  235 

se  aspectum  manifestissime  apparebat.  Habebat  tamen  crux 
ipsa  in  inferiori  sui  parte  neruiculum  quoddam  subtilissi* 
mum  quasi  filum  per  quem  inferiori  parti  cordìs  tantummodo 
iungebatur.  Creuerat  etiam  crux  ipsa  tantum  in  corde  uir- 
ginis  supradicte  quod  sumitates  crucis  et  transuersalium 
brachiorum  uoltam  superiorem  cellule  cordis  inuaserat  y 
etiam  in  carnem  superiorem  cordis  ipsius  stabant  reposite  et 
cor  ipsum  in  totum  perforatum  extiterat  ab  altero  brachio- 
rum. Pes  crucis  siue  stipes  partim  discoopertus  partim  in 
longum  repositum  infra  carnem  et  concaua  cordis  cellula 
«xistebat. 
144.  Ek  crucis  autem  opposito  stabat  quidam  neruusrotun- 
dus  et  durissimus  quem  ego  ipse  palpaui  stringendo  digitis 
nec  uidebatur  de  facili  posse  flecti  et  ille  neruus  partim  erat 
repositus  infra  carnem  partimque  cordis  concauitate  detemptus^ 
et  erat  unius  comunis  digiti  uirilis  in  |  longitudine  (  f.  60/ 
et  grossitudine  quasi  minus  grosse  penne  anseris  seu  mino- 
ris  digiti  pueriti],  Nerui  autem  illius  summitas  habebat  v. 
neruiculos  diuisos  ab  inuicem  et  nodatos^  non  quod  in 
ipsis  nodi  manualiter  essent  facti^  sed  quia  caro  in  ali* 
quibus  locìs  equalitatem  comunem  neruiculorum  illorum 
subtilium  in  grossitudine  ad  modum  nodi  aliquantulum  ex- 
cedebat  ac  si  nodi  in  alicuius  flagelli  seu  fruste  funiculis  es- 
sent facti.  Ex  quibus  neruis  illa  frustam  (sic)  qua  Xpus  flagel- 
latus  extitit  representare  per  omnia  uidebatur.  Frusta  autem 
huiusmodi  in  sui  parte  inferiori  carnem  habebat  mollem  la- 
tam  et  tenuem  ac  si  caro  illa  representaret  corrigiam  per 
quam  frusta  aliqua  consueuit  appendi.  Funiculi  etiam  fru- 
stre  seu  flagelli  ipsius  in  parte  superiori  cordis  sicut  et 
crucis  summitas  stabant  absconsi  repositi  et  reflexi.  Quorum 
color  brunus  quasi  rubedinem  attingebat^  ac  si  fuissent  per- 
cussionibus  sanguine  rubefacti.  Color  uero  nerui  seu  baculi 
supradicti  quasi  esset  lignum  ad  albedinem  actrahebat.  In 
nulla  autem  sui  parte  frusta  seu  flagellum  predicta  alteri 
carni  cordis  in  aliquo  se  tenebat^  sed  stabat  ipsa  reposita  et 
partim  discooperta  quasi  in  aliqua  cassa  sibì  consimili  sicut 
de  cruce  superius  est  predictum.  |  (   f  61. 


2}6  MICHELE   FALOCI   PULIGKANI 

145.  In  crucem  autem  et  frustam  predictas  sed  propinquius 
ipsi  fruste  quidam  neruus  durissimus  et  equalis  grossitudi* 
nis  minorìs  digiti  puerilis  bruni  colorìs  quasi  ad  nignim 
actraheret  stabat  rectus^  columpnam  iliam  ad  quam  Xpus 
lìgatus  et  flageliatus  extitit  ut  uidebatur  per  omnia  represen- 
tans.  Cuius  infirmitas  (sic)  parti  inferiori  cordis  ipsius  firaiiter 
se  tenebat^  summitas  uero  quasi  esset  ligata  funibus  supe- 
riori carni  ipsius  cellule  iungebatur.  Erat  enim  in  summitate 
columpne  quedam  neruiculorum  subtilium  adunata  conge- 
ries  per  quos  ipsa  columpna  parti  superiori  cellule  iungeba^ 
tur.  In  partibus  autem  intermedijs  columpna  predicta  expe- 
dita  et  libera  existebat^  et  nulli  carni  alteri  iungebatur, 

146.  Ad  pedem  uero  columpne  ipsius  quidam  neruus  subti- 
licr  ad  modum  semicerculi  apparebat  coronam  que  Xpi  ca« 
piti  fuit  imposita  representans.  Nam  circa  se  undique  habe- 
bat  neruiculos  nigros  subtiles  et  breues  sibi  contiguos^  spinas 
ex  sui  dispositione  et  omnibus  circumstantijs  representantes. 
Et  hoc  etiam  nerui  illius  forma  rotunda  et  disposino  osten- 
debat.  Corona  tamen  huiusmodi  non  erat  a  carne  columpne 
separata^  sed  neruus  ille  equalitatem  carnis  alterius  in  spinee 
corone  similitudinem  excedebat.  |  (  f.6i.' 

147.  Ex  parte  uero  crucis  erant  tres  claui  nigri^  carnei  quidem 
ut  creditur^  sed  durissimi^  uolte  seu  testudini  scilicet  carni 
suprastanti  cordis  cellule  sic  appensi^  quod  ipsorum  capita 
rotunda  oblonga  grano  frumenti  aliquantulum  grossiora^  rei 
alieni  non  coniuncta  pendendo  versus  partem  inferiorem  ipsi 
cellule  existebant.  Et  pars  clauorum  subtilior^  scilicet  puncte 
ipsorum ,  quibusdam  fìlis  carneis  subtilissimis  quasi  essent 
fila  huiusmodi  dicti  claui  per  punctas  existebant  appensi:  non 
quod  singuli  claui  fìlis  singulis  sint  uel  essent  appensi^  sed 
unusquisque  clauorum  duobus  £lis  discretis  ab  inuicem^  sibi 
tamen  inuicem  propinquissimis  pendebatur.  Per  clauos  au- 
tem predictos  claui  quibus  Xps  extitit  crucifixus  nobiliter  de- 
signatur.  Nam  et  unus  eorum  clauum  peduum  significans 
erat  et  est  grossior^  et  existens  remotus  ab  alijs  fìlis  longiorì- 
bus  pendebat^  sed  alij  duo  claui  minores  tertio  fìlis  appensi 
breuioribus  sibi  inuicem  uiciniores  existunt.  Ex  quibus  ueri* 


VITA   DI  SAKTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  2}^ 

similiter  creditur  quod  ille  maior  et  remoticr   clauum   pe- 
dum  et  isti  duo  uiciniores  clauos  manuum  representant. 

148.  Et  iuxta  subtusque  fila  clauorum^  quidam  neruus  du- 
rìssimus  et  acutus  ita  |  quod  fiecti  non  poterat  de  (  f.  63 . 
carne  cordis  egredi  uidebatur.  Et  habens  in  puncta  colorem 
nigrìdinis  sicut  ferrum^  per  concauitatis  cordis  medium  quasi 
in  ymum  declinans  transuersaliter  tendebatur.  Ex  cuius  di-* 
spositìone  et  forma  potest  facile  dcprehendi  quod  iancea 
cum  qua  X  extitit  uulneratus  designat. 

149.  Ex  latere  uero  crucis  et  in  parte  inferiori  cordis  ipsius 
erat  quidam  (')  quasi  grossitudinis  unius  calami  pene  amseris^ 
carni  cordis  coniunctus  et  camis  cetere  equalitatem  ad  mo* 
dum  baculi  uel  arundinis  erecti  in  altum  excedens^  et  in 
ipsius  arundinis  summitate  quadam  subtilium  neruiculorum 
quasi  in  forum  (')  congeries  existebat^  spongiam  aliquam  super 
immtssam  arundini  ex  sua  dispositione  et  colore  designans. 
Ex  quibus  cognoscitur  quod  ista  significant  spongiam  et 
anindinem  quibus  Xpus  fuit  portatus  in  cruce. 

150.  In  fellis  autem  loculo  tres  lapides  fuerunt  reperti  quo- 
rum quilibet  grossitudinis  unius  auellane  mediocris  seu  pol- 
licis  mulieris.  Forma  eorum  rotunda  sperica^  color  medius 
inter  obscumim  et  pallidum  qui  colori  alicui  speciali  ut  ex- 
timo  assimilari  non  potest.  Ex  quorum  forma  numero  simi- 
litudine^ et  colore  diuinarum  personarum  Trinitas  ydonee  de- 
signatur^  presertim  quoniam  predicti  lapides  |  tanta  (  f.6s.> 
similitudine  sibi  ad  inuicem  adequantur  quod  uix  aliqua 
differentia  discernitur  inter  eos.  De  quibus  etiam  post  proli- 
xum  studium  medicorum  et  naturalium  talis  sententia  ema- 
nauit^  quod  nullo  modo  potuerant  per  naturam  scd  solum 
hoc  Sciente  diuina  potentia  generarì. 


(t)  In  questo  luogo  manca  certo  la  parola  nervus. 
(2)  ProtMibilineiite  in/ormium. 


238  MICHELE   FALOCl  PULIGNANI 

151.  Predicta  insigna  in  dare  corde  et  corpore  per  dominas 
-ex  proposito  non  fuerunt  quesita^  sed  statim  post  Giare 
transitum  in  mentem  omnium  et  singularum  monasteri)  do- 
minarum  quedam  cum  feruore  maximo  inspiratio  superuenit^ 
ut  corpus  Clare^  per  quod  tot  sancta  opera  erant  facta^  si 
possent  penitus  conseruarent.  Et  ideo  exterìora  extrahere 
uoluenant.  Cor  autem  ejus  in  quo  tot  inspirationes  diuine^ 
tot  sancte  considerationes^  et  proposita  fuerant^  corruptioni 
tradere  noluerunt^  sed  potius  conseruare.  Et  dum  prò  con- 
seruando  ea  corpus  et  cor  predicta  parabant^  sine  suo  pro- 
posito in  corde  paxionis  misterium  in  predictis  insignis  Xpi 
et  post  modum  in  loculo  quo  fel  secundum  naturam  icsse 
debuerat^  predictos  tres  lapides  repererunt  Nam  quamuis  an- 
te cordis  incisionem  loculum  fellis  durum  et  arìdum  a  iecore 
primitus  auqlsissent  quoniam  tamen  Dei  uirtute^  et  quod  ibi 
latebat  misterium  ignorabant^  per  plures  dies  lapides  in  lo- 
culo integro  ex  negligentia  dimiserunt^  donec  post  publicata 
cordis  insigna^  de  medici  Consilio  (')  aperuerunt  loculum  et  la* 
pides  repererunt.  Ipsi  autem  |  lapides  extracta  de  (  f.  63. 
loculo  insimul  se  tenebant^  sed  dum  nino  per  dominas  laua- 
bantur  absque  tamen  omni  uiolentia  ab  inuicem  (  seiuncti 
sunt  ).  xxpj. 

150.  Quidam  ulta  et  ordine  frater  minor  ad  predicandum 
in  Giare  exequis  destinatus^  sermonem  suum  composuit  sicut 
prò  aliis  mortuis  consueuerat  predicare  (').  Et  fundare  propo* 
suit  suum  sermonem  super  hoc  temate:  Mulier  gloriosa  inuenit 
gloriam.  Gum  autem  ad  locutorium  ascedisset  et  secundum  te- 
ma uellet  proponere^  subito  propter  feruorem  aduenientis  sibi 


(1)  Simone  da  Spello  fa  il  medico  che  per  primo  vide  ed  esaminò  queste  pietre 
(Proc.  1318,  fol.  919  ). 

(3)  Laudet  eius  (k,  Clarae  )  in  funere  prò  conclone  celebrava  lacobu»  Gom' 
tiut  Lector  Franciscanut.  Cosi  il  Waddingo  (Annate»  Minorum.  1491,  Dum«  LXVL 
Tom.  XIV,  Romae,ML>CCXXXV,  pag.  533  ).  Come  si  vedrà  in  seguito.  e<ii  era  lettore 
del  luoj(o  di  Bevagna.  Qui  il  solito  annotatore  segnò  in  margine:  Oralor  funerù 
b,  Ctare  frater  Minor, 


VITA    DI   SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  239 

spiritus  uehementer  mutatus^  uìres  maximas  ad  eam  laudan- 
das  (sic)  assumpsìt^  et  ut  uitam  eius  et  transitum  aliqualiter 
commendando  referret^  et  predicta  inspiratione  accensusnil 
de  precogitatis  dicere  potuit^  nec  de  beata  Clara  sicut  de 
^js  mortuis  facere  consueuerat  predicare.  Ex  qua  dictus  fra-> 
ter  accensus^  quid  de  beata  Clara  sicut  de  sancta  etiam  uir* 
gine  predìcaret^  nulla  cogitatione  super  hijs  prehabita  in 
-ilio  femore  proposuit:  Que  est  ista  que  ascendit  de  deserto 
delidjs  ai&uens  innixa  super  dilectum  suum  ?  Pro  ternate  au- 
tem  dixit.  Secundum  nomen  ita  et  laus  tua.  Et  tunc  sermo* 
nem  suum  incipiens  predicationem  sicut  de  sancta  etiam  uirgi- 
ne  textuit  et  continue  in  ilio  femore  perdurans  laudes  et  com- 
mendationes  altissimas  quas  numquam  antea  precogitauerat 
in  ista  predicanone  proposuit  et  extitit  prosecutus  audac- 
tius  I  fementius  et  eloquentius  quam  umquam  de  (  f.  63/ 
sancto  aliquo  consueuerit  predicare.  Ad  cuius  nerba  altissima 
religiosi  quam  piures  qui  de  diuersìs  ordinibus  ibi  tunc  ade- 
rant  indignati^  (')  et  presertim  sui  ordinis  supradicti  cepemnt 
centra  eum  alij  inter  caputia  cachinari^  alij  toruis  oculis  intuerì^ 
ali)  ducebant  capita  alij  facies  diuertebant  aliqui  etiam  colloquen- 
tes  ad  inuicem  dicebant  eum  modum  excedere  in  laudan* 
do.  Et  sic  diuersimode  signa  dispicentie  ostendebant.  Quorum 
gestus  tedia  et  dispicentias  dictus  predicator  agnoscens^  quam- 
uis  sibì  illorum  turbatio  alias  displiceret^  non  tamen  ob  hec 
obmictebat  dicere  que  in  laudem  predicte  uirgi'nis  sibi  do- 
minus  ministrabat.  Immo  in  laudes  ipsius  uirginis^  non  ex 
fratrum  audientium  tedio^  sed  in  honorem  Dei  et  uirginis 
supradicte  amplius  animatus^  profundiora  et  altiora  in  eius 
laudibus  predicabat.  Et  ipsam  Claram  modo  stelle^  modo  lune^ 
modo  soli,  modo  uirge   floride,   modo  rebus  alijs  pretiosis 


(t)  Riferì  nel  procesto  del  1318  (  fol.  343)  fra  Francesco  di  Damiano  fratello  della 
Santa 9  che  al  faocre  di  lei,  non  chiamati,  intervennero  da  30  frati,  il  che  fa  stimato 
cosa  prodigiosa ,  ^ v/Vi  quando  venerani  duo  vel  quatuor  /orentet ,  muitt  etiam  re- 
fmtantnr. 


240  MICHELE  FALOCI  PULIGKANI 

assimilans^  laudum  eius  relatione  sue  mentis  desiderium  non 
poterat  satiare.  Ardebat  namque  quidam  femore  maximus 
deuotionìs  in  mente  fratrìs  predicti  quod  omnes  timoris 
species  a  se  abiciens  de  fratrum  gestibus  non  curabat.  Sed 
in  carìtatis  firmitate  fundatus  ueritatem  intrepidus  predi- 
cabat^  I  et  in  spiritualis  unctionis  femore  quem  dicando  (  f  64. 
(predicando  ?)  sentiebat  continue  que  non  precogitauerat  siÙ 
'  dominus  inpremeditate  omnia  in  laudem  predicte  uirginis  mn 
nistrabat.  In  fine  autem  predicationis  impremeditate  conclusiti 
Bonis  et  nostris  precibus  Clara  beata  non  indiget  sed  nos 
qui  eius  auxilio  indigemus  ipsam  suppliciter  deprecemur  ut 
153.  ipsa  prò  nobis  ad  dominum  intercedat.  Q  Post  modum 
autem  cum  ex  predicanone  huiusmodi  et  alijs  plurìbus  lau- 
dibus  per  eumdem  fratrem  in  honore  predicte  uirginis  pre- 
dicatisi in  quibusdam  predicationibus  post  modum  subsecutis 
linguas  suas  detractiones  predicti  et  emuli  acuissent  adeo 
quod  ipsius  fratrìs  conuentuales  sotij  intulissent  ei  plura  nerba 
non  modice  pungitìua  cepit  dictus  frater  in  animo  anxiari 
et  reprehensiones  fratmm  et  nerba  (qiiae)  in  predicationibus 
dixerat  diutius  considerans  Inter  semetipsum  dicebat  Mul- 
tas  fratribus  oblocutiones  et  scandala  multam  contra  me  re- 
prehensionis  materiam  excitaui  et  nescio  utmm  Deo  et  eius 
sancte  uirginis  (sic)  sit  acceptum.  Et  quedam  die  cum  propter 
multa  que  audierat  plus  solito  trìbulatus  recessisset  a  fratri- 
bus quomm  nerba  non  poterat  substinere^  cellam  suam  in- 
gressus  cepit  super  lectum  sedere.  Et  ecce  fratre  predicto 
in  ilio  cogitatu  quasi  aliquantulum  dormitante^  Qara  uirgo 
mirabili  claritate  |  refulgens  cellam  predictam  intra-  (  f.  64.' 
uit  et  in  fratris  dormitantis  oppositum  sedens  cepit  eum 
ylarissima  &cie  intuerì.  Et  allocuta  est  ad  eum  dicens.  In- 
spice  et  die  si  id  quod  de  me  predicasti  tibi  nimium  ui- 
deatur.  Cum  autem  frater  predictus  ad  cogitationem  nerbo- 
rum  huiusmodi  se  uertisset^  subito  de  claritate  illa  uirginis 
memorate  quoddam  aliquid  per  modum  luminis  quasi  es- 
set  scintilla  aliqua  ignis  clarìssima  emanauit  et  animam  fra- 
tris  illius  cum  magna  spirituali  tetigit  unctione.  Ad  cuius 
scintille  tactum  dictus  frater  subito  in  instanti  omnes   pre- 


VITA  DI   SANTA   CHIARA  DA  MONTEFALCO  24 1 

dicationes  et  omnia  que  in  iaudem  predicte  uirginis  dixerat 
uidit  sic  memorìter^  et  sic  clare^  quod  ipsa  uidebat  clarius^ 
intelligebat  iierius^  et  plenius  cognoscebat^  quam  apprehen- 
derìt  aliqua  que  possent  corporalibus  oculis  intuerì.  Et 
tunc  frater  predictus  ad  uirginis  (  verba  ?  )  interrogata 
(sic)  respondens  ait  Vere  est  modicum  quicquid  dixi.  Ga- 
ra autem  cum  delectabili  quodam  risu  subiunxit.  Verum 
est  quod  ea  que  dixisti  fuerunt  modica  et  etiam  in  dicendo 
ea  modum  debitum  non  seruasti.  Non  enim  ea  asserebas 
sicut  asserere  tenebaris.  Dum  autem  dictum  coltoquium  age^ 
batur^  anima  fratris  ipsius  lumine  quod  a  Clara  receperat  il- 
lustrata uidebat  premium  Giare  uirginis  in  altum  coscen- 
dere  et  transcendere  multos  ordines  angelorum.  Sed  quoniam 
eius  premium  cursu  celerrimo  |  ascendebat  et  pre-  (  n  65. 
dicti  fratris  uirtus  et  intelligentia  non  poterat  idem  sequi^  ne- 
quivit  apprehendere  dictus  frater  in  quo  supernorum  spiritum 
ordine  remaneret.  Et  claritate  tam  et  uelocitate  ascensus  ip- 
sius credit  et  intellexit  dictus  frater  in  uisione  predicta  quod 
154.  Clara  ascenderet  ad  suppremum.  Q  Et  post  modum  dictus 
firater  cum  appodiatus  existeret  ad  ceruical^  Clara  super  cer- 
uical  predictum  se  posuit  ad  sedendum^  et  inter  coUum  fra- 
tris,  qui  leuitur  obdormierat,  et  ceruical  manum  suam  et 
brachium  interponens,  cum  manu  altera  percussit  fratrem 
dulciter  et  leuiter  in  superiori  maxilla  dicens.  Inspice  modo 
et  uide  si  sum  pulcra.  Frater  autem  predictus  quoniam  in 
multitudine  delectationis  absortus  loqui  non  poterat,  intra 
se  tamen  non  per  uocem  exprimendo  dicebat.  Mirabilis  pul- 
crìtudinis  es  sancta  uirgo.  Et  eleuans  caput  suum,  Claram 
inspicere  et  uidere  si  posset  corporalibus  oculis  nitebatur. 
Tanta  uero  fulgoris  habundantia  tantaque  clarìtas  de  Clara 
uirgine  emicabat,  quod  ipsius  fratris  oculi  corporales  ipsam 
non  poterat  (sic)  substinere,  immo  illius  luminis  reuerberati 
fulgore  stupebant,  et  repercussi  naturalem  uidendi  potentiam 
amictebat  (sic).  Clara  uero  eumdem  fratrem  iterato  leuiter  ut 
antea  fecerat  in  maxilla  percussit  dicens.  Respice  me  et  re- 
spondas  si  sum  pulcra.  Ad  cuius  uocem  dictus  frater  cor- 
pcK-aliter    |    confortatus  respondit  uerbum  illud  quod  (  f.  65.' 

Archivio  Storico  II.  i6. 


242  MICHELE  FALOCI  PULIGKAKI 

prò  themate  suae  predicationb  antea  assumpserat  et  ore 
loquendo  dixit.  Tota  pulcra  es  amica  mea  et  macula  non  est 
in  te»  Et  tunc  frater  predictus  cepit  in  animo  cogitare  cui 
rei  color  ipsius  uirginis  assimilari  ualeret.  Et  cum  omnia  in 
comparatione  illius  pulcritudinis .  et  splendorìs  deficere  uide* 
rentur^  occurrit  sibi  consideratio  coloris  celi  in  occidentali 
parte  post  solis  occasum  sereno  tempore  et  nulla  interposi* 
tione  nubium  obfuscato.  Et  isti  colorì  fulgorem  Giare  qui 
continue  durabat  assimUans  colorem  alium  qui  interdum  mu- 
tationem  uidebatur  recipere^  colorì  aurì  purìssimi  et  fiilgentis 
congrue  similabat.  Interim  autem  dum  dictus  frater  talia 
cogitabat^  Qara  eum  tertìo  repercussit  interrogans  an  pul- 
cra sicut  predicauerat  uideretur.  Et  manum  supra  maxillam 
fratris  ipsius  quam  dulci  tactu  percusserat^  firma  quadam 
appositione  tenens^  diutius  securitatem  maximam  eius  anime 
influebat.  Et  tunc  firater  predictus  eandem  auctorìtatem  in 
tanto  resumens  dixit.  Tota  pulcra  es  et  cetera.  In  tactu  nero 
manus  predicte  uirginis  idem  frater  delectatìonem  quamdam 
indicibilem  sensit  emanantem  ab  ea^  ita  quod  anima  dicti  fra- 
tris  et  corpus  ac  cuncte  partes  ipsius  corporis  replete  fiierunt 
consolatione  et  delecta(tione)  mirabili^  et  que  referrì  non  pos- 
set  nisi  hoc  |  tantum^  quod  etiam  pedis  articulis  (sk)  et  (  f.  66. 
cetera  corporis  membra  que  de  sui  natura  et  modo  nullas 
uel  modicas  consueuerunt  in  se  consolationes  recipere  uel  sen- 
tire^ tunc  supernaturaliter  sic  de  consolationis  illius  habundan- 
tia  delectationis  plenitudinem  auriebant^  sicut  lingua  uel  ocu- 
lus  aut  membra  aliqua  que  de  sui  natura  consolationem  et 
delectationes  consueuerunt  recipere  et  sentire.  Omnes  etiam 
sensus  et  uirtutes  corporalium  sensuum  suas  delectationes 
et  consolationes  proprias  sentiebant  Et  tunc  frater  predictus 
ex  tanta  consolatione  et  familiarìtate  Giare  uirginis  securìta* 
tem  et  robur  accipiens^  cepit  ipsam  diligentius  intueri.  Et  in 
aspectu  cognouit  quod  ipsa  Giara  in  quacumque  sui  parte 
contra  quamcumque  modica  uideretur^  tota  integraliter  uide- 
batur. Erat  autem  sic  transparens  et  clara  quod  dum  inspi- 
ciebatur  exterìus  et  ab  una  parte ,  intrinsecus  etiam  ex  parte 
altera  uidebatur.  Vestimentis  autem  aliis  non  uidebatur  in- 


VITA  DI  SANTA   CHIARA  DA  MONTEFALCO  243 

duta^  sed  erat  tantum  induta  clarìtate  illius  luminis  et  splen* 
doris.  Et  cum  Clara  ibi  diutius  sic  stetisset^  fratri  supradicto 
iniuncxit  ut  istam  uisionem  cuidam  fratri  tunc  guardiano  loci 
fratrum  minorum  de  Monte  Falcone  quem  dixit,  sicut  ^rat 
sibi  contrarìum  diceret  et  referret 
155.  Uir  quidam  de  Monte  Falcone  infirmitatem  quamdam  gra- 
uissimam  patie  |  batur  tunc  temporis^  quam  per  an-  (  f.  66.' 
nos  XIIU  erat  passus  et  etiam  tempore  ampliori^  habebat 
enim  in  parte  sinistra  a  summitate  cosse  et  infra ,  scilicet 
a  iunctura  intra  crus  typiam  atque  pedem  dolorem  fortissi- 
mum^  et  infirmitatem  incurabilem  iuditio  medicorum^  ita 
quod  nec  habebat  potentiam  ordinatam.  Quando  enim 
ibat  pedem  sinistrum  transferre  non  poterat^  sed  trahe- 
bat  predìcte  cossam  et  tybiam  supradictos  (sic)  et  longitudo 
cruris  et  tybie  patientis  illius  erat  per  spatium  duorum  digi- 
torum  et  amplius  breuiata.  Paucis  autem  diebus  post  transi- 
tum  beate  Giare  uirginis  supradicte  elapsis^  audiens  die  qua- 
dam  dictus  infirmus  quod  crux  et  alia  passionis  Xpi  insignia 
in  corde  Clara  sancte  reperte  fìierant  et  apud  eius  mona- 
sterium  debebant  ostendi^  ad  que  etiam  uidenda  potestas  et 
offitiales  et  populus  Montis  Falconis  unanimiter  coniluebant 
('),  cepit  cuncta  despicer^  et  quasi  prò  nihilo  reputare  et  iter 
arrìpuit  ut  cames  emeret  ad  macellum.  Cumque  paululum 
ambulasset  tactus  in  corde  diuinitus^  doluìt  eo  quod  Dei  uir- 


(i)  Questa  ▼isiti  solenne  dd  podestà  e  del  popolo  di  Montefalco  al  monastero 
della  Santa  per  vederne  il  cuore,  accadde  il  ss  Agosto,  e  ne  abbiamo  il  documento  an* 
tentìco,  che  qui  riportiamo  sebbene  già  noto.  Lo  togliamo  dal  processo  del  iSfis  (Sum- 
marium  uovum.  num.  V.  pag.  51-54  ),  ove  si  dice  ancora  (  Memoriale  super  dubto 
an  et  de  quihuM  miracults  etc.  pag.  84-86)  che  fu  trovato  nell* Archivio  della  S.  C.  dei 
Riti  in  un  foglio  di  pergamena  che  1  paleografi  (  Summarium  novum^  pag.  i  )  giudica- 
rono della  prima  metà  del  secolo  XIV.  EÒrone  la  copia: 

In  nomine  domini  Amen.  Anno  domini  millesimo  treoenteximo  octavo,  indictione 
iota,  tempore  domini  Clementls  Pape  Quinti,  die  vicezimo  secnado  mensis  Augusti» 


244  MICHELE  FALOCl  PULIGKANI 

tutem  et  sanctitatem  predicte  uirginis  contempsisset^  retroces* 
8Ìt  et  iuit  ad  monasterìum  predicta  insigna  cum  alijs  gen- 
tibus  inspectiuiis.  Sed  quoniam  predicte  infirmitatìs  dolorìbus 
impeditus  simul  cum  alijs  illuc  eumtibus  non  poterat  am« 
bulare  alios  tamen  |  tantum  euntes  claudicando  si  (  f.  67. 
poterat  sequebatur.  Cum  autem  cnix  in  corde  uirginis  su- 
pradicte  reperta  per  quemdam  fratrem  minorem  publice 


Hec  est  forma  cniasdam  iaramenti  corponliter  prestiti  conin  dopno  Bordono  presbì- 
tero et  retore  Ecclesie  unte  Marie  de  turrì  de  Montelalco  spoletane  Dioc.  Vicario  in 
dicto  castro  et  districta  Yen.  patria  Domini  Petri  Eletti  Spoletaoi  et  Chlero  Montis£alco 
et  nobili  Tiro  Angelo  Gentile  domini  Ugolini  de  Gilibertis  de  Spoleto  potestate  Montis 
Falco,  eiosque  officialitma  et  priore  et  officio  quactaor  et  notar  populi  diete  terre»  frate 
Francisco  Custode  Vallis  Spoletane  ordinis  minorum,  et  aliis  plurìbus  religiosis  et  bo- 
nestis  et  discreptis  viris,  et  maltioe  (  multitudine  )  copiosa  hominam  et  malierum  de 
de  dieta  terra,  et  etiam  alionde  congratis  <  congregatia  )  in  Ecclesia  Monasterii  Sancte 
Crncis  de  Montefalco,  et  extra  ipsam  Ecclesiam  in  Qaustro  et  yia,  cum  Ecclesia  non 
esset  cspsx  tantamm  gentium  que  occnrrerant  de  diTersts  partibas  et  locis  propter  reve- 
rentiam  Oey  omnipotentis»  lesa  Christi,  et  gloriose  Virginis  Marie  dus  Matrts,  et  Ec- 
clesie Sancte  Crucis,  et  propter  reverentiam  et  honorem  et  devotionem  Beate  Giare 
Virginis  Deo  dedicate,  nane  in  dicto  loco  migrantia  ad  Dominam»  in  qao  loco,  et  qoi- 
bos  gentibns  miracola  et  beneficia  Salvatoris  nostri  lesa  Christi  obstensa  fuemnt  in- 
veta  (  inventa  )  in  corpore  et  corde  beate  Tlrglnis  Giare,  et  paUice  ipsi  popolo  ob- 
stensa. Sdlicet  cor  ipsius  Beate  Qare,  in  qao  corde  inventa  foit  qncdam  crnx  de  carne 
ad  modum  Theo,  in  latere  dextro  dicti  cordis  in  qaodam  loco  depresso  in  ipsa  carne 
ad  modum  diete  Crucis,  nec  infiza  erat  cum  ipsa  carne  cordis,  set  separata  per  se  sta- 
batf  nisi  quod  in  pede  diete  crucis  erat  quidam  filos  carnius  satis  ezilis,  qui  ex  ima 
parte  conganctus  (conjunctus)  erat  cum  pede  diete  crucis,  et  ex  alia  parte  natus  ti- 
debatur  in  ipso  corde  et  ipsa  cruce.  Ex  latere  ipsius  erat  quodam  foramen  parvuncu- 
lum  ad  modum  percussionis  lande.  Ex  parte  vero  sinistra  prefitti  cordis  erat  quedam 
fasta  de  carne  lùtbens  in  sumitate  quinque  nenranculos,  que  in  nullo  congancta  erat 
enm  ipso  corde.  In  ipso  etiam  corde  ex  interiori  parte  breviter  continebatur  totnm  mi- 
sterinm  Passionis,  sdlicet  lancia  et  davi,  omnia  de  carne  dicto  cordi  continebantnr.  In 
felle  ipsins  Giare  inventi  foeront  tres  lapides  crossi  ad  modum  avellane ,  non  nlmia 
crossa  rotondi,  ex  ima  parte  erant  plani,  eiosdem  croasitodinis  et  coloris  sìne  alìqaa 
homiditate.  Qniboa  omnibos  coram  dictis  gentibos  et  popolo  obstensia  aoUepniter  et 
rcverentcr  visis,  soror  Johanna  Abbatissa  dicti  Monasterii,  et  alia  sororcs  dicti  Maw^ 
steri!,  sdlicet  aoror  Marina,  soror  Thomassa,  soror  Lucia,  soror  Agnes,  soror  Francar 
aha,  soror  Katartna,  soror  Margarita,  soror  Allominata,  aoror  Christina,  soror  Jsaya, 
soror  Constantia,  soror  Francescha,  soror  Angeloccia,  soror  Massiola,  soror  Jacovoda, 
et  soror  Alena  Monialea  prefati  Monasterii  ad  certitodinem  populi  predici!  et  gentium 
illuc  oocorentiom  et  fidem  tantorum  miracolorom  ob  devotionem  Dd ,  et  Beate  Marie 
et  Beate  Giare  Virginia  predicte,  que  naper  ad  Dominom  migraverat,  corporaliter  tacto 
Ubro,  poblioe  ad  Sanctt  Dd  ETtogelii  iunTcmiit  iti  foiaac  at  aapeiios  cat  Damtnm 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA  MOKTEFALCO  245 

populo  monstrabatur  (')  sensit  dictus  infirmus  motum  quem* 
dam  deuotionis  in  anima^  iet  feruore  spirituali  accensus  dixit 
Sancta  Clara  benedicta  rogo  te  per  ista  seruitia  que  Dee 


adìcicntes  et  decUrantes  cansain  eoram  motns,  qnare  ause  fuenint  dictum  cor  sdodere 
et  prò  talibos  rìmarì,  diceotes  primo  Dei  voluntatem  fuisse,  secaodarìo  quia  dum  dieta 
beata  Clara  iaceret  infirma  prope  transitum  saum,  aliquando  ereta  spirita  in  tanta  ala- 
criute  et  iocunditate  existebat  ut  facies  dus  resplenderet  mirabiliter ,  dicendo ,  or 
(  lege  oh  )  ducatis  me  ad  locum  diutius  dessideratum,  et  dolcissime  canebat ,  et  verba 
alta  et  profnndissima  loquebatur.  Aliquando  cum  demonibas  videbatur  esse  in  conflictn, 
dicendo,  ite  maledicti,  quia  ego  nolo  vestrum  accipere»  nec  de  meo  vobis  aliquid  dare, 
nec  hic  habetis  quicquam  facere ,  quia  Dominus  Jesus  Christus  maledixit  vos  jam  sunt 
quinquemilia  anni  et  plus,  et  ego  vos  maledico  adeo,  et  a  me  ite  viam  yestram  et  rece- 
di te.  Et  cum  hec  diceret  ut  eias  sorores  audierunt»  sorores  dicti  Manosterii  celariter 
Tenernnt  ad  eam ,  quarum  una  dixit  ei ,  Clara  times  tu  ?  et  illa  respondit ,  non  timeo , 
nec  reoolo  qnod  adhuc  timuerim,  et  Illa  soror  que  quesierat  extendit  manum  versus  eam 
volens  eam  signare  signaculo  Cruds,  et  Beata  Clara  Virgo  dixit  ei,  quid  vis  £icere?  et 
illa  respondit,  volo  te  signare  Cruce,  et  Beata  Clara  respondit,  non  cxpedit,  quia  Cru- 
ccm  Domini  Nostri  Jean  Chrìsti  inflxam  habeo  cordi  meo.  Et  propter  hec  et  alia  qne 
ab  ea  andierant  mote  sunt  ad  rimandum  et  videndum  cor  ipsius  et  viscera,  dicentes  in- 
tro  se,  ipsa  beata  Clara  defuncta  talia  nobis  dixit,  nec  unquam  ab  ea  andìvimus  qnod 
esset  mcndadum  vel  vsnum ,  unde  rimemur  et  videamus  prò  predictis  que  nobis  dixit. 
Et  hec  omnia  et  singula  iuraverunt,  ad  sancta  Dey  Evangelia  ita  fuisse  et  esse  vera  ut 
superius  sunt  narrata.  Ad  hec  Ma^^ister  Symon  de  Spello  medicus  fissdce  (sic)  qui  cu- 
ravcrat  in  sua  infirmitate  dictam  Beatam  Qaram  Virginem,  presens  existens,  tacto  libro 
corporaliter ,  coram  omnibus  predictis  ad  Sancta  Dey  Evangelia  iuravit,  se  statim  post 
ciasuram  (sic)  dicti  cordis  ad  fenestram  gratis  ferree  dicti  Manosterii  sancte  Crucis  de 
recente  vidisse  omnia  et  singula  supradicta,  prout  demonstrata  et  narrata  sibi  fuerunt 
per  dominas  predictas. 

Actum  in  Ecclesia  Sancte  Crucis  de  Montefalco  inxta  gratem  ferream  Monasteri! 
■ancte  Crucis  prefate  presenti  bus  Domino  Gentile  Domini  Ugolini  de  Giiibertis  de  Spoleto 
potestate  Communis  Montisfalco,  domino  Angelo  Gentilis  de  Monteleone  eius  indice  et 
dicti  communis  magistro  Ciappo  Spoletoni  de  Spoleto  eius  Notano,  Puccuro  Palmaroni 
de  Montefalco  priore  populi  diete  terre,  magistro  Joacùe  de  Spello  Notarlo  dicti  populi 
Castri  prefati,  Matheo  Lancsocti,  Paulicto  Marconi,  Cripsuro  Benetendi,  et  Leonardo 
Patri  de  Montefalco,  qnactuor  qui  presunt  populo  diete  terre,  Nardo  Siccapopuli,  Gn- 
rarducdo  domini  Musey,  Juliano  Pauli,  Petro  Andree,  et  Petrudo  Symonis  Andree  de 
Spoleto ,  fratre  Francisco  Custode  Ordinis  Minorum  Custodie  Valli»  Spoletane ,  eiusd. 
Ordittis,  fratre  Andrea  Fingiaoni,  fratre  Jacobo  Magistri  Gontii  lectore  loci  Meanee,  et 
fratre  Joanne  Minudo  Pulcini  de  Mevanea  de  Ordine  Minorum,  domino  Periohanne  do- 
mini Raynerii  milite,  domino  Egidio  Viviani,  domini  Jacobi,  domino  Munualdo  Jacob!, 
et  domino  Andrea  Raynerii  iudidbus,  domino  Thoma  Angeli .  frate  Jacobucio ,  domini 
Jacobi,  dopno  Pantulo  Scorne,  dopno  Nicola  Andree,  dopno  Petro  Raynl,  et  dopno  Ray- 
nucdo  Johaiinauri  presbiteris  domino  Joanne  Canonico  Spoletano,  Leonardudo  domini 
Goilli,  Pudo  domini  Jacobi,  Magistro  Jacobo  Hngolini,  et  Petrucio  Pucxuri  de  Monte- 
falcone,  et  plurìbus  aliis  testibus  ad  hoc  vocatis  et  rogatis 

(Siffnum).  Ego  Angelus  Joannilli  de  Montefalco  imperlali  auctoritate  notarius,  et 
index  ordinarìns  prefittis  iuramentis  interfui,  et  ut  saprà  legitur,  rogatus  scribere,  scripsi 
et  pablicavi. 

(1)  Il  solito  vecchio  annotatore  in  margine  scrisse:  Intigna  patsionit  reperta  in 
corde  b,  dare  a  fratrt  minore  populo  ottenduntur. 


^4^  MICHELE  PALOa  PULIGKAKl 

feàsó,  ut  me  liberes  ab  infirmitate  quam  passus  sum  ita 
dire.  Et  in  sua  oratione  adiecit  quod  si  liberaretur  a  pre- 
dieta  infirmitate  ocream  ceream  longitudinis  suorum  crurìs 
tybie  ac  pedis  in  honore  prediate  uifginis  ad  eius  mona- 
sterium  deportaret  Qua  oratione  completa  incontanenti  an- 
tequam  inde  recederet  quidam  sudor  maximus  emanauitde 
infirmis  crure  et  tybia  in  ocream  quam  calciatam  portabat^ 
et  dum  inde  recederet  homo  ille^  quamuis  adhuc  non  esset 
a  predicta  infirmitate  plenarie  liberatus^  sensit  tamen  quod 
dolor  eius  erat  aliqualiter  diminutus^  et  pes  crux  (sic)  et  tybia 
supradicti  erant  quasi  totaliter  consopiti.  Nocte  nero  diei  illius 
dictus  infirmus  in  domo  sua  decumbans  uidit  in  sompnis 
quod  in  monasterio  sancte  Giare  predicte^  quod  uocatur  mo- 
nasterium  sancte  crucis^  quidam  fons  amenus  et  pulcerrimus 
emanabat^  ad  cuius  pulcrìtudinem  et  ut  de  aqua  ipsius  bi- 
berent^  innumerabiles  populi  confiuebant.  Non  tamen  uenien- 
tes  de  fonte  ilio  |  bibere  poterant^  sed  biberant  ali-  (  r.  67.' 
qui  Inter  quos  semetipsum  uidebat^  et  se  de  aqua  fonds  illius 
bibere  cognoscebat.  Et  post  paucos  alios  dies^  cum  fuisset 
in  dicto  monasterio  de  sanctitate  Qare  et  de  predictis  insi- 
gniis  predicatum^  nocte  diei  illius  uidit  in  sompnis  dictus  in- 
firmus totam  domum  suam  in  qua  iacebat  mirabiliter  illu- 
stratam  et  clarìorem  sole  reuerberante  in  meridie  posset  esse 
(sic).  Et  simul  cum  ista  claritate^  uenit  ad  eum  uirgo  Qara, 
clarior  sole  et  qualibet  clarìtate^  que  iacenti  infirmo  appropians 
sue  manus  tactu  dulcissimo  totam  infirmitatem  eo  sentienti 
abstulit  ab  eo.  Et  ipsi  infirmo  uidebatur  quod  sancta  Clara 
sic  eius  infirmitatem  auferret  sicut  aufertur  corium  ab  an- 
guilla. Et  tunc  Clara  recedens^  eum  piene  liberatum  dimisit. 
Ipse  nero  liberatum  se  sentiens  fortiter  et  alta  noce  de  sua 
loquens  infirmitate^  clamauit  dicens.  Portas  ne  eam  tecum^ 
portas  eum  tecum?  (sic)  et  adiunxit.  Verum  est  quod  portat 
eam?  Quidam  autem  conuicinus  ipsius^  audiens  dictum  in- 
firmum  sic  clamantem^  increpauit  eum  dicens.  Miser^  quid 
clamas  ?  Sunt  ne  fures  qui  portent  tua  quod  eis  dicas  quod 
portant  ?  Ad  uocem  autem  ipsius  dictus  eger  euigilatus  ui- 
dit domum  suam  adhuc  clarìtate  predicta  mirabiliter  |  {ics. 


VITA  DI  SANTA  CHURA  DA  MONTEFALCO  247 

illustratami  et  se  sensit  sic  plenarie  liberatum^  ut  nec  dolor 
aliquis  nec  infirmitatis  cuiusquam  indida  remansissent  in  eo^ 
ymmo  rehabebat  perfecte  potenriam  ambulandi  et  breuitas 
cruris  ac  tybie  predictarum  ad  magnitudìnem  et  equalitatem 
partis  alterìus  beate  Giare  uirginis  mlraculosa  operatione  red- 
dita  (erat).  Et  hoc  miraculum  constat  notorie  esse  uerum^ 
quoniam  infinnitas  prefatì  egri  erat  et  fuerat  per  annos  XIIU 
et  amplius  omnibus  hominibus  de  contrata  illa  notorie  ma- 
nifesta^ et  nulla  infirmitatis  predicte  indicia  in  eo  post  mira- 
culum remanserunt  Eidem  etiam  egro  quando  interdum 
uolebat  peccato  alicui  consentire^  antequam  caderet,  Qara 
uirgo  in  sonpnis  apparuit  et  ne  peccato  fiendo  consentirei 
precépit^  et  alijs  modis  pluries  ne  in  peccatum  caderet^  sicut 
ipse  asseruit^  custodiuit. 
156.  Die  illa  qua  predicta  insignia  populo  monstrata  fìierunt^ 
quidam  uir  arte  sua  lateres  ad  conquendum  disponebat  in 
filmo.  Et  uidens  suam  uxorem  uenire^  dixit  ei:  unde  uenis? 
Que  respondit.  Ego  uenio  de  sancta  Clara  ^  quoniam  crux 
et  firusta  sunt  in  ejus  corde  reperta^  et  modo  omnibus  sunt 
ostensa^  multaque  miracula  fiunt  ibi.  Vir  uero  predictus  ce- 
pit  ridere  ut  cachinari  de  uerbis  uxoris  et  detrahere  ac 
uerba  pare  (  sicy  suae  ?  )  uxoris  uerbo  fatua  increpare. 
Viro  autem  taliter  detrahente  quidam  de  lateribus  quos 
in  furno  |  posuerat  saltauit  subito  et  in  brachio  (f.  68.' 
eum  magna  ictu  percussit.  Ex  qua  percussione  magnum  do- 
lorem  sensit  et  dolor  ille  continue  grauabatur.  Et  in  sero 
diei  illius  cum  iam  dolor  nimium  excreuisset^  reuersus  est 
uir  predictus  ad  conscentiam  et  congnouit  quod  ista  per- 
cussio  miraculosa  extiterat^  ex  eo  quod  detraxerat  sancte 
Qare.  Quod  ea  ratione  cognouit^  quoniam  nondum  in  fur- 
no ignis  fuisset  accensus^  later  crudus  saltare  nequiuerat  nec 
tantum  ictum  et  dolorem  inferre  etiamsi  coctus  et  multo 
maioris  quantitatis  fuisset.  Cognoscens  ergo  quod  malefecerat^ 
recommendauit  se  uirgini  sancte  Clare^  et  uouit  eius  uisitare 
sepulcrum^  credens  prò  certo  ea  que  de  ipsa  audiuerat  esse 
uera.  Et  ecce  statim  subito  sensit  uir  predictus^  quod  eius 
brachium  in  loco  dolorìs  sancta  Clara  tetigit  manu  sua^  et 


248  MICHELE  FALOCl  PULIGMAKI 

.  in  tactu  totum  dolorem  abstulit  et  lesuram.  Et  sic  uir  pre- 
dictus  statini  fuit  plenarie  liberatus. 

157.  Et  dum  predìcta  insigna  in  corpore  Qare  reperta  po- 
pulo  monstrabantur^  quedam  domina  piena  diebus  et  in  san- 
ctis  operationibus  laudabiliter  antiquata  Beatrìx  nomine^  si- 
mul  cum  alio  populo  erat  in  monasterìo  memorato^  et  recta 
existens  in  suis  pedibus  uidit  quamdam  societatem  innume- 
rabilem  angelorum  sanctorum  parìter  et  sanctanim.  Erant 
autem  induti  diuersis  modis  et  |  colorìbus  uestium  (  r.  69. 
et  inter  eos  beata  Qara  predicto  decore  fulgens  inenarabUi 
existebat.  Et  uestes  eius  erant  colorìs  rubei  que  tantam  de- 
corìs  pereminentiam  ostendebant  quod  in  toto  ilio  celi  exer- 
cim  non  apparebant  nisi  duo  sancti  alij  qui  essent  cum  Qara 
sic  decoris  uestibus  conuestiti.  Et  ex  aspectu  uirginis  domina 
Beatrìx  predicta  quasi  in  quodam  raptu  femore  accensa  se 
continere   non  poterat  sed  clamabat  dicens.   Sancta  Clara^ 

138.  sancta  Clara.  G  Alia  etiam  uice  eidem  domine  Beatrici  in 
domo  propria  existenti  Clara  uirgo  cum  clarìtate  mirabili 
apparuit  et  audiente  predicta  domina  Beatrice  ipsi  beata 
Clara  (')  quic  quid  uis^  quoniam  quic  quid  petieris  optinebis. 

159.  Q  Alia  etiam  die  cum  tertio  sibi  apparuisset  in  sue  appa- 
ritionis  discessu  Clara  crucem  quamdam  pulcerimam  in  co- 
spectu  domine  Beatricis  reliquit^  ad  cuius  crucis  intuitum 
dieta  domina  se  signauit,  et  ipsam  crucem  sic  uidebat  da- 
rissime^  quod  etiam  suam  neptem  que  in  domo  habitabat^ 
cum  ea  uocauit  ut  et  secum  uideret  pulcritudinem  diete  cru- 
cis. Nepte  nero  uocata  statim  antequam  ueniret  disparuit 
crux  predicta. 

160  •  Apud  Bonegium  in  cenobio  sancte  Agnetis  perusine  dio« 
cesis  erat  quedam  domina  que  ibidem  ulta  et  habitu  lauda- 
biliter diutius  fuerat  conuersata:  hec  infirmitatem  quamdam 
grauissimam  per  multos  annos  et  tempora    |    passa  (  f.  69.' 


(1)  Forse  manca  .*  dixitì  die  quiequid  vis  etc. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA  DA   MÒNTEFALCO  249 

fuerat  per  omnia  corporìs  sui  membra  unde  debilitata  erat 
nimium  et  acerbis  dolorìbus  uexabatur.  Caput  eius  motu 
continuo  nec  saltem  per  aliquam  morulam  instabilitate  uel 
quiete  stare  poterat  uel  teneri.  Manibus  etiam  cibum  ori 
nequibat  apponere^  sed  oportebat  quod  pasceretur  ab  aliqua 
dominarum.  Pro  liberationis  autem  benefìcio  optinendo  ab 
infirmitate  predicta  ipsa  ipsa  {sic)  domina  diu  fuerat  Consilia 
medicorum  secuta  et  insuper  sancti  Francisci  et  sancte  dare 
de  Asisio  ed  aliorum  sanctorum  plurìum  se  intercessionibus 
recomendans^  uota  sua  emiserat  ut  posset  a  predicta  egritu- 
dine liberari.  Et  ex  predictis  petitis  sunt  fragijs  (')  uel  eorum 
aUquo  nullam  melionitionem  corporìs  sentiebat ,  immo  ipsa 
infirmitas  uidebatur  continue  aggrauarì.  Die  autem  octaua 
a  transitu  beate  Giare  de  Monte  Falcone  ista  domina  sic  in- 
firma iacens  in  suo  grabato^  de  mane  ante  tertiam  die  sabbad 
orationi  instabat^  et  audiuit  subito  quamdam  uocem  prout 
prò  certo  credidit  angelicam  uel  diuinam  sibi  dare  dicen- 
tem  :  Auoue  te  sancte  dare.  Auoue  te  sancte  Giare  et  eris  li- 
berata. Ipsa  nero  domina  sic  infirma  quae  sancte  Giare  de  Asi- 
sio se  deuouerat,  recordata  super  nerbo  uocis  illius  quam  au- 
diuerat^cumadmiratione  maxima  cogitabat^presertim  quoniam 
aliam  sanctam  Glaram  quam  illam  de  Asisio  numquam  alias 
au  I  diuerat  nominari  nec  de  beata  Giara  de  Monte  (  f.  70. 
Falcone  aut  sanctitate  ipsius  numquam  habuerat  notitiam 
nec  de  morte.  Ad  cuius  infirme  recogitatum^  quamuis  nihil 
loquendo  proferret  uox  predicta  respondit.  Sancta  Giara  de 
Asisio  magisterìum  habuit  temporale^  sed  sancta  Giara  de 
qua  loquor  magisterìum  habuit  spirituale*  tantummodo  non 
terrenum^  et  adiecit:  Hodie  sunt  Vili  dies  quod  hec  sancta 
Qara  de  mundo  transiuit^  et  eius  humanitas  est  pura  sicut 
humanitas  sancti  lohannis^  et  ipsa  uocabatur  sancta  darà 


(1)  Forse:  sufragiis» 


250  MICHELE  FALOCl  PULIONANI 

de  cruce.  Et  tunc  ipsa  domina  sic  infirma  dixit  Ego  nescio 
que  sit  ista  sancta  Clara^  neque  umquam  alias  audiui  aiiquid 
dici  de  ea.  Et  uox  predicta  itenim  locuta  dixit.  De  ista  sancta 
Qara  Bona  de  mane  de  Perusio  loquitiir  et  te  instruet  que 
sit  bta.  Et  hijs  dictis  infirma  predicta  ad  se  redijt^  et  uocans 
retrìcem  loci^  ei  et  quibusdam  alijs  dominabus  eiusdem^  pre- 
dieta  que  audiuerat  incontinenti  per  ordinem  retulit  et  ipse 
domine  ad  Bonam  de  mane  perusinam  statim  sine  inter 
medio  temporis  transmiserunt  monasterii  seruitrìces.  Cum- 
que  Bona  de  mane  seruitricium  relationem  audisset^  subi- 
to in  spirìtu  eleuata  quamuis  nil  de  transitu  beate  Gare 
predicte  alias  audiuisset^  clamauit  dicens  :  Clara  sancta  tota 
diuina  tota  cum  Deo  unita.  Verum  est^  uerum  est  quod 
hodie  sunt  Vili,  dies  quod  transiuit  Hec  est  Clara  sancta 
condam  abbatissa  |  monasteri)  sancte  crucis  de  (  f.  70/ 
Monte  Falcone.  Et  cum  seruitrices  ad  monasterium  redissent^ 
infirma  predicta  ipsarum  relatione  audita^se  recommendauit 
prò  sua  liberatione  beate  Clare  de  cruce.  Et  uoto  emisso 
statim  sine  aliquo  intermedio  temporis  fìiit  plenarie  li- 
berata, xxviij. 

161.  Frater  quidam  de  Spoleto  ordinis  predicatorum  per  men-« 
Sem  cimi  dimidio  duplici  tertiana  grauatus^  cum  post  auxilia 
medicorum  plurìum  santorum  patrocinia  inuocasset^  nondum 
tamen  poterat  liberari.  Audiens  uero  miracula  diete  Clare  et 
quod  in  ea  reperta  erant  X.  insignia  paxionis  recommendauit 
se  uirgini  supradicte.  Et  cum  febris  accensionem  expectaret 
surrexit  de  lecto  et  genuflexit  coram  ymagine  crucifixi 
dicens.  Saluator  mundi  rogo  te  ut  meritis  et  precibus  istius 
sancte  Clare  que  hijs  diebus  de  mundo  migrauit^  febris  ista 
me  amplius  non  affligat^  et  ego  promicto  hoc  publice  pre« 
dicare.  Quo  uoto  emisso  statim  hiit  plenarie  liberatus  quod 
nec  febris  redijt  ad  eumdem.  xxptitj. 

162.  Quedam  mulier  de  Monte  Martano  in  sanctitatis  ope- 
ribus  et  assiduis  operationibus  antiquata^  die  quadam  spirì- 
tualiter  eleuata  uidit  beatam  Qaram  ante  presentiam  Trini- 
tatìs  claritate  qualibet  clariorem^  et  crucem  quamdam  au- 
ream   cum   crucifixo   in   manibus     |     deferentem     (  f.  71. 


VITA  m  SANTA  CHlAftA  DA  MONTEFALCO  25 1 

et   in   ipsius   Giare   capite   coronam  aureatn  refulgentem 

XXX. 

163.  Venerabìlis  pater  dominus  lacobus  de  Columpna  (')  sa- 
crosancte  romane  ecclesie  cardinalis  qui  in  urbe  romana  tunc 
temporis  residebat^  romana  curia  in  ultro  montanis  partibus 
existente^  audita  fama .  celebri  dare  uìrginis  et  insignum  pre- 
dictorum  crucem  et  frustam  et  cor  cum  ceteris  passionis 
Xpi  insignis  ac  predictos  tres  lapides^  fecit  Romam  a  se  in- 
spidenda  deferri.  Quibus  omnibus  per  eum  ac  uenerabilem 
patrem  dominum  Neopolionem  sancti  Adriani  diaconus  car- 
dinalis (sic)  una  cum  pluribus  honorabiiibus  et  fide  dignis  per- 
sonis  plures  diligenter  inspectis^  aliqui  de  astantibus  Dei  uir- 
tutem  et  predicta  insigna  in  corde  Giare  uirginis  memorate 
reperta  cum  deuotione  animi  cognoscentes  se  affectuose  pre- 
diete  uirgini  commendabant  predicta  {')  insignia  fìcticia  facta 
esse.  Ali)  asserebant  ea  misteriorum  paxionis  Xpi  ueram 
representationem  et  similitudinem  non  habere.  Et  sic  diuer- 
simode  uilipendebailt  predicta  insignia  et  prò  nihilo  reputa- 
bant.  Aderat  autem  die  quadam  dum  ostendebantur  pluribus 
insignia  supradicta^  uir  quidam  ordinis  {^)  fratrum  minorum 
uite  exemplaritatis  et  fame  predicator  famosus  et  eloquens 
et  lector  in  theologia  excellens  cappellanus  et  &miliaris  do- 
mini Neapoleonis  predicti.  Hic  per  annos  XVU  et  amplius 
rupturam  in  inguine  [  dextera  passus  erat  in  tantum  (  f.  71.* 
grauissimam^  quod  quamuis  ad  subleuationem  sue  infirmi- 
tatis  predicte  lumbar  ferreum  continue  deportaret,  frequenter 
tamen  intestina  eius  ad  inferiora  non  obstante  lumbaris 
ostaculo^  descendebant  nec  poterant  ad  interiora  reduci  nisi 
manuum  oppressione  reductione  coacta  fratre  predicto  fre- 


(1)  Iq  margine:  Noia  bene.  Del  Card.  Colonna  vedi  i  numm.  63  e  73. 

(a)  Qui  certo  devono  mancare  aìcane  parole,  che  nella  versione  di  fra  Antonio  di- 
cono: Alcuni  altri  facendoti  beffe,  e  perseguitando  la  virtii  di  Dio,  con  temerario  e' 
pa^XO  ardire  dicevano,  i  predetti  segni  esser  fittici.  Pa<i.  340. 

(3)  Parole  sottolineate  nel  testo,  ove  nel  margine  si  legge  :  profratribus  minor 
ribms. 


^5^  MICHELE  FALOCI  PULIGMAKl 

quenter  in  terra  ud  super  lectum  pimitus  (?)  de  necesatate 
prostrato.  Et  quamuis  pluries  insignia  antea  supradicta  ui- 
disset  fidetnque  et  deuotionem  in  Clara  sanctitate  habe- 
ret^  unquam  tamen  prò  sua  liberatione  ab  infirmitate 
predicta  rogauerat^  nec  per  uirtutem  beate  Giare  ut  pre- 
dictorum  insignum  petierat  se  sanari^  uolens^  sicut  idem 
frater  asseruit^  uoluntati  diuine  sic  sue  mentis  desiderium 
coaptare^  quod  erga  personam  suam  nihil  omnino  a  Deo  po- 
terete sed  per  omnia  iìeret  quod  secundum  suo  desiderio 
diuina  dispositio  ordinaret^  presertim  quoniam  dolores  quos 
patiebatur  frequenter  ratione  infirmitatis  prediate^  àbì  apud 
Deum  meritorios  extimabant.  Infirmitas  autem  eius  pluribus 
fidedignis  personis  sui  ordinis  et  alijs  etiam  religiosis  et  se- 
cularìbus  nota  erat  et  propter  dolores  quos  inde  patiebatur 
frequenter  eis  qui  sibi  conuersabantur  diutius  occultare  nequi- 
uerat^  quin  ad  eorum  notitiam  deueniret.  Cumque  frater  pre- 
dictus  quosdam  de  astahtibus  detrahentes  predictis  insignis  et 
formis  eorum^  alios  nero  despi  |  cientes  quasi  haberent  (  f.  7,. 
prò  nihilo  predicta  insignia  conspexisset  ipse  tamen  in  Dei  et 
predicte  uirginis  deuotione  uirtuosa^  quedam  influentia  ulte- 
rius  spirìtus  domini  insiluisset  in  eum^  mirabiliter  infiamma-» 
tus  ait  ad  uirginem  supradictam  :  Virgo  clarissima^  te  hac* 
tenus  nolui  prò  mee  infirmitatis  liberatione  rogare  ne  saluti 
mei  corporis  essem  soUicitus  prouideri.  Nunc  nero  in  testi- 
monium  tue  sanctitatis  et  ueritatìs  istorum  signorum  in  tuo 
corde  repertorum  et  ut  bora  (ora)  detrahentium  obturentur^ 
et  eo  in  meis  predicationibus  possim  audatius  sanctitatem  tuam 
et  uerìtatem  istorum  insignum  predicare^  rogo  et  uolo  ut 
me  a  ruptura  quam  patior  liberare  digneris.  Quibus  dicds 
in  continenti  absque  omni  temporis  interuallo  ruptura  pre- 
dieta  sic  extitit  solidata  sic  quod  ab  infirmitate  predicta  dic- 
tus frater  extitit  liberatus  quod  intestina  ipsius  ad  partes  in- 
feriores  ex  tunc  descendere  nequiuerunt^  nec  modo  dolores 
aliquos  sensit  quomodocumque  predicto  lumbàrì  deposito 
alta  uoce  clamaret  aut  diuinum  officium  decantaret.  In  hac 
autem  miraculi  operatione  notoria  et  stupenda  et  de  astan* 
tibus  detractores  et  increduli  conuersi  ex  tunc  firmiter  ere- 


VITA   DI  SANTA   CHIARA  DA  MONTEFALCO  2$$ 

diderunty  et  qui  credebant  antea  in  uerìtate  predicta  fuerunt 
amplius  confortati  (')•  xxxi.  ' 

164.  Quidam  presbiter  nimio  dolore  dentium  uexabatur.  Au- 
diens  autem  quod  Deus  operabatur  |  multa  miracula  (  f.  7,.» 
mentis  diete  Giare  quodam  sero  circa  defectum  diei  conuersus 
ad  eam  dixit  Sancta  Qara  nona  rogo  te  ut  te  (sic)  ab  isto  do^ 
lore  me  liberare  digneris.  Et  emisso  noto  de  sepulcro  ipsius 
uirginis  uisitando  in  continenti  super  maxillam  in  qua  patie- 
batur  dolorem  fortius^  sensit  dulcem  tactum  manus  uirginis 
supradicte  et  statim  fuit  sine  omni  temporis  interuallo  a  do» 
lore  predicto  plenarie  liberatus.  Et  eodem  sero  dum  super 
sua  liberatione  cum  mentis  letitia  cogitabat  presbiter  supra- 
dictus  quasi  dulci  sopore  respersus  non  tamen  dormiens^ 
sicut  dixit^  audiuit  uocem  quamdam  nullo  tamen  uiso  cor-* 
pore  sibi  dare  dicentem:  sancta  Clara  liberauit  te.  xxxij. 

165.  Domina  quedam  febre  fortissima  aggrauata  dum  prò  sua 
liberatione  beatam  Claram  rogauit  et  statim  fuit  et  subito 
liberata.  Cogitauit  ergo  in  animo  suo  dicens:  Vadam  ad 
monasterium  et  miraculum  reuelabo.  Mutauit  tamen  propo- 
situm  in  corde  suo  et  dixit:  febris  forsan  adhuc  reuertetur 
et  non  sum  plenarie  liberata^  uel  forsitan  sum  liberata  ple- 
narie nec  tamen  micaculose  sita  uirtute  nature.  Qua  su- 
pra  cogitatione  sic  habita  febris  redijt  ad  eamdem.  Ipsa  nero 
quoniam  uirtuti  sancte  Giare  dubia  et  incredula  fueraj^  pe- 
nituit  et  plorauit  amare  ^  uotum  emisit  recommendauit  ite- 
rum  sancte  Giare  et  in  mane  sequenti  re  |  pperit  (  r.  83. 
piene  liberatam  nec  febris  amplius  redijt  ad  eandem.  xxxiij. 

166.  Abbatissa  monasteri)  sancti  Nicolai  de  Nursia  (')  dum  in 
die  natalis  beate  Marie^  oraret  sensit  subito  odorem  maxi- 


(t)  Nd  procetao  del  1318,  fol.  414  si  legffe  che  l«  Sanu  liberò  dallo  stesso  male 
fratrrm  Franciicum  Damiani  de  Monte  Falcone  de  ordine  Fratrum  Minorum  e  Fra« 
ttem  Vbertinum  de  Casali  fune  Ordinit  Minorum,  ted  nìtnc  Monachum  nigrum. 

(t)  Manca  questo  monastero  nella  enumerazione  dei  monasteri  di  Norcia  &tta  da 
F.  Patrizi -FoBTi  nelle  sue:  Memorie  Storiche  di  Norcia,  Norcia,  1S691  Lib.  V  , 
i.  XllJ,  pag .  3a|o. 


254  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

mum  ipsius  uirginis  matrìs  Dei.  Et  paulo  post  in  spirìtu 
eleuata  uidit  ipsam  beatam  uirginetn  habentem  secum  sub 
*  sua  clamide  sanctam  Glaram.  Cui  abbatìsse  beata  Maria 
dixit.  Ecce  Claram  filiam  meam.  Et  uirgo  Qani  subsequen- 
ter  adiumxit.  Modicum  fuit  tempus  meum  ut  mererer  existere 
sub  clamide  matrìs  Dei.  Domina  autem  illa  que  ista  uidebat^ 
quia  an  esset  Gara  de  Asisio  dubitabat^  interrogauit  eam 
dicens:  est  ne  uerum  quod  tu  es  Qara  de  Monte  Falco- 
ne? Clara  sancta  respondic  Tu  dixisti  uerum  quod  sum. 
xxxiiij. 

i66.  Apud  Perusium   puer  quidam  decennis  per  multum 

temporis  epilecticum  morbum  passus  dum  accessione  laboris 
illius  arrìpiebatur^  cadebat  impreuidenter  quando  et  frequenter 
in  die  et  per  hos  (os)  spumam  emictens  oculos  quando  reuol- 
uens  inembrorum  omnium  potentias  amictebat  Quadam 
autem  die  dum  percussione  predicta  fortissime  uexaretur^ 
eius  mater  ipsum  cum  deuotione  beate  Clare  predicte  uir- 
gini  commendauit,  et  noto  per  matrem  emisso,  puer  fuit 
statim  plenarie  liberatus  nec  amplius  morbi  predicti  acces- 
sione uexatus.  xxxv.  \  (  f.  ^y* 

167.  Puella  quedam  de  Asisio  auditum  perdiderat  et  per 

plures  annos  prò  surda  ab  omnibus  comuniter  habebatur;  per 
patrem  suum  buie  sancte  uirgini  commendata  recuperauit 
auditum.  xxxv.  (sic). 

i68.  Puerum  quemdam  de  Castro  Litaldi  inuasit  quedam  in* 
firmitas  qua  loquendi  potentiam  subito  perdidit  et  fuit 
membrorum  potentia  destitutus  ex  quo  parentes  illius  de 
ulta  eius  penitus  desperabant^  presertim  quoniam  antea  Inter 
XV.  dierum  spatium  ex  infirmitate  consimili  duos  alios  fi- 
lios  perdiderant  et  nepotem.  Mater  autem  recommendauit 
dictum  puerum  sancte  Clare^  et  puer  fiiit  subito  liberatus 
in  totum. 

i6g.  Quidam  presbiter  fuit  xl.  duobus  diebus  febre  continua 

aggrauatus  et  in  tantum  quod  publice  per  plures  dies  prò 
mortuo  habebatur.  Ipsa  autem  infirmitate  durante  recom- 
mendauit se  sancte  Clare.  Et  ipsa  santa  V^  dominabus  alijs 
sociata  et  in  habitu  quem  portauerant  sui  monasteri)   mo- 


VITA  DI  SANTA  CHIARÌ  DA   MONTEFALCO  255 

niales  sibi  apparuit  et  eum  terdo  benedixit  Et  ex  inde  con- 
ualuit  supra  dictus  presbiter.  xxxvij. 
170.  Quidam  per  annos.  Vili,  passus  fuit  dolorem  in  anca 
quod  ensem  cintimi  portare  non  poterat  et  doiores  maximos 
sentiebat^  ita  quod  uix  poterat  ambulare^  super  quibus  se 
beate  dare  recommendauit  deuote.  Et  quodam  mane  extra 
contratam  |  ire  uoluit^  et  ense  etiam  se  accingens^  sui  (f.  74. 
oblitus,  cepit  facere  iter  suum.  Cumque  extra  terram  uiam 
perageret  ad  se  reuersus  mirabatur  quod  ensem  accinserat 
et  nulium  dolorem  penitus  sentiebat.  Et  sic  uirtute  beate 
Giare  se  repperiit  plenarie  liberatus.  xxxpiij. 

171.  Quidam  bouem  suum  habebat  infirmum.  Quem  die 
quadam  reliquit  in  campo  mortuum  et  prò  mortuo  firmiter 
ut  credebat.  Et  cum  die  eodem  redisse t  ad  campum  ipsius 
facere  excorìare  bouem  sanum  et  piene  liberatum  inuenit 
Ipsum  enim  recommendauerat  sancte  dare. 

172.  Uenerabilis  uir  dominus  Angelus  de  Timosis  (sic)  latera- 
nensis  Canonicus  et  tunc  rector  fraternitatis  cleri  urbis  Rome^ 
qui  etiam  paucis  diebus  post  obitum  sancte  Gare  uidit  cor 
eius  crucem  et  alia  passionis  Xpi  insignia  et  cellulas  cordis  in 
quibus  fuerunt  quasi  in  ipso  principio  dum  erant  recentia^ 
et  dominabus,  consuluit  ista  non  esse  celanda^  cum  in  ani- 
uersario  transitus  diete  sancte  Giare  ad  celebrandum  diuina 
et  predicandum  populo  inuitatus  fiiisset^  aliquid  prò  sermone 
meditarì  indpiens  febricitare  incepit.  Et  future  infirmitatis 
signia  fortissima  sentiens  non  credebat  posse  diebus  pluribus 
liberarì^  se  tamen  predicte  uirgini  recommendans  eam  sup- 
pliciter  exorauit^  ut  saltem  sue  infirmitatis  accessio  |  (  f.  7^.' 
in  diem  alterum  trasferretur  ne  ofiGcium  quod  facere  cepe- 
rat  contigeret  inpediri.  Et  ecce  statim  in  ipso  momento 
sompno  arreptus  quanto  tempore  dici  posset  mediocriter 
unus  psalmus^  et  sudore  magno  ante  pleriam  rioris  (?)  inuasio- 
nem  et  ante  calorem  insolito  more  sudans^  dum  diceretur 
semel  pater  noster^  fuit  totaliter  liberatus  ita  quos  febris  ad 
eum  non  redijt  nec  puisus  percussio  in  eo  remansit. 

173.  In  die  eiusdem  anniuersarij  dum  passionis  Xpi  et  Trini- 

tatis  insignia  populo  monstrabantur^  domina  Beatrix  mulier 


2^6  MICHELE  FALOCI  PULIGNAKI 

• 

sanctitatis  femose  dixit.  Ego  ueliem  ista  magis  spadose  et 
secreto  uidere^  non  enim  mihi  sufficiunt  istud  uidere.  Et  in 
crastìnum  dum  ipsa  missam  in  loco  fratrum  minorum  au- 
diret  {')  Sia  altare  exterìus  subito  quasi  extra  se  posila  et  spi- 
ritus  eleuatione  accensa  dixit.  Vade  uade^  due  me  due  me. 
Quedam  autem  alia  domina  et  sancte  uite  que  diete  domine 
Beatricis  sanctitatem  a  magnis  temporibus  nouerat  dixit  ei« 
Quo^  domina  Beatrix  ?  Et  ipsa  dixit:  Et  non  uidisti  sanctam 
Claram?  Modo  modo  transiuit  bine  Inter  me  et  presbiterum^  et 
dixit  mihi  quod  ueniam  et  uideam  eam  quantumcumque  uolo. 

174.  Et  nidi  eam  in  tanta  pulcritudine  quod  referre  non  possum.  Q 
Ipsa  etenim  domina  Beatrix  dum  in  extremis  laborabat  dixit. 
Ecce  saneta  Clara  uenit^  et  est  magis  ornata  quam  aliqua 
sponsa  et  pulcrìor  omni  rosa.    |  (  f.  75. 

175.  lohanna  que  sancte  dare  in  offitio  abbatie  immediate 
successit  in  nocte  Natalis  domìni^  dum  post  matutinum  orabat^ 
uidit  subito  sanctam  Claram  portantem  Xpum  in  brachio  in 
specie  pulcherrimi  puerì  paruulum^  ex  quo  fuit  nimium 
stupefacta.  Et  statim  fuit  sibi  inspiratum  in  mente  quod  ille 
erat  filius  sancte  Clare.  lohanna  nero  intra  se  cepit  in  ani- 
mo cogitare.  Quomodo  est  hoc^  quoniam  Clara*  fuit  uirgo  ? 
Est  statim  Clara  ad  eius  cogitationem  quasi  cum  quodam 
magno  spirìtus  femore  respondit  dicens.  Amor  eum  me 
fecit  concipere.  Amor  eum  me  fecit  parere^  et  Amor  eum 
me  facit  perpetuo  possidere.  (') 

176.  Quidam  monialis  sepefati  monasteri)  sancte  crucis  qua* 
si  per  trane  (')  scilicet  temporis  spatium  ab  uno  latere  a 
sun;imitate  cruris  et  infra  per  tibiam  et  per  pedem  dolorem 
maximum  continue  fuit  passa^  ita  quod  ambulare  non  potè* 


<i)  In  mirgine:  Pro  ordirne  minorum  uitio.  Di  questa  Beatrice,  vedi  sopra  Q 
nana.  6i  e  i  numm.  156-158. 

(3)  Qui  il  solito  annotatore  marginale  tctìu/ti  juxta  iUud:  Quiftcerit  molunta- 
tem  putrii  mei  etc, 

(3)  Cgsj  il  testo:  il  traduttore  voltò:  grande  tpa\io  di  tempo.  p*g.  151. 


VITA  DI  SAKTA   CHIARA   DA  MONTEFALCO  2j^ 

rat.  Et  post  multas  medicorum  experìcntias  nuUam  metiora-* 
tionem  babebat  Die  autem  quadam  lohanna  abbatissa  ipsiua 
monasteri)  dixit  ei  :  Ysaia  uoueas  sancte  Qare  et  quidquid 
ei  promiserìs  ego  soluam.  Ysaias  dixit  Nolo  prò  salute  cor-* 
porali  rogare^  sed  rogo  Deum  et  ipsam  Qaratn  quod  det 
mihi  tantummodo  quod  sit  prò  salute  anime.  Abbatissa 
dixit.  Soror  uoueas  te^  quoniam  credo  quod  Deo  placebit  et 
quod  promiseris  ego  soluam.  Et  tunc  ipsa  Ysaias  Deum  et 
sanctam  Qaram  rogauit  ut  |  si  esset  anime  sue  uti-  (  f.  75/ 
litas^  eam  ab  infirmitate  huiusmodi  liberaret.  Contingit  autem 
quasi  post  dies  IIU'''.  ipsam  Ysaiam  die  quadam  in  suo  gra-» 
bato  obdormire  et  exitata  adhuc  dolorem  illum  continuum 
sentiebat.  Et  statim  iterum  obdormiuit.  Et  dormiens  sen«» 
sit  optimum  et  magnum  odore  m ,  consideransque  unde 
sibi  odor  huiusmodi  perueniret^  intellexit  sensit  et  cognouit 
quod  odor  ille  a  beata  Gara  uirgine  procedebat^  uidebatur 
tamen  ipse  Ysaie  predicte^  quod  esset  quidam  murus  Inter-- 
medius  inter  eas^  et  sancta  Clara  interim  sibi  dixit:  a  me 
tìbi  odor  iste  procediti  Et  statim  in  muro  ilio  intermedio 
quedam  magna  sibi  apparuit  apertura^  quasi  ibi  fenestra  ali- 
qua  esset  facta.  Et  tunc  Ysaias  uidit  beatam  Qaram  candi-* 
dissimis  induta  uestibus  sociatam  duabus  alijs  dominabus. 
Ysaias  uero  in  illa  uisione  interrogauit  Qaram  que  domine 
ille  essent.  Sancta  Qara  respondit.  Una  est  lohanna  altera 
est  Frandsca.  Et  tunc  Qara  Ysaie  approprians^  cepit  ipsam 
tangere  manu  sua.  Et  a  collo  incipiens  et  eam  deobsculans 
ducendo  manum  per  corpus  a  collo  et  usque  ad  pedes  eam 
tetigit  manu  sua.  Ysaias  dixit.  Clara^  ne  facias:  ego  huiusmodi 
non  sum  digna.  Sancta  Qara  dixit.  Dimicte  me  facere  quo-» 
niam  benefacio.  Interim  antem  quedam  alia  domina  per 
dormitorium  iuxta  cellam  |  Ysaie  transiuit.  Et  ipsa  (  f.  76. 
fedt  a  somno  et  uisione  huiusmodi  excitata  (sic) .  Surrexit  sta- 
tim et  secundum  suam  consuetudinem  cepit  ambabus  ma* 
nibus  quamdam  perticam  ligneam^  et  se  ei  appodians  uenit 
usque  ad  caput  scalarum  Ignorabat  enim  adhuc  se  esse  li* 
beratam^  et  ex  infirmitate  predicta  fuerat  liberata  debilitata 
taliter  et  grauata^  quod  nec  cum  baculo  potuerat  actenus  ambu- 

Arckivio  Storko  II.  i  ?• 


258  MICHELE   FALOCl   PULIGNANI 

lare  (').  Cumque  ad  caput  scalarum  taliter  aduenisset^  cepit  sca- 
las  descendere  ad  unum  assidem  se  tenendo^  uero  asside  supra- 
dicto  descendit  recta  gradus  superstites  nuUum  laborem  sen- 
tiens  uerdolorem.  Et  existens  in  ciaustro  ad  se  redijt  et  se 
esse  cognouit  uirtute  beate  Gare  uirginis  plenarie  liberatam. 
Quod  uidentes  alie  domine  monasteri)  occurrerunt  eidem. 
Et  prò  magnitudine  gaudi)  plures  ex  eis  non  poterant  la- 
crìmas  continere.  Ysaias  dominabus  retulit  uisionem  et  recta 
sine  dolore  ex  tunc  sicut  cetere  mulieres  incessit  xl. 

^77*  Quidam  frater  minor  anno   ilio   monasteri)  capellanus^ 

dolores  ilìacos  multis  temporibus  fuerat  passus  grauissimos 
et  frequentes  (').  Quadam  autem  die  cum  eisdem  dolorìbus 
fortissime  uexaretur  cum  deuotione  dixit.  Sancta  Clara  bene- 
dieta  rogo  te  quoniam  multos  infirmos  curasti^  quatenus  et 
me  liberare  digneris.  Nam  et  sorores  tue  possent  dampnum 
ex  mea  infirmitate  habere.  Et  |  ecce  ststfim  frater  (  f.  76/ 
predictus  super  loca  in  quibus  patiebatur  sensit  quasi  manus 
alicuius  dulcem  tactum^  et  audiuit  uocem  sibi  dicentem.  Sur- 
ge^  quoniam  liberatus  es.  G}gnoscens  uero  quod  tactus  et 
uox  fuerat  sancte  Gare  dixit:  quomodo  sum  liberatus  cum 
ista  fortiter  patiar  ?  Gara  dixit.  Immo  curatus  es,  surge  mo- 
do. Et  exurgens  nuUum  dolorem  sensit  et  se  piene  libera- 
ratum  cognouit.  Et  ex  tunc  unquam  fuit  predictis  dolorì- 
bus uisitatus. 

178.  Paula  quondam  abbatissa  monasteri]  sancti  lohannis  su- 

per Spole tum  mulier  in  sanctitatis  operìbus  antiquata  et  di- 
sciplinis  monasterialibus  a  sua  puerìtia  enutrìta,  dum  adhuc 
uiuebat  in  seculo  diuersis  temporibus  post  Gare  obitum  in- 
frascriptas  habuit  uisiones  sicut  suo  adhuc  uiuens  asseruit 
iuramento,  non  ut  suam  proderet  sanctìtatem  sed  ut  uirtu- 


(1)  Come  apparisce  facilmente,  qui  P  amanuense  dovè  alterare  V  ordine  di  qualche 
perìodo:  forse  manca  qualclie  parola. 

(a)  In  margine  :  Cappellantu  S*  Crucù,  siue  beate  Clare  patt  eia»  ohiium 
fr,  minor. 


VITA   DI   SANTA   CHIARA   DA   MONTEFALCO  259 

tem  sanctitads  beate  Giare  uirgìnis  in  hijs  que  nouerat  re- 
uelaret.  Quadam  ergo  die  dum  circa  horam  nonam  de  X 
transitu  cogitabat^  uidit  solem  subito  obscurarj  et  etiam 
totum  mundum.  Et  statim  contra  suam  consuetudinem  fuit 
ei  mutata  uisio  et  quedam  lux  ad  cor  tetigit  ipsam  Paulam, 
cum  qua  luce  fiiit  ducta  subito  ante  presentiam  Trìnitatis^ 
ubi  uidit  quod  Qara  erat  in  Trìnitate,  et  tota  Trinitas  et  que- 
libet  persona  diuina  per  se  discreta  ab  alijs  in  Clara  uirgine 
existebat  et  Clara  edam  in  qualibet  earumdem.  Addidit 
etiam  dieta  Paula  |  quod  modus  unionis  predicte  (  f.  77. 
Clare  ad  diuinam  essentiam  et  ad  quamlibet  personarum  in-" 
179.  telligere  poterat  non  referre.  Q  Alio  tempore  dum  ipsa 
Paula  cibum  de  sero  prò  corporis  substentatione  summebat 
uidit  in  parua  temporis  morula  successine  tres  ignes.  In- 
telligens  autem  ex  usitato  euentu  raptum  reuelationem  uel 
eleuationem  aliam  spirìtus  affuturam^  uolensque  tunc  euitare 
si  posset  uel  saltem  in  superuenienti  mutatione  has  socia- 
rum  conspectui  celare^  surrexit  de  cena  et  suam  cellulam  est 
ingressa.  Ubi  post  salutationem  beate  uirginis^  adhuc  orationi 
insistens  uidit  IIU^^  ignes  quasi  pretereuntes  prioribus  simi- 
les^  et  post  eos  uidit  adhuc  tres  alios  maiores  prioribus 
ascendentes  in  celum  unum  post  alios  successine.  Sentiens 
autem  Paula  predicta  quod  eius  anima  ad  sequendum  tres 
ìstos  ignes  ultimos  diuinitus  traehebatur^  desiderauit  scire  in 
animo  unde  tres  ignes  huiusmodi  perueniret.  (sic)  De  quibus 
hoc  solummodo  scire  potuit  quod  primus  qui  maior  alijs  in 
ascensu  duos  alios  procedebat  erat  oratio  cuiusdam  uidue 
prò  anima  sui  fili)  iam  defuncti.  Constitutis  autem  predictis 
ignibus  ante  presentiam  Trinitatis  Xps  inspexit  placito  uultu 
Claram.  Et  ipsa  cum  ornatu  et  pulcritudine  mirabili  consti* 
tuta  in  presentia  Trinitatis  quadam  inclinationem  cum  reue- 
rentia  fecit  dicens.  Domine  tres  captiui  in  pressione  |  (f.  77/ 
tue  iustitie  detinentur^  prò  quibus  deuoti  et  fideles  mei  me 
intime  rogauerunt.  Precor  te  clementissime  quatenus  eos 
liberare  digneris.  Et  ecce  statim  unus  angelus  de  quodam 
ordine  superiore^  quia  Paula  predicta  alium  ordinem  non  ui- 
debat^  et  quem  superiorem  credebat^  et  post  eum  duo  alij 


a60  MICHELB  FALOCI  PUUOKANI 

de  inferìorìbus  ordinibus  successine ,  et  subito  in  purgato* 
rìum  descenderunt  Angelus  autem  prìmus  quemdam  cleri- 
cum  secularem  maximo  igne  constrìctum  et  adustionibus 
deformatum^  secundus  uero  unum  fratrem  minorem  (')  ardenti 
aqua  detentum^  tertiusque  virum  quemdam  de  ordine  con- 
tinentium  serpentibus  et  alijs  ferìs  lecto  pieno  iacentem 
scorpionibusque  subter  pannos  corrosum^  subito  in  quem- 
dam pratum  amenissimum  de  purgatorio  eduxerunt.  Ubi 
depositis  deformitatibus  quibuscumque  post  aliqualem  mo- 
rùlam  nimia  claritate  fulgentes  effectì  ac  demum  singuli  per 
singulos  angelos  eleuati  in  celum  et  ante  Deum  cum  canto 
et  honore  maximo  presentati^  sedes  in  suis  ordinibus  hono- 
rabiies  acceperunu  Non  tamen  equalis  honore  (sic)  per  omnia 
fuit  exibitus  animabus  predicds.  Nam  predicto  clerico  secu- 
lari  sole  clariori  efiPectu  Xpus  dominus  assurrexit  {sic)  eum  fedt 
sedere  ad  dextram  eiusque  capiti  candidam  coronam  inpos- 
suit  et  ei  sedem  mirabilem  in  superiori  ordine  assi-  (f.78. 
gnauit.  Et  Paule  predicte  scire  desideranti  quisnam  clerìcus 
Ale  esset  fuit  a  X  responsum  illum  fuisse  cuiusdam  uidue 
fìlium  qui  XXX  anni  uixit  in  seculo  et  a  x  anno  super  tenpta- 
ptiones  cuiusdam  peccati  plurimas  habuit  et  numquam  Deum 
super  ipsum  offendit.  Paula  dixit.  Quare  ergo  clericus  su- 
stinuit  tantas  penas?  Xpus  respondit.  Propter  peccata  alia 
que  commisit.  Nam  et  adhuc  debebat  pati  penas  magnas 
in  purgatorio,  v.  annis  sed  sunt  sibi  Qare  precibus  relexate. 
Intellexit  igitur  dieta  Paula  quod  tres  anime  supredicte  fue* 
runt  intercessione  beate  Qare  uirginis  a  penis  purgatori}  li- 
berate. Alia  autem  die  Paula  predicta  uidit  Xm  ligatum  uin- 
culis  ad  columpnam  duris  percussionibus  flagellari  et  ita 
fortiter  quod  sibi  uidebatur  sonum  percussionum  audire.  Et 
paulo  post^  uisione  mutata^  uidebat  Xpm  pendentem  in  cnice 
et  sanguinem  eius  spaigi  qui  emanabat  de  Xi  uulnerìbus 


(1)  In  margint:  Nota  hit  fra  itrdim  wUmoruwu 


VITA   m  SANTA  CHIARA  DA  MONTEFALCO  26 1 

super  taram.  Et  Xps  conversus  ad  Paulam  dixit:  vis  tu  ui- 
dere  illam  que  piene  meam  paxionem  uidit?  Et  ipsa  Paula 
statim  sibi  domino  ostendente  uidit  Claram  uirginem  qua^ 
esset  infra  crucem  quamdam  reposita  et  in  ipsa  crucemira* 
biles  delectationes  babentem.  Erat  enim  crux  ista  quasi  es- 
set de  cristallo  transparens  et  Paula  uidebat  Claram  cum 
delectatione  maxima  ibi  esse.  Et  Xps  dominus  dixit  Paule. 
Clara    |    crucem  et  passionem  meam  uidit  et  in  hìjs  (  f.  78.' 

i8o.  delectata  est  et  ego  in  ipsa  delector.  Q  Die  alia  dum  ipsa 
Paula  quasi  bora  VK  horabat  uidit  subito  uiam  quamdam 
strìctam  et  coopertam  desuper  et  quedam  manus  deuauit 
eam  paulisper  et  corporaliter  super  terram  sed  fortius  men* 
taliter  uersus  celum.  Et  cum  portas  cèlestis  glorie  quas  uidit 
scultas  auro  et  lapidibus  pretiosis  intuisset^  uidit  beatam 
Claram  ante  presentiam  Trinitatis.  Et  ecce  quidam  angelus  de 
ordine  superiori  scilicet  seraphym  rubeus  plurimum  qui  cu- 
stos  Clare  extiterat  in  hoc  mundo^  uexillum  quoddam  mire 
rubedinis  in  suis  manibus  deferens  appropinquauit  Clare  uir«- 
gini  et  ad  latus  eius  dexterum  fixus  sed  autem  ante  Qare 
presentia  in  eius  premium  tres  corone  pulcerrime  existebant^ 
quarum  una  candidissima^  stellarum  alia^  sed  tertia  erat  palme 
in  qua  litere  plurime  erant  scripte.  Et  cum  coronis  predictis 
erat  arbor  quedam  pulcerrima  piena  speculis  in  quorum  quo* 
libet  Trìnitas  apparebat^  in  cuius  arbor  medio  erat  flos  qui- 
dam pulcerrìmus  et  rotundus  niue  candidior  et  in  magnitu* 
tudine  alieni  papilioni  equalis.  Et  circa  florem  predictum 
erant  rami  arboris  frondosi  et  recti  et  omnem  arboris  cuiu- 
scumque  pulcrìtudinem  excedebant.  Paula  autem  quid  ista 
àgnificarent  scire  desiderans  responsum  accepit.  Albus  flos 
arboris  et  corona  candida  |  uirginitatem  Qare  (  f.  79. 
significante  corona  stellarum  eius  obedientiam^  corona  palme 
eius  uictoriam  significata  quoniam  multi  martiri]  fuit  passa. 
Qua  corona  ideo  coronata  apparet^  quoniam  Clara  fuit  zela- 
trix  fidei  et  magistra.  Rami  autem  frondosi  arboris  uirtutum 
eius  plenitudinem  denotante  quoniam  Clara  in  cunctis  suis 

'81.  operìbus  extitit  uirtuosa.  Q  Alia  uice  uidit  Paula  Claram 
quasi  egrederet  deTrinitate  et  facta  inclinatione  cum  reue- 


262  MICHELE  f  ALOCl  PULTGNAKI 

rentia  ante  Deum  rogauit  Qara  prò  temperamento  furorìs 
Dei^  ìratus  enim  contra  populum  uidebatur.  Et  in  alia  ui^ 
sione  consimili  uidit  ante  presentiam  Trìnitads  indutam  pallio 
fubeo  in  quo  uirtutes  Giare  uirginis  apparebant  quasi  essent 
istoriate  ibidem^  et  tota  celestis  curia  admirata  in  pulcrìtu- 
dine  illius  pallij  letabatur.  Et  Qara  prò  cìuitate  Spoleti  tunc 
dominum  exorabat  dicens  :  domine  rogo  te  ut  custodias  ci- 
uìtatem  istam  ne  pereat.  Nam  ego  multos  amicos'  ibi  habeo 
et  deuotos  ('). 
182.  Cecilia  retrix  loci  sancte  Agnetis  de  Bonegie  perusine  dio- 
ce^  (')  specialem  sicut  asseruit  deuotionem  habebat  ad  beatam 
Claram  predictam  cognominatam  de  cruce^  et  se  (et)  locum 
predictum  frequentiusrecomendabat  eidem.  Eratautem  quo- 
rumodam  religiosorum  ad  dominas  dicti  loci  quidam  (?)  con- 
uersationis  larga  qui  de  colloquio  non  contenti  eas  ad  cratem 
uidebant  frequentius  et  tangebant  quod  est  |  dete-  (  f.  79/ 
rius  inhoneste^  et  quoniam  predicta  Cecilia  conuersationem 
huiusmodi  prohibebat^  quidam  frater  minor  qui  postea  apo- 
statauit  ab  ordine^  dedit  consilium  dominabus  quod  darent 
sue  retrìci  uenenum  ut  sic  de  se  aliam  possent  eligere  que 
eas  taliter  non  artaret^  se  obligans  dictus  (')  ad  penitentiam 
prò  facto  huiusmodi  peragendam.  Ad  cuius  fratris  consilium 
quedam  de  dominabus  predictis  dederunt  tosicum  cum  pa- 
nico insufranto  (^)  Cecilie  supradicte  ex  quo  lingua  eius  digiti 
manuum  et  pedum  articuli  fuerunt  facti  nigrì  quamplurì- 
mum  et  inflati  et  etiam  totum  corpus^  et  quod  mortem  non 


(i)  In  margine  :  Pro  Ciyitate  Spoltti  aàmt, 

(3)  Cfr.  di  sopra  il  oom.  160.  11  McAitstero  di  tanta  Agnese  di  Boneggioai  tfo- 
YaTa  edificato  in  una  amenissima  collina  a  quattro  miglia  da  Perugia,  presso  paesello  di 
questo  nome. 

())  Probabilmente  manca  la  parola  frater.  Qui  l' annotatore  scrisse  :  Nota  que 
licentiote  uiuere  volunt  moniales  ad  inttar  monaci  qui  uenenum  Benedieto  porre- 
xerunt, 

(4)  Panico  intu/ranto  cioè,  come  si  lenge  nella  Tersione  (pag.  370)  pane  in- 
^affaranato.  Un  codice  di  questa  versione  mostratomi  dal  siij.  P.  Valenti  di  Trevi  (è 
del  sec.  XV  ed  e  di  assai  bella  e  corretta  scrittura  )  che  nella  prefazione  a  questa  vita 
non  ho  nominato  perchè  acefslo  e  mutilo  in  più  luoghi,  dice  in^qfUranato,  cioè  fatto 
col  zaiTarano. 


VITA  DI  SANTA  CHIARA   DA  MONTEFALCO  263 

posset  euadere  ab  omnibus  credeb^tur.  Beata  uero  Clara 
cui  frequenter  se  recommendauerat^  instante  mortis  articulo 
sibi  apparuit  et  eam  plenarie  liberauit. 

183.  Pluries  et  ipsa  beata  Clara  diete  retrici  apparuit  eam 
instruens  informans  quod  honestitatem  in  se  ipsa  seruaret 
strìctissime  et  faceret  per  alias  dominas  obseruarì.  Et  quando 
dum  aliquam  de  dominabus  loci  illius  alieni  persone  forin- 
sece  turpiter  confabulabatur  ad  cratem  aut  tangendo  coUu* 
debant  uel  etiam  conuersabatur  modo  aliquo  inhoneste^  beata 
Gara  in  ipso  instanti  hec  reserabat,  quando  nerbo  tenus  re- 
trici predicte  eam  uirtualiter  edocens  quomodo  deberet  de- 
fectus  huiusmodi  emendare.  Et  semel  una  de  uicibus  quibus 
ei  apparuit  dixit  ei  :  |  Ego  istam  seruaui  consuetudi-  (  f.  so. 
nem,  quod  numquam  uoluj  substinere  in  monasterio  persone 
alicuius  secularis  uel  religiose  aliquam  conuersationem  fa- 
miliarem  nec  quod  aliqua  domina  loqueretur  frequenter 
persone  alieni  nec  secrete^  sed  quod  honestas  seruaretur 
strìctissime^  et  me  fecit  honestatis  dilectio  et  custodia  unam 
deam.  Cecilia  dixit  :  ego  uellem  dominas  istas  fugere  et  re- 
cedere de  hoc  loco.  Beata  Clara  dixit  :  honorem  habuisti  pre- 
terito tempore  hoc  loco  ^  et  operam  (  opus  est  ?  )  quod 
hic  tribulationes  plurimas  patiaris.  Istas  autem  que  te  tur- 
bante tu  ipsa  ad  tuum  consortium  recepisti  :  sed  de  cetero 
caueas  ne  recipias  aliquam  nisi  eam  prius  in  mente  con- 
cipias  parias  et  cognoscas. 

184,  Francisca  magistrì  Ermandi  de  Fulgineo  monialis  sepe 
fati  monasteri)  sancte  crucis^  per  annum  et  amplius  fuit 
passa  infirmitatem  quamdam  fortissimam  et  dolores  ex  la- 
tere  sinistro  quod  coste  eius  exibant  ultra  modum  natura- 
lem  exterius^  spuebat  sanguinem^  perdebat  anhelitum  ita  quod 
uix  poterai  respirare^  et  de  uita  ipsius  medici  et  ali)  diffide- 
bant.  Nam  et  eius  consanguinei  plattum  (^)  prò  ea  fecerant  si- 


(5)  Forse  plantum:  la  TersioDe  (pag.  172)  dice:  il  corrotto  ed  il  lamento:  però 
potrebbe  dire  anche  plattum^  cioè  piatto,  pietanza,  secondo  il  costame  di  quel  tempo. 


1 


26/^  MICHELE  PAt.OCl  PULIGKAKl 

cut  prò  mortuis  fieri  consueuit.  Cumque  fuisset  plus  solito 
aggrauata  quod  dormire  non  poterat  e%  morti  proxima  ere» 
debatur^  quedam  de  monasteri!  dominabus  dedit  pannum 
unum  quem  sancta  Clara  dum  uiuebat  tenuerat  super  caputa 
et  incontinenti  quieto  dor  |  miuit.  Postmodum  (f.  go.* 
uero  deuouit  se  sancte  Clare^  habita  prìus  licentia  abbatisse^ 
et  incontinenti  accessit  ad  cassam  sancte  Qare^  desuper  ob- 
dormiuit.  Post  dies  aliquos  adueniente  festo  seu  anniuersario 
sancte  Qare  ceperunt  per  latus  sinistrum  ubi  dolorem  habe- 
bat  exire  quasi  innumerabilia  ulcera  dolorosa^  que  totum 
latus  predictum  a  loco  corrigie  et  a  medio  pectoris  usque 
ad  medium  spatularum  occupabant^  per  que  Francisca  pre- 
dieta  post  dies  aliquos  expurgata^  uirtute  et  meritis  sancte 
Giare  se  liberatam  cognouit. 

195.  Francisca  quondam  Bernardi  de  Pesaris  que  monialis 
eiusdem  monasterìi  fuerat  et  ante  sancte  Claram  biduo  de  hoc 
mundo  transiuit  (')  Constantie  (sic)  et  moniali  leuiter  infirmanti 
annis  aliquibus  post  Clare  transitum  euolutis^  apparuit  dicens: 
ueni  nobiscum.  Intelligens  autem  Constantia  quod  Francisca 
eam  a  seculo  euocabat^  respondit.  Nolo  ire.  Francisca  dbut: 
sancta  Clara  ueniet  prò  te.  Et  ecce  statila  sancta  Clara  (a)  dieta 
Francisca  et  plurìbus  alijs  dominabus  sodata  uenit  ad  Con- 
stantiam  dicens.  Para  te  filia  et  ueni  nobiscum.  Et  stadm 
Costantia  ad  se  rediens^  dominabus  monasteri)  retulit  uisio- 
nem^  et  se  in  proximo  morituram  predixit,  et  V.*  die  sequenti 
in  festo  anniuersarij  transitus  sancte  Clare  discessit. 

186.  Ego  idem  qui  suprascripta  de   ulta   et  miraculis  bea- 

te I  Clare  uirginis  recollegi^  die  quadam  huiusmodi  (  f.  fsi. 
{M'osecutione  durante^  quadam  mane  aliquantulum  ante  pri- 
mam  leui  somno  respersus  uidi  unum  altare  album  et  pul- 
cerìmis  omatibus  apparatum  et  sacramentum  quomdam  candi- 


(i)  Di  Benardo  da  Pesaro  padre  di  inor  Francesca ,  vedasi  il  oam,  79  e  n  mi- 
mero  107.  Ndla  nota  al  num.  79  scrissi  che  ignoravo  la  causa  dal  viaggio  di  Itti  a  Mon- 
UtaJcoi  non  ricordando  che  avca  questa  figliuola  monaca  nel  monastero  di  aanta  Croce. 


VITA  Di  SANTA  CHIARA  DA  MOtrTEFALCO  26$ 

dissimum  nondom  redactum  (')  in  speciem  sacramenti  spar- 
sum  per  terram.  Anxius  ergo  sparsum  hujustnodi  coUigebam. 
Interim  fuit  dictum.  Non  dum  consecratio  facta  est.  Quo 
audito  fuit  nimia  anxietas  temperata  sed  ob  hoc  coUigere 
non  obmisi.  Et  cum  id  quod  coUigeram  ad  aitare  portassem^ 
reperì  sacramentum  huius  ^arsum  et  per  altare  a  comu 
desterò  anteriori  et  usque  ad  lapidem  consacratum  qui  in 
altaris  medio  existebat  ('). 

187.  Angelictus  lacobitti  de  Spoleto  durante  guerra  spoletano- 
rum  in  conflictu  quod  fuit  apud  Ck>rtimanum^  fuit  per  quem- 
dam  militem  lancea  sic  transfixus  quod  ipsa  lancea  per  uen- 
trem  ejus  Inter  intestina  et  retro  ad  renes  ultra  plus  quam 
per  unum  brachium  pertransiuit.  Et  miies  predictus  auulsa 
lancea  eum  in  campo  prò  mortuo  dereliquit.  Angelictus  au- 
tem  magnam  effusionem  sui  sanguinis  et  mortis  agoniam 
cognoscens^  se  recomendauit  intime  sancte  Giare.  Et  ecce  in- 
continenti^ qui  morti  erat  proximus^  uires  corporis  mirabiliter 
reassumpsit.  Et  surgens  intestina  propria  que  effusa  per 
plagam  |  uentris  fiierant^  in  suo  pannorum  gremio  (  f.  %t\ 
recoUegit  et  plusquam  per  uu°^  miliaria  scilicet  usque  Meua- 
neam  absque  omnis  corporis  tedio  currendo^  et  citius  deportauit 
quam  tempore  quo  sanus  extiterat^  incedere  potuisset.  Ibique 
totis  intestinis  et  in  uentre  remissis  infra  paucos  dies  uirtute 
beate  Qare  fuit  plenarie  liberatus  ('). 

i88«  Puer  quidam  de  duitate  Spoleti  infirmitatem  habebat 
fortissimam  qua  ipsius  oculi  extra  locum  debitum  usque  ad 
genas  ceciderant^  radices  discooperte  desupere  uidebatur^  pru- 
nelle uisus  erant  consumpte  et  penitus  deuastate^  (^)  uisum  per- 


(i)  Forse  eonseeratum,  perchè  dove  poco  sopra  il  testo  dice  ioeramenium,  la 
Tei  sione  (  pag.  275  )  dice  ostia,  e  qui  il  redactum  del  testo  é  tradotto    consecrata  . 

(1}  Questa  visione  di  Berengario  che  non  ha  nuHa  a  vedere  con  santa  Chiare, 
viene  però  interpretata  da  fra  Antonio  suo  tradattore,  il  quale  vi  trovò  una  relazione 
ooUa  viu  di  tei,  come  può  vedeni  nella  soa  versione  a  pag.  375  e  376. 

(3)  Può  aver  relazione  con  questo  fatto  quanto  si  legge  nella  Storia  del  Comune 
di  Spoleto  (  parte  prima»  Foli^^no,  1879,  pag.  180  )  del  eh,  Sig.  A.  Sansi,  il  quale  cita 
M  ihqprép  cap.  4-5,  e  il  Hergili,  par.  4.  cap.  ta . 

(4)  Prunelle  uisut,  cioè  il  bianco  dell'  occhio.  Cosi  la  versione,  pag.  173. 


266  MICHELE  FALOCI  PULIGKANl 

diderat  et  proxitnus  morti  erat  Quadatn  autem  nocte  patri 
dicti  pueri  dormitanti  uelut  in  extasij  posito^  apparuit  quedam 
domina  subgolata  cum  habitu  quem  gerunt  sepefati  mona- 
steri) moniales.  Que  dixit  ei:  due  ad  me  puerum  et  erìt 
liberatus.  Et  hijs  dictis  disparuit.  Pater  uero  predictus  mox 
ad  se  rediens  iuit  ad  locum  ubi  puer  iacebat  et  domine 
que  custodiebant  puerum  morientem.  Nam  et  candelam  be- 
nedictam  accenderant^  uisionem  et  que  audierat  retulit  ordi« 
nate.  Et  statim  quedam  domina  cuiusdam  milids  relieta  re- 
spondit  Ipsa  domina  que  tibi  apparuit  fuit  sancta  Qara.  )  (f.  sa. 
In  crastinum  ergo  positus  est  puer  super  tumulum  sancte 
Giare  et  panno  cooperti  sunt  eius  oculi^  quoniam  eorum  de* 
formitas  uidentibus  inferebat  orrorem.  Et  cum  modìcum 
dormiuisset  per  se  excitatus  sanus  et  piene  liberatus  inuen- 
tus  est.  Et  panno  eleuato  nulla  infirmitatis  inditia  appare- 
bant^  sed  miraculose  eius  oculi  erant  reducti  ad  loca  debita^ 
erantque  linpidi  atque  clari  ac  si  numquam  infirmitatem 
aliquam  habuissent. 
189.  Paulictus  Matheoli  de  Spoleto  uocatus  a  consanguìneis 

ut  ad  obitum  sui  filij  in  extremis  laborantis  ueniret  reco- 
mendauit  eum  uirgini  sancte  Giare.  Et  eodem  die  ad  do- 
mum  rediens  puerum  piene  liberatum  inuenit.  Ibique  de 
tempore  liberationis  inquirens^  reperìt  quod  illa  bora  qua  ìpse 
puerum  recomendauerat  sancte  Glare^  puer  subito  non  per 
temporis  interualla  fuerat  liberatus.  Deo  gratias  ('). 


(1)  Delle  annotazioni  che  qoi  furono  icritte  nel  1591  e  nd  1585  ai  è  ditcorao 
nella  prefazione,  e  qoi  è  inutile  riprodurle.  Sui  molteplici  fiitti  raccontati  in  qucat*  ni* 
tima  parte  della  Tita,  aarebbe  atato  facile  &rc  annotazioni  diverse,  sulle  persone  nomi* 
nate,  sui  luoghi,  sul  tempo  ecc.  poiché  ciascun  iatto  dette  luogo  ad  un  processo  abba- 
stanza diffuso:  per  altro,  tutto  questo  non  solo  ci  avrebbe  fatto  moltiplicare  assai  la 
note,  ma  alla  vita  della  Santa  nulla  avrebbero  aggiunto  di  nuovo.  Chi  desidera  concH 
scerle,  può  rinvenirle  nd  processi  più  volte  citati. 


SISTO  V.  E  LA  SUA  STATUA 


A     CAMERINO 


La  sera  del  25  aprile  1585  dovè  essere  per  i  Ca- 
merinesi  assai  splendida  e  festosa.  Era  giunta  da  Roma 
la  staffetta  colla  nuova  della  elezione  a  Sommo  Pon- 
tefice del  cardinal  Montalto,  seguita  il  giorno  pre- 
cedente. Fra  Felice  Peretti,  il  nuovo  sovrano,  godea 
qua  di  grandi  aderenze  e  rispettose  simpatie,  anzi 
era  in  conto  de'  più  illustri  concittadini.  Giacché  fin 
dal  1568,  quand'  egli  fu  eletto  vescovo  di  S.  Agata, 
il  consiglio  si  affrettò  a  conferirgli  la  nobiltà  con 
questa  risoluzione:  Si  videbitur  concedere  etiam  simile 
privilegium  (  civilitalis  )  2?."''  D.  EpJ"  s.  Agalhae  nun-^ 
cupato  MonsJ  MontaltOy  cum  ex  latere  matris  sit  ex 
nostris  de  slatu  —  obtentum  per  pali  LXKV  affirma- 
tivas ,  una  negativa  non  ohstante.  (')  Ma  chi  era  la 
madre  di  Sisto  V.  ? 

Senza  fermarci  punto  a  ricordar  le  favole  del 
Leti  che  alla  madre  del  Pontefice,  nato  secondo  lui 


(r)  Riformante  del  Comune  4  luglio  1568  pag.  551. 


2é8  MILZIADE  SAKTOKl 

alle  Grotte  di  Castro  di  Farnese,  pone  il  nome  di 
Gabana  ;  (')  diciamo  non  esservi  per  gli  autori  dub- 
bio alcuno  sul  nome  di  questa  donna,  che  si  chiamò 
Marianna.  11  Ciacconio  dice  Sisto  Peretti  de  Monteallo, 
et  Marianae  de  Camerino  filius.  E  il  Tempesti  rac- 
conta che  il  genitore  di  Sisto,  Pìergentile  detto  anche 
Peretto,  sposò  Donna  Mariana  di  Camerino  :  ne  alle- 
ga la  testimonianza  del  Cod.  Vaticano  5563,  ove  é 
scritto  ce  maire  vero  Mariana  ex  Camerina  urbe;  e 
del  Gallesini  il  quale  narra  che  i  Camerinesi  statuam 
aeneam  erexere,  in  memoriam  Marianae  Malris  optimae. 
Ma  sopra  tutti  vale  il  racconto  del  cardinale  di  Santa 
Sevcrina  che  lasciò  scritto  nel  suo  diario  ce  Sanclitàs 
sua  dixit  quod  sua  mater  duxit  originem  a  civilate 
Camerini  quia  ibi  nata  est^  cosi  aveva  ascoltato  in 
pieno  Concistoro  li  20  decembre  1589.  (*). 

Di  qual  famiglia  fosse  però  Marianna,  il  Tempesti 
non  potè  asserirlo  di  certo  mancandogliene  il  fonda- 
mento. Riferi  peraltro  che  V  autore  anonimo  del  Cam- 
pidoglio accennò  alla  voce  di  alcuni  che  la  dissero 
dei  Riconvi.  (')  Il  qual  cognome  ignoto  presso  di  noi, 
forse  può  essere  errato  con  altro,  e  precisamente  con 
quello  dei  Riccucci,  come  vien  detto  dal  Moroni  nel 
suo  dizionario,  citando  il  Novaes.  (*)  Questi  Rìccuccì 


(1)  Il  Gintù  dice  chiaramente:  La  vita  scrittane  da  Gregorio  Leti   è 
un  romanzacelo.  V.  SU  Univ.  V.  416. 

(2)  Vitae  R.  Pontificum,  et  Card,  in  Sixto  V. 

(3)  Tempesti,  vita  di  Sisto  V.  $  XIL  del  libro  primo. 

(4)  Dìz.  di  erudiz.  Storico -ecd:  tomo  67,  pag.  76. 


SISTO   V.   E  LA  SUA  STATUA  269 

erano  di  Camerino,  e  di  loro  era  stato  un  frate  Gio- 
vanni conventuale  valente  umanista  e  teologo,  morto 
nel  1546.  Vedremo  più  innanzi  quali  parentele  avesse 
lasciato  Marianna  fra  noi,  e  come  riconosciute.  Qui 
non  voglio  nascondere,  per  amore  di  verità,  come 
nelle  sue  Memorie  hktoriche^  ancora  mss.,  Raniero 
Mariani  non  dubitasse  registrare  che  sua  madre  ^  di 
Sisto  V,  fu  da  Frontello,  o  Frontillo,  villa  dello  Stato 
di  Camerino^  nella  quale  villa  dimorò  anco  lungo  tem- 
po, riconoscendo  da  quel  luogo  la  sua  genetrice  e  la  sua 
educatione.  (')  Il  Mariani  potea  saperne  qualche  cosa, 
essendo  stato  in  quei  tempi  notajo  (  1598-1623). 
Per  contrario  una  vecchia  tradizione  indica  anche 
oggi  in  Gimerino  stesso  1'  abitazione  della  fortunata 
Marianna  in  quella  casa  che  é  la  prima  a  sinistra  di 
chi  dalla  piazza  del  Duomo  entra  in  via  Varino  Fa- 
vorìno,  e  che  ritiene  fino  ad  oggi  intatta  la  sua  mo- 
desta e  antica  forma  architettonica. 

U  cardinal  Montalto  era  anche  il  protettore  della 
città  ;  e  sempre  che  si  fosse  ricorso  a  lui  in  tutte  le 
brighe  di  multe,  di  tributi,  di  soprusi  e  prepotenze , 
si  era  concluso  buon  accordo.  É  facile  adunque  ima- 
ginare  la  gioja  di  quella  serata  in  cui  si  sparse  la 
novella  dell'  elezione.  Molti  del  Consiglio  di  creden- 
za si  adunarono  al  palazzo  di  città,  coi  magnifici 
Priori  e  super  nuperrime  audita  creatione  SSmi.  novi 
Pontificis  Sixti  V.  dixerunt  fendas  esse  maximas  he- 


(i)  Ho  avuto  questa  notizia  dair  ing.  L.  Mariani,  che  gelosamente  con- 
serva il  codice  del  suo  antenato. 


ì^0  MILZIADE  SANTONI 

titias  publicas,  et  per  M.  D.  Priores  de  denariis  appaU 
tus  punis  albi  impendendum  quantum  opus  fuerit.  ('). 

Dopo  tre  giorni  la  cosa  era  portata  innanzi  ai 
generale  consiglio,  ove  si  propose  «  quel  che  par  di 
fare  in  nome  publico  in  visitar  S.  B.,  renderle  la  de- 
bita reverenzia  et  obedienza  ,•  et  anco  in  esporre  e 
trattare  occorrenti  opportuni  negozii  di  questa  città 
e  suoi  popoli.  (')  »  Si  elessero  ambasciatori  per  ciò 
Girolamo  Pierbenedetti  pel  terziero  di  Sossanto  e 
borgo,  il  capitano  Lucantonio  Guglielmi  pel  terziero 
di  mezzo ,  e  Flaminio  Attoni  medico  per  quello  di 
Muralto.  A  costoro  si  stabili  la  provisione  dì  uno 
scudo  al  giorno,  con  obbligo  a  ciascuno  di  condurre 
seco  un  servitore  e  una  cavalcatura.  Eglino  doveano 
brigare  per  ottenere  un  aggio  sulla  moneta,  1'  abbuono 
di  un  quattrino  per  libra  sulla  carne,  il  reintegro  delle 
battaglie  e  delle  porte ,  V  erezione  di  un  molino ,  e 
r  aumento  de'  magistrati.  Con  siflfatte  istruzioni  pre- 
sero la  via  a  di  6  maggio  ;  ma  non  è  noto  cosa 
concludessero,  o  quali  speranze  facesse  loro  nudrire 
r  austero  Papa  ;  è  certo  che  il  22  maggio  il  consi- 
glio decretava  che  i  deputati  fossero  richiamati ,  e  a 
tale  effetto  si  spedisse  a  bella  posta  un  servitore  di 
palazzo  con  scudi  dieci  pel  loro  ritorno. 

Nello  stesso  mese  di  maggio  Sisto  V.  tenne  il 
primo  concistoro,  nel  quale  die  la  porpora  al  proni- 
pote Alessandro  appena  quindicenne.  I  camerinesi  fii- 


(i)  Rifor.  Com.  lib.  1584-86  pag.  630. 
(2)  Ivi  ad  28  aprii,  pag.  630. 


SISTO  V.   E  LA   SUA  STATUA  27 1 

rono  solleciti  ad  eleggerselo  cardinal  protettore, 
e  fargli  presente  di  un  ricco  bacile  e  boccale  di 
argento. 

Sembra  intanto  che  nel  popolo  si  manifestasse 
il  desiderio  di  eternare  con  qualche  monumento  la 
fausta  memoria  di  quanto  era  accaduto,  e  il  consi- 
glio generale  nella  domenica  14  luglio  ebbe  ad  oc- 
cuparsene. Il  progetto  sopra  tutti  degno  del  gran 
Papa  fu  quello  di  Ottaviano  Savini,  il  quale  arringò 
e  Item  si  faccia* una  statua,  mullotiens  reiterando^  al 
santo  nostro  Pontefice,  per  il  santo  proceder  suo,  et 
per  li  favori  et  benefitii  che  si  degna  fare  alla  città 
nostra.  (')  »  Ma  la  proposta  per  quanto  onorifica  e 
grandiosa,  non  trovò  immantinente  favore.  I  priori 
si  limitarono  ad  ordinare  che  si  innalzassero  gli  stem- 
mi pontificii,  secondo  questo  memoriale,  che  si  vuol 
qui  riferire  perché  contiene  menzione  di  un  nostro 
pittore  già  noto  nell'  arte.  Memoriale  M.  T).  Priori- 
bus.  Procurare  et  agere  quod  Magister  Camillus  Ba- 
gùT^^octus  Pictor  juxta  solitum  in  locis  itineris  per 
vallem  et  aliis  locis  nostri  Status  arma  Smi  pon- 
tificis  pingat  expensis  comunitatum  dictorum  loco- 
rum,  cum  literis  et  ordine  Rthi  D.  Gubernatoris  ad 
id  exequendum,  cum  composi tione  (si  fieri  possit )  ad 
rationem  unius  scuti  et  expensarum  victus  prò  quibu- 
slibet  armis.  (*). 

Pochi  giorni  appresso  si  ebbe  un  breve  pontificio 


(i)  Ivi  pag.  663. 

(2)  Ivi  pag.  671  ad  i4  augastL 


272  MILZIADE  SANTONI 

che  portava  alcune  delle  desiderate  concessioni  in 
questa  forma*  (*)  e  Sixtus  Papa  Quintus. 

Sixtus  Papa  Quintus. 

Ad  perpetuam  rei  memorìain.  De  singularum  civitatum  Nostro  et  Romanae 
£cclesiae  temporali  dominio  subditarum  statu  salubrìter  dirigendo  sedali 
meditatione  soUiciti,  ad  ea  quae  non  solum  eanim  dispcndiis ,  et  abusibus 
occurrì,'  verum  etiam  profectibus  consuli  possit  libenter  intendimus,  ac  aliis 
quae  propterea  facta  fuisse  dicuntur,  ut  firma  perpetuo  et  illibata  persistant 
cum  a  Nobis  petitur  Nostrae  confìrmationis  praesidium  favorabiliter  impar- 
timur.  Sane  Comunitas  et  homines  Civitatis  nostrae  Camerìnen.  quae  dum 
in  minorìbus  eramus  sub  nostra  protectione  existebat,  Nobis  exponi  fece- 
nint  quod  cum  retroactis  temporibus  in  dieta  ci  vita  te  nonnuUi  abusus  circa 
interpetrationem  Constitutionum  et  Capitulorum  hactenus  per  Gubematores 
dictae  Civitatis  quoad  solutionem  mercedis  Officialibus  dictae  Civitatis  et 
illius  Curìae  factorum,  aut  forsitam  alias  inolevissent,  Venerabilis  firater 
Carolus  Episcopus  Anconitan.  tunc  ejusdem  Civitatis  Gubemator,  (2)  qua- 
sdam  Constitutiones  et  Capitula  per  dilectos  fìiios  Deputatos  a  Consilio  ge- 
nerali ejusdem  Civitatis  ad  hujusmodi  abusibus  obviandum  facta,  et  condita, 
ac  per  eumdem  Carolum  episcopum  prius  diligenter  discussa  et  examinata, 
tamquam  justa,  honesta  et  licita  ac  juri  consona  die  XVI  junii  anni  Domini 
MDLXXXV  approbavit  et  confìrmavit:  quodque  licet  comunitas  et  homines 
praedicti  ex  antiqua  et  approbata,  hactenusque  pacifìce  observata  consuetu- 
dine, aut  alias  consuevissent  eligere  quatuor  capitaneos  cives  ejusdem  civi- 
tatis qui  absque  stipendio  aliquo  praeessent  militiae  civitatis,  et  illius  di- 
strictus,  nihilominus  postmodum  dilectus  fìlius  lacobus  Boncompagnus  nobilis 
vir  Dux  Sorae,  et  tunc  S.  R.  Ecclesiae  Generalis  contra  dicum  consuetu- 
dinem  in  locum  istorum  quatuor  Capitaneorum,  unum  Capitaneum  foren- 
sem  assignato  sibi  stipendio  super  focularìa  dictae  civitatis,  in  ejusdem 
civitatis  non  modicum  gravamen  sufFecit  et  surrogavit.  Quodque  cum  co- 
munitas et  homines  praedicti  quingentas  salmas  grani  prò  abundantia  eju- 
sdem civitatis  per  bon:  mem:  Berardum  olim  Episcopum  Camerìnen.  elec- 
tum,  ut  similis  memoriae  Ioannem  ab  Austria  una  cum  nonnullis  aliis 
nobilibus  viris  dieta  civitate  iter  facientem  de  mandato  feL  recordationis 
Gregorìi  Papae  XIII  praedecessonis  Nostri  cum  applausu  exciperent,  in 
sumptus  tunc  necessarie  faciendos^  et  forsan  nonnulla  alia  ejusdem   Civita- 


(i)  Dall'  originale  neir  Archivio  Segreto  B.  18. 

(a)  Era  questi  Carlo  Conti  romano,  eletto  da  Sisto  vetcoTO  di  AncoMi  e  poi  da 
Clemente  Vili  cardinale. 


SISTO  V.  E  LA  SUA  STATUA  273 

ds  beneficia  erogassent,  (i)ne  dieta  Comunitas  in  posterum  benefìcio  dictae 
abundantìae  frustraretur,  fuit  post  modum  de  mandato  ejusdem  praedeces* 
sorìs  eidem  civitati  et  illius  districtui  imposita  quaedam  collecta  prò  resar- 
ciendis  dictis  quingentis  salmis  grani,  et  quamvis  fere  omnes  dictam  colle- 
aam  solverìnt  vel  saltem  se  solutoros  prò  rata  eos  tangente  infra  brevem 
terminum  in  anpliori  forma  Camerae  Apostolicae  sese  obligaverìnt,  nihilo-* 
minus  nonnulli  hominum  civitatis  et  districtus  praedictorum  solutionem  il- 
lius coUectae  recusent,  et  forsan  Inter  eos  super  solutione  coUectae  hujus- 
modi  lis  ,  et  causa  coram  certis  judicibus  pendeat  indecisa,  ac  comunitas  et 
homines  praedicti  antiqua  illorum  Stamta,  seu  privilgia  Nostrae  confirma- 
tionis  patrocinio  communiri  summopere  desiderent;  quarc  iidem  Comuni- 
tas et  homines  Nobis  humiliter  supplicarì  fecerunt,  ut  in  praemissis  oppor- 
tune providere  de  benignitate  Apostolica  dignaremur.  Nos  igitur  abusibus 
hujusmodi  occurrere,  et  indemnitati  ejusdem  civitatis  consulere  vòlentes,  ac 
comunitatem  et  homines  praedictos,  et  illorum  singulos  a  quibuscuraque 
excomunicationis,  suspensionis,  et  interdicti,  aliisque  ecclesiasticis  sententiis, 
censuris  et  poenis  a  jure  vel  ab  homine  quavis  occasione  vel  causa  latis  si 
quibus  quomodolibet  innodati  existunt  ad  effectum  praesentium  dumtaxat 
consequendum  harum  serie  absolventes  et  absolutos  fore  censentes ,  nec 
non  Constitutionum  et  Capimlorum  praedictorum  per  dictum  Carolum  Epi- 
scopum  confirmatorum,  veros  et  totos  tenores  praesentibus  de  verbo  ad 
verbum  prò  expressis  et  insertis  habentes,  hujusmodi  supplicationibus  in- 
clinati easdem  Constitutiones  et  Capitula  per  dictum  Carolum  Episcopum 
m  praefertur  approbata  confìrmamus.  Nec  non  antiqua  Statuta  et  privilegia 
praedicta  quatenus  licita  et  honesta  sint,  et  contra  libertatem  ecdesiasticam 
non  tendant,  auctorìtate  apostolica  tenore  praesentium  approbamus  et  inno- 
vamus;  nec  non  comunitatem  et  homines  praedictos  in  antiqua m  eorum 
possessionem  eligendi  quatuor  capitaneos  ex  civibus  dictae  civitatis,  qui  eis- 
dem  militiis  praesint,  atque  absque  salario  deserviant  restituimus,  reponi- 
mus,  et  reintegramus,  ita  quod  in  posterum  dictae  militiae  non  amplius 
per  unum,  sed  per  quatuor  capitaneos,  ut  prìus^  regantur;  ac  comunitatem 
et  homines  praedictos  totius  illius  districtus,  terrarum,  et  castrorum  homi- 
nes nemine  prorsus  etiam  praetextu  cujus  vis  exemptionis,  aut  recomanda- 
donis  excluso,  prò  rata  ad  solutionem  dictae  coUectae  prò  reemendis,  et  re- 
sarciendis  dictis  quingentis  salmis  grani .  omnino  teneri,  et  ad  id  sub  censu- 
ris, et  etiam  pecuniarìis  poenis  cogi  posse  statuirous  et  ordinamus.  Mandan- 
tes  prò  tempore  exlstenti  dictae  civitatis  Gubematori,  ac  omnibus  aliis  ad 
qttos  spectat,  et  in  futurum  spectabit,  ut  praemissa  omnia  observent  et  ob- 


(1)  GiovanDi  d'  Anstria  fa  due  volte  di  passaggio  per  Camerino  e  per  il  suo  Stato, 
od  1576.  Conducet  seco  150  cavalli,  che  si  doverono  veRovagliare,  essendo  destinati 
contro  i  banditL  II  comune  spese  non  meno  di  scudi  4000. 

Archivio  Storico  li.  i8« 


274  MILZIADE  SANTONI 

servari  mandent,  ac  comunitatem  et  homines  praedictos  appiobadone,  con- 
firmationc,  innovatione,  restitutione,  responsione,  reintegratione,  statuto,  et 
ordinatione  Nostris  et  aliis  praemissis  pacìfice  frui  et  gaudere,  non  penni- 
ctentes  comunitatem  et  homines  praedictos  a  quacumque  desuper  molestrai, 
contradictores  quoslibet  et  rebelles  per  censuras ,  et  alias  de  quibus  ds  vi- 
debitur  poenas  compescendo,  adhibito  etiam  ad  hoc,  si  opus  fiierìt,  auxilìo 
brachi!  saecularis.  Non  obstantibus  quibusvis  constitutionibus  et  ordinatio- 
nibus  apostolicis,  nec  non  dictae  civitatis  juramento  confirmatione  aposto- 
lica, vel  quavis  fìrmitate  alia  roboratis  statutis  et  consuetudinibus,  ac  novis 
reformationibus,  ceterìsque  contrariis  quibuscumque.  Datum  Romae  apud 
S.  Mar^um,  sub  annulo  Piscatoris,  die  XDC  augusti  MDLXXXV.  Pontifica- 
tus  Nostri  anno  primo.  Io:  Baptista  Canobius. 

Di  questo  singolare  privilegio  di  comandare  le 
proprie  truppe  erano  assai  gelosi  i  camerinesi,  e  su- 
bito se  ne  valsero  nominando  i  quattro  nuovi  capi- 
tani che  furono  Girolamo  Bonapasta,  Lucantonio  Gu- 
glielmi, Alessandro  Altini  e  Venanzio  Muzi.  La 
magistratura  de' cinque  Priori  avea  titolo  e  funzioni 
di  colonnello.  (') 

Ciò  valse  a  richiamare  i  sentimenti  di  gratitudine. 
Infatti  il  consiglio  di  credenza  recava  innanzi  al  con- 
siglio generale,  il  martedì  io  settembre,  la  seguente 
mozione  (*). 

€  Essendo  a  principio  di  questo  pontificato,  alli 
28  di  aprile  p.  p.  risoluto  dal  general  Consiglio  do- 
versi fare  alcune  arme  in  pietra  a  memoria  et  honore 
della  S.  di  N.  S.  et  poi  considerando  esser  bene  di 
fare  qualche  dimostrazione  maggiore  a  perpetua  me- 
moria di  un  tanto  Pontefice  nostro   amorevolissimo. 


(x)  Sparapani  St  ms.  %.  374. 
(2)  Rìf.  Com.  pag.  679- 


SISTO  V,   E  SUA  STATUA  2T$ 

come  questo  é  già  più  giorni  penetrato  in  Roma  a 
notizia  di  molti  de' signori  padroni,  et  perciò  il 
cav.  Gio:  Battista  della  Porta  statuario  partito  ulti- 
mamente da  Roma  per  la  volta  di  Loreto  si  sia  qui 
presentato  quasi  rinviato  et  indirizzato  da  alcuni  si- 
gnori della  Camera  et  accompagnato  con  lettere  di 
Monsignor  Reifio  di  Martorano  ('),  et  del  nostro 
agente  con  mostrare  et  lassar  qui  alcuni  suoi  disegni 
fatti  da  esso  circa  il. far  qui  una  medaglia  di  S.  S." 
con  alcuni  ornamenti,  largamente  bora  si  propone 
quel  che  par  di  fare  in  nome  pubblico  di  questa  città 
per  dimostrazione  memoria  et  devozione  più  degna 
che  sia  possibile  verso  S,  Santità.  » 

Il  primo  consigliere  estratto  per  dire  il  suo  pa- 
rere in  proposito  fu  Vincenzo  Ugolini,  il  quale  si 
espresse  in  questi  termini.  €  Si  deve,  et  si  ha  da  ho- 
norare  la  S.  di  N.  S.  quanto  più  sia  possibile  a  per- 
petua memoria  di  S.  S.  Et  per  mostrarle  la  vera  de- 
vozione et  confidenza  di  questa  città  se  le  faccia 
una  statua  di  bronzo  da  collocarsi  o  nella  piazza  della 
Corte,  o  del  palazzo  Priorale,  o  altrove  a  giudizio 
de' periti,  mai  più  non  sì  potrà  forsi  bavere  una  oc- 
casione tanto  bella  degna  et  honorata  quanto  que- 
sta. €  Anche  gli  altri  del  consiglio,  posposta  l'idea 
del  medaglione  di  marmo^  suggerita  dai  credenzieri, 
favorirono  unanimi  V  erezione  di  una  statua.  Pompilio 


(i)  Questi  è  il  nostro  Mariano  Perbenedetti  eletto  da  Gregorio  XIII 
vescovo  di  Martorano,  e  da  Sisto  V.  Governatore  di  Roma  e  poi  Car- 
dinale. 


2^6  MILZIADE  SANTONI 

Rodolfino  aggiunse  e  che  la  statua  si  metta  dentro 
il  nostro  palazzo.  »  Mariano  Cella  e  che  la  statua 
si  faccia  intera,  perchè  si  vedano  le  braccia  et  li 
piedi,  da  pigliarsi  il  modello  in  Campidoglio,  e  Ot- 
taviano Savini,  quegli  che  abbiam  visto  imaginare  per 
primo  il  monumento,  anch'  egli  parlò  :  »  si  facci  (  la 
statua)  a  S.  S.  a  giudizio  dei  periti  da  collocarsi 
parimenti  a  giudizio  loro:  et  per  la  spesa  li  signori 
Priori  et  Credenza  con  Monsignor  Rifio  Governa- 
tore mettano  una  tariffa  d' impositione  secondo  sarà 
bisogno.  »  Ed  Ercole  Polini  confermava  :  ce  si  faccia 
una  statua  bella  di  bronzo.  Et  per  li  denari  attesa 
la  nostra  povertà  et  strettezza  si  domandi  et  procuri 
col  mezzo  di  Mons.  Rifio  Governatore,  di  poter  met- 
tere una  honesta  impositione.  <  Finalmente  Rambotto 
Vicomanni,  approvando  il  già  detto,  desiderava  :  «  che 
si  eleggano  tre  cittadini  uno  per  terziero  dalli  Sig. 
Priori  et  Credenza  con  Mons.  Governatore  quali  ab- 
biano cura,  assunto,  et  diligenza  di  far  fare  la  statua 
nel  miglior  modo  sarà  bisogno ,  et  di  far  sopra 
ciò  opportuna  provisione  di  denari.  »  E  fii  messo  il 
partito  sulla  proposta  dell'  Ugolino,  coli'  aggiunta  del 
Vicomanni  €  et  obUnta  per  palluclas  sexagintaquin" 
que  repertas  affirmativas,  nulla  reperta  negativa  ». 

Nel  giovedì  seguente  i  Priori  e  il  consiglio  di 
Credenza,  secondo  la  facoltà  demandata  eleggevano 
i  commissari  all'affare   della   statua  (').  <ìc  Vacando 


(i)  Rif.  Com.  pag.  6S4. 


SISTO  V.  E  LA  SUA  STATUA  2^^ 

prius  electioni  faciendae  deputatorum  super  negotio 
statuae  aeneae  S.  D.  N.  erigendae,  juxta  ordinem  et 
decretum  praecedentis  generalis  concilii,  vigore  dicti 
decreti  post  colloquia  et  considerationes  in  superstites 
et  deputatos  dicti  negotii  elegerunt  et  nominaverunt 
infrascriptos  cives  in  scrutinio  tunc  probatos  .... 
Io:  Baptistam  Laurum,  Raphaelem  Salimbeni,  Curtium 
Puccittum.  » 

I  Camerinesi  in  tal  guisa  furono  i  primi  a  decre- 
tare al  Pontefice  Sisto  V.  gli  onori  della  statua  di 
bronzo;  e  il  loro  esempio  credo,  valse  a  destare 
r  emulazione  di  due  altre  città  marchigiane  Fermo 
e  Loreto;  quella  nei  comizi  del  24  novembre  1585 
fissò  la  dedica  della  statua,  la  quale  al  dire  di  un 
consigliere  avrebbe  dovuto  essere  non  di  bronzo,  ma 
di  oro;  «  jurans  dixit  quod  si  possibile  foret  fieri  esse 
dehet  de  puro  aureo  (sic)  (')  •.  Loreto  più  tardi  nel 
1588,  come  sta  scritto  nelF  iscrizione  della  base. 
Roma  anch'  essa  elevò  in  Campidoglio  eguale  monu- 
mento, ma  più  oltre  dopo  che  le  riforme  e  le  muni- 
ficenze del  gran  Papa  avean  levato  dovunque  altissi- 
ma fama. 

Tornando  ai  camerinesi,  sembra  che  i  sopracciò 
cosi  eletti  subito  s*  intendessero  coli'  artefice  Tiburzio 
Vergelli  nostro  cittadino,  che  dimorava  allora  a  Re- 
canati,  ed  era  già  celebre  per  i  suoi  lavori  di  scul- 
tura e  fiisione  in  bronzo.  Di  lui  ci  occuperemo  in  ap- 


(I)  Cosi  il  De  Minicis  ntViì  Alìmm  di  Roma,  voi.  VII  del  9  gen.  i84t. 


27B  MILZIADE  SAKTOKI 

presso  dopo  esauriti  i  ricordi  dei  pubblici  libri  del 
Comune.  Cominciano  ora  gli  assegni  di  pagamento 
e  le  provvigioni  del  danaro. 

L'ultimo  di  settembre  del  1586  i  deputati  per 
la  statua  riferivano  al  consiglio  generale  (*)  €  per 
più  presta  spedizione  se  par  di  pigliare  delli  denari 
dell'abbondanza  vecchia  rimasti  in  mano  di  messer 
Cruciano,  et  il  resto  delli  detti  denari  oltre  il  bisogno 
di  pigliare  se.  500  per  la  prima  paga  della  statua,  se 
par  di  ripigliare  et  metter  nel  giro  della  nostra  ab- 
bondanza per  maggior  polso  di  essa  abbondanza,  o 
farne  altro  Offitio.  »  Fu  consultato  dal  capitano  An- 
sovino  Cambi  che  <  li  medesimi  deputati  sopra  la 
statua  debbiano  in  qualsivoglia  modo  eflFettuare  il  ne- 
gozio della  detta  statua  per  ogni  rispetto.  Et  non 
bastando  l' autorità  già  data  loro  di  pigliar  denari  co- 
me si  è  già  confermata,  et  pienissimamente  raggiunta 
con  ogni  autorità  et  obbligatione  di  questo  pubblico 
et  bene  della  comunità  et  di  tutto  questo  consiglio, 
come  sia  in  qualsivoglia  modo  necessario.  Et  possano 
li  detti  deputali  in  detto  nome  per  tal  conto  pigliar 
sino  a  Mille  scudi,  in  qualsivoglia  modo,  et  in  qual- 
siasi sorte  d' interesse  ».  Su  tale  proposta  fu  chiesto 
il  partito  per  voti  segreti  «  et  ohienta  per  palluctas 
quinquagintanovem  affirmativaSy  quatuor  contrariis  non 
obstantibus.  Quindi  il  consiglio  di  credenza  a  di  pri- 
mo di  ottobre  (*)  stabiliva  «  ad  provisionem  dena- 


(1)  Rif.  Cotti.  1586  pag.  849. 

(2)  Ivi  pag.  854. 


SISTO  V.  E  LA  SUA  STATUA  2^$ 

riorum  prò  statua  S.  D.  N.  PP.  si  scriva  a  Jesi  a 
messer  Ottaviano  M.''  di  casa  di  Mons.  Volta,  per  li 
denari  del  fratello  da  darsi  a  censo  per  averli  et  pi- 
gliarli, et  interim  si  cerchino  altre  occasioni  per  ve- 
nirne al  fine.  «  Ma  tutte  queste  ricerche  non  dovet- 
tero tanto  presto  approdare  a  buon  risultato  ;  mentre 
due  altre  volte,  li  31  ottobre  e  li  17  novembre  il 
consiglio  di  credenza  si  occupò  della  stessa  necessità 
di  danaro  »  attesa  la  molta  instantia  fatta  da  messer 
Hor.**  Vergelli  in  nome  del  M.*  dell'opera.  »  (') 

Al  27  di  febbraio  1587  per  altro  la  tesoreria  era 
in  grado  di  far  fronte  a  un  primo  pagamento.  Q). 
a  super  mercede  solvenda  prò  factura  statuae  S.  D.  N. 
dicatae  sequens  fuìt  facta  deliberalo.  Scudi  cinque- 
cento delli  2  mila  pigliati  ultimamente  a  censo  in 
Roma  si  habbiano  a  dare,  et  si  diano  all'Artefice 
maestro  della  statua  a  buon  conto  di  prezzo  della 
fattura  di  essa;  et  sia  bora  deliberato  che  questo 
abbia  effetto,  norr  ci  essendo  massime  per  bora  biso- 
gno per  l'Abbondanza,  potendosi  per  servizio  di  essa 
abbondanza  venir  riscuotendo  li  crediti,  et  vendendo 
delli  grani  che  ci  sono.  Et  fuit  obtenta,  et  firmata 
per  pali.  XII  affìrm.  et  III  contrar.  non  obstant.  » 
Questa  delibera  fii  notificata  al  Consiglio  generale  li 
8  marzo  «  et  omnes  Conciliarii  coniicuere  ». 

Una  vecchia  ambizione  solleticava  l' animo  de' 
camerinesi,  ricordantisi  di  essere  stati  retti  e   gover- 


(i)  Rif.  1586-87.  p.  9  e  i4. 
(2)  Ivi  p.  55. 


2%Q  MILZIADE  SANTONI 

nati  altre  volte  da  magistrati  dinastici  e  perpetui. 
Dopo  i  Varano,  aveano  obedito  a  Odoardo  Farnese, 
il  nipote  di  Paolo  III  ;  un'  altro  Pontefice  Giulio  III 
aveva  loro  dato  a  Governatore  perpetuo  Balduino 
del  Monte  suo  fratello;  ora  con  un  Papa  che  rite- 
nevano cittadino,  si  lusingarono  ottener  di  nuovo 
un*  ombra  di  sovrano  in  un  suo  parente.  E  nel  con- 
siglio generale  del  io  marzo  dello  stesso  anno  1587 
se  ne  tenne  parola  «  Super  novo  Gubernio  de  aliquo 
de  sanguine  Siìii  D.  N.  prout  sanctitati  suae  videbitur 
et  placebit.  »  E  si  stabili  di  far  chiedere  al  Papa  un 
Governatore  perpetuo  fra  i  suoi  parenti  ;  e  per  ciò 
ottenere  si  vollero  impegnati  il  cardinale  Peretti,  An- 
nibale Giovio,  e  Monsignor  di  Martorano  Governa- 
tore di  Roma.  Vedremo  più  tardi  come  i  costoro 
desideri  fossero  appagati. 

Seguitiamo  ora  a  registrare  i  pagamenti  ordinati 
per  la  statua  al  Vergelli,  e  troviamo  che  al  14  marzo 
il  consiglio  di  credenza  di  nuovo  si  occupava  degli 
scudi  500  da  pagarsi  in  conto.  (")  «  Per  pagare  a 
buon  conto  se.  500  per  la  statua,  cioè  per  la  sua 
fattura,  si  piglino  et  riscotano  subito  delli  denari  del 
fìtto  et  appalto  del  pan  bianco.  Et  se  in  tutto  non 
basti,  di  quei  denari  che  ci  saranno  di  crediti  della 
cotìiunità  per  compire  alli  se.  500,  se  pigile  per  il 
compimento  delli  denari  dell'abbondanza  con  rimet- 
terglieli quanto  prima,  data  cura  et  autorità  alli  detti 


(x)  Ref.  Com.  ad  an.  pag.  66. 


SISTO  V.   E  LA   SUA   STATUA  28 1 

Sig.  Priori  di  riscotere  con  prestezza  pagare  detti 
denari  al  Maestro  della  Statua  per  mezzo  del  Camer- 
lengo, e  con  li  soliti  mandati,  et  con  &re  prima  che 
detto  Maestro  dia  idonea  sicurtà,  per  li  detti  et 
altri  denari,  fino  ali*  intero  pagamento;  et  anco 
per  r  effetto  della  statua  a  senso  dell'  istromento 
già  sopra  di  ciò  tatto.  Et  fuit  obtentum  per  pali.  17 
affirm  :  una  tantum  contrar.  non  obstant.  » 

Il  completo  disordine  in  cui  si  mantengono  an- 
cora, quasi  interamente,  le  carte  e  i  libri  dell'  ammi- 
nistrazione antica  del  comune  di  Camerino,  non  mi 
ha  reso  possibile  verificare  con  esattezza  i  denari 
spesi  per  la  statua,  come  dovrebbero  esser  stati  re- 
gistrati nei  conti  del  camerlengato  e  della  tesoreria. 
Cosi  r  istromento  che  venne  certamente  stipolato  tra 
il  comune  e  il  fonditore  Vergelli  anch'  esso  é  sfug- 
gito alle  mie  ricerche,  per  quanto  non  le  abbia  ri- 
sparmiate sugli  atti  municipali  e  sui  protocolli  nota- 
rili. Forse  il  contratto  si  rogò  a  Recanati,  ove 
dimorava  l' artista  :  ed  io  debbo  lasciare  questa  parte 
senza  maggiori  schiarimenti,  augurando  che  altri  di 
me  più  fortunati  possano  completare  le  notizie  ac- 
cennate. 

Proseguo  adunque  a  spigolare  nei  Volumi  delle 
Riformanze;  e  veggo  che  a  di  io  novembre  1587 
nel  consiglio  di  credenza  (')  «  Parlandosi  in  mate- 
ria della  statua  si  restò  in  questo,  cioè  si  mandi  uno 
a  vedere  se  la  statua  sia  in  essere  finita^  prima  che 


(r)  Pag.  118. 


282  MILZUt)B  SAKTONI 

àlPArtefice  si  diano  altri  denari.  Et  se  gli  diano  poi 
quando  prima  200  scudi,  e  fin  in  300  se.  quando  la 
statua  sia  finita  da  potersi  condurre;  et  per  dar  que- 
sti denari  se  ne  piglino  dal  fitto  del  pan  bianco.  Et 
fuit  deliberatum  nulla  pariter  contraria  reperta.  » 

E  ai  3  di  marzo  del  seguente  1588  e  Dicendo- 
si delli  denari  che  resta  bavere  ms.  Tiburtio  Vergelli 
per  la  statua  (')  fii  risoluto  che  se  gli  dovessero 
pagare  dal  Camerlengo  se.  200,  oltre  alli  se.  300 
pagabili  dall'  Appaltatori  del  pan  bianco ,  et  questo 
s' intendesse  che  l'Abbondanza  li  presti  alla  Comunità 
per  questo  bisogno.  Et  fuit  obtentum  nulla  contraria 
reperta.  » 

Finalmente  1'  ultima  memoria  dei  pagamenti  l'ab- 
biamo  nel  consiglio  di  credenza  del  5  agosto  1588 
(*)  ove  «  Fu  ragionato  et  viva  voce  referito  che  a 
ms.  Tiburtio  Vergelli  se  debbiano  dare  se.  100,  che 
resta  avere  dell'  opera  della  statua  di  N.  S.  con  far- 
neli  il  mandato  et  procurare  de  rescuoterli  dall'  Ap- 
palto del  pan  bianco,  et  sollecitare  esso  ms.  Tiburtio 
a  finir  di  consegnare  quanto  si  resta  per  il  fine  del- 
l' ornamento  della  statua.  » 

E  qui  sospendo  il  racconto  di  quanto  fecero  i 
nostri  padri  per  compire  e  pagare  il  capolavoro  della 
statua  di  Sisto  V;  dirò  poi  del  collocamento  e  della 
iscrizione,  che  mi  sembra  ora   tempo  intrattenere  il 


(1)  Ad  an.  1588.  p.  32. 

(2)  Ivi  pag.  74, 


SISTO  V.  E  LA  SUA  STATUA  sSj 

lettore  intorno  al  nome  e  alle  opere  del  fonditore 
Tiburzio  Vergelli. 

La  famiglia  Vergelli  era   oriunda   da  Camerino. 

Domenico  di  Nicola  esercitò  l'ufficio  di  notaro 
del  1548  al  1579  ed  ebbe  cinque  figli,  Gio:  Battista 

il  quale  seguitò  la  professione  paterna  dal  15  91  al 
1629;  Tiburzio  il  nostro  fonditore,  Emilio,  Ersilia  ed 
Ippolita.  Da  Gio:  Battista  nacque  un  Francesco,  e  da 
costui  Giuseppe,  Olimpia  e  Tiburzio  giuniore  che  vi- 
vevano ancora  nel  1663.  Ho  anche  memoria  di  un 
Venanzo  di  Francesco  Vergelli  consobrino  di  Tibur- 
zio seniore,  pel  quale  stipolò  un  istromento  nel 
1591  (').  E  poi  ricorrono  negli  atti  contemporanei 
e  nei  libri  battesimali  anche  altri  nomi  della  stessa 
famiglia  che  non  ho  potuto  raggruppare  in  discen- 
denza ordinata  (*).  La  casa  di  loro  proprietà  era  si- 
tuata nel  terziero  di  Muralto,  e  precisamente  nel  luo- 
go ove  sorse  dipoi  il  palazzo  dei  Pierbenedetti  ('). 
Tiburzio  Vergelli  fin  dalla  sua  età  giovanile  senti 
r  animo  disposto  allo  studio  delle  arti  belle  ed  in 
prìncipal  modo  a  quello  della  scultura  in  marmo  ed 
in  bronzo.  La  fama  che  a  quei  giorni  avea  di  sé  le- 
vata la  scuola  recanatese  per  opera  dei  fratelli  Lom- 
bardi di  Ferrara,  venuti  qua  per  i  lavori  della  Basili- 
ca di  Loreto,   lo   consigliò  a  partirsi  dalla  patria  e 


(1)  Prot  di  Gio:  Battisu  Vergdii  i8  dee.  1591. 

(2)  Un  Emilio  era  anche  cappellano  della  Cattedrale  nel  1583;  ed  è 
forse  diverso  dal  fratello  di  Tiburzio  che  si  ammogliò  due  volte. 

(3)  ProL  ed  Istrom.  citato  più  sopra. 


2^4  MILZIADE  SAKTOKI 

Stabilire  la  sua  dimora  a  Recanati;  ed  attendere  pri- 
ma sotto  il  magistero  di  quel  profondo  conoscitore 

del  disegno,  dell'  arte  statuaria,  ed  esperto  fonditore 
di  bronzi  Girolamo  Lombardi;  e  morto  costui  presso 
il  non  men  celebre  recanatese  Antonio  Calcagni  ('). 
Sostenne  Tiburzio  a  Recanati  pubblici  incarichi  e  fra 
gli  altri  il  priorato  del  comune  nel  1606;  una  reca- 
natese dei  Vitali  fu  sua  moglie  e  n'  ebbe  due  figli 
Gio:  Battista  (  n.  e.  1588  -♦■  1651  )  che  continuò 
r  arte  paterna  del  getto  onoratamente ,  e  Giuseppe 
egregio  anch'  esso  nel  gettare  i  bronzi  e  per  soprap- 
più  architetto  e  pittore  (*). 

Ignoriamo  Y  anno  preciso  della  morte  di  Tibur- 
zio, ma  è  certo  che  nel  16 io  avea  cessato  di  vive- 
re, come  apparisce  dall'  istrumento  riportato  dal  Ric- 
ci, la  cui  vera  data  è  il  7  aprile  1610,  secondo  ho 
potuto  far  verificare  nei  rogiti  del  Botani  recanatese 
a  pag.  212. 

Dei  pregi  altissimi  di  Tiburzio  Vergelli  nell*  ar- 
te ,  perenne  testimonianza  sono  le  opere  che  tut- 
tora rimangono:  cioè  la  porta  minore  dell'  ingresso 
a  sinistra  verso  il  campanile  della  Basilica  lauretana, 
istoriata  a  bellissimi  comparti  e  bassi  rilievi,  tutta  in 
bronzo:  il  superbo  battistero  dello  stesso  tempio  mo- 
numento di  getto  grandioso   con  putti  e   statue,  e 


(i)  A.  Ricci:  Le  arti  e  gli  artisti  nella  Marca  II.  6i:  e  F.  marchese 
Rafiaelli  nella  relazione  alla  G>mm.  de'  Mon.  di  Macerata  intomo  alla  ne- 
cessità di  rinnovare  la  base  della  nostra  statua.  Verb.  2  giug.  1880. 

(2)  A.  Ricci  1.  e.  II.  28.  62.  Calcagni  p.  257. 


SISTO  V.   E  LA  SUA  STATUA  285 

festoni  e  quadretti:  e  un  ciborio  di  metallo  a  Reca<> 
nati.  Ma  nella  nostra  statua  può  dirsi  che  il  Vergelli 
riepilogasse  tutta  la  sua  arte ,  e  la  conducesse  con 
queir  amore  e  quella  finitezza  che  sola  avrebbene 
anche  potuto  mandare  il  nome  ai  più  tardi  posteri. 

Sta  il  Pontefice,  maestosamente  seduto  nella  cat- 
tedra intagliata  tutta  a  fogliami  ed  arabeschi  classica- 
mente condotti  e  che  lasciano  nei  voti  laterali  il  po- 
sto ad  un  genio  esprimente  la  fama.  L*  appoggio 
posteriore  si  risolve  in  una  voluta,  e  V  anteriore  in 
una  testa  di  leone  allusivo  allo  stemma  di  Sisto  V. 
Egli  é  vestito  papalissimamente^  come  direbbe  il  Mi- 
lizia: sopra  il  camice,  che  resta  scoperto  sul  dinanzi 
e  fa  dolci  pieghe  sul  grembo,  porta  un  pluviale  ric- 
chissimo, messo  interamente  a  ricamo,  e  scompartito 
nello  stolone  in  tanti  medaglioni  che  recano  effigiati 
alcuni  santi.  Fra  questi  meritano  essere  osservati  i 
due  primi  in  alto  con  i  santi  Apostoli  Pietro  e  Pao- 
lo, e  i  due  seguenti  con  i  patroni  della  città  S.  Ve- 
nanzio e  S.  Ansovino.  Sul  razionale  eziandio  é  rile- 
vata la  figura  della  Beata  Vergine:  la  fimbria  é  tutta 
firangìata.  L'  aspetto  del  Pontefice  benedicente ,  co- 
perto di  camauro  e  triregno,  è  maestoso,  severo,  pro- 
fondamente espressivo,  e  ciò  che  più  monta  somi- 
gliantissimo al  vero.  Il  cappuccio  del  pluviale,  che 
resta  scoperto  nel  dorso  della  statua  interamente,  co- 
stituisce da  se  solo  un  quadretto  a  basso  rilievo,  ove 
sta  espresso  il  Redentore  che  dà  a  S.  Pietro  la  po- 
destà delle  chiavi  in  presenza  di  tutti  gli  Apostoli. 

Compiuta  adunque  nel  breve  termine  di  due  anni  la 
fiisione  del  monumento  non  restava  che  collocarlo  in 
cospicua  postura.  Ed  ecco  che  il  consiglio  di  credenza, 


a8é  MILZIADE  SANTONI 

li  IO  novembre  1587  proponeva:  <  essendola  statua 
come  si  dice  già  finita  si  propone  quel  che  sia  bene  di 
considerare  e  risolvere  circa  il  luoco  dove  si  habbia 
a  collocarla,  et  altro  che  in  questo  negotio  si  debbia 
fare.  Et  nulla  reperta  contraria  paUucta,  fiiit  hujusmodi 
proposita  ad  generale  Concilium  translata.  »  Il  gene- 
ral G>nsiglio  alcuni  giorni  appresso  (')  stabiliva  : 
«  Super  negotio  statuae  :  Si  metta  la  statua  nella 
piazza  maggiore  di  S.  Maria  in  luoco  et  come  pare- 
rà alli  sig.  Priori,  ali  Deputati  sopra  essa  statua,  et 
alli  Periti.  Et  duabus  palluctis  repertis  contrariis  non 
obstant.  fuit  deliberatum.  »  I  voti  contrari  forse  furo- 
no quelli  di  Gio  :  Battista  Lilii,  che  aveva  arringato 
ce  et  se  parrà  bene  se  metta  nella  piazza  di  S.  Maria 
nel  cantone  del  pozzo  :  »  e  di  Antonio  Bellucci  che 
disse  :  <  si  metta  la  statua  nella  colonna  appresso  al 
pozzo  della  chiesa  di  S.  Maria.  t> 

Pare  pertanto  dall'  esposto  che  la  statua  fosse 
collocata  in  piazza  del  Duomo  fra  il  finire  del  1587 
e  il  principio  del  1588.  Ma  questo  collocamento  fu 
provvisorio  per  due  capi:  cioè  per  non  essersi  ancora 
potuta  innalzare  una  base  conveniente  e  per  mancare 
le  iscrizioni  e  gli  ornati  che  in  essa  dovevano  figu- 
rare. Leggiamo  quindi  nel  Consiglio  di  credenza  del 
3  luglio  1588,  essere  stati  scelti  tre  cittadini  per  le 
iscrizioni  e  furono  :  «  Excell.  dnus  Laurentius  Pichel- 
lus  ex  tertio  Subsancti  et  Burgi.   Excell.  d.  Joannes 


(i)  Ris.  pag.  124.  del  19  nov. 


SISTO   V.  E  LK  SUA  STATUA  287 

Maria  Calcalara  ex  tert.  Medii  ;  Excell.  d.  Democritus 
Perbenedictus  ex  tert.  Muralti  honorandi  J.  V.  Docto- 
res  fuerunt  electi  et  deputati  super  inscriptionibus  ìm- 
ponendis  sub  statua  aenea  Siìii  D,  N.  Sisti  V.  cum 
auctorìtate  eligendi  secundum  eorum  vota  et  pruden- 
tiam,  unam  de  iis  quae  missae  fuerunt  Romam  in  mani- 
bus  Ulifii  et  Rmi  Dni  Card.  Cosenzae,  et  fuerunt  ap- 
probati  per  suflfragiis,  uno  contrario  non  obsante.  »  E 
neli'  ottobre,  ai  14,  si  discuteva  ancora  in  Creden- 
za (')  €  an  videatur  permutare  statuam  SS,  Dni  Nostri; 
et  visura  fiiit  eam  permutari  debere,  et  eam  collocari 
in  loco  ubi  erat  puteus  apud  ecclesiam  S.  Mariae,  prout 
melius  videbitur  Rei&is  DD.  Episcopo  et  Gubernatore, 
et  fiiit  firmatum,  nulla  contraria  reperta.  .. 

E  questo  pel  luogo  ;  in  quanto  alla  base  il  mi- 
nor Consiglio  sanciva ,  li  1 5  novembre  :  «  che  il 
piedistallo  per  la  statua  di  N.  S.  si  faccia  secondo  il 
disegno  più  nobile  e  bello  mandato  in  carta  da  M. 
Tiburzio  Vergelli,  et  dell'  opera  et  fattura  che  ci  an- 
derà  li  Sig.  Priori  recapino  quel  che  sia  per  il  me- 
glio, per  la  perfetione  dell'  opera,  et  accettino  le  prof- 
ferte delli  maestri,  che  miglior  partito  proferiranno , 
et  per  questo  bisognando  abbiano  autorità  de  pagar 
denari.  Et  fuit  firmatum  nulla  contraria  reperta  pal- 
lucta.  »  Portato  il  negotio  al  Consiglio  generale,  se 
ne  occupò  li  27  marzo  1589:  ((Essendosi  nel  mese 
di  ottobre  passato  dal  Consiglio  della  Credenza  ben 
considerato  et  assoluto  che  sia  bene  tramutar  la  sta- 
tua de  N.  S.  in  altro  luogo,  con  V  occasione  al  pre- 


(1)  Refi  pag.  102. 


«^ 


288  MILZIADE  SAKTONI 

sente  dell'  ornamento  venuto  di  bronzo,  et  del  pie* 
distallo  da  farsi,  affinché  si  venga  alla  perfettione  di 
quest'  opera,  si  propone  che  sia  da  farsi.  •  Il  consi- 
gliere Girolamo  Forti  arringò  :  «  Neil*  iscritione  da 
porsi  nella  statua  si  debba  far  memoiia  del  Gover- 
natore presente  e  non  d*  altri .  »  Ottaviano  Savini 
rifletteva  :  e  La  statua  non  si  muova  dal  luogo  dove 
sta  al  presente  :  né  si  faccia  nella  iscritione  mensione 
di  Governatore  alcuno,  ma  se  pure  vi  si  ha  da  met- 
tere il  nome,  ci  si  pona  del  presente.  •  E  fu  delibe- 
rato :  »  Li  sig.  Priori  et  Credenza  con  intervento  di 
Mons.  lUmo  Governatore  et  li  deputati  che  ci  sono 
al  presente  risolvano  quanto  bisognerà  per  il  luogo 
et  iscrittione  della  statua^  con  autorità  di  poter  fare 
bisognando  li  doi  deputati  che  ci  mancano.  Et  fuit 
hoc  firmatum,  quatuor  contrariis.  » 

L*  ultimo  atto  che  ho  trovato  nelle  nostre  Rifor- 
magioni  é  quello  del  4  agosto  1589  (*)  ove  «  di- 
scorrendosi sopra  quanto  manca  per  la  perfetione  di 
erìggersi  la  statua,  parse  che  non  si  dovesse  mutare 
dal  luogo,  et  che  sia  rimesso  ad  essi  tre  deputati  di 
poter  correggere  et  mutare  V  iscrittione  scolpita  già 
in  bronzo,  et  di  più  che  possano  farci  fare  il  piedi- 
stallo come  li  parerà,  et  il  tutto  risolvano  et  confe- 
riscano con  Mons.  lllifto  Governatore:  et  firmatum 
fiiit  per  palluctas  XVIII  affirmat.  nulla  contraria  re- 
perta.  »  (*) 


(i)  Res.  pag.  242. 

(2)  La  base  della  statua  fu  rifatu  pib  volte.  Mentre  scrìviamo  si  sta 
rinnovando  dal  Municipio  sui  dis^;ni  dell'  ing.  architetto  Luigi  Qeomene 
Petrini,  colla  spesa  di  lire  circa  3000,  essendo  la  vecchia  in  istato  di  totale 
ruina.  Il  ministero  della  P.  L  contribuisce  per  un  terzo  di  questa  somma. 


.^ 


SISTO  V.  fi  LK  SUA  STATUA  289 

Sarà  curioso  il  lettore  di  conoscere  con  maggiori 
particolarità  qual  mai  fosse  la  cagione  dei  dibattersi 
de'  consiglieri  per  mantenere  e  cangiare  le  iscrizioni 
della  statua.  Ed  io  credo  essere  in  grado  di  soddi- 
sfarlo, tanto  più  volentieri  quanto  é  varia  la  leggenda 
che  la  fantasia  popolare  vi  ha  sopra  costruito.  Al  pie- 
distallo che  dovea  sostenere  la  statua  aggiunse  il 
Vergelli  quattro  targhe  parimenti  gettate  in  bronzo. 
Le  due  ai  lati  e  la  posteriore  in  un  contorno  con 
cartocci,  conchiglie  e  puttini  racchiudono  tre  allego- 
rie della  sicurezza,  della  tranquillità  e  della  letizia. 
La  prima  è  espressa  da  una  campagna  con  casolari 
e  piantagioni,  con  in  alto  il  motto  securitas  ;  V  altra 
é  una  prateria  con  strada  e  fontana,  ed  in  lontanan- 
za un  gran  tridente,  e  sopra  tranquillitas  ;  V  ultima 
ha  tre  ninfe  danzanti  e  la  parola  Lilaritas.  (*) 

Sul  dinanzi  la  targa  é  maggiore ,  e  dividesi  in 
tre  parti.  Al  disopra  un  grande  ovale  porta  lo  scudo 
pontificio  del  Peretti  sormontato  dal  triregno  e  dalle 
chiavi  sostenute  da  putti  con  volute  e  un  mascherone. 
In  mezzo,  similmente  incomicinta  da  ricci  e  foglia* 

mi,  questa  iscrizione 

SISTO  •  V  •  PONT  •  MAX  • 

CAMERTES  •  VNDE  •  MATERNAM 

ORIGINEM  •  DVXIT  • 

IVRE  •  OPTIMO  POSVERVNT  • 

PONTIFICATVS  •  SVI  •  ANNO  •  I  • 


•  M  •  D  •  Lxxxvn  • 


(i)  GB  steasi  concetti  e  gli  stessi  motti  s*  incontrano  nelle  medaglie 
e  monete  di  Sisto  V. 

Archivio  Storico  \U  19 


290  MILZIADE  SANTONI 

In  basso  Io  stemma  del  comune  di  Camerino, 
anch'  esso  in  uno  scudo  ornato  di  finissimi  rilievi.  I 
puntini  della  sesta  e  settima  linea,  neir  originale  sono 
due  righe  cancellate  a  scalpello:  e  una  vecchia  tradi- 
zione ha  divulgato  che  ivi  fosse  stato  scritto  satirica- 
mente Pater  ditnilU  illiSy  non  enim  sciunt  quidfaciunt: 
motto  allusivo  ai  disinganni  che  avrebbero  avuto  i 
Camerinesi  delle  grandi  speranze  concepite  per  il  pon- 
tificato di  Sisto  V:  il  quale  anzi  che  favorire  questa 
città,  come  le  altre  delle  Marche,  (')  le  diminuì  la 
diocesi,  smembrandone  Sanseverino  e  Tolentino.  Ma 
oltre  che,  come  ben  nota  lo  Sparapani,  (')  questi 
censori  non  riflettono  che  la  statua  fii  decretata  ed 
eretta  nei  primi  anni,  quando  mal  poteasi  prevedere 
r  avvenire  ;  dimenticano  pure  che  Sisto  beneficò  la 
città  col  decorare  della  porpora  cardinalizia  Evange- 
lista Pallotta  e  Mariano  Perbenedetti  entrambi  di  Ca- 
merino, compensò  la  diocesi  diminuita  da  un  lato, 
coir  accrescerla  dell'  altro  a  scapito  della  Spoletina,  e 
istituì  nel  Collegio  Montalto  da  lui  fondato  a  Bolo- 
gna tre  posti  per  giovani  camerinesi.  Di  più  l' ìndole 
di  Papa  Sisto  non  avrebbe  facilmente  tollerato  il  sar- 
casmo, e  r  avrebbe  vendicato  nello  scultore  o  nel 
magistrato.  Sappiamo  invece  che  il  Vergelli  lavorava 
e  seguitò  a  lavorare  nella  basilica  di  Loreto  agli  sii- 


ci) Tutti  gli  storici  parlano  della  predilerìone  di  Sisto  perle  città  delle 
Marche,  specialmente  per  Fermo,  Macerata,  Loreto,  Tolentino,  Sanseverino 
e  la  sua  patria  Montalto. 

(2)  Ist.  mss.  S  372* 


SISTO  V.   E  LA  SUA  STATUA  29 1 

pendi  del  Pontefice.  Quella  tradizione  é  dunque  una 
favola:  e  riandando  le  ultime  decisioni  dei  consigli 
maggiore  e  minore  chiaro  apparisce  che  nell'iscri- 
zione si  era  inciso  il  nome  di  un  governatore;  e  ta- 
luno voleva,  che  se  di  governatore  si  fosse  voluto 
parlare,  V  onore  toccava  a  quello  che  reggeva  la  città 
air  epoca  della  dedicazione  del  monumento.  Dal  1585 
al  1588,  durante  il  lavoro  della  statua,  si  erano  suc- 
ceduti nel  governo  di  Camerino  quattro  prelati  :  Carlo 
Conti;  Marcello  Acquaviva;  Marsilio  Landriani;  Mar- 
cantonio Marsilj  Colonna;  ora  nessuno  di  costoro 
aveva  avuto  parte  a  tutto  l'andamento  del  negozio, 
ma  chi  aveva  veduto  il  principio,  non  aveva  egual- 
mente assistito  al  progresso  e  al  fine. 

Meno  di  ogni  altro  il  Landriano  meritava  di  es- 
ser ricordato,  perchè  giunto  al  governo  li  15  giu- 
gno 1587  e  partitone  nel  settembre  del  1588;  e  per- 
ché la  sua  presenza  avea  destato  in  città  una  quistione 
di  partiti  per  un  litigio  fira  lui  e  il  vescovo  Girolamo 
de'  Buoi;  per  la  qual  cosa  era  stato  richiamato  a  Roma 
e  molto  avea  dovuto  brigare  per  iscolparsi.  Lo  scul- 
tore ignaro  di  quanto  accadeva,  e  forse  eseguendo  le 
avute  istruzioni,  aveva  inciso  il  nome  del  Landriano 
come  di  colui  che  sarebbe  dovuto  esser  presente  al- 
l' inaugurazione.  Giacché  guardando  bene  addentro  al 
senso  della  epigrafe  si  vede  subito  che  fra  la  prima 
e  la  seconda  pericope  v'  é  un  dissenso  cronologico. 
Essa,  come  é  rimasta,  dice  che  la  statua  fu  dai  Camerti 
posta  il  primo  anno  del  Pontificato....  nel  1587; mail 
primo  anno  sarebbe  stato  invece  il  1585;  dunque  v'é 
difetto  di  dizione  che  indichi  un  secondo  tempo,  e 
dovea  leggersi  il  primo  anno  per  il   decreto  di  ere- 


292  MILZIADE  SANTONI 

zione,  il  terzo  per  la  dedica:  ossia  Posuerunt  an.  L 
et  Marsilio  Landriano  Gubernatore  D.  D.  an.  i^8y. 
Né  questo  è  tutto  mio  supposto:  lo  Sparapani  (')  lo 
narra  e  nel  piedistallo  fu  inciso  il  nome  del  Gover- 
natore Landriano,  ma  senza  sapersene  la  cagione  fii 
cancellato  ».  E  prima  assai  di  lui  il  Massarelli  in  un 
foglio  volante  fra  le  carte  del  Lilii  (*)  aveva  trascrìtto 
r  integra  iscrizione  con  queste  parole  :  <  Sixto  V.  Poìir 
tifici  Maximo  Camertes  unde  Matemam  originem  duxit 
J.  optimo  posuerunt  Pontificatus  sui  anno  i.  tem- 
pore Gubernij  Illmi  D.  Marsilij  Landriani  Mediolan. 
MDLXXXVIL  et  poi  fu  cancellato  la  causa  non  si  sa  >. 

Per  noi  questa  cagione  non  è  più  un  mistero. 

L'omaggio  della  statua  eretta  dai  camerinesi  fii 
altamente  ^adito  dal  Pontefice,  il  quale  poco  stante 
ricordevole  del  voto  di  questo  consiglio  di  avere  un 
Governatore  perpetuo  fira  i  suoi  parenti  die  quel  ti- 
tolo e  potere  a  Marcantonio  Colonna  duca  di  Pa- 
liano  gran  contestabile  del  regno  di  Napoli.  Egli 
aveva  sposato  una  delle  pronipoti  di  Sisto.  Ciò  ac- 
cadde nei  primi  del  1589;  e  nell'agosto  dell'anno 
medesimo  s' ebbe  notizia  che  sarebbe  passata  per 
Camerino  Camilla,  la  sorella  del  Papa,  accompagnata 
dalle  sue  pronipoti  Flavia  moglie  di  Virginio  Orsini, 
e  Orsina  sposa  del  contestabile  nostro  governatore 
perpetuo.  Esse  eran  dirette  a  Loreto.  La  letizia  dei 
cittadini  non  ebbe  limiti  :  si  disposero  archi  trion£di, 


(1)  L.  e.  S-  37^- 

(2)  Varìor.  Camilli  Lilii  tom.  V.  9$  mss.  nella  BibL  Valcminiana. 


SISTO  V.  E  LA  SUA  STATUA  2$$ 

si  armarono  tutte  le  milizie,  si  apprestarono  sontuosi 
conviti,  eleganti  comedie^  ricche  danze,  si  ordinarono 
cacce  di  tori,  corse  di  barbereschi.  Le  feste  durarono 
cinque  giorni,  quanti  si  trattennero  gli  augusti  ospiti. 
Camilla,  dice  lo  Sparapani,  (')  «  ad  ogni  momento 
vantava  essere  essa  di  Camerino.  Mariano  Perbene- 
detti,  allora  Governatore  di  Roma,  era  presente  a 
tali  espressioni,  le  confermava,  ed  aggiungeva  che  in 
realtà  il  padre  di  Sisto  V.  sposossi  Marianna  Perbe- 
nedetti  ....  (*)  Parti  Camilla  da  Camerino  piena 
di  gratitudine  verso  li  Camerinesi..  Ed  in  realtà  ne 
sperimentarono  essi  i  benefici  effetti,  quali  si  furono 
l'estrazione  de* bestiami  dalla  Marca  senza  gabella, 
l'abolizione  del  dazio  di  un  quatrino  per  libra  sulla 
carne.  Crediamo  ancora  che  la  medesima  molto  con- 
tribuisse alla  promozione  di  Mariano  Perbenedetti  al 
cardinalato.  » 

Sisto  V.  mori  li  24  agosto  1590.  (') 


(1)  L.  e  $.  380. 

(2)  La  parentela  de*Peretti  coi  Perbenedetti,  se  non  fu  tanto  stretta» 
come  qui  si  dice,  non  fu  certo  molto  più  lontana.  Il  p.  Tempesti  ricorda 
a  proposito  la  benevolenza  del  Papa  per  Mariano  che  egli  stesso  volle  con- 
secrar  vescovo,  tenne  presso  di  se  come  governatore  di  Roma  e  donollo 
poi  della  porpora. 

(3)  in  altre  due  brevi  memorie  pubblicate  nella  Cronaca  Marchigiana, 
dell'aprile  di  quest'anno,  mi  sono  intrattenuto  intomo  ad  altri  fatti  del 
pontificato  di  Sisto  V,  in  relazione  con  la  storia  di  Camerino. 


U  ARCHIVIO  SEGRETO 


DI 


SERRASANQUIRICO 


(I) 


CLASS.  XXI. 

Solutiones  Cameralìbus  factae  a  dieta  Ctmmuni 


Pergam.  I.  pag.  36.  An.  1277.  Solutio  facta  Comuni,  quod 
supra,  Thesaurario  librarum  8.  prò  affictu  S.  Romanae 
Ecdesiae  debito. 

Pergam.  II.  pag.  36.  An.  1278.  Solvuntur  ipsi  Thesaurario 
per  Commune  praedictum  aliae  librae  8,  prò  eodem 
affictu. 

Pergam.  III.  pag.  37.  An.  1282.  Acceptilatio  dicti  Thesaura- 
rii  ob  aliam  solutionem  librarum  9,  ei  factam  ut  supra. 

Pergam.  IV.  pag.  37.  An.  1286.  Alia  solutio  8.  librarum  The- 
saurario facta  prò  eodem  affictu  ab  ipso  Communi. 


(0  Contlflouione  V.  Voi.  I,  fase.  IV,  pjg.  710  -  744. 


l'archivio  di  serrasa){q.uirico  295 

Pergam.  V.  pag.  37.  An.  ia88.  ÀlteFa  solutio  librarum  8. 
pariter  prò  affictu  S.  Romane  Ecclesiae  debito  facta  The- 
saurario  ab  eodem  Communi. 

Pergam.  VI.  pag.  37.  Àn.  1289.  Alia  solutio  8.  librarum  prò 
eodem  affictu  Thesaurario  facta  ab  ipso  Communi. 

Pergam.  VII.  pag.  38.  An.  1291.  Solvuntur  Thesaurario  pa- 
riter 8  librae  prò  eo  affictu  a  Communi  praedicto. 

Pergam.  Vili.  pag.  38.  An.  1294.  Acceptilatio  Thesaurarii  de 
8  libris  Ravenn.  ei  solutis  a  dicto  Communi  prò  eodem 
affictu. 

Pergam.  IX.  pag.  38.  An.  1295.  Alia  acceptilatio  a  Thesau^ 
rario  facta  eidem  Communi  ob  consuetam  solutionem  li- 
brarum 8.  prò  ipso  affictu. 

Pergam.  X.  pag.  39.  An.  11 97.  Alia  acceptilatio  Thesau- 
rarii de  solutione  ei  facta  per  Commune  predictum  8. 
librarum  prò  affictu  annuo  debito  Romanae  Ecclesiae, 
seu  Rectori  Provinciae. 

Pergam.  XI.  pag.  39.  An.  1299.  Idem  Commune  solvit  The- 
saurario 50  libras  Ravennat.  et  Ancon.  prò  Vicario  ge- 
nerali Marchiae. 

Pergam.  XII.  pag.  40.  An.  1301,  Alia  solutio  8.  librarum  ab 
eodem  Communi  £icta  Thesaurario  prò  affictu  ut  supra. 

Pergam.  XIII.  pag.  40.  An.  1302.  Acceptilatio  praedicto  Com* 

muni  facta  a  Thesaurario solutione  8.  librarum 

de  eodem  annuo  affictu. 

Pergam.  XIV.  pa.  40.  An.  1309.  Alia  Thesaurarii  acceptilatio 
de  consuetis  8.  libris  Rav.  et  Ancon.  ab  eodem  Com- 
muni solutis. 

Pergam.  XV.  pag.  41.  An.  13 13.  Alia  acceptilatio  Camera- 
lium  dicto  Communi  facta  prò  solutione  125.  librarum. 

Pergam.  XVI.  pag.  42.  An.  13 16.  14  Aprii.  Alia  acceptilatio 
Vicarii  generalis  Praesidatus  Camerinensis  Communi  prae- 
dicto ob  solutionem  illi  factam  8.  librarum. 

Pergam.  XVII.  pag.  43.  An.  13 16.  14  Maji.  Altera  ejusdem 
Vicarii  acceptilatio  facta  eidem  Comuni  ob  consuetam 
solutionem  8.  librarum  prò  affictu  ut  supra. 

Pergam.  XVIII.  pag.  44.  An.  13 18.  Alia  Thesaurarii  accepti- 


2^6  GlOACtItKO  VALERI 

latio  dicto  Communi  ob  solutionem  ab  hoc  factam  8.  li- 
brarum  prò  eodem  affieni. 

Pergam.  XIX.  pag.  45.  An.  13 18.  Alia  ejusdem  Thesaurarì 
acceptilatio  eidem  Communi  facta  ob  consuetam  solutio- 
nem 8.  librarum. 

Pergam.  XX.  pag.  46.  An.  13 18.  Idem  Commune  solvit  The- 
saurario  29.  florenos  auri  prò  Dno  Rectore  Marchiae  seu 
prò  affictUy  ut  supra. 

Pergam.  XXI.  pag.  47.  An.  1322.  Idem  Commune  die  XVII 
Augusti  solvit  Thesaurario  Dni  Marchionis  prò  portione 
talliae  impositae  subsidii  militaris  32.  florenos  auri.  Item 
die  4.  Septembris  ejusdem  anni  dictum  Commune  solvit 
prae&to  Thesaurario  alios  32.  florenos  auri  prò  comple- 
mento supra  dictae  talliae. 

Pergam.  XXII.  pag.  48.  Ad-.  1357.  Acceptilatio  aVicethesau- 
tarlo  Marchiae  facta  Communi  praedicto  ob  solutionem 
166  ducatorum  auri  prò  alia  Tallia  imposita  per  Dnum 
Legatum  hujus  Provinciae  praedictae. 

Pergam.  XXIII.  pag.  49.  An.  1358.  Alia  acceptilatio  eidem 
Communi  facta  ab  eodem  vicethesaurarìo  ob  solutionem 
aliorum  166  ducatorum  auri  prò  Tallia,  ut  supra. 

Pergam.  XXIV.  pag.  50.  An.  13 $9.  Altera  acceptilatio 
ab  ipso  Vicethesaurarìo  facta  praedito  Communi  ob 
solutionem  aliorum  166,  ducatorum  auri  prò  eadem 
Tallia. 

Pergam.  XXV.  pag.  51.  An.  1359.  Idem  Commune  dicto  Vi- 
cethesaurarìo solvit  200.  ducatos  auri  prò  parte  subsidii 
solutionis  facte  Gentibus  iniquae  societatis  secundum  or- 
dinationem  Dni  Legati. 

Pergam.  XXVI.  pag.  51.  An.  1364.  Alia  acceptilatio  dicto 
communi  facta  a  Thesaurario  ob  solutionem  solitam  8. 
librarum  prò  affictu,  ut  supra. 

Pergam.  XXVII.  pag.  52.  An.  1365.  21.  Aprìl.  Alia  accepti- 
latio communi  praedicto  facta  a  Locumtenente  Thesaura- 
rii  ob  solutionem  8.  librarum  prò  eodem  affictu. 

Pergam.  XXVIII.  pag.  52.  An.  1365.  26.  AprìL  Idem  Com- 
mune solvit  Procuratori  Depositarli  Camerae  S.  Ro.  £c- 


L^  ARCHIVIO  DI  SERIUSAK(XUIR1C0  ^97 

clesiae  in  Civitate  Anconae  150.  diicatos  auri  prò  primo 
termino  subsidii  dicto  Communi  impositi. 

Pergam*  XXIX.  pag.  53.  Àn.  1365.  31.  Maji.  Commune  prae- 
dictum  solvit  eidem  Depositario  Camerae  alios  150.  du- 
catos  auri  prò  complemento  subsidii,  ut  supra. 

Pergam.  XXX.  pag.  53.  An.  1365.  30.  Julii  Idem  Commune 
solvit  Procuratori  Depositarii,  qui  supra,  alios  50.  ducatos 
auri  prò  parte  alterius  subsidii  dicto  Communi  impositi. 

Pergam.  XXXI.  pag.  54.  An.  1365.  18  Augusti.  Solvuntur  ab 
eodem  Communi  memorato  Procuratori  Depositarli  Came- 
rae alii  50.  ducati  auri  prò  complemento  subsidii  praedicti. 

Pergam.  XXXII.  pag.  55.  An.  1366.  Acceptilatio  a  Locum- 
tenente  Thesaurarii  facta  praedicto  ob  solutionem  8.  li- 
brarum,  prò  affictu  ut  supra. 

Pergam.  XXXIII.  pag.  56.  An.  1367.  Idem  Locumtenens  ac- 
ceptilationem  facit  dicto  Communi  ob  receptas  alias  8. 
libras  prò  eodem  affictu. 

Pergam.  XXXIV.  pag.  $7.  An.  1368.  Locumtenentis  praedicti 
acceptilatio  facta  eidem  communi  solventi  ei  8.  libras 
prò  ipso  affictu. 

Pergam.  XXXV.  pag.  57.  An.  1371.  Procurator  et  Locumte- 
nens Depositarli  Camerae  recipit  a  dicto  Communi  15. 
ducatos  auri  prò  stipendio  5.  famulorum  peditum,  quos 
idem  Commune  transmittere  debebat  ad  custodiam  civi- 
tatis  Perusii. 

Pergam.  XXXVI.  pag.  57.  An.  1372.  Commissarius  Thesau- 
rarii generalis  Gregorii  Papae  XI.  recipit  a  dicto  Com- 
muni 150.  ducatos  auri  prò  parte  subsidii  impositi. 

Pergam.  XXXVII.  pag.  58.  An.  1372.  Idem  Commune  solvit 
Commissario  praedicto  125.  ducatos  auri  prò  part«  se- 
cundi  termini  subsidii  ut  supra. 

Pergam.  XXXVIII.  pag.  58.  An.  1372.  Praedictus  Locumte- 
nens Thesaurarii  recipit  ab  eodem  Communi  8.  libras 
prò  consueto  affictu. 

Pergam.  XXXIX;  pag.  59.  An.  1372.  Idem  Communi  solvit 
praedicto  Commissario  103.  ducatos  auri  prò  secundo 
termino  alterius  subsidii  impositi. 


298  GIOACHIKO  VALERI 

Pergam.  XL.  pag.  59.  An.  1372.  Commune  praedictum  solvit 
eidem  Commissarìos  alios  103  ducatos  aurì  prò  altero 
termino  subsidii,  de  quo  in  precedenti  Pergam.  XXXIX 
fit  mentio. 

Pergam.  XLI.  pag.  6ò.  An.  1373.  Idem  Commune  solvit  su- 
pradicto  Commissario  185.  ducatos  aurì  prò  alio  subsidio 
imposito  ob  Camerae  necessitates  occasione  guerrae  Lom- 
bardiae  contra  Vicecomites  de  Mediolano. 

Pergam.  XLII.  pag.  60.  An.  1373.  Commune  praedictum  sol* 
vit  eidem  Commissario  alios  185.  ducatos  aurì  prò  sub- 
sidio ut  supra. 

Pergam.  XLIII.  pag.  61.  An.  1473.  Acceptilatio  a  Locumte- 
nente  Thesaurarii  facta  Communi  praedicto  ob  solutio- 
nem  8.  librarum  prò  consueto  affictu. 

Pergam.  XLIV.  pag.  61.  An.  1374.  Idem  Commune  solvit 
supradicto  Commissario  Thesaurarii  109.  ducatos  auri 
prò  parte  primi  termini  alterius  subsidii  nuper  impositi. 

Pergam.  XLV.  pag.  62.  An.  1374.  Commune  praedictum  sol- 
vit eidem  Commissario  100.  ducatos  auri  prò  parte  su- 
pradicti  alterius  subsidii. 

Pergam.  XLVI.  pag.  62.  An.  1375.  Acceptilatio  a  Thesaura- 
rio  facta  eidem  Communi  ob  solutionem  consuetam  8. 
librarum  prò  affictu  ut  supra. 

Pergam.  XLVII.  pag.  63.  An.  1375.  Idem  Commune  solvit 
dicto  Commissario  Thesaurarii  ducatos  auri  209.  cum 
dimidio  prò  primo  termino  subsidii  nuper  impositi. 

Pergam.  XLVIII.  pag.  63.  An.  1406.  Acceptilatio  a  Thesau- 
rario  facta  Communi  praedicto  prò  solutione  25  ducato- 
rum,  et  18.  Anconitanorum  de  7.  annis  inceptis  a  1399. 

Pergem.  XLIX.  pag.  64.  An.  1407.  Commune  praedictum 
solvit  Procuratori  magnifici  Capitanei  Pauli  de  Ursinis  du- 
catos 408.  prò  talea  praefatum  Commune  tangente  prò 
stipendio  septimae  conductae  ejusdem  magnifici  Capitanei. 

Pergam.  L.  pag.  65.  An.  1418.  Commissarius  Thesaurarii  re- 
cipit  a  dicto  Communi  14.  ducatos,  et  16  Anconitanos 
prò  affictu  annorum  1415, 1416, 1417  et  1418.  ad  rationem 
3  ducarorum  et  14  Anconitanorum  prò  quolibet  anno. 


L* ARCHIVIO  Di  SERRASANQ.UIR1C0  299 

Pergam.  LI.  pag.  66.  An.  141 9«  Gregorii  Papae  XII.  Com« 
missarias  recipit  ab  eodem  Communi  24.  ducatos  prò 
affictu  8.  annorum,  videlicet  1407,  1408,  14091  14 io, 
1411,  1412,  1413  et  1414. 

Pergam.  LII.  pag.  66.  An.  1420.  Idem  Gommane  solvit  The- 
saurario  prò  afiìctu  hujus  anni  ducatos  3 ,  et  bonone- 
nos  28. 


CLASS,  xxn. 


Soluthnes  ab  eodem  Communi  factae  aliis  variis  personis. 


Pergam.  I.  pag.  67.  An.  1289.  Senio  Bartholomei  filio  de 
S.  Severino  propter  latrocini  a  contra  eum  facta  in  con- 
trata  meragi,  pecuniae  a  Gommuni  praedicto  restituuntur. 

Pergam.  II.  Pag.  68.  An.  12 11.  lunii.  Facultas  datur  a  Con- 
silio Serrae  S.  Quirici  solvendi  creditoribus  dicti  Gom- 
munis  ob  subministratos  ei  coppos,  Ugna,  calcinam  in 
Palatii  pubblici  restauratione.  Sequitur  aliud  instrumentum 
sub  die  trigesima  ejusdem  mensis  et  anni,  quo  Deotalleve 
Petri  Syndicus  ipsius  Gommunis  solvere  -  promittit  Ugu- 
tio  Ranaldutii  15.  liuras,  4.  soldos,  et  6.  denarios  bine 
ad  festum  S.  Mariae  Augusti,  prò  cuppis,  calcina,  planel- 
lis  etc.  emptis  ab  eo  prò  Palatio  Gommunis  praedicti. 

Pergam.  III.  pag.  69.  An.  1295.  Idem  Gommune  solvit  Alle- 
vono  Ioannis  3.  libras  prò  tabulis  ligneis,  quas  dedit  in 
servitio  dicti  Gommunis. 

Pergam.  VI.  pag.  70.  An.  1297.  Gum  fures  400.  librarum 
dotis  Dnae  Gorradinae  filiae  Leonardi  de  Ancona  fuerint 
per  ipsum  Leonardum  capti  in  finibus  predictae  Serrae 
eademque  pecunia  tradita  fuerit  dicto  Gommuni,  ab  hoc 
modo  restituitur  praefatae  Gorradinae. 

Pergam.  V.  pag.  71.  An.  1297.  Idem  Gommune  solvit  Bru- 
ninto  Gattarelli  34.  soldos  prò  pretio  ferraminum  ipsi 
Gommuni  factorum. 


300  GIOACHINO  VALERI 

Pergam.  VI.  pag.  72.  An.  1297.  Ranaldonus  preco  dicti  Com- 
munis  se  obbligai  solvere  Mattheo  Actonis  Blanci  4.  li- 
bras  et  14.  soldos,  ob  expensas  ab  hoc  factas  prò  eodem 
Communi  in  curia  Dni  Marchionìs. 

Pergam.  VII.  pag.  75.  An.  1298.  Quietatio  facta  dicto  Com- 
muni per  Zutium  Dni  Natumguerrae  ob  receptas  30. 
libras. 

Pergam.  Vili.  pag.  74.  An.  1298.  Quietatio  facta  dicto  Com- 
muni per  Nicolaum  Dni  Pauli  de  Podio  vice  et  nomine 
aliorum  interesse  habentium  ób  receptas  40.  libras. 

Pergam.  IX.  pag.  75.  An.  1298.  Quietatio  facta  dicto  Com- 
muni per  Zutium  Thomasii  vice  et  nomine  aliorum  in- 
teresse habentium,  ob  receptos  47  soldos  Anconitanorum 
grossorum  de  argento. 

Pergam.  X.  pag.  76.  An.  1298,  Quietatio  dicto  Communi 
facta  per  lacomictum  de  Podio,  et  Pioctium  Brunelli  ob 
receptas  I2.  libras. 

Pergam.  XI.  pag.  77.  An.  1298.  Quietatio  facta  dicto  Com- 
muni per  Raynaldutium  PiczoU  ob  receptas  170.  libras , 
8.  soldos  et  3.  denarios. 

Pergam.  XH.  pag.  78.  An.  1298.  Quieutio  dicto  Conrniuni 
facta  per  Allevonum  Ioannis  Martini  ob  receptas  3.  libras 
Ravennates. 

Pergam.  XIII.  pag.  79.  An.  1298.  Consilium  praedictae  Ser- 
rae  per  speciale  mandatum  procurae  facultatem  facit 
Syndico  ejusdem  communis  solvendi  Raynaldono  lohan- 
necti  mercedem  prò  ambasciatis  etc. 

Pergam.  XIV.  pag.  79.  An.  1298.  Instrumentum,  quo  S3mdi- 
cus  praedictus  obligationem  facit  favore  dicti  Raynaldoni 
solvendi  ei  30.  soldos  prò  mercede  ut  supra. 

Pergam.  XV.  pag.  80.  An.  1299.  Consilium  dicue  Serrae  de- 
cemit  dari  debere  Accorrecto  Zuchae  45.  soldos  propter 
obligationem  quamdam,  quam  is  fecit  prò  eodem  Comuni. 

Pergam.  XVI.  pag.  81.  An.  1299.  Consilium  praedictum  sol- 
vi mandat  lacomello  Benedictoni  23  libras. 

Pergam.  XVII.  pag.  82.  An.  1300.  Syndici  ejusdem  Commu- 
nis solutio  200  librarum.  Cum  pergamenam  hanc  vetustate 


L^ARCHIVIO  DI  SERRASAKaUIRICO  3OI 

jam  corruptam  accuratius  perscrutaverim ,  ibi  notari  de- 
prehendi,  Commune  Castri  Domi  ob  rubarias  in  eo  Ca- 
stro perpetratas  ab  hominibus  dictae  Serrae  eamdem  sutn- 
mam  recipere.  Itaque  documentum  hujusmodi  ad  annum 
13 12  spectare  censeo.  Videatur  Pergamena  XV.  Class, 
XVL  Tom.  IV.  pag.  68.  Instrumentum  ante  Septem- 
brem  mensem  iuisse  exaratum,  constat  ex  obiigatione, 
quam  facit  Syndicus  praefatus  sol  vendi  alias  xooo.  libras 
in  Kalendis  mensis  ipsius. 

Pergam.  XVIII.  pag.  83.  An.  1300.  Solvuntur  a  dicto  Com- 
muni Tinto  Mathaei  15.  soldi  prò  pretio  mediae  salmae 
ordei. 

Pergam.  XIX.  pag.  84.  An.  1302.  Mandatum  Vicarii  Serrae, 
praedictae,  quod  solvantur  ab  eodem  Communi  Gratioli 
Bentevengne  2.  Anconitani  grossorum. 

Pergam.  XX.  pag.  85.  An.  1302.  Procura  Monachorum  S.Bar- 
tholi  de  Castanea  ad  rècipiendas  8.  libras  Raven.  et  An- 
ton, ipsis  a  praedicto  Communi  debitas  prò  tunicis. 

Pergam.  XXL  pag.  85.  An.  1304.  Mandatum  ludicis  dictae 
Serrae,  quod  praefatum  Commune  solvat  Matthaeo  Ac- 
cursii  5.  soldos. 

Pergam.  XXII.  pag.  86.  An.  1307.  Idem  Commune  solvit  30. 
libras  prò  stipendio  4.  equitum  cum  4.  equis  Dno  Mar- 
chioni  debito. 

Pergam.  XXIII.  pag.  87.  An.  13 12.  Procura  eiusdem  Com- 
munis  ad  restituendas  Mathaeo  Magistri  Accursii  25.  li- 
bras ipsi  Communi  mutuatas. 

Pergam.  XXIV.  pag.  88.  An.  1312.  Procura  Gentelutii  Ben- 
venuti de  Saxoferrato  ad  exigendas  25  libras  dicto  Com- 
muni ab  eodem  mutuatas. 

Pergam.  XXV.  pag.  89.  An.  13....  Acceptilatio  de  libris  8.  de- 
nariorum  in  Marchia  currentium  ab  eodem  Communi 
solutis. 

Pergam.  XXVI.  pag.  89.  An.  i3....  Alia  acceptilatio  facta  di- 
cto Communi,  seu  Dno  Benvenuto  ejus  Vicario  a  quo- 
dam  Magistro  Ioanne  prò  40.  soldis  habitis  ab  ipso  lo- 
anne  de  Fulginio  notario  curiae  de  Instrumento  compo- 


302  GlOACHniO  VALERI 

sitionis  per  eum  factae  occasione  Monasterìi  S.  Victorìs 
de  Clusis. 
Pergam.  XXVII.  pag.  90.  An.  13....  Acceptilatio  eidem  Com- 
muni facta  a  quodam  Salvicto  de  sua.  mercede  habita  prò 
servitiis  ipsi  Communi  factis. 


TOM.    IV. 

CLASS.  XXIIL 

Solutlones  salariarum  factae  a  Comuni  Serrai  predìctac 

Pergam.  i.  pag.  i.  An.  1286.  Instrumentum  quietationis  prò 
accepto  salario  factae  Camerario  dicti  Communis  a  Villa- 

nutio   Dni   Ugi Symonetti  de    Valle   Potestate 

ejusdem  Serrae. 

Pergam.  11.  pag.  2.  An.  1287.  Acceptilatio  mercedis  prò  of* 
fìcio  Potestariae  dictae  Serrae  quo  functus  est  Simone- 
ctus  de  Valle  Esinus. 

Pergam.  III.  pag.  3.  An.  1292.  Consilium  Serrae  praedictae 
de  Salario  100  soldorum  solvendo  Dno  Michaeli  Syndico. 

Pergam.  IV.  pag.  4.  An.  1292.  Dnus  Deutalleve  de  Tolentino 
ludex  recipit  a  dicto  Communi  3  libras  prò  compositione 
etc.  cum  Abbate  S.  Victoris  de  Clusis. 

Pergam.  V.  pag.  5.  An.  1297.  Dnus.  Benedictus  Dni  Thebaldì 
de  Spoleto  Potestas  ejusdem  Serrae  recipit  a  Communi 
praedicto  30  Libras  prò  salario. 

Pergam.  VI.  pag.  6.  An.  1296.  Mandatum  ipsius  Communis 
ad  accipiendam  quietationem  de  Dno  Philipputio  Dni  Bali- 
gani  de  50  librts  Ravenn.  et  Ancon.  buie  solutis  prò  of- 
ficio Potestariae  dictae  Serrae. 

Pergam.  VII.  pag.  7.  An.  1296.  Tani  Philipputii  Dni  Baligani 


l'archivio  di  SERRASANaUIRlCO  303 

acceptilatio  facta  eidem  Communi  ob  libras  50  receptas 
de  Salario  Potestariae  quondam  Philiputii  sui  Patris. 

Pergam.  Vili.  pag.  8.  An.  1296.  Mandatum  praedicti  Com- 
munis  ad  solvendam  mercedem  Raynaldono  praeconi  prò 
bannimentis  factis.  Sequitur  obligatio  Deutalleve  Alberti 
Sindici  Communis  ejusdem  solvendi  dicto  praeconi  bine 
ad  Kalendas  Septembris  100  soldos. 

Pergam.  IX.  pag.  9.  An.  1297.  Memoria  de  itineribus  prò 
Communi  predicto  factis  a  Matthaeo  Palmectae  ipsius 
Communis  bajulo. 

Pergam.  X.  pag.  io.  An.  1297.  Solutio  salarii  potestariae  di- 
ctae  Serrae  facta  ab  eodem  Communi  Dno  Nallo  Dni  Pa- 
raneno  de  Tuderto. 

Pejgam.  XI.  pag.  ii.  An.  1297.  Alia  solutio  salarii  potesta- 
riae ejusdem  Serrae  facta  a  dicto  Communi  nobili  viro 
Rogerio  Dni  Gregorii  de  Anagnia. 

Pergam.  XII.  pag.  12.  An.  1298.  Consilium  Communis  prae-« 
dicti  de  mercede  solvenda  Raynaldono  ejusdem  Commu- 
nis tubicini. 

Pergam.  XIII.  pag.  12.  An.  1298.  Aliud  Consilium  ut  supra, 
ubi  decernitur  quantitatis  mercedis,  idest  7  librarum  et 
9  soldorum  prò  dicto  tubicine. 

Pergam.  XIV.  pag.  14.  An.  1298.  Procura  praedicti  Commu- 
nis ad  mercedem  solvendam  pluribus  Personis,  quae  ser- 
vitia  fecerunt  eidem  Communi. 

Pergam.  XV.  pag.  15.  An.  1298.  Index  dictae  Serrae  solvi 
jubet  Magistro  Ioanni  de  Camerino  20  sold.  prò  quibu- 
sdam  scripturis  praedicto  Communi  factis. 

Pergam.  XVI.  pag.  15.  An.  1299.  Quietatio  a  Magistro  Fran- 
cisco Berardi  facta  eidem  Communi  prò  accepto  salario 
de  patrocinio  et  syndicatu  gestis  prò  ipso  Communi. 

Pergam.  XVII.  pag.  16.  An.  1299.  Praedictum  Commune  sa- 
larium  solvit  Dno  Ranaldo  Bonijohannis  Vicario  et.  Fre- 
derico  Berarductii  Syndico. 

Pergam.  XVIII.  Pag.  17,  An.  1301.  Idem  Commune  solvit 
salarium  magistro  Petro  Nicolai  recipienti  prò  Dni  Guai- 
terii  de  Verulis  Potestate  dictae  Serrae. 


304  GIOACHINO  VALERI 

Pergam.  XIX.  pag.  i8.  An.  1303.  Magister  Benvenutus  Mer- 
catutii  de  Cingulo,  ut  Syndicus  Communis  ejusdem  Ser- 
rae  se  obligat  solvere  Symonello  Rigotii  20  soldos  de 
mercede  ipsius  laborum.  prò  dicto  Communi. 

Pergam.  XX.  pag.  19.  An.  1304.  Procura  Dni  Bonjohannis  de 
Montelupone  Advocati  Maceratensis  prò  eodem  Communi 
ad  recipiendam  mercedem  a  Communi  ipso  de  officio 
advocationis  dicti  anni. 

Perg.  XXL  pag.  20.  An.  1304.  Martinus  socius  magnifici  viri 
Pandulphi  de  Malatestis  mandatum  procurae  facit  ad  exi- 
gendum  salarium  sibi  debitum  prò  Potestaria  praedictae 
Serrae. 

Pergam.  XXII.  pag.  21.  An.  1305.  Magister  Ioannes  de  Penna 
quietat  dictum  Commune  de  salario  habito,  de  praestito 
patrocinio  favore  Communis  ipsius  in  Curia  generali. 

Pergam.  XXIII.  pag.  21.  An.  1306.  Quietatio  Dni  Guezelli 
nepotis  et  Domiceli!  magnifici  viri  Dni  Ramboldi  Comitis 
Tarvisii  et  Marchiae  Anconitanue  Rectoris ,  livore  dicti 
Communis  ob  receptum  salarium  de  Potestaria  ejusdem 
Serrae. 

Pergam.  XXIV.  pag.  iz.  An.  1308.  Praedictus  Dnus  Bonjo- 
hannes  ludex  et  habitator  castri  Maceratae  recepisse  te- 
statur  a  praefato  Communi  io  libras  de  salario  patrocinii 

a   se   prestiti   favore  Communis  ipsius  in  Curia  generali 

Dni  Marchionis. 
Pergam.  XV.  pag.  23.  An.  13 io.  Quietatio  eidem  Communi 

facta  per  supra  dictum  magistrum  Ioannem  magistri  Ro- 

gerii  de  Penna  prò  recepto  salario  sibi  debito. . 
Pergam.  XXVI.  pag.  25.  An.  15 12.  Bemardinus  de  Arìmino 

Index  dictae  Serrae,  accipit  ab  eodem  Communi  compie- 

mentum  salarli  sibi  debiti. 
Pergam.  XXVII.   pag.  26.   An.  13 13.  Quietatio  facta  per  P. 

magistri  Raynaldi  de  habito  salario  prò  patrociniis  prae- 

stitis  dicto  Communi. 
Pergam.  XXVIII.  pag.  27.  An.  13 13.  Sententia  lata  per  ludi* 

cem   Provinciae   Marchiae   de  solvendis  138    libris  Doo 

Vagno  de  Montefalco  de  salario  ipsi  debito  a  Communi 


l'archivio  di  SERRASANQ.UIRICO  $0$ 

predicto  ob   officium  Vicariae   in   dieta   Serra   habitum. 

Pergam.  XXIX.  pag.  38  An.  13 18.  Acceptilatio  Dni  Deutal- 
leve  advocati  de  receptis  100  soldis  prò  salario  antiquo 
ex  promissione  sibi  facta  per  Compagnutium  de  Cingulo 
syndicum  dictae  terrae  Serrae. 

Pergam.  XXX.  pag.  29.  An.  13 18.  Acceptilatio  Dni  Deutajute 
de  Cingulo  Camerarii  generalis  Terrarutn  amicitiae  de 
Marchia  facta  Communi  praedicto  de  libris  9  sold.  io  et 
denariis  6  habitis  prò  salario  ambaxiatorum ,  qui  iverunt 
ad  Curiam  Romanam. 

Pergam.  XXXI.  pag.  29.  An.  13 18.  Idem  Comune  solvit 
praedicto  Deutaiute  Camerario  generali  76  libras  et  13 
soldos  prò  salario  ambaxiatorum  qui  sunt  et  modo  de 
novo  ire  debent  ad  Curiam  Romanam. 

Pergam.  XXXII.  pag.  30.  An.  1357.  Commune  praedictura 
solvit  22  florenos  et  15  Anconitanos  Dno  Blascho  Per- 
randi  de  Belviso  Militi  Dni  Rectoris  Marcliiae  prò  officio 
Potestariae  ejusdem  Serrae. 

Pergam.  XXXIII.  pag.  31.  An.  1360.  Quietatio  facta  eidem 
Communi  de  Salario  Potestariae  Serrae  ipsius  a  Dno  Bar- 
tholomeo  Lutii  de  Narnia. 

Pergam.  XXXIV.  pag.  32.  An.  1362.  Quietatio  dicto  Com* 
muni  facta  per  Ser  lacobum  magistri  Lambertini  de  Ma- 
cerata notarium  de  accepto  salario  prò  terrarum  appassu 
in  finibus  dictae  Serrae  et  Rotursii.  Ibi  dicitur,  eumdem 
Ser  lacobum  venisse  cum  Dno  Cosa  de  S.  Victoria  Com- 
missario Dni  Rectoris  Marchiae  Anconitanae  ad  ttrtnìnan" 
dum  territorium  et  confinia  in  ter  Commune  diete  Serre  et 
Commune  Castri  Rotorsii.  Sequitur  aliud  Instrumentum  pa- 
riter  quietationis  factae  Communi  Serrae  praedictae  a 
Phylippo  lohannis  de  Monte  alto  Bajulo  Curiae  generalis 
prò  recepto  salario  sibi  debito,  sub  eodem  anno  1362 
22  lunii. 

Pergam.  XXXV.  pag.  33.  An.  1363.  Ser  Andreas  Francioni 
de  Montiluco  accipit  a  dicto  Comuni  salarium  ipsi  debitùm 
prò  patrociniis  favore  ejusdem  Communis  ab  eo  prestitis 
in  Curia  generali. 

Archivio  Storico  II.  30. 


3o6  GIOACHIKO   VALERI 

Pergam.  XXXVI.  pog.  33.  An.  13  . . .  Acceptilatio  facta  eidem 
Communi  a  Dno  Francesco  de  Matetica  Indice  et  Advo- 
cato  de  3  iibris  Raven.  et  Ancon.  ab  eo  habitis  prò  par- 
te salarii. 

CLASS.  XXIV. 
Alimatianes  factae  per  idem  Commune 

Pergam.  I.  pag.  34.  An.  1289.  Comune  Serrae  S.  Quinci  aiie- 
nat  Dno  Angelo  Abbati  S.  Helenae  quoddam  splateum. 

Pergam.  II.  pag.  35.  An.  1388.  Dictum  Commune  vendit  pe- 
tium  terrae  arativum  positum  in  districtu  ejusdem  Serrae 
et  in  fundo  de  streparellis  juxta  res  dicti  Communis  ras 
S.  Mariae  de  Grocta  etc.  Ioanni  et  Ciccho  Nutii  de  dieta 
Serra  pretio  4  florenorum  auri,  ad  solvenda  debita  et  sti- 
pendiarios  milites  Anconam  missos  prò  recuperatione  Cas- 
sari  prefatae  Civitatis. 


CLASS.   XXV. 

Obligationes  dicti  Comunis  et  aliorum  prò  Communi  ipso 

Pergam.  L  pag.  36.  An.  1289.  Idem  Commune  se  obiigat, 
qpod  cuidam  Servo  Bartholomaei  filio  de  S.  Severino 
reddetur  quaedam  denariorum  summa  ipsi  rapta  in  di- 
strictu dictae  Serrae  et  in  contrata  Meragi. 

Pergam.  II.  pag.  37.  An.  1294.  Consilium  ejusdem  Serrae 
procuratorem  facit  magistrum  Raynaldum  Deutallevi  ad 
promittendum  nomine  dicti  Communis  creditoribus  sum- 
mas  eis  debitas. 

Pergam.  m.  pag.  38.  An.  1294.  Vigore  ipsius  Consilii  idem 
procurator  se  obligat  prò  soldis  27  favore  Simonelli 
Verdianae. 


l'archivio  di  SERRASAKaUIRlCO  307 

Pergàm.  IV.  pag.  39.  An.  1294.  Obligatio  dicti  Communis 
favore  Guascantuli  Benedictoli  prò  4  iibris  denariorum  prò 
operibus  praestìtis  molendinorum  Communis  ejusdem. 

Pergam.  V.  pag.  40.  An.  1298.  Consiiium  dictae  Serrae  pro- 
curatorem  facit  Raynaldonum  banditorem  ipsius  Commu- 
nis ad  se  obligandum  nomine  ejusdem  Comunis  favore 
Zutii  Dni  Natumguerrae  prò  Iibris  31  denariorum. 

Pergam.  VI.  pag.  41.  An.  1298.  Vigore  dicti  Consilii  idem 
Raynaldonus  se  obligat  favore  ipsius  Zutii  de  dieta  summa 
ei  solvenda,  qui  hic  summam  eamdem  Communi  mutuavit. 

Pergam.  VII.  pag.  42.  An.  1300.  Obligatio  per  idem  Com- 
mune  facta  Matthaeo  Accursii  prò  una  salma  vini  ab  hoc 
vendita  Communi  praedicto. 

Pergam.  VIE.  pag.  43.  An.  1300.  Syndici  dicti  Communis 
obligatio  de  solvendis  8  soldis  cuidam  Symonello  prò  re- 
siduo cujusdam  porci  eidem  Communi  venditi. 

Pergam.  IX.  pag.  44.  An.  1300.  Obligatio  praefati  Syndici 
favore  P.  Georgii  de  Saxoferrato  Prioris  S.  Bartholi  de 
solvendis  buie  prò  dicto  Communi  io  soldis  prò  tonicis, 
et  aliis  20  soldis  prò  duplerio  dari  solito  in  festo  S. 
Bartholi  ut  in  statuto  continetur. 

Pergam.  X.  pag.  45.  An.  1300.  Obligatio  dicti  Communis  de 
31  soldis  favore  Angeli  Mercantoni. 

Pergam.  XI.  pag.  46.  An.  1300.  Obligatio  ejusdem  Commu- 
nis de  solvendis  20  soldis  Servolo  Albrici  prò  servitiis  ab 
hoc  factis  occasione  cujusdam  homicidii. 

Pergam.  XII.  pag.  47.  An.  1300.  Obligatio  Syndici  praedicti 
favore  cujusdam  Butalini  Blance  de  12  soldis  ei  solvendis, 
quod  ipse  laboraverit  in  vallato  dicti  Communis. 

Pergam.  XIII.  pag.  48.  An,  1302.  Obligatio  ejusdem  Syndici 
facta  Bartholutio  Deutalleve  de  restituendis  ei  io  soldis 
mutuo  habitis. 

Pergam.  XIV.  pag.  48.  An.  13  io.  Obligatio  dicti  Syndici  fa- 
vore Angelini  Salvonis  et  aliorum  de  ville  Forclusae  in 
summa  60  librarum  ab  eis  datarum  eidem  Communi. 

Pergam.  XV.  pag.  49.  An.  13  io.  Obligatio  dicti  Communis  favo- 
re Bentevenie  Gilii  de  pedemonte  de  summa  100  librarum. 


308  GIOACHINO  VALERI 

Pergam.  XVI.  pag^  50.  An.  13 12.  Obligatio  ejusdem  Com- 
munis  favore  Dni  Francisci  Contutii  de  Pyro  prò  91  li- 
bris  8  soldis  et  7  denariis  ab  hoc  Communi  ipsi  mutuatis. 

Pergam.  XVII.  pag.  51.  An.  13 13.  Obligatio  dicti  Communis 
favore  Ranaldutii  Andrutii  de  summa  ei  solvenda  3  li- 
brarum  et  4  soldorum. 

Pergam.  XVIII.  pag.  51.  An.  1360.  Bartholutius  Thomassutii 
se  obligat  favore  Syndici  praedicti  Communis  colligere 
dativas  et  coUectas  omnes  ab  eodem  Communi  impositas. 

Pergam.  XIX.  pag.  53.  An.  15 17.  Obligatio  facta  per  dictum 
S}mdicum  favore  cujusdam  Dni  lohannis  stipendiarli  Illu- 
stris.  Dni  Laurent ii  de  Anguillaria  prò  100  ducatis  auri. 

CLASS.  XXVL 

Ahsolutioms  et  CondemnatUmts 

Pergam.  I.  pag.  54.  An.  1290.  Absolutio  facta  a  Dno  Rectore 
Marchiae  de  quibusdam  damnis  datis,  favore  Gandolfini 
de  Genga. 

Pergam.  II.  pag.  55.  An.  1292.  Absolutio  et  quietatio  facta 
per  Dnum  Vicarium  generalem  Dni  Rectoris  Marchiae , 
favore  Serrae  praedictae  ob  excessum  perpetratum  occi- 
sionis  cujusdam  bajuli  curiae  Dni  Marchionis,  mediante 
solutione  30.  florenorum  auri. 

Pergam.  III.  pag.  56.  An.  1296.  Absolutionis  sententia  favore 
cujusdam  Compagnicti  exbanditi. 

Pergam.  IV.  pag.  57.  An.  1297.  Absolutio  obtenta  a  praefato 
Comuni  solutione  100  florenorum  auri,  propter  bella  ge- 
sta contra  Terras  Staphuli  et  Rochaecontratae  castrumque 
Perosariae. 

Perg.    V.    pag.    58.     f  An.  1298.  Absolutio  lata  per  Dnum 

Commissarium  Apostolicum    favore 

Pere    VI    pae     ^q     y  diete  Serre  et  omnium  habitatorum  in 

'  ^  ea  a  cunctis  condenmationibus ,  sen- 
tentiis,  vel  bannimentis  contra  ipsam 
latis. 


l'archivio  di  SERRASANaUIRlCO  509 

Perg.  VII.  pag.  60.  An.  1299.  Absolutio  Compagnicti  de  pre- 
dieta  Serra  exbanditi. 

Pergam.  Vili.  pag.  61.  An.  1300.  Absolutoria  Dni  ludicis  ge- 
neralis  prò  Dno  Rectore  Marchie  favore  Syndici  diete 
Serre,  quìa  non  adsignaverit  euidam  bajulo  upradieti 
Communis  alium  qui  eum  doeeret  fungi  suo  offieio. 

Perg.  IX.  pag.  62.  An.  1300.  Contra  dietum  Commune  pro- 
eeditur,  eo  quod  Fabrianensis  quidam  fiierìt  oeeisus  in 
eontrata  S.  Marie  doliole  in  via  publiea. 

Pergam.  X.  pag.  63.  An.  1300.  Dnus  Rector  Marehie  eum 
antea  Serranos  absolvìsset  ob  bellum  et  rebellionem,  aliis 
quibusdam  delietis  reseryatis,  nunc  absque  alia  reserva- 
tione  eos  pienissime  absolvit. 

Pergam.  XI.  pag.  64.  An.  1300.  Absolutio  data  per  ludieem 
Curie  generalis  in  Presidatu  Camerinensi  Communis  diete 
Serre  Syndieo  quod  non  eapi  feeerit  quosdam  fiires. 

Pergam.  XII.  pag.  65.  An.  1303.  Absolutio  favore  Potestatis 
et  Communis  predieti  ob  inquisitionem  eontra  eos  fae- 
tam,  eo  quod  erga  nonnuUos  se  gesserint  eontra  formam 
statutorum  diete  Serre  ete. 

Pergam.  XIII.  pag.  66.  An.  1304.  Absolutio  ab  exeommuniea- 
tione  data  predieto  Communi  et  partieularibus  ejusdem 
Serre  a  Dno  Reetore  Marehie. 

Pergam.  XIV.  pag.  67.  An.  1307.  Absolutio  data  a  ludiee 
Curie  generalis  in  Presidatu  Camerinensi  ludiei,  aliisque 
offieiàlibus  dieti  Communis  ob  eorum  ineuriam  in  non 
proeedendo  eontra  quemdam  homieidam. 

Pergam.  XV.  pag.  68.  An.  13x2.  Quietatio  sive  remissio  om- 
nium eondemnationumfaeta  favore  Communis  etspeeialium 
personarum  Serrae  prefatae,  eo  quod  sesc  rebellaverint  Pon- 
tifieii  ae  depopulaverint  et  ineenderint  Castrum  Domi. 

Pergam.  XVI.  pag.  69.  An.  13 12.  Copia  authentiea  predietae 
Pergamenae  XV. 

Pergam.  XVII.  pag.  70.  An.  13 13.  Absolutoria  sententia 
favore  hominum  diete  Serre,  quia  ipsi  non  eeperunt,  ne- 
que  eonsignaverunt  Curiae  quemdam,  quia  delietumper- 
petravit  in  eorum  jurisdietione  et  villa  Foreluse. 


310  Gioachino  Valeri 

PergaoL  XVIIL  pag.  70.  An.  1374.  Absolutio  £ivore  Consilii 

diete  Serre  ob  non  captum  occisorem  cuiusdam  Vagnoli 

de  eadem  Terra. 
Pergam.  XIX.  pag.  71.  An.  13.  •  .  •  Absolutio  favore    Serre 

S.  Quinci,  que  non  cepit  Phiiipputium  de  Cingulo  ban- 

ditum. 
Pergam.  XX.   pag.   73.  An.  1362.  Absolutio  favore  nonnul- 

lorum  de  dieta  Serra  in  causa  contra   Lenum  Nutii   de 

Retursio. 
Pergam.  XXI.  pag.  74.  An.  1399.  Absolutio  data  per  Dnum 

Vicarium  generalem  Dni  Rectoris   Marchie,  favore   Co- 

munis  ejusdem  Serre,  eo  quod  exbanditum  quemdam  re- 

ceptavit. 
Pergam.  XXII.  pag.  74.  An.  1434.  lohannes  Dni  Accursi  de 

Camerino  capitis  sententia  condemnatur. 
Pergam.  XXIII.  pag.  74.  An.  1450.  Copia  Consilii  diete  Serre 

super  quamdam  supplieationem  de  pene  remissione. 

CLASS,  xxvn. 

Liga  Amicorum  Marchie. 

Pergam.  I.  pag.  75.  An.  13 15.  Puccius  Franeisci  de  Auximo 
Camerarius  Lige  Amicorum  de  Marchia  recipit  a  Com- 
muni prefate  Serre  32.  libras  Ravenn.  et  Ancon.  prò 
parte  contingente  dicto  Comuni. 

Pergam.  II.  pag.  76.  An.  13 15.  Consilium  Lige  Amicorum 
de  Marchia  habitum  Cinguli  statuit ,  quo  (  ?  quod  )  die- 
tum  Comune  Serre  teneatur  eidem  Lige  prò  400  fu- 
mantibus. 

Pergam.  III.  pag.  77.  Varie  summe  denariorum  solute  a  Com« 
muni  predieto  Lige  amicorum  annis  13 13,  13 15  et  13 16.. 

Pergam  IV.  pag.  78.  An.  13 18.  Memoria  de  Salario  prò  ser- 
vitiis  ejusdem  Lige  Amicorum. 

Pergam.  V.  pag.  78.  An.  13 18.  Alia  solutio  prò  dieta  Liga 
Amicorum  ad  quam  pertinent  etiam  Pergamene  XXX, 
et  XXXI  Classis  XXIIL  pag.  29,  Tomi  hujus. 


L^ ARCHIVIO  DI  SERRASaK^UIRICO  3ìt 

CLASS,  xxvm. 

Capitula  cum  ano.  Sfortia. 

Pergam.  L  pag.   80.    j  An.  1435.  16  Augusti.  Capitula  Serre 

>      S.  Quinci  indulta  a  Duo   Franci- 
Pergam.  II.  pag.  83.    )      sco  Sfortia  Comite. 

CLASS.  XXDC. 

Comitatensium  contrada. 

Pergam.  I.  pag.  86.  An.  13 10.  Quidam  de  Villa  Meragi,  de 
villa  Saxi  etc.  districtus  diete  Serre  accipiunt  a  Gualleru- 
tio  Fabri  ecc.  mutuas  libras  100.  Ravennates. 

CLASS.  XXX. 

De   Castro  Saxi. 

Pergam.  I.  pag.  87.  An.  1250.  Quidam  Manza  Actonis  Thad- 
dei  de  Castro  Saxi  obtinet  castellaniam  Serre  S.  Quinci. 

Pergam.  II.  pag.  88.  An.  1250.  Eamdem  Castellaniam  habet 
Prior  Tbaddei  lannucoli  de  Castro  Saxi. 

Pergam.  m.  pag.  89.  An.  1250.  Castellania  ipsa  potitur  Guido 
quondam  Gregorii  Atriczoli  de  Saxo. 

Pergam.  IV.  pag.  90.  An.  1250.  Praefata  Castellania  Serrae 
datur  Actoni  quondam  Henrici  de  Saxo. 

Pergam.  V.  pag.  91.  An.  1260.  Mandatum  procurae  Consilii 
hominum  et  universitatis  Castri  Saxi  in  magistrum  Acto- 
nem  VoUionis  et  lohannem  Guidonis  ad  faciendum  datio- 
nem,  traditionem  et  cessionem  Syndicis  Communis  Ser- 
rae S.  Quirici  recipientibus  nomine  et  vice  dicti  Communis 
Serrae  de  Castro  Saxi,  curia  et  districtu  ecc. 

Pergam.  VI.  pag.  92.  An.  1260.  Mandatum  procurae  Consilii 
et  Communis  dictae  Serrae,  ad  recipiendam  nomine  Com- 
munis ipsius  praedictam  dationem  et  cessionem  Castri  Saxi. 


^11  GIOACHINO  VALERI 

Pergam.  VII.  pag.  93.  An.  1260.  Instrumentum  quo  praedicti 
Syndici  et  Procuratores  Communis  Saxi  dant,  cedunt, 
tradunt  etc.  Syndicis  et  Procuratoribus  prefati  Communis 
Serrae  idem  Castrum  Saxi  cum  tota  curte  et  Senaita  et 
villis  et  jurisdictionibus  ipsius  Castri. 

Pergam.  Vili.  pag.  94.  An.  1260.  Indictione  III.  LXXX.  ho- 
mines  de  Castro  Saxi  Syndicis  praedictis  Communis  Ser- 
rae QssQ  perpetui  castellani  ipsius  Serrae,  fidelitatemque , 
obedientiam  et  obsequium  erga  eamdem  Serram  juramento 
promittunt  etc.  die  17  Novembris. 

Pergam.  IX.  pag.  95.  An.  1260.  i.  Xbris.  Homines  plurimi, 
videlicet  alii  quadraginta  de  Saxo  promittunt  ut  in  prò* 
xime  praecedenti  Pergamena  Vili,  quibusdam  adjectis 
opportunioribus  circumstantiis. 

Pergam.  X.  pag.  96.  An.  1260.  die  X  exeunte  decemb.  £a- 
dem,  quae  supra  in  pergamenis  Vili,  et  IX.  promittit 
Syndico  Communis  Serrae  Nartinus  langni  de  Saxo.  Se- 
quitur  aliud  Instrumentum  anni  1261.  et  diei22  exeunte 
lanuario,  ubi  eadem,  quae  supra  ipsi  Serrae  S.  Quirici 
Syndico  promittit  Laurenzonus  Romerii  de  Saxo. 

Pergam.  XI.  pag.  97.  An.  1268.  Die  13  lanuarii  intrantis. 
Copia  authentica  instrumenti  venditionis  Castri  Saxi 
una  cum  hominibus,  et  Vassallis  de  dicto  Castro  fa- 
ctae  favore  Communis  ejusdem  Serrae  a  Dno  Simonecto 
Dni  Ranerii  Capzi,  et  Dna  Risabeila  ejus  uxore,  de 
AEsio. 

Pergam.  XII.  pag.  98.  An.  1268.  Die  13.  lanuarii  intrantis, 
Instrumentum  autographon,  italice  originale,  venditionis 
ut  supra  in  Pergamena  XI.  proxima. 

Pergam.  XIII.  pag.  99.  An.  1268.  13  lanuar.  intrant.  Alia  co- 
pia praefati  Instrumenti  venditionis. 

Pergamen.  XIV.  pag.  100.  An.  1272.  Die  ultima  februar. 
Quietatio  facta  ad  favorem  ejusdem  Communis  Sefrae  a 
praedictis  Dnis  venditoribus  ob  receptas  500  libras  Ravenn. 
et  Ancon.  pretium  de  Castro  et  hominibus  Saxi  dicto 
Communi  venditis. 

Perg.  XV.  pag.  loi.  An.  1297.  Locatio  terrae  in   fundo   Sa- 


l'archivio  di  SERRASANdUlRICO  313 

xonis,  idest  Castri  Saxi  facta  Adjudutio  Moricoli  a  Com- 
muni praedicto. 
Pergam.  XVI.  pag.  102.  An.  13 13.  Instrumentum  de  Castel- 
lania,  et  aliis  juribus,  ac  obsequiis  praestandis  a  Commu- 
ni Saxi  erga  Serram  S.  Quirici.  Cum  ad  accuratiorem 
trutinam  Pergamenam  hanc  revocaverim,  novi  esse  frag- 
mentum  Instrumenti  venditionis  paulo  supra  descripti, 
Pergam.  XI.  pag.  97.  Hujusmodi  fragmentum  apographon 
erat,  italice  copia,  manu  Ser  lohannis  lacobi  Notarii. 

DE  CASTRO  MERAGI 

Meragum  esse  intra  terminos  Districtus,  Territorii  ac  lurisdi- 
ctionis  Serrae  S.  Quirici,  constat  e  luribus  finium  inter 
Serram  ipsam,  et  Roccam  contratam.  Videatur  Tomus  i. 
Pergam.  I.  et  II.  pag.  24  et  25.  Item  monumenta  finium 
inter  eamdem  Serram  et  Civitatem  AEsii,  eodem  To- 
mo I.  Class.  IV.  Perg.  I.  pag.  26. 

Pergamenae,  ubi  de  Merago  hujusmodi  extant  notitiae,  spar- 
sim  in  Classium  praecedentium  opportunioribus  respective 
locis  habentur.  Eas  hic  tantummodo  indicamus. 

Anno  1250.  Grimaldus  et  Martinus  Bende  voli  de  Merago  a 
Serra  S.  Quirici  Castellaniam  obtinuere.  Cit.  To.  I.  Per- 
gam. V.  pag.  i8y  eodem  jure  quo  ipsam  habuit  Angelus 
Rollandi  da  Carpineto,  et  alii  Tom.  I,  ut  supra,  Class.  III. 
Perg.  Vin.  pag.  20.  an.  1263.  etc. 

Alia  de  Merago  reperitur  mentio  ad  annum  1278.  diemque 
decimam  octavam  Septembris,  qua  de  mandato  Dni  ludi- 
cis  dictae  Serrae,  debitor  quidam  citatur  per  septém  ba- 
julos  septcm  villarum  Serrae  ejusdem.  Ita  Perg.  I.  Tom. 
III.  Class.  XIX.  pag.  26.  et  27.  ubi  haec  leguntur  verba 
—  CUmentinus  Actonis  bajulus  villae  Forcluse^  Venutus 
Porcarius  bajulus  Ville  Meragi,  Petrus  Actonis  bajulus  ville 
montis  Forcluse,  etc. 

Monumentum  alterum  de  Merago  occurrit  anno  1289,  dieque 
nona  lulii  ex  Tom.  IV.  Class.  XXV.  Pergam.  I.  pag.  36. 


3t4  GIOACHINO  VALEIl 

Ibi  loquitur  de  Inqaisitioiie  quadam  ad  iasrantiam  Servi 
quondam  Bartholomei  de  S.  Severino  £icta  e  cantra  Com- 
munc  et  bomincs  Castri  Serrae  S.  Qtnriciy  et  ipsius  Ornimu- 
nis  Syndicum,  eo  quod . .  •  •  dum  predictus  Servus  transitum 
faceret  per  territarium  dicti  Castri^  et  recederei  de  Castro 
predictOf  et  tenderet  versus  Esium^  quidam  latrmes  . . . .  in 
territorio  et  districtu  Castri  eiusdem  in  contrata  Meragi  in- 
sidiati fueruni  eidem.  etc. 

Ad  annum  denique  13  io.  18  Septembrìs  Meragi  fit  mentio  in 
Instrumento  oblìgationis  cujusdam,  quam  nonnulli  de  Co- 
mitatu  praedictae  Serrae  faciunt ,  bis  verbis  ,  Bentevenia 
Gilii  de  villa  Pedis  moniis,  Accoronus  Ubaldi  de  villa  Me- 
ragi, Marcus  Ugucii  de  villa  montis  Forclusi  etc. 

Haec  tantum  de  Merago  in  Pergamenis  omnibus,  quae  supra, 
scrìpta  inveniuntur.  Unde  jure  merito  confici  potest.  Me- 
ragum  ipsum  saeculis  tertiodecimo  et  quartodecimo  limi- 
tes  non  excessisse  villae,  contratae  et  quarterii,  ejusdem- 
que  prorsus  fiiisse  condirionis  cum  Fordusa,  Pedemonte, 
Monte  Forclusae,  Corrozumo,  Castellariis  novis,  Villis 
Saxi,  Carpenito  etc. 

Ad  chartacea  scripta  quod  attinet,  in  bis  Meragum  ipsum  ad 
Castri  dignitatem  non  evectum  cemimus  ante  annum  1425. 
Consule  primum  Reformationum  praefatae  Serrae  Librum 
fol.  170  ad  diem  vigesimam  Maji  anni  insequentis  1426. 
Ibi  dicitur  :  «  Item  prò  Bartholomeo  Munaldutii  Capitano 
Castri  Merghi  prò  sex  mensihus  proxime  preteritis  videlicet 
Novembris  et  Decembris  142 j^  et  lànuariiy  et  FebruarH^ 
Marta  et  Aprilis  1426.  Ducat.  VI.  (')  Itaque  hujusce  Ca- 
stri primordia  non  verosimilius,  quam  circa  Saeculi  quin- 
tìdecimi  initium  statuenda  videntur.  Sed  haec  de  Merago 
satis  superque  dieta  sufficiant. 


(1)  Hic  noUndum,  Serram  praedictam  io  Meragum  acqae  ac  in  Castrum  Saxi 
jna  summam  semper,  tamqoam  io  rem  suam,  exercaisse,  Capitaneos  ad  eoa  minendOf 
illos  obligando  ad  Palliiun  ferendum  in  festo  S.  Qairici,  (  Vide  laudai am  libnun  i.  Re- 
•formatìonum  fol.  XXV.  atergo  sub  die  a  8  luaii  1360^  et  cetera  hujasmodi. 


L^ARCHIVIO  DI  àERRASANdUIRlCO  Jlj 


CLASS,  XXXL 

lura  dicti  Communis  in  officia  notariatutn^ 
Causarutn  Cìvilium  et  Criminalium  oc  damnorum  datorum 


An.  1567.  2.  ybris.  Instrumentum  ma- 
nu  Hieronymi  Ceccholi  Camerae 
Apostolicae  Notarli,  quo  Commune 
praedictum  emit  ab  eadem  Rev.  Ca- 
mera Apostolica  officia  Notariatum, 
causarum  civilium  et  criminalium, 
ac  damnorum  datorum,  pretio  scu* 
torum  200  de  juliis  XI  prò  quoli- 
bet  sento. 


Pergam.    I.  pag.  105. 
Pergam.  II.  pag.  107. 


CLASS.  XXXIL 

Nundinarum  privilegia. 

Pergam.  I.  pag.  117.  An.  1638.  21  9bris.  Privilegium  Emi 
Antonii  Cardinalis  Barberini  S.  Romanae  Ecclesiae  et  S. 
Memoriae  Urbani  Papae  Vili.  Camerari!,  quo  conceditur 
Communi  et  hominibus  Terrae  S.  Quirici  facultas  faciendi 
publicas  Nundinas  in  dieta  eorum  Terra  seu  ejus  Terri- 
torio in  «  die  Festruiiatis  S.  Bartholomaei  Apostoli  2/  tnen' 
sis  Augusti  cum  aliis  duohus  praecedentibus^  et  aliis  duobus 
subsequentibus  diebus  cujuslibet  anni  in  perpetum.  » 

Pergam.  II.  pag.  119.  An.  1693.  13.  Martii.  Privilegium  lUmi  ac 
Revmi  Dni  losephi  Paravicini  S.  Memoriae  Innocentii  Papae 
XII  et  Rev.  Camerae  Apostolicae,  Thesaurari  generalis, 
quo  conceditur  Communi  et  hominibus  praedictis  Terrae 
Serrae  Seti  Quirici  facultas  faciendi  pubblicas  Nundinas  in 
Terra  ipsa,  ejusque  Territorio^  diebus  vigiliae  et  Festivitatis 
5.  Luciae  Virginis  et  Martyris  12  et  13.  Xbris  quotannis 
in  perpetuum. 


3ié  CiOACHiKo  Valeri 

Monumentum  III.  pag.  121,  An.  1716.  18  lanuari.  Privile- 
gium  chartaceum  Emi  Io.  Baptistae  Cardinalis  Spinula  S. 
Romanae  Ecclesiae,  et  S.  Memorìae  Innocenti!  Papae  XII 
Camerarìi,  pubblicas  Nundinas  praedictas  S.  Luciae  Vir- 
ginis  et  Martyrìs  ad  alios  8  dies  proximos  et  immediate  se- 
quentes  dictae  festivitati  5.  Luciae  cujuslibet  anni  in  perpe- 
tuum  prorogans  et  extendens. 


Hìc  explicit  Tomus  IV.  Petgamenarum  Serrae  S.  Quirici  sanctiorìs 
Archivi  per  me  Franciscum  Menicuccium  Cuprensem  Montanum  Diplonur 
ticae  Professorem  Facultatis  elegandus  commodiusque  redditi  atque  instructi. 
Konis  Martii  An.  a  Xp.  S  ot.  natali  die  ci3.i3.cc.xcvm.  opus  sum  aggressus, 
idque  VI.  Idus  Maji  anni  ipsius  ad  umbilicum  perduxi,  D.  O.  M.  opem  fe- 
rente, cui  laus,  gloria  et  gratiarum  actio  in  saecula  saeculorum.  Amen.    ^ 


CRONACA  DI  FOLIGNO 


DI 


BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO 


(1198-1341) 


Questa  cronaca  non  è  inedita.  Per  primo  la  pub- 
blicò nelle  Antichità  Italiche  Ludovico  Antonio  Mu- 
ratori (*)  ,  sopra  una  copia  inviatagli  da  Giustinia- 
no Pagliarìni,  il  quale  la  trasse  da  un  codice  della 
biblioteca  del  Seminario  di  Foligno  antiquis  characte-' 
ribus  exarato j  che  recava  sul  dorso  le  parole  :  Scritto  da 
Bonaventura  di  Mastro  Benvenuto  da  Foligno  nel  ijoo 
sino  al  1)4$.  Questa  stampa  fu  eseguita  nel  1741, 
e  pochi  anni  appresso  ,  cioè  nel  1 748 ,  fu  ripro- 
dotta dal  Tartini  negli  Scriptores  Rerum  Italicarum  (*), 
ove,  rimanendo  identico  il  testo  come  si  trova  nella 


(i)  Antiquitatis  italicae  medii  aevi.  Mediolani»  MDCCXLI,  tom.  IV, 
coL  132  e  seg. 

(2)  Rerum  itaUcarum  scriptores.  Florentiae,  MDCCXLVIII ,  tom.  I , 
coL  847  e  seg. 


1 


3l8  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

Stampa  muratoriana ,  alle  poche  note  che  vi  pose  il 
Pagliarini  ,  se  ne  aggiunsero  parecchie  altre  di 
Domenico  Maria  Manni  assai  più  numerose  delle  pri- 
me. Non  parrebbe  quindi  necessario  riprodurre  per 
la  terza  volta  la  cronaca  istessa,  la  quale  per  le  edi- 
zioni che  ne  furono  fatte,  è  già  abbastanza  cono- 
sciuta. Peraltro,  come  io  accennai  alcuni  anni  indie- 
tro ('),  le  due  edizioni  che  ne  abbiamo  essendo  as- 
sai scorrette  e  incomplete,  ho  creduto  che  una  stam- 
pa migliore  non  solo  potesse  essere  utile,  ma  fosse 
invece  necessaria  eziandio.  Poiché  infatti  potei  avere 
sotto  gli  occhi  il  manoscritto  autografo  di  Buonaven- 
tura  di  Maestro  Benvenuto  autore  di  quella  cronaca,  e 
potei  confrontarlo  con  le  stampe  che  ne  abbiamo , 
mi  avvidi  anzi  tutto  che  il  codice  stesso  (  trascu- 
rando altre  materie  che  non  riguardavano  avvenimenti 
istorici  )  conteneva  notizie  e  documenti  di  valore  non 
dispregevole,  che  nella  stampa  furono  ommessi,  e  che 
in  secondo  luogo  la  stessa  parte  pubblicata  non  era 
scevra  in  molti  punti  di  lezioni  sbagliate,  che  altera* 
vano  il  senso  in  modo  tale,  da  produrre  nel  rac- 
conto confusioni  notevolissime.  In  conferma  di  che, 
basterà  solo  che  io  qui  metta  a  confronto  un  brano 
della  stampa,  ed  un  brano  del  codice,  per  vedere 
quanto  differisca  Y  uno  dall'  altro.  Scelgo  solo  il 
principio  della  cronaca. 


(i)  Vedi  //  Bibliofilo,  Firenze,  1881,  an.  II,  num.  IV,  pag.  52  e  seg. 


CRONACA  DI  BUONAVEKTURA  DI  BENVENUTO 


319 


EDIZIONI 


Anno  domini  MCXCVIII.  Sanctus 
Dominicus  incepit  Ordinem 
Fratram  in  Civitate  et  partibus 
Tholosanis,  ubi  contra  Haere- 
ticos  verbo  et  exemplo  praedi- 
cabat.  Eodem  anno  Dominus 
Flascone  Potestas  fuit  per  uno 
Anno. 


Anno  MCC.  Dominus  Bemardus 
de  Tuderto  prò  uno  anno.  Fuit 
facta  confusio  Spoletanorum  et 
aliorum  suorum  sequacium  ca- 
stramentantium  apud  Filectum: 
in  ^uo  confusione  le  nocte  ve- 
nerunt  in  auxilium  ad  stipen- 
dium  Fulginatum  quamplures 
Nobiles  de  Marchia. 


MCCI.  Dominus  Raynutius  de 
Lenzo. 

MCCII.  Dominus  lacobus  Custo- 
dis  de 

MCCIII.  Dominus  Rodulphus  Be- 
nincasae  de 

MCCIV.  Dominus  Philippus  Ro- 
dulphi. 

MCCV.  Dominus  Rusticus  Ray- 
naldi. 

MCCVL  Dominus  lacobus  de  Ra- 
macza accepit  Ordi- 
nem Fratrum  Minorum  .... 
annos  conversionis  suae. 


CODICE 


Anno  domini  MCXCVIIJ.  Anno 
domini  Millesimo  clxxxxiij  — 
sanctus  Dominicus  incepit  ordi- 
nem fratrum  predicatorum  in 
partibus  tolosanis  ubi  contra 
hereticos  verbo  et  exemplo  pre- 
dicabat.  dominus  RainutiusVic- 
zarani  prò  j  anno. 

Anno  MCXCVIIIJ  —  dominus 
Flascone  prò  j  anno. 

Anno  MCC  -—  dominus  bemardus 
de  Tuderto  prò  j  anno,  fuit 
facta  confusio  spoletanorum  et 
aliorum  'suorum  sequacium  ca- 
stra metantium  apud  Filectum 
in  qua  confusione  de  nocte  ve- 
nerunt  in  auxilium  ad  stipen- 
dium  fulgin.  quam  plures  no- 
biles de  Marchia  cond 

de  sancto  Angelo  in  pantano 

quia  desce de  comite 

Gerardo  de  Vingnole. 

MCCJ  —  dominus  Raynutius  de 
Zenzo. 

MCCIJ  —  dominus  lacobus  Cu- 
stodis  et  G 

MCCIIJ  —  dominus  Rodulfus  Be- 
nencase  de 

MCCIJJ  —  dominus  PhylippusRo- 
dulfì. 

MCCCV  —  dominus  Rusticus  Ra- 
ynaldi. 

MCCVJ  —  dominus  lacobus  de 

Ramaczano incepit 

ordinem  fratrum  minorum  pro- 
pe annus  conversio- 
nis sue  qui  ante  Johannes.  .  • 

Anno  quieuit  in 

Christo. 


320  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

Come  si  vede,  la  differenza  é  notevole  assai,  spe- 
cialmente neir  ultimo  periodo,  ove  la  stampa  fa  cre- 
dere che  il  podestà  Giacomo  di  Ramaczano  si  facesse 
frate,  mentre  nel  codice,  ricostruendo  e  restituendo  le 
parti  che  sono  mancanti  per  un  angolo  della  carta  che 
fu  lacerato,  si  legge  che  san  Francesco,  il  quale  pri- 
ma si  chiamava  Giovanni,  in  un  certo  anno  deUa 
sua  conversione  che  non  si  legge  più,  incominciò 
l'ordine  dei  frati  minori  presso  Assisi,  e  che  riposò 
nel  Signore  in  un  anno  che  anche  esso  andette 
perduto. 

In  quanto  poi  alle  parti  omesse  nella  stampa, 
anche  sotto  questo  aspetto  non  si  rende  meno  ne- 
cessaria una  nuova  edizione  della  cronaca.  Di  fatti, 
le  prime  quattro  carte  del  codice,  che  sono  fra  le  ine- 
dite, contengono  il  registro  delle  tasse  che  si  paga- 
vano in  Foligno  dal  1300  al  1346,  documento  inte- 
ressantissimo per  conoscere  le  condizioni  economiche 
ed  amministrative,  di  questa  città,  che  fra  i  comuni 
italiani  del  medio  evo  non  tiene  certo  l'ultimo  po- 
sto. Il  quale  documento,  che  per   qualunque   città  è 

di  molto  valore,  riesce   per   Foligno   di  importanza 

più  grande  assai,  imperocché  si  riferisce  ad  un  epoca 
della  quale  disgraziatamente  non  abbiamo  quasi  no- 
tizia veruna,  e  quelle  che  abbiamo,  monche  e  som- 
marie, sono  tolte  per  lo  più  dalle  cronache  e  dagli 
archivi  delle  vicine  città.  Invece,  gli  elementi  che  si 
ricavano  da  questo  registro  delle  tasse  comunali  del 
XIV  secolo,  se  non  sono  abbondanti,  sono  però  tali 
da  poterci  far  su  qualche  studio,  e  sono  sufficienti 
per  rischiarare  in  qualche  modo  le  tenebre  che  rico- 
prono, anche  nel  basso  medio  evo,  la  storia  civile 


CRONACA   DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO  32I 

del  nostro  libero  comune.  Per  questa  ragione  ho  cre- 
duto ben  fatto  publicare  anche  questo  registro,  alter- 
nandolo sotto  i  diversi  anni  colla  cronaca  stessa,  per 
comodo  maggiore  di  coloro  che  vorranno  esaminarlo, 
i  quali  altrimenti  avrebbero  dovutp  studiare  contem- 
poraneamente sopra  due  cronache ,  le  quali  poi  in 
conclusione  non  sono  che  una  sola. 

Premesse  le  ragioni  le  quali  mi  hanno  consigliato  a 
ripublicare  la  cronaca  di  Buonaventura ,  sarà  opportuno 
di  descrivere  il  codice,  e  dar  qualche  cenno  intorno  al 
cronista. 

Il  codice  é  cartaceo,  misura  cent.  21x16,  nume- 
ra carte  41,  segno  evidente  che  ne  manca  qualcuna, 
il  che  si  deduce  anche  da  altri  indizi  che  qui  non 
occorre  di  esporre.  La  carta  è  di  straccio  assai  con- 
sistente, nella  filagrana  ha  ordinariamente  impresse 
tre  linee  orizzontali  non  sempre  ben  visibili ,  due 
volte  una  croce,  ed  una  volta  una  figura  che  forse 
è  quella  di  un  arco.  Questa  carta  però  é  cosi  im- 
perfetta, reca  tante  tracce  di  una  lavorazione  inci- 
piente, che  non  credo  di  ingannarmi,  affermando  che 
essa  provenga  da  qualche  cartiera  che  incominciava 
allora  a  lavorare,  e  che  per  la  prima  volta  metteva 
in  commercio  questo  prodotto  cosi  meschino.  Il  co- 
dice incominciò  a  scriversi  nel  primo  o  nel  secondo 
lustro  del  XIV  secolo,  onde  la  carta  colla  quale  fu 
composto  deve  provenire  da  una  cartiera  che  inco- 
minciava a  lavorare  fra  il  1300  e  il  1305.  Non  oso 
dire  che  questa  cartiera,  la  quale  sarebbe  una  delle 
più  antiche  di  Italia,  fosse  una  delle  cartiere  di  Foli- 
gno, ben  conoscendo  i  titoli  validissimi  che  hanno 
per  la   priorità   di   tempo   i   consimili   opifici  della 

Archivio  Storico  IL  ai 


322  MICHELE  FALOCl  PULIGNAKI 

vicina  Fabriano  ('),  gioverà  però  conoscere  il  fatto  di 
un  notaio  di  Foligno,  (come  Vedremo,  Buonaventura 
era  notaio)  che  nel  1305  o  poco  dopo  scriveva  i 
i  suoi  ricordi  in  una  carta  assai  male  fabbricata,  a 
pochi  chilometri  dalle  ville  di  Belfiore  e  di  Pale  ove  da 
più  secoli  il  fiumicello  Menotre  mette  in  moto  pa- 
recchie fabbriche  di  carta  e  molini  diversi. 

Tornando  a  descrivere  il  codice,  esso  si  trova  in 
condizione  assai  cattiva  per  il  lungo  uso  che  ne  fìi 
fatto  da  chi  lo  scrisse  e  da  chi  poi  se  ne  servi.  Gli 
angoli  sono  quasi  tutti  logorati^  mancano  in  parte  le 
carte  i  e  5,  ed  in  più  luoghi  si  vedono  manifeste 
tracce  di  altri  fogli  lacerati  e  sottratti.  Aggiungansi  a 
questo  i  danni  cagionati  dalle  tignuole,  da  un  certo 
glutine  che  vien  prodotto  dai  cerasi  e  col  quale  furono 
impiastricciati  alcuni  fogli,  dalla  quaUta  dell'  inchiostro, 
talvolta  leggibile,  spesso  assai  languido  ed  in  più 
casi  impercettibile,  e  si  vedrà  che  le  condizioni  ma- 
teriali del  codice  sono  assai  poco  sodisfacenti. 

In  quanto  alle  materie  in  esso  contenute,  so- 
no queste  di  genere  differentissimo ,  una  vera  mi- 
scellanea, la  quale  però  è  scritta  intieramente  dal 
nostro  Buonaventura  dall'  anno  1300  o  poco  dopo,  al 
1346.  Di  carattere  diflferente  non  vi  ho  trovato  che 
poche  parole  e  cifre  di  Ludovico  lacobilli  in  diversi 
luoghi,  e  nel  retto  della   carta  38  la  sola  data:  In 


(i)  Vedi  il  bello  scrìtto  del  canonico  Zokghi  Aureuo.  Le  antiche 
carte  fàbriamsi  alla  esposizione  na\Umale  di  Torino.  Fano,  x884. 


CRONACA  m  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO  323 

nomine  domini.  Amen.  Anno  domini  M"  CCCO 
XXXX",  come  principio  di  un  atto  che  poi  non  fu 
più  scritto. 

Enumeriamo  adesso  le  diverse  materie  che  furo- 
no scritte  dal  nostro  Buonaventura. 

Dalla  carta  i  alla  carta  4,  si  trova,  come  si  é 
detto,  il  registro  dei  dazi  dal  1300  al  13^46:  dalla 
carta  5  alla  carta  14  la  cronaca  di  Foligno,  della 
quale  diremo  poi;  dalla  carta  15  al  retto  della  24 
trovansi  alcuni  conti  di  amministrazione  che  si  ri- 
feriscono agli  anni  1314-  13371  e  che  probabilmente 
riguardano  il  patrimonio  privato  di  Buonaventura,  Le 
carte  24  t,  25  r,  contengono  formole  superstizio- 
se, orazioni  devote,  ricette  mediche,  ad  vineam  pian- 
tandam,  ad  vindemiam  faciendam,  ad  dolor em  capitis^  ad 
domum  hedificandum,  ad  partum  mulieris ,  prò  furto , 
ad  sompnia  ecc.  ecc.  Sono  cose  di  poco  conto,  che 
ho  voluto  accennare ,  perché  rivelano  in  parte  e  ci 
fanno  conoscere  la  capacità,  e  le  idee  di  chi  le  scris- 
se. Siegue  nel  verso  della  carta  25  un  brano  della 
leggenda  di  san  Cristoforo  che  io  pubblicai  altrove, 
(*)  ed  alcuni  versi  che  non  si  capisce  a  che  alludano, 
ma  che,  come  vedremo,  non  sono  i  soli  che  abbia  com- 
posti o  trascritti  il  nostro  Buonaventura. 

Una  seconda  cronaca,  ma  di  nessun  valore,  tro- 
vasi nelle   sette   carte   che  sieguono,  e  va  dalla  26 


(I)  Notizia  delT  eremo  di   S.   Maria    Giacobbe  presso   Foligno.   Foli- 
gno, 1879,  pag.  26  -  27. 


324  MICHELE  FALOCi  PULIGNAKl 

alla  32,  incominciando  con  questo  titolo:  Infrascripte 
iunt  quedatn  scripture  exemplate  de  Cronica  domini  Ni- 
colay  pape  tertii  facta  per  fratrem  Marlinum  de  ordine 
predicatorum  penilentiarium  el  cappellanum  dicii  domini 
pape.  La  quale  cronaca,  informe  accozzaglia  di  notizie 
trascritte  dalla  cronaca  di  Martin  Polono,  va  dalla 
creazione  del  mondo  sino  a  Carlo  Magno,  parlando 
della  fondazione  di  Roma,  degli  imperatori  e  dei 
papi  y  seminando  ogni  passo  con  leggende  di  vario 
genere,  quantunque  non  manchi  talvolta  qualche  cita- 
zione classica,  che  non  saprei  dire  se  debba  attribuirsi 
a  Buonaventura  che  compilò  questa  cronaca,  o  a  Mar- 
tin Polono  dal  quale  la  trasse.  È  certo  però  che 
qualche  cosa  di  suo  Buonaventura  ce  lo  inserì:  per 
esempio,  all'anno  184  (e.  30  t.  )  scrive:  hic  (Eleu- 
tero  papa  )  heatum  Felicianum  fulginatem  consecrauit 
presbiterum;  e  poco  appresso,  air  anno  200  :  hic  (  Vit- 
tore papa  )  consecrauit  episcopum  heatum  felicianum. 
(')  Parlando  poi  di  Decio  imperatore  (e.  31  r.)  scrive: 


(i)  Non  sarà  inutile  qui  1'  esaminare  brevemente  un  punto  della 
vita  di  san  Feliciano,  il  quale  è  un'  errore  manifesto,  causato  appunto  dalla 
cattiva  lettura  che  fu  fatta  di  queste  parole  del  nostrq  codice.  Nella  vita  di 
questo  santo  pubblicata  dal  lacobiUi  f  Vita  di  S,  Feliciano  ecc.  In  Fuligno, 
Alteri],  1626,  pag.  53  )  e  tradotta  dal  Bollando  (Acta  Sanctorum  lanuarii, 
ad  diem  XXIV,  Parisiis,  1863,  tom.  III.  col.  169  )  si  legge  che  questo 
santo  venne  in  Fuligno  nel  giorno  di  Pasqua,  del  che  io  non  seppi  mai 
rendermi  ragione,  mancando  questa  particolarità  nei  vetusti  codici  che  con- 
tengono gli  atti  di  questo  santo,  e  che,  parte  editi  paìte  no,  si  conservano 
a  Treviri,  a  Metz,  alla  Vaticana,  alla  Casanatense,  in  Foligno,  nella  biblio- 
teca capitolare  di  Spoleto  ecc.  Ora,  V  errore  è  nato  da  un  passo  di  questo 
codice  mal  letto,  o  meglio,  mal  diviso.  Come  ho  detto,  parlandosi  di  papa 
Vittore  nel  codice  si  legge  :  Hic  consecrauit  episcopum  heatum  felicianum,  e 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  Di  BENVENUTO    3^5 

beatus  felicianus  apud  suam  ciuilaUm  fulminei  martirio 
coronatur  iussu  dicU  cesaris^  tunientis  de  persia  et  ro- 
me redeuntis.  Le  quali  parole,  come  pure  il  ricordo  che 
fa  ali'  anno  527  di  sant' Ercolano  vescovo  di  Perugia, 
(e.  3 1  t,  )  non  si  trovano  certo  nella  cronaca  di 
fra  Martino. 

La  carta  -330  occupata  da  altri  conti  amministra- 
tivi che  si  riferiscono  all'  anno  1332,  e  dalla  carta  34 
alla  37  il  medesimo  Buonaventura  registrò  V  ammini- 
strazione della  chiesa  di  santa  Maria  in  Campis  pres- 
so Foligno,  ove  oggi  é  il  pubblico  cemetero  della 
Città.  Di  questa  Chiesa  possediamo  una  cronaca  com- 
posta nella  metà  del  secolo  XVII  dal  nostro  lacobilli('), 
e  siccome  la  medesima  contiene  parecchie  pregevoli 
cose  di  arte,  cosi  alcuni  scrittori  ne  hanno  parlato,  ed 
io  ancora  vi  ho  fatto  su  qualche  piccolo  studio,  ri- 
chiamando in  un  breve  scritto  le  parole  di  tutti  colo- 


qul  finisce  il  senso:  poi,  parlandosi  sempre  del  nominato  pontefice,  si  ag- 
giunge: et  constituit  diem  pasquatis  die  dominko  secundum  cursnm  lune  celebrarù 
Ora  che  accadde  ?  Il  lacobilli  che  ebbe  in  mano  questo  codice,  e,  come  di- 
remo, lo  possedè,  leggendo  queste  parole,  e  non  ripensando  alla  celebre 
controversia  che  ebbe  il  santo  pontefice  Vittore  con  gli  asiatici  per  ca- 
gione del  giorno  della  Pasqua,  confuse  i  due  fatti,  scrisse  in  margine 
al  codice,  per  mostrare  che  l'avea  letto,  la  parola  S,  Feliciano ,  richia- 
mò su  di  esso  r  attenzione  dello  studioso  con  un  segno  di  indicazione 
marginale,  e  sottolineò  le  parole:  hic  consecrauit  episcopum  beatum  f elida- 
num  et  constituit  diem  pasqualis  die  dominico.  La  grammatica  e  la  sintassi 
non  reggono  più,  ma  è  un  fatto  che  egli  trasse  da  queste  parole  il  suo  rac- 
conto, lo  divulgò,  lo  fece  accettare  dal  Bollando,  ed  oggi  ancora  si  accetta 
da  molti,  ma  con  quanto  poco  fondamento  si  vede  chiaro.  11  lacobilli  al- 
lora, conviene  dirlo  a  sua  discolpa,  avea  25  anni  soli. 

(i)  Cronica  della  Chiesa  e  Monastero  di  S,  Maria  in  Campis,  Fob'gno, 
Alteri  j,  165  j. 


32é  MICHELE  PALOCI  PULlGNAKl 

ro  che  ne  hanno  fatto  ricordo  (')•  La  Chiesa  di  san- 
ta Maria  in  Campis,  della  quale  si  ha  memoria  fin 
dal  121 6,  si  chiamava,  e  si  chiama  ancora  dal  con- 
tado, santa  Maria  Maggiore  (*),  però  non  é  molto 
esatto  il  lacobilli  quando  asserisce  che  questo  titolo 
lo  ebbe  circa  il  1391  ('),  imperocché  nelle  particole 
deir  amministrazione  di  esse,  scritta  da  Buonaventura, 
e  che  vanno  dal  1307  al  1345,  si  legge  due  volte 
questo  nome,  che  per  conseguenza  è  di  molto  ante- 
riore al  1391  prodotto  da  lacobilli.  Difatti,  al  foglio 
34  si  legge  :  In  Christi  nomine  amen.  Anno  Eiusdem 
Millesimo  trecenteximo  septimo  indiclione  X  tempore 
domini  lohannis  pape  XXIJ.  Infrascripti  sunt  denarii 
dati  mihi  bonauenture  magistri  benuenuti  prò  opere  Eccle- 
sie Sancte  Marie  maioris  per  subscriplos  homines.  Lo 
stesso  si  ripete  al  foglio  36  sotto  la  data  del  1321. 
Mettendo  da  un  lato  le  memorie  artistiche  che  pos- 
sono cavarsi  da  questa  parte  del  manoscritto  di  Ben- 
venuto, e  delle  quali  qualche  saggio  detti  altrove  (^) 
r  interesse  di  queste  notizie  consiste  appunto  nella 
lacuna  che  riempiono  nella  storia  della  Chiesa,  della 
quale  durante  il  secolo  XIV  si   conosce  tanto  poco. 


(x)  Le  pitture  di  Nicolò  Alunno  in  S,  Maria  in  Campis.  Firenze,  tip.  della 
Pia  Casa,  iS84. 

(2)  Bartoloni  Boca  B.  Frammenti  di  cronaca  religiosa,  Foligno,  ^- 
riglia,  1868,  pag.  7. 

(3)  Cronica^  pag.  4. 

(4)  Ricerche  storico  -  artistiche  sulla  basilica  di  S.  Maria  Infra 'portas 
di  Foligno.  Foligno,  Tomassini,  1876,  pag.  39.  Notizia  delf  eremo  di  S.  Ma^ 
ria  Giacobbe  presso  Foligno,  Foligno,  Campìtelli,  1880,  pag.  15. 


CRONACA  Di  BUÓNAVENTURA  01  BENVENUTO  327 

che  il  lacobilli  stesso  non  ci  seppe  indicare 
nulla  di  preciso.  Ora  da  questo  codice  noi  impa- 
riamo che  la  chiesa  si  restaurava  e  si  ampliava  nella 
prima  metà  del  secolo,  cioè  verso  il  1 3  3 1 ,  nel  quale 
si  parla  di  rinnovazione  del  tetto,  di  erezione  del- 
l' abside  ecc.  Di  Todino  di  Giovannuccio  Priore  e 
rettore  della  chiesa,  nominato  in  una  bolla  di  Gio- 
vanni vescovo  di  Foligno  del  1373  (*)  troviamo  men- 
zione fin  dal  1330.  Questi,  secondo  il  lacobilli  sareb- 
be morto  nel  1373,  ma  se  nel  1330  non  era  ancora 
rettore  di  quella  chiesa,  lo  era  però  certamente  nel 
1342,  perché  cosi  ve  lo  troviamo  nominato.  Perché 
poi  il  nostro  Buonaventura  si  occupasse  nell'  ammini- 
strare la  fabbriceria  di  questa  chiesa  si  spiega  facil- 
mente, potendosi  supporre  che  gli  venisse  aflSdata  da 
Todino  rettore,  o  da  altri,  se  pure  non  vogliamo  sup- 
porre che  egli  se  ne  occupasse  d'  officio,  e  per  conto 
del  Comune,  considerando  che  su  quella  Chiesa  il 
Comune  stesso  avea  dei  dritti  particolari ,  (*)  e  che 
forse  egli ,  in  qualità  di  cancelliere  o  di  camerlengo 
del  Comune,  come  diremo,  veniva  naturalmente  inca- 
ricato della  cosa. 

Restano  ad  esaminare  le  ultime  quattro  pagine 
di  questo  codicetto,  le  quali  sono  veramente  curiose, 
poiché  contengono  prose  e  poesie  simboliche,  delle 
quali  mi  é  stato  impossibile  cavare  senso  alcuno.  So- 


(1)  Cronica,  pag.  5,  4i. 

(2)  Bartolohi  Bocci  B.  Frammenti  ecc.  pag.  7,  21,  nota  io  e^. 


3^8  MICHELE   FALOCI  PUT.IGKAKI 

no  profezie,  allusioni,  allegorie,  delle  quali  difficile  é 
xii  trovare  la  chiave,  difficilissimo  indagarne  il  senso. 
Per  esempio,  la  prima  prosa  comincia  cosi:  Fulginei 
ciuitas  sacro  sancUte  matrts  ecclesiae  filiae  in  corde  per- 
sislens  stabilis  erit.  Varij  putaminis  hodiosa ,  iwlalum 
non  impedtal  auis  exlensutn,  quod  si  gaudehit  de  Auis 
conflictu  sub  nomine  pardi  (  qui  pardus  toìleiur  el  per- 
dent  a  superficie  terre  cum  fuerit  conlra  Ecclesiam  illius 
superbia  elala  in  fl^ore)  coque  perdilo,  verendam  iactu- 
ram  recipiel  ab  eodem,  etc.  Che  senso  può  dare  que- 
sto periodo?  Né  chiarezza  migliore  si  ricava  dalla 
prosa  che  siegue ,  e  che  per  giunta  è  acefala  per 
mancanza  di  una  carta  alla  quale  cominciava  e  che  fii 
tolta.  Segnaliamo  questi  due  brani  a  coloro  che  vo- 
lessero ingolfarsi  nello  studio  delle  allusioni  politiche, 
delle  previsioni  che  si  facevano  nel  secolo  XIV  sugli 
avvenimenti  di  quel  tempo  ,  allusioni  e  previsioni 
delle  quali  abbiamo  qui  notevoli  documenti.  La 
poesia  che  siegue  e  che  é  l'ultima  parte  del  codice, 
si  compone  di  44  esametri ,  e  tratta  della  materia 
stessa  che  si  contiene  nelle  prose  che  la  procedono, 
e  come  esse  é  oscura,  ambigua,  indecifrabile.  Termi- 
na in  modo  da  farne  supporre  autore  il  famoso  aba- 
te Gioacchino,  ma  per  quanto  io  so,  fra  le  poesie  di 
lui  non  si  legge.  Comunque,  riferisco  per  saggio  la 
conclusione,  la  quale  dice  cosi  : 

. ...  et  tu  Ioachim  calamo  et  mente  notabis 
luce  millena  centena  viena  que  terna 
post  orlus  (?)  eius  uidebunt  talia  gentes. 

Le  quali  parole  darebbero  la  data  del  1323,  con 
la  quale  termina  la  poesia  ed  il  codice  ove  si  trova. 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO  329 

E  con  questo  esame  del  codice  abbiamo  anche 
raccolte  quasi  tutte  le  notizie  che  ci  rimangono  sulla 
vita  e  sugli  scritti  di  Buonaventura.  Di  coltura  non 
comune  per  quel  tempo,  egli  nel  suo  codice  miscel- 
laneo ci  lasciò  notizie  che  ci  rivelano  non  solo  V  uo- 
mo ma  r  epoca,  colle  sue  tendenze ,  colle  sue  su- 
perstizioni, colle  sue  virtù,  coi  suoi  difetti.  E  che 
egli  andasse  fornito  di  una  certa  istruzione,  lo  si 
può  certamente  dedurre  da  questo ,  che  cioè,  come 
ho  accennato,  egli  dovè  coprire  nel  suo  comune  qual- 
che impiego  abbastanza  elevato,  forse  di  cancelliere, 
forse  di  camerlengo,  poiché  né  il  registro  assai  mi- 
nuto e  diligente  delle  tasse  comunali,  né  l'elenco 
completissimo  dei  Podestà  di  Foligno ,  dall'  epoca 
nella  quale  fu  istituita  questa  carica  fino  al  suo  tem- 
po, avrebbe  egli  potuto  compilare  se  non  avesse 
avuto  modo  opportuno  di  consultare  a  tutto  suo  agio 
registri  e  documenti  dell'archivio  comunale.  Ed  an- 
corché egli  fosse  stato  un  semplice  cittadino,  pur 
nondimeno,  il  fatto  solo  che  radunò  nel  suo  libro 
tante  cose  e  tanto  svariate,  prova  sempre  a  suo  fa- 
vore qualche  cosa.  Peraltro ,  intendiamoci ,  non  fu 
davvero  gran  che,  e  gli  errori  che,  quando  non  si 
trattava  di  cose  locali,  inseri  nella  cronaca  della  sua 
patria,  sono  argomento  non  dubbio  delle  sue  cogni- 
zioni istoriche  abbastanza  limitate.  Non  direi  cosi 
quando  parla  di  avvenimenti  cittadini,  nei  quali  vuoisi 
naturalmente  supporre  che  egli  fosse  più  esattamente 
informato,  la  quale  cosa  si  può  anche  presumere  dal 
fatto  della  lodevole  diligenza  che  pose  nello  scrivere 
la  sua  cronaca ,  per  la  quale  non  risparmiò  corre- 
zioni ,  aggiunte  ,  abrasioni ,  postille,  che    intralciano 


330  MICHELE  PALOCI  PULlGKAKl 

talvolta  il  senso  in  chi  legge,  ma  lo  assicurano  anche 
sulla  veracità  di  chi  scrìsse,  il  che  toma  a  non  piccola 
lode  di  Buonaventura. 

Che  altre  notizie  abbiamo  di  lui?  Il  lacobilli 
scrisse  che  egli  mori  nel  1341  (*),  ma  questo,  come 
vedemmo  esaminando  il  codice  ove  si  trova  anche 
la  data  del  1346,  è  falso,  e  del  resto  abbiamo  anche 
un  altro  documento.  É  stato  accennato  di  sopra  che 
egli  fu  notaio,  e  di  questo  abbiamo  sicuro  argomento 
in  una  pergamena  dell'archivio  comunale  che  con- 
tiene un  atto  rogato  da  lui,  nel  quale,  colla  data  di 
Agosto  del  1293  si  legge  il  suo  nome  cosi:  ego 
bonauentura  magisiri  hmuenuti  massei  auctoritaU  im- 
periali notarius.  (*)  Col  suo  nome  trovasi  in  quella 
pergamena  anche  la  sua  cifra  notarile,  ed  io  ho  vo- 
luto qui  riprodurla  come  ricordo  di  un 
concittadino  benemerito,  il  quale  con 
la  sua  diligenza  ci  lasciò  gli  annali 
del  comune  nostro  per  lo  spazio  di  un 
secolo  e  mezzo.  Altro  argomento  poi 
che  egli  fosse  notaro,  lo  si  cava  anche 
dallo  statuto  dell'arte  dei  Notari  della 
città  di  Foligno,  ove  si  legge  del  pari 
il  suo  nome  :  MagisUr  bonauentura  tnagistri  benuenu-- 
ti  (').  La  quale  sottoscrizione,  che  apparisce  fra  quelli 
dei  notari  che  compilarono  quello  statuto,  ci  dà  an- 


co Discorso  delia  città  di  Folipto.  Foligno,  Alterij,  i646,  pag.  60. 

(2)  Archivio  comunale.  Pergamene,  busu  i,  num.  8. 

(3)  Archivio  Comunale,  Capitoli  dei  Notari,  fòl.  28. 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO    33 1 

che  un'  altra  notìzia  sulla  vita  sua,  cioè  ci  sommi- 
nistra un  argomento  che  egli,  contrariamente  all'as- 
serzione del  lacobilli,  viveva  ancora  nel  1346,  poiché 
questo  statuto  rimonta  precisamente  a  quest'anno. 

E  forse  il  1346  fu  1'  anno  emortuale  di  lui. 
Nel  nostro  codice  si  legge  più  volte  questa  data,  ma 
tutte  le  parti  di  esso  terminano  sempre  col  1346. 
D*  altronde  ,  apparendo  egli  notaro  fin  dal  1293  , 
cioè  53  anni  innanzi,  se  non  mori  proprio  in  quel- 
la anno  1346,  certo  dovè  sopravvivere  di  poco,  e 
senza  dubbio,  quando  il  vecchio  notaro  si  recò  ad 
approvare  lo  statuto  che  i  suoi  colleghi  avevano  re- 
datto, si  sarà  potuto  consolare  colla  fiducia  di  lasciar 
ben  regolata  una  professione  che  era  forse  tradiziona- 
le nella  sua  famiglia  (  anche  il  padre  suo  sembra  fos- 
se notaro  ),  ma  non  potea  certo  ripromettersi  di  pro- 
vare i  benefici  effetti  delle  nuove  costituzioni,  egli 
che  per  circa  dodici  lustri  avèa  esercitata  quell'arte. 

Morto  maestro  Buonaventura,  è  cosa  inutile  e  forse 
impossibile  l' indagare  a  chi  pervenisse  questo  codice. 
Un  secolo  dopo  la  sua  morte,  cioè  nel  1446,  si  volle 
profittare  di  una  carta  bianca  di  esso  per  scrivervi 
un  atto,  ma  poi,  come  ho.  detto  di  sopra ,  non  si 
andette  oltre  la  sola  scrittura  della  data.  Neir  anno 
1638  il  codice  era  posseduto  da  Durante  Dorio  da 
Leonessa,  allora  domiciliato  in  Fuligno,  il  quale  Io 
citò  più  volte,  e  lo  indicò  espressamente  apud  me  (*): 


(i)  Storia  delia  famiglia  Trinci.  Foligno,  Alterii,  1638,  pag.  107,  134, 
139,  i4i. 


5^2  MICHELE  FaLOCI  PULIGKAKI 

poi  nel  1646  lo  possedè  il  lacobilli  ('),  il  quale  fin 
dal  1618  se  ne  era  procurata  una  copia,  che  ora  si 
conserva  in  uno  dei  suoi  manoscritti  della  biblioteca 
del  Seminario  di  Foligno  (*).  Morto  il  lacobilli  nel 
1663,  il  codice  passò  con  tutta  la  sua  libreria  alla 
nominata  biblioteca  del  Seminario  cui  egli  la  legò 
per  testamento,  ed  ivi  nel  1725  lo  trovò  il  Boccoli- 
ni  (');  poi,  come  si  é  detto,  il  Pagliarini  che  lo  tra- 
scrisse e  lo  mandò  al  Muratori.  Oggi ,  dopo  molti 
viaggi  e  traslochi,  si  trova  ancora  nella  indicata  bi- 
blioteca del  Seminario,  e  su  di  esso  abbiamo  potuto 
eseguire  fedelmente  la  presente  ristampa. 

La  quale,  per  dirne  in  ultimo  una  parola,  abbia- 
mo curata  con  qualche  diligenza,  perchè  riuscisse 
esatta  e  completa  al  possibile.  11  registro  delle  tasse 
che  nel  codice  sta  separato  dalla  cronaca^  ho  diviso, 
come  ho  accennato  di  sopra,  anno  per  anno,  ed  ho 
collocato  a  suo  posto  per  comodo  maggiore  dello 
studioso.  Per  la  stessa  ragione  di  riescire  più  comodo 
e  più  utile,  i  nomi  dei  podestà  ho  scritti  con  carat- 
teri differenti,  e  per  non  far  credere  mie  le  note  al- 
trui, ho  lasciata  a  quelle  del  Pagliarini  la  lettera  P 
che  le  distingue  nella  stampa  del  Muratori,  la  Ma  quelle 
del  Manni  inserite  nella  stampa  del  Tartini,  ed  ho 
posta  la  F  alle  mie,  le  quali  sono  poche,  e  per  giunta 


(1)  Discorso  ecc.  pag.  60. 

(2)  Discorso  della  città  di  Foligno,  MS.  fol.  103 -in. 

(3)  Vedi  il  Prezzi  F.  Il  Quadriregio  ecc.  Foligno,  Campana,    1725  , 
voi.  2.  pag.  238,  348. 


CRONACA   DI  BUON  A  VENTURA  DI  BENVENUTO  333 

non  contengono  che  indicazioni  bibliografiche,  rite- 
nendo che  se  avessi  voluto  documentare  ed  illustrare 
ogni  nome  ed  ogni  fatto  registrato  da  maestro  Bo- 
naventura, questo  commento  sarebbe  dovuto  riuscire 
prolisso  e  minuto  oltre  ogni  credere. 

Dopo  tutto,  se  questa  nuova  edizione  della  cro- 
naca del  nostro  Buonaventura  non  reca  nuova  luce 
alla  storia  della  nostra  città,  ne  farà  però  conoscere 
uno  dei  più  importanti  documenti  in  una  forma  mi- 
gliore e  più  esatta,  che  pel  passato  non  sia  stato  fatto. 

Michele  Faloci  Pulignani 


FRAGMENTA 
FVLGINATIS  fflSTORIAE 


(  1198. 1341) 


In  Nomine  domini  amen.  Infrascripti  sunt  potestates  Ci- 
uitatis  Fulginie  qui  fuerunt  in  Regimine  ipsius  temporibus 
subscriptis. 

Mcxcvni.  Anno  domini  millesimo  CLXXXXvni  —  Sanctus 
Dominicus  incepit  (')  ordinem  fratrum  predicatorum  in  parti- 
bus  tolosanis  ubi  contra  hereticos  nerbo  et  exemplo  predi- 
cabat. 

Dominus  Rainutius  VicT^arani  prò  i  anno. 

Mcxcvnn.  -  Dominus  Flasscone  prò  i  anno. 

Mcc.  -  Dominus  Bernardus  de  Tuderto  prò  i  anno.  Fuit  facta 
confusio  Spoletanorum  et  aliorum  suorum  sequacium  castra- 
metati  apud  Filectum  in  qua  confusione  de  nocte  venerunt  in 
auxilium  ad  stipendium  Fulginatensium  quamplures  nobiles  de 

Marchia  et  d de  sancto  Angelo  in  pantano  quia 

descen  ....  comite  Gerardo  de  Vignole (*) 


(1)  Error  plorium  Historiconim:  qaioimmo  circa  tnDQin  MCCXV.  S. 
■liqaot  Pretbiteria  ■tecnlaribas  sibi  socfis,  et  coadiutoribos  itm  adscitU,  apud  Ecdoiam 
S.  Romani  Tholosae  ddem  ab  Episcopo  cum  omoibaa  pertinentiis,  et  taribns  donatam , 
prima  ani  Ordini»  fundamenta  iecit,  qaem  paalo  post  Honorius  HI,  oonfirmaYit.  Afaiui. 

(a)  Cfr*  Samsi  A.  Storia  del  Comune  di  Spoleto.  Foligno,  1879,  parte  I,  pag.  33.  F. 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DA  BENVENUTO    355 

Mcci.  -  Dominus  RaynuHus  de  Zen^^o. 

Mccii.  -  Dominus  lacohus  Custodis  et  G 

Mccin.  -  Dominus  Rodulfus  Benencasa  de (') 

Mcciv.  -  Dominus  (')  Phylippus  Rodulfi. 

Mccv.  -  Dominus  Rusticus  Raynaldi. 

Mccvi.  -  Dominio  lacobus  de  Ramac:(ano incepit 

ordinem  fratrum  minorum  prope annus  conuer- 

sionis  sue   qui  antea  lohannes anno  quieuit 

in  Christo. 

Mccvii.  -  Dominus  Carsedonius  de  Fulginio. 
.  Mccviii.  -  Dominus  Carsedonius  predictus. 

Mccix.  -  Dominus  (')  Odoriscius  Leonardi  de  Fulginio.  Domi- 
nus Oddo  Imperator  quartus  fuit  a  Domino  Innocentio  Papa 
tertio  coronatus  Romae  non  electus  comuniter  a  principibus. 

Mccx.  -  Dominus  Marianus  Raynntij  Getij. 

Mccxi.  -  Dominus  Carsedonius.  (f)  Fuit  coronatus  Honorius 
papa  tertius. 

Mccxii.  -  Dominus  Andreas  (5)  Leonardi. 

Mccxiii.  -  Dominus  Rainutius  Symonecti  de  Florentia. 

Mccxiv.  -  Dominus  Mercurius  de  plano  Fulginie.  Fuit  de- 
structum  castrum  Trcuij  per  Spoletanos  et  postea  facta  ibi 
arce  per  eos  a  Fulginatibus  rehabitum  et  reparatum  fiiit.  (*) 

Mccxv.  -  Dominus  Pareniius  de  Roma.  Q)  Sanctus  Dominicus 
et  sanctus  Franciscus  simul  prò  eorum  regulis  Rome  iuerunt 
et  confirmate  sunt. 


(i)  Rodalfus  Beoincasa  de  Falgineo  tono  isii  erat  aniu  tx  consulibas  Falgind. 
Vide  UcoBiLU  L.  Cronica  di  Sattovivo.  1q  Foligno,  Alterii,  1653,  pag.  315.  F. 

(3)  De  lioc  Pliilippo  D.  Rodulphi  ex  Comitibus  de  Coccorono  plura  scrìbit  Durane 
tea  Dorìus  Leonissanua  in  Historìa  Trìncioram  Lib.  3»  M. 

(3)  Odorìaiua  Leonardi  Comitia  de  Puatignano  filioa.  Vide  Durantem  Doriom  in 
Hiatoria  FamUiae  Trine.  Ub.  3.  M 

(4)  De  hoc  Caraedonio,  qni  hoc  anno  tenia  tìcc  mnnere  poteatariae  (ìmctiia  eat, 
vide  docamentum  in  chronico  Saxivivi  aupra  citato,  pag.  314-317.  F. 

(5)  Andreaa  Odoriaii  praedicti  frater.  M, 

(6)  Cfr.  SANar,  op.  cit.  pagg.  39,  40.  F. 

(7)  Dominus  Parentioa  Poteataa  Urbis  an.  MCCIII,  et  MCCXIX.  M.  Eiua  virarìoa 
erat  quidam  Bonifadus.  Vide  ducumentum  huius  anni  in  Archivo  Comunis  Interamnae, 
capsula  A,  num.  7.  F. 


33f  MICHELE   FA.LOCI  PULIGNANI 

Mccxvi.  -  Domìnus  Parentius  predictus. 

Mccxvii. .-  Dominus  Acto  (')  Index  de  Ttiderto. 

Ufcwu'  Jjìominus  Acto  predictus. 

xMCCXiv.  -  Dominus  (*)  Rodulfus  Odoriscij  Leonardi.  Dominus 
Fredericus  imperator  secundus  fuit  Rome  coronatus  et  expulit 
supradictum.  Oddonem  de  imperio^  quia  prìus  resisterai  sibi  in 
regno  Sycilie,  et  quia  non  fuit  ab  officialibus  imperii  concor- 
diter  electus ,  quia .  aliqui  de  officialibus  elegenint  comitem 
Phylippum  filium  primi  Frederici,  qui  comes  electus  febre  su* 
perueniente  decessiti  et  Oddo  statim  Romam  uenit  et  fecit  se 
coronari  in  Imperatorem  et  iuit  contra  regem  Sicilie  Frìderi- 
cum  y  qui  Fredericus  reuersus  Alamaniam  fuit  concorditer 
electus. 

Mccxx.  -  Dominus  Albricus  de  Tuderto. 

Mccxxi.  -  Dominus  Andreas  Parentii.  (5) 

Mccxxn.  -  Dominus  Benencasa  de  Fiterbio.  Sanctus  Dominicus 
inuentor  ordinis  predicatorum  et  magister  migrauit  ad    •    .     . 

Mccxxui.  -  Dominus  Ugolinus  Salomonis. 

Mccxxiiu.  -  Dominus  (*}  Phylippus  Rodulfi  de  Fulgineo. 

Mccxxv.  -  Dominus  Phylippus  predictus. 

Mccxxvi.  -  Dominus  Ope:(^inus  et  Hermannus. 

Mccxxvu.  -  Dominus  Q)  Oddo  Petri  Gregorij. 

Mccxxviii.  -  Dominus  Berlengerius  lacohi.  Venit  rex  lobannes. 

Mccxxix.  -  Dominus  Andreas  Parentij. 

Mccxxx.  -  Dominus  Nicolaus  Custodis.  Beatus  Franciscus  de 
Asisio  quieuit  in  Christo.  (^) 

Mccxxxi.  -  Dominus  Raynaldus  Melioris. 


'  (i)  Anctor  fortas  Fraocisci  Andreae  Acti  Episcopi  Fiorentini,  ac  S.  R.  C.  Cardi- 
nalis  titali  S.  Marci.  Dominimi  Actonem  filiam  alterios  Actonis  appellai  Dorantes  Do- 
rins.  M. 

(')  Odorìsiiy  de  quo  sopra,  filiiis.  M.  Cfìr.  docamentum  interamnense,  ad  an.  1115.  F. 

(3)  Fuit  et  Potestas  Urbis  Veteris  ann  MCCXXXVII  et  MCCXXXIII.  M. 

(4)  Vide  quae  adaotaWmus  ad  ami.  MCCIV.  M. 

(5)  De  Oddone  fit  mentio  a  Simone  delta  Tota  in  Annal.  snb.  ann.  MCCXXII* 
tempore  manere  fangetwtur  Potestatis  Florentiae  M. 

(6)  Mimine  hoc  anno,  sed  anno  t3>6  b.  Franciscus  migra vit  ad  Dominum.  F. 


CRONACA  IH  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO  337 

MCCx^cKii.  -  Dominus  Thomas  petri  Manentis  de  Trento.  Fue- 
runt  coequate  turres  magne  ad  turrem  strate. 

Mccxxxiii.  -  Dominus  Acto  (')  Index  de  Tnderto.  Sanctus  Do* 
minicus  per  Gregorìum  papam  IX.  Reate  canonizatus  fuit. 

Mccxxxiv.  -  Dominns  Gnillelmus  de  FolianOé 

Mccxxxv.  -  Dominus  Mathens  Pectij. 

Mccxvi.  -  Dominus  Andreas  Tiberij. 

uccxxxvii,-  Dominus  Bartholus  Pauli.  Fuerant  debellati  tu- 
dertini  ab  urbeuetanis  (')  et  ibi  fuerunt  capti  xlv  fulginates 
de  missis  in  seruitium  tudeninorum  fugientium  et  dimitten- 
dium  blginates  in  campo  in  contrada  Lungnani. 

Mccxxxviii.  -  Dominns  lacohus  Palmerij,  Fuerunt  debellati 
Urbeuetani  et  facta  vindicta  de  predictis  in  pede  Urbisueteris. 

Mccxxxvnii.  -  Dominus  Thomas  (')  Odoriscij.  Obscuratus  est 
sol  per  totum  orbem  de  mense  lunii  die  ueneris  tertia  circa 
horam  nonam,  et  stetit  obscuratus  per  horam  et  fuit  in  renoua- 
tione  lune. 

MCCXL.  -  Dominus  Rodulfus  de  Paringnano.  Uenit  Fulginie 
imperator  Fridericus  secundus  in  octaua  beati  Feliciani.  (^) 

MCCXLi.  -  Dominus  Gnillelmus  Crispns. 

MCCXLu.  -  Dominus  Berardus  de  Ledo. 

MCCXLui.  -  Dominus  Amadore  de  Fano. 

MCCXLiv.  -  Dominus  Ceianus  Q)  de  Florentia. 

MCCXLV.  -  Dominns  lacoìnnus  de  Rangnona.  (^) 


(1)  Vide  quae  lopn  ad  aontim  MCCXVII.  adnotaTimas.  M. 
(a)  Vide,  si  lubet,  Monaldum  Monaldeschimn  in  Gommentariis  Historicis  Urbis  Ve- 
terìa  Ub.  VI.  M. 

(3)  Nepos  Andreae*  qui  eaDdem  Pretoram  exercait  ann.  MCCXII.  ac  frater  Rodai- 
phi,  de  quibos  sapra.  M. 

(4)  Eias  festam  celebratar  die  XXIV.  lanoarii.  Pagi.  De  hoc  addenta  Frìderici 
▼ide  :  MsMoozzi  G.  Della  lecca  di  Fuligno^  Bt^ogna,  1775.  pag.  V.  F. 

(5)  Legcrcm:  Catalanas.  M.  Venim,  codex  habet  Ceianut,  F. 

(6)  Hic  anno  MCCLX.  Mense  Maii  fait  Potestas,  at  aiunt,  Florentiae,  ezindeqoe 
Mense  Septembri  reperitor  in  castris  Plorentinoram  apud  Moatem  Apertam  ;  anno  vero 
MCCUV,  Poteataa  faerat  Boooniac.  M. 

Archivio  Storico  II.  23. 


33$  MICHELE  PALOa  PUUGNANt 

MCCXLVi.  -  Daminus  Bernardus  de  Vn^ola.  Fuit  facta  confiisio 
die  sabati  penultima  martii  ante  dominìcam  palmarum. 

LcczLViL  -  Dominus  Amadeus  de  Castello. 

MCCXLVin.  Dominus  Do  (sic)  Guido  de  Eugubio.  Fuit  deuasta- 
tum  Nucerìum. 

MCCXLix.  -  Dominus  Amadeus  de  Castello.  Uenit  exercitus  de 
Arzoni. 

MCCL.  -  Dominus  Rugmus  de  Pic^is.  Obiit  imperator  Frede- 
ricus  (*). 

Mccu.  -  Dominus  Thomas  Petri  et  Dominus  Paullus  de  Roma. 
Fuit  factus  papa  Alexander  papa  tenius  natiuitate  campanus. 

Mccui.  -  Dominus  Paullus  predictus. 

MCCLiii.  -  Johannes  Magistri  et  Bene  Raynaldi  et  lacobus 
Angeli  de  Fulginio.  Stetit  exercitus  perusinorum  supra  Fulgi- 
nium  per  VII  septembris  et  mutauit  cursum  fluminis  (')  uer- 
sus  Spellum  et  tunc  apparuit  aqua  in  puteo  platee  ueteris 
ante  Ecclesiam  beati  Felitiani,  usque  ad  uoltam  putei  erat  ple- 
num aque,  et  redeunte  exercitu  et  fiumine  labente  uersus  Fulgi- 
nium  aqua  putei  diparuit  ita  ut  nichil  aqua  erat  in  puteo.  (') 

MCCLiv.  -  Dominus  (^)  Martinus  de  Reate  et  dominus  Q)  Boni- 
fatius  de  Foliano.  Fuit  facta  pax  cum  perusinis  de  mense  augusti. 

MCCLV.  -  Dominus  Bonifatius  de  Foliano  supradictus. 

MCCLVi.  -  Dominus  Paulus  Acerbi  de  Perusio.  Perusini  fecerunt 
exercitum  contra  eugubinos  cum  quibus  iuerunt  fulginates  et 
alii  de  contrada  et  fuit  magna  caritudo  frumenti. 

MCCLxii.  -  Dominus  Paulus  predictus. 

MccLVin.  -  Dominus  Oddo  de  Perusio.  Fuit  militia  nobilium 
de  Serrone  (?) 


(i)  Die  XUI.  Dccembrto.  M. 

(a)  Ncmpe  Topini.  M. 

{))  Cfr.  BoNAzzi  L.  Storia  di  Perugia.  Perugia»  1875,  toI.  I.  pagff.  S99  et  leq.  F. 
fìilt  Index  Appellationnnii  ut  Tocat,  Execntionnm,  Vectigaliommqne  CtTÌtatis  Floren- 
tiae.  M. 

(4)  Porte  fortnna  pater  Domini  lobannis,  qui  sex  mensium  spatio,  anno  MCCCXVU. 

($)  Rector  Ducatos  Spoleti  a  Durante  Dorio  dicitar.  M. 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO    539 

Mccux.  -  Dictus  daminus  Oddo.  Fuit  deuastatum  Camerinum 
sine  guerra  et  insultu  et  ciues  diviserunt  ciuitatem  et  eorum 
potestas  Raynerius  comes  sine  ciuibus  manens  eorum  ciuita- 
tem  ygne  destruxit  ('),  et  fueruot  debellati  fiorentini  et  lucani  a 
januensibus  et  fuit  militia  domini  Nepoleonis  domini  Bran- 
caleonìs. 

uccLX."  Daminus  Lìbrioctus  de  Perusio.  Homines  se  fustibus 
gastigarunt. 

MCCLXi.  -  Dominus  Gualfredutius  de  Perusio  (^)  Die  mense 
maji  circa  finem  papa  Alexander  quartus  obiit  Viterbij. 

MCCLXii.  -  Dominus  Raynaldus  de  filiis  Vrsi.  Fuit  inceptum 
'  palatium  comunis,  fuit  factus  dominus  Vrbanus  papa  quar- 
tus de  augusto •    •    .    •    • 

MCCLXiu.  -  Dominus  Franciscus  de  Pierleonibus. 

MCCLXiv.  -  Dominus  Angelus  Centii  de  Roma.  Fuit  factum  ca- 
strum  Popule,  de  mense  septembris  in  fine  papa  Vrbanus 
obiit. 

uccLXY.- Dominus  Petrus  Herrici.  Fuit  completum  palatium 
comunis  et  fuit  emptum  castrum  Verchiani  prò  duobus  m.  lib. 
cortonensium,  de  mense  februari  fuit  creatus  papa  Clemens 
quartus. 

MCCLxvi.  -  Dominus  (')  Johannes  BoccamacT^a.  Venit  rex  Ka- 
ralus  II,  obiit  rex  Manfredus. 

uccuiVìi.  "  Dominus  Vita  de  Anagnia. 

HCCLXVUi.  'Dominus  Angelus  Centii.  Obiit  Conradinus  filius 
regis  Conradi  fili]  imperatoris  Frederici  secundi,  et  de  mense 
nouembris  in  fine  obiit  papa  Clemens  quartus. 

MCCLXviiu.  -  Dominus  Egidius  Arconi.  Fuit  factum  castrum 
Collis  fioriti. 


(t)  Hniiu  eTenionis  per  RAynerinm  Domini  Ugolini  factae,  mAnnoream  epigra- 
plien  ezstare  aiont  parietibni  adfixam  Cathcdnlis  Ecclcsiae  eiosdem  Civitatis.  M. 

(s;  Goalfredncctns  de  Perusio  foit  de  Oddis,  et  ann.  MCCLXXI.  Pistorienaem 
Praeturam  exercoit  M. 

{%)  D.  lohannes  Boccamaza  S.  R.  E.  Cardinalia  anno  MCCLXXI V.  creatus,  obiit 
anno  MCCOX.  M. 


340  MICHELE  FALOCI  PDLICNANI 

uccLKX.  '  Dominus  Symeon  Boccamac^a. 

uccLXxu  "  Dominus  Besconte  Cactus. 

MCCLxxii.  -  Dominus  Baynus  Palastrellus.  De  mense  februarì 
fiiit  factus  papa  Gregorius  X. 

uccLXXiiu- Dominus  Saracmus  de  Perusio. 

MCCLXxiv.' Dominus  Htrmannus  de  Suppoìinis. 

uccLXXV.  '  Dominus  Henrigus  ejus  filius.  X  milites  &cti 
sunt  in 

ìiccLXx^u-Dominus  Lucas  de  Sabellis.  Fuerunt  canate  carbo- 
narie  in  palude,  et  obiit  de  mense  lanuarìi  (')  Gregorius  papa  X. 
et  XI  Kalendis  Februarii  (')  fiiit  factus  papa  Innocentius  V 
et  obiit  de  mense  Augusti  dicto  anno  et  dicto  mense  in  fine 
fiiit  factus  papa  Johannes  XXI  ('). 

MCCLXxvu.  -  Dominus  Oddo  de  Perusio.  De  mense  maji  in 
fine  obiit  papa  lohannes  XXI  et  de  mense  lunii  factus  papa 
Nicolaus  III  sede  vacante  Vili  diebus. 

MCCLXxvni.  -  Dominus  Egidius  de  Palommara. 

uccLXxix."  Dominus  Nicolaus  de  Monteflascone  per  daminum 
Vrsum.  Fuerunt  mangni  terremotus  et  primus  terremoms  man- 
gna  vi  fiiit  die  dominico  post  uesperas  ultimo  mensis  Aprilis. 

MCCLXXX.'Dominus  Paulus  de  N arnia.  Fuerunt  factae  noue(^) 
carbonarie  circa  ciuitatem  Fulginie  et  obiit  de  mense  decem- 
bris  papa  Nicolaus  tertius. 

viCCLXXxu  '  Dominus  Tiburtius  de  Reate  et  dominus  Soldus 
de  Pistorio.  Fuerunt  facti  pontes  supra  fiuuium  inuta  carbona- 
rias  et  fiiit  factus  exerckus  per  dominum  ducam  supra  Spole» 
tum  de  mense  Septembris  et  in  fine  mensis  Q)  februarii  fiiit 
factus  papa  Martinus  IIII. 


(i)  Nempe  IV.  Id.  lanoarii  iozu  Io  :  Vfllaoiam,  ac  Sosomenam.  M. 
(a)  Scilicet  Xllf.  Kal.  Februarii»  nt  aiont  VUlaoias,  ac  Sosom.  M. 

(3)  Io  :  Viltaniusy  aliique  discrepant.  M. 

(4)  Usqae  adhoc  Carbonaria  nuncnpatur  ampia  Forea  prope  moenia  CiTltatit.  Vide 
exempia  collecta  per  Da-  Cangiam  in  Gloasarìo  ad  Scriptores  mediae,  et  Infimat  latioita- 
tif,  Terbo  Carbonaria,  cotumn*  833.  Adi  etiam»  ai  label,  DiMertationem  XXVI.  de 
Militia.  PagL 

(5)  Scribunt  alii  die  XXII.  Vitcrbii  electam  faissc.  M. 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENlTrO  34I 

MCCLxxxii.  -  Dominus  (')  lohannes  de  Soldaneriis  de  Florentia. 
Venit  exercitus  perusinorum  et  spoletanorum,  asisinatum,  nuce- 
rinorum,  et  aliorum  de  nalle  Spoletana  supra  Fulginium  die  III 
lunij  cum  magna  multitudine  equitum  et  eorutn  sequacium  et 
stipendiariorum  credentes  ciuitatem  capere,  non  potuerunt  ve- 
nire usque  ad  carbonarias  sedentes  per  XV  dies  nullus  fulgi- 
nas  fuit  impeditus.  Et  comune  de  Nursia  sine  requisitione 
misit  pedites  in  auxiiium  ciuitatis  intrantes  plorando  creden- 
tes in  ea  mori  et  leti  postea  exierunt  carbonarias  cum  qui- 
busdam  fìilginatibus  contra  inimicos.  (^) 

Dicto  anno  Dominus  Gan:(plinus  de  Auxitnio  fuit  factus  cdr^ 
pitantus  Guerre  et  stetit  per  annum  anno  predicto. 

MCCLxxxiii.  -  Dominus  Ofredutius  de  Fallarone.  Venit  secun- 
dus  exercitus  perusinorum  de  mense  maij  in  fine  et  de  mense 
octobris  fiierunt  debellati  yn  milites  stipendiarli  cum  spella- 
nis  in  contada  Pasiane,  et  perierunt  ibi  LXXX  stipendiarij  et 
aliqui  capti  dixerunt  quod  statim  cum  uiderunt  uesillum  in 
quo  erat  ymago  beati  Feliciani  apportatum  ibi  per  presbiteros 
apparuit  eis  maxima  carbonaria  Inter  eos  et  Fulginium  et  sic 
terga  verterunt  credentes  in  carbonariam  precipitare. 

ìiccvsxxvf.^ Dominus  lohannes  Cencii  de  vrbe  per  dominum 
Martinum  papam.  Obiit  rex  Karolus  primus  rex  Syciliae  circa 
principium  mensis  januarij  (^). 

MCCLxxxv.  -  Dominus  Egidius  de  Tuderto  per  dictum  dominum 
papam.  Venerunt  Fulgineum  fratres  predicatores  et  ceperunt  lo- 
cum  juxta  plateam  sanctae  Marie  {^)y  et  decessit  Perusij  papa  Mar^ 


(ì)  De  to  mentioncm  fecit  Io:  Villanios  Lib.  XII.  M. 

(1)  De  conflicta  folginateosium  cum  omnibas  fere  alUs  Umbriae  cÌTÌtatibasy  vide 
pnaerdffl  CuirorAm  A.  Delle  ttorie  di  Aititi,  Assisi,  1875.  voi.  I.  pag.  184.  Patri- 
n-PoRTi  F.  Memorie  ttoriche  di  Norcia.  Norcia,  1869,  pag.  158-159.  Lioini  L.  Me' 
morie  ttoriche  di  Todi.  Todi»  1860,  pag.  334.  Thbinir  A.  Codex  diplomaticut  Satt- 
etae  Sedie.  RomBey  i8òi»  voi.  I.  pag.  373*  383,  385,  et  BoNAZZiinop.  cit.  pag.  314  et 
icq.  ubi  perosina  moDumenta  pluries  indicantnr.  F. 

(3)  Nempe  postrìdie  Festum  Epiphaniae  Domini.  M. 

(4)  Veram,  sopra  ianaam  ecclesiae  S.  Dominici,  in  platea  S.  Mariae,  legitar  haec 
sculpta  in  lapide  inacriptio  :  A.  D.  MCCU.  Factum  ett  hoc  oput  tempore  prioratut 
fratrie  Benedieti  Georgi  de  Fuglineo.  Cfr.  Bartoloni  Bocci  B.  Frammenti  di  erg- 
naca  religiota,  Foligno,  1868,  pag.  35,  F. 


34^  MICHELE  PALOCI  PULIGNàNI 

tinus  de  mense  marti):  post  paucos  dies  de  dicto  mense  (')  eie- 
ctus  fuit  dominus  Honorìus  papa  quartus  Romae  coronatus  qui 
prìus  uocabàtur  dominus  lacobus  de  Sabello. 

MCCLxxxvi.  -  Dominus  lacobus  Parentii  de  Roma  per  dominum 
Honorium  papatn.  Fuerunt  facta  molendina  rotaria  prò  comune 
juxta  pontem  cauallum  et  fuit  factum  catastum  libre  per  do- 
minum Matheum  de  Camerino  ('). 

uccvsxawiu  '  Dominus  lacobus  de  Capoc:(inis.  Dominus  dux 
prouinciae  ducatus  iuit  contra  Nursiam  et  dum  staret  aput 
castrum  montis  sancti  Martini  misit  exercitum  suum  contra 
liursinos  ad  aliam  partem  comitatus  Nursiae,  et  nursini  uene- 
runt  ad  dictum  castrum  domino  ignorante  et  ceperunt  domi- 
num et  duxerunt  Nursiam  et  castrum  deuastaverunt.  De  mense 
aprilis    •    •    •    •    •    dominus  Honorìus  papa  quartus  obiit. 

MCCLxxxviu.  -  Dominus  (Q  Farrata  de  Fulginio  prò  primis 
duobus  mensibus  dicti  anni, 

Dominus  Conradus  (^)  domini  Trinciae  prò  x  mensibus  dicti 
anni.  Venit  exercitus  die  XXII  junij  et  tudertini  sederunt  ab 
alia  parte  fluminis  et  fuit  tam  magna  plenaria  fiuminis  quod 
bladum  repositum  prope  flumen  arrìpuit  aqua  et  deuasta- 
ùit  molendina  rotaria  ita  quod  uidebatur  ibi  nunquam  facta  fuisse. 
Fulginates  uidentes  tam  magnani  plenariam  exiuerunt  per  por- 
tam  Contrastangne  et  cum  uenissent  in  campo  juxta  sanctam 
Catàrìnam  ueterem,  plenaria  incepit  minuere  ita  quod  pons  san- 
cti Manni  erat  discoopertus  ab  aqua  et  perusini  uenerunt  per 
pontem  in  auxilium  tudertinorum,  fulginates  nero  ultra  acces- 
serunt  et  in  dicto  campo  fuit  mortuus  dominus  lacobus  do- 
mini Marci  de  Tuderto,  qui  multum  preerat  inter  tuder- 
tinos,  quem  dominus  Raynaldus  domini  Napoleonis  fecit  ho- 


(I)  Sive,  nt  mtlant  aiii,  die  prima  Aprilb.  M. 
(3)  Vide  infra,  ad  an.  1308.  P. 

(3)  Nempe  D.  FerraU  Cresciarelli  Elmi.  M. 

(4)  Dominiu  Conradus  Domini  Trìndae  de  Fulitioto  anno  MCCLII.  a  Cgorado  Im- 
peratore Regnornm  saorum  Pinceroa,  Capitaneus,  et  Magister  lustitìarina  a  porU  Ro- 
seo, usqoe  ad  Farum,  et  per  totam  Siciliam  elijtitar.  M. 


CRONACA  DI  fiUONAVENTORA  DI  BEKVENOTO  343 

norifice  sepelliri  Fulginiae.  De  mense  februarii  fiiit  factus 
dominus  Nicolaus  papa  quartus. 

MCCLxxxviiii.  -  Dominus  Trincia  ('),  dominus  Bos  et  dominus 
Johannes,  item  dominus  Munaldus  de  Serrone,  dominus  Viuanus 
et  dominus  lacobus,  item  dominus  Trincia  (^)  Gualterillus  et  Benino 
casa  lacobi,  item  dominus  Margante,  dominus  Alhertinus  et  dO' 
minus  Criscius.  Venit  exercitus  penisinorum  et  tudertinorum 
die  XVII  maji  et  recessit  die  v  junij.  Item  dominus  Berardus  do* 
mini  Stelluti.  luit  exercitus  perusinorum  et  camerinensium,  de 
mense  lulii  ad  castrum  Collisflorìti  et  in  fine  dicti  niensis 
aperta  janua  castri  per  casteilanum  intrauerunt  et  destruxerunt. 
Item  dominus  Contenarius.  Fuit  facta  pax  cum  perusinis  de  mense 
Augusti.  Omnes  de  Fulginio  per  vii  mensibus  et  per  v  mensibus 
dicti  anni  fuit  dominus  Raynaldus  de  Monteuiride. 

ìiccLxxxx.'Dominus  Hermannus  domini  Uidonisproij  mensibus. 

Dominus  lohannes  Centii  de  Roma  prò  x  mensibus  per  do- 
minum  Petrum  de  Columna  Cardinalem.  luerunt  cruce  signati 
ultra  mare  ad  ciuitatem  Acon  de  mense  maij. 

ìiccacu  '  Dominus  Fredericus  Man:^ola  de  Pisis.  Fuit  capta 
ciuit^  Acon  a  saracenis  de  mense  maij  et  (notum?)  fuit  Fulgi- 
nei    die  xx  julij,  comune  Fulginie  emit  molendina. 

Mccxcn.-Z)jmm(^  Gerardus  de  BucT^olinis  de  Mutina.  Die  vini 
martii  sanctus  lohannes  de  Casalina  uenit  Fulginium  ad  ue- 
niam  (')  beati  Feliciani  et  stetit  Fulginium  et  die  xiii  martii 


(1)  Dominai  Trincia  de  Trinciit  Gibellinae  (kctionis  Dnx  rapndicti  Corradi  frater 
foit.  M. 

(2)  Pilios  Boncontit  de  Trinciis.  M. 

(3)  Anno  MCCXCII.  lalias  Cardìnalis  titalo  Sancti  MarcdU  Legatns  in  Italia  Eo- 
genti  III.  Papae,  in  dicto  Concilio  Provinciali  in  Civitate  Fnlginiae ,  solemni  ri- 
to Cam  Patribna  dicti  Concilii  consecravit  Ecclesiam  Cathedralem  Sancti  Feliciani , 
dosdem  Civitatis  Patroni,  die  X  Martii.  Et  Indulgentiam  nnius  Anni  »  et  quadraginta 
dieniffl  de  ininnctis  poenitentiis  impertitas  foit,  aingulis  annis  in  perpetuum  visitanti- 
blu  dictam  Eccleaiam  Anniversario  die  Coosecrationis.  Originale  Diploma  usqne  adhuc 
uservator  in  Arcliivio  Capitulari.  Et  ex  eo  corrigendas  venit  Ughellios  Italiae  Sac. 
Episcop.  Folginat.  nnm.  34.  qm  refert  Consecrattonem  Cathedralis  einsdem  fìictam  anno 
MCXLVI.  Ad  hanc  Veniam,  sen  Indulgentiam  accessit  Beatua  lohannes  de  Caaalina, 
ceotum  qnadnginta  septem  annis  post  ipsam  Consecrationem.  Pa^L 


J44  '  '  MttHBtE  PALOCr  POLtCNAItt  - 

ia^paceirequieuit,  et  sepultus  est et 

mense  aprilis  obiit  dominus  Nicolaus  papa  quartus. 
:       ìiCOiCiiU'DofhinUs  Gerardus  de  Mutina  supradictus. 

uccTiCinU'Dominus  Fredericus  de  Marohactinis  deAretìo.  Fuit 
eletctus .  papa  Celestinus  quartus  a  cardinalibus  in  Perusio  de 
mense  iulij  »  qui  papa  de  mense  decembris  apud  Neapolim 
renuntiauit  papatum  in  manibus  cardinalium,  qui  cardinales  ibi 
elegehint  papam  Bonifatium  octauum  qui  iuit  coronatus  Ro- 
me in  die  conuersionis  sancti  Pauli  de  mense  ianuarii  se- 
quentis. 

Mccxcv.  -  Mangninus  (*)  de  sancto  Miniato. 

Mccxcvi.  -  Bindus  Hugolini  de  Baschio  prò  sex  mensibuSy  dih 
tninus  Conte  de  Bononia  prò  aliis  sex  mensibus.  Fuit  expulsa  pars 
Guelfa  de  Tuderto,  et  die  XV  mensis  maji  decessit  dominus 
Berardus  episcopus  Fulginie  (*). 

uccxcviu  -  Dominus  Gualardus  de  Rocca  Lucensi  prò  FI 
mensibus.  Stefanus  de  Columna  abstulit  unam  salmam  tesauri 
domini  Bonifatij  pape  et  papa  excomunicauit  omnes  de  Co- 
lumna et  priuauit .  cardinales  de  Columna  eorum  beneficio 
et  ipsi  cardinales  et  filii  domini  lohannis  de  Columna  per  VII 
annos  passi  sùnt  guerràm  pape« 

Dominus  lacòbus  de  Aqua  pendenti  prò  aliis  sex  mensibus. 
Dominus  papa  misit  .exercitum  centra  Nepe  et  Columna  (')  et 
terrasi  Qobiliuni:  de  Columna. 

uccnofiii.- Dominus  Andreas  de  Cesis  (^)  ludexper  dominum 
Petrum  de  Piperno  cardinakm. 


(i)  Immo  Mangione  de  MangUtdoribos,  qui  Cremonae  postea  Praetunun  gcrau»  a 
Cremonenaibns  interfectns  est.  M. 
(1^  Ex  Comitibus  Antigaani.  M. 

(3)  Carolus  Senator  Strozza  chartulam  vidit  anni  MCCXCVU.  absolutioDts  ab 
ezcommunicatione  Civitatis  Nepesinae,  et  iiloram,  ut  vocant,  de  Patrìmonio,  qui  recep- 
tanint  lacobum,  Tocatum  Sciarram  de  Columma,  et  auzilium  dederunt  in  rebellione 
einsdem  CiTitatis  ab  Ecclesia  et  Summo  Pontifice.  M, 

(4)  De  Aodreae  Caesio  Praeside  Romandiolae  vide  Gu'tarìain  in  Syllabo  Advoca* 
W.  Consistorial.  M. 


CRONACA  DI  BUÒNAVENtimA  DI  BENVENUTO    ^45 

Mccxcviiii.  -  Di^/f/i  dominus  Andreas  per  dictum  cardinal 
km  prò  FI  mmsibus. 

Crisus  domini  (')  Fortsi$  de  Adimaribus  de  Florentia  prò  aliis 
sex  mensibus. 

uccC'Dictus  Crisus  (•)  prò  VI  mensibus.  Fuit  Rome  per 
totuDi  annuin  pienissima  Indulgentia  omnium  peccatorum  et 
die  XXin  mensis  mai)  fuit  a  Gebellinis  captum  Eugubium 
et  die  XXni  junij  per  ducam  ducati  et  perusinos  rehabitum 
et  ab  eis  bonis  mobilibus  priuatum. 

Dominus  Petrus  Varanus  de  Roma  prò  aliis  sex  men- 
xi^.  Fulginates  miserunt  in  montanis  in  seniitium  spoletano- 
rum  centos  milites  et  pedites  et  soluerunt  prò  soldo  ipsorum 
quinque  millia  et  ducentum  libras  denariorum  cortonesium  et 
spoletani  habueruut  prò  magno  bona  et  hec  obliti  fuerunt  ad 
MCCCV  ut  infra  patet  dicto  anno  MCCCV. 

Fuit  collectum  dadum  ad  rationem  XI  fl.  prò  centonarìo. 

Mccci.  -  Dominus  Appilglaterra  de  Cangnulo.  Quia  non  bonus 
stetit  per  annum  reformatus  in  o£Bcio, 

Mcccii,  -  Dominus  Conradus  de  Pira  prò  sex  mensibus.  Venit 
Karolus  Senzaterra  frater  regis  Francie  et  iuit  mandato  domi- 
ni pape  contra  dominum  Fridericum  regem  Sycilie,  captus  ab 
eo  pacem  fecit  cum  eo  inscio  papa. 

Ioannes  de  Appossatis  de  Podio  bono  prò  aliis  sex  mensibus. 

Mcccin.  -  Tictius  (')  domini  comitis  de  Collevalliselse.  lacobus 
de  Columna  dictus  (^)  Sciarra  cum  domino  Guillelmo  milite  Ke- 
gis  Francie  intrauerunt  Anagniam  ubi  erat  papa  Bonifatius  et 
captus  papa  stetit  ibi  per  tres  dies  et  uenit  Romam  et  obiit 
de  mense  Octobris  et  de  dicto  mense  non  post  multos  dies 


fi)  Domlnas  Forese  de  AdimaribuB  Eqnes  fuit,  et  Capitaneas  Gaelforum  Floren- 
tioor.  anno  MCCLXIII.  De  eo  vide  Ammiratum  ad  annum  MCCXCV.  Ceterum  prò 
Crìsio  Carsam  lego,  nempe  Bonaccursum.  M. 

(3)  Cursus,  ut  puto.  M. 

(5)  Forte  Credua,  sive  Tancredus,  M« 

(4)  In  Hlstoriis  pcrcellebris.  M. 


54^  MICHELE  PALOCI  PULlCNANI 

fuit  electus  et  coronatus  Rome  papa  Benedictus  undecimus  qui 
papa  obiit  anno  sequenti  de  mense  lulij  in  ciuitate  Perusie. 

ucccw.'Iacobus  de  Cancellariis  de  Prato  prò  sex  mensibus. 

Dominus  Gyrallus  de  Collevallis  prò  aliis  sex  ntensibus.  Obiit 
Perusii  dominus  Benedictus  papa  XI  de  mense  lulii  et  diete 
mense  obiit  dominus  (')  Bartholomeus  Episcopus  Fulginii  et 
vacauit  Episcopatus  Fulginei  fere  per  ini  annos. 

Mcccv.  -  Dominus  Michael  de  sancto  Geminiano  prò  sex  tnen^ 
sibus.  Cardinales  stantes  Perusii  elegerunt  (')  de  mense  lulii 
in  papam  dominum  Brectandum  Archiepiscopum  burdegalensem 
commisso  sibi  decreto  iuerunt  ad  eum  in  Vasconia  in  ciui- 
tatem  Burdegalensem.  De  mense  junij  perusini  et  spoletani  ad 
auxilium  Guelforum  fecerunt  exercitum  contra  Tudertinos, 
et  fulginates  ad  petitionem  perusinorum  miserunt  centos  milites 
et  pedites  et  euntes  in  exercitum  statim  spoletani  uenerunt 
contra  Fulginium  dicentes,  moriantur  patareni  Gybellini:  et 
fulginates  proprio  loco  se  constrinserunt  dicentes  ad  invicem: 
uiriliter  defendamus  nos  et  non  moriamur  sine  inimicis,  et 
tunc  spoletani  steterunt  ante  lanceas  fulginatum  et  perusini 
statim  posuerunt  Fulgin.  cum  eorum  exercitu  ab  alia  parte 
exercitus.  Item  die  penultima  lunij  et  die  prima  lulij  de  ma- 
ne intrauerunt  plateam  ueterem  et  multi  fulginates  secuti  sunt 
eos  et  populus  elegit  in  capitaneum  populi  Nailum  domini 
Trincie  et  ceperunt  palatium  populi  cum  turre  et  ex  eo 
expulerunt  consules  populi  circa  tertiam  et  tunc  (')  Conradus 

Anestasij  exiuit  ciuitatem  et  iuit  tudertum. 

De  mense  junij  fìiit  collectum  dadum  ad  rationem  XII  fi.  et  medi! 
prò  centonarìo. 


(i)  Bartholonueui  de  Cajetanis,  antea  Monachas,  atqae  Abbas  Snblacensìs.  M. 

{%)  Scìlictt  V.  Non.  lulit  elegernnt  eum  in  Summum  Pontificem  nomine  aemcn- 
tem  V.  M. 

{%)  Forte  Michtel  Dacci  Eqaes,  Capitaneus  Tudertì  tnno  MCCCXX.  ac  sequenti 
Interamnae.  M. 

(4)  Conradus  Anastasii  Fulginatensium  Gibellinorum  caput,  Hermanni  postea  Pi- 
atoriensis  Episcopi  frater.  M. 


CRONACA  DI  BtJONAVENTURA  DI  BENVENDrO  547 

VfrtduHm  (*)  de  Aluiano  prò  aliis  sex  mensihus, 
Mcccvi.-(*)  Dominus  Phylippus  de  Coccorano  provno  anno. 
Fuit  exercims  perusinonim  et  sequacium  contra  tudertinos  de 
mense  lunij  et  stetit  usque  in  diem  XVII  lulij  et   deuastavit 
castrum  CoUispepi. 

Item  dicto  anno  fiienint  augmentate  Fulginie  mensure 
biade  ad  pondus  XXXIII  vnciarum  ad  mensuram  III  jumellis 
(')  et  media  ad  mans   iuxtas    nel    ad   manus  juxti  hominis. 

De  mense  octobrìs  ftiit  collectum  datium  ad  ràtionem  unlus  denarìj 
prò  libra. 

Mcccvii.  -  Dictus  Dominus  Phylippus  prò  sex  mensibus. 

(^)  Dominus  Gabriel  de  Piccolominis  de  Senis  prò  aliis  sex 
mensÙms. 

Mcccvni.  -  Dominus  (f)  Gaytanus  de  Pilglis  de  Florentia  prò 
vno  anno.  Die  prima  lunij  venit  Fulginei  (^)  dominus  Bartholo* 
minus  de  Pistorio  Episcopus  Fulginas  et  decessit  anno  domini 
MCCCXXVI  die  XI  mensis  lulij  ut  infra  patet  dicto  anno. 

De  mense  octobrìs  fuit  collectum  datium  ad  ràtionem  duorum  den.  prò 
libra.  Supradicta  datia  collecta  sunt  secundum  libram  catasti  ueterìs . .  .  .in 
cartis  pecudinis  facti  per  domìnum  Matheum  Bonauenture  de  Camerino.  (') 

ucccìx.  '  Dominus  (^)  Cardolus  de  N arnia  prò  sex  mensibus. 
Obiit  mense  maij  Neapoli  rex  Karolus  secundus. 

Dominus  Juciius  de  Raynaldinis  de  Senis  (')  prò  alii  sex  mensi- 
bus. Die  sancti  lohannis  de  Augusto  fuit   tam    magna  pluuia 


(•)  Offirednccius  Comes  de  AWitno.  M. 

(a)  Idett  D.  Philippiu  Bigaxioi  Civis  Peratinas  Coocoroni  Comes,  io  VexUlifer 
Pcnisùe.  M. 

(3)  Vulgo  giumelle,  et  Yslet  :  qusntnm  cstÌs  manibus  cootinetur.  M. 

(4)  Fuit  et  Potestas  VoUtemmm  am»  MCCCV.  M. 

(si  De  mmeadamim  &dt  Scipio  AmmiratiisHistor.  lib.  4  ad  ano.  MCCXCVm.  M. 

(^  Ijsie:  DoadBiis  Bartholomaeus  de  SigUbandia  Piatoriensia,  Cini  celeberrimi  IC 
«e  Foetae  patruus»  ex  Episcopo  Piatorìenais  Kulgioenais  Epiacopaa  effectas,  inxta  Ughel- 
liom  in  Ital.  Sac.  M. 

(7)  Vide  aopra,  an.  1386.  F. 

(8)  Legerem  :  Cardnloa  de  Vicardia  de  Nsrnis ,  cuiua  fiiiua  Dominna  Quirìcus 
fiiit  Potestas  Florentiae  anois  MCCCXLVII.  et  MCCCXLVlIi.  M. 

(9)  Legerem:  Giacomotiua  de  Raynaldinis.  Hic  enim  ab  Urbe  Sensrum  exulans  Po- 
testas faerat  Perasii  anno  MCCXCllI.  sed  multis  honoribus  cumulatus  in  patriam  re- 
▼ocatnr  ann.  MCCCXI.  ut  ait  Ugurger.  M. 


34&  BIICHELE  FALOCI  PULIGNANl 

cum  grandine  quod  deuastauit  quasi  omnes  vineas^  venit  plena- 
ria Topini  prope  plateam  usque  ad  domum  Massuri  Mercati. 
ìnccai.  "  Franciscus  Q)  domini  Zaflaglt  de  Vrbeueteri  prò  sex 
tnensibus.  Fuit  expulsa  pars  guelfa  de  Spoleto  die  sancte  Ma- 
rie de  mense  marti],  et  die  sequenti  uenerunt  milites  Gebel- 
lini  de  Spoleto.  Intrantes  Trevium  expulerunt  inde  Guelfos.  Die 
tertla  sequenti  a  militibus  de  Perusio  et  fulginatibus  fuerunt 
inde  expulsi  et  fuerunt  depredati  Trebianos  Guelfos  et  Gebelli- 
nos,  sed  Guelfi  tenuerunt  postea  castrum  et  mense  lunij  fuit 
exercitus  perusinorum   et  sequacium  contra  Spoletum  et  se- 

dit  (*)  juxta  Venes. 

De  mense  lanuarìj  fuit  coUectum  datìum  XIL  fl.  et  VI.  den.  pio  cen- 
tonarìo. 

Dominus  lohannes  de  sancto  Vitali  de  Parma  prò  aliis  sex  men- 
sibus.  Fuit  exercitus  perusinorum  contra  Tudertinos  juxta  pon- 
tem  nulium  et  milites  Tudertini  iuerunt  in  auxilium  pontis 
tenentes  turres  pontis  permiserunt  perusinis  transire  per  pontem, 
tudertini  fugam  coeperunt  et  ibi  dux  ducatus  periit  quia  erat  ibi 
eo  quod  non  bene  tractabatur  in  ducatu,  quia  erat  cum  spo- 
letanis  et  pons  cum  turribus  fuit  deuastatus. 

Dicto  anno  imperator  Henricus  uenit  in  Lombardiam  et 
recepii  Q)  coronam  Lombardie  in  loco  consueto  comitatus  me- 
diolanensis,  et  cum  staret  in  Ciuitate  Mediolani  quidam  nobiles 
prouincie  ordinata  proditione  contra  dominum  de  die  insulta- 
verunt  eum  ad  palatium  eqatsfsic)  teutonicis  et  populo  mediola- 
nensi  accurrentibus  fugierunt  usque  Brisiam  et  comune  Brisie 
receptans  et  tenens  eos  contra  domini  uoluntatem  pluries  et 
plurìes  requisiti  a  domino  in  sequenti  anno  passi  sunt  exerci- 
tum  imperatoris  per  plures  et  plures  menses ,  et  se  in  manus 
domini  posuerunt  totaliter  :  multa  prius  persecuiones  passa  silicee 
quia  stetit  supra  ciuitatem  composuit  exercitum  suum  de  mense 


(i)  Filios  Domini  Zacliariae,  ut  puto;  ac  frater  Domini  Raynerii  Vicarìi  Ducali» 
Civitatis  Florentiae  anno  MCCCXXVI.  M. 

<3)  Sdlicet  Fontem  Clitunni«  Tulgo  le  Vene  di  Pitcignano,  PagL 

(3)  Recepit  coronam  ferream  in  Ecclesia  B.  Arobrosii  in  die  Epiphaoiae.  M* 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO     349 

maij  et  de  mense  octobris  fecerunt  mandata  domini  et  destru** 
cte  fuerunt  multe  ciuitates. 

Mcccxi.  -  Daminus  Catenatius  de  Anagnia  per  Regem  Robertum 
prò  sex  primis  tnensihuSy  et  quia  non  uenit  in  termino  regerunt 
ut  rectores  fere  duobus  mensibus  dominus  Philippus  de  Pasano, 
Gentilis  Thomae  et  Mathiolus  (')  Hermanni.  De  mense  lulii 
fuerunt  quasi  omnes  vinee  Fulginei  a  grandine  deuastate  scili- 
cet  die  festi  sancti  lacobi. 

Dominus  Karolus  de  Montecchio  prò  aìiis  sex  mensibus.  Peru- 
sini  fecerunt  exercitum  ad  castrum  •  ...  de  Vlmeda  et 
destruxerunt  ipsum. 

De  mense  lanuarij  fuit  coUectum  datium  V.  fi.  prò  centonarìo. 
Item  dicto  anno  de  mense  maij  III  fi»  et  III  den.  prò  centenario. 
Item  dicto  anno  de  mense  lulij  III  fi.  prò  centenario. 

Mcccxii.  -  Dominus  Ugolinus  de  Amelia  prò  primis  sex  mensi- 
bus. Die  XXVI  mensis  februarij  dominus  Blaxius  stans  Treuii 
caput  centum  Glarillorum  ad  soldum  contrate  contra  Spoleta- 
nos  iens  cum  suis  et  Guelfìs  de  Spoleto  contra  Spoletum  ma- 
lam  strenam  prope  Spoletum  intulit  spoletanis  Gebellinis. 

Item  dicto  anno  die  mensis  maji  imperator  Henricus 
sextus  intrauit  Romam  et  coronatus  est  in  lateranensi  Eccle- 
sia die  sancti  Petri  de  lunio. 

Item  fuit  exercitus  perusinorum  et  aliorum  de  contrata 
contra  spoletanos  et  sedit  juxta  Berroytum. 

Dominus  Pellajus  (^*)  de  sancto  Geminiano  prò  aliis  sex 
mensibus.  De  mense  septembris  venit  dominus  Henricus  im- 
perator Tudertum  cum  mille  ducentis  militibus  teutonicis  et 
cum  dictis  militibus  iuit  per  comitatum  Perusii  et  stetit  in  eo 
quatuor  diebus  et  destruxit  Marscianum  et  alia  castra  prope 
suam  uiam  et  pervenit  Aretium  et  cum  dictis  militibus  post 
paucos  dies  iuit  contra  Florentiam  et  posuit  ibi  exercitum  pro- 
pe ciuitatem  in  qua  dicunt  fuisse  XXXVI  centonaria  equitum, 


(i)  Forte  fortana  :  de  Anattasils.  M.  e.  859. 
(3)  Idest  Bertas  Pdiarìus,  de  quo  infra.  M. 


350  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

et  cepit  Monteuarchi   (^)  et  tunc  creuit  ejus  exercitus,  deinde 
cepit  multa  castra  in  comitatu  Florentie  et  stetit  in  pluribus 
campis  circa  Fiorentiam  per  plures  et  plures  menses. 
De  mense  septembris  fiiit  reparata  carbonaria  uetus. 

De  mense  februarìi  collectum  fuit  datium  unius  denarìj  prò  libra. 

Mcccxin.  •  Munaldus  de  Castro  durante  de  Romandiola  prò 
primis  sex  mensibus.  Fuit  facta  Fulginei  Gabella  (')  et  stetit  a 
die  prima  mensis  ÀprilLs  usque  in  XXII  dies  dicti  mensis 
quia  non  placuit  popularibus  non  ultro  duravit. 

Dominus  Raynutius  domini  Abrunamontis  de  Euguhio  per  se  et 
dominum  Francischinum  ejus  fratrem  aliis  sex  mensibus.  Die  XX 
mensis  Augusti  fuit  expulsa  pars  Gibellina  de  Vrbeueteri  et 
ibi  obiit  Bindus  de  Baschio  et  multi  milites  et  pedites  utriu- 
sque  partis. 

Item  die  XXIIII  mensis  Augusti  apud  montem  Cassia- 
num  Q)  de  Senis  imperator  Hericus  VI  (f)  obiit  et  milites 
teotonici  portaverunt  ejus  corpus  Pisas  et  ibi  modo  imperiali 

sepelierunt  eum  honorifice  cum  magno  fletu  pisanorum. 

De  mense  februarìj  (fuit  collectum  datium  )  XII  fi.  et  VI  den.  prò  cen- 
tonarìo. 

Item  dicto  anno  de  mense  mail  XII  den.  prò  centenario: 

Mcccxiiii.  'Ugolinus  de  Alviano  prò  primis  sex  mensibus.  Obiit 
Guasconie  papa  Clemens  quartus  die  XXII  mensis  Aprilis  et 
notum  fuit  Fulginii  die  XVI  mensis  maij:  de  dicto  mense  maij 
reintrauit  pars  Guelfa  Spoletum  facta  pace  cum  Gybellinis. 

Dominus  Raynerius  domini  Saxi  de  Eugubio  prò  aliis  sex 
mensibus.  Durante  suo  officio  obiit  Eugubii  et  ejus  loco  rege- 
runt  dominus  Odoriscius  domini  Margantis,  Sommeus  Loterij 
et  Martinus  Thome  ut  rectores  Fulginei,  et  dominus  lustinel- 


(I)  Vide  loh.  Vnian.  Ub.  IX.  cap.  XLIV.  M. 

(a)  In  co6titationibu8  Siculis,  aliisque  eiuadem  temporis  mooameotis  legitur  Ca- 
tella. Sigitlam  Vectiffalium  Comuais  Senarum  habet  KABELLE.  M. 

(3)  Nos:  Saoctam  Cassiaoum  ;  Yerain  Impcratorcm  obiisse  feroot  in  loco»  qui  did- 
tnr  Bonconvento.  M. 

(4)  Inuno  VIL  cuios  cadaver  in  Ecclesia  majorì  cum  inscrìptionc  sepuUiun  est.  B€* 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO     35 1 

lus  de  Firmo  prò  duobus  mensibus  de  dictis  sex  ultimis  men- 
sibus.  Die  dominico  XX  mensis  octobris  quinque  de  principa- 
libus  electoribus  Imperatoris  elegerunt  Lodouicum  quartum. 

De  mense  februarij  ffuit  coìUctum  datium  )  XII  fl.  et  VI  den.  prò 
centenario. 

Item  dicto  anno  de  mensibus  nouembris  et  decembrìs  unius  dcnarij 
prò  libra. 

Mcccxv.  -  Dominus  lusHntllus  predictus  prò  primis  sex  mensi- 
bus.  De  mense  luiii  dominus  Phylippus  princeps  Taranti  filius 
regis  Caroli  secundi  juit  Florentiam  cum  maynada  militum  con- 
tra  pisanos  et  lucanos  ut  capitanens  panis  Guelfe  totius  con- 
trate  et  si  optinebat  in  bello  erat  rex  Tusciae  et  usque  Apuleam 
et  tunc  regebat  Florentiam  dominus  Petrus  e jus  frater. 

Dominus  lohanms  domini  (')  Brodarij  de  Saxoferrato  prò 
ultimis  sex  mensibus  per  se  et  dominum  Karolum  ejus  fratrem. 
Die  veneris  xxix  mensis  Augusti  dum  pisani  et  lucani  obsedis- 
sent  Montem  Catinum  cum  maynada  teutonicorum  predictis 
principes  et  dominus  Petrus  ejus  frater  uolentes  pisanos  et  lu- 
canos de  campo  expellere  ibi  periit  dominus  Petrus  et  filius 
principis  et  multi  nobiles  et  milites  cum  campo  exercituspe- 
rierunt. 

Mcccxvi.  -  Dominus  Johannes  de  Sancto  Geminiano  (^)  prò 
primis  sex  mensibus, 

Dominus  Thomas  de  Suppis  de  Firmo  prò  ultimis  sex  mensi- 
bus. Die  dominico  xvim  mensis  septembris  fuit  Fulginei  publice 
in  ecclesiis  celebratum  officium  electionis  domini  Ihoannis 
pape  xxii  facte  in  Guasconia  die  xxi  mensis  Augusti. 

De  mense  marti)  (fuit  coUectum  datium  )  v.  fi.  prò  centenario. 

Mcccxvu.  -  Dominus  Mannus  (')  de  Egubio  prò  primis  sex 
mensibus. 


p)  Ltgt  :  Dominiis  lobannes  Domini  Petri  Brodarii,  qnem  male  Portenarins  in 
FtOdt.  Padnae  Patrom  Brondadom  appellai.  lohannes  an.  MCCC.  Florentìae,  umquam 
PdtctUs  praefiiit,  seqnentibus  PoUrio,  Bononiae»  et  Urbi  Veteri.  Is  etiam  fait  Vicarius 
Regiot  Plorentiae  anno  MCCCXX*  M. 

(3)  ForUtaii  D.  lohannes  D.  Doris  Moronti  Eques,  Potestas  Prati  anno  MCCCXII. 
qoandoque  Capitanens  Escali,  ac  Potestas,  et  Gapitaneos  Pistorii  anno  MCCCXIII. 
Nnrsiae  denique  praefuit»  Castro  Sancti  Miniati,  atque  Eugubio.  M. 

(3)  Jdest  Dominns  Mannus  Domini  Conradi  de  la  Branca  de  Eugubio  yir  non  me- 
diocri Tiriate  praeditos,  at  ait  Michael  Angelus  Salvi  in  Histor.  Pistor  ad  aonam 


352  MICHELE  FÀLOa  PULIGNANI 

Dominus  Andreas  de  Marchìs  de  Firmo  prò  aìiis  sex  mensibus. 

De  mense  februarìj  (fuit  collectum  datium)  v.  fi.  prò  centonarìo* 

Mcccxviit.  -  Dominus  Bertus  de  Pellariis  de  sancto  Gemi^ 
ninno  (')  prò  primis  sex  mensibus. 

Dominus  Amelinus  domini  Andrea  de  Massa  prò  aliis  sex 
mensibus. 

De  mense  julij  (fuit  collectum  datium)  xn  den.  prò  centonario. 
De  mense  septembris  xu  den.  prò  centonario. 
De  mense  decembrìs  vm.  den.  prò  centonario. 

Mcccxvnii.  -  Dominus  Fumus  (*)  de  Bustalis  de  Aretio  prò  prir 
mis  tribus  mensibus. 

Hugolinus  de  Aluiano  prò  aliis  nouem  mensibus.  Perusini  po- 

suerunt  exercitum  contra  Àsisium  de  mense  Octobris  et  die 

prima  mensis  decembrìs  fiiit  expulsa  pars  Guelfa  de  Spoleto 

et  de  mense  lanuarii  sequentis  fulginates  reinceperunt  facere 

carbonarias  novas  circa  civitatem. 

De  mense  octobris  fuit  collectum  datium  xvj.  den.  prò  centonario. 
Item  dicto  anno  de  mense  nouembris  vi.  den.  prò  centonario. 
Item  dicto  anno  de  mense  decembris  xvui.  den.  prò  centonario. 

Mcccxx.  -  Ugolinus  de  A  Mano  prò  primis  sex  mensibus. 

Dominus  Thomas  de  Suppiis  de  Firmo  prò  ultimis  sex  memi' 
bus.  De  mense  septembris  fuit  per  perusinos  destructum  Ca- 
strum  Ynsule  de  plano  Asisij. 


MGCXCII.  in  quo  Manaus  fait  Defensor  Ubertatis  Pittorìeiuiaiii,  tioati  annit  MCGCL 
et  MCCCII.  Capitaoeas  Urbis  Veteris»  atque  ann.  MCCCX.  Potestas  Pistoni  ;  qaea 
quidem  oflBciam  gessit  et  Tarvisii  anno  MCCCX V.  ut  patet  ex  Actis  B.  Henrìd  snb 
die  X.  Inni!  apnd  Bollandist  in  qaibns  uocator  D.  Magnus.  Fait  et  Potestas  Florentiae 
anno  MCCCXXIII.  M. 

(I)  Hic  anno  MCCLXXXVIII.  Orator  millitur  (  ut  lego  )  ad  Rempablicam  Floren- 
tinam,  nec  non  extitit  Capitaneus  Eugubii  anno  MCCCVII.  Anno  vero  MCCLXXXIII. 
tnunere  Potestas  Prati  fnnctus  erat.  Anni  MCCCXIIf.  primis  sex  mensibus  Falginii> 
aliis  sex  Boooniae  Potestas  dicitur  a  Io:  Vincentio  Goppio  in  Annal.  Geminianens.  M. 
(3)  Lege  :  de  Bostolts,  quamquam  alii  :  de  Boscolis.  Hic  filins  D.  Alberti  anno 
MCCCX V.  fiierat  Capitaneus,  et  generalis  Officialis,  ut  Tocant,  Ciritatis,  Comiutns, 
et  Distnctus  Florentiae  super  generali  custodia,  fòrti6catione ,  defensione ,  reparatkHie, 
et  padiicatione  ipsius  Ciritatis.  Furamnm  vocat  Michael  Angelus  Salvi  in  Histor.  Pi- 
storiens.  Praetura  fnnctum  esse,  pauloque  post  Vicarìum  extitisse  prò  Carolo  Rege  a4- 
firmat.  M. 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO     3S5 

De  mense  mai)  (fuit  coìleclum  datium)  xxvi.  fior,  prò  miliare. 
Irem  dicto  anno  de  mense  Julij  in.  fior,  prò  centonarìo. 
Item  dicto  anno  de  mense  septembris  prò  peditibus  ad  soldum  missis 
contra  Asisinates  ad  ysulam  infra  duas  vices  x.  den  prò.  centonarìo. 
Item  dicto  anno  de  mense  octobris  m.  fior,  prò  centonarìo. 

Mcccxxi  -  Dominus  Raynerius  de  Burgo  prò  primis  sex  mensir 
bus.  De  mense  lulij  in  vigilia  sancti  lacobi  Apostoli  circa  ho- 
ram  vespertinam  fiiit  magna  piuuia  cum  grandine  multa  et 
deuastauit  vineas  multarum  contratarum  et  durauit  tempus 
pluuiosum  per  mensem  et  ultra  ita  quod  multe  segetes  in  metis 
remanserunt  ad  tritandum  de  mense  septembris  et  fulginates 
destruxerunt  castrum  Orzani. 

De  mense  januarìj  fuit  coDecmm  datium  ui.  fior,  et  vi.  denar.  prò 
centonarìo. 

Item  de  mense  marti]  dicti  anni,  xv.  den.  prò  centonario. 

Item  de  mense  aprìlis  dicti  anni,  xv.  den.  prò  centonario. 

Item  dicto  anno  mense  maij,  u.  fior,  prò  centonario. 

Item  dicto  anno  et  mense  Junij.  ii.  fior,  prò  centonario. 

Item  dicto  anno  in  principio  mensis  septembris,  ii.  fior,  prò  centenario. 

Item  dicto  anno  de  mense  nouembrìs  x.  1.  (?)  den.  prò  centonario. 

Andreas  de  Montebono  de  Aretio  prò  aliis  sex  tnensibus.  In 
fine  mensis  augusti  Asisanates  uenerunt  ad  concordiam  perù- 
sinorum  et  postea  discordauerunt  et  tempore  subscripti  pote- 
statis  fecerunt  mandatum  perusinorum  de  mense  martij. 

Mcccxxii.  -  lohannes  de  Stro:(^is  de  Florenlia  prò  primis  sex 
mensibus. 

Dominus  Guasta  de  Radicofano  {')  prò  aliis  sex  mensibus. 
De  mense  septembris  die  vii  comune  Fulginei  hostiliter  ad  ca- 
strum Cammuri  accesit  et  quia  in  montanis  nostris  obfende- 
rat  funditus  eum  euellit  die  viii  mensis  predicti,  et  fuit  fa- 
cta  mutatio  uiiioris  monete  de    cortonensi   in  perusinam   de 

mense  martii. 

De  mense  februarij  fuit  collectum  datium.  xx.  den.   prò  centonarìo. 
Item  dicto  anno  de  mense  maij  xxijden.  prò  centonarìo. 


(i)  Dominus  Guasta  Domini  lacoboni  e  Radicofano  fuerat  Capitanens,  et  Defensor 
Populi  Fiorentini  anno  MCCCII.  prò  sex  mensibus.  M. 

Archivio  Storico  II.  33. 


554  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

Item  dicto  anno  de  mense  julij  x.  f.  den.  prò  centenario. 
Item  dicto  anno  de  mense  novembrìs  m.  fior,  prò  centenaria 

Mcccxxiii.  -  Munaldus  de  Radicofano  prò  primis  sex  tnensibus. 

Dominus  Franciscus  de  Nursia  prò  aliis  sex  tnensibus.  Dicto 
anno  de  mense  lulij  die  lune  decima  octaua  dicti  mensis  San- 
ctus Petrus  (')  filius  Petri  Criscij  de  Fulginio  obdormiuit  in 
Cristo  et  die  martis  sequentis  a  Clero  et  populo  Fulginei  in 
majori  Ecclesia  fuit  honorifice  sepultum. 

De  mense  februarij  fìiit  collectum  datium,  m.  fi.  prò  centonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  martij,  xn,  den.  prò  centonario. 

Item  diao  anno  de  mense  aprilis  impositum  et  de  mense  mai]  coUe^ 
ctum,  m.  fi.  prò  centonario. 

Item  de  mense  Julij  impositum  et  collectum  prò  parte,  m.  fi.  prò  cen- 
tenario. 

Item  de  mense  nouembris  dicti  anni»  xn.  den.  prò  centenaria 

Mcccxxiv.  -  Petrus        (sic)  de  Bulsena  prò  primis  sex  men- 

sibus 

Porcellus   de   Rossis   de  FhrenHa  prò  sequentibus  sex  merh 

sibus. 

De  mense  Januarij  fuit  collectum  datium  ad  rationem  xln.  fior,  prò 
centonario. 

Mcccxxv.  -  Gentilis  de  Aquila  prò  primis  sex  mensibus. 

Dominus  Nicolaus  de  Angelo  prò  ultimis  sex  tnensibus. 

De  mense  Julii  fuit  collectum  datium  ad  rationem  xxx.  den.  prò  cen- 
tenario. 

Item  dicto  anno  de  mense  septembris  fiiit  collectum  datium  ad  ratio- 
nem xn.  den.  prò  centonario. 

Mcccxxvi.  -  Leonellus  de  Montetnarte  prò  primis  sex  tnetisibus, 
et  prò  nn  aliis  mensibus  priores  populi  Fulginei  et  prò  aliis 
duobus  mensibus  Guido  potestas.  Die  xi  mensis  lulii  deces- 
sit  (^)  dominus  Bartholominus  Episcopus  Fulginei  et  die  xu 


(t)  Nobilis  FulfiiBtSy  vir  mlrae  stnctiutis,  Inter  patrìoc  lares  tamcn  in  Erano 
▼izit,  et  obiit  clanu  miracniis.  De  eo  Ferrarius  in  Catalogo  Sanctomm  luliae,  et  la- 
coblllus  inter  Sanctoa  Pulginiae.  Ai^/.  Eius  legendam  mutilam  a  I.  Cupero  excuaam 
(Aeta  SS.  lulO'.  Ven.  MDCCXLUI,  tom.  IV»  dica  XIX,  pag.  663  et  $eg.  )  iotegram 
exhibet  codex  valUcelIianna  H,  ).  P. 

(1)  Sancte  decessit,  ait  Ughell.  M. 


CRONACA  DI  BUONAVENTURA  DI  BENVENUTO     355 

dicti  mensis  fuit  comuniter   electus   in  Episcopatum  Fulginei 
dominus  Paulus  filius  olim  nobilis  viri  Nalli  domini  Trinciae, 

Infrascripta  datia  sunt  coUecta  secundum  libram  catasti  noui  iacti  per 
notarìos  de  Fulgineo. 

In  nomine  domini  amen.  Anno  domini  millesimo  cccxxvi  de  mense 
Mai)  junij  et  JuHj  coUectum  fuit  datium  secundum  catastum  nouum  ad  ra- 
tionem  xij  Hbr.  prò  centonarìo. 

Item  dicto  annum  ad  rationem  xij.  fior,  prò  centenario. 

Mcccxxvii.  -  Guido  de  Pantaleonibus  de  Vrbe  prò  primis  sex 
mensibus 

Petrus  de  Monte  sancto  prò  aliis  sex  mensibus.  De  mense  la- 
nuarij  Lodouicus  quartus  electus  a  principibus  in  imperatorem 
intrauit  Lombardiam  ueniens  uersus  Romam  centra  uolantatem 
domini  pape  et  die  dominico  xvii  sequentis  lanuari  a  populo 
romano  coronatus  est  in  Imperatorem  ut  infra  patet. 

De  mense  Marti)  (fuit  collectum  datium)  ni.  fior,  prò  centonarìo. 

Item  dicto  anno  de  mense  junij,  n.  fior,  prò  centonarìo. 

Item  de  dicti  mense,  xx.  den 

Dicto  anno  de  mense 

Anno  domini  Mcccxxvn,  die  xxiij  mensis  augusti 

Item  dicto  anno  de  mense  nouembrìs  in  principio,  xii.  den.  prò  cen- 
tonarìo. 

Item  dicto  anno  de  mense  Decembrìs  fuit  impositum  datium  ad  ra- 
tionem medii  denarii  prò  libra,  1  den.  prò  centenarìo.  (?) 

Mcccxxvui.  -  Dominus  Nicolaus  de  Aquila  prò  primis  sex 
mensibus. 

Dominus  Johannes  de  Paparonibus  (')  de  Senis  prò  aliis  sex 
mensibus.  Die  dominico  xvii  mensis  lanuarij  Ludovicus  quartus 
Rome  a  populo  in  imperatorem  coronatus  est,  et  de  mense  de- 
cembrìs sequentis  fuerunt  multi  terremotus  ex  quibus  nursini 
magnum  receperunt  dampnum,  et  inceperunt  die  quarta  dicti 
mensis  de  mane  circa  auroram  et  durauerunt  per  menses. 

Fuit  impositum  datium  de  mense  Marti]  ad  rationem  xu.  den.  prò 
centonarìo. 


(1)  Lege  :  de  Paparonibus*  Fuit  et  copiarum  Dux.   Vide  Ugurgerium  par.  II. 
Ut.  39.  num.  94.  M. 


35^  MICHELE  PALOCI  PDUGNANI 

Item  dicto  anno  de  mense  aprìlis  in  fine  ad  rationem.  v.  fior,  prò 
centonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  Angusti  ad  rationem  xxx.  den.  prò  cen- 
tonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  Octobrìs  cir6a  prindpium  v.  fior,  et  vi. 
den.  prò  centonario. 

Mcccxxix.  -  Dotninus  Eugmius  de  sancto  Gcminiano  prò  pri- 
mis sex  mensibus. 

Pbilippus  de  Fortiuerris  de  Senis  Q)  prò  aliis  sex  mtnsUnis. 
Fuit  facta  gabella  die  xini  Aprilis  et  de  mense  marti]  fuit  in* 
ceptus  murus  (?)  comunis  in  carbonarìa  nona  juxta  pontem 
cauallum. 

De  mense  Nouembris  in  fine  fìiit  impositom  datium  i  den.  prò  libra. 

Mcccxxx.  -  Tillutius  domini  Baldinocti  de  Vulterra  prò  pri- 
mis sex  mensibus. 

Dominus    Raynerius   de  Morontis  (')  de  sancto  G eminiano 

prò  aliis  sex  mensibus.  Die  xvi  mensis   lulij  bora   diei   prope 

uesperum  sol  obscuratus  est  quasi  per  medium  a  latere   sep- 

tentrionis  et  stetit  obscuratus  quasi  per  horam  et  fuit  hoc  in 

renouatione  lune. 

De  mense  Augusti  fuit  impositum  datium  in  principio  mensis  ad  ra- 
tionem V.  fior,  et  VI  den.  prò  centonario. 

Mcccxxxi.  -  Predictus  dominus  Raynerius  prò  primis  sex  men» 
sibus. 

Dominus  Meliadus  (')  de  Esculo  prò  aliis  sex  mensibus. 

De  mense  Martij  fuit  impositum  datium  ad  rationem  XXX.  den.  prò 
centonario. 

Item  de  mense  Maij  dicto  anno  ad  rationem  lUJ  fl.  et  VI  den.  prò 
centonario. 


(i)  Pbilippus  Petri  de  Forteguerrìs  dnctor  copianun  Senensioffl  ano.  MCCCXLI. 
ac  Capitaneoi  Popoli  Perusinonim  an.  MCCCXLVII.  M. 

(i)Legerem:  de  Morontis.  Hic  Cooservator  Pads  Pistorii  extitlt  an.MCGCXXXVL 
M. 

{%)  Ab  aliis  scriptoribos  Meliadus  appellatur,  praecipue  vero  loqoeotibiis  de  Pbte- 
statib.  Floreotiae,  atque  Urbis  Veteris,  quo  duplici  munere  functns  est,  Meliadassmn, 
sed  male,  vocat  Io:  Vinceotius  Coppius  in  AnnaU  Geminianens,  mentionem  iaciens  de 
ipso»  utpote  qui  in  pariete  exteriori  palatii  Potestà t.  Florentiae  maximo  cum  dedecore, 
una  cum  Duce  Athenarum,  depictns  est.  M. 


CRONACA  DI  BÙONAVENTtRA  DI  BENVENUTO     ^57 

Item  de  mense  octubrìs  circa  prìndpium,  ad  rationem  i.  den.  prò 
libra. 

Mcccxxxii.  -  Dominus  Petrus  de  Bulsena  prò  primis  sex  meri' 
sihus. 

Nuccillus  de  Baschesibus  de  Vrheueteri  prò  àliis  sex  men* 
sihus. 

De  mense  Maij  (fuit  coUectum  datium)  ad  rationem  n.  fior,  prò  cen- 
tonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  Nouembrìs  quasi  in  fine,  nij.  fior,  et  ix. 
den.  prò  centonario. 

ìAcccxxxìiu  '  Nellius  domini  lohannis  de  Esculo  prò  primis 
sex  mensibus. 

Putius  lohannis  de  Monte  sancto  prò  àliis  sex  mensibus. 

De  mense  Martij  (fuit  impositum  datium  ad  rationem  ),  xx.  den.  prò 
centonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  Maij,  xij.  den.  prò  centonario. 

Mcccxxxiv.-Z)(7mmtt^  Hugolinus  de  Trincis  Q)pro  tribus  meth 
sibus  primis. 

Làllus  de  Aquila  prò  sex  sequentibus  mensibus. 

Puctius  Petri  de  Monte  sancto  prò  tribus  ultimis  mensibus. 
Die  IV  mensis  decembris  obiit  papa  lohannes  xxii  et  notum 
fiiit  Fulginei  die  xvi  dicti  mensis  et  die  xx  dicti  mensis  fuit 
electus  dominus  Benedictus  papa  xi. 

Fuit  impositum  de  mense  Marti!  datium  xxx.  den.  prò  centonario. 
Item  de  mense  Maij  dicti  anni  fuit  impositum  datium  vuij  den.  prò 
centonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  Julii 
Item  diao  anno  de  mense  Septembris 
Item  dicto  anno  de  mense  Nouembrìs. 

Mcccxxxv.  -  Puctius  Petri  de  Monte  sancto  predictus  prò  sex 
mensibus  et 

Nicola  Nuctii  de  sancto  Augelo  in  Pantano  prò  aliis  sex 
tnensibus. 

Fuit  impositum  datium  de  mense  lanuarìj  vmj.  den.  prò  centonario. 
Item  dicto  anno  de  mense  Martij  fiierunt  imposita  datia  ad  rationem 
vmj.  den.  prò  centonario. 


(I)  D.  Ugoliniu  NaIIi  de  Trinciii  Eques,  et  Dominus  FuUgoii.  M. 


35^  MICHELE  FALOCI  PULlGNilNt 

Item  dicto  anno  de  mense  Maij. 
Item  dicto  anno  de  mense  lulij. 
Item  dicto  anno  de  mense  Septembris. 
Item  dicto  anno  de  mense  Nouembris  die  xxvj.  fuit  impositum   da- 
tium  ad  rationem  xn.  fi.  et  vi.  den.  prò  centonario. 

Mcccxxxvi.  -  Domintis  Raynerius  domini  Conradi  (')  de  Ma- 
telica  prò  sex  mensibus. 

Petrus  Petri  Comes  de  Montemarta  prò  aliis  sex  mensibus. 

De  mense  Maij  fuit  impositum  datium  ad  rationem  u  fior,  prò  cen- 
tonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  August.  xvi.  den.  prò  centonario. 

Item  dicto  anno  de  mense  Septembris  die  xvi,  vn.  den.  prò  cento- 
nario. 

Item  dicto  anno  de  mense  Octobris  circa  principium,  vmj.  den.  prò 
centonario. 

Mcccxxxviu  -  Dictus  Petrus  prò  primis  sex  mensihus. 

Dominus  Porcellus  domini  Baronis  de  Rossis  de  Florentia  prò 

aliis  sex  mensibus. 

Die  ultima  lanuarij  fuit  impositum  datium  ad  rationem  v.  soldorum 
prò  centonario. 

Item  dicto  anno  die  xiu.  mensis  lulij,  xij.  den.  prò  centonario. 

Mcccxxxviii.  -  Nicolaus  domini  Guillelmi  de  Senis  de  Monte 
sancii  Sauini  prò  primis  sex  mensibus. 

Guidutius  domini  Farolfi  de  Monte  sancii  Sauini  prò  aliis 
sex  mensibus. 

Manusroccus  domini  Meliadi  de  Esculo  prò  aliis  sex  men- 
sibus ?  ? 

ucccxxxix.-Dominus  Bartholomeus  de  Barolis  de  Florentia  prò 
primis  sex  mensibus. 

Lectus  (')  domini  Ihoannis  de  Saxof errato  prò  aliis  sex  mensi- 
bus. Die  VII  mensis  lulii  fuit  renouatio  lunaé  in  bora  xvuii 
uel  circa. 

In  fine  mensis  lanuaril  fuit  impositum  datium  ad  rationem  octo  den. 
prò  centonario. 


(t)  Conradi  Domini  Mathelicae  filiut  inxta  Compagnooum  in  Reg.  Pie.  par.  L  et 
Potestatts  Urbis  Veteris,  ut  ait  Durantes  Dorius.  M. 

(9)  (/octam,  lego,  vel  Locteringum  D.  lohannis  de  Saxoferrato  Capitaneum  Populi 
Fiorentini  annis  MCCCXLVI.  et  MCCCXLVII.  nec  non  Poteatatem  t*  lorentiae  anno 
MCCCLXVll.  et  MCCCLXVIIl.  denique  Romae  Senatum  MCCCLXX.  M. 


CRONACA  DI  BONAVENTURA  DI  BENVENUTO  359 

hicccxL.  -  Dominus  Albanus  Q)  de  Friscobaldis  de  Florentia 

prò  primis  sex  mensibus. 

Manusroccus  (^)  domini  Meliaducis  de  Esculo  prò  aliis  sex 

mensibus. 

Die  X  mensis  Augusti  ftiit  impositum  datium  ad  rationem  vuii  soldo- 
rum  prò  centonarìo. 

McccxLi.  -  Dominus  Conradus  (')  Malli  de  Trinciis  de  Fulgineo 
prò  iribus  mensibus. 

Dominus  Mucata  (f)  domini  Gabrielis  de  Piccolomìnibus  de 
Senis  prò  nouem  mensibus. 

Die  xviiij.  mensis  Augusti  fiiit  imposimm  datium  ad  rationem  den. 
prò  libra. 

Item  dicto  anno  de  mense  Nouembris,  i  den.  prò  libra. 

Anno  Domini  Mcccxbj.  de  mense  Maij  circa  principium  iij  fi.  prò 
centonarìo.  ^-  Item  dicto  anno  de  mense  Augusti  circa  prìncipium  ni. 
fi.  prò  centonarìo.  —  Item  dicto  anno  de  mense  Nouembris,  iij.  fior,  prò 
centonarìo. 

Anno  domini  mcccxIuj.  de  mense  lulij  die  xx,  xij.  den.  prò  cento- 
narìo. 

Anno  domini  mcccxLuj.  de  mense  lunij  fuit  datium  xi  den.  prò  cen- 
tonarìo. -^  Item.  dicto  anno  de  mense  Augusti  fuit  collectum  datium  iiij. 
fL  prò  centonarìo.  —  Dicto  anno  de  mense  Nouembris  fuit  collectum  da- 
tium xviii.  den.  prò  centonarìo. 

Item  dicto  anno  mcccxIv.  de  mense  lanuarìj  fuit  colkcmm  datium 
ad  rationem  xviij.  den.  prò  centonarìo.  —  Item  dicto  anno  de  mense  Mar- 
tij,  xviij.  den.  prò  centonarìo.  —  Item  dicto  anno  de  mense  Mai)  xij.  den. 
prò  centonario.  —  Item  de  mense  lunij,  iij.  fior,  prò  centonarìo.  *-Anno 
domini  Mcccxlvi,  de  mense  Februarìj,  xlinj.  den.  prò  centonario. 


(i)  Forte  Dominus  Albertus,  vocatus  Bertusde  Frescobaldis,  qui  ana.  MCCCXLIII. 
fuit  Potestatis  Florentiae  Locumtenens.  De  eo  nonnulla  apud  Scipionem  Ammiratum 
in  Histor.  Fior.  M. 

(3)  Eius  pater  D.  Meladius  D.  Phtlippi  de  Trìbianis  de  Esculo  fuit  Capitaneos 
Populi  Fiorentini  an.  MCCCXIX.  ac  Potestas  Florentiae  anno  MCCCXLII.  tempore 
Gualterii  Ducis  Athenarum.  M. 

(3)  Anno  MCCCXXIIl.  electus  fuerat  Capitaneus,  et  ludex  Urbis  Veterìs.  anno 
yero  MCCCXXXVIII.  Vextllifer  lustitiae .Populi,  et  Partis  Guelforum  Fulginu.  M. 

{4)  Fuit  et  Dux  copiarum  Senensium  circa  annum  MCCCXXXII.  Potestas  Eugubii 
an.  MCCCXL.  atque  Capitaneus  Populi  Perusinornm  anno  MCCCXLVII.  M. 


FEDERICO  DUCA  D'  URBINO 
E  IL  VELTRO  DANTESCO 


L'  acquisto  che  i  Fiorentini  fecero  di  Volterra  ri- 
bellatasi nel  1472  fu  dovuto  al  senno  e  alla  prudenza 
di  Federico  da  Montefeltro  Duca  d*  Urbino,  che  seppe 
condurre  tale  impresa  per  guisa  che  a'  Fiorentini  par- 
ve  eh'  egli  avesse  fatto  quello  che  non  era  possibile, 
conosciuta  la  difficoltà  del  luogo  e  la  mala  disposi- 
zione de'  Volterrani. 

Al  suo  ri  tomo  in  Firenze  (  racconta  il  suo  bio- 
grafo Vespasiano  da  Bisticci  ('),  che  visse  per  qual- 
«  che  tempo  alla  corte  di  Federico  )  <  tutti  i  citta- 
«  dini  gli  andarono  incontro  e  fugli  apparecchiata  la 
e  casa  del  patriarca,  e  fatte  le  spese  a  tutta  la  sua 
«  famiglia.  Non  si  poteva  fare  uno  maggior  onore 
«  che  feciono  al  Duca.  Gli  donarono  due  pezzi  di 
«  broccato   d'  oro ,  e  dua  bacini  di  quegli   della  Si- 


(i)  Vite  di  uomini  illustri  del  secolo  XV  scritte  da  Vespasiano  da 
Bisticci y  stampate  nuovamente  da  A,  Bartoli.  Firenze,  Barberà,  i^S9t 
p.  86. 


FEDERICO  DUCA  D^  URBINO  3^1 

«  gnoria  che  valevano  mille  ducati  e  più.  Di  poi  in 
e  segno  di  questa  vittoria  gli  donarono  il  palazzo 
«  di  Ruscano,  con  tutte  le  possessioni  appartenenti 
«  al  detto  palazzo.  Tutti  i  cittadini  di  condizione 
a  r  andarono  a  visitare  a  casa.  Istato  alcuni  di ,  gli 
«  feciono  fare  le  spese  per  tutti  i  terreni  de*  Fioren- 
€  tini,  e  fu  accompagnato  da  tutti  i  principali  citta- 
«  dini  per  tutti  i  terreni  loro.  » 

Tra  coloro  che  vollero  in  singolare  modo  addi- 
mostrare gratitudine  ed  ammirazione  al  valoroso  Du- 
ca fu  un  Giovanni  di  Bartolomeo  Ciai  fiorentino  (*), 
che  gli  diresse  una  bella  lettera  accompagnata  da 
cento  versi  in  terza  rima ,  celebrando  V  acquisto  di 
Volterra  e  in  pari  tempo  le  virtù  del  Duca  d'  Urbi- 
no, nel  quale  egli  volea  ravvisare 

quel  veltro 

di  cui  fa  Dante  assai  chiara  menzione^ 
venuto  a  non  cibar  terra  né  peltro 

ma  sapienza,  giustizia  e  ragione, 

amore  e  gran  virtute 

Ciò  non  può  arrecare  alcuna  meraviglia  a  chi 
abbia  qualche  conoscenza  delle  lodi  amplissime  che 
di  Federico  da  Montefeltro  si  leggono  presso  i  suoi 
biografi,  i  quali  ce  lo  rappresentano  come  tale  che 
di   tutti   i   personaggi  che  illustrarono  nel  corso  di 


(r)  Potrebbe  esser  figlio  di  quel  Bartolomeo  d'  Agnolo  Gaj,  che  fii 
Priore  nel  settembre  e  ottobre  1431,  e  nel  marzo  e  aprile  1437  (  v.  Delizie 
degli  eruditi  toscani,  XIX,  96  e  x64  ). 


562  LODOVICO  FRATt 

tre  secoli  la  forte  stirpe  di  Montefeltro,  sopra  gli  al- 
tri come  aquila  volò;  vincendo  tutti  per  giusto  im- 
perio, benignità,  protezione  alle  lettere,  magnificenza 
e  maestria  di  guerra,  da  niun  capitano  de'  suoi  tem- 
pi superata.  (*) 

Ninno  vorrà  pertanto  attribuire  col  Ciai  ai  versi 
danteschi  una  virtù  profetica  che  non  possono  avere; 
ma  ciò  non  toglie,  a  mio  avviso,  che  questo  curioso 
documento  abbia  pur  qualche  valore,  siccome  tale  che 
può  aggiunger  fede  ad  una  osservazione  che  il  eh. 
prof.  D'  Ancona  molto  opportunamente  fece  (*)  a 
proposito  de'  seguenti  versi  d'  un  sonetto  di  Men- 
ghino  da  Mezzano  :  (') 

Già  voi  ^  credeste  (  Carlo  IV  ),  e  volsi  nominarlo^ 
Quel  veltro  a  dar  salute  a  Italia  umile  ^ 
Che  terra  o  peltro  non  dovea  cibarlo; 

Ma  veggiolo  rìmaso  ingrato  e  vile^ 
ecc. 

per  dimostrare  come  il  veltro  dantesco  fosse  sempre 
atteso  e  come  1'  appellativo  trapassasse  via  via  da  un 
personaggio  all'  altro. 

Lodovico  Frati 


(1)  Ugouni.  Storia  dei  Conti  e  Duchi  d*  Urbino.  Firenze,  1859, 
voi.  I,  p.  294. 

(2)  Studi  di  critica  e  storia  letteraria.  Bologna,  Zanichelli,  1880,  p.87 
nota  70. 

(3)  Fu  pubblicato  la  prima  volta  dal  signor  Adolfo  Borgognoni  nel- 
r  opuscolo  intitolato  Della  Epistola  aUo  Scaligero  tribuita  a  Dante,  Studio 
terzo.  Ravenna,  1866,  p.  8  e  9. 


FEDERICO  DUCA  D*  URBINO  363 

Inchotnincia  una  lettera  e  dento  versi  in  ter^^a  rima  che 
fecie  Giovanni  di  Bartolommeo  ciaj  cittadino  fiorentino  e  piando- 
gli al  nobile  e  llustro  chonte  d*  Urbino,  chomincia  chosi,  ('). 


Sentendo  io  o  nobile  e  illustro  chonte  d'  Urbino  e  singniore 
potentissimo  messere  federigho  da  mmonte  feltroongni  laide 
chantare  a  grandissimo  onore  delle  vostre  maravigliose  e  ssin- 
ghulari  virtù,  delle  quali  la  umanità  di  vostra  nobiltà  chopio- 
sissimamente  risprende  mi  doglio  che  io  non  sono  a  voi  di- 
mesticho  o  familiare  però  cheppiù  volte  òppensato  iscrivervi, 
ma  Ila  verghongnia  m^à  inpedito  che  non  vi  sendo  noto 
presumessi  lo  scrivere,  pure  intendendo  che  a  ongniuno  vi 
prestate  humanissimo  ò  preso  ardire  larvi  le  presenti  lettere 
e  appresso  insino  in  ciento  versi  in  terza  rima  a  vostra  chon- 
solazione  e  a  mmemoria  della  vostra  ottima  ettema  fama 
riducendovi  alla  mente  el  salutifero  riacquisto  della  città  di 
Volterra  alla  nostra  Repubrica  fiorentina  dalla  quale  merita- 
mente voi  ricievesti  il  bastone  sicchome  amantissimo  di  tutto 
il  popolo  suo  e  sicchome  sperto  e  pprudentissimo  chapitano 
di  grandissima  reputazione  di  elitta  (sic)  fortuna  e  cchostu- 
tissimo  in  tutti  i  vostri  portamenti  II  perchè  a  voi  dengnia- 
mente  si  può  attribuire  quel  nome  che  a  Scipione  africhano 
cioè  specchio  de'  romani  ma  voi  specchio  de'  fiorentini  e  delle 
Italiche  gienti  d'arme  e  pertanto  sendo  nemiei  versi  non  ri- 
spondo quanto  si  chonviene  alle  vostre  eccielse  virtù  inchol- 
patene  la  mia  debole  fachultà  che  a  tanta  altezza  non  può  le- 
varsi ma  in  quanto  mi  fia  possibile  cholla  mia  diritta  e 
ottima  intenzione  e  chon  fede  sinciera  e  ppura  me  afforzerò 
alle  più  dengnie  parti  sopprire  ch'io  potrò.  Deo  grazias. 


(1)  Debbo  It  copia  esatta  di  questo  documento  dal  cod.  Ambrosiano  C   35  sop. 
(car.  391  r  )  alla  cortesia  del  mio  caro  amico  prol.  Francesco  Nomati. 


3^4  LODOVICO  FRATI 

Inchominciano  i  dento  versi  in  ierT^a  rima 

Chorrendo  gli  anni  già  dì  Giesocristo 
nel  mille  quatrociensettanta  due 
firenze  di  Volterra  fé  racquisto 

Che  mmirabile  impresa  al  mondo  fue 
tanto  risiede  ben  sopr'alto  monte 
cinto  di  valle  e  schogli  in  su  e'  n  giue 

Talché  la  lupa  jnvan  v'  alza  la  fronte 

dappoi  eh'  ella  vi  vede  entrar  quel  veltro 
che  vi  mosse  veloce  el  nobil  chonte 

D'urbin  singnior  gientil  da  mmonte  feltro 
di  chui  fa  dante  assai  chiara  menzione 
venuto  a  nnon  cibar  terra  né  peltro 

Ma  ssapienza,  giustizia  e  ragione 

amore  e  gran  virtute  e  mmira  fiso 
lieta  fortuna  e  prender  suo  bastone 

A  rrifiorir  sua  fama  in  chanpo  eliso 
chonvienti  inllustre  floride  e  sserene 
e  ddi  quel  ch'apre  e  sserra  il  paradiso 

Le  quali  insieme  tutte  accholte  bene 
li  più  che  ventimila  per  marzoccbo 
di  subita  vittoria  aveano  spene 

Che  cchon  pregiati  arcier  da  pporre  in  broccho 
Bajardo  (')  chonduttor  d'ongni  pedone 
e  il  marchese  a  mmonte  il  fiero  stoccho 

Preson  subitamente  un  bastione 

fatto  da  volterran  che  v'eran  tratti 
pocho  avanti  alla  porta  onde  chagione 


(i)  Cosi  legge  il  codice.  Non  saprei  veramente  qual  capitano  possa  essere,  se  non 
forse  quel  Bernardo  Corbtnelli  che  rappresentava  la  signoria  de'  Fiorentini  su  Volterra 
quando  questa  si  ribellò  nel  1472. 


FEDERIGO  DUCA  d'  URBINO  3^5 

Fu  agi' uomini  drento  el  chieder  patti 
di  che  se  ne  cessor  le  gravi  offese 
e  cquei  ne  mandor  due  a  ccio  più  atti 

Da  quali  in  lungha  pratica  s'intese 

che  ssi  levassi  intomo  a  Uor  la  ghuerrra 
volendone  ei  paghar  fin  li  le  spese 

E  cche  racchomandata  anchor  Volterra 
restassi  chome  prima  era  a  Firenze 
a  cchonpangnia  eh'  un  sol  voler  disserra 

Che  non  v' acchonsentir  U' enntelligienze 
che  questo  pratichoron  perchè  tema 
avien  che  nnon  chiamasse  altre  potenze. 

Ma  cchonsiglior  che  dentro  ella  si  prema 

chon  gran  fortezza  a  trame  ongni  periglio 
che  Ha  schiuma  nettar  pingniatta  sciema 

Chosi  preson  que'  savi  esto  chonsìglìo 
dissono  agli  orator:  tornate  e  ddite 
che  marzoccho  le  vuol  ficchar  l'ardiglio 

E  per  tesser  le  tele  in  chanpo  ordite 
due  nostri  chommessari  fiorentini  (') 
chon  bellici  strumenti  e  cchon  pulite 

Cieme  di  molti  nostri  chontadini 
agli  essercizi  lor  parati  e  pronti 
che  ben  parean  possenti  paladini 

Dissono:  omai  chonvien  che  ssu  si  monti 
choUe  bonbarde  grosse  e  bbonbardelle 
palle  e  polvere  assai  che  le  raffronti 

E  mmolti  saettumi  e  spinghardelle 

chon  bricchole  e  trabocchi  e  gravi  pondi 
che  gli  ributtin  beq  l' anpie  scharseUe 

Si  dentro  alla  città  che  vi  si  sfondi 


(I)  Boogfanni  GUDfigliazzi  e  Iacopo  Guicciardini  furono  i  due  commias^rti  inviati 
da  Firenze  all'  assedio  di  Volterra. 


366  LODOVICO   FRATI 

tutte  le  torre  e  cchase  e  suoi  palazzi 
finché  tutta  Volterra  si  profondi 

O  cche  '1  popol  si  levi  e  cche  nn' ammazzi 
cholor  che  vi  si  fer  simile  a  ghano 
e  Ili  soldati  loro  fino  a  raghazzi 

E  voi  le  date  fuori  la  battaglia  a  mmano 
o  nobil  giente  d' arme  addoma  e  bbella 
ben  chonfortata  qui  dal  chapitano 

Che  ppar  cesere  armato  in  sulla  sella 
pien  di  buon  ardimento  e  ddi  valore 
chontr'a  cquesta  città  eh'  era  ribella 

Ma  ora  è  rriavuta  (')  inn  un  furore 

nel  qual  saria  tutta  ita  a  ssacchomanno 
se  nnon  che  '1  chapitano  ne  die  terrore 

Non  ch'ella  non  n'avessi  alquanto  danno 
di  che  son  fatti  esenti  i  volterrani 
chi  r  n  terzo  grado  e  echi  per  alchun  anno 

E  pponsi  alle  lor  doglie  anbo  le  mani 

chon  beningni  righuardi  e  dolci  effetti 
chome  mediho  sperto  a  ffargli  sani 

E  cchome  madre  a'  suoi  figli  diletti 
quando  gli  vede  o  ssente  tribulati 
che  ssi  rende  piatosa  a  loro  aspetti 

Chosl  la  mia  fiorenza  à  rrichiamati 

choloro  che  da  Volterra  eran  fuggiti 

per  nonn  essere  de'  primi  i  mal  (^)  trovati 

E  àglialla  lor  patria  riuniti 

e  chanciellata  loro  ongni  discordia 
e  ddi  novello  amore  gli  à  rivestiti 

E  a  tutta  la  terra  di  chonchordia 

renduta  al  modo  usato  la  salina  (') 
e  tutto  giorno  n'à  miserichordia 


(1)  Il  cod.  riauifta, 

(s)  Il  cod.  mali. 

(3)  É  noto  come  a  Firenze  fosse  doynti  nna  parte  delle  rendite  che  il  cornane  di 
Volterra  ritraeva  dalle  miniere  di  sale,  di  aliarne,  di  zolfo  ecc.,  e  come  le  eccessive 
pretese  de'  Fiorentini  a  danno  de'  Volterrani,  mossero  questi  a  ribellarsi. 


FEDERICO  DUCA  D*  URBINO  367 

Quest'alma  graziosa  fiorentina 

che  die  il  bastone  al  chonte  federigho 
chonfortandosi  in  suo  virtù  divina 

Ond'io  Giovanni  ciai  anchor  mi  brigho 
spieghare  al  mondo  Talta  sua  vittoria 
ben  dritta  chome  qui  miei  versi  righo 

A  pperpetua  laulde  e  gran  memoria 

del  suo  buon  nome  etterno  e  ddi  choloro 
che  cchon  filicità  e  ssomma  gloria 

Porton  le  palle  e  gigli  a  schudo  d'  oro 

Ftnts 

Vostra  humile  creatura  Giovanni  di  Bartolomnuo  ciai  cit" 
tadino  fiorentino. 

Al  nobilissimo  chonte  d  Urbino  e.  S.  potentissimo  messer  fe- 
derigho da  mmonte  feltro  specchio  delle  gienti  £  arme  ecc.  sopra 
deir  acquisto  di  Volterra. 


IL  LffiRO  DEI  DOCUMENTI 


DELLA 


CITTÀ   DI   ORVIETO    (") 


Dalie  sommità  deiia  coiiina  rocciosa  sopra  la  valle  del 
fiume  Paglia^  risplende  la  facciata  di  musaico  del  Duomo 
di  Orvieto^  come  uno  scudo  d'  oro  sopra  il  sottoposto  pae- 
saggio^ visibile  da  lontano^  come  il  Partenone  sopra  l'Acro- 
poli d' Atene.  La  prima  pietra  di  questo  nobile  monumento 
del  medioevo  fu  posta  dal  Papa  Nicola  IV  Panno  1290^  e 
la  fabbrica  durò  più  di  200  anni.  Grandi  pittori^  Luca 
Signorelli^  fra  Beato  Angelico^  Gentile  da  Fabriano^  Benozzo 
Gozzoli^  il  Perugino^  ornarono  l'interno  della  chiesa  con 
rinomati  affreschi^  e  maestri  esciti  dalla  scuola  di  Nicola  Pi- 
sano coprirono  i  pilastri  e  i  piani  con  rilievi  pieni  di  arte. 

Il  Duomo  è  stato  il  solo  importante  fatto  storico  di 
quella  piccola  repubblica  guelfa.  Tutta  la  sua  forza  vitale 
sembra  avere  fluito  in  quest'  opera  artistica^  così  che  in 
essa  si  esaurisce^  simile  all'Agave  la  quale  muore  quando 
ha  elevato  in  alto  la  sua  splendida  fioritura.  Anche  in  altri 
Comuni  di  Italia  vi  sono  catedrali  da  considerarsi  come 
sarcofagi  dove  sta  seppellita  la  loro  vita  artistica. 

Senza  la  Catedrale,  Orvieto  non  possederebbe  un  ran- 
go maggiore  di  Todi  o  di  Narni ,  di  Amelia  o  di  Bolse- 
na^  città  che  nessuno  visita^  se  non  sia  l'artista  che  os- 


(i)  Demmo  gii  in  questo  nostro  periodico  (I  753)  un  cenno  dell'  interessante  vo- 
lume del  Fumi  :  Codice  diplomatico  della  città  di  Orvieto.  Documenti  e  Regetti  dal 
tee,  XI  al  XV  e  la  carta  del  Popolo  ecc.  Firenze,  G.  P.  Vìesseux  ,    884  —  Ora  cre- 
diamo bene  far  conoscere  al  lettore  il  giudizio  che  teste  ha  recato  di  questo  libro  F. 
Gregorovius  nel  Zeittchrisft  fùr  Allgem*  Getchichte,  1885,  VI.  —  Af.  </.  i>. 


IL  LIBRO  D£I  DOCUMENTI  DI  ORVIETO  $6^ 

serva  le  nascoste  pitture  del  400,  e  il  sapiente  che  ricerca 
gli  antichi  documenti  degli  archivi  cittadini.  Orvieto  non  ha 
eoa  rimarchevoli  chiese  e  palazzi  come  Perugia  e  Siena, 
ma  offre  un  insieme  di  architettura  di  infinita  attrattiva  : 
antiche  basiliche  cristiane,  case,  strade  pittoresche  e  bizzarre, 
le  quali  anche  presentemente,  ciò  che  è  solamente  il  caso 
di  poche  altre  città,  hanno  conservato  tutta  l^  impronta  del 
medio  evo.  1/  origine  della  Città  è  oscura.  I  suoi  scogli,  se- 
parati, rapidi  e  larghi,  i  cui  ruvidi  precipizi  rendono  quasi 
non  necessarie  le  mura,  dicono,  come  quelle  di  Civita  Ca- 
stellana e  Volterra,  avere  portato  dai  tempi  antichissimi,  abi- 
tazioni etrusche,  ma  il  suo  nome  è  sconosciuto.  Dai  primi 
tempi  del  medio  evo  si  chiamava  Urbs  vetus.  Come  tale  è 
ricordata  fin  dalle  guerre  di  Goti,  e  questo  ci  insegna  non 
solamente  che  allora  passava  per  molta  antica ,  ma  ancora 
che  si  erano  conservati  grandi  gruppi  di  rovine  delle  sue 
acropoli  e  di  altri  antichi  i&bbricati. 

I  longobardi  vi  trovarono  già  queste  rovine,  quando 
nuovamente  colonizzarono  la  Tuscia,  dopo  che  la  maggior 
parte  delle  popolazioni  etrusco  romane  di  questo  paese  fu- 
rono scacciate  nella  terribile  guerra  dei  Goti,  La  Ùrbs  vetus 
che  già  nel  6  secolo  viene  indicata  come  vescovato,  appar- 
tiene alla  Tuscia  Longobardica  e  vi  comandarono  i  Conti 
di  questo  popolo.  Documenti  dei  suoi  archivi  cittadini,  spe- 
cialmente dell'  XI  e  XII  secolo  sono  pieni  di  nomi  longobardi, 
come  Benzo,  Bonizo,  Teuzo,  Rainero,  Farulfo,  Wircisi,  Wido, 
Udigo,  Ildibrand.  Il  vescovo  della  antichissima  catedrale  di 
san  Costanzo  nell^anno  1029  si  chiamava  Sigifriedus.  La  più 
ragguardevole  famiglia  de^  Signori  della  Città,  quella  dei  Mo- 
nald  (  Monaldi,  Monaldeschi  )  era  longobarda,  come  è  anche 
oggi  nel  suo  ereditario  palazzo  vivente  la  famiglia  patrizia  dei 
Gualtieri,  cioè  Walteri.  I  potestà  Udebrandi  dominavano  per 
lunghi  secoli  più  in  basso  nelle  tusche  marche,  e  vi  fondarono 
le  grandi  contèe  degli  Aldebrandeschi,  il  cui  dominio  si  estese 
da  Acquapendente  sopra  le  marittime,  fino  al  capo  Telamone. 

Nel  principio  del  XII  secolo  la  Città  colP  aiuto  del  Ve- 
scovo di  Bann  suo  conte,  si  mise  in  libertà,  e  vi  si  costituì 

Archivio  Storico  li.  34. 


570  FERDINANDO  GREGOROVIUS 

un  Comune  con  i  Consoli  alla  sua  testa^  del  quale^  fin  dal 
1137  sono  visibili  i  documenti.  Quantunque  il  Papa  20  anni 
dopo  ottenesse  il  dominio  sopra  Orvieto,  la  città  rimase 
tuttavia  anche  sotto  V  alto  dominio  della  Chiesa,  una  repub- 
blica autonoma  con  un  Potestà  elettivo  con  il  suo  grande 
e  piccolo  consiglio  delle  civiche  corporazioni.  Condusse  guer- 
re con  i  suoi  vicini  e  colle  republiche  di  Toscana  ed  Um- 
bria^ oppure  si  alleò  con  esse:  sottomise  i  castellani  e  i 
conti  al  suo  sistema  daziario,  e  colla  potenza  delle  armi  con- 
quistò tutta  la  feconda  valle  del  lago  di  Bolsena  (valle  del 
lago  ):  e  la  stessa  casa  degli  Aldebrandeschi  fu  sottomessa  do- 
po accaniti  combattimenti.  Anche  in  Orvieto  durarono  le 
civiche  guerre  dei  Guelfi  e  dei  Ghibellini,  dei  Monaldeschi  e 
dei  Filippeschi  per  luogo  tempo.  Devono  essere  anzi  state 
molto  violenti,  poiché  Dante  nella  celebre  apostrofe  di  Bor- 
dello citò  proprio  i  nomi  delle  fazioni  di  Orvieto,  insieme 
a  quelle  di  Verona,  per  stimatizzare  le  furie  dei  partiti  delle 
città  italiane 

Vieni  a  vede  Montecchi  e  Capuletti 
Monaldi  e  Filippeschi,  uom  senza  cura 
Color  già  tristi,  e  costor  con  sospetti. 

Per  queste  interne  querele,  e  per  molte  altre  guerre  fu 
la  città  poco  a  poco  rovinata  nella  sue  forze,  e  nelle  sue  fi- 
nanze. Le  sue  forme  libere  di  governo  caddero  sotto  la 
pressione  dei  vicari  Pontifici  e  dei  Tiranni,  già  alla  fine  del 
XIV  secolo.  Nel  principio  del  XVI  era,  la  già  potente  guelfa 
repubblica,  discesa  nella  più  grande  miseria,  ed  il  Papa  Ge- 
mente VII  lo  costatò,  quando  fuggito  da  Castel  S.  Angelo 
e  dalla  violenza  dei  Landstenetti  di  Carlo  V,  vi  prese  di- 
mora nel  deserto  palazzo  episcopale.  Clemente  non  era  il 
primo  Papa  che  cercò  asilo  in  questa  guelfa  Città.  Durante 
i  procellosi  secoli  del  medioevo  vari  altri  aveva  essa  ricove- 
rati dentro  le  sue  mura 

La  storia  di  Orvieto  è  stata  finora  imperfettamente  trattata. 
Molte  croniche,  gli  annali  medioevali  del  commune,  la  cro- 
nica dei  Podestà,  vari  Diari,  e  storie  manoscritte  della  Città 


IL  LIBRO  DEI  DOCUMENTI  DI  ORVIETO  37! 

del  secolo  XIV  sono  perdute,  e  di  quel  tempo  non  rimane 
altro  di  più  di  quello  che  hanno  pubblicato  Muratori,  e 
Gualterio.  Questi  public©  il  più  importante  di  tutti  i  Cro- 
nisti, Montemarte  di  Corbara  (  abbracciando  dal  1333  fino  al 
1400  ).  Quello  oltre  le  effemeridi  anonime  di  Orvieto  (  1342 
fino  a  1363  ),  disgraziatamente  anche  il  giornale  di  Ludovico 
di  Bonconte  Monaldeschi,  che  è  stato  riconosciuto  come  una 
falsificazione.  Io  ho  daprima  fatto  avvertire  la  non  autenti- 
cità di  questa  opera  spuria,  e  Labruzzi  lo  ha  dipoi,  in  un 
trattato  speciale,  interamente  messo  in  evidenza  :  ma  tutta- 
via si  riscontrano  ancora  qualche  volta  nei  libri  le  medesi- 
me invenzioni  per  le  cerimonie  nel  coronamento  del  poeta 
Petrarca,  e  del  gran  combattimento  dei  tori  nel  Colosseo  di 
Roma  nell^  anno  1332  —  Oltreché  V  opera  storica  dì  Cipriano 
Manente  (  Venezia  1561  - 1565  )  è  piena  d' invenzioni. 

La  storia  di  Orvieto  potrà  solamente  ora  essere  scritta 
dopoché  i  resti  dei  materiali  autentici  e  originali  sono  riu- 
niti, e  questo  é  stato  precisamente  fatto  nell'  importante  vo- 
lume che  mi  é  davanti. 

La  pubblicazione  di  un  libro  di  documenti  proprio  di 
questa  Città  sorprenderà  colui  che  ha  una  idea  dello 
straordinario  disordine,  nel  quale  é  stato  trovato  quello  ar- 
chivio comunale  fino  a  poco  tempo  fa.  Nel  1863  '^  stesso  lo 
vidi  nel  medesimo  stato,  nel  quale  T  aveva  lasciato  il  marchese 
Filippo  Antonio  Guaherio.  (*)  Questo  insigne  cittadino  dì 
Orvieto  e  patriotta  italiano  vi  lavorò  1'  anno  1843  ^  ^^  ^^ 
vette  disperare  di  porvi  ordine.  Nella  introduzione  a  Mon- 
temarte (  1846  )  lamenta  egli  1'  incredibile  confusione  di 
quei  lavori,  vergognosamente  lasciati  alla  putrefazione,  e  la 
dispersione  di  tanti  documenti,  ma  si  consolava  col  fatto  che 
erano  state  conservate  ancora  più  di  100 j  pergamene,  e 
più  centinaia  di  brevi,  mentre  che  il  protocollo  del  Con- 
siglio del  XIV  secolo  ,  (  come  generalmente  negli  archivi 
d' Italia  )  si  trova  quasi  senza  lacune.  Gualterio  alla  sua  edi- 


(1)  Io  ne  informai  allora  il  Ministro  della  pubblica  istruzione,  Aniari, 


37^  FERDINANDO  GREGOROVIUS 

zione  del  nominato  Cronista  premise  una  sene  di  impor- 
tanti e  inediti  documenti  ;  e  lo  stesso  aveva  fatto  già  prima 
di  lui  Guglielmo  della  Valle  nella  sua  storia  del  Duomo  di 
Orvieto.  I  lamenti  di  quelP  uomo,  ed  anche  del  Bonaini,  por- 
tarono i  loro  frutti,  appena  colla  nuova  Italia  si  risvegliò  lo 
zelo  per  la  conservazione  dei  Documenti  scritti  della  storia 
patria.  U  ordinamento  degli  Archivi,  tanto  quanto  potè  esse- 
re eseguito  fino  ad  oggi,  è  merito  di  un  giovane  cittadino, 
signor  Luigi  Fumi  il  quale  impiegò  diligenza  istancabile  di 
molti  anni  a  questo  onorevole  compito.  I  cittadini  delle 
città  italiane  sono  dunque  ancor  sempre  capaci,  per  amore 
della  loro  storia,  di  tali  opere  di  civile  sacrificio. 

Il  frutto  delle  fatiche  di  Fumi  è  1^  estesa  collezione  dei 
documenti  di  Orvieto,  un  volume  in  quarto  in  bella  edi- 
zione, di  857  pagine,  compreso  Vindice,  a  cui  ancora  si 
aggiunge  1^  introduzione  di  pag.  43. 

U  editore  ha  in  questo  osservato  che  la  raccolta  dei  do- 
cumenti cittadini,  nel  corso  del  tempo,  per  guerre  civiche, 
incendi,  e  negligenza,  è  divenuta  notevolmente  sottile.  U  ar- 
chivio communale,  e  quello  dei  nota)  hanno  perduto  quasi 
tutti  i  documenti  anteriori  al  XIII  secolo.  Il  più  antico  archi- 
vio del  Duomo  fu  nel  1154  da  un  incendio  distrutto.  L'ar- 
chivio del  nuovo  Duomo,  che  fu  fatto  fin  dal  132 1,  non  ha 
sofferto  perdite  minori.  Degli  archivi  dei  Conventi  della 
Città  non  è  rimasto  nulla. 

L'archivio  communale  ha  sempre  dato  il  più  grosso 
materiale,  nominatamente  dai  manoscritti  dei  nota)  i  quali 
per  ordine  dei  potestà,  o  pure  capitani  del  popolo  ai  suoi 
tempi  redigevano  i  Regesti  del  popolo.  Fumi  attinse  varie 
cose  dell'  archivio  del  Duomo  e  della  Cancelleria  Vescovile, 
e  utilizzò  ancora  gli  archivi  di  Todi,  Perugia,  Spoleto,  Vi- 
terbo, Firenze,  Siena  e  quello  del  Vaticano. 

Come  suo  scopo,  egli  indica,  per  mezzo  di  tutti  i  do- 
cumenti possibili,  dare  una  giusta  idea  della  costituzione  po- 
litica, della  giudiziaria  ed  economica,  e  le  relazioni  di  Or- 
vieto con  le  altre  Città,  in  particolare  colla  Santa  Sede.  Così 
spera  di  avere   gettati,   con   quest'  opera,  i   solidi  fonda- 


IL  LIBRO  DEI  DOCUMENTI  DI   ORVIETO  373 

menti  per  una  futura  storia  della  sua  nativa  Città  ;  ed  in 
questo  Egli  non  si  è  ingannato.  Noi  dobbiamo  attenerci  a 
questo  programma  e  non  dobbiamo  desiderare  altro  che  il 
possibile  complemento  dei  materiali.  Tuttavia  avrei  io  desi- 
derato, nella  introduzione,  un  colpo  d'occhio  della  storia 
politica  del  Commune  nelle  sue  •  fasi  più  importanti.  Per 
questo  mezzo  i  gruppi  dei  documenti,  che  sono  posti  in 
ordine  cronologico,  avrebbero  ricevuto  ancora  le  loro  ca- 
tegorìe storiche.  Io  desiderai  inoltre  una  lista  dei  Podestà,  e 
dei  capitani  del  popolo,  quantunque  questa  avesse  potuto 
riescire  incompleta,  e  qui  ricordo  P  utile  Catalogo  dei  Podestà 
di  Todi  di  Ottaviano  Nicolini.  I  documenti  della  Città  del 
XIII  ed  una  parte  del  XIV  secolo  offrono  sempre  una  serie 
rispettabile  di  Podestà  :  tra  questi  è  il  ben  notevole  gruppo 
di  quelli  che  si  ha  scelti  Orvieto  dalla  romana  nobiltà  dei 
Parenzi,  Colonna,  Annibaldi,  Orsini,  Cenci,  Stefaneschi.  I 
loro  nomi  si  trovano  nella  stessa  epoca  della  potenza  della 
Città  di  Roma  nelle  liste  dei  Podestà  di  vari  luoghi  dell'  Um- 
bria e  della  Toscana  col  pomposo  titolo,  Proconsules  Roma" 
norum. 

Disgraziatamente  tutto  il  tempo  delle  contee  longobarde 
non  ci  ha  lasciato  nessun  documento.  Fumi  comincia  la  se- 
rie dei  Regesti  con  una  donazione  dell'anno  1029,  e  tutto 
il  XI  secolo  è  rappresentato  con  soli  sei  documenti,  il  XII 
né  può"  mostrare  18,  in  seguito  se  ne  aumenta  il  numero  con 
notevole  progressione. 

U  anno  1157  tira  per  Orvieto  una  linea  di  demarcazione 
storica,  perchè  allora  il  Papa  ottenne  la  sovranità  sopra  que- 
sta Città.  La  Convenzione  tra  Adriano  IV  e  il  Commune 
fii  nel  febbrajo  1157  conchiusa  tra  due  Consoli,  due  No- 
bili, e  sette  Cardinali.  Questo  documento  manca  evidente- 
mente degli  Archivi  della  Città,  ma  l'editore  avrebbe  potuto 
farlo  ristampare  dal  Muratori  (Antiq.  It:  YV,  36  )  o  da  Thei- 
ner  (  Cod.  Dipi:  I,  17  ).  Non  ha  egli  peraltro  negletto,  là  dove 
mancavano,  importanti  documenti  e  bolle,  ricercate  in  Boh- 
mer  e  Ficker,  o  in  Baluzi  e  Theiner. 

I  documenti  raccolti  da  Fumi  non  potrebbero  pel  mo- 


374  FERDINANDO  GREGOROVlUS 

mento  offrire  un  completo  registro  della  storia  della  Città: 
presentano  tuttavia  una  massa  imponente  e  rischiarano  in 
molte  maniere  la  Costituzione  del  Comune^  la  sua  vita  di 
partiti^  le  sue  relazioni  colla  chiesa^  le  alleanze  e  le  guerre 
con  molte  Città  e  Signorie,  l' accrescimento  del  potere  della 
Città  con  la  conquista  e  la  sottomissione  di  Comuni,  e  Conti. 
Molto  copiosi  sono  i  documenti  che  riguardano  Orvieto  e 
gli  Aldebrandeschi.  Le  Geneologie  di  questa  celebre  casa 
potrebbe  con  essi  essere  completata.  Il  contratto  di  divisione 
deiranno  1216  dà  uno  schizzo  di  tutte  le  possessioni  terri- 
toriali di  questa  grande  contea. 

La  più  antica  bolla  papale,  del  17  ottobre  1156  è  una 
conferma  dei  beni  dei  capitolo  del  Duomo  di  san  Costanzo,  di 
Adriano  IV.  Con  Gregorio  IX  i  brevi  e  le  bolle  che  si  rap- 
portano ad  Orvieto  diventano  molto  numerose.  Una  gran 
parte  di  documenti  riguarda  la  persecuzione  degli  eretici 
nell^anno  1268,  nel  quale  Orvieto  era  pieno  di  Ghibellini 
Patereni.  Bonifacio  Vili  entra  come  suo  speciale  amico 
nella  storia  della  città  con  una  lunga  serie  di  bolle  e  brevi. 
Egli  la  conferma  nel  possesso  della  Valle  del  lago.  Dopo  la 
sua  morte  si  impossessò  benanche  della  contea  degli  Aldo- 
brandeschi. 

Dei  diplomi  imperiali,  solo  sei,  tutti  già  conosciuti,  sono 
stati  messi  nella  collezione.  Col  XIV  secolo  comincia  Orvieto 
a  declinare.  Nel  mezzo  dei  violenti  combattimenti ,  vi  en- 
trarono daprima  come  tiranni  i  Monaldeschi ,  quindi  se  ne 
impadronirono  i  prefetti  di  Vico ,  finché  il  gran  Cardinale 
Albomoz  la  ricondusse  di  nuovo  alla  chiesa.  Fumi  ha  stam- 
pato la  risoluzione  della  sottomissione  della  città  sotto  que- 
sto cardinal  legato  del  24  Giugno  1354^  che  manca  in 
Theiner.  Io  non  so  se  non  ancora  alcuno  degli  istrumenti 
relativi  ai  Prefetti  di  Vico  siano  stati  qui  raccolti.  In  una 
nota  per  la  storia  della  città  di  Roma  nel  medio  evo  (  VI 
5  344  )  ho  osservato  ciò  che  segue:  «  U  archivio  della  città 
di  Orvieto  possiede  più  pergamene  del  tempo  di  Giovanni 
di  Vico,  il  quale  vi  si  chiama  illustris  civitatis  comitatus 
ac  distnctus  Urbis  veteris  liberator  et  dominus   generalis. 


IL  LIBRO  DEI  DOCUMENTI   Dt   ORVIETO  375 

Anche  del  tempo  di  Albernoz  vi  sono  molte  pergamene, 
ma  questo  prezioso  materiale  trovai  io  in  uno  stato  dispe- 
rante, come  strami  affastellati  in  una  cesta.  » 

NelPanno  1368  Urbano  VI  tolse  la  città  dalle  ammini- 
strazioni del  Rettore  del  Patrimonio  di  S.  Pietro,  e  la  mise 
immediatamente  sotto  il  Vicario  papale.  Vi  fece  fabbricare 
la  rocca.  Neil'  anno  1377  decretò  Gregorio  VI  1'  erezione  di 
uno  studio,  o  di  una  università  in  Orvieto.  Di  tutte  queste 
relazioni,  come  ancora  dei  tempi  dello  scisma,  le  intraprese 
delle  bande  generali  e  del  re  Ladislao,  è  riunito  un  ricco 
materiale  di  documenti.  Fumi  si  servì  del  medesimo  per  la 
sua  monografia.  «  Braccio  in  Roma ,  lettere  di  Braccio  e 
del  Cardinale  Isolani,  Siena  18  jj.  » 

Il  volume  dei  Regesti  si  chiude  con  una  Bolla  di  Pao- 
lo II  del  13  aprile  1466.  Come  appendice,  vi  sono  stampati 
i  statuti  della  città,  o  piuttosto  la  carta  del  popolo ,  la  cui 
origine  rimonta  fino  al  1209.  Questo  codice  rimarchevole, 
giurato  da  quel  capitano  del  popolo^  è  una  magna  carta  di 
Orvieto,  ed  è  più  antico  dello  statuto  del  Comune  (Statu-- 
torum  Civitatis  Urbis  Veteris  Volumen.  Romae  1581  ). 

U  editore  ha,  con  questa  preziosa  coUezzione  di  sor- 
genti, reso  un  desiderato  servizio  alla  storia  del  medioevo 
italiano,  ed  innalzato  alla  sua  città  nativa  in  particolare,  un 
durevole  monumento.  Io  spero  che  Egli  tirerà  da  questo  la 
conseguenza,  e  scriverà  la  sua  storia.  U  suo  volume  dei  Re- 
gesti è  r  ottavo  nella  serie  de'  Documenti  della  Storia  Ita- 
liana, che  la  deputazione  dei  studi  della  storia  patria ,  per 
le  Provincie  di  Toscana,  Umbria  e  Marche  sotto  la  direzio- 
ne di  Marco  Tabarrini  ha  finora  publìcato,  e  questi  volumi 
rendono  questa  testimonianza,  che  Firenze  anche  dopo  la 
riorganizzazione  d^  Italia  è  rimasta  quello  che  essa^  a  sua 
grande  gloria ,  era  stata  nel  periodo  difficile  di  transizione , 
un  solido  focolare  e  punto  centrale  delle  ricerche  storiche 
italiane. 

Ferdinando  Gregorovius 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 


CAVALCASELLE  G.  B.  t  CROWE  L  A.  iJa/- 
faello ,  la  sua  vita  e  le  sue  opere.  Edizione  originale 
italiana.  Voi.  I  con  io  tavole  d'  incisioni.  Firen- 
ze, Successori  Le  Monnier,  1884,  in  8.°  di  pagi- 
ne XII,  416. 

A  leggere  il  solo  titolo  di  questo  bel  volume,  si  ve- 
de facilmente  che  non  è  una  delle  solite  biografie  che 
vengono  tuttodì  compilate  dei  nostri  insigni  artisti  ;  e  neppu- 
re un  semplice  saggio  critico  delle  opere  loro.  Il  lavoro  del 
Cavalcasene  e  del  Crowe  è  V  una  e  1'  altra  cosa  :  comprende 
le  notizie  biografiche  e  le  notizie  critiche  ad  un  tempo.  Anzi 
queste  aiutano  quelle  in  modo  da,  non  dirò  ricostruire,  ma 
sibbene,  rifondere  la  vita  artistica  del  nostro  Urbinate.  È  vero 
che  i  capolavori  di  Raffaello  hanno  in  tutti  i  tempi  occupato 
gì'  ingegni  di  moltissimi  critici  e  artisti,  ma  nessuno  fino  ad 
oggi  aveva  saputo  abbracciare  con  tanta  maturità  di  senno  e 
con  tanta  competenza  tutto  V  intero  insieme  che  si  riferisce  a 
questo  sommo  scrittore.  Vi  fu  infatti  chi  pose  studio  a  fare 
rilevare  1^  influenza  esercitata  su  di  lui  dall'  Arte  classica  anti- 
ca e  contemporanea.  Altri  si  restrinse  a  giudicare  i  suoi  dise« 
gni  e   i   suoi  cartoni  per  rilevare  poi  sui  lavori  eseguiti  coi 


RIVISTA   BIBLIOGRAFICA  377 

quadri  e  con  gli  afireschi  la  maggiore  o  minore  connessione 
fra  di  loro.  Non  pochi  presero  ad  esame  le  sue  Madonne, 
poiché  Raffaello  in  questo  genere  apparisce  ed  è  eccellentis- 
simo. Ma  studiare  la  storia  del  progresso  che  fece  T  artista 
durante  la  sua  vita,  troppo  breve,  eppure  lunghissima  per 
r  arte,  era  riserbato  ai  nostri  due  autori,  dei  quali  cerchiamo 
dare  un  cenno  bibliografico,  più  che  una  rivista  critica. 

Non  può  negarsi  che  tanto  amore  per  l'Urbinate  non 
abbia  immensamente  giovato  alla  storia  sua  e  deir  ane.  In- 
fatti da  per  tutto  si  cercano,  e  assai  spesso  felicemente,  docu- 
menti e  notizie  che  valessero  a  dare  maggior  lume  alla  sua 
vita  d'  artista.  E  bene  spesso  un  non  nulla  è  bastato  per  riem-  ' 
pire  una  laguna,  e  cosi  dare  continuità  di  giudizi  e  di  critica 
a  quelle  produzioni  che  oggi  formano  V  ammirazione  e  sono 
il  più  splendido  e  pregiato  ornamento  delle  pinacoteche  di 
tutto  il  mondo  civile.  I  nostri  due  autori  (  va  da  se  )  si  sono 
mirabilmente  giovati  di  tutto  quanto  il  materiale  preparato 
in  un  modo  o  in  un  altro  da  scrittori  che  li  hanno  preceduti. 
Anzi  in  più  di  un  luogo  mettendo  a  confronto  i  pareri  per 
avventura  discordi  di  due  difierenti  autori^  con  severissima 
critica  hanno  saputo  cavar  fuori  la  luce  vera  della  questione, 
come  appunto  la  scintilla  da  due  correnti  elettriche  di  nome 
diverso.  Per  conseguenza  il  lettore,  specialmente  italiano,  vede 
con  compiacenza  verificate  inesattezze,  lumeggiate  circostanze, 
fissate  epoche  e  date  con  esattezza,  starei  per  dire,  matemati- 
ca, e  in  suo  cuore  ringrazia  T  opera,  veramente  degna  di  lode, 
dei  due  egregi  critici  dell'  arte  pittorica. 

Saremmo  quasi  tentati  di  riprodurre  Y  indice  dei  VII  ca- 
pitoli che  compongono  il  primo  volume,  affinchè  i  nostri  let- 
tori potessero  da  sé  stessi  formarsi  un  concetto  anche  più 
esatto  di  quanto  abbiamo  cercato  di  fare  noi,  intomo  alla 
importanza  di  questo  libro,  la  cui  edizione  italiana,  fissata  già 
per  la  ricorrenza  del  Centenario  di  Raffaello,  per  circostanze 
indipendenti  dalla  volontà  degli  scrittori ,  fu  ritardata  fino  al 
passato  anno  1884.  Accenneremo  però  soltanto  che  il  lavoro 
giunge  fino  all'  epoca  della  Fondazione  del  san  Pietro,  ed  alla 
venuta  a  Roma  di  Raffaello,  chiamato  dal  pont.  Giulio  II. 


378  RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

Come  sì  vede,  manca  ancora  la  parte  che  prende  ad  esa- 
me i  lavori  che  Raffaello  esegui  in  Roma  ;  periodo  splendidis- 
simo di  attività  e  di  maestria  insuperabili,  al  solo  rivolgere  il 
pensiero  agli  affreschi  della  Farnesina  e  delle  logge  del  Vati- 
cano. Ci  auguriamo  che  il  seguito  dell'  opera  dei  Sigg.  Caval- 
casela e  Crowe  non  tardi  più  oltre  a  venire  alla  luce.  In 
tal  modo  V  arte  possederà  compiuto  un  monumento  di  più,  e 
per  giunta  importantissimo,  di  critica  artistica. 

Antonio  Mancinelli 


MARCOLINI  CAMILLO.  Notizie  storiche  della 
Provincia  di  Pesaro  e  Urbino  dalle  prime  età  fino  al 
presente.  Seconda  edizione,  riveduta  ed  ampliata  dal- 
l'Autore  ed  illustrata  da  molte  incisioni.  Pesaro,  1883. 
Stabilimento  A.  Nobili,  in  fol.  di  pag.  472. 

Ci  è  grato  segnalare  il  nome  di  un  patrizio,  che  spende 
il  suo  tempo  scrivendo  notizie  storiche  della  sua  provincia 
nativa,  e  (quel  che  più  monta)  non  si  addormenta  sugli  al- 
lori acquistati  con  la  prima  edizione,  ma  studia,  cerca,  fruga 
dovunque,  perchè  il  suo  lavoro  raggiunga  tutta  la  perfezione 
possibile.  Tale  ci  si  è  dimostrato  il  conte  Camillo  Marcolini 
col  volume  in  8.^  grande  di  pagine  472  che  ora  ha  visto  la 
luce.  Egli  ha  diviso  1'  opera  in  cinque  capi  :  il  primo  va  dalle 
età  più  remote  all'  anno  av.  G.  C.  281 ,  in  cui  avvenne  la 
disfatta  Galli  Senoni  al  lago  Vadimone  :  il  secondo  dalla  di- 
sfatta dei  Senoni  alla  caduta  dell'  impero  romano;  il  terzo 
dalla  caduta  dell'impero  al  primo  sorgere  della  potenza  dei 
Signori  del  Montefeltro  :  il  quarto  seguita  tino  alla  devoluzione 
di  Urbino  alla  Santa  Sede  :  ed  il  quinto  ci  conduce  fino  al 
1867.  La  distribuzione  come  si  vede  non   poteva   essere  più 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA  379 

logica  e  razionale^  giacché  la  vicenda  stessa  degli  avvenimenti 
sembra  richiederla.  Seguono  infine  tavole  cronologiche  e  genea- 
logiche, e  fra  queste  ultime,  quelle  dei  Conti  poi  Duchi  di 
Urbino,  dei  Della  Rovere,  dei  Malatesti  e  degli  Sforzeschi  di 
Pesaro^  importantissime  perchè  si  collegono  con  la  Storia  ge- 
nerale d^  Italia.  Altra  cosa,  che  non  possiamo  non  lodare  ab- 
bastanza, si  è  quella  di  avere  intercalato  nel  testo  e  precisa- 
mente alla  prima  pagina  d'  ogni  fascicolo,  le  illustrazioni  dei 
personaggi  e  dei  luoghi,  dei  quali  1'  A.  si  è  dovuto  occupare 
nel  corso  dei  suo  lavoro.  E  per  citarne  alcune,  nomineremo 
il  passo  del  Furio,  il  ponte  Mallio  presso  Cagli  (  opera  Um- 
bra restaurata  dai  Romani),  la  facciata  della  Chiesa  di  san  Mi- 
chele in  Fano  (  an.  1493  ),  la  tribuna  del  Duomo  di  detta 
Città,  la  tomba  di  Bianca  moglie  di  Pandolfo  III  dei  Malate- 
sti (an.  1378),  la  fontana  nel  Palazzo  dei  Consoli  in  Gubbio, 
il  palazzo  Ducale  di  Urbino,  e  i  ritratti  di  Isotta  degli  Atti, 
dei  Duchi  Federico  e  Guidubaldo,  del  Commandino,  e  di  tanti 
altri  che  sarebbe  qui  troppo  lungo  enumerare. 

A  mettere  insieme  questo  libro  il  benemerito  Marcolini 
ha  dovuto  faticare  e  non  poco  per  raccogliere  notizie,  per  ret- 
tificare fatti,  per  fissare  date  certe,  e  per  raddrizzare  giudizi 
ed  opinioni.  Ce  ne  sono  prova  bastante  le  numerose  note  a 
piedi  di  pagina,  in  molte  delle  quali  si  accenna  ai  fonti  a  cui 
egli  ha  attinto. 

Dalla  lettura  che  abbiamo  fatta  del  libro,  ci  sia  permesso 
di  notare  che  talvolta  lo  stile  ci  è  parso  un  pò  troppo  studiato. 
Ciò  appunto  sta  ad  indicare,  secondo  quanto  abbiamo  accennato 
di  sopra,  che  V  amore  che  il  Marcolini  porta  alla  patria,  non  è  di 
quello  sterile  che  a  molti  empie  la  bocca,  a  pochi  il  core,  ma  è 
operoso,  intenso,  tale  in  una  parola  che  sarebbe  fortuna  d' Italia 
se  fosse  posseduto  da  maggior  numero  di  cittadini  che  real- 
mente non  sia.  Il  che  fa  conoscere  che  V  egregio  patrizio 
della  Prov.  di  Pesaro  e  Urbino  non  è  uno  di  quelli  che  si 
contenta  di  far  qualche  cosa,  tanto  per  dire  che  ha  fatto ,  ma 
procura  d' impiegarvi  tutte  le  sue  forze  e  tutto  lo  studio  di 
cui  egli  è  capace. 

Abbiasi   pertanto   il  conte  Marcolini   le  nostre  più  vive 


380  RIVISTA  BlBLIOGRAnCA 

congratulazioni  per  quanto  ba  fatto  finora,  quasi  a  sicuro  pre- 
sagio di  quant'  altro  sarà  per  fare  a  maggior  decoro  ed  illu- 
strazione del  suo  paese»  degli  studi  storici,  e  della  buona  eru- 
dizione. 

Antonio  Mancinelu 


ORLANDO  GENNARO.  Storia  di  Nocera  de'  Po- 
gani.  Voi.  I,  Napoli,  Casa  editrice  Tocco,  1884,  in 
S.""  di  pag.  XX -400. 

Una  storia  di  Nocera  de'  Pagani  può  interessare  anche  noi 
qui  neir  Umbria,  poiché  qualche  cosa  che  abbia  relazione  con 
Nocera  Umbra  vi  si  dovrebbe  certo  rinvenire.  Ed  è  per  que- 
sto che  neir  Archivio  nostro  facciamo  cenno  di  un  libro  che 
esce  dai  confini  impostici.  Noi  quindi  sul  valore  del  libro  non 
diremo  parola,  molto  più  che  i  meriti  e  i  difetti  del  medesi- 
mo sono  abbastanza  difiusamente  esposti  dal  prof,  de  Petra 
neir  Archìvio  storico  napoletano  (  an.  IX,  fase.  Ili  )  e  dal  si- 
gnor Schipa  nella  Rivista  storica  italiana  (  an.  II,  fase.  I.  )  ai 
quali  rimandiamo  il  lettore  che  volesse  conoscerli  particolar- 
mente. Per  dovere  di  giustizia  dobbiamo  avvenire,  che  agli 
appunti  mossigli  dal  primo  censore,  V  Orlando  rispose  in  uno 
scritto  intitolato  :  //  professore  De  Petra  e  la  mia  storia  di  Nocera 
(  Napoli,  Tocco,  1885,  in  8.®  di  pag.  96  ).  Premesso  questo 
veniamo  a  noi* 

Due  sono  i  punti  che  ci  riguardano.  Quale  è  V  etimolo- 
gia di  Nuceria  ?  Come  si  vede ,  questa  indagine  è  utile  anche 
per  noi,  e  certo  il  futuro  istorico  di  Nocera  Umbra  qualche 
buono  ed  utile  indizio  nella  storia  dell'  Orlando  ve  lo  potrà  ri- 
trovare :  peraltro,  se  la  nuova  etimologia  che  egli  propone 
(Nu-Kria,  cioè:  nuova  Criajy  è  ingegnosa  e  possibile,  non  sembra 
tale  però  che  possa  davvero  accettarsi  come  certa.  Aggiun- 
gasi che  è  monca.  Egli  crede  che  la  Nuceria  della  Campania, 
sia  la  Nuceria  Alfaternia  nominata  da  Tito  Livio  e  da  Diodoro 


RIVISTA  BIBUOGRÀFtCA  381 

Siculo,  e,  senza  sospettare  che  la  parola  Alfaternia  possa  appar- 
tenere ad  un'altra  Nocera,  trascura  afiatto  di  cercare  T  etimo- 
logia di  questo  nome.  E  pure  non  dovea  qui  trascurarsi  che 
anche  la  Nuceria  dell'  Umbria  pretende  chiamarsi  Alfateria^  o 
meglio  Alphathenia^  e  che  di  questo  nome  può  dare  una  giusta 
etimologia  dal  fatto  che  trovasi  edificata  presso  le  sorgenti  del 
fiume  Topino,  da  Strabone  e  da  altri  detto  Tinta  o  Theneas, 
onde  alpha  -  theneas^  origine  del  Tenea.  Noi  ci  baderemo  be- 
ne dal  risolvere  qui  la  quistione,  questo  diciamo  però,  che  il 
non  aver  toccato  e  discusso  questo  punto,  rende  incompleta 
e  difettosa  la  sua  ricerca. 

L' altro  punto  che  ci  riguarda,  è  il  martirio  dei  santi  Fe- 
lice e  Costanza  (a.  di  C.  54  )  che  egli  ritiene  accaduto  nella 
Nuceria  della  Campania,  ed  altri  nella  Nuceria  degli  Umbri.  Pre- 
mettasi che  egli  sugli  atti  di  questi  due  martiri  non  fa  alcuna 
critica,  e  crede  di  esser  giunto  ad  una  conclusione  certissima^ 
col  recar  solo  le  tesimonianze  dei  martirologi,  senza  esami- 
narne il  valore ,  e  senza  dividerli  in  famiglie  come  si  doveva. 
Quindi  la  storia  di  questi  santi,  sieno  essi  dell'  una  o  dell'  al- 
tra città,  poco  ha  guadagnato  dal  nuovo  studio  dell'  Orlando, 
il  quale  in  materia  di  erudizione  ecclesiastica  non  si  mostra 
gran  che  fondato.  Esaminando  poi  a  quale  delle  due  città 
appartengano  questi  martiri,  egli  ci  somministra  una  serie  di 
errori  abbastanza  notevole,  per  essere  autorizzati  a  credere  che 
il  soggetto  r  abbia  studiato  molto  leggermente.  Di  fatti ,  egli 
fa  umbro  1'  Ughelli  che  era  di  Firenze;  il  lacobilli  che  era 
di  Foligno  lo  fa  di  Nocera;  la  sua  morte  avvenuta  nel  1664 
anticipa  di  due  lustri;  vuol  vedere  fra  1'  Ughelli  e  il  lacobilli 
delle  contradizioni  che  non  esistono  punto,  ecc.  Noi  vorrem- 
mo esaminare  la  controversia,  e  vedere  come  la  risolva  1'  Or- 
lando ,  ma  considerando  che  egli  per  terminare  la  questione 
definitivamente  (  la  parola  è  sua  )  produce  come  argomento 
ineluttabile  un  decreto  della  Sacra  Congregazione  dei  Riti 
(5  settembre  1639  o  1739  )  emanato  in  materia  liturgica, 
si  perde  la  pazienza  per  discutere^  e  si  chiude  il  libro. 

Michele  Faloci  Pulignani 


382  BIVISTA  BfBUOGBAFICA 

PILA  CAROCCI  LUIGI.  Della  Zecca  e  delle  M(h 
fiele  di  Spoleto  in  relaiione  alla  storia  delle  Epoche 
Umbra^  Romana^  Ducale  e  Pontificia.  Camerino,  Tip. 
Mercuri,  1884,  in  8''  di  pag.  60,  con  sei  tavole. 

Di  questo  lavoro  di  Mons.  Pila  Carocci,  si  dette  gii  un 
cenno  sommano  nello  Spoglio  del  BulUttino  di  Numismatica 
t  Sfragìstica  a  pag.  178,  ora,  avendone  ricevuto  l'estratto  in 
fascicolo  separato,  torniamo  a  dire  sullo  stesso  poche  parole, 
o,  meglio,  ne  daremo  un  cenno  sommario.  Lo  scrìtto  del 
Pila -Carocci  fu  letto  alP  accademia  degli  Arcadi  il  4  Giugno 
1884,  e  certo  come  cosa  arcadica  potè  passare  e  meritare  be- 
nigna indulgenza:  non  cosi  come  dissertazione  erudita,  ove  si 
consideri  che,  all'  infuori  della  enumerazione  di  sessanta  mo- 
nete che  il  Pila  Carocci  asserisce  tutte  di  zecca  spoletina,  del 
resto  non  vi  è  nulla  che  illustri  il  suo  soggetto  che  pure  si 
presterebbe  tanto  ad  uno  studio  storico  artistico,  fecondo  ceno 
di  belle  ed  utili  scopene.  Veniamo  ai  fatti. 

Fino  alla  pag.  18  non  si  parla  mai  di  monete  o  di  zec- 
che spoletine.  Si  comincia  ab  ovo,  cioè  dalla  numismatica  in 
relazione  colla  mitologia,  poi  si  parla  delle  monete  degli  an- 
tichi popoli  italici,  umbri,  etruschi,  poi  delle  monete  romane, 
poi  si  fa  un  cenno  sommario  della  costituzione  politica  e  ci- 
vile dell'impero,  della  sua  caduta,  delle  invasioni  dei  barbari, 
di  quando  in  quando  si  nomina  Spoleto,  ma  di  zecca  spole- 
tina o  di  monete  spoletine  in  quanto  alle  prime  due  epoche 
non  si  fa  punto  parola  alcuna.  E  allora,  perchè  metterla  nel 
titolo  ? 

Di  monete  spoletine  il  Pila  Carocci  entra  a  parlare  quan- 
do viene  a  discorrere  dell'  epoca  ducale,  e  certo  produce  molte 
e  belle  monete  :  peccato  che  non  appartengano  tutte  a  Spoleto. 
Egli  infatti  aggiudica  a  Spoleto  le  monete  di  Guido  Re  d'I- 
talia, perchè  Guido  era  stato  duca  di  Spoleto  :  per  la  stessa 
ragione  gli  aggiudica  quelle  di  Lambeno  imperatore ,  e  cosi 
moltiplica  le  monete  che  è  una  meraviglia.  Giunto  con  que- 
ste monete  ducali  a  pag.  26,  fino  alla  pag.  34  fa  cenno  della 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA  383 

Storia  di  Spoleto,  basandosi,  non  mica  sulla  storia  recentissima 
del  Sansi  che  non  pare  che  conosca,  ma  bensi  sui  manoscritti 
compilati  da  lui  stesso,  che  cita  in  nota  con  una  frequenza 
ed  una  ingenuità  che  fa  piacere.  Segue  la  descrizione  delle 
monete  pontificie,  fino  alla  pag.  44  :  per  altro ,  questa  parte 
interessantissima  sulla  quale  era  cosa  facile  ed  ovvia  a  produrre 
documenti  dagli  archivi  pontifici  o  spoletini ,  non  dice  nulla, 
proprio  nulla  di  nuovo.  Per  giunta,  le  monete  sono  talvolta 
male  lette.  Difatti,  inesatta  è  la  lezione  del  num.  23  (una 
delle  più  interessanti),  quelle  dei  numm.  28,  30  e  forse  di 
altri  che  non  abbiamo  confrontati.  Quella,  cosi  pregevole,  se- 
gnata col  num.  25,  fu  edita  dallo  Strozzi,  perchè  non  dirlo  ? 
Di  tante  altre  monete  la  descrizione  è  inesatta,  o  incompleta, 
né  stiamo  a  constatar  altre  inesattezze,  per  es.  che  il  num.  43 
non  corrisponde  al  num.  36  del  Cinagli,  come  non  corrisponde 
al  num.  52  il  num.  44  ecc.  E  poniamo  che  sieno  sviste,  que- 
ste però  sono  tante,  che  la  dissertazione  del  Pila  Carocci,  da 
uno  scrittore  coscienzioso  non  si  potrà  accettare  senza  il  be- 
neficio deir  inventario.  E  poi,  perchè  non  indicare  sempre  gli 
scrittori  che  parlano  di  monete  spoletine?  per  esempio  il 
Fioravanti  ?  e  il  Cinagli  perchè  indicarlo  quando  si  e  quando 
nò?  Andiamo  ancora  innanzi. 

Da  Leone  X  a  Pio  VI  il  Pila  Carocci  non  trova  monete 
spoletine,  ma,  tanto  per  far  dissertazioni  arcadiche,  occupa  do- 
dici pagine  (44-56)  indovini  un  pò  il  lettore  ?  A  discorrere 
e  a  divagarsi  parlando  di  ceremoniali  pontifici,  di  istituzioni 
politiche  e  finanziarie  del  governo  papale  (di  numismatica 
nemmeno  una  parola  )  di  tribunali,  di  procedura^  insomma  de 
omnibus  rebus  et  de  quibusdam  aliisy  in  modo  da  far  ridere  i  cap* 
poni.  Ma,  Dio  buono  !  se  volete  discorrere  e  far  polemiche,  e 
cantare  apologie,  vi  ha  proprio  bisogno  di  impasticciare  con 
queste  frasche  una  dissertazione  di  numismatica?  E  mancano 
i  giornali?  Povera  numismatica! 

Il  Pila  Carocci  parla  ancora  di  poche  monete  di  Pio  VI, 
della  republica  romana,  e  poi  fa  fine,  augurando  alla  sua  na- 
tiva città  di  poter  aver  la  fortuna  di  trovare  altre  monete,  onde 
altri  possa  trattare  in  appresso  con  maggiore  erudizione   e  piA 


3^4  RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

completamente  lo  stesso  soggetto.  Anche  noi  facciamo  questo 
voto,  poiché,  malgrado  lo  scritto  del  Pila  Carocci  e  tutta  la 
sua  buona  volontà,  la  zecca  4i  Spoleto  è  ancora  un  campo 
inesplorato,  nessuno  ancora  avendoci  prodotto  il  nome  di  un 
zecchiere,  nessuno  avendo  publicato  un  documento  sulla  zecca, 
sui  suoi  dritti,  sui  suoi  pesi,  insomma  tutto  essendo  scono- 
sciuto, meno  gli  aridi  elenchi  dei  collettori,  per  esempio  dei 
Cinagli,  questo  del  Pila  -  Carocci  ecc.  Nella  seconda  metà  dei 
secolo  passato  si  occupava  a  Spoleto  a  rintracciar  notizie  su 
quella  zecca  V  abate  Antonio  Acqua,  il  quale  stava  in  relazione 
col  Bellini,  e  col  Mengozzi,  come  ricavo  da  alcune  lettere  che 
ne  possiedo;  gli  studiosi  spoletini  potranno  cercare  se  questo 
abate  Acqua  nulla  conchiuse,  e  in  caso  positivo  potranno  ve- 
dere quali  studi  e  documenti  su  questo  bellissimo  soggetto 
sieno  stati  per  avventura  adunati. 

Michele  Faloci  Pulignani 


SANTONI  MILZIADE.  Statuta  comunis  et  populi 
civilatis  Vissi  antiqui  et  fidelis,  iussa  vel  disposila  anle 
an.  MCDLXI.  Edidil  M.  SANTONI  camers,  IIII  vir- 
tnonumenlis  Provinciae  Maceralensis  adservandis.  Came- 
rino, Mercuri,  1884.  in  fol.  di  pag.  XVIII -140. 

L' ingegnoso  ed  eruditissimo  prof.  Milziade  can.  Santoni, 
membro  della  Commissione  provinciale  per  la  conservazione 
dei  monumenti,  raccoglitore  ed  illustratore  indefesso  delle  me- 
morie archeologiche  e  storiche  delle  Marche,  e  specialmente 
della  provincia  di  Macerata,  ci  à  dato  un  nuovo  e  prezioso 
frutto  della  sua  intelligente  ed  industre  operosità. 

È  da  poco  tempo  che  sono  venuti  in  onore  fra  noi  gli 
studi  critici  sulla  storia  del  nostro  diritto  intermedio,  ancora 
avvolta  in  tante  e  tanto  misteriose  incertezze.  Ci  manca  una 
storia  del  diritto  italiano,  e  quel  che  è  peggio,  ci  mancano  i 


RIVISTA   BIBLIOGRAFICA.  385 

materiali  per  farla.  Imperocché  gli  Statuti  dei  nostri  gloriosi 
Comuni  giacciono  per  la  più  parte  ignorati  nelle  tenebre  e 
nella  polvere  degli  Archivi ,  ed  aspettano  sempre  la  mano 
amorosa  e  sapiente,  che  li  salvi  dall'oblio  perpetuo,  e  li  re- 
stituisca alla  luce  della  pubblicità  e  della  scienza. 

Qualche  cosa  invero  si  è  fatta,,  ed  alcuni  di  tali  Statuti 
furon  dissepolti  e  divulgati  da  dotti  e  valenti  uomini.  Tra  i 
quali  va  ora  annoverato  il  (an.  Santoni ,  che  col  decifrare  e 
dare  alle  stampe  gli  Statuti  di  Visso,  antica  e  storica  città 
deir  alto  Appennino  Marchigiano ,  à  reso  un  segnalato  servi- 
gio alla  nostra  regione,  e  portato  un  cospicuo  contributo  alla 
futura  storia  del  diritto  italiano  medioevale. 

In  una  bella  prefazione,  sobria  di  parole  ma  densa  di  no- 
tizie e  d' idee,  V  A.  tocca  con  mano  maestra  delle  origini  e 
delle  vicende  di  Visso,  accenna  ai  più  notevoli  monumenti 
che  vi  si  ammirano  ed  agli  uomini  più  insigni  che  vi  nacque- 
ro, e  poi  scende  a  parlare  di  queste  leggi  statutarie,  descri- 
vendo il  codice  che  le  conserva,  narrando  il  come  e  il  quan- 
do vennero  compilate  e  promulgate,  esponendo  T  ordine  e  la 
partizione,  illustrandone  le  più  importanti  disposizioni,  e  di- 
chiarandone infine  le  voci  arcaiche  o  dialettali. 

Seguono  gli  Statuti,  preceduti  da  un  breve  proemio,  che 
dopo  le  solite  invocazioni  sacre ,  si  chiude  con  le  energiche 
parole,  in  cui  si  compendia  tutto  il  pensiero  del  legislatore, 
riportate  dal  Santoni  sul  frontespizio  a  modo  d'  epigrafe  :  Et 
ut  Vissani  vivant  sub  propria  eorum  lege. 

Sono  divisi  in  quattro  libri  o  parti,  che  portano  i  titoli 
seguenti  :  I.  De  offitio  dominorum  Priorum;  II.  Super  civilibus 
causisi  III.  Super  criminalibus  causis;\W.  Super  extraordinariis ^ 
et  damnis  datis.  Ogni  parte  o  libro  si  suddivide  in  Rubriche. 
ciascuna  delle  quali  à  in  fronte  T  enunciazione  dell'  argomento 
di  cui  tratta. 

Troppo  lunga  riuscirebbe  un'  esposizione,  anche  compen- 
diosa, delle  regole  di  diritto  pubblico  e  privato  e  di  proce- 
dura civile  e  criminale,  che  in  questi  Statuti  si  contengono. 
Oltre  di  che,  sarebbe  senza  scopo  di  pratica  utilità,  ove  non 
le  si  ponessero  a  raffronto  con   quelle   degli  altri  Statuti  ita- 

Archìvio  Storico  li.  35. 


386  RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

liani  deir  epoca.  Ciò  che  non  è  qui  il  luogo  né  il  tempo  di 
fare*  Diremo  solanto  che  la  lettura  ne  è  interessantissima,  e 
che  gli  studiosi  vi  troveranno  una  miniera  molto  ricca'  di  no- 
tizie e  di  osservazioni  della  più  alta  importanza. 

Al  merito  intrinseco  del  libro  si  accompagna  V  eleganza 
e  la  correttezza  dell'  edizione  (  di  soli  cento  esemplari  nume- 
rati )»  uscita  dalla  tipografia  C.  Mercuri  successore  Borgarelli 
in  Camerino.  È  un  ^bel  volume  in  4.®  grande ,  di  pagine 
XVIII  - 139,  impresso  su  carta  distinta,  con  nitidissimi  carat- 
teri elzeviriani,  curato  con  intelletto  d'  amore  e  con  squisito 
senso  di  arte. 

Luigi  Pacciarelli 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


Antona  -  Traversi    Camillo.   //   Conte   Carlo  Leopardi. 
Roma,  tip.  Fratelli  Centenari,  1885,  in  16.**  di  pag.  16. 


Parliamo  chiaro  :  che  piacere  ci 
sia,  e  che  utilità  si  ricavi  dal  met- 
tere in  publico  i  difetti  di  Carlo  Leo- 
pardi, sul  quale  la  fama  del  fratello  Gia- 
como getta  appena  di  riverbero  un  po' 
di  luce,  non  si  comprende.  Imperoc- 
ché se  Carlo  Leopardi  non  avea  Gia- 
como per  fratello,  nessuno  invero  si 
sarebbe  curato  di  lui,  che,  trascurato 
e  ignorato,  sarebbe  rimasta  quale  è 
una  figura  abbastanza  comune,  e  non 
meritevole  certo  di  venire  studiata. 


È  dicasi  il  medesimo  della  vedova 
di  lui,  la  contessa  Teia.  Del  resto, 
se  r  Antona  -  Traversi,  che  de  micis 
leopardianis  è  collettore  diligentissi- 
mo,  con  questa  pubblicazione  ha  a- 
vuto  qualche  fine,  tanto  meglio  per 
lui:  noi  però  dichiariamo  di  non  co- 
noscerlo questo  fine,  se  pure  tale  non 
sia  il  voler  ricantar  per  la  centesima 
volta  che  il  paese  nativo  di  Giacomo 
fu  chiamato  da  lui  un  horgQ  selvag- 
gio ecc. 


BoNFiGLi  Clodomiro.   U  igiene  publica   nel  secolo   XV. 
Milano,  Stab.  Civelli,  1885,  in  8.°  di  pag.  8. 


Questo  breve  scritto  del  eh.  dot- 
tor Bonfìgli,  è  estratto  dal  Giornale 
della  R.  Società  Italiana  d'  Igiene 
(  an.  VII,  n.  3.)  e  ne  facciamo  breve 
ricordo,  perchè  contiene  tre  decreti  di 
Ferdinando  I.  Re  di  Napoli,  scrìtti 
nel  1487  e  segg.  dal  celebre  letterato 
umbro  Giovanni  Fontano^  che  fu  suo 


segretario.  Di  questo  si  fa  cenno  a  pa- 
gina 6,  dubitando  se  la  sua  patria 
sia  Spello  o  Cerreto,  il  che  fu  riso- 
luto dal  Si^.  C.  Fontani  di  Orvieto 
suo  discendente,  in  uno  scritto  sulla 
famiglia  di  lui  inserito  nel  Saggiatore. 
Roma  1845,  an.  II,  voi.  Ili,  pagi- 
ne 193  e  seg. 


Claricetti  Celeste.  //  ponte  aquedotto  detto  ponte  delle 
torri  di  Spoleto.  Milano,  tipo  -  litografia  degli  Ingegneri,  1884, 
in  4.^  di  pag.  16  con  una  tavola. 


È  questo  il  primo  lavoro  ben 
£atto  sm  celebre  ponte  spoletino, 
detto  delle  torri,  lungo   230   metri, 


alto  poco  meno  di  77.  Il  Claricetti 
fu  a  Spoleto,  esaminò  questo  ponte, 
e  il  risultato  dei  suoi  studi  ce  lo  co- 


3^8 


BULLETTmO    BIBLIOGRAFICO 


municò  in  questa  memoria,  nella 
quale,  misuratene  le  dimensioni,  mo- 
strati gli  errori  nei  quali  incorsero  i 
vecchi  scrittori  non  spoletini  che  né 
parlarono,  dimostra  come,  escluse  le 
congetture,  poco  o  punto  probabili, 
che  lo  attribuiscono  al  Re  Teodorico 
o  al  cardinale  Albemoz  o  ad  altri,  la 
sua  erezione  possa  riportarsi  al  se- 
colo XIII,  a  tempo  cioè  del  libero  co- 
mune. Veramente  questa  memoria 
non  ci  dice  nulla  di  nuovo,   piace 


però  di  trovar  radunate  tutte  le  te- 
stimonianze che  se  ne  hanno  in  un 
corpo  solo,  con  utile  evidente  di  chi 
vuol  conoscere,  almeno  in  parte,  la 
storia  di  questo  ponte.  Una  cosa  fa 
brutto  assai,  cioè  gli  errori  continui 
dei  nomi  propri.  Bonyinina  perPon- 
zianina:  Giaytolo  per  Giustolo:  Al- 
herna  per  Albemoz:  MonUlucco  per 
Monte  Luco:  Tampolino  per  Zampo- 
lino  ecc. 


Cherubini  Claudio.    Biordo   Michelotti   e  Bettona.   Tori- 
no, 1885,  stamp.  del  Unione  Tip.  editrice,  in  ^.^  di  pag.  8. 


Nelle  nozze  Bianconi -Morelli,  il 
sig.  Cherubini  ha  pubblicati  questi 
brevi  frammenti  storici  estratti  dai 
manoscritti  di  fra  Stefano  Tofì  scrit- 
tore Bettonese  del  sec.  XVII.  Questi 
frammenti  vanno  dal  1380  al  1390, 
ed  ha  fatto  bene  il  Cherubini  a  pu- 
blicarli:  però  a   nostro   giudizio,  a- 


vrebbe  fatto  meglio  a  indicarci  dove 
si  trova  il  manoscritto  del  Tofì,  e 
meglio  ancora  se  a  questa  notizia  bi- 
blio^afica,  una  biografica  ne  avesse 
aggiunta  suU*  autore,  il  cui  nome  non 
è  certo  notissimo,  nenuneno  nel- 
r  Umbria. 


Foglietti  Raffaele.  Storia  per  uso  del  popolo  di  san  Giu^ 
liano  V  ospitatore  patrono  principale  di  Macerata.  Macerata ,  tip. 
Bianchini,  1885,  in  16.^  di  pag.  16. 


La  leggenda  di  san  Giuliano  é 
abbastanza  curiosa,  e  il  eh.  sig.  av- 
vocato Foglietti  la  racconta  senza 
sforzo  di  erudizione,  contentandosi 
di  scrivere  un  libricino  popolare,  che 
tale  è  veramente.  Ma  è  singolare 
che  in  un  libro  popolare  si  trovi  an- 
che una  bibJiografiay  cosa  niente  af- 
fatto popolare.  Peraltro  ha  fatto  bene 
il  sig.  Foglietti  di  far  seguire  alla 
vita  del  santo  la  sua  biblic^rafia,  la 


quale  almeno  sarà  gradita  agli  studiosi 
che  la  leggenda  stessa  volessero  fare 
oggetto  01  ricerche  e  di  osservazioni 
di  vario  genere.  L*  opuscoletto  (  del 
quale  V  autore  ha  anche  dato  una 
versione  francese)  è  intitolato  parte 
prima,  promettendo  V  autore  fra  poco 
una  seconda  parte,  nella  quale  par- 
lerà del  culto  di  san  Giuliano  a  Ma- 
cerata. 


Fratini  P.  Giuseppe.  Spello  -Decimateria  pagina  di  storia 
Patria.  Foligno,  1884,  tip.  Sgariglia,  in  8.°  di  pag.  68. 


Questa  decimaterza  pagina  con- 
tiene settantacinque  similitudini  e- 
stratte  dalla  Francisciade  del  Mauri 
(  ®  1572  )  minorità  conventuale  di 


Spello,  con  la  versione  di  un  Acco- 
rimboni  sacerdote  anche  questo  di 
Spello  defunto  nel  secolo  presente. 
La  parte  letteraria  non  interessando 


BULLETTINO    BlBUOGRAFlCO 


389 


i  nostri  lettori,  accenneremo  solo  che 
alle  similitudini  del  Mauri  il  suo  cor- 
religioso  p.  Fratini  ha  fatte  precedere 
alcune  notizie  sulla  vita  di  lui,  ben- 
ché egli  stesso  ne  avesse  già  publi- 
cati  alcuni  cenni  bibliografici  (  Assisi, 
Sensi,  1880  ),  e  il  prof.  Urbini  ne 
avesse  stampate  poco  dopo  alcune 
ricerche  critiche  (  Foligno,  Campitelli, 


1881  ).  Il  ricordare  le  opere  e  le 
virtù  dei  nostri  concittadini  è  sem- 
pre opera  commendevole,  e  ben  fa 
il  p.  Fratini  a  publicare  di  tanto  in 
tanto  queste  pagine  di  istoria  patria, 
nelle  quali  riassume  notizie  storiche, 
artistiche,  letterarie,  religiose,  per  la 
patria  sua  di  molto  interesse. 


Giudici  Giacomo  Maria.  Vita  del  ven.  servo  di  Dio  Tom- 
maso Antonio  Arhuatti  dell'  ordine  eremitano  di  S.  Agostino. 
Roma,  tip.  della  pace,  1884,  in  16.^  di  pag.  256. 


Tommaso  Arbuatti  nacque  in 
Loreto  il  1673,  e  morì  in  Oslmo  nel 
1^46.  Egli  entrò  nell'ordine  agosti- 
niano, ed  esercitò  in  Ancona,  in  Li- 
vorno, in  Venezia  ed  altrove  molte 
virtù,  per  le  quali  godè  fama  di  san- 


to religioso,  ed  oggi  si  cerca  di  in* 
nalzarlo  ali*  onore  degli  altari.  Al 
caso  nostro  poco  interessa  parlare 
di  questo  libretto,  scritto  con  iscopo 
morale  nel  1748,  ed  oggi  ristampato 
con  notevoli  aggiunte. 


Guida  di  Ancona  descritta  nella  storia  e  nei  monumenti 
con  indicazioni  utili  al  forastiere.  Ancona,  Santoni  editore,  1884, 
in  8.°  di  pag.  I- Vili- 1,-336  con  due  tavole. 


Di  questo  pregevole  libro  po- 
co dobbiamo  dire,  non  essendo  esso 
che  il  volume  stesso  stampato  nel 
1870  del  Cherubini,  col  titolo:  An^ 
cona  descritta  nella  storia  e  nei  ino- 
numentiy  ed  al  quale,  tolto  il  vecchio 
titolo  e  sostituitone  uno  nuovo,  fu 
alla  fine,  per  circa  30  pagine,  ag- 
giunto dal  eh.  Ciavarìni  quanto  per 
parte  loro  aveano  scritto  fino  al  1870 


il  Ciavarìni  stesso,  il  Bevilacqua,  il 
Maroni,  ed  i  defunti  Gariboldi  e  De 
Bosis.  Non  è  quindi  un  lavoro  nuovo, 
ed  agli  anconitani  ed  ai  forestieri 
che  vanno  in  Ancona,  dovendosi  ra- 
gionevolmente supporre  che  sia  già 
noto,  non  occorre  dire  di  più,  le 
numerose  indicazioni  commerciali  ag- 
giuntevi in  fine,  non  essendo  cosa 
che  ci  riguarda. 


Monti  Vincenzo.  Un  sonetto  sconosciuto.  Recanati,  tip.  Sim- 
boli, 1885,  in  16.®  di  pag.  24*  ; 


In  occasione  delle  nozze  Cecca- 
roni -Voglia,  il  eh.  D.  Benedettucci 
ha  ripublicato  un  sonetto  sconosciuto 
del  Monti,  edito  già  in  Macerata  nel 
1791  per  nozze  Mazzagalli  -  Amici. 
Precede  una  erudita  notizia  del  Be- 
pedettpcci  sulla  relazione  fra  il  Monti 


e  il  Leopardi,  ove  si  nota  che  il  so- 
netto del  sig.  abate  Vincenzo  Monti 
fu  appunto  composto  per  le  nozze 
della  Marchesa  Isabella  Amici  so- 
rella maggiore  dalla  madre  di  Gia- 
como. 


390  BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 

MoRSOLiN  Bernardo.   La  ortodossia  di  Pietro  Bembo.  Ve- 
nezia,  Antonelli,  1885,  in  8.^  di  pag.  44. 


Il  eh.  prof,  abate  Morsolin  che 
da  qualche  anno  va  raccogliendo  i 
materiali  per  una  larga  monografìa 
del  cardinal  Bembo,  ha  esaminato  in 
questo  dotto  studio,  quanto  di  vero  e 
quanto  di  falso  si  trovi  nelle  antiche 
e  nelle  moderne  accuse  che  suir  or- 
todossia deir  insigne  letterato  hanno 
mosso  parecchi  scrittori.  È  con  un 
esame  accurato  e  minuto,  special- 
mente delle  sue  lettere,  ha  potuto  chia- 
ramente dimostrare  che  le  accuse  di 
opinioni   in   disaccordo   colle  dottri- 


ne cattoliche,  come  vennero  enun- 
ziate,  sono  talvolta  infondate,  spesso 
leggere,  e  formulate  sempre  da  spi- 
rito di  parte  che  non  ne  intaccano 
punto  la  fede.  Dell*  erudito  lavoro 
aeir  ab.  Morsolin  in  questo  Archivio 
facciamo  appena  questo  cenno,  e  certo 
non  avremmo  avuta  nemmeno  opportu- 
nità di  parlarne,  se  il  nome  del  Bembo 
non  si  collegasse  con  V  Umbria  no- 
stra e  più  specialmente  eoa  la  città 
di  Gubbio,  della  quale  fu  nominato 
Vescovo  nel  15  51. 


Nuova  guida  di  Ancona  e  suoi  dintorni  arricchita  da  ij  fo- 
tolitografie dei  principali  edifici  e  monumenti.  Ancona,  Santoni 
editore,  1884,  in  i6.°  di  pag.  92. 

publichi,  di  commercianti,  di  ban- 
che ecc.  La  vera  guida  è  una  cosa 
breve  assai,  e  certo  poca  fatica  ha 
richiesta  da  chi  V  ha  compilata,  poi- 
ché, per  dare  un  esempio,  collo 
scrìtto  solamente  del  Maroni  inserito 
neir  Ancona  descritta  ecc.  edito  nel 
1870,  ha  potuto  fornire  pressoché 
tutte  le  notizie  e  le  indicazioni  che 
somministra  ai  lettori. 


V  editore  Santoni  di  Ancona, 
oltre  la  Guida  di  questa  città  della 
quale  si  é  dato  cenno  nella  pagina 
precedente,  ne  ha  stampata  una  se- 
conda, minore  e  di  minore  interesse, 
scritta  a  preferenza  per  i  commer- 
cianti, a  quanto  sembra,  imperocché 
di  un  libretto  di  circa  90  pagine,  la 
metà  é  occupata  in  indicazioni  utili 
al  forestiere,  indicazioni  cioè  di  uffici 


Pagliari  Vittorio.  Età  della  pietra  in  Gubbio.   Firenze , 
tip.  Cooperativa,  1885,  in  8.°  di  pag.  22  con  tavola. 


Il  can.  Pagliari  ha  pubblicato 
questo  suo  lavoro,  per  le  nozze  Della 
Porta  -  Rossi  Scotti.  In  esso  pren- 
dendo le  mosse  dalla  sentenza  del 
Lanzi,  che  i  resultati  de^li  studi 
preistorici  non  saranno  mài  assolu- 
tamente generali,  se  ciascuna  città 
non  rechi  il  proprio  sussidio:  espone 
il  riassunto  delle  sue  osservazioni, 
per  r  epoca  della  pietra,  nella  plaga 
eugubina.  A  queste  prepone  alcuni 
cenni  generali  sulla  genesi  e  la  mor- 
fogonia  degli  oggetti  litici;  e  divide 
in  conseguenza  la  sua  esposizione  in 
due  parti.  Noi  ci  congratuUamo  col 


valente  paletnologo  dei  prìmi  passi 
che  tanto  arditamente  fa  a  traverso 
gli  oscuri  periodi  primitivi,  non  pos- 
siamo per  altro  pienamente  soscrìve- 
re  a  tutti  i  criteri  sintetici  teorica- 
mente esposti,  e  a  tutta  la  nomen- 
clatura speciale  degli  oltre  a  2000 
oggetti  litici  da  lui  raccolti  e  con- 
servati, così  com*egli  li  classifica  ; 
mentre  d*  altra  parte  riconosciamo 
r  utilità  di  questo  suo  contributo  agli 
studi  esosforici,  che  in  Italia  tanto 
rapidamente  vanno  progredendo  colle 
nuove  conquiste  dell*  osservazione. 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


391 


Ràffàelli  Ftuppo.  //  iahernacolo  di  bronco  e  il  ciborio  in 
marmo  della  Chiesa  Metropolitana  di  Fermo.  Firenze,  tip.  della 
pia  casa  di  patronato,  1885,  in  8  di  pag.  16. 


Nel  secolo  XVI  fiorì  nel  Piceno 
una  scuola  di  fonditori  di  bronzo,  i 
quali  a  Loreto,  a  Camerino,  a  Reca- 
nati a  Fermo  ecc,  condussero  opere 
elegantissime,  e  di  gusto  artistico  assai 
penetto.  Il  marchese  Raifaelli  accen- 
nando il  merito  del  Vergelli  e  del 
Calcagni  fonditori  di  quel  secolo,  si 
ferma  a  rintracciare  le  notizie  della 
famiglia  Lombardi,  famiglia  di  arti- 
sti, la  quale  ci  lasciò  molti  e  bellis- 
simi monumenti.  Di  uno  di  essi,  fatto 


circa  il  1570  e  collocato  sull' aitar 
majzgiore  del  duomo  di  Fermo,  il  eh. 
Rattaelli  dà  un'esatta  descrizione,  fa- 
cendoci conoscere  questo  bellissimo 
tabernacolo  ricco  di  statuine,  di  scol- 
ture, di  fregi,  di  decorazioni  di  ogni 
genere.  Sotto  questo  tabernacolo  fii 
collocato  teste  un  ciborio  di  marmo 
e  di  metallo,  opera  di  Gaetano  Chia- 
ravalle  di  Servi^liano  presso  Fermo, 
che  dal  Raffaeli!  viene  del  pari  dili- 
gentemente descritto. 


•Rossi  Filippo  Maria.  La   5.   Angela  da  Foligno.  Cenni 
biografici.  Foligno,  tip.  Campitelli,  1885,  in  16.^  di  pag.  32. 


Sono  poche  paginette  estratte 
dal  libro  che  il  p.  Rossi  publicò  nel 
1856  in  Roma,  sulla  chiesa  di  san 
Francesco  in  Foligno.  L'  autore  ha 
estratto  il  suo  piccolo  lavoro  dall'  au- 
tobiografia di   questa   beata    france- 


scana del  XIII  secolo,  che  è  V  unico 
documento  isterico  che  di  Lei  si  co- 
nosca, né,  trattandosi  di  cosa  quasi 
puramente  ascetica,  fa  duopo  dire 
di  più. 


Santoni  Milziade.  Degli  Atti  e  del  Culto  di  S.  Ansovino 
V.  C.  compatrono  della  città  di  Camerino.  Commentario.  Came- 
rino, tip.  Savini,  1884,  in  8.^  di  pag.  160  con  una  tavola. 


Il  Commentario  è  dedicato  a 
Monsignor  Giuseppe  Maria  Costan- 
tini vescovo  di  Nepi  e  Sutri,  che  al- 
l' autore  fìi  cortese  di  aiuto  con  le 
copie  di  alcuni  documenti.  ^t\  Proe- 
mio si  dà  la  ragione  del  lavoro,  no- 
tando gli  scrittori  che  in  precedenza 
hanno  discorso  di  S.  Ansovino,  e  di- 
chiarando che  da  questi  si  tolse  la 
materia  della  narrazione.  Il  lavoro 
poi  è  diviso  in  due  parti,  la ,  prima 
intitolata  Degli  Atti,  la  seconda  Del 
Olito,  Questo  Commentario ,    con  il 


quale  1'  autore  ha  voluto  dare  un 
nuovo  saggio  della  sua  già  conosciuta 
erudizione  storica  ed  un  largo  argo- 
mento della  sua  religiosa  pietà,  non 
è  soltanto  una  semplice  opera  di  com- 
pilazione, come  si  potrebbe  credere 
dalle  parole  della  Dedica  e  del  Proè- 
mio, Senza  dire  che  una  semplice 
compilazione,  come  quella  che  avreb- 
be servito  a  raccogliere  notizie  sparse 
e  contenute  in  libri  non  facilmente 
leggibili,  sarebbe  stata  sempre  un  lo- 
devole contributo  alla  storia  religiosa 


592 


feULLETTlNO     BÌBLIÓCRAFICO 


di  Camerino  ed  una  non  lieve  utilità 
per  gli  amanti  degli  studi  agiografici. 
Ma  P  autore  trae  partito  dalle  noti- 
zie raccolte  per  correggere  alcune 
circostanze,  per  meglio  lumeggiarne 
altre,  e  per  metterne  in  sodo  altre 
ancora,  come  fa,  quando  discorre  del 
luogo  ove  Ansovino  giovinetto  fu  e- 
ducato  ed  istrutto,  se  in  un  mona- 
stero o  nella  cattedrale,  dell'  anno 
dell'avvenimento  al  vescovato,  del- 
l' anno  della  morte,  e  del  monumento 
sepolcrale  eretto  in  onore  di  lui,  del 
Quale  produce  il  disegno.  Laonde 
Fautore  ha  saputo   £ire  di   materia 


vecchia  un  lavoro  nuovo,  e  per  di 
più  scritto  cosi  bene,  che  con  molto 
diletto  può  leggersi  da  tutti.  A  cor- 
redo ed  a  complemento  del  Commerh 
tario  il  canonico  Santoni  ha  voluto 
con  opportuno  pensiero  arricchire  il 
libro  di  amplissime  ed  interessanti 
note,  dell*  Antiqua  Liturgia  in  Officio 
e  ad  Missam,  non  che  degli  Acta 
auctore  Egino  Monaco,  che  sono  la 
fonte  più  antica  e  più  copiosa,  a  cui 
hanno  attinto  tutti  coloro  che  hanno 
parlato  del  vescovo  e  santo  Came- 
rinese. 


Servanzi  CoLLio  Severino.  Descrizione  di  una  lampada  e 
di  un  turibolo  antichissimi  oggetti  di  orificeria.  Sanseverino  -  Mar- 
che, tip.  successori  Borgarelli,  1885,  in  8.°  di  pag.  8. 


La  diligenza  e  l'erudizione  del 
comm.  Servanzio  CoUio,  ha  illustrato 
onesti  due  interessanti  og|;etti  sacri, 
dei  quali  ci  dà  una  descrizione  mi- 
nuta ed  esatta.  Il  turibolo  rimonte- 
rebbe al  secolo  V,  se  a  quest'epoca 
rimonta  il  celebre  preconio  pasquale 


barberiniano  ove  se  ne  vede  uno  si- 
mile ;  della  lampada  poi  non  dice 
r  epoca.  Noi  pei^b,  che  ne  abbiamo 
veduto  un  bei  diserò,  non  crediamo 
andar  molto  lungi  dal  vero,  asse- 
gnando a  questo  oggetto  il  principio 
del  secolo  XVL 


Verna  Antonio.  Cenni  Storici  della  Nobil  Famiglia  Maur 
ru^i  Conti  della  Stacciola.  Faenza,  tipografìa  Sociale,  1885,  in 
8.^  di  pag.  32. 


A  commemorare  e  festeggiare 
la  prima  messa,  celebrata  in  Koma 
il  5  aprile  p.  p.  dal  Rev.  Sienor 
D.  Manano  Mauruzi  de' Conti  della 
Stacciola  di  Fossombrone,  il  Signor 
Bernardino  Seneca  ha  pubblicato  que- 
sti Cenni  Storici,  compilati  dal  Bi- 
bliotecario della  Comunale  di  Faenza 
Signor  D.  Antonio  Verna;  ne' quali, 
dopo  essersi  fatto  un  po'  di  storia 
della  nobile  famiglia  e  delle  sue  di- 
ramazioni, si  passa  a  discorrere  dei 
principali  personaggi  che  l' illustra- 
rono; tra  cui  è  famoso  quel  Nicolò 


Mauruzi,  valentissimo  capitano,  che 
nelle  storie  e  Cronache  italiane  è 
noto  sotto  il  nome  di  Nicoìò  da  To^ 
tentino,  o  semplicemente  detto  il  To- 
tentino.  Questi  cenni  sono  dettati  con 
bontà  di  forma;  e  se  nulla  o  quasi 
nulla  recano  di  veramente  importante 
che  prima  s'ignorasse  intomo  alla 
illustre  famiglia,  hanno  il  pregio  di 
raccorre  in  un' operucciuola  svariate 
notizie,  e  di  mettere  alla  portata  di 
molti  ciò  che  prima  non  era  che  a 
cognizione  di  pochi. 


BALLETTINO     BIBLIOGRAFICO 


393 


Weckerlin  I.  B.  Petruccù  Harmonice  Musices  Odhecaion. 
Avec  notice.  Paris,  librairie  de  Firmin-Didot  et  O*.,  1885,  in 
8.®  di  pag.  32. 


DeW  Harmonice  Musices  Odheca- 
ton  A,  prima  e  rarissima  stampa  dd 
Petrucci,  ^li  studiosi  della  storia  mu- 
sicale e  tipografica  non  aveano  fin 
qui  Ta^o  di  consultare  che  l'esem- 
plare mcompleto,  serbato  nel  Liceo 
musicale  di  Bologna.  Il  eh.  I.  B. 
Weckerlin,  Bibliotecario  del  Conser- 
vatorio di  Musica  di  Parigi  avendone 
pochissimi  anni  or  sono  ,  acquistato 
m  Ispagna  un  esemplare  che  ha  il 
pregio  d'  essere  in  oeni  parte  com- 
pleto, ne  dà  ora  1*  illustrazione,  con- 
dotta con  molta  perizia  e  diligenza. 
Al  volume  dell'  Oahecaton  vanno  uniti 
i  Cant,  B,  numero  Cinquanta  e  i 
Canti  C.  numero  cinquanta,  editi  dallo 
stesso  Petrucci  e  dal  Weckerlin  u- 
gualmente  illustrati.  Ove  si  tolga  a 
confrontare  V  esemplare  parigino  dei 
Canti  C.  con  quello  viennese,  unico 
fin  qui  conosciuto,  non  si  troveranno 
differenze  ;  non  cosi  è  a  dire  del  vo- 
lume dell*  Odhecaton  A.  e  de*  Canti 
B,  cioè  del  primo  e  del  secondo  della 
rarissima  e  bellissima  serie.  L*  Odhe- 
caton^  serbato  a  Bolo^a,  mancante 
di  vera  data,  è  tuttavia  con  buonis- 
sime ragioni  attribuito  al  1501,  anno 
che  pur  vedesi  a  pie  della  dedica 
posta  in  fronte  del  libro  :  l'esemplare 
parigino  invece  ha  in  fine  la  sotto- 
scrizione del  25  maggio  1504.  Cosi, 
mentre  i  Canti  B,  nell'esemplare  bo- 
lognese hanno  la  data  del  5  febbraio 
1501,  nel  parigino  portano  quella  del 
4  agosto  1503.  Ma  qualche  altra  dif- 


ferenza si  nota  ne' due  succitati  in- 
cunaboli, descritti  dal  Weckerlin.  I  no- 
mi di  alcuni  maestri,  come  losquin, 
Busnoys ,  Obrecht ,  Overbeck  che , 
per  alquante  composizioni,  veggonsi 
neir  esemplare  bolOCTese  dell*  Odhe- 
caton^ sono  ommessi  nel  parigino.  Né 
qui  sarà  fuor  di  luogo  l' avvertire  che 
a  constatare  con  più  fondamento  la 
diversità  dell*  edizione,  sarebbe  accon- 
cio r  osservare,  se  1*  aria  musicale  sia 
la  stessa  nei  due  esemplari.  Quanto 
ai  Canti  B,  alla  canzone  Basies  moy 
(  di  anonimo  musicista  nel  bolognese, 
fol.  4o  ),  il  parigino  ne  dà  per  au- 
tore Asel,  compositore  fin  qm  a  tutti 
ignoto  e  forse  da  aggiungere  alla 
schiera  de' musicisti  francesi  o  fiam- 
minghi del  secolo  XV.  A  chiudere 
1* illustrazione,  il  Weckerlin,  sugli 
esempii  dal  Kiescweter  e  dal  Gevaert, 
aggiunge  la  partizione  musicale  di 
due  canzoni,  tolte  da'  suoi  cimeli! 
Petrucciani  :  1*  ovame  arme  di  losquin 
e  un  franch  archer  d' anonimo  com- 
positore. E  alla  traduzione  musicale 
fa  seguire  le  parole  delle  canzoni, 
che  sono  date:  per  la  prima,  secon- 
do si  leggono  in  un  manoscritto  sulla 
musica  di  Tinctor  (  manoscritto,  che 
non  è  detto  dal  Weckerlin  ove  si 
trovi,  ma  probabilmente  alla  Biblio- 
teca del  Conservatorio  Nazionale  ); 
er  la  seconda,  quali  le  forniscono 
e  Chansans  Francoyses  par  Severin 
Cometa  JS8i. 


l 


VARIETÀ  E  NOTIZIE 


•  Nel  Marzo  di  quest'anno  fu  venduta  in  Roma  dalla 
ditta  Giacomim  e  Capobianchi  (  Via  Sistina  138  )  una  pre- 
gevole collezione  di  oggetti  di  arte  e  di  sigilli  medioevali. 
Dal  catalogo  dei  sigilli  trascriviamo  le  indicazioni  di  quelli 
che  possono  interessare  agli  studiosi  delle  Marche  e  del- 
l' Umbria,  e  che  pubblichiamo  col  numero  progressivo  che 
hanno  nel  catalogo. 

5.  Leonardo  G.  da  Amelia  h-  S'  •  LEONARDI  •  G  •  D' 

•  AMELIA.  —  Croce  coli'  estremità  ricurve  a  guisa  di 
pastorale. 

Br.  Diam.,  24  m. 

6.  Tresco  de  Plandis  da  Ancona,  dottore  in  legge.  -♦-  S' 

•  TRESEI  •  D'  •  PLADIS  •  DE  •  ACONA  •  LEGV  • 
DOCT.  —  Il  Dottore  seduto  in  cattedra  dinnanzi  ad 
un  leggivo. 

Br.  Diam.,  34  xn. 

22.  Angelo  di  Neri  da  Camerino.  -4-  S'  '  ANGELI  •  NE- 
RI •  CAMERINI.  —  Stemma.  Br.  Diam.  23  m.  Con- 
trosigillo colle  lettere  A.  F.  P.  formando  monogramma. 

Secolo  XIV. 

24.  Offreduccio  da  Campetto  ^  S'  •  OFFRODVTITI  • 
DE  CAMPLO.  Leone  Rampante. 

Br.  Diam.,  24  m. 


VARIETÀ  E  KOTIZIE  395 

25.  Benvenuto  Chierico  da  Campo  -  Longo  -4-  S^  •  B& 
VEVTI  •  CLCI  •  D'  CAMPO  •  V.  —  Figura  sedente 
dinnanzi  ad  un  leggivo. 

Secolo  XVI,  forma  ogivale.  Br.  Diam.,  34  —  20  m. 

26.  Rolando  da  Campolongo  -♦-  S'  •  ROLANDI  •  D'  • 
CÀPOLOG.  —  Castello  a  tre  torri. 

Secolo  XV.  Br.  Diam.,  21  m. 

32.  Sinibaldo  Arciprete  d  S.  Maria  di  Carsoli.  h-  S^  ' 
SINIBALDI  •  ARCHIPBRI  •  S  '  M  •  I  •  CASOLIS. 

L^ Annunziata:  sotto^  figura  genuflessa:  a  lato,  stemma. 

Secolo  XV,  forma  ogivale.  Br.  Diam.,  4$  —  24  m. 

41.  Frate  Boncompagno,  da  CesiOj  prete.  ■+•  S'  •  FRiS  • 
BCTlCOPÀGNI  •  PB'  RI  '  ly  C^  SIO.  —  Giglio. 

Secolo  XIV,  forma  ogivale.  Br.  Diam,  4i  —  26.  m. 

44.  Frate  Giovanni  da  Cingoli  delP  ordine  dei  predicato^ 
n^  ^  S'  •  F  •  IC^mS  •  jy  •  CIGVLO  •  ORDIS  • 
PDICTOR^  —  Santo  genuflesso  :  sotto ,  figura  genu- 
flessa. 

Secolo  XIV,  forma  ogivale.  Br.  Diam.,  4o  —  25  m. 

45.  Messer  Rinaldo  di  Baligano  de'  Cimes  (  da  cingoli  )  -4- 
S'D-RAINALDI  •  BALIG  ANI  •  DE  •  CIMIS. — Stemma. 

Secolo  XIV,  Br.  Diam,  31.  m. 

Messer  Rinaldo  figlio  di  Messer  Baligano  de'  Cimis  da  Staffolo,  fratello 
di  Ruggero  de  Cimis,  fu  capitano  del  Popolo  e  del  Comune,  difensore  delle 
arti  e  degli  artisti,  conservatore  di  pace  e  Capitano  Generale  per  la  custo- 
dia della  Città  di  Firenze  nel  semestre  principiato  il  i  Dicembre  mcccxliii, 
indizione  xn. 

AviccENNA  —  Memorie  della  Città  di  Cingoli  —  Jesi  i644,  Cap.  331. 

46.  Frate  Domenico  da  Città-della-Pieve.  h-  S'  •  FRIS  * 
DNiCI  •  \y  •  CASTROPLEB  •  LT'S'.  —  Agnus-Dei. 

Forma  ovale.  Br.  Diam.,  27  —  23  m. 

56.  Filippo  Miaeob  (sic)  da  Fermo  h-  S'  •  FILIPPI  •  MIA- 
EOB  '  DE  •  FIRMO.  —  Stemma. 

Br.  Diam.,  27  m. 

67.  Egidio  di  Giovanni  Canonico  Folignate  h-  S^  •  EGIDII  ' 
lOHIS  •  CANGICI  •  FVLGL  —  Agnello  Pasquale  : 
sopra,  stella  :  sotto  foglia  di  palma. 

Sigillo  ogivale  del  secolo  xiv.  Br.  Diam.,  35  —  22  m. 

6S.  Pelagio  da  Foligno ,  Canonico,  -t-  S'  •  PELAGHI  • 


39^  VARIETÀ   E   NOTIZIE 

FVLGINATI  •  CANONICI.  —  Palomba  tenendo  un 
ramo  d'olivo. 

Sigillo  ogivale,  Br.  Diam.,  37  —  28  m. 

88.  Partito  ecclesiastico  di  Castello  di  Marsciano  •+-  S'  * 
PARTIS  •  ECLESIE  •  ly  •  CASTRO  •  MARSCIA- 

NI.  Campo  bipartito^  mezzo  grifo  e  campo  di  Gigli  con 
Fastello;  sopra  le  chiavi  di  S.  Chiesa. 

Sigillo  del  secolo  xv.  Br.  Diam.,  36  m. 

97.  Giacomo  da  Montefalcone.  -4-  S  •  lACOBI  •  D'  •  MON- 
TEFALCONE.  —  Nel  centro^  croce  contornata  da  8 
raggi  formando  stella. 

Br.  Diam.,  27  m. 

100.  Iacopo  di  Saraceno  da  Montemelino.  h-  S'  *  lACOBI 
DNI  •  SARACENI  •  D'  •  MONTEMELINO.—  Stemma. 

Sigillo  della  fine  del  secolo  xiv.  Br.  Diam.,  39  m. 

loi.  Frate  Bartolomeo  da  Monte  Rubbiano.  -4-  S'  •  F  '  BA- 
TOLOMl  '  jy  •  MDT  •  RUBIANO.  —  Mezza  figu- 
ra della  Madonna  con  Bambino:  sotto^  figura  inginoc- 
chiata. 

Forma  ogivale.  Br.  Diam.,  4i  —  27  m. 

108.  Curia  Vescovile  di  Guglielmo  Vescovo  di  Nami.  •+- 
S'  •  CVRIE  •  EPPATIS  •  GVLIELMI  •  EPI  •  NAR- 

NIENS.  —  Figura  in  piedi  del  Vescovo,  entro  nicchia 
gotica:  sotto^  stemma. 

Sigillo  ogivale  del  secolo  xiv.  Br.  Diam.,  60  —  32.  m. 

109.  Abate  del  Monastero  di  S.  Cassiano  di  Nami  -♦- 
S  '  •  ABBIS.  MONASTERII  •  S' .  CASSIA^  •  D'  • 
NARGIA.  —  Mezza  figura  di  S.  Cassiano:  sotto  fi^ 
gura  genuflessa. 

Sigillo  ogivale.  Br.  Diam.,  43  —  30  m. 

113.  Guglielmo  di  Buccio  da  Nocera.  -h  S'  •  GVGLIELMI  • 
BVCZII  •  \y  •  NVCERIO.  —  Nel  campo,  due  cico- 
gne riguardandosi. 

Br.  Diam.,  29.  m. 

114.  Abbatessa  del  Monastero  di  S.  Maria  Maddalena  di 
Norcia,  h-  S^'  ABBATISE  •  MONASTERII  •  SCE- 
MARIE  •  MAGDALENE  •  NORSIEN.  —  Due  righe 
di  leggenda  in  caratteri  gotici:   nel   centro,  palomba 


VARIETÀ  E  NOTIZIE  397 

sopra   ramo   d^  olivo   tenendo   nel  becco  altro  ramo. 

Forma  ogivale.  Br.  Diam.,  48  —>  33  m. 

116.  Cervino  Monaco  di  S.  Maria  di  Offida.  -*-  S'^  •  DOP- 
NI  •  CERVINI  •  MONACHI  •  ^  •  M  •  IV  •  OFFI- 
DA.  —  Mezza  figura  della  Vergine  col  Bambino  entro 
edicola  gotica:  sotto^  il  devoto  genuflesso. 

Sigillo  ogivale.  Br.  Diam.,  26  —  24  m. 

120.  Frate  Orlandino  da  Orvieto  delV  ordine  di  S.  Ago^ 
stino.  ^  S'  •  FRIS  •  ORLANDINI  •  D'  •  VRBE  • 
VETI  •  ORDINIS  •  SCI  •  AVGl.  —  Mezza  figura 
della  Vergine  con  Bambino:  sotto^  figura  inginocchiata 
del  Frate. 

Sigillo  ogivale.  Br.  Diam.,  35  -^  22  m. 

121,  Meschiano  Piovano  della  Pieve  di  Pala.  -4-  S^  •  MEi- 
SCHIATI  •  PLEBANI  •  PLEB'  •  DE  •  PALA.  — 
Testa  nuda  di  profilo  a  destra. 

Bel  sigillo  della  fine  del  secolo  xv.  Br.  Diam.,  24  m. 

124.  Bernardino  di  Jacobello,  canonico  Perugino.  -»-  S^  • 
BERNARDINI  •  lACOBELLI  •  CAN  •  PERVSINI. 
Mezza  figura  della  Vergine  con  Bambino  entro  edicola 
gotica:  sotto  figura  genuflessa  e  2  uè  armette. 

Sigillo  ogivale  del  sacolo  xiv.  Br.  Diam.,  43  —  26  m. 

125.  Ugolino  Priore  della  Chiesa  di  S.  Fiorenzo  di  Peru- 
gia. -H  S'  •  DONI  •  VGOLINI  •  P  ORP  •  ECCE  • 
S  •  FLORET  •  D  •  PERVSIO.  —  Figura  in  piedi  di 
S.  Fiorenzo:  sotto^  figura  inginocchiata. 

Fine  del  secelo  xv,  forma  ogivale.  Br.  Diam.,  44  —  27  m. 

126.  Frate  Filippo  da  Pesaro,  h-  S'  •  FRATEE  •  FILIP- 
PVS  •  DE  •  PESARO.  —  Nel  campo^  stemma  olive- 
tano:  sotto^  zampo  di  leone. 

Br.  Diam.,  23  m.  G>ntrosigillo  avente,  testa  del  Nazzareno. 

142.  Bartolomeo  di  Aleano  Canonico  di  Rieti,  h-  B'  *  BAR- 
THOLOMEI  •  ALEANI  •  CAN  •  REATINI.  —  Mezza 
figura  della  Vergine  con  Bambino:  sotto^  figura  ingi- 
nocchiata e  stemma. 

Sigillo  ogivale  secolo  xrv.  Br.  Diam.,  42  — -  27  m. 

143.  Palmiero  di  Giovanni  da  Rieti ^  Dottore.  -+-  S^  •  PALr 


398  VARIETÀ  E  NOTIZIE 

MERII  •  lORiS  •  DOCTOIS  •  t)'  •  C  •  t  •  IVt  •  D'  -RE- 
ATE.  —  Il  Dottore  in  cattedra  leggendo. 

Forma  ogivale.  Br.  Diam.,  50—31  m. 

144.  Rinaldo  di  Placido  da  Ripatransone.  -♦-  S'  •  RAINAL- 
DI  •  PLAC  •  D'  •  RITRANSON.  —  Stemma. 

Secolo  XIII.  forma  di  targa.  Br.  Diam.,  27  —  23.  m. 

156.  Vanni  (Giovanni)  di  Orlando  dei  Vitelleschi.  -♦-  S'  • 
VANI  •  ORLANDI  •  ly  •  VITELLESGIS.  —  Stemma. 

Secolo  XV.  Br.  Diam.,  22  m. 

Questo  Vanni  di  Orlando  Vitelleschi  è  certamente  quegli  che  fu>  Segre- 
tario di  Tartaglia  di  Lavello  ed  acquistò  poi  tanta  celebrità  col  titolo  di 
Patriarca  Alessandrino  nel  pontificato  di  Eugenio  IV. 

174.  Gentile  di  Nicola  da  S.  Genesio.  h-  S'  •  GETILIS  • 
DNI  •  NICOLA  •  D  •  S'  •  GENESIO.  —  NelP  area, 
due  alberi  di  pino. 

Br.  Diam.,  30.  m. 

181.  Comune  della  Terra  di  S.  Anatolia.  -+-  S'  •  COMV- 
NIS  •  TERRE  •  SANTE  •  ANATHOL^  —  S.  Ana- 
tolia con  corona  in  testa  e  lunga  croce  nella  sinistra: 
nel  campo^  due  palme. 

Br.  Diam.,  36  m. 

183.  Francesco  di  Giovanni  da  Sanf  Angelo  di  Piove,  h- 
S'  •  FRANCISCI  •  lOHIS  •  SCI  •  ANGELI  •  D  • 
PEOLIO  •  —  Edicola  gotica,  nel  mezzo  della  quale, 
un  prete  che  incensa  un  altare:  sotto,  divoto  inginoc- 
chiato ('). 

Forma  ogivale.  Br.  Diam.,  4o  —  27  m. 

184.  Conrado  da  Scopolo.  ^  S'  •  CONRADI  •  DE  •  SCO- 
PL'O.  —  Castello  sopra  sette  monti. 

Forma  ogivale.  Br.  Diam.,  4o  —  25  m. 

195.  Francesco  di  Offreduccio.  h-  S'  •  FRANGISI  •  OFRE- 
DVSI  •  D'  •  SPOLET.  —  Stemma  entro  doppio  mean- 
dro di  semicircoli. 

Br.  Diam.,  25  m. 


(  1)  L' editore  ha  scritto  S.  Angelo  di  Piove,  ma  poiché  il  sigillo  dice  de  preolio, 
può  esser  che  debba  dire  santMn^e/o  di  pro/oglio,  nel  contado  di  Camerino  leggendo 
F  invece  di  E. 


VARIETÀ   E   NOTIZIE  399 

200.  Berarduccio  di  Brunaccio  da  Todi.  -♦-  S^  •  BERAL- 
DVTII  •  BRVNATII  •  If  •  TVD,  —  Stemma  con  2 
leoni  rampanti. 

Secolo  XIII,  forma  triangolare.  Br.  Diam.,  2$  —  22  m. 

201.  Petrucciolo  di  Rinaldo  da  Todi.  -^  S'  •  PETRVZOLI  • 
RAINALDI  •  D'  •  TVDERTO  .  —  Nel  campo,  fonte 
a  tre  sorgenti  alle  quali  si  abbeverano  due  buoi. 

Secolo  XIV,  forma  triangolare.  Br.  Diam.,  29  —  24  m. 

202.  Giacomo  di  Rinaldo  da  Todi,  -f-  S'  •  lACOBI  • 
RAINALDI  •  ly  •  TVDERTO-  —  Impresa  ignota  nel 
campo. 

Br.  Diam.  27  m. 

204.  Tommaso  di  messer  Pietro  da  Trevi,  Soldato,  h-  S^  ' 
THOMASSI  •  MILITIS  •  DNI  •  PETRI  •  D^  •  TRE- 
VIO.  —  Stemma  con  tre  rose,  entro  otto  mezzi  circoli. 

Bel  Sigillo  del  fine  del  secolo  xiv.  Br.  Diam.,  28  m. 

205.  Guidone  da  Trevi  -+-  S'  •  GVIDONIS  •  DE  •  TRE- 
BIS.  —  Nel  campo^  aquila  colle  ali  spiegate. 

Secolo  XIII,  forma  triangolare.  Br.  Diam.  34  —  34  m. 

213,  Abate  e  Capitolo  del  Monastero  di  S.  Maria  Fori 
Porta.  H-  S'  •  ABBiS  •  ET  •  CAPITVLI  •  MOlT  • 
§■  •  MARIE  •  FORISPORTA.  —  Vergine  col  Bam- 
bino  in  trono^  entro  edicola  gotica:  sotto ^  figura  ingi- 
nocchiata. 

Sigillo  ogivale  del  secolo  xiv.  Br.  Diam.  52  —  31  m. 

231.  Baldo,  Dottor  in  diritto.  -4-  S"  •  BALDI  •  VTRIVS- 
QVE  •  IVRIS  •  DOCT.  —  Stemma  entro  due  trian- 
goli formati  stella. 

Secolo  XIV.  Br.  Diam.,  27  m.  È  senza  dubbio   il  celebre  giureconsulto 
Perugino  discepolo  di  Bartolo. 

490.  Tommaso,  Abate  di  Sasso  Vivo,  -h  TOMAS  •  ABBAS 
•  SASSI  •  VIVI.  —  Figura  di  S.  Benedetto  benedicendo 
e  con  pastorale  entro  edicola  gotica:  sopra^  mezza  fi- 
gura della  Vergine  col  Bambino  :  sotto^  figura  dell^  A- 
bate  inginocchiato  e  due  stemmi. 

Sigillo  ogivale  della  fine  del  secolo  XV.  Br.  Diam.,  79  »  47  m. 


400  VARIETÀ  E  NOTIZIE 

*  11  marchese  Giovanni  Eroli^  autore  della  Miscellanea 
storica  namese,  della  vita  del  Gattamelata  e  di  tanti  altri 
lavori  storici  artistici  e  letterari^  ha  intrapresa  una  nuova 
edizione  dei  suoi  scrìtti  minori  raccolti  in  una  serie  di  vo« 
lumi  dei  quali  teste  si  è  pubblicato  il  prìmo^  che  contiene 
oltre  parecchi  studi  danteschi^  27  articoli  archeologici^  per  la 
massima  parte  relativi  alla  storia  antica  delle  Marche  e  del*- 
V  Umbria. 

"^  In  questi  giorni  si  è  publicata  una  vita  dell^  illustre 
storico  di  Assisi  Antonio  Cristo£smi  scritta  dal  pro£  Leto 
Alessandri  custode  della  biblioteca  comunale  di  san  Fran- 
cesco in  quella  città. 

*  La  seconda  dispensa  ààl*  Annuario  del  Club  Alpino 
Italiano  di  Perugia,  contiene  fra  gli  altri  scritti:  Monte  Co* 
rona  di  Z.  Marinelli  —  Leggoide  Umbre  (  i  capesciotti  di 
S.  Romualdo  —  la  sorgente  delP  Artino  )  di  G.  Bellucci  — 
LAiso  di  X  —  Leggende  Ispellesi  (  la  vecchia  della  Croce j 
il  muro  di  Orlando  )  di  F.  Accorimboni  —  Leggende  Eu" 
gubine  (  il  volto  di  S.  Ubaldo  )  dello  stesso^  ecc.  ecc. 

*  E  in  corso  di  stampa  il  L  volume  di  una  memoria 
storica  del  can.  Lorenzo  Giampaoli^  intitolata:  S.  Ubaldo 
canonico  regolare  Lateranense^  Vescovo^  Patrono^  cittadino 
di  Gubbio. 

*  n  dottor  Giuseppe  Bellucci  pubblica  un  primo  volu- 
me di  Materiali  paletnologia  della  Provincia  delt  Umbria 
nel  quale  illustra  le  antichità  primitive  rinvenute  in  tanta 
copia  in  questa  provincia. 


SANSI  ACHILLE 

STORIA  DEL  COMUNE  DI  SPOLETO 

DAL   SECOLO    XII    AL    XVU. 


Foligno,  parìglia,  1879- 1884.  2.  voL  in  8.0  di  pag.  332  ciascuno 
con  dieci  tavole.  Rivolgersi  all'  autore  in  Spoleto. 


SANSI  ACHILLE 


DOCUMENTI   STORICI   INEDITI 

IN   SUSSIDIO  DELLO  STUDIO 

DELLE    MEMORIE    UMBRE 


Foligno,  Sgariglia,  1879.  Voi.  in  8.0  di  pag.  380.  —  Lire  2,  50. 
Rivolgersi  in  Foligno  al  Sig.  F.  Pasquali  presso  la  Tig.  Sgariglia. 


BULLETTINO 

DI 

NUMISMATICA  E  SFRAGISTICA 

PER     LA    STORIA    D*  ITALIA 
COMPILALO  A  CURA 

DI  M.  SANTONI  E  O.  VITALINI 


CAMERINO 


Il  Bullettino  prosiegue  la  sua  pubblicazione  in  fascicoli  semplici 
e  doppi  ,  di  guisa  che  ogni  volume  costi  di  500  pagine  e  20  tavole. 
Ogni  volume,  Lire  20.  —  Del  voi.  I.  restano  pochi  esemplari,  riservati 
pei  prezzo  di  associazione  ai  nuovi  sottoscrittori. 


CODIGH  DIPLOMATICO 

DELLA   CITTÀ    DI    ORVIETO 

DOCUMENTI    E    REGESTI    DAL    SECOLO    XI    AL    XV 

E  LA  CARTA  DEL  POPOLO 

Codice  statutario  del  Comune  di  Orvieto 
con  illustrazioni  e  note 

ni     LUIQl     FUMI 


Firenze,  presso  G.  P.  Vìesseux,  coi  tipi  di  M.  Cellini  e  C.  alla 
Galileiana ,  i884.  Grosso  voluipe  in  4.o  di  pag.  LXXVI  -  880.  — 
Lire  quindici. 


SAINT 
FRANCOIS    D'  ASSISE 

/.  Vie  de  de  Saint  Francois 
IL  Saint  Francois  apres  sa  mort 


Paris,  libn^irìe  Plon,  E.  Plon,  Nourrit,  et  C.i«,  inaprimeurs  -  edi- 
teurs.  Rue  Garanciére,  io,  1885.  Grosso  volume  in  foglio,  di  pagi- 
ne 44o,  con  2$o  incisioni  e  ^5;  tavole.  —  Lire  quaranta. 


LEOPARDI 

SCRITTI  EjRITl  SCONOSCIUTI 

SPIGOlATimS 
CLEMENTE    BENEDETTUCCI 


In  Regnati,  pei.  tipi  di  BJnaldpi  Symbol},  (885.  Un  voU  in  16,0 
formato  Le  Mpnier,  4i  oltre  500  pag.  —  Lire  sette. 


Foligno^  Stab,  Tip.  Pietro  Sgariglia  10  Luglio  1885. 


i/^ 

• 

• 

-e  -    /  _ 

^  ^ 

> 

'  ^ 

ARCHIVIO  STORICO 


PER 


LE    MARCHE    E   PER   L'  UMBRIA 


DIRETTO    DA 


M.  FALOCI  PULIGNANI, 
G.  MAZZATINTI,  M.  SANTONI. 


Volume  II.  Fascicolo  VII  e  \I1L 


SP  r:  lò'^- 


-■•^  * 


:^L;t..ujiv, 


-V 


FOLIGNO 

PRESSO   LA   DIREZIONE 

iSSj. 


»i 


INDICE  DI  QUESTO  FASCKOLO  , 


MEMORIE  E  DOCUMENTI 

CASTELLANI  L.  Tradizioni  popolari  della    Pro- 
'•^     :vinda  di  Macerata     '     ,  ."   .    '7-    "  •    '-• 
ANiàsALDIG.  I  lesini  alla  battaglia  ài  tèpanto 
MAZZATINTI  G.  Cronaca   di  Ser  Guerriero  ecc. 

f  Continuajiione  e  fine  )  ^      ^ 
SANTONI  M.  Invenurio  della  Cattedrale   di  Ca- 
merino (  1528  )    

FALOCI  PULIGNANI  M.  L'  Odeporico  deìT  Ahh2i' 

te  di  Costanzo       .,       .       .     ^     . , 
FUMI  L.  Santa  Lucia  liberatrice  di  Orvieto 
MARONI  M.  Lettere  di  Benedetto  XIV   all'  Arci- 
diacono I.  Storani  di  Ancona 
VERNARECCI  A.  Stefano  Tomani  Amiani . 
RIVISTA  BIBLIOGRAFICA 

GIORGI  I.  e  BALZANI  U.  Il  Regesto  di  Farfa  di 
Gregorio  di  Catinp  (M.  Faìoci  PuUgnani) 

BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 

SPOGLIO  DEI  PERIODICI  pel  primo  semestre  1885  . 

VARIETÀ  E  NOTIZIE 

INDICE  ALFABETICO  ecc 

INDICE  DI  TUTTO  IL  SECONDO  VOLUME   . 


Pag.  4oi 
»  437 

»  463 
»  501 


» 


» 


SIC 
705 

715 
797 


»  279. 
n  808. 

822. 

836. 

845. 

851. 


» 


AVVERTENZA 


Con  questo  fascicolo  doppio  VII -Vili,  si  compie 
il  secondo  volume,  e  il  secondo  anno  del  nostro  Archi- 
vio. Secondo  le  condizioni  fatte  nel  nostro  Programma , 
ciascun  volume  dovea  contare  800  pagine  :  questo  inve- 
ce contiene  852  pagg.  ed  una  tavola,  onde  apparisce  aver 
noi  esuberantemente  mantenute  le  fatte  premesse. 


TRADIZIONI  POPOLARI 


DELLA 


PROVINCIA    DI    MACERATA 


I. 


Dei  dialetti  marchigiani  in  genere 

Diamo  anzi  tutto  un  cenno  degli  odierni  dialetti  delle 
Marche.  Diciamo  dialetti  e  non  dialetto,  perchè  notevoli  diffe* 
renze  '  fonetiche,  varietà  di  forme  sieno  pur  lievi  ed  accidentali, 
corrono  non  solo  fra  le  varie  province  marchegiane,  ma  anche 
spesso  fra  paesi  vicinissimi.  Cosicché  non  poche  cose  qua  si  no- 
minano in  un  modo,  là  in  un  altro.  Un  bimbo,  che  per  Pausula 
è  un  fricu  e  per  Mogliano  un  fricU^  per  Ancona  e  Jesi  è  un 
feto;  l'articolo  determinativo,  che  per  Macerata  e  provincia  è 
/»,  per  Ancona,  Jesi  ed  Osimo  è  ^/,  pel  Portocivitanova  è  lo  ; 
la  desinenza  dell'imperfetto  indicativo  della  x*  coniugazione, 
in  oa  a  Macerata  e  Pausula,  è  in  ta  al  Portocivitanova  (  s*  af- 
fogaa,  s' afioghia  -  magnaa,  magnla);  la  gutturale  tenue  inter- 
vocalica di  Macerata  e  Pausula  passa  nella  media  in  Ancona  e 
Iesi  (  facio,  fago-dico,  digo).  E  ci  sarebbe  da  continuare  non 
poco  ;  ma  di  tali  divergenze  lessicali,  grammaticali  e  fonetiche 
tratteremo  in  un  prossimo  studio.  In  mezzo  a  tanta  varietà, 

Archivio  Storico  U.  96* 


402  LUIGI  CASTELLANI 

pur  si  può  tentare  una  prima  e  grossolana  classificazione  dei 
dialetti  delle  Marche  in:  settentrionali  e  meridionali. 

Tracciare  i  limiti  precisi  degli  uni  e  degli  altri,  per  ora» 
con  gli  scarsi  materiali  che  possediamo,  non  è  possibile:  basti 
dire  che  questa  ripartizione  trova  anche  fondamento  neir  antica 
denominazione  popolare  delle  Marche,  di  pulite  e  sporche^  la 
parte  meridionale  quelle,  settentrionale  queste.  Ciò  risponde 
al  fisttto  che  nelle  seconde  il  parlare,  vero  e  proprio  vernacolo, 
è  più  rozzo  e  scorretto  ;  mentre  nelle  prime,  più  terso  e  for- 
bito ,  s'  avvicina  assai  più  alla  comun  lingua.  Difatti  nota  il 
D'  Ovidio ,  Q)  negli  Abruzzi  si  dà  T  epiteto  di  sporco  al 
parlare  scorretto  del  volgo.  Ma,  come  sopra  dicemmo,  di 
queste  differenze,  che  partono  le  Marche  in  due  regioni  dia- 
lettali ben  distinte,  tratteremo  altrove.  Fermiamoci  dunque 
senz'altro  alla  provincia  di  Macerata. 

QuaPè  la  letteratura  orale  del  volgo? 

Dove  possiam  trovarla  più  genuina  e  meno  alterata  da 
contatti  estranei? 

Macerata,  la  città  di  maggior  conto  delle  Marche  setten- 
trionali, è  diventata,  nel  nuovo  regno  italico,  albergo,  talvolta 
assegnato,  più  spesso  eletto,  di  non  pochi  del  settentrione  e 
del  mezzogiorno  d'Italia.  In&tti  le  province  napoletane  e 
piemontesi  riversano  continuamente  studenti  alla  sua  università 
ed  impiegati  a' suoi  uffici,  e,  in  mezzo  a  questo  flusso  e  ri- 
flusso di  gente  nuova,  al  vecchio  elemento  marchigiano  si  va 
soprapponendo  uno  strato  forestiero  facihnente  riconoscibile. 
I  Napoletani,  per  esempio,  v'  hanno  importato  V  uso  del  verbo 
tenere  per  avere^  che  va  estendendosi  nelle  classi  operaie ,  e 
que'  del  settentrione  il  ciao  (  latino  esdavus  )  ed  altre  simili 
forme,  ma  senza  produrre  alterazioni  degne  di  nota  nella  gram- 
matica e  nel  lessico. 


<i)  Archhio  glonologico.  VoU  IV.  ptg.  145  —  Romt  —  Locscber  1S78. 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  4O3 

Quindi  lasciamo  da  banda  i  signori,  gli  artigiani  (artisti 
come  là  con  elevazion  di  grado  si  chiamano  e  si  fanno  chia- 
mare )  e  occupiamoci  delle  campagne. 

Il  contadino  marchigiano  è  tenacissimo  nelle  sue  idee, 
ne'  suoi  usi,  nelle  sue  tradizioni  :  i  costumi,  gli  insegnamenti 
del  padre  son  leggi  al  figlio.  Cosi  faceva  mio  padre  è  il  canone 
sacrosanto  della  sua  vita,  quindi  è  ombroso  e  diffidente  verso 
tutto  ciò  che  è  nuovo  o  forestiero  :  ciò  che  è  antico  è  degno 
solamente  ed  in  ogni  modo  di  rispetto  e  venerazione  (').  Cosi 
vediamo  le  belle  e  fiorenti  campagne  delle  Marche  non  dare 
que^ frutti  che  potrebbero,  perchè  non  si  vuol  trarre  profitto 
degli  insegnamenti  della  progredita  scienza  agrìcola. 

In  quelle  terre  ondulate,  dalle  colline  verdi  di  viti  e  d' u- 
livi,  dai  piani  feraci  popolati  di  gelsi  e  d'olmi,  nella  limpi- 
dità azzurra  de'  cieli,  nella  mitezza  de'  verni,  benissimo  prova 
e  vigoreggia  la  vite,  che  dà  largo  prodotto;  ma  l'arte  di  fare 
il  vino  non  si  conosce,  e  però ,  eccellente  sul  luogo ,  perde 
bontà  e  vigore  dopo  un  lungo  viaggio. 

Le  famiglie  numerosissime  abitano  spesso  casipule,  impa- 
state di  paglia  e  di  loto,  (atterrati)  fitte  in  tutta  la  campa- 
gna: onde  i  campi  non  danno  loro  alimento  sufficiente  e 
traggono  numerosi  alla  maremma  romana,  dove  guadagnano 
pochi  danari  e  son  domati  e  stremati  dalle  febbri  malariche: 
tornati  a' loro  campi,  la  festa,  quando,  cinti  i  fianchi  di  una 
sciarpa  romanesca  a  smaglianti  colori,  si  pavoneggiano  ne'  loro 
vestiti  nuovi  di  lana,  sono  guardati  con  ammirazione,  specie 
dalle  belle,  ma  accolti  insieme  con  una  certa  diffidenza,  quasi 


(1)  A  questo  proposito  son  giustissime  le  seguenti  eonsidenzionii  che  fsceism 
«Mtre: 

H  La  regia  de  la  creeoza  del  volgo  es  la  posetion*  Sns  ascendlentes  son  sos  ori- 
tv  culos,  y  mira  con  una  especie  de  impiedad  no  creer  lo  que  creyeron  aquellos.  No 
cuida  de  esaminar  que'  origen  tiene  la  notida  ;  bastale  saber»  que  es  algo  aotigua  pora 
Tenerarla,  à  manera  de  los  Epipdos,  que  adoraban  el  Nilo,  ignorando  donde  o  corno 
nacia,  y  sin  atro  conocimiento  que  el  que  Tenia  de  lejos.  (Biblioteca  de  autoret  etpa» 
noiet  •  Rivedenerra,  1863,  Voi.  $6,  pag.  356  )• 


404  LUIGI    CA8TBLLAK1 

come  stranieri,  quasi  come  esuli,  che  hamio  portato  altrove  i 
loro  penati  :  cosi  de'  militari.  Un  contadino,  tornato  dalla  mi- 
lizia, è  tenuto  in  conto  di  un  quasi  sapiente:  un  uomo  che 
|ia  viaggiato,  vedute  città  e  genti  e  usi  diversi,  che  vi  pare  ?!... 
ma  de'  modi,  delle  espressioni,  de'  canti  che  riporta,  e  de' quali 
e'  si  fa  come  una  pompa,  non  vogliono  in  alcun  modo  sapere. 
€  QuiUu  ha  fatta  lu  sordatu  glie  sta  ve\  a  nu^  no  ».  Gli  arti- 
giani cantano  canzoni  imparate  nella  maremma,  negli  Abruzzi; 
U  contadino  continua  a  cantare  i  suoi  frusti  rispetti,  lunghi, 
monotoni,  che,  per  la  materia  che  trattano,  per  gli  accenni 
a  costumanze  cadute,  sono  al  certo  antichi.  Ora,  abbrutito  dal 
lungo  lavoro  e  dagli  stenti,  per  una  certa  decadenza  erediurìa 
di  secoli,  di  cui  qui  non  è  il  luogo  di  ricercare  le  cause,  in 
lui  ogni  spirito  poetico  s' è  spento,  e  si  contenta  delle  vecchie 
canzoni  fisse,  tradizionali  di  padre  in  figlio,  e  negli  incante- 
voli pleniluni  estivi ,  ritornando  al  lavoro  non  compiuto  nel 
giorno,  affida  all'  aria  immota  i  ritornelli  dalle  monotone  ca- 
denze, che  insistono  su  due  note  prolungatissime,  a  perdita  di 
fiato,  e  muoiono  nella  quiete  notturna  come  lamenti,  com'è- 
chi  di  un  mondo  passato. 

Considerata  l'incapacità  presente  a  larghi  prodotti  del 
pensiero  (  poiché  per  vero  nel  contadino  maceratese  oggi  né 
fantasia,  né  sentimento,  fattori  principali  della  poesia,  abbon- 
dano )  si  sente  tuttodì  da  alcuni  negare ,  non  pure  ai  volghi 
marchegiani,  come  a  quelli  dell'  Italia  centrale ,  ogni  attitudine 
all'  epica,  al  racconto,  ma  ancora  alle  liriche  manifestazioni.  Il 
che  é  addirittura  un'  enormità,  poiché  questa  poesia  la  e'  é 
stata  e  la  c'è,  e  ben  ha  detto  il  Fauriel  che  esiste  dunque^ 
sebbene  non  arrivi  dovunque  al  grado  di  sviluppo  che  suppone 
r  epopea  Q). 

E  il  signor  Giulio  Salvadori  ha  pubblicato  alcuni  canti  nar- 
rativi toscani  che  smentiscono  affermazioni  cosi  recise  (*)•  Il 


(1)  Hitioire  de  la  poi$U  pravenfoU  (Ptrit  -  I  Libittt  - 1846  )  ptg.  48.  Purlando 

dalle  condizioni  poetiche  d' Italia  prima  del  Xill  aecolo U  m*  y  avait  em 

ÌUUie  d' autre  poéiie  que  etUe  qa'  il  y  a  partoort  ei  gui  me  $'  écrit  pas,  ceik  de  la 
nsimre  et  do  pcaple  eee» 

(a)  Giornale  di  Filologia  Romania,  V«l.  IL  (Sooiat  1S79»  paf*  >94)« 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  4O5 

Gianandrea  Io  ha  fatto  per  le  Marche  Q);  ma  qui  vuoisi  notare 
che  alcuni  canti  eh'  e'  dà  per  marchigiani  nella  sua  raccolta 
di  poesie  popolari ,  vogliono  essere  accolti  con  certe  riserve 
e  non  senza  il  beneficio  dell'  inventario,  poiché  per  vero  for« 
se  nuli' altro  hanno  di  marchigiano  che  l'esser  cantate  da 
un  abitante  di  quelle  regioni* 

Spesso  si  sente  ancora  ripetere  :  i  Marchigiani  non  hanno 
storia,  la  loro  storia  è  un  silenzio  continuo.  Miti ,  tranquilli 
come  le  onde  de'  loro  piccoli  fiumi ,  il  Chiento ,  il  Potenza , 
il  Musone,  quale  grande  ingegno  possono  vantare  ?  Tutto  ciò 
è  Eliso,  ma  vale  se  non  altro  a  mostrare  una  delle  buone  doti 
del  carattere  marchigiano,  quella  di  non  cercare  di  mettersi 
in  vista,  di  salir  su  trampoli  a  trar  gente  d' attorno,  onde 
son  tenuti  per  o  poco  buoni  o  da  nulla. 

E,  invero,  per  dire  solo  d'  alcuni  e  alla  rinfusa,  da  Cecco 
d'Ascoli  e  dal  Filelfo  a  Sisto  V,  al  Caro,  al  Boccalini,  al  Ricci, 
al  Crescimbeni,  al  Lazzarini  (  1668,  1754)  al  Compagnoni,  al 
Lanzi,  al  Camerini,  al  Leopardi,  e  chi  più  ne  ha  ne  metta, 
d' uomini  illustri  non  v*  è  stata  in  nessun  tempo  penuria  (*)• 

IL 
Fiabe^  leggende  e  credente  popolari. 

A  due  fonti  attingono  le  fiabe,  leggende  e  credenze  po- 
polari: il  paganesimo  ed  il  cristianesimo. 

Queste  due  fonti  generano  due  larghe  correnti,  che,  tal- 
volta corrono  parallele  e  distinte,  talaltra  mescolano  siffatta- 
mente le  loro  acque,  generando  un  fiume  reale  e  maestoso, 
che  non  t^  è  dato  scernere  l' una  dall'  altra.  Difatti^  ciò  che  il 


fi)  A.  GuiTAiiDidu.  Canti  popolari  marchigiani  raccolti  ed  annotati.  Torino  Loeacher 
1885. 

(1)  Del  resto  una  sfiiTorevole  tradizione  pesa  fin  da  antico  an'  Marchigiani.  Il  Boo- 
cacdo  n  dire  a  FUostrato  :  (  Z^omieroM- Giornata  Vili,  novella  5)  ,,  nella  nostra  citti 
vengono  spesso  molti  rettori  marchigiani,  li  quali  generalmente  sono  uomini  di  novero 
cuore  e  di  vita  tanto  streme  e  unto  misera,  che  altro  non  pare  ogni  lor  fatto,  che  una 
pidocchieria  :  e  per  questa  loro  innata  miseria  et  avarizia,  menan  seco  ecc.  Co^  Ssl- 
vator  Rosa  :  (Sat.  I.  ). 

M  Mo  Itiplicato  è  il  marchigian  lignaggio  „  per  dire  il  lignaggio  degli  asini. 

jfi  Sacchetti  al  contrario  ne  la  ben  diversa  stima. 

H  E'  mi  conviene  pnr  tornare  nella  Marca,  perocché  di  piacevoli  uomini  semprt 
è  itata  piena  „  (  Novella  CXVI  ). 


406  LUIGI  CASTELLANI 

cristianesimo  non  potè  far  dimenticare  assimilò  ;  ciò  che  non 
potè  assimilare  accettò:  certi  enti  del  paganesimo  perdura- 
rono vivi  nella  fantasia  popolare  e  non  poterono  cancellarsi; 
altri  mutarono  forme  ed  aspetti  si  che  non  parver  più  quelli; 
altri  infine  di  nuovi  sorsero. 

«  Quel  sentimento  di  spavento,  che  si  estendeva  a  tutto 
«  il  culto  pagano,  e  da  cui  nacquero  tanti  riti  sinistri^  e  tutto 
ff  queir  apparecchio,  in  presenza  del  quale  il  poeta  Lucrezio 
a  potè  dire  che  il  solo  terrore  aveva  creato  gli  Dei  »  (') 
vivo  tuttora  nelle  campagne  marchigiane,  malgrado  gli  influssi 
del  cristianesimo,  che  non  è  valso  né  a  sradicarlo^  né  a  mi- 
tigarlo, trasforma  i  vecchi  enti  e  le  antiche  credenze  pagane, 
ma  è  sempre  potente  e  il  contadino  non  ha  mai  scosso  que- 
sta cappa  plumbea  e  funesta  del  terrore,  che  pesa  su  lui,  e 
spenge  in  lui  coraggio,  fede  vera,  che   sfida   ogni  perìcolo. 

Non  invocherà  più  la  dea  Pale  perchè  renda  miti  i  fonti 
ed  i  loro  numi,  perchè  gli  tolga  dinanzi  la  vista  di  Diana  che 
prende  il  bagno,  delle  Driadi  o  de'  Fauni,  o  perchè  gli  impe- 
tri il  perdono  se  fé' fuggire,  ignaro,  le  Ninfe  od  i  Satin;  (*) 
ma  con  orrendi  sortilegi  tenterà  allontanare  la  strega,  vecchia 
e  maligna,  che  passa,  stridendo,  su'  campi  e  l' immensa  tribù 
de'  folletti  (  farfarelli  )  ed  il  diavolo  stesso  :  deità  non  meno 
capricciose,  non  meno  violente,  placate  non  per  virtù  di  pre- 
ghiera, ma  per  mezzo  di  tetri  scongiuri,  di  strane  magie.  E 
se  «  gli  stessi  dei  infernali  e  le  anime  degli  antenati,  pallide 
e  smunte  intomo  alle  sepolture,  o  erranti  per  le  campagne, 
non  sono  più  sitibonde  di  sangue  »  (')  e  se  Mania,   madre 


(i)  OiANAM.  //  paganetimo  ed  il  crittiauesimo  nei  V.  ieeoh.  Voi.  I.  pag.  96. 
Trtd.  It.  di  A.  Carraresi  —  Firenze,  Le  Monier  1857. 

Negli  ultimi  tempi  del  Paganesimo  si  giunge  ad  onorare  il  Favor,  il  B»lhr  e  la 
Febrit.  (  Vedi:  Sanf  AgOMtino-De  Ovitale  Dei,  ^Llpsiae.  Tenta.  1878;  Ubro  IV. 
pag.  174  )•  E  al  libro  IH.  pag.  137  «  ...  Romae  etiam  Febri  sicnt  Saluti  templumco- 
stitntnm  ». 

(3)  Ovidio.  Fasti.  Biblioteca  degli  scrittori  latini.  Venezia,  Antonelli  1850.  Libro 
IV,  pagg.  1033.  Tu,  Dea,  prò  oobis  fontcs,  fontsnaqne  placa  Numina;  tu  sparsos  per 
nemus  omoe  Dcos  ecc. 

(3)  OzANAM,  Opera  citata,  pag.  96. 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  4O7 

de'  Lari,  non  chiede  più  sacrificio  di  fanciulli  ('),  tuttavia , 
sotto  altra  forma  e  figura,  non  cessano  di  atterrire  il  conta* 
dino.  Il  quale  anzi  in  suo  nome  cheta  ancora  i  fanciulli  stiz- 
zosi e  piangenti  :  te  se  tnagna  (  chi  ?  ). 

Noi  teniamo  che  da  Mania  si  sia  fatto  magna,  il  che  è 
foneticamente  regolare,  e  poi  si  sia  confuso  col  verbo  magnare 
(  m<ingiare  ),  che  altrimenti  questo  magnai  cosi,  nudo  d'  una 
personalità  qualsiasi,  non  avrebbe  senso. 

Anche  le  donne  romane  si  servivano  di  tale  divinità  co- 
me spauracchio  a'  bambini  ;  ad  essa,  come  ora  alle  streghe , 
fiicevan  sacrifici  ne'  crocicchi  delle  vie  (  compitalia  ). 

La  superstizione  tiene  il  luogo  della  religione,  che  è  in 
gran  parte  uno  strano  politeismo.  Il  contadino  non  sa  com- 
prendere un  dio  impersonale,  infinito,  senza  speciali  attributi, 
che  vegli  su  tutto.  Perciò  grandissimo  è  il  suo  culto  verso 
sant'Antonio,  che  protegge  i  porci,  verso  san  Vincenzo,  che 
manda  la  pioggia,  verso  sant'Emidio  che  scongiura  i  terre- 
moti ecc.  ecc.  ('). 

Il  contadino  maceratese  non  direbbe  mai  col  siciliano  : 
Mi  voglia  beni  Din  —  Cà  de  li  santi  mi  nni  joeu  e  rju  ;  per 
esso  i  santi  son  tutto.  Dio  una  personalità  astratta^  e  nel  più 
dei  casi^  vuota  di  senso  e  di  valore. 

Residuo  anche  questo  di  paganesimo,  poiché,  rappresen- 
tando ogni  divinità  una  forza  della  natura,  solamente  in  essa 
divinità  risiedeva  il  potere  di  placarla  e  renderla  propizia* 

Il  contadino  venera  più  e  più  Madonne,  in  alcune  delle 
quali  non  è  difficile  di  scoprire  le  sembianze  trasfigurate  di 
Venere,  il  cui  culto    durò  tenace  nelle  campagne   fin    oltre 


(t)  Sotto  Ttrqnlnio  Prisco  ti  stcrìfictTtoo  fondalli  t  Mtnit  »  madre  de'  Ltrì. 
(Ozanam).  od.  cit.  pag.  97. 

(2)  n  II  colto  de*^ santi ,  che  sono  come  tanti  mediatori  fra  il  cielo  e  la  terra.  » 
ff  agerolò  anch'  esso  potentemente  il  trapasso  dal  politeismo  al  cristianesimo.  Per  esn  „ 
„  il  cielo  si  ripopolava  io  certo  modo  di  semidei,  1  qaali .  non  soltanto  potevano  gio-  ,» 
„  vare  grandemente  aali  oomioi  come  intercessori  appo  la  Divinità  suprema,  ma  an-  >» 
tt  Cora  come  potenti  elargitori  di  grazie  per  proprio  conto  Essi  preQdevano  il  posto  ,p 
„  delle  singole  diviniti  proscritte ,  ne  ricevevano  ftli  attributi ,  ne  adempievan  gli  ,» 
tf  offici ,  e  fruivano  del  colto  ona  volta  ad  esse  tribotato.  Come  gli  antichi  dei  si  „ 
„  erano  distribuiti  gli  officii  molteplici  del  governo  delle  cose,  cosi  se  li  distribuirò-  „ 
fp  no  i  santi»  ed  ogni  santo  ebbe  on  particolare  compito  ed  esercitò  on  particolar  ,, 
M  patrocinio  .,•  (Graf.  Roma  nella  memoria  e  neir  immaginazione  del  medio  evo  (To- 
nno 1883  )  Voi.  II,  pag.  371  -  372  ). 


408  LUIGI   CASnLLANI 

il  secolo  V.  (')  o  di  qualche  altra  deità  femminile  del  paga» 
nesimo.  Usurpò,  per  esempio,  le  attribuzioni  di  Diana,  pro- 
teggendo i  parti  (  Madonna  del  Parto  )  (*)« 

L' idea  che  i  contadini  hanno  dell'  anima  è  di  cosa  pu* 
ramente  materiale:  esse,  diremo  col  Rialle  (')  ont  des  be- 
soins,  elles  ont  faim,  elles  ont  froid,  elles  se  £atiguent  sur  la 
longue  rome  hérissée  d'  obstacles,  qui  mene  a  la  région  des 
ésprits. 

Le  anime  male  si  chiamano  h  cattio.  Appaiono  sotto 
forma  di  cani^  che  poco  a  poco,  ingrossano  sino  a  divenire 
mostri  spaventevoli;  talvolta  assumono  anche  l'immagine  mite 
dell'  agnello  ;  ma,  preso  sulle  spalle,  aumenta  grado  a  grado 
di  peso  sino  a  non  poterlo  più  portare  ;  talvolta  son  vitelli  o 
buoi  neri,  dall'  occhio  sbarrato,  tetro  e  feroce,  che  trascinano 
catene  enormi,  risuonanti  cupamente  nella  notte. 

Le  streghe,  cavalcioni  ad  un  manico  di  scopa,  ogni  ve- 
nerdì, menano  orribile  tregenda  ne'  crocicchi,  e  fendono  1'  a* 
ria  rapidissime,  miagolando  come  gatte  in  amore,  ed  entrano 
nelle  stalle,  e  ne  menan  fuori  le  cavalle,  e  via  di  corsa  sfre- 
nata per  la  campagna,  bianca  del  lume  lunare.  Alla  mattina  le 
malcapitate  bestie  sono  stanche  (  sfido  io  !  )  colla  criniera 
scomposta,  tutta  a  treccioline  finissime,  difficili  a  distrigare 
più  che  nodi  gordiani.  Si  truccano  in  mille  modi,  e  son  ca- 
paci di  prendere  aspetti  varissimi  e  forme. 

Talvolta  si  cacciano  nel  corpo  di  una  gatta  affine  di  pò* 
tersi  introdurre  nelle  case  chiuse  per  la  gattaiola,  e  prendono 
i  bambini  e  li  portano  in  giro,  sciupandoli  in  ogni  modo. 
Questi  infelici  insecchiscono  e  muoiono  di  languore.  In  due 
o  tre  notti  dell'  anno,  tengono  riunione  plenaria  sul  monte 
d'  Ancona,  e  vi  colgono  certe  erbacce  avvelenate,  che  fan  mo- 


(i)  OftAT.  Roma  nelle  mewwrie e  neW  immaginazione  dei  medio •  epo  (Torino - 
Loetcher  - 188«  )  Voi.  11.  pag.  400  e  segg. ,,  M«  il  riscontro  più  curioso  allt  leg-  „ 
ff  geodi  nostra  lo  porge  un'altra  leggenda  del  medio -evo,  nella  quale,  rimantado  ,f 
„  molte  delle  altre  particolarità ,  alla  dea  Venere  si  sostituiace  la  Vergiof  Maria.  „  ecc. 

(s)  Tu  Lucina  dolentibus-Inno  dieta  pnerperia  -  Catullo  f  Lipsae  1880J  UXIi 
pag.  17. 

(3)  La  Mitkologie  comparse  (  Paris -C.  Reinwald  et  C,  1878;  Tome  I.  pag.  ii6« 


TRADIZIONI  P(HK>LAltI  DI  MACERATA  40^ 

rire  di  tisi  o  di  malattie  strane  molti  poveri  giovani,  e  intrec* 
ciano  e  combinano  gì'  innamoramenti  e  le  fatture. 

Una  di  queste  notti  è  quella  di  san  Giovanni,  su  cui 
han  £s&voleggiato  tutti  i  volghi  romanzi. 

In  Portogallo,  per  esempio,  si  crede  che  :  a  /'  acqua  de 
sete  fimtes,  colhida  na  tnanha  de  5.  lollo^  tetn  cerias  vertudes  ('). 

Nelle  Marche  invece  si  mette  dell'  acqua  in  secchielli, 
con  varie  erbe  odorose,  fuori  al  sereno,  sul  davanzale  della  fi- 
nestra, perchè  il  santo  la  benedica  :  quest'  acqua  tiene  lontane 
le  stregonerie. 

Esistono  anche  varie  formole  di  scongiuro  per  allonta* 
nare  le  streghe  e  le  aneme.  Per  esempio: 

lisù,  lise  e  Maria  -  fora  de  casa  mia  ; 

Spiritu  immunnu-ju  lu  sprofunnu. 

Questi  ed  altri  simili  enti  fantastici,  conservati  dall'  iner- 
zia della  tradizione,  perdurano  nella  coscienza  di  tutti  i  voi* 
ghi  e  non  son  meno  creduti  anche  qui  in  Roma  (*)  ed  al- 
trove, e  molti  hanno  una  paternità  assai  lontana  nella  fantasia 
degli  antichi  volghi  italici.  Solo  le  figure  della  vecchia  mito- 
logia, entrando  nella  nuova,  hanno  subito,  come  dicevamo, 
qual  più,  qual  meno,  varie  modificazioni. 

A  torto  crede  il  Celesia  (')  che  il  nome  di  strega,  e 
quindi  anche  quest'  ente  favoloso,  colle  superstizioni  che  lo  cir- 
condano, sia  un'  importazione  de'  popoli  tedeschi.  La  parola 
strix  non  è  una  tarda  formazione  del  basso  latino,  ma  la  si 
trova  in  Petronio  (^)  là  dove  racconta  d'una  madre,  cui, 
mentre  piangeva  la  morte  d'  uno  suo  figliuolo  »  striges  eoe- 
perunt  »  il  cadavere  non  guardato,  in  cui  luogo  si  trovò  un 
mucchio  di  lordure;  la  si  trova  in  Apuleio.  Filologicamente 


(i)  Lem  Dt  Vasconcsllob  -  Tradic6e9  papuìaret  de  FortugaU  -  Borio  -  IJ- 
iftaria  portuente  de  Clavel  et  C.  /^^s-pa^.  161.  Vedi  anche  ptg.  73  ptrg.  163.  E 
qui  e  là  altre  credenze  intorno  al  santo  ed  alle  sue  virtù. 

(a)  Vedi  Bertolotti  -  Ripista  Europea.  Voi.  XXXIII.  pag,  581  e  legir. 

(3)  Storia  della  letteratura  in  Italia  ne'  secoli  barbari,  (  Genova  i88s  ;.  Pag.  i68. 

(4)  SATiiacoN  Capitolo  XV.  pag  i6oa  -  Biblioteca  degli  scrittori  latini.  Veneiia* 
Antonelli-1850. 


410  LUIGI  CASTELLAMI 

poi,  strigem  dà  benissimo  strega,  la  quale  vive  nella  fantasia 
di  tutte  le  nazioni  latine,  (Porteghese,  estria  —  Francese, 
éstrie  —  Valaco,  strigue  ecc.)  ed  è  quella  stessa  che  ci  di- 
pinge Petronio,  colle  medesime  attribuzioni  e  superstizioni, 
senza  che  nulla  v'  abbiano  aggiunto  o  mutato  i  Tedeschi. 

Un'altra  cosa,  dirò  cosi,  si  studia  il  contadino  di  tenere 
lontana  :  il  malocchio.  Il  guardare  con  occhio  d' invidia  chec- 
chessia può  portargli  infortunio.  Il  buon  villano,  per  accertarvi 
che  è  esente  da  ogni  mala  intenzione,  nel  lodarvi  qualcosa, 
aggiunge  sempre:  gnt  noccia.  Oggi  ignora  il  valore  letterale 
di  questa  frase,  poiché  il  verbo  nuocere  non  è  più  vivo;  ma 
questo  sa  e  gli  basta,  che  essa  salva  dal  malocchio.  Se  vi  fa 
vedere,  puta  caso,  una  vitella,  perchè  il  malocchio  sia  intera- 
mente scongiurato,  vi  costringe  a  toccarla.  Anche  i  Napole- 
tani ed  i  Siciliani  hanno  i  jettaturi  e  nella  provincia  di  Bova 
e'  è  r  espressione  :  ton  aporummiai,  gli  han  fatto  il  maloc- 
chio C). 

Il  contadino  marchigiano  non  meno  del  Veneto  e  del 
Mantovano  (  pesarolo  o  pesante  ),  del  Sardo  (  ammuntadure  ), 
del  Siciliano  (mazzamareddu),  dell'  Umbro  (eneo)  (')  ecc,  crede 
air  incubo,  cui  nomina  fantasema.  Il  quale  conobbero  anche  i 
Latini,  ed  il  nome  da  in -cubare  chiaro  ne  rivela  l'ufficio: 
forse  più  tardi  si  trasformò  in  uno  spirito  che  custodiva  i 
tesori  nascosti  sotto  terra,  e  per  indurlo  a  dire  dove  si  trovas- 
sero, bisognava  togliergli  un  pileo,  che  aveva  in  capo  ('). 

Nelle  Marche  V  incubo  incombe  sul  dormiente,  e  lo  af- 
fanna per  modo  che  può  appena  trarre  il  respiro,  e  volendo 
scuotere  tale  insopportabile  fardello,  sente  le  membra  irrigi- 
dite e  la  voce  gli  esce  flebile  come  un  soffio,  quasi  soffocata 
nella  strozza.  Secondo  testimonianze  (^)  più  tarde  V  incubo  dei 


(I)  MoKOit   Areh,  ghU.  Voi.  IV.  pag.  7. 

(s)  Flvchia.   „         „       „     Il   ptg.  IO. 

(3)  PiTRomo  -  SatirieoH,  Bibliotect  degli  tcrìttori  latini  -  Venesit  -  AotonelU 
1850  Gap.  XI  pag.  1550  M  Sed.  nt  dicnnt,  ego  nihil  scio,  scd  audiri  qnomodo  ìdcu-m 
n  boni  pileum  rapniaset,  et  theaaarani  invenit.  „ 

(4!)  Non  è  estraneo  nemmeno  ai  Portoghesi  :  Fetadéh,  è  «n  bkko  qìie  vem  iapar 
a  bóca  a  qtum  ettà  dormindo  O  Diabo  que  vem  con  una  canpuea  e  am  una  mào 
muito  petada.  (  Leiie  de  Vaseoneelios,  Op,  ciL  pag,  ago  ). 


TRADlZlOKI  POPOLARI  DI  MACERATA  4tt 

nuovi  volghi  romanzi  non  sarebbe  l' incubo- onis  di  Petronio 
e  di  altri  Latini,  ma  i  Silvani  (')  ed  i  Pani. 

Difatti  sant'  Agostino  : 

«  •  •  •  Silvanos,  Panes  et  Faunos,  quos  vulgi  incubos 
«  vocant  »  (  De  Civitate  Dei  ). 

E  Gervasio  di  Tilburi  : 

«  Multi  testantur  se  vidisse  Silvanos  et  Panes,  quos  in* 
«  cubos  nominant  a . 

E  il  Ducange,  alla  parola  Fauni:  (*)  «  Vulgo  incuboni 
vel  incubones,  a  Romanis  vero  Fauni  ficarii  dicuntur  ». 

A  noi  pare  che  tutti  questi  dei  silvestri,  più  o  meno  si- 
mili fra  loro,  di  forma  e  d*  aspetto  tanto  da  essere  scambiati 
e  confusi,  offrano  piuttosto,  almeno  sotto  V  aspetto  materiale, 
che  più  colpisce  V  animo  del  contadino,  simigiianze  e  punti 
di  contatto  non  pochi  col  diavolo. 

E  si  potrebbe  pensare  se  i  Satiri  e  Fauni  (  questi  simili 
a  quelli,  meno  che  si  rappresentavano  senza  peli  dal  mezzo  in 
su  )  colle  loro  coma,  co'  piedi  caprini  e  colla  coda,  non  siano 
stati  per  avventura  i  precursori  e  prefiguratori ,  per  cosi  di- 
re ,  del  diavolo  alle  plebi  italiane ,  e  che  quindi  quest'  ente 
mostruoso  quale  se  lo  figurano  i  contadini,  non  sia  che 
una  trasformazione  del  vecchio  Satiro,  maligno  e  malefico. 

La  pittura  che  ne  fa  il  Piron,  la  quale  è  conforme  al 
modo  di  rappresentarselo  de^  volghi ,  s'  adatterebbe  benis- 
simo anche  al  Satiro  ed  al  Fauno  : 

•  Il  a  la  peau  d'un  rót  qui  brulé,  » 

«  Le  front  cornu,  » 

«  Le  nez  fait  comme  une  virgule,  » 

«  Le  pied  crochu  » 

« et  pour  comble  de  redicule  » 

La  queue  I 


(i)  M  É  il  SilTtno  de*  Romani  come  dÌTinità  di  carattere  botchereccio  pastorale  „ 
„  ed  agreste  fcfir.  Preller-R6m.  myth.p  366  e  segg.  ;  che  più  urdi  il  popolo  con-  „ 
„  Terti  in  ana  specie  di /alleno,  ecc.  „  (  Arch.  glott.  voi.  II.  pag.  10  nou  s.  ) 

(a)  Gloitarium  ad  9criptort$  mediae  et  injlmat  latinatatU.  (  ParUiU  -  XM- 
dot  1840). 


4tì  tUtGI  CASTELLAMI 

Nelle  Marche  custodisce  ^nche  i  tesori.  Non  v'ha  chiesa 
abbandonata,  non  v'  ha  grotta  recondita,  dove  il  volgo  non 
creda  sieno  stati  deposti  immensi ,  favolosi  tesori ,  ma  per 
giungere  a  po^ederli,  bisogna  tórli  al  diavolo ,  che  vigila 
su  di  loro,  poiché  lo  spirito  del  male,  dopo  cent'anni, 
s' impadronisce  di  qualunque  tesoso  giaccia  sepolto  nel  grem* 
bo  della  madre  terra.  (')  Qua  e  là  ne'  rialzi  di  terreno,  nei 
colli,  son  sepolte  enormi  rote  d'  oro  de'  carri  d' antichi  e  po- 
tenti imperatori,  ma  quello  dallìe  corna  li  tiene  in  custodia. 

Esistono  foschi  scongiuri ,  esorcismi  orrendi  per  renderlo 
impotente,  ma  oggi  chi  li  conosce  più,  se  non  forse  qualche 
vecchia  versiera,  qualche  bruna  ed  annosa  maliarda,  che  non 
rivela  i  suoi  segreti  ? 

Del  resto  il  diavolo  è  spesso  anche  un  buon  diavolo  :  co* 
struisce  ponti  a  beneficio  dell'umanità  e  si  lascia  ingannare  come 
un  mercante  poco  abile  ed  avveduto.  Ricorda  la  leggenda  di 
S.  Niccola  da  Tolentino  colla  famosa  forma  dì  cacio.  Il  ponte 
esiste  anche  oggi,  e  questa  è  la  migliore  prova  del  fatto. 

E  pare  che  anche  altrove  non  sia  meno  buon  diavolo , 
specie  se  1'  ha  da  fare  coi  villani.  In  Sicilia  dicono  :  Cu 
hi  viddanu  mancu  In  diavulucci  potti  (*)•  Ed  anche  nel  Por- 
togallo gli  è  saltata  in  mente  la  bizzarria  di  mettersi  a  br 
re  il  costruttore  di  ponti.  «  È  creenza  popular  que  o  Dia- 
bo  construiu  muitas  pontes.  (  Ponte  di  Val-Telhas  e  Abreiro» 
AUiviada  ecc.  ecc.  (')  È  co^i  messer  lo  diavolo  è  l' eroe  di  non 
poche  fiabe  più  o  meno  morali,  più  o  meno  tetre  od  allegre, 


(t)  Tnoot  di  qacsta  crcdenzt  pottono  tont  tnehe  trotini  la  altri  ftttl  del- 
V  antichità. 

Il  Plutone  dei  Greci ,  dio  infernale  e  però  sotterraneo  »  si  ricollega  a  plutos 
(rlccbesza/,  e  Dite  de' Latini  è  contrazione  di  dives  (ricco).  Onde  anche  pe* 
popoli  classici  le  deità  infernali ,  sotterranee  .erano  nel  medesimo  tempo  deità  della 
ricchezia. 

(a)  PiTat  —  Biblioteca  delle  tradizioni  popolari  siciUane.  (  Palermo  1880  )  VoU 
Vm.  pag.  348. 

(3)  Ldte  de  Vatoonodlia  •  Tradicoea  popularea  de  PortngaL  Porto-CkTcl  e  C. 
i88a.  pag.  80.  paragr.  177. 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  413 

vincitore  d  vinto,  sempre  cavaliere  e  gendiuomo  perfetto,  os- 
servatore scrupoloso  de'  patti.  Dalle  maggiori  deità  della  vec- 
chia mitologia  è  restato  assai  poco:  Bacco  e  Diana,  frequen- 
tissimi nelle  esclamazioni  ;  come,  dove  più  dove  meno ,  in 
tutta  Italia.  Tuttavia  qua  e  li  non  mancano  accenni  ad  anti- 
^e  divinità,  espressioni  generiche  di  cui  il  villano  ignora  oggi 
sino  il  .valore,  che  solo  si  discopre  allo  sguardo  dello  studioso. 
Per  esempio,  la  seguente  : 

Pioif  negne  e  martinpi 

A  casa  à*  atri  non  ce  se  sta  vi. 

Quel  martinpè  è  evidentemente  :  Mars  imperata  Marte  im- 
pera. Oggi  i  Marchigiani  né  Marte^  né  il  verbo  imperare  han 
vivi  nel  loro  dialetto,  né  sanno  che  si  dicano  con  queir  ada* 
gio  consacrato  dall'  usò.  È  desso  V  antico  Marte  italico,  che 
feconda  i  campi  (  limen  sali^  secondo  una  recente  ed  ingegno- 
sissima interpretazione  del  carme  Arvale  )  (')  e  che  invoca  al- 
ternativamente i  Semuni,  come  sta  nello  stesso  carme.  Nelle 
campagne  sono  in  uso  i  numeri  romani  :  invece  di  dire  io  ho 
settant'  anni  si  dice  per  esempio,  io  ho  sette  croci.  Anche  V  il- 
letterato li  conosce,  forse  come  quelli  che  offrono  un  modo 
di  rappresentazione  numerica  assai  semplice,  e,  direi,  primor- 
diale: un  segno  per  unità;  il  cinque  V  è  la  metà  del  dieci 
anche  graficamente,  poiché  il  dieci  X  non  é  che  due  V  con- 
giunti per  r  apice  :  più  oltre  di  queste  prime  cifre  non  van* 
no  (')•  Forse  la  bilancia  con  cifre  romane,  tuttavia  in  uso,  o 
é  valsa  a  conservarle,  ammesso  che  anticamente  conoscessero 
una  numerazione  tanto  semplice,  o  vale  a  farli  imparare  oggi 
ai  villani. 

Sarebbe  ridicolo  nella  meschina  letteratura  orale  di  que- 
sti volghi  marchegiani  il  volere  andar  rintracciando,  fuori  del- 
le due  grandi  correnti,  pagana  cristiana,  altri  influssi,  come 
nelle  invasioni  barbariche,  nel  feudalismo  ecc. 


(t)  Dìtgmittaiiicnte  non  Kst  di  pabbllca  ragione.  Qui  non  pOMiamo  eht  tteen- 
narla,solo  per  qmoto  riguarda  la  nostra  citazione.  Sali  f in  lenao  attj  Tarrebba 
mouia,  ftoonda  —  timen  dal  green  leimón,  leimén,  il  campo. 

(a)  Simili  e^retaioni  ricorrono  anche  nel  Siciliano ,  ae  dobbiamo  credere  che  il 
Meli  abbia  deannu  dal  popolo  la  maniera:  che  all'  x  ed  ai  suo  meuo  *'  avvicina,  per 
dira  ai  15  anni. 


414  LU'G^  CASTELLANI 

È  esclamazione  comune  e  ripetutissima  fra'  contadini: 
Dio  delP  Edda.  É  una  reminiscenza  del  tempo  in  che  si  tro- 
varono a  contatto  co'  popoli  tedeschi  ? 

Resta  anche  tenace  nella  fantasia  dei  volghi  marche- 
giani  la  figura  leggendaria  di  Carlo  Magno,  il  re  Carlone  del 
Pulci,  che  non  fa  mai  nulla  e  si  lascia  condurre  pel  naso  da 
tutti.  Ne  vorrebbe  fa  quante  lu  re  Carlu,  per  dire  :  vorrei  fame 
d'  ogni  colore. 

Di  superstizioni  speciali  a  questo  o  quel  fatto  ed  even- 
to naturale,  se  ne  potrebbero  raccòrre  a  iosa  ;  ma  troveranno 
luogo  fra  proverbi,  di  cui  hanno  gli  intenti  e  la  forma  (  di 
incitare  a  fare  una  cosa  oppur  no,  di  stare  sull'  avviso  ri- 
guardo ad  un'  altra  ecc.  ). 

A  questo  mondo,  determinato  più  o  meno  da  due  diver- 
si influssi  e  delineato  qui  alla  rinfusa,  attingono  le  fiabe  mar- 
chegiane.  Si  muovono,  fosche  e  fantastiche,  a  forti  tinte,  ra- 
pide di  pensieri  e  di  fantasmi,  convulse  e  slegate,  senza  nessi 
logici  come  narrazioni  di  un  allucinato,  monotone  ed  eguali 
quasi  stese  tutte  sur  una  stessa  falsariga.  Cominciano  e  fini- 
scono allo  stesso  modo,  colla  stessa  frase   sacramentale. 

Lo  spirito  si  dilegua  sempre,  sprofondando  e  striden- 
do, con  un  guizzo  vivo  di  fuoco  (dette  un  lampu  de  focu 
e  spari)  chiusa  obbligata  e  convenzionale  anche  quando  il 
contadino  vi  racconta  l' apparizione  come  veduta  co'  suoi 
propri  occhi. 

In  questo  genere  di  fiabe  si  esercita  oggi  unicamente  lo 
spirito  intorpidito  e  sbigottito  del  contadino  marchegiano. 

Ma  ve  n'  ha  d'  altro  genere,  puramente  morali,  antiche 
le  più;  veri  e  propri  apologhi,  ne  conservano  il  carattere 
primitivo. 

Chi  volesse  poi  investigare  più  addentro  questa  lettera- 
tura orale  de'  volghi  marchegiani,  potrebbe  avere  una  prova 
di  più  del  fatto  abbastanza  dimostrato  dell'  unità  delle  lette- 
rature orali  de'  volghi  dell'  Europa  latina.  La  simiglianza  di 
alcune  credenze  marchegiane  con  altre  portoghesi  accennam- 
mo qua  e  là  fuggevolmente  ;  il  paragone  potrebbe  essere  esteso 
alla  Francia,  alla  Spagna,  alla  Rumenia.  Per  citare  un  esempio 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  415 

qualunque  fra  mille,  nella  bella  raccolta  delle  «  Légendes 
chrètiennes  de  la  Basse  Bretagne  del  Luzel,  si  trova  nel  vo- 
lume primo,  seconda  della  raccolta,  una  leggenda  dal  titolo  : 
Le  Bon  Dieu^  Saint  Pierre  et  Saint  léan,  che  qui  poco  im- 
porta riepilogare  :  ma  giova  invece  notare  V  ammaestramento 
che  essa  racchiude,  cioè  di  non  fidare  sulle  sorti  di  un  evento, 
per  certo  eh'  e'  sia  o  che  tu  possa  tenerlo,  poiché  —  Dio  no- 
lente —  sfuma  come  nebbia  al  sole,  e  dire  perciò  ogni  volta, 
quasi  a  rendersi  propizia  la  divinità,  se  Dio  vuole  (')  Lo  stesso 
Luzel  nota:  Les  paysans  ont  san  cesse  cette  frase  a  la  bouche^ 
quand  ils  espriment  un  disir  ou  un  Ispoir. 

Tal  quale  come  nelle  Marche,  dove  il  contadino  non 
dimentica  mai  in  simili  casi  questa  frase  augurale.  Se  anche 
qui  viva  una  leggenda,  un  racconto,  che  mostri  la  necessità  di 
questa  propiziazione  e  il  danno  che  conseguita  dal  non  farla,  io 
non  so:  ma  ci  dee  essere  stata  perchè  questo  fatto  lo  si  ri- 
trovi cosi  costantemente  diffuso  fra'  contadini,  i  quali  si  tra- 
smettono sempre  verità  morali,  ammaestramenti,  risultati  di 
esperienze  per  mezzo  di  fiabe,  novelle,  proverbi  ecc. 

Le  pagine  del  romanzo  lèanne,  dove  la  Sand,  fedele  rac- 
coglitrice —  si  legga  la  prefazione  —  narra  le  superstizioni 
borbonnesi  sulle  fate,  sulle  lavandaie  notturne,  sembrano  fiabe 
marchigiane. 

Cosi  il  Sortilegio  del  Giusti  ad  un  buon  Marchegiano 
sembrerebbe  la  copia  fedele  d'una  delle  sue  tante  fiabe. 

m. 

Proverbi 

I  proverbi  hanno  molta  parte  nella  vita  de'  contadini  ma- 
ceratesi, i  quali  amano,  specie  se  vecchi^  di  dare  consigli  in 
forma  grave  e  sentenziosa.  Ad  ogni  poco  ne'  loro  discorsi, 
ne'  loro  ragionari,  ricorre  la  frase:  come  dice  lu  proverbiu  o  cch 


(1)  Si  e'  ett  la  vohnie  de  Dieu  -^  serait  bona  ajoater  —  fé  peoM  dit  notre  Sa- 
iiTcr.  —  LvziL.  Lègtndea  chrctiéniiet  de  la  BasM  Bretagoe.  (  Paris  -  MaisocaeiiTe  et 
C|  1881  ;  pag.  7. 


4li  LUtèl  CASTBLLAHI 

ffu  diu  quilltt  (  quillu  per  disegnare  quel  qualunque  siasi  au- 
tore dell'  adagio,  che  poi  non  esiste  —  è  equivalente  al  si 
diu,  uno  dice,  on  dit.  )  Ma  questa  ricchezza  è  più  apparente 
che  reale:  il  vecchio  contadino,  lu  vergaru,  personaggio  sem- 
pre grave  ed  autorevole,  spesso  inventa  motti  arguti,  consigli 
in  forma  di  sentenza,  ma,  come  a  questo  lavoro  partecipano 
qual  più  qual  meno  tutti  i  vecchi ,  cosi  di  rado  —  se  ne  togli 
il  caso  di  qualche  piccante  novità  —  vengono  raccolti  e 
diffusi. 

La  più  parte  de  proverbi,  di  patrimonio  comune,  non  of- 
frono nulla  né  di  caratteristico,  né  di  veramente  marchegiano: 
appartengono  al  gran  repertorio  comune  romanzo;  tutt'  al  più 
—  se  mancassero  altri  elementi  —  darebbero  non  piccolo 
sussidio  agli  studi  fonetici,  ma,  per  novità  di  pensiero  od  acu- 
tezza d'  osservazione,  importanza  letteraria  non  hanno. 

La  Sicilia  —  forse  la  più  ricca  in  questo  genere  di  pro- 
duzione, o  per  lo  meno  quella  in  cui  relativamente  alla  sua 
estensione,  ne  sono  stati  raccolti  in  copia  maggiore,  come  mo« 
strano  i  non  pochi  volumetti  pubblicati  dal  Pitré,  ne  ha  una 
quantità  comuni  colle  Marche. 

Cosi  la  Francia. 

Le  Roux  de  Lincy  nel  suo  «  Livre  des  Proverhts  FranfO^ 
iSf  (')  in  due  volumi^  ha  diviso  i  proverbi  in  quattordici  classi, 
le  quali  rispondono  assai  bene  ad  un'esatta  e  rigorosa  divi- 
sione per  materia;  per  noi,  che  ci  occupiamo  di  una  picco* 
lissima  regione  d' Italia,  molte  di  quelle  ripartizioni  tornerebbero 
inutili,  e  però  li  raccoglieremo  sotto  tre  classi. 

I*  Proverbi  morali^  comprendendo  in  questa  categoria  an- 
che quelli  d' ordine  religioso,  e  quelli  in  genere  che,  in  un 
modo  o  neir  altro,  racchiudono  un  certo  incitamento  al  bene. 

2*  Proverbi  intomo  alla  natura  fisica,  al  tempo,  all'  anno, 
alle  stagioni. 

3*  Insegnamenti,  osservazioni  in  generale  e  superstizioni. 


(i)  Le  IWre  dct  Prorerbet  Frtnfaii  (9vì%*  A.  DeUhajrt.  1859  j  Voi.  L  pig.  i< 
nota  I. 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  417 

E|  poiché  i  proverbi  sono  di  loro  natura  brevi,  possiamo 
dame  sin  da  adesso  qualche  saggio  aUa  rinfusa. 

i)  A  stu  munnu  chi  piagne  e  chi  rìde» 

2)  La  anga  ha  ponta  d'orm 

3)  Cosa  fatta  per  forza  non  va  na  scorza. 

4)  Va  più  pa  e  cipolla  a  casa  sua  che  ricchezza  a  casa  d'atri  (i). 

5)  Do'  so  più  galli  a  canta  non  se  ùl  mai  jomu  (2). 

6)  L*  occhiu  de  la  padrò*ngrassa  lu  campu. 

7)  Non  e* è  sawatu  sinza  sole,  non  c'è  donna  sinza  amore. 

8)  Campa  caallu  che  la  ierva  cresce. 

9)  Preti  e  pugli  ammazzili  do  trulli. 

io)  Hoe  e  dà  lu  sole -se  marita  le  cucciole  -  pioe  e  negne-se   marita 
le  fantelle  (3). 

11)  Capigli  rusd  e  capigli  canè-livera  nos  Domine. 

12)  L'amore  e  la  tossa  non  se  nasconne  (4). 

13)  Sinza  fatica  non.se  ùl  cosi  (5). 
i4)  Occhi  non  ede,  core  non  dole. 
iS)  Chi  se  loda,  se  sbroda. 

16)  Chi  se  contenta,  gode. 

17)  Megliu  passeru'  n  gawia,  che  turdu*  n  frasca. 

18)  Li  frichi  e  li  pugli  sporca  casa. 

19)  Le  pere  moscatelle  non  so  fatte  per  li  porci. 

20)  Chi  agnellu  se  fa,  lu  lupu  se  lu  magna. 

21)  A  caallu  datu  non  glie  se  varda  immocca  (6). 

22)  Acqua  ferma  gran  iermini  e  chi  la  pesca  è  na  gran  pena. 

23)  Come  dice  quillu  che  da  l' incenso  a  li  morti:  a  parte  de  sotto 
che  glie  fa? 


(I)  Val  meglio  esier  gaudente. 
Non  avendo  omo  niente. 
Che  aver  lo  leool  tatto 
Dimorando  in  corrutto. 

Guitton  d'  Arezzo  D'Ancona  e  Comptretti  —  Le  antiche  rime 
volgari  (Bologna  i88r).  Voi.  II.  pag.  152  verso  36-30. 
(a)  Il  Boveae  invece  :  'S  to  spidi  pa  tragadai  i  padda  deo  ganni  mai  imeni. 
Nella  casa  ove  canta  la  gallina  non  al  fa  mai  giorno. 

(3)  A  Homa;  Piove  e  esce  il  sole  qaalche  vecchia  ia  V  amore. 

(4)  All'opposto  il  Veneto: 

Ù  amor  el  se  soonde  anca  de  drio  a  un  pomolo  de  ago. 

Ma  trova  una  riconferma  nel  Pulci  :- ( Morgante  Maggiore  Canto  IV.  Ottava  M), 

,f  E  disse  :  vero  è  pur  clie  I'  uom  non  possa  — Celar  per  certo  l'amore  e  la  tossa. 

(5)  Rien  de  bon  ne  se  fait  dans  ce  monde  sans  trave  il  et  sana  peine  —  (LuzeI  — 
op.  cit.  La  vieille  qui  voulait  faire  comme  le  Bon  Dieu  —  Voi.  I.  pag.  19.  ). 

(6)  A  ch2val  donne  ne  luy  regarde  en  la  bouche  —  Le  Rouz  de  Lincy  —  oper. 
dt.  —  Tome  1.  pag.  160  e  ancora  (pag  64)  A  cheval  donne  ne  dolt-on  dens  re- 
garder. 

Archivio  Storico  il*  37. 


4X8  LUIGI  CASTBLLAKl 

24)  San  Vartolotnmè  -  la  mimola  va  e  la  palomma  ve. 

25)  La  madonna  de  la  Cannerola  -  de  T  inverno  scimo  fora. 

26)  Oli  velia  o  comparì,  -  muta  pena  gran  suffiri  (i)» 

27)  Lo  male  vocca  a  livre,  esce  a  once  e  con  gran  pena  (2). 

28)  Nebbia  vassa  -  come  troa  lassa. 

29)  Qpanno  edete  le  nespole  piagnete -eh' ade  l'utuma  fratta  de 
r  esute. 

30)  La  donna  ade  come  la  castagna:  velia  fora,  bratta  drenta 

31)  Qpattordici  ne  &  la  capinera,  sette  ne  lassa  e  sette  se  ne  mena. 

32)  Ragghia  d'asena  non  riga  in  celo. 

33)  De^e  la  sarda  -  senta  an  tarda  -  desse  la  ceca  -  )a  la  eca  -  desse 
la  zoppa  :  caminamo  -  scimo  tre  che  la  rigama  (  tentare  di  fare  qaello  che 
materialmente  ano  non  paò  ). 

34)  Se  Dio  no  ole  -  franna  moe  non  se  pole  (3). 

35)  Li  ecchi  ade  come  li  frichi  -  daglie  qaello  che  ole. 

36)  Chi  spata  n  £icda  a  li  cristii,  fa  la  morte  de  li  ca. 

37)  No  spatà  per  aria  che  t' ercasca  sopra. 

38)  A  li  poritti  -  gli  entra  1*  acqua  pe  li  tittL  (4) 

39)  San  Martì  -  se  proa  lo  vi.  ($) 

4o).  L' emmaria  chi  -  sta  a  casa  d*  atri  se  n*  aca  via  •  non  dico  a  te^ 
cara  commare  -  succe  pare  qaanto  te  pare. 

4z)  Se  te  sogni  li  denti  •  morte  de  parenti. 

42)  Pa  d' an  joma,  vi  d' an  anna. 

43)  San  Lorenzo  da  a  gran  callara  poca  trica  (  tero»  tiris  -  terere 
tempos  )  poco  dura. 

44)  Se  se  vutu  lo  vi,  allegrìa,  se  se  batta  l' oglio,  disgrazia  t' ha 
da  ini. 

45)  Mormora  la  foca  •  de  chidù  se  dice  male.  (Q 


(1)  Roma  :  Chi  bèllo  vnd  oompaH  -  qiitldw  pena  Uiogiia  loi&l 
(s)  Che  aenn  tlcun  tormento 

Non  toma  a  gnarìgion  gran  malattia* 
<  Guitto»  d'  Aanso)  D' Ancona  e  Comparetti.  Op.  dt.  pag.  t6%,  verri  96-97. 

(3)  Senza  Dio  non  li  mnoTe  in  ramo  foglia  (  Lorenzo  de*  Medici  —  La  rappreien- 
taiione  di  San  Gioranni  e  Paolo).  Firenze  1859. 

(4)  Nd  BoTCse  :  'S  tu  ftokhu  yréhij  '1  ton  alóni  (  Al  poveri  piove  nel  granaio } 
(Arch.  glett.  Voi.  IV.  pag.  95). 

(5)  Veroli  —  San  Martino  —  sbuida  e  rappUa.  Oppilo,  latino.  Sarebbe  ntiliieimo 
che  qnalcnno,  ben  preparato  per  queste  ricerche,  studiaiee  di  proposito  i  dialetti  della 
Qoceria,  ne*  qnali  e'  è  oomenrato  un  numero  granditilmo  di  fraii  e  vocaboli  latlnL 

Ne  darò  qualche  esempio.  Il  verbo  pttert  vive  ancora 

Jssn  perchè  no  lopete?  Cur  ipso  non  petit? 

pi  un  mendicsnte  che  bussava  alla  porta  : 

È  uno  che  sta  a  piti 

Quidam  petit  (  petere^  chiedere  per  avere  )• 

(6)  Quando  o  lume  cometa  a  h$/ar ,  è  porque  estao  a  Mormunir  de  noe  eoe* 
(  Leite  de  Vasconcellos  -  Op.  dt.  parg.  64  pag.  35  e  seg.  j. 


TRADIZIONI   POPOLARI  DI  MACERATA  419 

46)  Chi  ama,  ha  timenza  (i). 

47)  Chi  ha  core  se  lu  caca. 


Canti  Popolari 

Qui  ci  si  presentano  le  quistioni,  cui  abbiatno  accennato 
nel  Cap.  i. 

a)  Questi  villani  della  provincia  di  Macerata  hanno  una 
vera  e  propria  letteratura  poetica  orale  ? 

b)  Esiste,  oltre  a  canti  lirici,  qualche  canto  eroico,  qual- 
che frammento  d'  una  qualunque  epopea  popolare  primitiva , 
o,  per  lo  meno,  non  mancano  in  essi  le  attitudini  al  racconto  ? 

Risponderemo  particolarmente  a  ciascuna  domanda. 

La  Lirica 

Poesia  popolare  primitiva,  ripeteremo  la  già  citata  sen- 
tenza del  Faurìel  —  esiste  dovunque;  vien  fuori  —  seguitere- 
mo col  D'Ancona  (prefazione  al  libro  «  La  scuola  poetica 
siciliana,  del  Gaspary  )  dovunque  è  volgo;  se  non  che  secondo 
le  varie  attitudini  de'  volghi  dà  prodotti  più  0  meno  copiosi,  più 
o  meno  vari.  Perchè  avrebbero  dovuto  mancarne  i  Maceratesi, 
o,  ad  allargare  la  questione,  i  Marchegiani? 

No,  poesia  popolare  e'  è,  e'  è  stata  ;  ma ,  come  altrove 
osservammo,  è  la  più  parte  antica.  In  quel  bel  tempo  antico, 
canti  allegri  e.  gioviali  fiorirono  spontanei,  belli  e  vivaci  come 
bocci  fiammanti  di  papaveri  in  un  campo  di  grano  (*). 


(i)  Ricchissimo  di  raffronti.  Vedi  :  GASPARy  —  La  scuola  poetica  siciliana  del  se- 
colo XIII.  LiTomo  -  Vigo  -  iSSs  pag.  56,  57. 

(2)  Bellissimi  parvero  al  Tomaseo  i  canti  popolari  marchigiani  e  non  isdegnò  di 
raccoglierne  alcuni  il  Sommo  Recanatese.  (  Gianandrea  Op.  cit.  -  Prefazione  pag.  1  ). 


420  LUIGI  CASTE  LLAKI 

È  antica  per  ragioni  fonetiche,  morfologiche  ed  anche  per- 
chè non  mancano  accenni  ad  istituzioni  cadute. 

Il  vecchio  spirito  marchegiano  de'  canti,  degli  stornelli  è 
quasi  muto  :  le  sue  voci  son  per  lo  più  voci  paurose  di  appa- 
rizioni, di  spettri,  di  streghe,  tutto  quel  mondo  di  cui  al  ca- 
pitolo: Fiabe  ecc. 

Quanto  alla  fonetica,  molti  fenomeni  recenti  o  le  fasi  ul- 
time di  un  dato  fenomeno  non  si  trovano  in  questi  canti: 

a)  Il  b  non  diviene  costantemente  v. 

b)  Il  V  originario,  sia  iniziale  che  intervocalico,  non  sem- 
pre cade,  come  avviene  nel  fonetismo  odierno; 

e)  C  é  ancora  oscillazione  fra  V  o  e  V  u  prodotto  dell'  o 
atono  finale  it,  che  oggi  è  u  ecc.  ecc.  ecc. 

Quanto  alla  morfologia: 

a)  V  articolo  non  è  sempre  lu^  ma  talvolta  el  ; 

Q  II  verbo  ausiliare  avere  ha  forme  regolari,  come  ho^ 
che  oggi  non  esiste  più,  dicendosi  aggbio  oppure  so,  collo  scam- 
bio frequente  degli  ausiliari. 

Quando  si  dice  antiche  non  s*  intende  già  V  antichità 
remota ,  il  che  pe'  canti  lirici  non  si  potrebbe  in  alcun 
modo  provare,  ma  qualche  secolo  fa,  e  per  alcuni  forse  as- 
sai più. 

Quanto  agli  accenni  a  cose  passate:  in  una  canzone  si 
parla ,  per  esempio,  dell'  imperatore  de'  Francesi,  in  un'  altra 
si  satireggiano  i  frati  che  saltano  le  mura  dell'  orto  per  fare 
all'  amore  (  i  conventi  son  soppressi  da  un  pezzo  )  ;  in  un'  al- 
tra del  cardellino  che   canta  suU'  orto  de'  frati  ecc.  ecc.  ecc. 

Questi  canti  sono: 

i.®  Amorosi  —  2.**  Satirici  —  ^.®  Di  soggetto  vario. 

1  primi  si  dividono  in  tre  classi:  canti  del  mattino,  dei 
mezzogiorno  e  della  sera,  perchè  altri  si  cantano  al  mattino, 
altri  al  mezzogiorno,  altri  alla  sera. 

Quanto  a'  satirici,  altri  sono  dispetti  semplici;  altri  de- 
spetti  a  vatoccu,  cioè  a  botta  e  risposta,  come  a  dire  contrasti, 
tenzoni  brevissime;  altri  invettive  e  sarcasmi  d'ogni  genere. 

Ci  ha  d'  ogni  varietà  metri,  ma  1'  endecasillabo  è  il  più 
comune  :  i  versi  spesso  rimano  due  a  due,  più  spesso  formano 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  4^1 

Ottave  e  sestine,  e  non  sempre  hanno  il  numero  voluto  di 
piedi  ;  talvolta  poi  fanno  semplicemente  assonanza  ;  talal* 
tra  è  usato  anche  il  settenario  doppio  o  martelliano;  in 
questo  caso  la  poesia  brevissima,  per  lo  più  di  una  o  due 
strofe,  si  chiude  con  un  quinario  ;  ma  né  V  ottonario  e  persino 
il  novenario  mancano  :  v'  ha  poi  delle  rime  pure  e  semplici , 
senza  alcun  riguardo  al  sillabismo  ed  all'  accentuazione  :  ca- 
ratteri e  segni  anche  questi  di  antichità. 

L'amore  è  certo  la  fonte  più  larga  di  canto  per  tutti  i 
volghi;  ma  esso  —  ha  detto  bene  un  chiaro  ed  argutissimo 
ingegno  —  ripete  molto  ed  inventa  poco. 

Son  sempre  gli  stessi  sentimenti ,  le  stesse  immagini,  le 
stesse  similitudini,  gli  stessi  motivi  poetici,  sicché  il  fastidio 
dopo  poco  ti  vince. 

Per  questi  rozzissimi  contadini  maceratesi  V  amore  non 
é  che  godimento,  non  é  che  sensualità  brutale  :  non  ha  scatti, 
voci  potenti,  accenti  ora  dolcissimi,  ora  terribili,  come  nel  mez- 
zodì d' Italia.  L'  amante  tradito  non  ha  deliri ,  imprecazioni , 
odi  feroci  come  la  donna  d' Arlena,  in  cui  lo  sdegno  prorom- 
pe davvero  con  forza  terribile,  (')  o  come  V  innamorato  bo- 
vese,  che  vorrebbe  come  una  mignatta  suggere  il  sangue  del- 
l' amante  infedele  : 


(i)  Fabio  Namnaiuclu  —  Studio  comptratiTo  sui  canti  popolari  d' Arlena.  ^Roma 
Sinimbcrghi  1871;  Pagine  ai  e  36. 

„  T'  ho  amato»  t'  ho  adorato,  non  lo  ne^o  »» 

„  Caro,  la  tua  beltà  più  m'  innamora,  „ 

n  Se  m' hai  lassato  e  cambiato  pensiero,  „ 

n  Parla  con  chi  tu  voi,  Tanna  in  malora  t  „ 

„  Fu  finto  l' amor  tuo,  non  mai  sincero  ;  „    ' 

„  Omai  dal  petto  mio  t'  ho  casso  fora.  „ 

„  Fu  finto  r  amor  tuo,  finto  il  tuo  riso  ;  ,« 

„  Per  un  perfido  ingrato  ti  discerno.  „ 

„  Vada  lo  sdegno  mio,  sempre  ne  vada  ;  „ 

„  Vada  lo  sdegno  mio,  vada  in  etemo.  „ 

„  E  se  andasiinio  insieme  in  Paradiso  „ 

„  Per  non  vederti,  sceglierei  V  inferno.  „ 
E  il  chiaro  prolieasore  giustamente  nota  :  „  Appetto  a  questo  sfogo  cosi  schiet-  ,» 
„  to  e  cosi  tremendo  del  giusto  sdegno  d' una  donna  tradiu  scoloriscono  i  tratti  più  „ 
„  passionati  de'  nostri  migliori  poeti.  „ 


422  LUIGI  CASTE;.LAK1 

Ma  quella  bona  giornata  à  da  venire  » 

Che  io  ti  succhi  il  sangue  come  una  mignatta  (')  », 
ma  lamenti,  sempre  lamenti  o  trivialità. 

Non  mancano  tuttavia  delle  espressioni  in  cui  V  innamorata 
(  regazza  come  nel  romanesco  )  è  esaltata  ed  idealizzata  con 
immagini  fresche,  vive,  colorite,  per  quanto  spesso  indetermi- 
nate. In  molte  canzoni  V  amante  è  chiamata  persecu  fioritu  (') 
(  la  pianta  che  offre  maggiore  giocondità  di  fioritura  )  e  gli 
occhi  di  palombella  sono  due  fontane  in  cui  si  dissetano  gli 
amanti. 

Ma,  dove  lo  spirito  marchegiano  si  esercita  con  particola- 
re predilezione,  dove  raggiunge  potenza  e  terribilità  singolare, 
è  nella  satira,  sia  che  armi  la  propria  rabbia  dell'  ingiuria  spie- 
tatamente atroce,  sia  che,  bonariamente  mite,  motteggi  riden- 
do, o  schiacci  addirittura,  fra  il  parere  ed  il  non  parere,  col 
ridicolo. 

Come  abbiamo  notato ,  appartengono  anche  alla  satira  le 
cosi  dette  catiT^ò  a  votoccu.  Che  cosa  è  la  can:^(me  a  baiocco  ? 

Quando  contadini  e  contadine  giovani  zappano  e  fanno 
altre  faccende  «  pe  li  campi  »  gli  uomini  rivolgono  aUe  donne 
un  complimento,  che  è  per  lo  più  una  villania  bella  e  buona, 
e  le  donne  rispondono  proprio  per  le  rime,  quantunque  le  rime 
spesso  manchino  e  ci  sia  tutt'  al  più  un'  assonanza  qualsiasi, 
poiché  —  giova  notarlo  bene  a  comprendere  meglio  la  lirica 
amorosa  —  il  villano  maceratese,  rozzo  e  trivialissimo,  ab- 
borre  da  ogni  gentilezza. 

E  spesso  non  son  nemmeno  mots  d'  esprit per  dirla 

con  una  frase  alla  moda  —  giuochi  di  frizzi  che  si  rimbalzino 
a  vicenda ,  no ,  son  per  lo  più  attinti  al  ricco  repertorio  la- 
sciato da  padri. 


(I)  Arch.  glott.  Voi.  IV,  pag.  79.  Ma  c'fni  imin  kali  ébji  nt  erti»  na  tu  tiro  to 
éma  sa  mnrfa  avdedda. 

(a)  Quesu  immagiae  però  noa  è  cacladTtmtnte  marchegiaiu,  ai  trora  anche  nelle 
Romagne  ed  altrove. 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  423 

V  Epica 

Ci  basteranno  poche  righe,  avuto  riguardo  air  indole  del 
nostro  studio  e  perchè  altri  tratterà  ex  professo  e  minutissi* 
mamente  tale  questione  (')• 

La  storia  di  Pietro  Baliardi  o  Valiardi,  (')  la  Cecilia,  Q) 
la  vita  di  sant*  Alessio,  (f)  le  vicende  di  Mastrillo,  la  canzone 
della  Donna  Lombarda  (f)  ed  altri  non  pochi  canti  d' indole 
narrativa  ci  permettono  dìi  affermare  che  attitudini  al  racconto 
al  volgo  maceratese  né  mancarono,  né  mancano. 

Ma,  intendiamoci. 

Certo,  molti  di  questi  canti  non  sono  nati  su  suolo  mar- 
chegiano  ;  ma,  trapiantativi,  hanno  dato  vegetazione  rigogliosa 
di  rami  e  di  foglie  e  preso  voga  e  sviluppo. 


BREVI  SAGGI  LIRICI 


Canti  Amorosi 

Voccuccia  ridarella,  spaccia  fon, 
che  de  Itt  pratu  sci  ierva  novella; 
r  i  fattu  '  n  vestitellu  de  colore 
drento  foderata  d'  artichella; 


(1)  Il  mio  pregio  tmioo  Ginieppe  Cestri,  scolare  come  me  del  Moosd.  E  qni 
colgo  V  occasione  di  rendere  pubbliche  grazie  all'  illastre  professore  de*  non  pochi  con- 
sigli onde  m'  ha  gioTato  in  questo  breye  saggio. 

(s)  PoEnto  Bakliamo  mago  salernitano  ^  D' Ancona  —  Varietà  storiche  e  let- 
terarie ^Milano,  Treves  1883  )  -"  S^*  I*  P*8*  >5  -  38* 

(3)  La  moglie  di  Crescensio,  a'  tempi  di  Ottone  III.? 

(4)  Gàston  pAKia — Rèeneil  dea  tniTaaz  originaax  on  tradniu  relatifs  a  la  filologie. 
Chiqniime  Fascicnle. 

(5)  Il  NiGKA  ha  dimostrato  esser  Rosmonda,  sposa  di  Albolnoi  primo  re  longobardot 
Vedi  anche  d'Ancona  (  La  Poes*  pop.  pag.  117  ). 


4^4  LUIGI  CASTELLAKt 

intomo  intomo  li  velli  laori 
ÙLtd  co  le  ma'  toe  carin*  amore; 
intorno  intorno  li  laori  tanti» 

£itti  co  le  ma*  tae  carin'  amanti. 

» 

V  ho  convertita  na  pietra  del  mare» 
fora  de  1'  acqua  1'  ho  £itta  venire» 
r  ho  convertita  na  pietra  rosdola»  (sic) 
non  s'  ole  conventi  sa  pianarola, 
r  ho  convertita  na  pietra  roscetta, 
non  s*  ole  converti  sa  joenetu. 

T  ord  portare  do  se  £i  la  guerra» 
dove  se  spara  li  corpi  mortali, 
dove  se  spara  li  corpi  più  forti» 
velia»  sci  nata  per  damme  la  morte» 
dove  se  spara  li  corpi  jentili» 
velia,  sci  nata  per  famme  morire. 

Cammera  Atta  de  tante  vellene, 
drento  le  tei  le  tue  colonne  d'  oro; 
porti  s'  occhietti  che  tira  le  frezze» 
quissi  capigli  allacci  a  file  d'  oro; 
noa  v'  amo  né  per  robba  o  per  ricchezze 
manco  1*  avisti  la  montagna  d'  orc^ 
t*  amo  per  quess*  angeliche  vellezze^ 
chi  ve  se  goderà,  ricco  tesoro  ? 
ci  hai  la  mamma  co  due  vionne  trezze» 
capigli  ricd  ncannellati  d'  oro» 
dc^  capigliu  va  quant'  un  ducatu» 
capigli  rìcci  d'  oro  incannellatu. 

Me  oglio  mette  a  piede  de  n*  ulivu» 
coglie  la  oglio  na  fiorita  palma; 
sd  vattezzata  al  domo  de  Fiorenza» 
che  di  vellezza  la  tieni  la  palma» 
che  di  vellezza  lo  tieni  lu  fiore 
per  tenetti  in  vracdu»  carin'  amore. 

Lu  passera  che  magna  lo  panico 
sempre  lo  capa  lo  più  minutello» 
cusci  voglio  £i  io  co  lo  mio  amore» 
capa  me  1'  oglio  piccolino  e  bello» 
me  r  oglio  capa  piccolo  de  pede 


J 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  425 

'  gni  piccola  scarpa  glie  sta  vene, 
me  r  oglio  capa  picculo  de  vita 
glie  sta  ve  gni  piccola  camisda. 

Bellina,  che  de  Napoli  veneste, 
passaste  per  lu  fiume  de  Toscana, 
mazzitta  de  garofoli  coglieste, 
d'  oro  e  d*  argento  doentò  la  rama, 
d'  oro  e  d'  argento  doentò  lu  fiore, 
tu  sci  nata  per  me^  carin*  amore, 
d'  oro  e  d'  argento  doentò  le  brance 
tu  sci  nata  per  me  carin'  amante. 

*  Per  la  strada  me  metto  a  camminare 
che  de  rigare  non  veco  quell*  ore; 
subitamente  che  io  rigo  a  Milano 
me  se  porti  la  collera  del  bollore,  ^sic) 
lei  me  disse:  che  hai  inutu  a  fare  ? 
ve  viengo  a  riverì,  carin'  amore  , 
ve  viengo  a  riverì  che  velia  scete, 
fra  tutte  r  atre  la  parma  portete, 
ve  viengo  a  riferì  che  velia  sciate 
su  tutte  r  atre  la  parma  portate. 

Per  mare  e  per  marina  oglio  glire, 

b  vita  de  lu  pesce  oglio  fare; 

lu  mani  che  sera  lu  miu  jardile, 

lu  pesce  che  me  ene  a  visdtare, 

oh  che  dirà  lu  poeru  meschinu  ? 

la  penitenzia  chi  te  la  fa  fiire? 

me  la  fisi  fare  n*  amante  crudele 

che  m'  ha  lassato  e  non  me  ho  più  vene, 

me  la  fa  fare  n'  amante  vivace 

che  m'  ha  lassato,  e  non  6  fii  la  pace. 


Canti  della  mattina 

Core  diletto  mio,  core  diletto, 
se  me  lassete  vu  cosa  ho  da  fare  ? 
me  conviene  d'  annà  in  un  deserto 
magna  la  ierva  come  n  animale; 


426  LUIGI  CASTBLLAKI 

CO  la  rasura  ce  fiiocio  la  letto, 
na  dura  jrfetra  per  lu  capeaxalc^ 
(oo)  n*  atra  pietra  ine  la  vatto  In  petto 
finché  r  occhitti  (tua)  non  £a  due  fontane. 
Se  la  fontana  non  pò  fa  du  fiumi, 
eseli&noUpofii  correnti, 
ae  la  lintema  non  po'  fa  due  lumi, 
e  se  li  &,  non  li  fiinno  {sic)  lucenti, 
la  vellinella  non  pò  ave'  du  amanti, 
e  si  li  anu,  no  li  &  contenti 

Scete  più  rosela  vo  eh'  un  malarandu, 

r  aete  le  fiittesxe  d'  un  limone, 

bdla,  lu  nome  tua  su  scritto  in  Frauda,  - 

su  lu  pakuBo  de  1'  imperatore^ 

che  lo  tenete  1  mio  core  in  yilanda, 

se  campa  per  miraculu  d*  amore, 

che  lo  tenete  il  mio  core  in  catena, 

morì  non  moro  e  provo  gni  gran  pena, 

che  lo  tenete  lu  mitt  core  a  nolo, 

morì  non  moro  e  goi  gran  pena  provo* 

A  la  mattina  quanno  lea  lu  sole 
più  se  nalxa  e  più  renne  splendore, 
£inno  cuscindra  anche  ste  velie, 
più  se  fii  granne  e  più  conosce  amore, 
più  se  £i  granne  e  più  se  fa  jentile 
come  le  rose  lu  mesce  d'  aprile, 
più  se  fa  granne  e  più  se  £i  galante, 
come  le  rose  rosee  fira  le  vianche. 

L'  occhi  turchini  ci  ha  la  palommella, 
fontana  che  bee  gni  pastore, 
non  ce  duii  nasce  tanto  velia, 
se  non  sapii  esercita  1'  amore, 
dice  che  te  6  £ire  monachella 
a  chi  lo  lassi  so  jentile  fiore  ? 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  427 

Canti  del  me^iogiorno 

Ecco  che  menujorau  se  vidna, 

la  sole  nanti  a  vu  fii  reverenzia; 

ve  fa  reverenzia  a  li  vizzi  che  aete» 

me  pare  che  un  chiaro  sole  intomo  jete,  1 

fa  reverenzia  a  li  vizzi  eh'  aate,  ^ 

me  pare  eh'  un  chiara  sole  intomo  }ate» 

fa  reverenzia  a  li  vizzi  eh'  ha  quine 

me  pare  che  un  chiaro  sole  de  mezzodL  (i) 

Canti  della  sera 

Ecco  lu  sole  se  ne  va  a  calare, 
esdte  fora  se  lu  vo  vedere, 
escite  fora,  persecu  fiorìtu, 
se  la  oli  ede  lu  sole  è  partitu, 
resdte  fora,  perseca  adomata, 
se  lu  oli  ede  lu  sole  è  calatu, 
resdte  fora,  persecu  e  vide, 
se  lu  oli  edè  calA  lu  sole 

Te  dò  la  bona  sera,  palommella, 
te  lo  domanno  s'  aete  cenato; 
r  ete  magnato  zuccaro  e  cannella, 
quanto  dora  d'  amor  lu  vostra  fiatu; 
r  ete  magnato  zuccaro  e  viole 
quanto  dora  d'  amor  lu  vostra  core, 
r  ete  magnato  zuccaro  e  spichette, 
quanto  dora  d*  amor  le  tue  bellezze. 

Tutta  de  stanotte  oglio  ji  cantanno 
na  canzonetta  in  quism^contumu, 
canto  per  una  che  me  vo  ve  tanto, 
sta  su  la  notte  e  se  more  de  sonno, 
e  le  lenzole  je  dice:  che  hai  ? 
troa*la  compagnia  che^dormirai, 
e  le  lenzole  }e  dice:  che  ete  ? 
troa  la  compagnia  che  dormirete. 


(1)  Stranamente  scorretta,  ma  la  canuno  tal  quale  l'abbiano  riportati»  É  anche 
qnetto  on  argomento  dell'  antichità  di  queate  canzoni. 


4^8  LUIGI   CASTELLANI 


DespetH 

Che  va  fiiceiiiio  tu,  merìo  de  fratta 
che  sci  Caiani  tanto  a  le  vassure  ? 
quanno  te  mitti  su  sa  velia  vesu, 
pare  che  mitti  la  sella  a  la  mula. 

Te  compatisco  che  sci  na  fraschetta 

eh*  ad  ogni  ventu  te  lassi  guidare, 

d*  amanti  ce  n'  aete  na  varchetta 

de  corto  tempu  ce  pò  £i  na  nae, 

fiicce  na  nae  e  portala  a  Nancona  (  Ancona  ) 

de  tanti  amanti  sci  rimasta  sola, 

£icce  na  nae  e  portala  a  Venezia; 

de  tanti  amanti  sd  restata  sinaa. 

Vaco  per  V  acqua,  ce  vaco  con  Rosda, 
ma  la  vrocchetta  la  daco  a  Terescia; 
vaco  a  sposare  ce  vaco  co  Rosda, 
ma  r  andlittu  lu  daco  a  Terescia. 

A  Id  glie  se  pò  dire  ata  colonna, 
eh*  aete  un  cor  de  pietra  e  no  de  donna, 
a  lei  glie  se  pò  di  colonna  d*  oro, 
eh*  aete  un  cor  de  pietra  e  no  d'  omo. 


DespetH  a  vatoccu 

(  I  più  importanti;  ma  noi  non  ne  abbiam   potuto  rac- 
corrò che  un  breve  saggio  quasi  insignificante  )• 

—  E  sutte  zitta  tu,  musu  a  piattella, 
e  fa,  cantare  a  me  che  so  più  velia. 

—  E  statte  zitta  tu,  musu  de  porcu 

e  ÙL  cantare  a  me  che  te  1*  immocco. 

—  Che  va  facenno  tu,  cioccu  abbrusdatu, 
eh*  ete  più  amanti  che  mosche  a  maceUu. 

—  Te  cridi  che  de  te  scia  nammorata 
pazzu,  do  r  t  funnatu  lu  cervellu. 


J 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  4^9 


Di  soggetto  vario 

Li  poeti  ciucculanti 
sono  poerì  e  sono  tanti, 
e  non  pole  ùl  V  amore 
che  le  sannale  ùl  rumore, 
ma  se  ha  che  conjuntura 
butta  le  sannale  fuor  de  le  mura. 
Oh  che  vellu  —  salterellu 
fa  lu  frate  1 

• 

La  bella  mulinara  per  lu  mulinu  va 
la  ruba  la  farina  con  tutte  e  do  le  ma; 
r  acqua  de  lu  mulino,  lo  grano  la  trastulla, 
r  amore  la  consula,  Ninetta  cara. 

Avanti  casa  tua  —  e'  è  narboreliu  d'  uà 
questa  è  la  dote  tua  —  se  te  o  marita, 
se  te  o  marita,  cocca  de  mamma. 

Su  r orto  de  li  frati  —  c*è  natu  un  fior  de  spi 
e  su  la  meglio  rama  —  canta  lu  cardili! 
canta,  cardeUu  miu,  cardellu  canta 


La  bella  montagnola  per  la  montagna  va 
la  trova  la  cicoria,  la  porta  a  rigala 
la  porta  a  rigala  —  a  la  conunare. 


A  la  poera  vicina  —  jcss*  è  morta  la  frichina 
e  la  porta  a  sotterrà  —  co  lu  duffiilu  su  le  ma. 


La  pertecara  nova  —  lu  £i  lu  surcu  vmttu 
e*  ha  da  £i  lu  marguttu  —  che  ce  laora. 


Per  mare  e  per  marina  vòjo  jire, 

vaco  per  la  piana  che  la  cosu  me  da  pena, 

e  se  troo  Nina  a  cena. 

pur'  io  vojo  cena,  Ninetu  cara. 


430  LUIGI  CASTELLAMI 

(  Insipidezze  senza  sugo  e  costrutto.  E  dire  che  da  tempo 
il  contadino  se  le  trasmette  religiosamente  come  tanti  tesori!) 


Di  alcune  città  e  paesi  delle  Marche. 

Macerata  da  li  vrugnolò, 
Cingoli  forò, 
Montecchia  tradito 
Pigna  de  le  scudelle 
Montemilò  de  le  figlie  velie. 


Brevi  saggi  epici. 
La  Cecilia. 

La  poera  Cecilia  —  piagne  pel  su  mari, 
gliel*  ha  messu  in  prìjò  -»  gliela  vo  £i  morì, 

—  Vanne,  vanne,  Cecilia,  —  vanne  dal  capita 
na  grazia  vò  per  mene  —  na  grazia  t*  ha  da  £1. 

—  Cara  sor  capitami,  —  na  grazia  vo'da  vò, 
scarcerete  *1  marìtu  — >  da  la  scura  pcijò 

—  Vanne,  vanne,  Cecilia,  ^la  grazia  faccio  a  te 
solo  una  notte  solo  —  vieni  a  durml  con  me, 

—  O  cani,  cara  spusu,  solo  una  notte  solo 
dormì  col  capitano  —  e  pò  sarò  da  te.  (  manca, 

comi  altrove,  la  rima), 

—  Vanne,  vanne.  Cedila,  -~  durmi  col  capita. 

—  Cara  sor  capitanu,  ^  sta  notte  so  da  voL 
...  La  mattina  s'  alza,  —  s'  af&cda  dal  balco 
co  na  camisda  vlanca  —  e  un  brao  sottanl 
troa  lu  maritu  mortu  —  taccatu  a  pennolò 

—  Cara  sor  capitanu  —  m*  aete  ben  tradì 
m*  ete  leato  1*  onore  —  la  vita  al  mi  mari. 


TRADIZIOKI  POPOI«ARI  DI  MACERATA  43 1 

Zitta,  zitu,  Cecilia  —  cbè  ce  so  io  per  te» 
prencepi  e  cavajerì  -*  tutti  a  faor  de  te 
—  Non  ojo  né  princ^,  oe  pure  cavajè, 
prenno  la  rocca  e  1  fuso  e  me  ne  sto  da  me 
Qpanno  che  sarò  morta  ^me  porti  a  soppelli 
a  san  Gregorio  papa  —  tre  mija  for  de  qui  (i) 
E  sopra  quella  fossa  —  ce  nascerà  un  vel  fior» 
morta,  mort'  è  Cedila,  è  morta  per  amor; 
e  sopra  quella  fossa  —  ce  nasce  un  tulipi, 
morta,  mort*  è  Cecilia  —  morta  pel  capita, 
e  sopra  quella  fossa  —  ce  nasce  un  fior  de  spi 
morta  mort'  è  Cecilia  ^  pel  duol  del  suo  mari. 


La  Domka  Lombarda. 

—  Ameme  a  mené^  donna  lommarda, 

—  com'  o  che  t'  ami,  se  V  ho  *1  mari  ? 

—  se  r  hai  '1  maritu  fallu  morire, 
£illu  morire,  t' insegnerò. 

...  Piglia  la  tesu  di  ^el  serpente, 
pistala  bene,  dagliela  A*ye^ 
quann*  arrìtoma  lu  t»  maxi. 
Ecc'  arritoma  lu  su  maritu, 
tutt'  insudatu,  morta  de  se 

—  Donna  lommarda,  va  a  caccia  1  vi, 
va  a  caccia  1  vino,  che  a  tanto  se. 
^  Ch'  ade  sto  vino,  eh*  è  'ntruvidè  ? 

—  Sera  li  troni  de  l' altra  sera, 
r  ha  introvidatu,  1*  ha  'ntruvidè. 
Parlò  un  frichinu  de  nove  mise! 

—  vabbu,  non  ve,  e*  è  lo  vele. 
»-  Donna  lommarda  biilu  tu 

—  Com'  ho  da  ve,  se.  non  ho  se  ? 

Con  questa  spada,  che  tìengo  al  fianco  t'amazzerò 

Cuscì  fa  le  donne  tiranne  al  su  mari 

Cuscl  ùi  lu  maritu  a  le  donne  tiranne.  (  qua  e  là  guasta  ) 


(1)  Qnett*  aceenno  topografico  potrebbe  appoggUre  in  eerto  modo  l' opinione  che 
ti  tratti  di  Stefania,  vedova  di  Crescenzio.  É  la  chiesa  di  san  Gregorio  Magno  al  CeBo,  Iq 
Roma  ?  Sorgendo  in  luogo  solitario  e  quasi  isolato,  ben  poteva  essere  eunslderata  dal 
popolo  quasi  Inori  di  Ronu  e  già  abbastanza  lontana  da  an  sito  eentralct 


432  LUIGI  CASTELLANI 

NOTE  —  La  Cecilia  —  II  D' Ancona  (  La  poesia  po- 
polare italiana  Livorao-Vigo  1878  pag.  119  )  giudica  «  V  ori- 
ginale o  almeno  quella  che  più  vi  ci  accosta  »  la  canzone  mon- 
ferrina,  che  si  chiude  con  questa  strofa: 

'N  vói  mai  pi  eh*  ra  nova  vaga 
Da  Milan  fin-nha  a  Paris: 
Spusèe  In  capitan -he 
Traditur  di  lo  miai  mari 

(FnaAao-Gtntipop.  Mooferrìm  (Toiii\f»^Firtatt  1878J  p.  98). 

Ora  la  canzone  marchegiana  è  più  completa  :  parecchie 
strofe  finali  nel  canto  monferrino,  come  ha  già  notato  il  Già- 
nandrea,  mancano. 

Ecco  quali  ce  le  dà  V  egregio  professore  di  Iesi  : 

—  No  no,  non  me  ne  curo 
De  cavalieri  e  capita. 
Prendo  la  rocca  e  '1  fuso 
Oiml,  oiml,  oimà 
Qjianno  che  sarò  morta 
Portème  a  seppellì, 
Là  'n  quella  pietra  quadra 
*N  dò*  su  lo  mio  mari, 
Là^'n  quella  pietra  quadra 
Ce  nasce  *n  gelsoml; 
E  la  Cecilia  è  moru 
Pel  duol  del  so'  mari. 
Là  'n  quella  pietra  quadra 
Ce  nasce  un  tulipà; 
E  la  Cecilia  è  morta. 
Tradita  da'n  capita. 
Là  in  quella  pietra  quadra 
Ce  nasce  'n  vago  fior; 
E  la  Cecilia  è  morta, 
E'  morta  per  amor. 

Chi  voglia  saperne  di  più  e  sia  vago  di  raffronti,  riman* 
diamo  alla  già  citata  raccolta  del  Ferrarp  ed  al  libro  bellissi- 
mo del  D' Ancona  ir  La  poesia  popolare  italiana  »  dove  è  an- 
che una  copiosa  indicazione  biografica  delle  non  poche  raccolte 
de'  canti  popolari  delle  varie  regioni  d' Italia, 


TRADIZIONI  POPOLASI  DI  MACERATA  433 

La  Donna  lombarda.  La  canzone  monferrina  ha  parecchie 
varianti,  e,  sotto  il  punto  di  vista  artisticoi  migliori  :  V  ultima 
parte  ne  è  più  completa. 


Mariankì 

—  Marìannl,  vel  Marìannl 

— -  do  ade  la  fanciulli, 

cb*aii,  cani  a  la  mamma, 

che  lu  jcttò  nel  Tecre? 

Passa  un  joene,  vel  cavaje  : 

*•  do  a  de  la  Mariannl  che  tuttu  1  munnu  dice 

che  scia  tanto  velia,  che  scia  tanto  velia  ? 

— >  Mamma  mia,  dite  un  pò*  piano,  perchè  nisciù  ce  senta, 

perciò  che  la  justizia  non  ce  vienga  a  prenne.  * 

Su  lu  meglio  de  lu  disco,  sente  a  vussù,  picchia  la  porta, 

la  velia  Mariannl  cade  per  terra  morta. 

La  pijò,  pò  la  legò  —  stretta  e  dura 

e  pò  la  riportò  — •  ne  la  prìjò  oscura  ; 

la  pijò,  pò  la  legò  ^-  stretta  e  forte, 

e  pò  la  riportò  — -  ne  la  prijo  a  morte. 

Seconn),  vel  seconnl,  porta  un  mazzu  de  carte 

a  la  velia  Mariannl,  eh'  o  jocà  a  tresette  ; 

seconnl,  vel  seconnl  ^-  porta  una  vianna 

a  la  velia  Marìannl,  che  va  in  quell*  atra  vanna. 

I  versi,  come  si  vede,  non  obbediscono  ad  alcuna  regola 
metrica  fissa.  Questo  canto,  nato  probabilmente  sulle  rive  del 
Tevere,  perdette  nel  travestimento  marchegiano,  ogni  misura  di 
verso.  Lo  si  può  arguire,  ad  esempio,  anche  da  questo:  che 
forse  originariamente  Tevere  doveva  far  rima,  una  di  quelle 
rime  che  fa  il  popolo,  con  cavali^r^  (  versi  4  e  $  )  ;  cosi  senta 
doveva  almeno  assonare  con  prende  (  versi  8  e  9  ),  ma  nel 
marchegiano  nd  è  passato  in  nn  ('). 


(1)  Vedi  cenni  fonetici. 
Archivio  Storico  II.  a  8. 


434  LUI^I  CASTELLANI 

La  LocaoLA 

Lucdola,  lucciola,  calla  calla 
dta  la  vreja  a  la  cavalla, 
la  caalla  de  lu  re, 
lucciola,  lucciola,  ve  con  mei 
che  te  daco  lo  pa  e  da  ve 
e  lo  vi  sa  la  canestrella, 
lucciola,  lucciola,  velia  veUa. 

Questa  ed  altre  simili  strofette,  che  si  potrebbero  rac- 
córre  a  iosa ,  per  taluno  hanno  maggiore  importanza  che  forse 
non  si  creda.  Le  proporzioni  del  nostro  tenue  lavoretto  non 
ci  permettono  di  fermarcisi  su  a  congetturare  di  probabili  ve- 
stigia mitiche  del  patrimonio  comune  proto  -  ariano  (i). 


APPENDICE 


A  rendere  di  più  facile  intelligenza  alcune  parole  di 
questa  crestomazia,  che  potrebbero  presentare  qualche  difficol- 
tà, stimo  utile,  più  che  spiegarle  per  singolo,  dare  qui  in  ap- 
pendice alcune  delle  caratteristiche  principalìssime  dell'  odier- 
no dialetto  maceratese. 

Basta  r  osservazione  di  pochi  fatti  generali  a  risparmiarci 
spiegazioni,  che  dovremmo  qua  e  là  ripetere. 

Questi  fatti  sono: 

Neil'  ordine  fonetico  : 

a)  Il  conservarsi  dell'  i  breve  e  dell'  i  di  posizione. 


(i)  Vedi:  A  De  Gabernttit  —  Storie  UniTertalc  della  letterttnra.  ^Milano,  Hoe- 
pU  1885  }  Voi.  IH.  peg.  Il  e  legg. 


TRADIZIONI  POPOLARI  DI  MACERATA  435 

Esempi:  nini  (niger)  —  pilu  (pllus)  —  pini  (plnis)  — 
minu  (mlnus)  —  strittu  (strictuS)  —  dittu  (dictus)  —  porittu 
(it  poveretto)  —  niistu  (missus,  it.  messo). 

^)  V  u  breve  t  V  u  in  posizione,  latina  o  romanza,  per 
lo  più  intatto.  (Spesso  per  efietto  dell' atona.  Vedi  §,  z). 
Esempi  :    gumutu  (cùbitus)  —  nuce  (nOcem)  —  ruu  (robùs) 

—  fiinnu  (it,  fondo)  —  munnu  (mondo)  —  tunnu  (tondo)  — 
juttu  (glutus)  —  runnola  (hirundo)  —  puzzu,  piummu,  mu- 
stu  (mosto)  —  mutu  (molto)  —  futu  (folto)  —  rusciu  (ruber), 

4)  L'  0  atono  finale  è  u. 

s)  Il  frequente  dileguo  del  v  primario,  sia  iniziale  che  inter- 
vocalico. Esempio  Aco  (vado)  —  eco  (vedo)  —  ole  (vuole).  — 
acca  (vacca)  —  itellu  (vitello)  —  ou  (ovo)  —  proa  (prova)  — • 
nou  (nuovo)  -^  Secondario,  (prodotto  dal  b)  si  conserva.  Esem- 
pi: vabbu  (babbo)  —  vasciu  (bacio)  —  voccò  (boccone). 

Omb  =  mm-Es.  palumma,   gamma,    |      comuni  .  tatti  i 

piummu.  /    dialetti  delle  Mirche 

^  fé  come  tali  dati  ao- 

KD  =  KK  —  »      quannu  ,     CantennU  ,    )     clie  dall'Aacolì  nelU 

r  1     aaa  ,,  Italia  dialet- 

tacennu.  I     tale. ,,  (  Arch.  glott. 

LD  =  LL  —  »     callu,  sallu  (saldo).     )         '  '  ^' 
:()  Influenza  dell'  atona  nella  determinazione   della  vocal 
tonica  e  dell'  atona  contigua. 

-  Esempi    Sigolare  pesce         —  Plurale        pisci 

»  cemece  »  cimici 

»  mesce  »  misci 

»  cece  »  cici 

»  unucu  »  unichi 

»  pubbnicu  A  pubbrìcbi 


s> 


meducu  »  medechi 


Maschile  rusciu        —  Femminile  rosela 
»        profunnu  »  profonna 

Verbo  — 
Crede  (  credere  ) 

Presente  —  Io  credu,  tu  cr/di,  quillu  cr«d«  —  nu  crtd/ma 
Perfetto  —  Crisi,  cridisti,  cridi  o  crese. 
Edè  (  vedere,  videre  ) 
Presente  —  Io  eco,  tu  idi,  quillu  ede^  nu  idima,  vu  eiete 


43  i  LUIGI  GASTBtLANI 

Imperfetto  —  tdia,  ed^ti,  eàme 

Perfetto  -^  /dtì,  idtsiìf  ednte  o  edd^ 

(  Fenomeno  importantissimo  questa  vera  e  propria  infe- 
sione  delle  vocali,  che  turba  molte  parole,  e  persino  la  con- 
jugazione  verbale  ) 

fi)  Influenza  di  consonanti  contigue.  Una  dentale  o  labiale 
media  (  d,  b  ),  preceduta  da  una  nasale ,  passa  nella  nasale 
corrispondente,  anche  se  appartenenti  a  due  diverse  parole.  E- 
sempi  :  um  -  moccò  (  un  boccone  ),  ma  lu  hocco  —  um  - 
masciu  (  un  bacio  ),  ma  li  vasci  (  i  baci  )  —  un  ni  —  un  di 
—  un  netu  (  un  dito  )  ma  le  deta.  (  Vedi  e  ). 

Neir  ordine  morfologico  : 

i)  Scambio  degli  ausiliari  essere  ed  avere  e  loro  uso  ìq- 
dififerente.  Esempio.  Puoi  dire  tanto  là  so  dittu  che  T  agghiu 
dittu. 

2)  La  prima  persona  del  perfetto  usata  per  la  terza. 

Esempio.  Quillu  annai  (  egli  andò  ) 

})  La  terza  del  condizionale  per  la  prima.  Io  farebbe, 
io  direbbe. 

4)  La  terza  del  singolare  serve  anche  per  la  terza  plurale. 

Queste  caratteristiche  generali,  qui  riassunte,  servano  an- 
che come  anticipazione  di  un  prossimo  studio  fonetico.  Qual* 
cuno  potrà  notare  che  non  tutti  i  £itti  sopra  accennati  si  ri- 
scontrano sempre  nelle  poesie  della  nostra  brevissima  cresto- 
mazia: è  vero,  ma  è  anche  una  conferma  dell' aflemiazione 
nostra  sull'antichità  di  quelle  poesie,  nelle  quali,  solo  qua  e 
là,  penetra  il  fonetismo  odierno. 


4M 


I  lESINI 


ALLA 


BATTAGLIA  DI  LEPANTO 


La  lega  stretta  dal  pontefice  Pio  V  tra  lui,  la  Se- 
renissima di  Venezia,  ed  il  Cattolico  di  Spagna  per 
deprìmere  la  feroce  baldanza  turchesca,  e  la  battaglia 
che  ne  segui  nell'  acque  di  Lepanto,  formano  una 
impresa  cotanto  memoranda  ed  ammirabile,  che  qua- 
lunque menzione  se  ne  trovi  ne'  documenti  contem- 
poranei merita  che  sia  premurosamente  raccolta  e 
pubblicata.  Cercando  negli  Archivi  lesini  per  altro 
scopo,  mi  vennero  qui  e  colà  sotto  gli  occhi  alcuni 
di  tali  documenti;  i  quali,  benché  non  siano  impor- 
tanti per  la  storia  generale,  lo  sono  senza  dubbio 
per  la  lesina,  facendoci  conoscere  nel  silenzio  de*  no- 
stri storici  e  degli  estranei  (  non  so  del  Guglielmot- 
ti )  qual  parte  presero  i  lesini  a  quelle  gloriose  ge- 
sta, che  salvarono  l'Europa  occidentale  dalla  bar- 
barie musulmana.  Perciò  son  venuto  nel  divisamento 
di  pubblicarli,  anche  allo  scopo  di  ricordar  certi  fatti 
e  persone,  che  oggi  da  molti  si  trascurano  o  si  di- 
menticano. 


43» 


Non  è  mestieri  qui  narrare  ciò  che  fece  il  pontefice  san  Pio 
V  per  concluder  la  Lega;  ma  non  si  può  tacere  che  questa 
fu  sottoscritta  il  20  maggio  del  1571»  e  che  tra  le  convenzio- 
ni era  quella  che  egli  darebbe  dodici  galee  ben  provvedute  di 
ogni  cosa,  tremila  fanti  e  dugento  settanta  cavalli.  In  occa- 
sione che  pubblicava  la  conclusione  della  lega  mandò  un  giu- 
bileo generale;  ed  allora  il  vescovo  di  Iesi  Gabriele  del  Mon- 
te ai  4  di  Giugno  dell'  anno  suddetto  promulgò  il  seguente 
bando,  che  diamo  insieme  agli  altri,  ove  non  si  noti  diver- 
samente, nella  grafia  ed  ortografia  moderna. 

„  Gabriello  del  Monte  per  la  grazia  di  Dio  e  della  Sede 
apostolica  Vescovo  di  Iesi.  —  Avendo  la  Santità  di  N.  S. 
mandato  fuori  cosi  amplissimo  giubileo  pubblicato  nella  nostra 
cattedrale  per  il  felice  successo  della  già  conclusa  lega,  e  per- 
chè si  deve  per  detto  efletto  fare  solenni  processioni^  le  quali 
con  la  Dio  grazia  si  cominceranno  domattina  e  si  andrà  a 
S.  Maria  delle  Grazie,  venerdì  a  S.  Maria  del  Piano,  e  sa- 
bato a  S.  Maria  del  Portone;  però  con  il  presente  publico 
bando  si  esortano  tutti  della  città  di  Iesi,  che  in  tali  giorni 
debbano  per  simile  effetto  adunarsi  nella  chiesa  cattedrale  e 
pregar  anche  il  Signor  Iddio  secondo  la  forma  del  detto  giu- 
bileo come  di  sopra  pubblicato.  Dato  nel  palazzo  episcopale 
il  4  di  giugno  1571.  —  Viso  Camillus  Archpbr  Rachana- 
ten.  —  Sigillo  —  Antonangelo  Gino  cancelliere  di  com- 
missione „.  (') 


(1)  Canc«ll.  Vescovile  di  Iesi,  Voi.  iig  Editti  1558-1579 


I  lESlKI  A  LEPAKTO  4391   . 

Ne'  giorni  adunque  5  6  7  di  Giugno  del  1571  i  lesini 
col  Vescovo,  col  capitolo  della  cattedrale  e  coir  altro  clero,  si 
recarono  processionalmcnte  alle  suddette  chiese  per  adempie- 
re ad  una  condizione  del  concesso  giubileo,  e  per  render 
grazie  al  Signore  della  conclusa  lega.  Le  chiese  sunnominate 
esistono  ancora,  rinnovate  o  cangiate,  alla  distanza  di  circa  un 
chilometro  per  ciascuna  dalla  cattedrale;  S.  Maria  delle  Gra- 
zie nella  direzion  di  libeccio,  S.  Maria  del  Piano  di  levante, 
S.  Maria  del  Portone,  oggi  S.  Giuseppe,  di  tramontana:  la 
prima  fu  rinnovata  intomo  al  1755 ,  ^'^^  seconda  nel  1728 
furono  tolte  le  navate  laterali  e  chiusa  la  cripta  sotto  V  aitar 
maggiore,  la  terza  fu  ricostrutta  circa  il  1595  :  anche  la  cat- 
tedrale fu  ricostrutta  di  pianta  fra  gli  anni  173 1  e  1741.  Il 
vicario  sottoscritto  al  bando  era  Camillo  Condulmario  arci-» 
prete  nella  Cattedrale  di  Kecanati,  e  il  cancelliere  era  da  Mas- 
saccio,  or  Cupramontana,  contado  e  diocesi  di  Iesi.  Non  sem- 
brino inutili  queste  note,  perchè  noi  non  iscriviamo  pe'  soli 
lesini,  ma  anche  per  coloro  ai  quali  queste  memorie  possono 
interessare. 

Le  galee  della  lega  già  eran  per  salpare  dai  porti  meri- 
dionali d' Italia  in  cerca  dei  Turchi  ne'  mari  del  Levante  : 
perciò  conveniva  invitare  i  fedeli  a  porgere  fervide  preci  a 
Dio  per  la  felice  navigazione  e  pel  prospero  successo  contro 
il  nemico.  £  il  Vescpvo  nominato  non  mancò  di  spronare  il 
popolo  a  sé  commesso  con  due  bandi  che  riportiamo,  pro- 
mulgati il  primo  il  30  di  Agosto,  il  secondo  all'  entrar  di  Set- 
tèmbre, r  uno  per  la  città,  1'  altro  per  la  diocesi. 

„  Gabriello  del  Monte  per  grazia  di  Dio  e  della  Sede 
„  apostolica  Vescovo  di  Iesi.  —  Trovandosi  la  cristianità  al 
„  presente  in  tante  calamità  e  pericoli,  come  ciascuno  sa, 
„  conviene  che  ogni  uomo  ricorra  all'  aiuto  divino ,  come 
,,  dobbiamo  far  sempre  in  tutte  le  altre  tribolazioni  nostre. 
„  Onde  ad  esempio  di  quel  che  N.  S.  ha  ordinato  nuova- 
„  mente  che  si  faccia  in  Roma  e  di  suo  ordine  espresso,  e- 
„  sortiamo  tutti  i  fedeli  dell'  uno  e  1'  altro  sesso  e  preghia- 
„  mo  per  le  viscere  di  N.  S.  Gesù  Cristo  a  voler  porgere  le 
„  sue  devote  orazioni  a  sua  divina  Maestà ,   e  con  digiuni  e 


44^  CMPfàMm  AanmujN 

M  penitMue  e  dìscipUoe  e  siiiiili  opere  pie  placare  T  in  del 
p,  Signor  Iddio,  e  supplicarlo  umilmente  che  si  degni  penkn 
^  nare  i  nostri  peccati,  e  liberandoci  dalle  presenti  tribola- 
„  xiom  e  pericoli  darci  vittoria  dei  comune  nemico.  —  £ 
,,  però  ordiniamo  e  comandiamo  che  ogni  vcnenfl  e  mattina 
„  cominciando  domenica  e  s^uitando  sempre  fino  a  nostro 
,,  altro  ordine  si  facciano  le  processioni  generali  dalla  chiesa 
^,  nostra  cattedrale  fino  a  S.  Maria  delle  Grazie  ;  dove  inter- 
„  Tengano  non  solo  tutti  gli  ordini  regolari ,  tanto  dentro 
^  quanto  fiiori  della  cittì,  ma  ancora  tutte  le  compagnie  e 
„  firatemite  come  si  costuma  nelle  processioni  generali.  E  pa- 
„  rimenti  tutti  artigiani  ed  altri  che  fanno  bottega  tanto 
„  dentro  la  città  come  nel  borgo  che  debbano  subito,  che 
sarà  finito  di  suonare  la  campana  maggiore  del  nostro  ve^ 
scovado,  desistere  dalli  loro  lavori  ed  esercizi  serrando  le 
loro  botteghe  e  quelle  cosi  serrate  tenere  fintanto  che  sa» 
raimo  finite  le  dette  processioni,  sotto  pena  di  uno  scudo 
per  ciascuno  e  ciascuna  volta  che  contrafarà ,  da  applicare 
per  la  metà  alla  compagnia  del  SS.  Sacramento  e  V  altra 
aUa  spezieria  di  S.  Lucia  di  questa  città;  esortando  ciascu- 
no a  venire  alle  dette  processioni  ed  avvenire  di  non  con- 
travenire a  quanto  di  sopra,  perchè  si  procederà  alla  detta 
pena  senza  remissione.  In  fede  etc.  Dato  in  Iesi  nel  palaz- 
zo nostro  episcopale  questo  di  trema  di  agosto  1571.  — 
Gabr.  Vesc.  di  Iesi  —  Sigillo  —  Antonangelo  Gino  can- 
celliere de  Commissione  Ilìmi.  „  (*) 

Questo  bando  fu  promulgato,  come  era  costume  per  gli 
altri,  in  più  luoghi  della  città,  premesso  sempre  lo  squillo 
delle  trombe.  A  queste  processioni  straordinarie  e  periodiche 
intervenivano,  oltre  il  Vescovo,  il  capitolo  della  cattedrale  e 
F  altro  clero  secolare,  anche  gli  ordini  regolari  e  le  confira- 
temite.  I  primi,  dentro  la  città,  erano  gli  Eremitani  di  S.  A- 


fi 

n 

99 

n 
9» 


tf)  CkMcn.  Vctc  di  leti  Voi.  100  ctrti  80  e  Vd.  519  EdMU  is$8hS79. 


1  UBSlMt  A  LBPAKTO  44! 

gostino  in  S.  Luca ,  i  Conventuali  in  S.  Floriano^  i  Domeni- 
cani in  S.  Antonio;  nel  borgo  allora  detto  Terravecchia,  ora 
Corso,  i  Carmelitani  in  S.  Maria  delle  Grazie ,  i  Frati  dei 
SS.  Paolo  e  Barnaba  in  S.  Giambattista;  fuori  del  borgo  e 
della  città  i  Minori  Osservanti  in  S.  Francesco  del  Monte,  e 
i  Cappuccini  nella  contrada  della  Sterpara*  Le  confraternite 
erano  quelle  di  S.  Lucia,  del  Buon  Gesù,  del  SS.  Sacramento, 
del  Rosario,  de'  SS.  Rocco  e  Sebastiano,  e  quella  cosi  detta 
de'  Poveri,  che  poi  si  chiamò  e  si  chiama  della  Morte  ed  O- 
razione. 

Il  primo  di  Settembre  il  Vescovo  mandò  im  altro  bando 
a  tutti  i  rettori  delle  chiese  per  la  diocesi,  il  quale  comincia* 
va  come  il  precedente;  ma  giunto  alle  parole  a  darci  vittoria 
del  comune  inimico  seguitava  nella  forma  che  qui  riferiamo,  e 
vi  facea  trascrivere  le  orazioni,  che  erano  praticate  nella  città 
secondo  la  sua  ordinazione. 

„  Il  modo  ed  ordine  che  si  dovrà  tenere  in  far  dette 
„  orazioni,  sarà  questo  secondo  che  altre  volte  è  stato  dato: 
„  tutti  i  giorni  festivi  o  innanzi  o  dopo  la  messa  grande 
„  quando  vi  è  maggior  concorso  di  popolo  si  facciano  le  prò- 
„  cessioni  o  intomo  alle  vostre  chiese,  o  intomo  al  coro  di- 
„  cendo  le  litanie,  le  quali  finirete  innanzi  T  altare  del  Sa- 
„  cramento  genuflessi  colle  solite  preci  ed  orazioni  da  noi 
„  datevi  : 

„  Aggiungendo  dopo  il  verso  che  dice  ui  inimicos  San- 
„  ctae  Ecclesiae  humiliare  digneris  gli  infrascritti  versicoli: 
„  videlicet 

,^  Ut  navigantibus  prò  populi  christiani  defensione  mare 
^  tranquillum,  portum  salutis  atque  victoriam  de  inimicis  fidei 
concedere  digneris.  Te  rogamus  etc. 

„  Ut  Sathanae  machinas  et  contraria  omnia  impedimenta 
et  universa  bella  conteras.  Te  rogamus  etc. 

„  Si  seguirà  il  rimanente  delle  litanie;  ma  in  luogo  del 
„  Salmo  che  comincia  Deus  in  adiutorium  meum  intende  » 
„  si  dirà  il  Salmo  qual  comincia  Deus  refugium  nostrum  et 
„  virtus.  Poi  si  diranno  gli  infrascritti  versi  e  responsori: 
„  videlicet. 


99 


99 


44^  GlOVAKNl  AMNlftALDI 

,,  V.  Salvos  fac  servos  tuos 


99 


R.  Deus  meus  sperantes  in  te 

V.  Nihil  proficiant  inimici  sanctae  fidei  chrìstianae  in  nobis 
R.  Et  filii  iniquitatis  non  apponant  nocere  nobis 
V.  Domine  non  secundum  peccata  nostra  facias  nobis 
R.  Neque  secundum  iniquitatcs  nostras  retrìbuas  nobis 
,,  V.  Eripe  nos  de  manibus  inimicorum  nostrorum 
yy  R.  Et  de  persequentibus  nos 
„  V.  Convertantur  retrorsum  et  revereantur 
,,  R.  Qui  volunt  servis  tuis  mala 
„  V.  Disperge  illos  in  virtute  tua 
,,  R.  Et  depone  eos  protector  noster 
,,  V.  Oremus  prò  Papa  et  episcopo  nostro 
9,  R.  Dominus  conservet  eos,  vivificet  eos  et  beatos  faciat  eos 

,y  in  terra  et  non  tradat  eos  in  manibus  inimicorum  suorum 
„  V.  Fiat  pax  in  virtute  tua 
„  R.  Et  abundantia  in  turribus  tuis 
,,  V.  Domine  exaudi  orationem  meam 
„  R.  Et  clamor  meus  ad  te  venia t 
„  V.  Dominus  vobiscum 
,,  R.  Et  cum  spiritu  tuo 

99  Insieme  con  queste  orazioni 
y,  I.  Pro  peccatis  :  Deus  qui  culpa  ofienderis 
,,  2.  Pro  summo  Pontifice:  Omnipotens  sempiterne  Deus,  qui 

„  facis  etc. 
„  3.  Contra  paganos  :  Omnipotens  sempiterne  Deus,  in  cuius 

„  manu  sunt  etc. 
„  4.  Pro  navigantibus:  Deus  qui  transtulisti  patres  nostros  per 

„  mare  Rubrum  etc. 
„  5.  Pro  pace:  Deus  a  quo  sancta  desideria.  etc. 

„  Le  medesime  litanie  e  preci  ed  orazioni  reciterete  la 
„  sera  dopo  compieta  genuflessi  innanzi  all'  altare. 

„  Li  di  feriali  similmente  tanto  la  mattina  alla  messa 
„  cantata,  quanto  la  sera  dopo  compieta  farete  il  medesimo. 

„  Li  giorni  di  domenica  nella  confessione  che  farete  al. 
„  popolo  fra  r  altre  cose  gli  imporrete  che  dica  tre  Pater  n<h. 
„  ster  e  tre  Ave  Maria,  pregando  il  Signor  Iddio  per  il  pre- 


1  lESiNt  A  LEPANTO  443 

,,  sente  bisogao  della  cristianità  e  che  si  degni  darci  vittoria 
,,  contro  i  Turchi  nemici  della  nostra  Santa  fede. 

y.  Tutte  le  messe  tanto  cantate  quanto  legende  (  sic  ) 
,,  direte  dopo  le  orazioni  che  corrono  le  due  seguenti,  una 
,,  cantra  paganos  che  è  la  sopradetta,  cioè  Omnipotens  sem- 
,,  piteme  Deus  mutando  la  parola  paganorum  in  Turcharum, 
,f  e  r  altra  prò  navigantibus  come  sopra. 

,,  Farete  oltre  questo  i  primi  tre  giorni  festivi  dopo  la 
fy  ricevuta  della  presente  le  processioni  più  frequenti  e  con 
,,  più  concorso  di  popolo  che  sia  possibile,  esortando  tutti  i 
„  fedeli  deir  uno  e  dell'  altro  sesso  alla  penitenza  orazioni  e 
y,  altre  opere  pie ,  per  le  quali  il  Signor  Iddio  ci  perdoni  i 
„  nostri  peccati  e  ci  dia  la  vittoria. 

„  Avvertirete  diligentemente  quanto  di  sopra  si  contiene 
„  osservare,  registrando  tutto  questo  né  vostri  libri  de  verbo 
„  ad  verbum,  notificandovi  che  tra  quindici  giorni  si  manderà 
„  un  visitatore  per  tale  effetto  solo;  e  quelli  che  saranno 
„  trovati  disobbedienti  saranno  da  noi  puniti  come  meriterà  la 
„  loro  contumacia.  Farete  a  tergo  di  questa  la  fede  della  rice- 
„  vuta  di  queste  a  luogo  a  luogo,  acciò  nessuno  possa  preten- 
„  dere  ignoranza.  State  sani ,  che  Dio  vi  guardi.  ^  Di  Iesi 
„  il  primo  di  settembre  1571.  Gabr.  Vesc.  di  Iesi —  Sigillo 
„  —  Antonangelo  Gino  Gancelliere  de  mandato.  (') 

Queste  preghiere  e  somiglianti  sortirono  il  bramato  ef- 
fetto nella  vittoria,  che  la  civiltà  cristiana  riportò  nelle  acque 
di  Lepanto  sulla  barbarie  mussulmana.  Era  il  7  Ottobre  del 
1571  giorno  di  domenica  e  circa  le  quattro  pomeridiane, 
quando  il  santo  Pontefice,  come  è  manifesto  per  le  Storie,  su- 
pernamente illustrato,  in  mezzo  ad  alcuni  cardinali  e  prelati, 
escamò  :  Gorriamo  a  render  grazie  a  Dio  nella  chiesa  :  il  no- 
stro esercito  consegue  la  vittoria.  E  veramente  la  conseguiva 
in  quel  giorno  in  queir  ora  precisa.  La  notizia  officiale  però. 


.  (OCaneell.  Vesc.  di  Iesi  Voi.  100,  earte  88,  89,  90  e  voi.  519  Editti  I558-1579« 


444  OlOVAimi  AKNlBALDl 

dicono  gli  storici,  si  fece  attendere  ventitre  lunghi  giorni  di 
guisa  che  non  giunse  a  Roma  prima  del  28  di  Ottobre.  U 
papa  stesso,  come  narra  il  Catena  '*  si  maravigliava  assai  che 
tardasse  tanto  a  venir  V  avviso  della  vittoria,  il  quale  final* 
mente  gli  venne  per  la  via  di  Venezia,  essendo  chi  dovea 
portarglielo  ritenuto  ne'  mari  di  Sicilia  da  contrari  venti.  E 
perchè  questa  notizia  officiale  venne  per  la  parte  di  Venezia, 
ove  giunse  il  19  di  Ottobre,  credo  che  l'avesse  prima  Iesi 
che  Roma;  altrimenti  il  30  del  suddetto  mese  il  nostro  Ve- 
scovo non  potea,  invitando  i  fedeli  a  render  grazie  a  Dio 
della  segnalata  vittoria,  promulgare  il  magnifico  bando,  che 
riproduciamo  qui  sotto  :  giacché  in  due  soli  giorni  non  sa- 
rebbe pervenuta  tal  notizia  da  Roma  a  Iesi. 

**  Gabriello  del  Monte  per  la  grazia  di  Dio  e  della  Santa 
„  Sede  apostolica  Vescovo  della  magnifica  città  di  Iesi.  —  Poi- 
„  che  la  molta  bontà  di  Dio  si  è  degnata,  non  riguardando 
„  a'  nostri  demeriti  e  peccati  nostri,  concederne  vittoria  con- 
„  tro  r  immanissimo  tiranno  Turco,  nemico  di  Dio  e  della 
„  nostra  Santa  fede,  con  grandissima  occisione  de'  suoi  e  po- 
„  chissima  de'  nostri  :  apparendo  si  da  questo  come  da  molti 
„  altri  esempi  delle  sacre  lettere  che  la  vittoria  è  nella  po- 
„  tente  mano  di  Dio  Signor  degli  eserciti,  il  quale  depone  i 
„  potenti  dalla  sede  loro  ed  esalta  gli  umili;  di  qui  è  che 
„  noi  avendo  ricevuta  questa  grazia  da  sua  divina  Maestà, 
„  siamo  obbligati  tutti  a  rendergli  quelle  grazie,  che  per  noi 
„  si  possono  maggiori  laudando  e  glorificando  il  Santo  nome 
„  di  Dio,  dal  quale  procedono  tutti  i  beni.  Per  questo  adun* 
„  que  non  volendo  noi  mancare  all'  officio  pastorale  di  ricor- 
M  darvi  sempre  le  cose  appartenenti  all'  onor  di  Dio  e  della 
„  salute  vostra,  e  per  conformarci  anco  colla  mente  di  N.  S. 
ordiniamo  e  vogliamo  si  faccino  dimani  che  sarà  mercoldl 
e  sabato  immediate  seguente  generali  processioni  ringra- 
ziando sua  divina  Maestà  di  questa  gloriosa  vittoria  ad  esal- 
„  tazioiie  deUa  fede  cattolica  e  a  depressione  del  suddetto  i- 
„  nimico,  cominciandosi  dalla  nostra  chiesa  del  vescovado 
„  infin  alla  chiesa  di  S.  Maria  delle  grazie.  Esortiamo  tutti  i 
,,  fedeli  cristiani  dell'  uno  e  deli'  altro  sesso  a  porgere  le  d$- 


» 


»> 


i 


1  lESlNI  A  LEPANTO  44S 

M  vote  orazioni  a  Dio  pe'  nostri  peccati,  e  ringraziarlo  con 
»,  tutto  il  cuore  de'  benefici  che  tutto  di  riceviamo  da  sua  di- 
9,  vina  Maestà,  ed  in  particolare  per  la  vittoria  nuovamente 
„  ricevuta:  comandando  ancora  che  in  dette  processioni  non 
^  solo  intervengano  tutti  gli  ordini  de'  regobrì  tanto  dentro 
M  k  città,  quando  anche  di  hiori;  ma  anche  tutte  le  compa- 
,,  gnie  e  fraternite  come  si  costuma  nelle  processioni  generali; 
„  e  parimenti  che  tutti  gli  artigiani  ed  altri  che  fanno  bot- 
„  tega  tanto  dentro  la  città  come  nel  borgo  che  debbano  su- 
,1  bito  che  sarà  finito  di  suonare  la  campana  maggiore  del 
^  nostro  vescovato,  desistere  dalli  loro  lavori  ed  esercizi  ser«* 
„  rando  le  loro  botteghe  e  quelle  cosi  serrate  tenere  sintanto 
„  che  saranno  finite  le  dette  processioni  sotto  pena  di  uno 
„  scudo  per  ciascuno  e  ciascuna  volta  che  contrafarà  d'  ap- 
„  plicarsi  per  la  metà  alla  compagnia  del  SS.  Sacramento  e 
1*  altra  metà  alla  spezieria  di  S.  Lucia  :  esortando  ciascuno 
a  venire  alle  dette  processioni  ed  avvertire  di  non  contra- 
venire a  quanto  di  sopra,  perchè  si  procederà  alla  detta 
pena  senza  remissione.  In  fede  etc.  —  Dato  in  Iesi  nel  pa- 
lazzo nostro  episcopale  questo  di  trenta  di  ottobre  i57i. 
Gabr.  Vesc,  di  Iesi  —  Sigillo  —  Gasparo  Manetti  Notario 
di  commissione  „  ('). 
A  questo  invito  certamente  i  lesini  risposero  con  gran 
fervore,  perchè  a  quella  vittoria  cooperarono  molti  de'  loro 
cittadini  e  contadisti  ;  e  perchè  depresso  il  Turco,  non  ne  te- 
mevano più  i  danni  che  spesse  volte  ne  avean  sofferti,  e  dei 
quali  continuamente  eran  minacciati. 

È  da  credere  che  i  lesini  in  buon  numero  e  con  gran 
volere  andassero  a  quella  gloriosa  crociata  perchè  vi  erano 
infervorati  e  spinti  da  molte  cause.  Quando  i  Turchi  scorraz- 
zavano per  r  impero  greco  e  conquistavano  Costantinopoli 
molti  dalmati  albanesi  e  schiavoni  impauriti  da  quelle  orde 


>» 
9* 

n 


(1)  Ctooell.  Vese.  di  Iesi  Voi.  100  cme  90  e  91.  Voi.  519  Editti  15 $8  —  I579« 


44^  GIOVANNI  ANKIBALDl 

barbariche  sì  gettarono  per  salvarsi  a  traverso  dell*  Adriatico, 
e  vennero  a  riparar  nelle  Marche,  ed  alcuni  di  essi  nel  terri- 
torio dello  stato  lesino.  Questi  per  la  loro  sozza   maniera  di 
vivere  e  di  cibarsi  importarono,  o  almeno   fu   creduto,   una 
crudelissima  pestilenza,  che  mieteva  le  vite  a  migliaia.  Iesi  e 
il  contado  nel  1454  ed  oltre  ne  furono  miseramente  desolati: 
oltracciò  perchè  que^  fuggiaschi  eran  miseri  e  tapini,  si  davano 
alle  ruberie  ed  anche   agli    assassinamenti  :    quindi   ne'  lesini 
r  avversione  per  essi  e  pe'  Turchi,   i   quali   avean   cagionata 
r  incomoda  e  mortifera  venuta  di  que'  rozzi  forastieri.  E  per- 
ciò quando  Pio  II  nel  1464   recossi  in   Ancona   per  salpare 
contro  i  Turchi,  queste  popolazioni  benedicevano  alla  magna- 
nima risoluzione  di  quel  papa.  E  cosi  quando  Sisto  IV  chie- 
deva ai  lesini  danari  e  legname  da  costruzione  per  la   flotta 
contro  il  Turco,  essi  davano  volentieri  danari  e  molti  tron- 
chi  d'  alberi  giganteschi  sorgenti  nella  famosa  selva,   ora  di- 
strutta, di  Gangalia.  Né  a  diminuir  V  avversione  de'  lesini  con- 
tro il  Turco  valsero  le  due  ambascerìe   del   medesimo,   che 
per  la  via  di  Ancona  recandosi  in  Roma  furono   ospitate   in 
Iesi  da  Piersìmone  Ghislieri ,  1'  una  il  22  novembre  del  1490, 
r  altra  il  16  maggio  del  1492:  non  valse  neppure  che  la  se- 
conda portasse  in  dono  al  papa  la  lancia,  che  trafisse  il  petto 
al  nostro  Signor  Gesù  Cristo.  Se  non  che  la  maggiore  avver- 
sione di  essi  contro  la  mezzaluna  si  originava  e   si   rinfoco- 
lava da  questo  che  le  piratiche  fuste  turchesche  lungo  il  lido 
marchigiano  sbarcavano  luride  orde  di  scherani,  le  quali  poi 
rapidamente  si  gittavano  sulle  popolazioni  vicine,  vi  commet- 
tevano ruberie,  incendi,  uccisioni ,  ricatti ,  ed  anelavano  ai  te- 
sori della  Santa  Casa  di  Loreto.  E  per  quelle   scorrerie  ma- 
landrinesche anche  i  lesini,  benché  non  molto  vicini  al  mare, 
aveano  avuto  qualche  discapito  e  paura.  Ma  questa  era  paura 
che  non  annighittiva  gli  animi,  anzi  li  tenea  desti  e  pronti  a 
liberarsi  da  que'  pericoli  e  danni  alla  prima  occassione  oppor- 
tuna; perché  i  lesini  son  di  animo  battagliero  e  di  mano  e- 
sercitata  nel  ributtar  le  minacce  e  nel  parare  e    restituire  le 
percosse.  E  tali  erano   specialmente   allora,   che   respiravano 
tuttavia  le  aure  del  quasi  Ubero  comune,  e  si  esercitavano  in 


I  lESINI  A  LEPANTO  447 

mostre  ed  in  opere  guerresche,  ultimi  aneliti  di  una  gioventù 
fervida  ed  attuosa.  E  perciò  quando  Pio  V  gli  invitò  a  quella 
spedizione,  accorsero  volenterosi  ed  ardenti.  Ad  accorrere  al- 
l' invito  di  lui  penso  che  li  stimolasse  ancora  la  ragione  spe- 
cialissima che  Pio  V  usciva  dalla  famiglia  Ghislieri  di  Bosco, 
ramo  parallelo  all'  altro  antichissimo  de'  Ghislieri  di  Iesi;  poi- 
ché r  uno  e  r  altro  germogliarono  dallo  stipite  nobilissimo 
di  que'  di  Bologna. 

Ma  quanti  lesini  accorsero  a  quella  nuova  crociata  ?  Do- 
cumento esplicito  e  diretto  non  ne  ho  trovato  ;  ma  si  può  con 
molta  probabilità  aflFermare  che  insieme  ai  contadisti  ve  ne  ac- 
corressero intorno  a  cento.  E  perchè  questa  non  si  creda  un'  as- 
serziona  gratuita,  dirò  che  un  documento  contemporaneo,  da 
cui  arguisco  questo  numero  e  traggo  altre  notizie  e  che  da  me 
sarà  riportato  più  innanzi,  ci  fa  noto  che  a  Massaccio,  castello 
del  contado  lesino,  per  quella  spedizione  toccarono  nove  sol- 
dati; che  ai  castelli  vicini  a  Massaccio,  cioè  a  Poggiocupro, 
Scisciano,  Maiolati,  Monteroberto,  Castelbellino,  e  Sampaolo 
ne  toccò  iasiememente  il  preciso  numero  di  sette.  Or  come  il 
primo  castello  nella  importanza  e  nella  popolazione  rappresen- 
tava la  decima  parte  di  tutto  lo  stato  lesino ,  ed  i  secondi  ne 
rappresentavano  la  decima  quarta:  Iesi  come  capoluogo  rap- 
presentava la  quinta,  e  perciò  è  ragionevole  1'  argomentare  che 
a  questa  toccasse  fornire  un  venti  soldati,  ed  al  contado  un  set- 
tanta ;  sicché  nell'  insieme  abbiamo  intorno  a  cento  soldati,  che 
dallo  stato  iesino  si  portarono  a  quella  guerra.  Il  numero  che 
dovea  fornir  la  città  e  ciascun  castello  certamente  fu  imposto  ; 
ma  gli  individui  designati  eran  liberi  di  andare  ovver  di  man- 
dare invece  propria  altri  che  avesser  le  attitudini  neces- 
sarie. Di  questo  ci  rende  certi  il  citato  documento,  il  quale 
inoltre  ci  dà  i  nomi  di  tre  soldati  del  contado,  ci  conta  la 
rotta  fatta  verso  Lepanto,  la  via  tenuta  nel  tornare,  che  fu  il 
mar  di  Sicilia^  lo  sbarco  nel  porto  di  Napoli  il  giorno  di 
S.  Martino.  Ivi  sbandatisi  i  nostri  per  tornare  a  casa  traver- 
sarono l'Appennino  in  mezzo  a  piogge  dirottissime,  e  giunsero 
a  Norcia  ove  perderono  due  commilitoni.  Di  là  insieme  ad 
alcuni  di  Cingoli,  di  Sassòferrato,  di  Corinaldo  crediamo  che 


44^  GIOVANMI  ANNIBALDI 

giungessero  alle  rispettive  patrie  circa  que'  giorni  in  cui  l*am* 
miraglio  delle  galere  pontificie»  Marcantonio  Colonna,  s'avea 
in  Roma  la  gloria  del  trionfo,  cioè  ai  4  di  Decembre  del  1571. 

Per  altri  cenni  occorsimi  da  più  anni,  di  cui  non  presi 
nota  ;  ma  che  per  la  parte  che  narro  tengo  impressi  nella  me» 
moria,  sappiamo  i  nomi  di  quattro  iesini  andati  a  quella  spe* 
dizione.  Il  primo  fu  Soldano  figlio  di  Francesco  Soldani  e  di 
Donna  Meridiana  sorella  cugina  per  parte  del  padre  di  Mastro 
Andrea  raffaellesco  pittore  lesino.  Egli  quando  salpò  pel  levante 
aveva  avuto  dalla  moglie  Fiodalisa  Fiorani  parecchi  figli,  ed 
insieme  alla  madre,  se  non  ricco,  si  vivea  in  onesta  fortuna. 
Credo  che  a  recarsi  a  quell'impresa  fosse  spronato  da' suoi 
concittadini  pel  suo  stesso  nome  e  cognome:  gli  avran  detto 
esser  molto  conveniente  che  un  Soldano  Soldani  adorator  di 
Cristo  andasse  a  misurarsi  con  un  Soldano  adorator  di  Mao- 
metto. Egli  andette,  ma  la  fortuna  gli  fu  nemica;  cadde  pri- 
gioniero e  fu  condotto  in  Valona  città  della  Macedonia.  La 
madre  come  il  seppe,  fece  tutte  le  pratiche  necessarie  per  li- 
berarlo, ma  i  Turchi  chiedevano  un  grande  ricatto:  ella  si 
rivolse  al  nostro  comune  per  averne  qualche  soccorso;  lo  eb* 
be:  ma  questo  non  bastando  all'  uopo  vendette  la  maggior 
parte  de'  suoi  beni  ;  per  liberare  il  figlio  divenuta  mendica 
nel  1573  implorava  qualche  limosina  dal  comune,  e  n'  ebbe 
otto  coppe  di  grano;  nell'  anno  seguente  la  implorava  ancora, 
ma  n'ebbe  due  coppe  soltanto;  da  indi  a  due  anni  soggiacque 
al  peso  degli  anni  e  della  miseria.  Il  reduce  suo  figlio,  benché 
occupasse  frequentemente  gli  oflBci  comunali,  come  quello  di 
priore,  di  console  del  giure  sommario,  di  capitano  de'  castelli, 
nondimeno,  punto  dal  bisogno,  nel  1576  chiedeva  soccorso  al  Co« 
mune,  e  questo  in  vista  dei  figli  gli  accordava  quaranta  scudi; 
nel  1590  impegnava  al  Monte  di  Pietà  per  un  fiorino  due 
veletti  di  tela  ortichina  con  frange  di  seta  ricamati  in  oro.  La 
sua  famiglia  e  quella  del  fratello  Angelo  si  estinse. 

Si  estinse  pur  quella  di  Pompesino  Pompesini,  il  quale  si 
ebbe  le  stesse  vicende  del  Soldani,  cioè  in  quella  guerra  fu  pri« 
gioniero,  riscattato  coli'  aiuto  del  Comune,  reduce  e  miserabile. 

Nondimeno  la  sorte  di  costoro  fu  men  dura  che  quella 


I  lESmi  A  LEPANTO  449 

di  Mastro  Francesco  da  Fano,  e  di  un  altro  lesino  di  cui  non 
ricordo  il  nome.  Il  primo  era  pittore,  il  secondo  non  so  qual 
arte  esercitasse:  ambedue  lasciarono  la  moglie  e  i  figli  per 
recarsi  a  combattere  il  Turco  ed  ambedue  vi  perdettero  la  vita; 
ignoro  se  per  ferite  ricevute  o  per  malattie  incontrate.  Le  loro 
vedove  dopo  alcuni  anni  menavan  vita  licenziosa,  e  il  processo 
che  se  ne  fece  ci  scoperse  la  sorte  toccata  ai  mariti. 

E  marito  e  padre  era  pur  Girolamo  di  Valerio  dal  ca- 
stello di  Sampaoloy  il  quale  sbarcato  a  Napoli  si  tornava  in 
patria  trascinando  il  corpo  sfinito  dal  disagio  del  viaggio  e  dal 
travaglio  delle  malattie.  Giunto  a  Norcia  non  potendo  conti- 
nuare il  cammino  fu  ricovrato  in  queir  ospedale,  e  poco  do- 
po vi  spirava  insieme  ad  un  commilitone  da  Corinaldo.  Mo- 
rendo raccomandò  al  cappellano,  che  lo  assisteva,  di  recapitare 
a*  suoi  eredi  una  qualche  moneta  che  portava  cucita  nella  so^ 
prana.  Un  commilitone  ne  portò  la  funesta  nuova  alla  famiglia 
affermando  che  in  Norcia  il  defunto  avea  lasciato  non  so  che 
danari  per  essa.  Ma  come  il  Cappellano  non  trovava  occasione 
opportuna  per  mandar  da  Norcia  que'  danari  agli  eredi  in 
Sampaolo,  cosi  questi  ne  mancavano  per  mandarli  a  prendere 
da  Sampaolo  in  Norcia.  Dopo  un  bel  circa  di  tre  anni  for- 
nendosi di  una  patente  o  commendatizia  del  Comune  potero- 
no mandarli  a  prendere  per  un  Loreto  da  Cascia,  che  abitava  ' 
in  Sampaolo,  e  tornava  per  alcun  tempo  nella  sua  patria. 

Ci  pare  qui  pregio  dell'  opera  riprodurre  la  commenda- 
tizia del  Comune  di  Sampaolo,  e  la  risposta  che  fece  quello 
di  Norcia  rimandando  il  danaro  per  lo  stesso  Loreto  da  Car 
scia.  A  far  vedere  la  differenza  della  lingua  parlata  e  scritta 
in  Sampaolo  e  in  Norcia  riferisco  i  documenti  nella  grafia 
degli  originali. 

Quattro  et  Massari  del  castello  di  S.  Paulo  conta  del- 
la magnifica  città  de  Iesi  —  A  tutti  et  singoli  che  le  in- 
frascritte nostre  perverranno  in  mano  o  legeranno  si  fa  in- 
dubitata fede  qualmente  Hieronimo  do  Valerio,  già  morto  in 
cotesta  vostra  terra  de  Norcia  in  V  Spedale  della  Nunziata 
„  o  altro  ospidale ,  è  veramento  homo  de  questo  nostro  ca- 
„  stello  ;  il  quale  tornando  dalla  guerra  contro  Turchi  in  ser- 

Archivio  Storico  U.  a 9. 


>9 

la 
99 


99 

» 
99 


450  GIOVANNI  ANNIBALDI 

,,  vitio  della  Sedia  apostolica  è  capitato  illi  et  ne  se  dice  de 
,,  certo  esser  morto  in  cotesto  vostro  ospidale;  et  perchè  è 
,y  homo  poverissimo  gravato  poi  de  bona  famiglia  saranno 
„  contenti  rendere  in  nome  delle  sue  herede  al  nostro  por- 
yi  tatore  de  questa,  che  sarà  Loreto  de  Domenico  da  Cascie, 
dar  quel  tanto  che  è  remasto  appresso  de  voi  delle  facultà 
del  suddetto  Hieronimo.  A  che  li  pregamo  et  exortiamo  haven- 
„  dogliene  poi  sempre  perpetuo  obbligo  et  saranno  ben  dati; 
et  a  corrobaratione  delle  premesse  cose  havemo  fatte  scriver 
queste  nostre  sopradette,  et  con  proprio  sigillo  fattegli  im- 
primere. Et  il  nostro  Signore  Iddio  li  contenti  —  Di  S.  Pau- 
lo il  di  3  de  febraro  1574  —  Sigillo  —  Io  Maoritio  lacobini 
de  commissione  delli  sopradicti  Signori  quattro  ho  scritto.  „ 
A  cui  da  Norcia  si  rispose  nel  tergo  dello  stesso  fo- 
glio; 

Magnifici  Massari,  Avemo  fatta  la  presente  perchè  T  an- 
no passato  vene  nello  nostro  Ospidalle  de  la  compagnia  della 
Misericordia  de  Norsia  un  soltato  imalatto  et  stette  paricchi 
giorni  amalalto  e  finalmente  morse  li  e  fo  benissimo  go- 
vernato tanto  de  cibi  spirìtualli  e  dategli  |i  Sacramenti  da 
,1  cristiano  :  e  nella  confissione  revelò  che  lui  avea  uno  scudo 
„  d'oro  cuscito  nella  soprana,  e  dise  allo  nostro  Cappellano  che  lui 
„  avea  caro  che  se  remanase  a  sua  fameglia.  E  perchè  la  no- 
,,  stra  Compagnia  ne  fa  d'  alemosena  et  vive  d' alemosina,  ve 
se  remana  lo  scudo  d'oro  per  lo  presente  portatore  de 
questa.  Vediatte  averlo  et  passamente.  A  questo  di  2  de 
„  Marzo  1574  —  Tullius  Desiderii  de  Norsia.  (*)  „ 

Il  nursino  Desideri  nel  riferito  documento  commette 
due  errori.  Secondo  lui  Girolamo  da  Sampalo  sarebbe  giun- 
to e  morto  in  Norcia  nel  1573,  e  vi  sarebbe  stato  malato 
parecchi  giorni.  Or  secondo  un  testimonio  oculare,  di  cui 
ora  daremo  la  deposizione,  vi  giunse  intomo  ai  primi  di  di- 
cembre del  1571 ,  e  mori  dopo  una  sola  notte  che  si  era  ri- 
coverato in  queir  ospedale. 


9% 


99 


^t)  GtncelJ.  Veac.  di  Iesi  Voi.  460  formilo  di  iìuctooU  non  nunerati. 


I  lESINl  A  LEPANTO  45 1 

Ed  ecco  il  curioso  documento  che  ci  ha  dato  occasione 
a  raccogliere  frettolosamente  ma  con  premura  queste  memorie^ 
D/  Medea  vedova  di  Girolamo  da  Sampaolo  dopo  diciotto 
anni,  della  morte  del  marito  trattava  di  passare  a  seconde  noz- 
ze con  Gianandrea  di  Antonio  dello  stesso  castello:  perciò  il 
primo  di  Agosto  1589  si  presentava  alla  curia  vescovile  per 
esser  dichiarata  in  istato  libero:  in  prova  di  ciò  mostrava  in 
originale  la  commendatizia  del  suo  Comune  già  mandata  a 
quello  di  Norcia^  la  risposta  di  questo,  ed  inoltre  producea  in 
testimonio  il  superstite  Domenico  del  fu  Tommaso  da  Mas- 
sacciOy  già  caporale  di  quella  compagnia,  in  cui  avea  militato 
il  defunto  marito:  e  quegli,  dopo  aver  giurato  sulle  scritture 
di  dire  la  verità,  facea  la  seguente  deposizione,  che  ci  sembra 
di  un'  importanza  più  che  lesina. 

„  V  ultimo  anno  del  pontificato  di  papa  Pio  V  si  co- 
„  mandavan  li  soldati  per  gir  alla  guerra  su  V  armata  contro 
„  il  Turco,  e  ne  toccarono  qui  al  Massaccio  nove  soldati,  et 
„  cosi  io  fui  eletto  caporale  et  andai  alla  detta  guerra,  et  avea 
„  sedici  soldati  tra  quelli  del  Massaccio  et  quelli  delli  altri 
„  castelli  vicini;  et  tra  li  altri  ci  venne  un  certo  Gironìmo 
„  da  S.  Paolo,  che  non  mi  ricordo  di  chi  si  dicessi,  ma  era 
,,  un  giovine  grande,  di  barba  conveniente,  et  potea  aver  cir- 
.ca  trent'  anni:  et  venne  alla  guerra  in  cambio  di  Fulvio  di 
Bartolomeo  di  Conte,  che  era  stato  comandato  per  uno 
„  qui  di  Masaccio  et  andammo  a  Y  armata  :  andammo  a  Cor- 
„  fu,  poi  al  Zante,  et  poi  alla  Cefalonia,  et  ultimamente  in 
„  quel  del  Turco  in  un  luogo  detto  Navari  (no)  et  sempre 
„  detto  Gironimo  fu  nella  mia  squadra.  Et  partiti  di  li  tor- 
„  nammo  a  Napoli  il  di  di  S.  Martino  et  ci  trattenemmo  sei 
„  di  et  havevam  patito  grandemente;  et  di  Napoli  ci  torna* 
„  vamo  per  terra  a  casa  perchè  eravamo  sbandati,  et  haveva- 
„  mo  sempre  il  tempo  cattivo  di  modo  che  tutti  li  soldati 
,^  quasi  erano  ammalati.  Ultimamente  quello  Gironimo ,  che 
„  era  ammalaticcio  per  aver  patito,  quando  fu  a  Montereale 
„  cinque  miglia  di  là  di  Norcia  peggiorò,  et  con  gran  fiitica 
„  lo  conducemmo  la  sera  a  Norcia,  et  per  esser  molto  maleri- 
„  dotto  lo  mettemmo  neir  Hospidale,  e  vi  stette  la  notte  li  : 


9> 
99 


45^  GIOVAimi  ANNIBALDI 

,,  et  quando  la  mattina  andammo  a  rivederlo  lo  trovammo 
)y  che  era  morto  lui  et  un  altro  da  Corìnaldo,  che  avea  nome 
„  Cecco,  et  cosi  io  me  ne  partii:  vedendolo  morto  io  non 
>9  ci  feci  altro.  Restò  bene  Giovannimaria  di  Amideo  dal  Mas- 
y,  saccio,  che  era  mezzo  malato  anco  lui  et  Sante  da  Corinaldo 
9,  fratello  di  quel  Cecco  morto  per  £u:li  sepellire  tutti  due. 
,,  Et  io  con  gli  altri  compagni,  che  eran  ceni  da  Cingoli  et 
^  da  Sassoferrato  et  da  altri  luoghi,  me  ne  tomai  a  casa  ;  et 
„  come  vi  ho  detto  il  detto  Geronimo  lo  viddi  mono  nel  detto 
„  hospedale  di  Norcia;  et  me  ne  rincrebbe  assai  perchè  1*  avea 
„  per  bon  amico  et  per  esser  galantuomo  ;  et  per  veriti  io  vi 
M  testifico  che  lui  è  mono  et  io  lo  veddi  morto.  So  bene 
„  che  lui  haveva  non  so  che  dinari  adosso,  che  io  li  dinundai 
„  a  quelli  de  V  Hospidale  per  riponarli  alla  famiglia,  ma  non 
„  me  li  volse  dare;  et  poi  non  me  ne  curai,  né  anco  non  ho 
^  per  dubbio  di  non  esser  biasmato:  et  venuto  qua  da  poi  ìncon- 
M  trandomi  con  quelli  di  S.  Paolo  et  Masaccio  et  con  Antonio 
„  de  Vannarino  li  dissi  che  Gironimo  era  morto  et  che  lo 
„  dicessi  alla  sua  famiglia  et  che  mandassi  a  Norcia  ne  V  hospi- 
„  tale,  che'  ci  era  rimasti  non  so  che  dinari  et  vedessero  di 
„  farseli  rendere  :  et  questa  è  la  verità  ('). 

Su  questo  documento  che  porta  tutti  i  caratteri  della  ve- 
racità parmi  opponuno  far  due  osservazioni  :  la  prima  si  è  che 
secondo  il  testimonio  la  rotta  verso  Lepanto  toccò  questi 
punti  cioè  Corfù,  Zante,  Cefalonia,  Navarrino.  L' ordine  geo- 
grafico esigge  che  il  secondo  sia  posposto  al  terzo  :  non  so 
se  lo  spostamento  venga  dalla  infedeltà  della  memoria  del  re-* 
duce  massaccese,  ovvero  dalle  galee  le  quali  per  avventura 
tennero  quel  cammino  retrogrado,  che  afierma  il  testimo- 
nio :  la  seconda  si  è  che  in  questa  deposizione  egli  non  fa 
motto  della  battaglia  di  Lepanto:  se  egli  vi  avesse  combattuto, 
Cenamente  non  si  sarebbe  fatto  sfuggire  V  occasione  di  notarvi 
la  sua  presenza  ed  azione  :  forse  egli  si  trovava  sur  una  galea 


(I)  CtnccO.  V<ie.  4i  Imì  VoU  460  formato  di  faidooU  noo  nomerttL 


I  lB3tNt  A  ÌBMNTO  455 

di  retroguardia,  e  cosi  non  concorse  prossimamente  alla  pu« 
gna.  Nondimeno  ei  parla  di  questa  spedizione  colla  franchezza 
e  compiacanza  di  un  ardito  soldato,  e  sembra  che  avrebbe 
ritentata  la  prova,  se  il  secondo  appello  di  Pio  V.  avesse 
sortito  il  suo  effetto. 

Il  pontefice  vedeva  che  la  battaglia  di  Lepanto  avea  di* 
mostrato  che  i  cristiani  potevano  vincere  i  Turchi,  ma  che 
non  gli  avea  depressi  e  sbaragliati  in  maniera  da  non  doverne 
temere  una  rivincita,  od  almeno  ulteriori  danni  e  minacce* 
Perciò  egli  volendo  cogliere  l'intero  frutto  di  quella  vittoria 
si  apprestava  ad  un'altra  e  più  formidabile  spedizione  contro 
r  occupatore  di  Terrasanta  e  persecutore  implacabile  del  nome 
cristiano.  A  tal  fine  il  pontefice  avea  bisogno  di  uomini  e  di 
danari  somministrati  dall'intera  società  cristiana,  e  perciò  il 
12  Marzo  del  1572  la  stimolava  con  un  breve,  di  cui  darò 
il  transunto  datone  dal  nostro  vescovo  a' suoi  diocesani  il 
giorno  21  dello  stesso  mese  ed  anno. 

„  Gabriello  del  Monte  per  la  grazia  di  Dio  e  della  sede 
„  apostolica  Vescovo  di  Iesi.  Conoscendo  la  santità  di  N.  S. 
„  Pio  per  la  divina  provvidenza  papa  Quinto  di  quanto  utile 
„  sia  stato  a  tutto  il  popolo  cristiano  la  Santa  lega  già  tra 
„  sua  Santità  e  il  Serenissimo  re  cattolico  e  l' inclita  Signoria 
„  di  Venezia  fatu,  si  per  la  già  dal  Signore  Iddio  concessa 
„  vittoria  dell'  armata  turchesca,  si  anche  per  il  bello  apparato 
,,  che  alla  giornata  si  vede  fare  ad  onore  e  gloria  di  sua  di* 
5,  vina  maestà  e  a  salute  ed  esaltazione  della  nostra  santa  fede 
M  cattolica  e  apostolica  ;  e  considerando  per  l' altra  parte  l' in- 
„  finita  potenza  del  crudelissimo  inimico,  il  quale  per  la  tante 
volte,  come  ognun  sa,  ha  afflitto  miserabilmente  molti  luo- 
ghi della  cristianità  e  che  a  voler  far  guerra  con  esso  lui 
^  si  ricerca  usarvi  ogni  studio  e  diligenza  e  grosso  esercito  e 
n  grandissima  spesa,  perciò  con  un  suo  Breve  dato  in  Roma 
„  li  XII  del  presente  esorta  ricerca  ed  ammonisce  tutti  i  fé- 
>9  deli  di  Cristo  che  o  con  le  proprie  persone  o  facoltà  vo- 
),  gliano  aiutare  questa  santa  impresa.  Ed  acciocché  ognuno 
^  facciano  che  questo  più  volentieri  conoscendo  da  Santità 
„  sua  con  doni  spirituali  e  temporali  esser  ricreati,  confidato 


n 


454  GIOVAMKI  ANKIBALDl 

* 

jy  Sua  Santità  nella  misericordia  dell'  onnipotente  Iddio  e 
9,  delli  beati  apostoli  Pietro  e  Paolo  e  neirautorirà  datagli 
),  da  sua  divina  maestà  di  sciogliere  e  legare,  concede  e  dona 
a  tutti  i  fedeli  che  aiuteranno  questa  santa  impresa  andando 
colle  proprie  persone  alle  proprie  spese,  o  non  andando 
loro  ma  mandando  alle  loro  spese  altre  persone  idonee 
,,  finché  li  soldati  di  sua  Santità  saranno  in  detta  spedizione, 
^,  e  a  quelli  similmente  che  andranno  colle  proprie  persone 
„  ancorché  vadano  all'  altrui  spese,  e  finalmente,  a  quelli,  che 
„  per  ciò  contribuiranno  congrua  porzione  delli  beni  ad  essi 
yf  concessi  da  sua  divina  Maestà,  la  pienissima  ed  amplissima  re- 
^,  missione  di  tutti  loro  peccati,  de'quali  saranno  confessi  e  con- 
„  triti,  e  la  medesima  indulgenza  che  li  romani  pontefici  hanno 
„  per  il  tempo  passato  concessa  a  quelli  che  segnati  colla 
,,  croce  andarono  al  sussidio  della  Terrasanta.  E  di  più  vuole 
,,  sua  Santità  che  li  beni  di  quelli  tali  che  andranno  a  questa 
f,  guerra  da  poi  che  saranno  andati  siano  sotto  la  protezione 
e  tutela  di  S.  Pietro  e  di  sua  Santità  e  di  tutti  arcivescovi 
ed  altri  prelati  della  chiesa  di  Dio,  e  non  possono  contra 
essi  sopra  li  beni  che  quietamente  possedono  sorgere  liti  o 
questioni;  ma  mentre  sono  in  detta  guerra  siano  integri  e 
„  quieti  ;  anzi  in  tutte  le  loro  liti  e  cause  si  debbano  dalli 
„  giudici,  innanzi  ai  quali  si  agitano  ,  soprasedere  in  esse 
yy  fintantoché  loro  non  siano  ritornati,  ossia  venuta  nuova 
i,  certa  della  loro  morte.  Vuole  ancora  che  non  siano  tenuti 
y,  ad  alcuno  per  le  usure  da  loro  promesse  anche  con  giura* 
„  mento,  ma  siano  assoluti  e  quieti ,  e  che  se  nessuno 
„  ardirà  contravvenire  sia  costretto  con  censure  ecclesiastiche, 
„  rimossa  ogni  appellazione,  anche  alla  restituzione  di  esse 
„  usure  volendo  che  li  Giudei  rimettano  a  questi  tali  le  usure 
^  che  lor  devono;  e  ricusando  detti  Ebrei  di  farlo  siano  privi 
yy  e  sospesi  del  poter  negoziar  co'  cristiani  e  conversare,  ed  a 
^  questo  anche  da'  principi  e  da  potestà  secolari  possano  esser 
„  costretti.  Comanda  anche  sua  Santità  a  tutti  Vescovi  Arci* 
„  vescovi  ed  altri  prelati  ordinari  de'  luoghi  che  debbano  pub^ 
„  blicare  questo  Breve;  e  perciò  con  la  presente  in  virtù  di  santa 
„  obedienza  ordiniamo  a  tutti  pievani  e  curati  della  nostra  dio* 


I  lESlKI  A  LEPANTO  455 

„  cesi  che  debbano  pubblicare  le  presenti  nostre  o  per  se  stessi 
„  o  per  li  predicatori  ne'  luoghi  che  vi  saranno  quanto  prima 
,,  potranno  acciò  venga  a  notizia  di  ciascheduno  facendo  la 
,»  mente  di  Sua  Santità.  In  fede  etc.  Dato  in  Iesi  il  di  21  di 
„  marzo  1572  —  Antonangelo  Gino  Cancelliere  di  commis- 
„  sione  „  ('). 

Questo  bando  stette  affisso  alle  porte  delle  chiese  per 
otto  giorni,  ed  inoltre  fii  pubblicato  da  tutti  i  parrochi  e  cu- 
rati o  per  se  stessi,  o  per  i  predicatori  secondo  che  Taveano 
nel  tempo  di  quella  quaresima. 

E  siccome  ho  potuto  raccogliere  i  nomi  de' predicatori 
del  suddetto  tempo  quadragesimale,  cosi  per  V  attinenza  che 
hanno  col  suddetto  Breve  per  la  publicazione  fattane,  li  no- 
vero qui  anche  in  servigio  di  chi  ne  fosse  vago.  Le  parroc- 
chie della  diocesi  lesina  nel  1572  eran  venti,  ma  si  predicava 
in  undici  soltanto;  ecco  i  nomi  de'  predicatori  e  de'  luoghi 
ove  predicavano. 

„  R.  P.  Fra  Vincenzo  da  Porli  domenicano   •    .    Cattedrale 
„  R.  P.  Fra  Livio  da  Porli  domenicano     •    .     •    Massaccio 
„  R.  P.  Fra  Bartolomeo  da  Bologna  domeni- 
cano        Montecarotto 

„  R.  P.  Fra  Tommaso  da  Modena  domeni- 
cano     Poggio  Sammarcello 

„  R.  P.  Fra  Marco  da  Monte  Falcone  domeni- 
cano     ••••...      Maiolati 

„  R.  P.  Fra  Giulio  da  Brescia  dominicano      •    Castelplanio 
„  R.  P.  Fra  Paolo  da  Virola  domenicano   •    .  Sammarcello 
„  R.  P.  Fra  Niccola  Fedele  da  Morrovalle  ago- 
stiniano    Musiano 

„  R.  P.  Fra  Paolo  da  •  .  •  (sic)  agosti- 
niano     Monteroberto  e  Castelbellino 

„  R.  P.  Fra  Giangiatomo  da  Morrovalle  agosti- 
niano       •••••••    Sampaolo 


(I)  Ctoecll.  VcK.  di  Iesi  Voi.  519  Editti  1558  —  >S79* 


45^  GIOVANKI  AMKIBALDI 

,,  R.  P.  Fra  Girolamo  da  Fano  conventuale  .  .  S.  Lucia  (')• 
Si  vede  che  allora  avean  la  prevalenza  i  domenicani, 
quindi  venivano  gli  agostiniani,  poco  vi  figurano  i  conven- 
tuali, e  nulla  gli  osservanti,  i  carmelitani,  i  cappuccini,  i  frati 
de  SS.  Paolo  e  Barnaba  che  pure  eran  stanziati  in  Iesi:  il 
papa  veramente  era  domenicano.  Egli  è  dunque  da  credere 
che  questi  predicatori,  quasi  tutti  domenicani,  facessero  del 
più  e  del  meglio  perchè  i  fedeli  rispondessero  all'  invito  del 
pontefice.  E  certamente  avrebbero  risposto  o  recandosi  o  man- 
dando contro  il  Turco;  ma  la  gloria  dei  potenti,  e  più  la 
morte  di  Pio  V  impedirono  che  si  cogliesse  V  intero  frutto 
della  battaglia  di  Lepanto. 

E  qui  come  tributo  di  lode  a  quel  magnanimo  pontefice 
riproduco  V  editto  che  il  nostro  vicario  generale  in  assenza 
del  Vescovo  divulgò  per  la  diocesi  ordinando'  V  esequie  e  i 
suffragi  pel  defunto  pontefice  e  le  preghiere  per  1'  elezione 
del  successore.  Il  papa  morì  il  primo  di  Maggio  del  1572,  ed 
il  bando  uscì  il  giorno  1 2  dell'  istesso  meso  ed  anno. 

„  Camillo  Condulmario  Arciprete  di  Recanati  dottore  di 
„  leggi,  di  Mons.  Vescovo  di  Iesi  Vicario  generale  —  Essendo 
„  che  la  morte  in.  tutte  le  anime  viventi  in  quanto  al  corpo 
sia  cosa  naturale,  e  che  nessuno  che  è  di  carne  possa  sebi- 
varia  ;  ed  essendo  piaciuto  a  Sua  divina  Maestà  con  il  debito 
mezzo  levar  via  dalla  presente  vita  il  SS.  Signor  nostro  Pio 
„  papa  Quinto  per  premiarlo  dell'  eterna  gloria  di  quanto  per 
„  suo  amore  ha  patito  in  questo  misero  mondo  ;  ed  essendo  an- 
cora che  nessuno  possa  dire  di  non  aver  bisogno  delli  pii  suf- 
fragi de'  fedeli,  cum  septies  in  dies  cadit  iusiusy  ci  è  parso  con 
il  presente  editto  ricordare  ed  esortare  tutti  religiosi  della 
nostra  città  e  diocesi  che  subito  al  ricever  di  questo  non 
manchino,  se  prima  non  1'  avranno  fatto,  far  le  debite  ese- 
quie per  la  morte  di  Sua  Santità  nel  modo   e   forma   che 


99 


99 

99 
>9 

99 


(1)  Caocell.  Vcsc.  di  Itti  Voi.  loo  carta  93  t. 


99 

99 


1  IBSINI  A  lepakto  457 

)>  pei^  gli  ^Itri  sommi  pontefici  sono  stati  soliti  fare.  —  E  per- 
„  phè  spesse  volte  consiste  la  salute  de'  popoli»  massime  circa 
la  cura  delle  anime,  dal  supremo  pastore;  e  conoscendo 
noi  per  esperienza  quanti  buoni  efietti  causi  un  buon  pa- 
store, e  che  il  Sig.  Iddio  ordinariamente  suol  disporre  circa 
„  V  elezione  del  sommo  pontefice  ;  però  noi  acciò  non  roan^ 
,,  chiamo  del  nostro  debito  pastorale  con  il  presente  editto 
,,  esortiamo  tutti  i  fedeli  deir  uno  e  dell'  altro  sesso  a  diman* 
,,  dare  perdono  a  Sua  divina  Maestà  di  lor  peccati  commessi 
ed  astenersi  dal  commetterne  delli  altri,  e  che  non  man- 
chino pregare  il  Signore  Iddio  pel  felice  stato  di  Santa 
Chiesa,  e  che  Sua  Maestà  si  degni  provvedere  di  un  pastore  il 
„  quale  sia  a  consolazione  delle  anime  pie,  ad  esaltazione  della 
„  fede  cattolica  e  apostolica  romana,  ed  a  flagello  delli  ini- 
„  mici  di  S.  Chiesa.  Comandiamo  perciò  a  tutti  religiosi  della 
,^  nostra  città  e  diocesi  tanto  secolari  quanto  regolari  in  virtù 
„  di  santa  obcdienza  e  sotto  pena  da  imponersi  ad  arbitrio 
„  nostro  che  nel  celebrar  le  messe  ed  altri  divini  offici  non 
„  manchino  fare  orazione  per  le  cause  suddette  ;  ed  alle  volte 
^  quando  non  saranno  occupati  e  sforzati  da  altri  offici  par- 
„  ticolari  debbano  dire  la  messa  prò  creatione  Summi  pontificis^ 
,,  che  è  nel  messale  nuovo  a  foglio  30  dopo  il  comune  San* 
„  ctorum.  Vogliamo  ancora  che  tutti  curati  della  nostra  diocesi 
^,  registrino  il  presente  editto  nelli  lor  libri  deputati  etc.  In 
„  fede  etc.  Dato  in  Iesi  il  di  12  maggio  1572  —  Viso  Ca- 
„  millus  Archpbr  rachanaten,  Vics  Aesinus  „  (*). 

Questo  editto  stette  affisso  fino  al  giorno  16  di  Maggio. 
Anche  allora  forse  si  avea  il  cattivo  vezzo  di  lacerare  gli  e-* 
ditti  pubblici,  o  di  staccarli  e  sperderli  ;  perciò  il  Vicario  vi 
appose  questa  minaccia  :  Non  amoveatur  sub  poma  excomunicor 
tianis. 


Cancell.  Veac.  di  Iesi.  Voi.  loo  earU  95  e  toI.  519  —  Editto  1858*1579. 


45  8  GIOVAKNl  ANKlBALDt 

?er  la  gelosia  de'  potenti  e  per  la  morte  del  pontefice 
non  si  prosegui,  come  dicemmo,  la  guerra  contro  il  Turco, 
ma  i  lesini  anche  dopo  molti  anni  eran  pieni  di  spiriti  guer- 
rieri contro  quel  nemico;  e  nella  speranza  di  esser  chiamati 
a  combatterlo  si  veniano  addestrando  alle  fazioni  campali.  E 
intendo  parlare  di  quelle  rappresentazioni  che  di  tanto  in  tanto 
soleano  fare  non  solo  per  onesto  ricreamento  dell'  animo,  ma 
ancora  per  T  esercizio' delle  forze  fisiche  e  per  rinfocolare  ne' 
petti  il  desiderio  di  misurarsi  contro  i  Turchi.  Nella  prima 
metà  di  febbraio  del  i6i6  era  caduta  moltissima  neve;  parea 
che  quel  carnevale  dovesse  passare  squallido  e  muto  ;  ed  in- 
vece dalla  stessa  diflicoltà  si  trasse  partito  a  fare  una  rappre- 
sentazione pubblica,  ma  non  immorale  né  irreligiosa,  bensì 
antiturchesca  e  guerriera.  Raccontiamola  colle  parole  di  un 
cronista  contemporaneo  alquanto  riforbite  delle  mende  gram- 
maticali. „  1616,  Febbraio.  Cadde  moltissima  neve,  ed  il  saba- 
„  to  di  carnevale,  che  siamo  alli  13  detto  le  stame  si  vendo- 
„  no  un  grosso  V  una ,  e  li  lepri  non  li  compra  nessuno. 
„  Nella  piazza  delle  beccherie  (')  si  è  fatto  un  baluardo  a 
>9  foggia  di  rocca  con  li  suoi  torrioni  e  merli  tutti  di  neve, 
„  con  la  torre  in  mezzo  che  certo  è  bellissima  alta  piedi  12, 
„  e  il  mastio  in  mezzo  piedi  15.  Alli  sedici  febraro  che  è 
„  r  ultimo  di  carnevale,  si  è  combattuta  ;  che  dentro  vi  era- 
„  no  trenta  persone  vestite  da  Turchi  tra  grandi  e  piccoli, 
„  una  donna  con  un  figliuolo  in  braccio,  e  quattro  schiavi 
„  colle  catene.  Dintorno  alla  fortezza  vi  era  sette  piedi  lon- 
„  tano  un  banco  di  neve  alto  piedi  4  ed  altrettanto  grosso, 
con  r  entrata  solo  della  porta  della  fortezza,  con  bandiere 
alli  quattro  torrioni,  ed  in  mezzo  alla  torre  in  cima  una 
testa  di  Turco  colla  celata,  che  fingeva  di  far  la  sentinella. 
Intorno  quattro  baluardi  di  cristiani  ;  uno  di  Tedeschi  tutti 
colle  alabarde  e  spade  a  filo,  uno  d'Italiani  tutti   colli  ar- 


99 

»> 
9> 


(1)  Oggi  questa  puzza  la  chiamano  del  Plebeadto  :  in  ordine  retrogrado  si  diate 
d«l  teatro»  della  morte,  delle  beccherie»  del  nontiro»o. 


I  lESlKI  A  LEPANTO  459 

chibusi  a  fuoco,  uno  di  Valloni  tutti  colle  picche,  uno  di 
Spagnuoli  con  l'insegna  grande  per  li  quattro  spigoli  della 
piazza.  Si  è  tirato  tra  una  parte  e  1'  altra  da  200  archibu- 
sate  e  da  20  cannonate  con  quattro  sagretti.  Alla  presa 
avendo  dato  ogni  quartiero  de*  cristiani  due  assalti  per  cia- 
scuno, i  Turchi  uscivan  fuori  con  spadoni  ed  archi  ed  ar- 
chibusi  :  poi  tutti  e  quattro  uniti  con  le  scale  han  dato 
r  assalto  di  dietro,  ed  otto  persone  han  messo  un  petardo 
alla  porta,  che  vi  era  il  ponte  levatoio  :  mentre  i  Turchi 
si  difendevan  di  dietro^  han  dato  fuoco  al  petardo,  che  ha 
fatto  una  botta  come  una  colubrina:  li  Turchi  buttavano 
addosso  ai  cristiani  palle  grosse  di  neve  e  di  capecchio  ap- 
piccato di  fuoio  e  tutti  li  merli  della  fortezza  fatta  di  neve  ; 
rivoltavano  le  scale,  e  li  cristiani  cadevano  in  terra  più  e 
più  volte,  ed  eran  quasi  coperti  tutti  di  neve  :  ma  ripreso 
animo,  montati  in  fortezza,  piantate  le  loro  insegne,  e  but- 
tate via  quelle  de'  Turchi,  li  han  fatti  tutti  schiavi.  La  fa- 
zione riuscì  maravigliosa  favorita  da  un  tempo  bellissimo  : 
tutta  la  città  vi  concorse  a  vedere:  i  tetti,  le  finestre,  la 
piazza,  ogni  cosa  era  pieno  di  uomini  e  gentildonne.  Mae- 
stro di  campo  a  cavallo  tutto  armato  era  Mess.  Bastiano 
Giulianelli  „  Q). 
Che  questi  esercizi  portassero  buon  frutto  si  vide  quattro 
anni  e  mezzo  appresso,  come  ci  vien  conto  dallo  stesso  ero- 
nistra.  „  1620,  Agosto.  Oggi  che  siamo  alli  29  detto  questa 
„  notte  la  guardia  (^)  ha  fatto  cenno  col  fuoco  correr  voce 
che  alla  marina  siavi  gran  quantità  di  vascelli  turcheschi  : 
e  la  nostra  torre  (')  qui  in  Iesi  ha  suonato  tutta  notte  a 
r  arme  e  ad  appiccar  il  fuoco  alli  gabbioni  :  tutta  la   città 


fi 


(1)  Bibliot.  PttnettL  Mem.  Ma.  di  Praoceaco  Minuzzi  carte  8  e  9. 

(a)  La  guardia  è  una  torre  fabbricata  circa  il  1350  ed  ancor  aorge  alta  metri  4^>50 
aur  una  collina  a  acirocco  di  leai  alla  diatanza  di  cinque  chilometri. 

(3)  La  torre  era  quella  del  palazzo  de'  Priori  coatrutta  circa  il  1550,  e  caduta  un 
aecolo  dopo. 


4^0  OlOVAUNI  AKNIBALDI 

I,  si  è  levata  in  arme,  e  Mons.  Baglione  nostro  Governatore 
,y  è  partito  due  ore  avanti  giorno  alla  volta  della  marina  con 
,,  molti  cavalli  e  cittadini  armati  :  ai  vecchi  che  sono  rimasti 
,,  ha  lasciato  io  custodia  la  città  sotto  la  direzione  del  Capi- 
yy  tano  Licinio  Manuzzi,  raccomandando  che  si  faccia  guardia 
,,  alle  porte,  perchè  si  sono  mosse  tutte  le  battaglie  e  la  ca- 
I,  valleria  della  Marca.  Il  Signor  Iddio  ci  aiuti  e  ci  liberi  da 
,,  questi  cani,  nemici  della  fede  cristiana.  Ed  (^gi  che  siamo 
„  ai  30  è  arrivata  qui  in  Iesi  da  Fabriano  una  compagnia  di 
,,  cinquanta  cavalli  certo  sono  bellissima  gente  e  vanno  alla 
„  marina.  La  soldatesca  nostra .  è  ritornata  tutta^  e  per  grazia 
j,  del  Signore  non  si  sa  altro:  solo  si  dice  che  i  Turchi  ab- 
„  biano  abbruciato  la  città  di  Manfredonia  „  (')• 

Avvenne  cosi,  perchè  i  Turchi  veduta  la  mala  parata  non 
isbarcarono,  né  si  diedero  a  depredare  le  popolazioni  littorali: 
nondimeno  si  stava  in  continue  apprensioni,  perchè  il  peri- 
colo dileguatosi  oggi,  ricompariva  domani. 

Da  queste  marziali  disposizioni  di  animo  i  potenti  Euro- 
pei potevano  trarre  bellissimi  partiti  a  debellare  il  Turco  ; 
ma  né  il  pericolo,  né  le  cure  de'  pontefici,  né  il  poema  del- 
l' immortale  Tasso,  né  le  tasse,  che  per  le  galere  si  pagavano 
dal  clero,  valsero  a  farli  risolvere  alla  umanitaria  e  perciò  cri- 
stiana impresa.  Anche  quando  i  Turchi  si  spinsero  baldan- 
zosi sotto  le  mura  di  Vienna,  fuori  del  Sobieski,  nessun  dina- 
sta occidentale  si  mosse  in  soccorso  dell'  Austria,  anzi  la  di- 
plomazia di  Luigi  XIV  non  solo  godeva  che  fosse  assalito 
r  Austriaco,  ma  anche  favoriva  V  Ottomano. 


(1)  Ibidem  cirte  34  e  35. 


I  lESlNl  A  LEPAKTO  4^1 


Appendice 


A  questa  breve  monografia  appiccherò  un'altra  notizia 
concernente  le  vittorie  dei  cristiani  sui  Turchi.  Essa  a  dir 
vero  non  appartiene  a  Iesi,  né  al  suo  contado  :  sibbene  al  vi- 
cino Staffolo  e  al  monumento»  che  questa  piccola  terra  eresse 
vicinissimo  ai  confini  del  territorio  lesino  in  occasione  della 
battaglia  di  Lepanto  e  dell'altra  combattuta  sotto  le  mura  di 
Vienna.  Questa  gran  vicinanza  ci  scusi  se  usciamo  fuori  dei 
termini,  che  ci  eravamo  proposti. 

Chiunque  dal  castello  del  nostro  Sampaolo  voltosi  a  mez- 
zogiorno salga  a  Stafiolo,  dopo  un  due  chilometri,  restandone 
uno  per  giungere  a  quella  terra,  sur  una  dolce  collina  si  vede 
sorgere  col  suo  campanile  una  chiesa  di  mediocre  grandezza 
da  quei  terrazzani  denominata  Castellaretta.  Eccone  in  com- 
pendio la  storia.  Sembra  certo  che  alla  battaglia  di  Lepanto 
si  trovassero  alcuni  stafiolani,  i  quali  tornatisi  sani  e  salvi  in 
patria  vollero  ad  una  col  resto  della  popolazione  mostrar  la 
loro  gratitudine  alla  gran  madre  di  Dio.  Fatto  sta  che  gli 
staffolani  lungi  dal  murato  un  chilometro  verso  maestro  nel 
luogo  che  abbiamo  designato  entro  il  1572  eressero  alla  Ver- 
gine, che  avea  data  la  vittoria  ai  cristiani  in  Lepanto,  una  pic- 
cola chiesa,  nella  tribuna  della  quale  fecer  dipinger  in  fresco 
la  Vergine  che  tiene  il  Bambino  in  atto  di  benedire,  ed  ai  lati 
S.  Rocco,  S.  Biagio  e  S.  Antonio.  Riportata  dal  Sobiesky  la 
vittoria  contro  i  Turchi  sotto  le  mura  di  Vienna,  i  devoti 
stafiolani  tolsero  occasione  anche  questa  volta  ad  onorar  la 
Madonna  delle  Vittorie.  Poco  dopo  il  1683  ampliarono  quella 
chiesa  allungandala  ed  allargandola  ;  ma  conservarono  l' antica 
che  unirono  alla  nuova  togliendo  alla  prima  soltanto  il  muro 
di  facciata.  Fregiarono  la  nuova  porta  di  buoni  conci  di  pie* 


462  GIOVANNI  ANNIBALDI 

tra,  sopra  la  quale  scolpirono  la  non  inelegante  iscrizione  me- 
trica, che  ci  attesta  quanto  fin  qui  abbiamo  narrato.  Eccola: 

Mille  et  quingentos  superabat  calculos  annos; 

Post  septem  decades  annus  et  alter  erat. 
Christiadum  classis  Thraces  cum  vinceret  hostes, 

Hic  tibi  parva  aedes.  Virgo,  dicala  fuit. 
Sed  fractos  iterum  Turcas  spectante  Vienna, 

Nobilius  templum  tunc  nova  forma  dedit. 

Decorarono  poi  l'interno  del  tempio  di  lodevoli  pitture: 
negli  ovati  laterali  rappresentaron  la  nascita  e  l'assunzione 
della  Vergine,  copie  di  due  quadri  del  Murillo:  nel  volto  si 
ammira  1^  presentazione  al  tempio  e  V  incoronazione  della 
stessa  Vergine  posta  dinanzi  alla  SS.  Trinità  e  intorniata  da 
glorie  di  angeli:  ovunque  motti  simbolici  e  trofei  turcheschi 
adomano  la  parte  superiore  della  chiesa.  Queste  pitture  fii- 
ron  fatte  dallo  lesino  Giovanni  Valeri,  di  cui  ci  rende  certi 
la  seguente  iscrizione  ivi  dipinta  —  Ioannes  de  Vaìeriis  aesi- 
nus  pingebat  17 )S-  ^g'^  ^^^  padre  a  quel  Cav.  Domenico  Va- 
leri, che  tanto  dipinse  in  Iesi  ed  altrove;  ed  avrebbe  dipinto 
molto  bene,  se  spesso  non  fosse  andato  in  esagerazioni  di  fi- 
gure e  di  ornamenti. 


Giovanni  Annibaldi 


463 


CRONACA 


DI   SER  GUERRIERO  DI  SER  SILVESTRO 


DE*  CAMPIONI 


DA  GUBBIO   C) 


Morto  el  Re  Alfonso  et  poi  el  papa  el  Conte  lacomo  che 
era  con  lo  signore  Conte  a  li  danni  del  S.  Mes.  Gismondo, 
chiamato  dal  castellano  de  Asissi  quale  era  catelano^  nominato 
Ramundo,  andò  ad  Asissi,  acupò  la  cetà  et  le  rocche,  di  poi 
ebbe  Nocera,  la  Valle  de  Topino  et  la  Terra  de  Gualdo: 
non  podd'e  bavere  ei  cassaro.  Eh  S.  Mes.  Gismondo  li  pareva 
essere  uscito  de  afanni  et  comenzò  a  levare  la  cresta  :  ebbe 
Saxocorbaro  per  tractato  :  andò  a  campo  a  Carpcgna  dove  el 
S.  Conte  lo  andò  a  trovare.  Non  lo  volle  aspectare  :  andò  in 
Montefeltro  et  guastò  Sicano  Ufigliano.  Non  volle  imperò 
afrontare  mai  dove  andesse  el  Signor  Conte. 

Facto  el  novo  Re  et  creato  novo  papa  el  Conte  lacomo 
se  retrasse  da  li  danni  de  la  ghiesia  et  tornò  a  la  sua  lassata 
impresa,  et  lui  et  el  S.  Conte  tolsero  più  castelli  de  quelli  del 
S.  Gismondo,  de   li  quali  la  più  parte  foro  abrusciati  per  la 


(1)  Gontiouuione.  V.  Voi.  I.  Fase.  UIi  pag.  S84  -  448. 


1 


4^4  MICHELE' FALOCI  PULIGMANI 

crudeltà  prima  usata  dal  S.  Gismondo  :  et  si  non  fosse  sopra- 
venuta la  vernata  el  S.  Gismondo  havea  malfacto.  Veduto  pure 
el  S.  Gismondo  non  bavere  altro  reparo,  se  dio  a  tractare 
con  lo  novo  papa  et  el  Re  per  mezanità  pur  del  duca  de 
Modena  la  pace. 

L'  anno  1459  el  Conte  lacomo  consegnò  la  cetà  de  Asis- 
si  et  le  forteze  liberamente  al  papa.  Dicto  anno  del  mese  de 
Febraio  el  papa  se  parti  da  Roma:   andò   a   Peroscia,   dove 
stette  per  alcuno  di;  di  poi  pani,  andò   a   Siena  dove  stette 
più  mesi  :  remesse  li  gentili  homini  in  lo  regiemento  :  parti 
da  Siena  ;  andò  a  Fiorenza,  et  li  andò  el  S.  Gismondo  per  la 
pace;  non  volle  stare  contento  al  giuditio  del  papa.  Parti  papa 
Pio  da  Fiorenza,  dove  li  era  venuto    a  Io   incontro  el  Conte 
Galeazo,  figliolo  del  Duca  de  Milano  con  gran  triunfo  :  a  Fio- 
renza foro  facte  gran  feste  in  lo  intrare  del  papa.  Andò  a  Bo- 
logna, et  in  so  compagnia  el  Conte  Galeazo  :    da  Bologna  a 
Ferara  et  poi  a  Mantova,  et  el  S.  Gismondo  con  lui  cercan- 
do la  pace,  la  quale  recusò  per  prima  tanti  anni.  Papa  Pio  a 
Mantova  aspectò  le  ambasciane  de  li  reali  et  principi  de  cri- 
stiani  per   ordenare  la   impresa   contra  el  turco.  Dio  voglia 
n'  abbia  honore.  Dicto  anno  1459  a  di  vij  de  augusto  essendo 
pure  el  S.  Gismondo  a  Mantova  per  cercare  la  pace,  el  Conte 
lacomo  con  li  soi  et  parte  di  quelli  del  S.  Conte  curse  a  Rimino 
et  intrò  tra  Rimino  et  Bellaire  San  Vignano,  et  Santo  Arcangiolo 
et  guadagnò  gran  quantità  de  bestiafne  grasso,  tra  quali  eie  foro 
mille  paia  de  boi  da  giogo  et   da   carne  ;  cento  pregioni  da 
Taglia  et  gran  quantità  de  bestiame  minuto.  Con  dicto  eser- 
cito conte  lacomo  andò  su  per  la  Marca  et  ebbe  le  Penne  de 
Billi  et  i  Billi,  Santa  Agata  con  tucti  soi  castelli  :  di  pui  tor- 
nò a  Macerata,  et  ebbe  Macerata,  Certaldo,  Castellacela,  Mon- 
te Santa  Maria,  Cavoleto,  et  molti  altri  castelli  perdette  el  S. 
Gismondo.  Tra  bone  terre  et  castelli  con  quelli  bisognò  rase- 
gnasse  in  numero  cento  quindeci,  de  li  quali  molti  foro  asa- 
comannati  et  arsi.  In  quisto  tempo  in  Calavria    per    persova- 
sione  de  donno  Antonio  da  Vintimiglia,  marchese  de  Cotrone 
molti  castelli  se  rebelare  a   la  ubedientia   del   Re    Fernando. 
Del  mese  de  setembre  dicto  anno»  li  Commissari!  dei  papa  et 


CRONikCA  DI  SBR  OTJERRIESO  DI  SER  SILVESTRO       46$ 

del  duca  de  Milano  foro  per  pigliare  la  posesione  de  le  terre 
el  S.  Gismondo  deve  dare  per  sicurtà  de  la  Maestà  del  Re  et 
de  le  terre  deve  restituire  al  S.  Conte.  Dicto  anno  Mes.  Pe-* 
tino  prima  duce  de  Gienova ,  cercava  reintrare  con  le  spalle 
del  Duca  de  Milano  perchè  franciosi  non  baveano  a  lui  appor- 
tato quanto  li  fo  promesso.  Mesose  insieme  con  li  figlioli  de 
de  Mes.  Tiberto  ISrandolini,  intrò  in  Gienova,  et  1'  armata  de! 
genovesi  et  franciosi  essendo  troppo  lontana,  retomò,  et  messi 
fanti  drento  fo  morto  Mes.  Ferino  con  gente  asai.  Dicto  an? 
no  et  del  mese  de  setembrè  1'  armata  de*  genovesi  andò  verso 
el  Reame;  dio  in  porto  a  Civitavecchia  et  dal  conte  adverso 
fo  fornita  de  vitualie.  Del  mese  de  Ottobre  el  S.  Conte  ebbe 
lettere  dal  Re  che  havea  sostenuto  dompno  Antonio  Marchese 
de  Cotrone  et  dompno  Gianni  suo  fratello,  et  clie  havea 
rauti  li  castelli  a  lui  rebelati  in  Calavria.  A  di  iij  de  ottobre 
el  Commissario  del  papa  nominato  Mes.  Ottaviano  Fontano 
messe  in  possesione  el  S.  Conte  de  la  Fergola  per  parte  del 
quale  eie  intrò  el  Magnifico  Alvisi  de  li  Atti  et  li  eximii  do- 
ctori  Mastro  Fietro  de  Famphili  da  Ugubio  et  Mes.  Mateo 
de'  Catani  da  Urbino,  et  Fierantoriio  de'  Poltroni  se  reteraro. 
Da  poi  continuando  ebbe  santo  Ippolito,  Saxocorbaro,  Monte 
Cerignone,  Casteldelcie,  Savatello  et  Fagiola,  et  per  danni  et 
interessi  Certaldo,  Fonte  de  avelana,  Monte  del  raniero  et  doi 
altri  castella.  Del  mese  de  novembre  lo  I.  S.  Conte  andò  a 
Pesaro  a  desposare  la  Illma  nostra  Madonna  Madonna  Batista 
Sforza,  figliola  de  lo  I.  S.  Mes.  Alixandro  Sforza.  Del  dicto 
mese  vennero  nove  ad  Ugubio  che  el  Conte  lacomo  Piccinino 
s^  era  scostato  da  lo  Re  Ferrando  et  acconciosi  con  lo  duca 
Giovanni. 

A  di  29  de  novembre  el  S.  Conte  se  abocò  con  lo  S.  Gis- 
mondo et  per  quanto  fo  dicto  a  Ugubio  se  fecero  feste  asai: 
fu  tra  Mondaino  et  Montelevechie  in  uno  pogetto  del  terreno 
de  Mondaino. 

De  Genaro  1460  el  S.  Conte  se  adunò  a  Pesaro  con  la 
nostra  lUu.  Madonna  Batista  Sforza.  A  di  io  de  febraro,  dicto 
anno,  el  S.  Conte  fecie  le  noze  de  la  Illu.  Madonna  et  foro 
facti  gran  triumfi.  A  di  14  de  febraro  el  Signor  Conte  venne 

Archivio  Storico  li.  30. 


466  GIUSEPPE  MAZZATUm 

a  Ugubio  per  andare  a  la  Santità  de  papa  Pio  et  a  di  15  parti: 
andò  la  sera  a  la  Fracta:  menò  seco  el  S.  Ottaviano  de  li 
Ubaldini.  A  di  18  intrò  in  Siena;  veneroli  incontro  tucta  la 
fameglia  del  papa  et  de'  Cardenali  et  dal  papa  receuto  con 
gran  triumfo  et  honore,  et  di  fine  che  stette  insieme,  lui  et 
li  soi  stettero  a  spese  del  papa.  Parti  da  Siena  et  tornò  a  fare 
el  carnovale  a  Urbino.  De  marzo  el  S.  Conte  parti  de  Urbino; 
andò  a  Santo  Cervagio  dove  stette  alcuno  di  :  de  li  parti  et 
andò  a  Fosambrone  dove  che  sentendo  el  Conte  Jacomo  deve 
passare  per  andare  in  lo  reame,  se  pani,  andò  a  Saxoferrato 
et  li  adunò  tucte  le  soi  gente  d^  arme  et  uno  homo  per  casa 
de  tutte  le  soi  terre;  et  li  venne  el  Cardenale  de  Pavia  le- 
gato de  la  Marca  con  tutte  le  gente  de  la  Ghiesia.  A  di  27 
de  marzo  arivò  li  el  S.  Mes.  Alixandro  Sforza,  Mes.  Giovanni 
da  Tolentino  et  l'altre  gente  del  Duca  de  Milano  ch'erano 
a  castello  a  Saxoferrato.  Senti  el  S.  Conte  che  el  Conte  Ja* 
comò  havea  passato  Fiumegino^  andò  a  la  Serra  de  Santo 
Chireco  et  de  li  per  metterse  innanze  al  Conte  Jacomo,  parti 
la  persona  sua  con  pochi  :  lasò  seguitare  li  altri  ;  andò  a  Ma- 
cerata et  la  notte  andò  a  Mugliano,  in  dubio  che  volendo  lui 
obviare  la  via  de  la  marina  el  Conte  Jacomo  non  andasse 
per  la  via  de  Montecchie  et  Camerino.  El  Conte  lacomo  fece 
la  via  de  la  marina,  cavalcò  trentaotto  miglia  in  uno  di,  passò 
Potentia,  Chienti  et  el  Tronto  dove  sboccano  in  mare.  Fo  a 
di  30  de  marzo  1460.  Non  era  posibele  el  S.  Conte  stando 
in  dubio  de  le  doi  vie  posesse  tucte  doi  guardare.  Passato  el 
Conte  lacomo  el  S.  Conte  andò  in  Abruzo  et  stette  per  al- 
cuno di  su  lo  Tronto,  a  ciò  che  li  soi  mandassero  per  li  loro 
cariagi  et  anche  per  che  quelli  de  la  ghiesia  et  duca  de  Mi- 
lano non  haveno  comissione  passare  el  Tronto.  In  quisto 
mezo  Jacomo  Picinino  aquistò  Civita  santo  Angelo  et  Civita 
de  Chieti  et  la  Peschiera,  perchè  non  ebbe  alcuno  contrasto. 
Da  poi  che  la  comissione  venne  de  le  gente  de  la  ghie- 
sia et  del  Duca  de  Milano,  el  S.  Conte  et  el  S.  Mes.  Alixan- 
dro passaro  el  Tronto  a  li  danni  del  S.  Giusia  eh'  era  de 
quelli  s*  era  rebelato  al  Re  Ferando,  al  quale  fine  a  mezo  lu- 
glio senza  bombarde  el  prefato  S.  Conte  con  dicto   exercito 


CRONACA  DI  SER  GUERRIERO  DI  SBR  SILVESTRO       467 

li  havea  tolto  più  parte  del  suo  stato.  In  quisto  tempo  cam«* 
pegiando  el  Re  Ferando  per  lo  reame  et  havendo  più  terre 
raquistate  et  sacomannate,  el  Principo  de  Rosano  suo  cognato 
li  mandò  a  dire  si  li  vole  perdonare  retomarà  a  sua  obedien- 
tia  et  che  se  volea  abocare  con  la  sua  Maestà  :  el  quale  fp 
contento  et  su  la  campagna  con  quattro  armati  per  uno  se 
abocorono  et  fecerse  careze  asai  ;  et  in  ultimo  el  principo 
disse  li  essere  Diofebo  figliolo  del  Conte  adverso  et  che  pre- 
gava Sua  Maestà  li  volesse  fare  careze;  el  quale  disse  el  fa- 
cesse venire ,  et  mustrando  el  Re  careze  a  Diofebo  et  abrac- 
ciandoloy  Diofebo  mese  mano  a  uno  pugnaletto  per  dare  al 
Re  nel  viso,  che  non  era  desarniato  altrove  :  el  pugnaletto 
li  cascò,  el  perchè  el  Re  mise  mano  a  la  spada,  dette  Ig  cac- 
cia al  principo  et  a  Diofebo.  Retornati  in  campo  ^  volendo 
del  pugnaletto  fare  experientia,  con  lo  quale  forando  uno  po- 
chettino  uno  pie  de  uno  cane,  subito  cadde  morto.  Per  fine 
al  prencipio  de  luglio  el  Re  Ferando  sempre  andò  caciando 
el  Duca  Giovanni  :  el  di  sette  del  dicto  el  Re  fo  rotto.  A  di 
14  de  luglio  la  ghiesia  intrò  in  Saxoferrato  :  Aloisi  degli  Atti 
che  s'  era  redutto  in  lo  Cassaro,  se  acordò  et  dieli  el  Cassaro 
et  lui  ebbe  f[iorìni]  1700  et  fòli  promesso  de  provvisione 
f[iorini]  15  el  mese  in  so  vita.  A  di  21  de  luglio  essendo  el 
S.  Conte  con  lo  exercito  apresso  San  Fabio,  la  quale  terra 
havea  hauta  per  forza  et  sachegiata,  in  la  quale  per  prima 
essendo  intrati  quelli  del  S.  Conte  de  notte,  foro  per  fuoco 
butati  de  fora  ;  remase  preso  Maso  da  Pisa  squadriere  del 
S.  Conte^  et  in  dicto  di  Francesco  da  la  Carda  curse  scontro 
con  Nardo  da  Marsciano,  squadriero  del  Conte  Jacomo  et 
Serafino  de  Monfalcone  con  Fanteuguzo  da  Santo  Arcagniolo, 
et  quilli  del  S.  Conte  ebbero  honore.  A  di  xxij  de  luglio  di- 
cto anno  el  S.  Conte  con  1'  altro  exercito  et  gente  de  la  ghie- 
sia et  del  Duca  de  Milano,  havendo  sachegiato  san  Fabiano, 
erano  li  dentorno  alogiati  :  el  Conte  lacomo  con  lo  S.  Giusia, 
Conte  Antonio  Caldora,  Mes.  Ramondo  de  Anechino  Conte 
de  Montorio  con  bene  ottocento  fanti  aquilani  erano  alogiati 
in  uno  poggio  sopra  San  Fabiano  apresso  a  lo  exercito  del 
S.  Conte  forsi  uno  miglio.  El  Conte   Jacomo   con   vantagio 


468  GfosBPPB  MAzzAmm 

atacò  el  facto  d' arme,  quale  se  cominciò  a  ore  xviiij  et  meza: 
durò  fine  a  tre  ore  de  notte.  El  S.  Mes.  Alixandro  era  quello 
che  bceva  el  facto  d'  arme.  El  signor  Conte  era  in  lo  alogia- 
mento  amalato;  el  quale  sentendo  li  soi  havea  el  peggio  et 
quasi  messi  in  volta^  cosi  amalato  se  fece  porre  a  cavallo  et 
veduto  el  bisogno  del  suo  esercito  con  alquanti  remasti  a  li 
alogiamenti,  ordenato  certe  ale  et  proveduto  dove  li  parse  el 
bisogno,  reparò  per  forma  che  essendo  li  soi  in  rotta  remase 
con  honore  del  facto  d'  arme,  el  quale  fo  tenuto  de  li  gran 
facti  d'  arme  se  facesse  bono  tempo  in  Italia  :  el  quale  fo  re- 
masto  et  stacato  a  lome  de'  torchi  ;  dove  foro  morti  da  V  una 
et  1^  altra  parte  cavalli  quattrocento  et  homini  asai.  Del  mese 
de  agosto,  dicto  anno,  el  S.  Conte  con  dicto  exercito  se  re- 
dusse  in  su  la  riva  del  Tronto,  et  quisto  perchè  li  castelli 
per  dicto  exercito  aquistati,  se  rebelaro  et  dicese  al  Conte  Ja- 
comò  et  S.  Giusia  per  forma  che  vitualie  non  poseno  andare 
in  campo  senza  gran  pericolo  et  a  saccomanno  non  posevano 
più  gire  et  puza  grandisima  era  per  li  cavalli  morti  in  lo 
facto  d' arme.  Del  mese  de  setembre  el  Conte  Jacomo  se 
tornò  verso  la  Peschiera  et  aquistò  alcune  terre  per  non  ba- 
vere obstacolo.  Del  dicto  mese  el  S.  Conte  havendo  finita  la 
sua  ferma,  essendo  stato  maltrattato  per  lo  passato  de  denari, 
se  vole  retornare  in  le  soi  terre.  Monsignor  Cardenale  de 
Thiano  essendo  in  campo  tanto  fece  che  de. novo  lo  recon- 
dusse. Ebbe  ducati  xfj  in  denari  et  ducati  ^  in  panno. 

Dicto  anno  et  mese  el  Duca  de  Milano  mandò  per  la 
via  de  Pesaro  in  lo  dicto  exercito  balestrieri  et  schiopetieri 
a'  sui  et  cavalli  mille  et  fanti  doimilia  per  la  via  de  Roma  che 
deveno  acompagnare  el  papa  a  Roma  ;  el  quale  era  partito  de 
Siena  et  andato  a  Bagni  ;  e  poi  deveno  diete  gente  andare  in 
lo  reame  in  favore  de  lo  Re.  Fo  capo  di  quisti  el  S.  Ruberto 
de  Sanseverino.  Dicto  anno  et  mese  papa  Pio  intrò  in  Roma 
con  le  diete  gente  et  el  Signore  Ruberto  andò  in  lo  Reame. 
Del  dicto  mese  se  scoperse  uno  tractato  che  el  Conte  Iaco> 
mo  havea  in  Tivoli,  dove  havea  mandato  Diofebo  del  Conte 
adverso,  Antonello  de  Porli  et  Selvestro  soi  condottieri;  et  la- 
como  Savello  se  accostò  con  lui  con  tucte  le  soi  terre.   Ha- 


CRONACA  DI  SER  GUERRIERO  DI  SBR  SILVESTRO       '469. 

vendo  sentito  el  S.  Conte  eh'  era  in  la  riva  del  Tronto ,  el 
Conte  lacomo  andòe  verso  Tiboii  insieme  con  lo  S.  Mes.  Ali- 
xandro  ;  se  partiero  de  su  del  Tronto  et  andaro  per  trovare 
dicto  Conte  lacomo,  el  quale  sentendolo  se  redusse  su  in 
uno  monte,  dove  è  una  forteza  nominata  Petrella.  £1  S.  Con» 
te  andò  a  Campo  a  Castello  Lione,  rebelato  a  Pietragnolo  Or- 
sini, el  quale  ebbe  per  forza  et  messe  a. sacco:  deli  parti  et 
andò  a  campo  al  poggio  de  Bonadia,  castello  de  laconio  Sa- 
vello ,  el  quale  ebbe  a  pacti  che  pagasse  4  mila  ducati  ;  el 
quale  fo  messo  di  poi  a  saccomanno  per  non  volere  dare  vi- 
tualia  e  lo  esercito  essendo  dentro  le  gente  de  la  ghiesia,  A 
di  ij  de  novembre  la  nostra  I.  Madonna  scripse  a  Ugubio 
commo  el  S.  Mes.  Gismondo  havea  hauto  el  vicariato  et  era 
a  campo  alla  rocca  de  Mondavio  et  che  se  mandassero  fanti 
a  Pergola.  Foro  mandati  fanti  cento  :  el  castellano  de  Monda- 
vio (ece  trista  prova;  credese  che  prima  che  el  S.  Gismondd 
li  andasse,  era  seco  d'  acordo.  A  di  15  de  novembre  :passaro 
per  la  Pergola  Mes.  Lodovico  Malvizi  et  Mes.  Cecco  Brando^ 
lini  conductieri  de  la  ghiesia  con  cavalli  700  et  fanti  circa 
200:  andaro  ad  alogiare  in  quello  de  là  rocca  contrada.  £i 
legato  de  la  Marca  fece  tregua  con  lo  S.  Giusia  per  òtto  mei» 
si:  el  legato  era  cardenale  de  Siena,  nepote  de  papa  Pio.  In 
quisto  tempo  papa  Pio  fece  impicare  otto  boni  cetadini  de 
Roma,  quali  se  intendevano  con  lo  Conte  lacomo  :  li  quali  ^ 
essendo  riuscito  el  facto  de  Tiboii,  deveno  dare  una  porta  de 
Roma  al  Conte  lacomo.  In  quisto  tempo  se  levò  guerra  mor^ 
tale  tra  li  Anconitani  et  quelli  da  Iesi ,  et  foro  morti  molti 
homeni  de  V  una  parte  et  V  altra.  £1  S.  Gismondo  andò  a  li 
favuri  de  li  Anconitani  :  andò  a  campo  a  uno  castello  de 
quelli  de  Iesi,  dove  el  legato  con  le  gente  de  la  ghiesia  et 
molte  cerne  andò  a  trovarlo  et  non  aspettò  :  quelli  de  la  Roc- 
ca tolsero  Nicastore  al  Conte  Aloisi  da  Montevecchio.  A  di  13 
de  novembre  dicto  anno.  Braccio  de' Baglioni  da.  Peroscia 
amazò  Mes.  Pandolfo  de'  Baglioni  suo  fratello  consobrino  et 
Ridolfo,  fratello  del  dicto  Braccio,  amazò  el  figliolo  del  dicto 
Mes.  Pandolfo  in  su  la  piazza  de  Peroscia,  dove  andando  Pie- 
tro Crisppldi  per  volere  spartire,  anche  lui  fo  morto:  et  anche 


47P  GIUSEPPE   MAZZAUNTI 

io  amaz^ito  Mes.  Pandolfo  denanze  a  la  speziarla  del  Ghezo, 
Barcollo  et  Pietro  innanze  a  la  speziarla  de  la  Rosa  :  et  li  fra- 
telli ebbero  Spello  et  Colazone,  li  quali  lùochi  teneva  Mes. 
Pandolfo.  A  di  due  de  decembre  essendo  el  S.  Conte  con  lo 
dicto  exercito  a  campo  a  Cantalupo,  castello  di  lacomo  Sa- 
velloy  fo  facta  tregua  per  quattro  di  perchè  se  cercava  V  acor- 
do del  dicto  lacomo.  A  Roma  vennero  lettere  al  Cardenale  de 
Teano  dal  Re  Fernando,  commo  Sua  S.  da  di  19  de  ottobre 
fine  a  di  4  de  novembre  havea  recuperato  tutta  la  baronia  de 
Formicola  con  lo  conta  de  Cereto  et  tutte  le  terre  de  Val- 
degando  et  del  conta  de  Caserta:  havea  recuperato  Ducenta, 
Milazano,  Lofrasso,  Bagnolo  et  la  Valle;  finaliter  redduto  a 
fedeltà  la  Contessa  de  Caserta  et  dato  in  mano  de  la  sua  S. 
la  magiure  parte  de  le  soi  forteze:  et  essendo  in  le  terre  de 
la  dieta  Contessa  l' arcevescovo  de  Benevento,  V  Abate  de 
Santa  Sofia  insieme  con  Gasparre  Cossa  sono  reducti  a  ubi- 
dientia:  a  li  quali  perdonò  et  lassò  in  libertà.  Dapoi  desceso 
con  tucta  gente  sua  in  terra  de  lavoro,  dove  subito  recuperò 
tucto  tereno  et  paese  che  è  de  Capua  per  lo  fiume  del  Vol- 
turno et  conta  de  Cereto,  fine  a  Benevento  et  de  Benevento 
a  Napoli  ;  che  sono  in  circuito  de  li  miglia  cento^  et  congion- 
sese  con  la  sua  S.  el  magnifico  S.  Ruberto  con  le  gente  du- 
chesche  che  menò  seco.  El  Conte  lacomo  se  levò  da  la  Pe- 
trella  dove  era  stato  circa  doi  mesi  et  andò  verso  el  Conta 
d'  Albi  a  Vezano  con  forsi  1500  persone  et  Caldareschi  che 
sono  forsi  600  persone  se  deveano  mettere  insieme  secondo 
se  diceva  li  aquilani  che  vedevamo  le  cose  non  andare  cosi 
prospere  per  lo  duca  Giovanni,  commo  era  dato  ad  intendere 
se  retrovavano  malcontenti.  A  di  16  de  dicembre  la  Illu.  Ma 
donna  Batista  Sforza,  donna  del  S.  Conte  partorì  una  bella  fi- 
gliola de  martedì  tra  le  diciotto  e  dicienove  ore.  Mori  del  mese 
de  febraro.  Costantino  de  li  Ranieri  da  Peroscia  mori  a  di  iij  de 
dicembre  :  dissese  che  era  stata  pontura.  Per  la  vernata  el  S. 
Conte  con  V  altro  exercito  se  redusse  a  le  stantia,  la  persona  del 
quale  andò  a  Magliano  de  Savina;  el  S.  Mes.  Alixandro  a  Kepi. 
A  di  25  de  febraio  146 1  la  Illu.  Madonna  Batista  Sforza, 
donna  del  S.  Conte,  venne  a  Ugubio  dove  non  li  era  mai  più 


CRONACA  DI  SER  GUERRIERO  DI  SER  SILVESTRO     47 1 

Stata.  Fòli  facto  gran  festa  et  più  seria  stato  facto  secondò 
r  ordene  dato,  si  non  fosse  stato  la  morte  de  la  figliola  et 
anche  de  V  ava  Madonna  Lucia,  matre  del  Duca  de  Milano. 
Fo  de  mercordi.  El  giovedì  li  consoli  con  molti  citadini  an- 
darò  a  visitare  sua  S.  et  io  li  feci  il  sermone  per  parte  del 
comune:  el  Venere  apresentai  per  parte  del  Comune  ottu 
marzapani,  undeci  scatule  tra  penocchiale et  aman- 
dole, 150  libre  de  pesce,  40  libre  de  cera,  sedeci  fiaschi  de 
avantagiato  vino.  De  Marzo  venne  qui  el  S.  Mes.  Alixandro 
con  lo  S.  Costanzo,  suo  figliolo;  veniva  da  Pesaro  et  retor- 
nava a  le  sue  stantie  a  Nepi.  Stette  qui  uno  di:  perchè  cadde 
una  gran  neve,  el  S.  Costanzo  remase  et  lui  parti.  A  di  20 
de  marzo  Madonna  parti  de  qui  et  andò  a  trovare  el  S.  Conte 
a  Magliano,  el  quale  se  li  deve  fare  incontro  fine  a  Santo  Ce- 
mene  :  el  papa  mandò  per  lui,  si  che  Madonna  non  lo  trovò 
a  Magliano  et  stette  doi  di  senza  sua  Signoria.  L'anno  1461 
a  di  XV  de  gennaro  el  S.  Conte  et  el  S.  Mes.  Alixandro 
Sforza  intrarno  in  Roma  con  grande  honore,  a  li  quali  ven- 
nero incontra  più  di  VI  cento  cavalli  :  el  di  seguente  andaro 
a  visitare  el  papa  a  palazo.  A  di  9  de  marzo  li  usciti  de  Ce- 
neva  intraro  dentro  et  cacciaro  li  franciosi  et  fo  facto  duce  de  Ce- 
nova  Mes.  Prospero  Adorno.  In  quisto  anno  havendo  Re  Fer- 
rando facte  certe  bastie  a  Salerno^  li  cetadini  mandaro  per  lo 
Conte  lacomo  che  li  levasse  le  bastie  et  desseli  vitualia;  al 
quale  promessero  darli  X  railia  ducati.  El  quale  andò  et  daen- 
do  la  bataglia  a  una  de  quelle  bastie  foro  morti  asai  di  soi  et 
non  la  podde  bavere  :  in  ultimo  se  redusse  a  Salerno  et  vole- 
va li  cetadini  li  dessero  li  X  milia  ducati,  li  quali  recusando, 
li  messe  per  la  più  parte  a  sacco.  Del  mese  de  aprile  franciosi 
haveno  facto  grande  esercito  per  sucurrare  el  casteletto  de  Ce- 
nova  et  genovesi  con  le  gente  de  Franciesco  Sforza,  duca  de 
Milano,  roppero  dicto  exercito:  foro  morti  franciosi  cinque- 
cento o  più.  Del  mese  de  Maggio  retomò  a  Ugubio  la  lUu. 
Madonna  Batista  Sforza  partita  da  S.  Conte  de  Magliano; 
venne  per  la  via  d'  Asessi  et  per  tucto  li  fo  facto  grande  ho- 
nore. A  la  porta  de  Santo  Pietro  fo  aparechiata  una  credenza 
et  li  fecie  colatìone  con  tutti  li  soi  :  da  poi  in  lo  fosso  quelli 


47?.      e  i;iUSEPPE   HUZZATINTI 

del  Sole  fecero  un'altra  credenza  et  andarli  incontro  con  le 
donne  ballando;  et  anche  li  fecero  colatione  tucti  li  soi.  In 
quisto  anno  fo  la  festa  de  Santo  Ubaldo  :  de  sabato  foro  fa- 
cte  le  compagnie  che  foro  cinque  quelle  che  levaro  capo  : 
Corona,  Santa  Croce,  Sole,  Fonte  de  fosso  et  Santo  Pietro; 
foro  stimati  fosseri  gioveni  vj  o  più  :  foro  facte  grandissime 
feste;  benché. eie  fossero  gare,  la  domeneca  se  balestrò  el  pa- 
lio, et  la  compagnia  de  santa  Crocie  andò  con  molte  donne 
a  fare  compagnia  a  Madonna,  la  quale  andò  a  vedere  balestrare. 
Stette  in  santa  Croce;  da  poi  andò  con  tucti  li  soi  a  cena  a 
casa  de  Magistro  Pietro  et  fratelli  de  Pamfili.  Fo  grande  et 
bello  convito.  In  quisto  anno  Enrico  figliolo  del  Re  Ricardo 
de  Inghilterra,  remasto  re  Edoardo  so  fratello  consobrino,  el 
cacciò  de  signoria  et  lui  se  fecie  Re  de  tucta  la  isola  d' In- 
ghilterra. Le  cose  del  Reame  andavano  tuttavia  prospere  per 
lo  Re  Ferrando.  Papa  Pio  deliberò  che  el  S.  Conte  el  S.  Mes. 
Alexandro  andassero  a  unirse  con  lo  Re  Ferrando.  Ma  per  la 
insolentia  de  lacomo  Savello  el  quale  con  lo  suo  stato  molto 
molestava  terra  de  Roma,  deliberò  ^he  el  S.  Conte  remanesse 
a  li  danni  del  dicto  lacomo,  al  quale  in  paro  tempo  li  tolse 
tutto  so  stato  excepto  Palombara ,  dove  lui  s'  era  reducto ,  et 
per  mezanità  del  S.  Conte  che  fo  retenuto  gran  facto,  benché 
lo  stato  fosse  piccolo,  ma  per  la  forteza  di  luochi.  El  campo 
de  la  ghiesia  quale  era  in  Marca,  del  quale  era  governatore 
el  vescovo  de  Corneto,  stando  alogiato  presso  a  Nidastore  con 
pochissima  provisione,  commo  homini  poco  pratichi  in  lo  me- 
stiere de  r  arme,  da  S.  Gismondo  colti  sproveduti ,  fo  rotto 
a  di  doi  de  luglio  146 1.  El  S.  Mes.  Alixandro  andò  in  verso 
el  Reame,  el  Conte  de  Popoli,  la  Contessa  de  Celano  et  al"> 
tre  terre.  In  quisto  anno  el  turco  intrò  in  lo  mare  magiure 
con  trecento  vele.  Re  Raniere  con  ottomilia  francesi  in  qui- 
sto anno  andando  per  socurere  el  castelano  de  Genova,  fo 
rotto  da  l' Arcivescovo  et  duce  de  Genova  a  di  xvij  de  luglio. 
Dicto  anno  trovarse  prigioni  V  milia,  morti  mille,  fugiti  ver- 
so la  loro  armata  domilia.  Dopo  la  rotta  che  dio  el  S.  Gis- 
mondo a  la  gente  de  la  ghiesia,  aquistò  doi  castelletti  in 
quello  de  la  rocca.  Andò  a  di  19  de  luglio   verso   Montelu- 


CRONACA  hi  SER  GDERRIBRO  DI  SER  SILVESTRO      473 

pone  credendolo  bavere;  et  non  fio  niente,  et  tornò  in  lo 
vicariato.  El  S.  Conte  havendo  acordato  Jacomo  Savello  et 
el  Conte  adverso ,  andò  verso  V  Aquila  et  fece  una  caval- 
cata fine  in  su  le  porte  de  V  Aquila  dove  prese  pregioni 
quatrocento  et  più  bestiame  grosso  et  menuto  in  grandissima 
copia,  robba  morta  asai.  Fo  dicto  che  quello  exercito  s'  avea 
facto  utile  de  quella  cavalcata  de  più  de  xv  mila  ducati:  el 
danno  de  li  Aquilani  fo  più  de  àltretanto.  Ma  fo  più  la  repu- 
tatiode  del  S.  Conte  che  el  guadagno,  ateso  che  mai  alcuno 
intrò  in  quello  loco  che  non  fosse  rotto:  et  el  S.  Conte 
stette  alogiato  tre  di  apresso  a  V  Aquila.  Da  poi  parti  et  andò 
in  lo  Conta  d'  Albi  fine  a  di  xvj  del  mese  de  Agosto. 
Dicto  anno  aqiiistò  tutte  le  terre  de  quel  Conta  excepto  la 
Carelsola  et  Alba  dove  era  Carlo  de'  Baglioni  con  bene  50  co- 
raze  e  fanti  assai.  De  quisto  mese  el  duce  de  Gienova  aqui- 
sto  Casteleto.  Essendo  el  S.  Conte  a  campo  ad  Alba,  li  aqui- 
4ani  mandaro  più  volte  a  cercare  acordo  et  tandem  fo  con- 
cluso. El  prefato  Conte  aquistò  Alba  et  Carlo  Baglioni  pro- 
mese stare  certo  tempo  de  non  se  atrovare  contra  el  S.  Conte. 
In  quisto  tempo  vennero  nove  de  Francia,  che  el  Re  de 
Francia  era  morto  et  el  delfino,  so  primo  genito,  fo  facto  Re. 
In  quisto  tempo  Sforza  figliolo  naturale  del  Duca  de  Milano 
cercò  ingannare  il  patre  et  dare  Tortona  et  altre  terre  a  li 
franciosi  :  el  patre  el  prese  et  si  non  fosse  madonna  Bianca 
duchessa  V  averla  facto  impicare.  Facto  l' aquisto  del  Conti 
de  Alba  per  lu  S.  Conte,  acordò  la  Cuntessa  de  Celano,  et 
andò  contra  el  duca  de  Sora.  A  di  doi  de  ottobre  el  S.  Conte 
se  pose  a  campo*  a  Castelluccio,  castello  del  Duca  de  Sora  ; 
dove  stette  fine  a  di  30  de  ottobre.  Era  dentro  gran  gente 
forastiera.  Commissario  era  Mes.  Antonio  de  Checco  Rosso 
da  Siena.  Ando  doi  fiade  el  Duca  de  Sora  per  succurrere  con 
grande  exercito  et  sempre  el  S.  Conte  li  se  fio  incontra  et 
mai  se  volle  el  duca  atacare.  In  fine  de  pò  una  strecta  bata- 
glia  el  S.  Conte  ebbe  per  forza  dicto  castello.  Da  poi  ei 
S.  Conte  passò  el  fiume  del  Marigliano  con  dicto  exercito  et 
dio  el  guasto  a  Sora;  et  el  Duca  de  Sora  se  acordò.  Facto 
dicto  acordo  el  S.  Conte  del  mese  de  Ottobre  se  ne  andò  a 


474  GrdSEppc  HAZiATom 

le  stantie  in  Campagna  et  maritima.-  In  quista  vernata  el  si- 
gnor Mateo  de  Capua  acquistò  tucto  Io  stato  del  S.  Guisia  el 
quale  se  redusse  in  Celina  et  niente  altro  teneva.  In  diete 
mese  Madonna  Batista  Sforza  andò  a  Roma  et  li  aspectò  la 
tornata  del  S.  Conte  de  Napoli  in  santa  Briseida  a  presso  a 
Santa  Maria  Magiure  dove  demorò  tucta  la  guadragesima.  In 
quista  venuta  Francesco  Sforza,  duca  de  Milano,  amalato  de 
iterepesia  stette  gravissimo  desfidato  da  omne  medico  :  tan- 
dem più  miracolosamente  che  per  opera  medecinale  guari.  Del 
mese  de  novembre  a  1'  Aquila  foro  grandissimi  tremuti  :  rui- 
naro  molti  edifitii  et  molte  vene  devìaro  da  li  loro  viaggi. 

Del  mese  de  marzo  1462  tornò  Fabratensis  dal  Re  de 
Francia  el  quale  dio  la  ubedientia  a  Papa  Pio  et  il  papa  li 
dio  el  capello  et  fecelo  cardenale.  De  quisto  mese  andò  a 
Roma  ;  intrò  anche  in  Roma  el  figliolo  del  Marchese  de  Man- 
tova, cardenale  novello.  Del  mese  de  Aprile  Mes.  Tiberto 
Brandolini,  capitano  del  Duca  de  Milano  s'  era  aconcio  stret- 
tamente con  Io  Re  de  Francia;  se  dovesse  unire  con  lo 
S.  Gismondo  ed  altri  Signori  di  Romagna  per  andare  a  li 
danni  del  S.  Conte  et  de  la  ghiesia.  Et  scoperto  quisto  fo 
Mes,  Tiberto  preso  et  messo  in  prigione.  Del  mese  de  Mag- 
gio 1462  mori  Mes.  Pasquale  Malepiero  duce  de  Venesia  et 
fo  creato  Mes.  Cristofano  Moro.  A  di  13  del  mese  de  Magio 
1462  fo  principiato  in  Ugubio  ti  capitulo  provintiale  de'  frati 
menori  et  durò  otto  di:  forcie  frate  Zino  et  el  Ministro  de 
la  Marca  che  era  Magistro  Baldo  da  Montenovo,  Vicario  del 
Generale  et  Magistro  Andrea  d'  Assisi ,  Ministro  de  la  pro- 
vincia de  Santo  Francesco  con  xij  Maestri.  Fo  el  capitolo 
abundantissimo  de  omne  cosa  per  forma  che  molti  antiqui 
frati  dissero  esserse  trovati  a  più  capitoli  et  che  mai  videro 
el  più  sprendido.  Del  mese  de  agosto  el  S.  Gismondo  et  Sel- 
vestro,  conductore  del  Conte  lacomo,  li  quali  erano  insieme, 
et  devèno  passare  in  Io  reame  a  li  danni  del  Re  Ferdinando, 
sentendo  el  S.  Conte  bavere  de  novo  reiermato  1'  acordo  de 
li  aquilani  et  quello  del  duca  de  Sora,  et  anche  havendo  poco 
el  capo  el  S.  Gismondo,  partirse  del  paese,  se  tornaro  a  rieto 
et  andaro  a  Senegaglia,   el   quale  ebbero  per  tractato.  El  S. 


CRONACA  DI  SCR  OOERRIERO  DI  S&R  SILVESTRO       475 

Conte  se  ne  venne  de  trotto  et  posese  forsi  doi  balestrate  de 
lungo  da  Senegaglia:  el  giovedì  a  notte,  che  fo  a  di  xiij  de 
agosto,  el  S.  Gismondo  et  Selvestro  partierò  con  le  loro 
squadre  che  erano  trenta  et  molti  fanti  per  andarsene  verso 
Fano.  El  S.  Conte  che  non  havea  dormito  la  notte  havea 
facto  per  forza  una  strada  in  uno  busco,  et  sequitòli  et  apresso 
a  la  Bastia  se  atacò  con  loro,  dove  de  pò  uno  gran  facto 
^'  arme  el  S.  Conte  li  roppe  et  foro  presi  de  quelli  del  S.  Gi- 
smondo et  Selvestro  ben  200  homìni  d'  arme ,  tra  quali  fo 
j>reso  Giovan  Francesco  da  la  Mirandola,  el  nepote  de  Sel- 
vestro, Ludovico  di  Succioli  da  Castello,  fanti  et  cerne  in  gran 
quantità.  El  S.  Conte  roppe  quisti  con  dodeci  squadre,  ben- 
ché altra  gente  de  la  ghiesia  fusse  lì  :  quisti  foro  quelli  s' ado- 
peraro  ;  et  li  altri  no.  Retomò  a  derieto  el  S.  Conte  perchè 
li  soi  podessero  farse  utele  del  guadagno:  posese  apresso  la 
Barbuta  :  el  Conte  Alvisi  et  el  fratello  se  acordaro.  A  di  xx 
de  agosto  el  S.  Conte  andò  a  campo  a  V  isola  Gualtaresca  et 
acordòse  con  Reforzato  et  Sorbolongo.  A  di  24  de  agosto  prin- 
cipiò el  morbo  ad  Ugubio  per  contagione  de  una  venetiana  che 
arivò  in  lo  spedale  de  Gionta,  dove  era  priore  Giordano  de 
Mucifelli  :  mori  lui ,  Ugolino  suo  fratello  ed  una  figliola  del 
dicto  Ugolino:  mori  in  casa  de  Antonio  de  Carlo  la  Sueva,  sua 
moglie,  per  contagione  de  uno  suo  gènaro  che  venne  de  Assisi. 
Del  dicto  anno  et  mese  Re  Ferrando  ruppe  el  Duca 
Giovanni  e  '1  Conte  lacomo  :  ebbe  Troja,  Foggia ,  et  Sanseve- 
rino;  accordato  el  Conte  Carlo  dio  Sanguene^  Ascoli  de  Pu- 
glia, la  Cedonia,  Candela,  la  Rocchetta,  tutta  la  baronia  de' 
Filomeri;  acordòse  el  Duca  de  Melfi.  Fo  rotta  a  di  18  de 
agusto  1462  in  la  quale    foro    presi    300  homini   d'  arme  et 

guadagnati  3200  cavalli  et  cariagi  asai.  Acordòse  anche  el 
principo  de  Taranto.  A  di  xx  de  setembre  el  S.  Conte  ebbe 
Mondaino  in  lo  vicariato  a  discretione  che  fo  quista ,  che  li 
homini  d'  arme  che  erano  40  o  più  lasassero  1'  arme  et  li 
cavalli  :  li  homini  de  la  terra  diero  tucto  pane  et  vino  che 
haveno  et  V  altre  robbe  recompararo  per  f(iorini)  3000  et  pro- 
mesero  a  loro  spese  refare  la  rocca  guasta  da  le  bombarde.  Parti 
el  S.  Conte  de  lì  et  andò  a  Mondaino,  conta  de  Arimino  el 


4^6  OlUSEPPB  MAZZATIhm 

quale  ebbe  con  san  Landevio,  et  altri  castelli  de  quillo  de 
Arìmino.  De  li  parti  et  andò  a  Montefìore  el  quale  ebbe  a  di 
xxij  de  Ottobre,  dove  era  el  S.  Giovanni  figliolo  del  Signor 
Gismondo  in  la  rocca,  et  da  li  homini  tradito  fo  dal  S.  Conte 
acompagnato  fine  a  meza  via  -da  Rimeno  ;  donòli  cavalli,  et 
fèli  cercare  sei  muli  de  sua  robba. 

A  di  13  de  ottobre  el  S.  Conte  con  lo  exercito  parti  da 
Montefiore  :  andò  verso  Arimino  per  uno  tractato  11  era,  den* 
tro  el  quale  fo  scuperto.  Andò  el  prefato  Conte  a  Verucchio 
et  ebbelo  insieme  con  le  forteze  con  grande  ingegno  et  astu- 
tia  a  di  ultimo  de  ottobre.  A  di  primo  de  Novembre  dictò 
S.  Conte  andò  a  campo  a  Santo  Arcangelo  :  certi  capi  de 
squadra  et  Conestaveli  del  prefato  Conte  andaro  verso  le  mon- 
tagne, confini  a'  fiorentini,  et  tolsero  il  Piovato  di  Sestino,  et 
molti  altri  castelli.  Et  essendo  dicto  exercito  a  Santo  Arcan- 
giolo  el  S.  Conte  parti  con  alquante  squadre  :  andò  verso  Ce- 
sena et  in  quattro  di  accordò  el  Visconte  de  Ravenna  con 
tucti  soi  castelli  che  sonno  36  o  più,  Carlo  da  Foìano  con 
12  castelli,  Longano,  S.  Giovanni  in  Galilea,  San  Vignano, 
Belaire,  et  molti  altri  castelli.  Retomò  a  Santo  Arcangiolo: 
ebbe  la  terra  in  pochi  di  per  forza  de  bombarde,  et  ebbe  la 
rocca,  et  li  fo  ordenato  andare  a  le  stantie.  Dicto  anno  et 
mese  de  Novembre  el  S.  Gismondo  quale  era  stato  per  for- 
tuna lungo  tempo  in  mare  et  portato  in  Schiavonia,  andò  a 
Vinesia  et  poi  a  Rimino.  Dicto  mese  Venetiani  mandaro  am^ 
basciadori  al  papa  per  tractare  acordo  tra  S.  Santità  et  el  S.  Gi- 
smondo et  non  fecero  nulla.  Papa  Pio  dicto  mese  parti  da 
Corsignano  et  andò  a  Tinti. 

In  quisto  mese  Re  di  Francia  mandò  ambasciadori  al  pa- 
pa per  tractare  tregua  tra  el  Re  Ferrante  et  el  duca  Giovanni; 
et  perchè  in  dieta  tregua  eie  volle  includere  S.  Gismondo,  el 
papa  non  volle  fare  niente.  Em  quisto  mese  venne  nova  che 
el  Re  di  Francia  havea  exercito  contra  Barzelonesi  quali  dal 
Re  de  Ragona  s'  erano  rebelati  et  che  loro  s'  erano  dati  al 
al  Re  de  Spagna,  el  quale  havca  mandato  30  mila  cavalli  et 
levati  li  francesi  da  campo.  In  quisto  tempo  el  turco  havendo 
armato  260  vele  per  venire  contra  venetiani,  a  Venezia  foro 


tROMACA  DI  8ER  GUERRIERO  DI  SER  SILVESTRO       477 

poste  molte  graveze.  Dicto  mese  Conte  lacomo  Picinino  con* 
ducto  da  una  figliola  de  la  Contessa  de  Celano,  nominata  con- 
tessa  Covelle ,  tolse  a  la  dieta  Contessa  tucto  suo  stato  et 
prese  lei.  Del  mese  de  dicembre  dicto  anno  se  rebelaro  de  li 
castelli  aquistati  da  li  Malatesti  Lonzano  et  Pieva  de  Sesti- 
no  et  la  più  parte  de  li  castelli  de  Fano»  in  li  quali  foro  presi 
molti  soldati  de  la  ghiesia*  Di  quisto  mese  andò  la  Illu.  Ma-- 
donna  Batista  Sforza  a  trovare  el  S.  Conte  suo  consorte  a 
Pe tragulo  la. 

V  anno  1463  del  mese  de  genaro  et  febraro  el  Conte 
lacomo  ebbe  per  fame  Selmona  :  del  marzo  et  aprile  aquistò 
alcune  altre  terre  dei  dominio.  El  S.  Conte  stando  a  Petra- 
gutola  omne  di  era  su  le  porte  de  Arimino  :  el  S.  Gismondo 
4entro  fortificava  la  terra  di  terragli.  Del  mese  de  Maggio  el 
S.  CoAte  con  li  soi  et  cerne  andò  a  campo  a  Certaldo ,  el 
quale  con  le  bombarde  ebbe  et  guastò.  Andò  a  campo  a  Ma- 
cerata de  Montefeltro  el  quale  ebbe  et  pagaro  f(iorini)  mille. 
Andò  a  campo  a  Sasso,  el  quale  ebbe  a  discretione,  salvo  le 
persone;  la  robba  a  sacco,  et  el  castello  fo  brusciato  et  fo  a 
di  primo  de  giugno.  In  quisto  tempo  el  turco  roppe  guerra 
a*  vinitiani  et  li  vinitiani  armaro  ben  cento  galee.  El  Signore 
Malatesta  da  Cesena  impegnò  in  quisti  tempi  Cervia  a'  Veni- 
tiani  per  XX  mila  ducati.  Del  mese  de  giugno  1463  el  S.  Con- 
te andò  a  campo  a  Fano,  dove  era  uno  tractato  el  quale  sco- 
perto, el  Magnifico  Ruberto,  figlio  del  S.  Gismondo,  fece  im- 
picare alcuni  et  altri  se  fugiero  :  per  el  S.  Conte  se  fermò  li 
a  campo  con  le  bombarde,  et  la  bombarda  de  la  terra  fece 
molto  danno  al  campo.  Dicto  mese  el  Conte  lacomo  Picinino 
andava  per  socurrere  Sora  dove  era  a  campo  el  S.  Napolione 
Orsini  :  fo  rotto  perchè  derieto  a  lui  venne  el  cavaliere  Orsi- 
ni, et  S.  Mateo  de  Capua  perdecte  squadre  tre.  A  di  27  del 
dicto  essendo  Braccio  de'  Baglioni  a  Spello  per  farcie  una 
forteza  li  usciti  con  le  spalle  de'  fulignati  et  altri  circumstanti 
intraro  in  Spello,  donde  Braccio  se  fugi:  andò  a  Canara  età 
la  Bastia,  et  facto  adunanza  de  quelli  homini,  reintrò  in  Spel- 
lo :  amazòne  asai  et  alcuni  impiccò  :  fuoro  in  numero  xxij. 
Ben  3  milia  perosini  andarono  a  quisto  socurso  de  Braccio  et 


47^  GIUSEPPE  MAZZATINTI 

non  bisognò.  Del  mese  de  giugno  dicto  Duca  de  Sora  s*  a- 
cordò  per  mezanità  del  papa.  Del  mese  de  luglio  el  Re  Fer- 
rante roppe  *el  principo  de  Rosano  et  fo  una  gran  rotta,  de 
la  quale  Victoria  el  S.  Conte  fecie  fare  tre  di  di  alegreza  et 
cominciose  a  di  22  de  luglio.  Da  poi  per  mezanità  del  papa 
fo  facto  parentado  tra  el  Re  Ferrando  et  el  principo  de  Rosa- 
no per  dispensa  che  el  principo  dio  la  figliola  al  figliolo  del 
Re,  li  quali  erano  consobrini  :  la  donna  del  Re  era  sorella  del 
Principo.  Facto  V  acordo  del  principo ,  a  di  V  de  agosto  dicto 
anno,  el  Conte  lacomo  s'  acordò  per  mezanità  del  S.  Mes.  Ali- 
zandro  in  quista  forma,  che  Papa,  Re,  et  Duca  de  Milano  deb- 
bano dare  de  provisione  al  Conte  lacomo  f(iorini)  90  milia 
r  anno,  v(idelicet)  30  milia  per  uno  et  al  Conte  lacomo  deb- 
bono remanere  quiste  terre:  Selmona,  Garamanico,  Turino, 
Francavilla,  Santo  Agnolo ,  Civita  de  Penne ,  Villa  Marina , 
Buchianaro  ,  la  Guardia  ,  la  lessa.  Li  Caldareschi  etiam 
s'  acordaro,  a  li  quali  remase  quello  che  loro  teneno.  Dicto 
anno  a  di  xxv  de  setembre,  havendo  el  S.  Conte  stretto  Fano 
con  bombarde  per  forma  che  era  de  bisogno  se  havesse  la 
terra  per  forza,  quelli  dentro  s'  acordaro  et  diero  la  terra  a 
la  ghiesia.  El  magnifico  Ruberto  se  redusse  in  la  rocca  la 
quale  tenne  tre  di.  Da  poi  de  acordo  la  dio  a  la  ghiesia:  fo 
a  di  xxviij  de  setembre.  Et  lui  se  n'  andò.  En  1'  entrata  de  la 
quale  rocca  el  S.  Conte  fecie  tre  cavalieri,  Mes.  Filippo  di 
Gabrielli  da  Ugubio,  Mes.  Tomaso  Picinino  da  Urbino,  et 
Mes.  Fracesco  da  Mercatello.  Da  poi  el  prefato  S.  Come  lo 
exercito  de  la  ghiesia  mandò  a  Gradara  et  Santo  Giovanni 
in  Marigliano,  et  la  sua  persona  con  li  soi  et  con  lo  Carde- 
naie  de  Tiano  andò  a  campo  a  Senegaglia,  et  ebbe  la  terra 
et  la  rocca  a  di  v  de  ottobre.  Da  Senegaglia  parti  sua  S.  et 
andò  a  campo  a  Gradara  dove  a  di  26  de  ottobre  ebbe  la 
terra  et  la  rocca.  Da  poi  parti  et  andò  in  Montefeltro  :  aqui- 
stò  Maiolo,  forteza  inexpugnabile  :  da  poi  per  accordo  el  S.  Gi- 
smondo  dio  San  Leo,  le  Penne  de  Billi ,  Petrarubia  et  el  vi- 
cariato de  Santa  Agata.  Remese  in  colpa  al  papa  et  tucte  le 
le  cose  che  se  contenevano  in  lo  suo  processo  confessò  et 
maxime  essere  heretico  :  et  el  papa  li  lasò  la  cetà  de  Arimi- 


CRONACA  DE  SER  GUERRIERO  DI  SER  SILVESTRO       479 

no  con  doi  miglia  de  contade  et  altri  pacti  vituperosi  a  la 
sua  S.  Et  per  rendere  premii  al  S.  Conte  et  per  lo  so  bono 
operare  el  papa  li  concesse  in  vicariato,  che  erano  state  del 
S.  Gismondo,  tutte  le  terre  de  Montefeltro  che  foro  quiste: 
San  Leo,  Maiolo,  Macerata,  Petrarubia  le  Penne  di  Billi,  et 
Billi,  Vicariato  de  Santa  Agata,  la  Petrella,  la  Masetta  et  altri 
castelli,  Certaldo,  e  '1  Sasso.  Del  mese  de  Dicembre  1463 
vennero  nove  de  Venesia,  commo  el  turco  havea  rotto  lo 
esercito  della  Signoria,  eh*  era  in  la  Morea  a  campo  a  le  for- 
teze  de  Corinto,  dove  se  disse  essere  morti  circa  X  mila  cri- 
stiani, et  el  capitano  che  era  Bertoldo  figlio  de  Tadeo  Mar* 
chese.  De  quisto  mese  morì  el  principo  de  Taranto  :  el  Re 
Ferando  ebbe  tucto  quello  stato:  disese  che  havea  trovato  tra 
denari,  gioie,  bestiame  et  altre  monitioni  uno  gran  tesoro. 

L'  anno  1464  papa  Pio  publicò  per  tucto  volere  andare 
in  persona  contra  el  turco  et  poserse  grande  imposte  a  li  re- 
ligiosi, et  etiam  fece  predicare  la  crociata.  A  Ugubio  venne 
fra  lacom:)  de  la  Marca  observante  de  Santo  Francesco,  santo 
homo:  predicò  tutta  la  quadragesima  parte  in  santo  France- 
sco et  parte  in  lo  mercato.  A  di  xiij  de  aprile  el  Conte  Ga- 
spare de  Vilmercato  intrò  in  Genova  per  lo  ducado  de  Milano. 
Dicto  mese  el  S.  Gismondo  se  condusse  con  la  Signoria  per 
andare  in  la  Morea:  ebbe  42  milia  ducati.  Del  mese  de  giu- 
gno dicto  anno  venne  novella  a  Ugubio  che  V  armata  de  la 
Signoria  de  Venesia  havea  aquistata  Metalino.  Dicto  anno  et 
mese  papa  Pio  scripse  a  frate  lacomo  de  la  Marca  che  li  de- 
va autorità  potesse  concedere  quelle  indulgentie  che  per  la 
Santità  erano  concesse  in  le  bolle  della  crociata  a  chi  deva 
per  subsidio  de  la  crociata  tanto  quanto  podeva  lograre  con  la 
sua  fameglia  in  mangiare  et  bere  per  una  stomana.  Quisto 
breve  è  registrato  al  terzo  libro  mio  de  le  reformagione  a 
C(arte)  20  ('). 


(I)  V.  Voi.  37  delle  Riforme    (in  Archivio  Comunale  di  Gubbio)   dal  1464  al 
1468*  a  f.  19. 


480  GIUSEPPE  MAZZATIMTI 

De  quisto  mese  al  Re  de  Francia  se  rebelaro  molti  ba- 
roni et  fra  li  altri  la  Ca  de  Angiò  et  haveno  electo  per  Re 
el  fratello  dei  diao  Re:  duca  de  Borgugnia  mandò  grande 
exercito  in  adiutorio  de  quisto  novo  Re  electo.  Del  mese  de 
giugno  dicto  anno  el  Duca  de  Milano  ebbe  el  casteletto  de 
Genova:  el  S.  Conte  ne  fecie  alegrezza:  andaro  a  Milano 
500  cetadini  de  Genova  a  giurare  fedeltà  in  le  mani  del  Du- 
ca. Del  dicto  mese  venero  nove  a  Ugubio  commo  lo  exer* 
cito  de  la  Signoria  de  novo  era  stato  rotto  in  la  Morea'dal 
Turco,  dove  fo  morta  molta  gente  et  preso  Mes.  Cecco 
Brandolini  et  altri  valenti  homini.  Dicto  mese  parti  papa  Pio; 
da  Roma  venne  fine  a  Otricoli  su  per  lo  Tevere  ;  da  poi  el 
bono  papa  amalato  per  seguire  quanto  havea  promesso  de  an« 
dare  in  persona  contra  el  turco,  se  feva  portare  in  uno  cata- 
letto; da  Otricoli  andò  a  Nami,  da  Narni  a  Spoleto,  dove 
stette  alcuno  di;  da  poi  a  Trevi,  a  Fuligno,  a  Santa  Maria 
de  Agnoli  ;  a  di  v  de  luglio  a  Casa  Castaldo,  a  di  vi  a  Se- 
giello,  a  Fabriano  a  di  vi.  Del  mese  de  giugno  predicto  Re 
Ferando  prese  el  Principo  de  Rofano,  cioè  duca  de  Sexi.  A 
di  ultimo  de  giugno  el  S.  Gismondo  intrò  in  aqua  con  po- 
chi per  andare  a  trovare  li  soi  havea  mandato  prima  verso 
la  Morea.  A  di  x  de  luglio  papa  Pio  pani  da  Fabriano  per 
andare  in  Ancona:  fecie  la  via  de  Matelica  et  el  S.  Conte 
venne  a  Ugubio.  Di  quisto  mese  parti  el  Conte  lacomo  del 
Reame  con  cento  cinquanta  cavalli  :  arrivò  a  Peroscia  ;  stet- 
teve  doi  di;  pòi  parti  per  andare  a  Milano.  Mercore  a  di 
xviij  de  luglio  venne  a  Ugubio  a  marito  la  donna  del  Ma- 
gnifico Guidantonio  de  li  Ubaldini  nominata  Altadonna,  figlio- 
la de  Mes.  Bartolomeo  Contarini  da  Vinesia.  In  queste  noze 
el  Signor  Conte  fece  Cavaliere  Mes.  Francesco  de  Mes.  Bal- 
do di  Gabrielli.  A  di  16  de  luglio  dicto  anno  el  S.  Conte 
parti  de  Ugubio  et  andò  per  darse  piacere  in  la  riva  del 
Chiascio  et  li  desinò  :  la  sera  andò  a  cena  a  Colpalombo  et 
r  altro  di  cacciando  fine  a  Caresto,  a  desenare  a  Colpalombo, 
et  la  sera  a  Ugubio.  Parti  da  Ugubio  a  di  23  de  luglio.  Pa- 
pa Pio  andò  in  Ancona.  Li  Anconitani  foro  malcontenti  de 
la  sua  andata  et  per  mustrare  fosse  la  morìa  in  quella  terra, 


CRONACA  DI  SER  GUERRIERO  DI  SER  SILVESTRO       48 1 

a  r  antrata  de  la  sua  Santità  fecero  passare  alcuni  lecti  mor< 
torj  con  sacchi  de  paglia  per  mustrare  quelli  essere  morti. 
A  di  29  de  luglio  el  S.  Conte  parti  da  Urbino  et  andò  in 
Ancona,  per  che  el  papa  mandò  per  lui,  perchè  li  se  aspecta- 
va  el  duce  de  Vinesia.  A  dì  primo  de  Agosto  Cosimo  di  Me- 
dici>  cetadino  fiorentino,  el  quale  oltra  essere  ricco,  più  che 
mai  se  recordasse  alcuno  altro  cetadino  privato,  fo  ancora  de 
tanta  reputatione,  più  che  se  recordasse  alcuno  vivente,  al 
quale  noandavano  tucti  reali  principi  et  signori  per  conseglip 
di  lui  in  qualunche  ardua  cosa:  et  per  lo  favore  et  opera  de 
quisto  Francesco  Sforza,  prima  dicto  Conte  deventò  Signore 
et  duca  de  Milano:  et  molte  altre  notevele  cose  fecie,  gran-» 
di  edi6tij  de  ghiesie  oltra  le  soi  case  et  lemosine  grandissime. 
Mori  de  mercordi  a  di  primo  de  ngusto  1454.  Papa  Pio  passò 
de  quista  vita  in  Ancona  de  martedì  a  ore  quattro,  venendo 
el  mercore  a  di  14  de  agosto  1464. 

In  quisto  dì  li  Cardenali  se  retrovaro  in  Ancona  che  erano 
xiiij,  se  congregaro  insieme  et  mandaro  quattro  cardenali  et 
el  S.  Conte  per  lo  duce  de  Venesia  che  era  venuto  lì  per 
ambarcarse  con  lo  papa  :  et  hauto  colloquio  insieme ,  li  de* 
nari  che  se  trovaro  li  adunati  per  la  cruciata  foro  dati  al  du- 
ce che  li  mandasse  al  Re  de  Ungaria  et  fo  proveduto  de  tre 
cardenali  che  havessero  quella  baìlia  che  havea  tuctto  el  Col- 
legio et  fo  Niceno  et  Bologna  ;  et  fo  ordenato  che  el  S.  Con- 
te havesse  a  provedere  a  lo  stato  de  la  ghiesia  et  parte  de  li 
cardenali  àndaro  con  lo  corpo  del  papa  a  Roma.  A  di  19  de 
agosto  el  cardenal  Niceno  partito  de  Ancona  arivò  la  sera  a 
cena  et  ad  albergo  a  Costacciaro,  con  lo  quale  venne  el  S. 
Conte  et  el  S..  Ottaviano  da  Ugubio  :  foro  mandati  più  gio* 
veni  li  quali  el  portaro  fine  a  Fuligne;  el  S.  Conte  li  fecie 
compagnia  fine  a  Sigiello  ;  prestò  al  cardenale  ben  40  cavalli. 
A  dì  primo  de  setembre  vennero  novelle  a  Ugubio  commo 
el  cardenale  de  Santo  Marco,  venitiano  de  natione,  nominato 
cardenale  de  santa  Maria  Nova,  era  stato  creato  papa  a  dì  30 
de  agosto:  fo  de  giovedì,  a  ore  xviij  :  el  nome  suo  fo  Pau- 
lo secondo.  Mercordi  a  di  26  de  setembre  el  S.  Conte  venne 
a  Ugubio  con  circa  150  cavalli  et  parti  venardi  a  dì  28   per 

Archivio  Storico  II.  31. 


482  GIUSEPPE  MAZZATINTl 

andare  a  Roma  a  visitare  el  papa  con  una  bella  comitiva. 
Andò  con  seco  ei  Vescovo  de  Urbino,  Conte  Ruberto  de 
Montevecchio,  Gentile  di  Lasola,  Malatesta  da  Pietranula, 
Mes.  Filippo  de'  Gabrielli,  Mes.  Ottaviano  de  Contarini,  Mes. 
Francesco  da  Saxetello  et  molti  altri  gentili  homini.  Martedì 
a  di  ij  de  ottobre  el  S.  Conte  intrò  in  Roma ,  a  V  incontro 
del  quale  li  andò  la  fameglia  del  papa  et  de  tucti  Cardenali 
et  dal  papa  con  grande  amore  et  honore  fo  receuto  et  tucti 
quelli  andaro  seco,  li  basciaro  el  pie:  detteli  el  papa  una 
lunga  audientia  palese:  da  poi  omne  di  el  papa  el  volle  in 
segreto  de  fine  stette  a  Roma.  Lunedi  a  di  otto  de  ottobre 
el  S.  Conte  parti  da  Roma  et  andò  a  trovare  Re  Ferrando  a 
Civita  de  Chieti  :  gionse  a  Civita,  dove  era  el  Re,  venere  a 
di  xij  de  ottobre:  el  Re  li  andò  incontro  con  tucta  la  baro- 
nia: acompagnòlo  fine  a  la  casa,  dove  desmontò.  Retornò  a 
Urbino  el  mercore  a  sera  a  di  24  de  ottobre.  In  quisto  anno 
quasi  per  tucta  la  Marca,  patremonio  et  terra  de  Roma  fo 
qualche  poco  de  moria  :  a  Peroscia  fece  danno  :  Ugubio  se 
resse  bene  necta.  In  quisto  anno  uno  vilano  da  Colcelalto , 
castello  de  S.  Malatesta  da  Cesena,  nominato  Salvalaglio,  fo 
ditto  che  havè  trovato  una  grotta  con  molto  tesoro  ,  che  a 
Natale,  perchè  cosi  era  fatato,  li  deve  dicto  tesoro  essere  con- 
segnato :  foro  diete  molte  cose  et  perchè  la  fine  farà  el  tucto 
de  quisto,  alora  se  poderà  scrivare  la  recita.  Io  non  intendo 
seri  vare  quello  che  non  m^  è  bene  manifesto. 

L'  anno  1465  fo  carestia  quasi  per  tucta  Italia.  Noi  da 
Ugubio  havemroo  mancamento,  perchè  V  anno  prima  el  S. 
Conte  havea  dato  la  tracta  a  li  homeni  da  Fano  del  Vicariato 
et  a  tucto  lo  stato  aquistato  de  novo  per  la  sua  S.  a  santa 
ghiesia,  et  molto  ne  andò  in  Marca,  che  in  Ugubio  se  trovava 
fornito  per  tre  anni.  Del  mese  de  maggio  dicto  anno  havendo 
uno  factore  del  S.  Conte  comparato  grano  da  uno  Mes.  Mateo 
Francesco  da  Montesperello  a  la  Torecella  presso  a  Costiglione, 
quando  in  ultimo  molti  del  contado,  el  di  de  santa  Croce^ 
erano  andati  a  levarlo,  li  Marufini  de  Peroscia  presero  otto 
homeni  con  X  bestie  tra  cavaline  et  asenine,  de  le  quale  tre 
ne  foro  prese  con  lo  grano  in  quello  de  Ugubio,  et  el  resto 


CRONACA  DI  SER  GUERRIERO  DI  SER  SILVESTRO        48^3 

a  la  Taverna  de  Mes.  Mateo  Francesco  scaricato.  Io  Guerieré 
foi  mandato  a  Peroscia  et  vensila  de  ragione  :  foro  losati  li 
hominì  et  le  bestie,  salvo  tre  somari  et  retenero  grano,  sacr 
chi  et  fune.  El  di  de  santo  Baldo  dicto  anno,  foro  doi  de  giu- 
gno, el  Re  Ferrando  fecie  fazione  per  andare  a  campo  a  Fon; 
tecorso,  el  quale  se  tene  per  la  ghiesia:  uscio  in  campo  con 
ciò  che  podde  fare.  El  papa  mandò  per  lo  Signor  conte  el 
quale  era  conducto  dal  papa.  Re,  et  duca  de  Milano,  insieme 
legati;  cavalcò  lui  et  l'altre  gente  de  la  ghiesia.  El  Re  fece 
pigliare  el  Conte  Jacomo,  el  quale  era  tornato  da  Milano  con 
gran  trium6  :  fo  preso  a  Napoli  el  di  de  Santo  Giovanni   et 

uno  suo  figliolo  nominato et  uno  suo  can^* 

celiere,  chiamato  Conte  Brocardo.  £1  S.  Conte  per  comanda* 
mento  del  papa  andò  a  li  danni  de  Diofebo,  figliuolo  già  del 
Conte  Adverso.  El  S.  Conte  hauto  comandamento  dal  papa, 
partì  da  Ugubio  a  di  xxvj  de  giugno  et  andò  sotto  la  Biscina 
et  li  stette  tre  di,  dove  aspectò  V  altre  soi  gente  ;  da  poi 
(andò)  a  li  danni  del  dicto  Diofebo,  et  in  cinque  di  acqui-» 
sto  le  infrascripte  soi  terre  in  quista  forma.  A  di  ij  de  luglio 
ebbe  uno  castello  nominato  Giove:  a  di  5  Capraiola  et  Car« 
bognanò;  a  di  sei  Ronciglione;  a  di  septe  andò  el  prefato 
Conte  a  Capranico,  el  quale  se  accordò  et  li  homini  presero 
Francesco,  fratello  de  Diofebo.  Ebbero  la  rocca  et  liberarono 
Francesco.  A  di  otto  se  accordò  Vetralla:  a  di  nove  ebbe 
Viede  dove  foro  presi  Francesco,  el  figliolo,  et  figliolo  de 
Diofebo  :  la  notte  denanze  s' era  fugito  Diofebo  con  quattro 
cavalli:  dicese  portò  seco  xij  mila  ducati.  In  quisto  tempo 
Salvalaglio  havea  facto  adunata  de  fanti  circa  tre  mila  et  cà-r 
valli  doicento  et  diciva  volere  dare  denari  a  quisti  el  di  de 
santo  Giovanni  :  tolse  quattro  casteletti  al  S.  Mes.  Malatesta: 
la  domeneca,  che  è  ci  di  inanze  san  Giovanni,  disse  a  la  bri^ 
gata  volere  andare  a  torre  el  tesoro  a  lui  promesso,  et  vef 
duto  la  brigata  che  non  reusciva  le  sue  promesse,  si  andarò 
con  dio  la  più  parte.  A  di  x  de  luglio  scripse  el  duca  de 
Melfi  che  V  armata  del  duca  Giovanni  che  era  andata  a  secur- 
rere  Ischia,  era  stata  rotta  da  V  armata  del  Re  Ferrando  et 
preso  X  galee  et  una  fusta  et  preso  el  capitano  de   T  armata. 


484  OnSEPPir  MÀZZATINTI 

A  di  xij  de  luglio  mori  el  Conte  Jacomo:  fo  dicto  ch'era 
cascato  de  su  de  una  fenestra  et  che  s'havè  rotta  la  -tossa. 
A  di  ...  de  luglio  papa  Paolo  fece  locotenente  generale  et 
S.  Conte,  el  quale  andò  a  Roma,  commo  ebbe  aquistato  lo 
stato  eh'  era  stato  del  Conte  adverso,  a  visitare  el  papa;  foli 
£icto  grande  honore.  A  di  xx  de  agosto  el  S.  Conte  ebbe 
lettere  dal  Re  Ferrando ,  data  a  di  viiij  del  dicto,  commo 
sua  Maestà  lo  bave  facto  suo  capitano  generale.  De  quisto 
mese  el  duca  de  Milano  mandò  Conte  Galeazzo  suo  figliolo 
in  adiutorio  del  Re  de  Francia  con  quattro  milia  cavalli  et 
quattro  milia  fanti.  Dicto  mese  vennero  nove  commo  tra 
quisti  doi  re  fratelli  a  presso  Parige  era  stata  bataglia  dove 
erano  stati  morti  circa  30  mila  cristiani  :  da  poi  venero  nove 
che  tra  loro  s'  era  facto  acordo  et  che  a  Ciarles  remaneva 
Picardia,  et  al  duca  de  Borgogna  la  Normandia.  A  di  13  de 
setembre  che  fo  venere  circa  el  mezo  di  el  sole  deventò  ce-» 
lestro  et  stecte  cosi  tucto  el  sabato  che  fo  a  di  14  et  cosi 
andò  socto  la  sera.  A  di  xx  de  setembre  1465  fo  lo  eclise 
a  bore  xxiij  et  durò  fine  al  tramontare  del  sole  :  scurarose  li 
tre  quarti  del  sole.  A  di  xxx  de  ottobre  dicto  anno  venne 
in  Ugubio  la  figliola  del  Magnifico  Mes.  Carlo  de'Malatesti 
da  Sogliano:  andò  a  marito  a  Matetica;  venne  lei  et  el  ma- 
rito nominato  Alixandro,  el  Conte  Ugolino  Bando,  Conte 
Ugo  de  Carpegna,  Conte  Ruberto  de  Monte  vecchio.  El  S. 
Conte  fecie  le  noze  et  doi  di  fecie  fare  festa  in  la  sala  grande 
del  palazzo  di  Consoli,  dove  foro  tucte  le  principali  donne 
de  Ugubio.  Fo  facto  festa  la  vegilia  et  la  festa  de  omniasanti, 
che  fo  giovedì  et  venere  :  sabato  partirò  et  andaro  a  Mate- 
lica.  A  di  xvij  de  novembre  essendo  el  S.  Conte  a  Ugubio 
et  cercando  darse  piacere,  andando  quel  di  a  caccia  (  fo  de 
domenica)  verso  san  Benedetto  vecchio,  castello  de  Ugubio, 
li  venero  nove  che  el  S.  Malatesta  da  Cesena  era  morto;  el 
perchè  essendo  el  S.  Conte  locotenente  del  papa  et  succedendo 
quello  stato  a  la  ghiesia,  senza  tornare  a  Ugubio,  cavalcò  et 
andò  in  Montefeltro:  et  perchè  ebbe  novella  che  non  era 
morto,  stecte  in  le  sci  terre  fine  a  di  xx  che  ebbe  la  cer- 
tezza  de  la  sua  morte  a  ore  xx:  et  S.  Ruberto,  figliolo   del 


CRONACA  DI  SER  GUERRIERO  DI  SEI  SILVESTRO        485 

S.  Gismondoi  prese  la  possessione  de  la  rocca:  Giovanfran- 
Cesco  da  Pignano  aadò  a  Roma  perchè  el  Papa  lasasse  quello 
stato  al  dicto  S.  Ruberto.  A  di  viij  de  dicembre  fo  facto  V  ac- 
cordo in  quista  forma:  Cesena,  Bratanaro  per  la  ghiesia; 
Meldola,  el  Vicariato  de  Sarsena  et  altri  castelli  al  S.  Ruberto 
con  la  mità  de  le  munitipne  de  la  rocca  de  Cesena,  de  le 
quale  ebbe  ducati  ij  mila  V  cento  et  de  provisione  tremila  ducati 
r  anno  essendo  soldato.  Madonna  Violante,  donna  del  S.  Mes. 
Malatesta,  ebbe  la  possessione  del  Gualdo,  la  metà  de  le  oiasr 
seritie  et  ducati  mille  V  anno  de   1*  entrata  de  Cervia. 

A  di  VIIJ  de  Marzo  1466  a  bore  xxiiij  de  sabato  mori  lo 
lUu.  principo  Francesco  Sforza  duca  de  Milano  de  male  de 
flusso:  Madonna  Bianca  duchessa  scripse  al  S.  Conte  dictn 
morte  et  pregòlo  andasse  a  Milano,  et  simele  scripse  a*  fioren- 
tini. £1  sabato  seguente  parti  el  S.  Conte  da  Urbino:  andò 
a  Milano  per  la  via  de  Toscana  :  de  pò  lui  el  S.  Mes.  Alt- 
xandro  Sforza:  fo  dicto  che  anche  el  Marchese  de  Mantova 
era  andato  in  perdona.  Mes.  Borso ,  duca  de  Modena ,  andò 
fine  a  Reggio:  mandò  li  fratelli  a  Milano:  refecierse  in  far 
vore  de  quillo  stato  ambasciadori  del  papa  et  del  Re  Ferrando 
a  fare  refermare  la  lega.  El  conte  Galeazo  primo  genito  del 
Duca  legitimo  era  in  Francia^  et  retornò  sconosciuto,  et  fo 
facto  duca  de  Milano;  et  quasi  insieme  gionsero  a  Milano 
.Conte  Galeazo  et  el  S.  Conte.  Stecte  de  continuo  el  S.  Conte 
a  Milano  per  conformare  quillo  stato  fine  a  di  viij  de  giugno  : 
e  in  quisto  tempo  papa  Paolo  refermò  el  prefato  S.  Conte 
per  so  locotenente  generale.  A  di  vi  de  giugno  lo  lUu.  Duca 
novello  de  pò  una  messa  solempne  in  lo  domo  de  Milano 
4love  eie  intervennero  molti  Signori  capitani,  ambasciadori  et 
altri  gentili  hominì,  fecie  suo  capitano  generale  el  prefato  S. 
Conte  et  li  li  dio  el  bastone  et  donoli  uno  degno  stendardo 
con  gentile  et  gratiose  parole  in  honore  del  prefato  S.  Conte. 
Da  poi  con  tucti  signori,  capitani,  ambasciadori  li  fecie  com- 
pagnia fine  al  suo  alogiamento  et  li  li  fo  apresentato  uno 
nobele  corsiere  con  uno  paggio  ducale  ,  et  uno  elmecto 
fornito  a  maraveglia  con  barde  et  sopraveste  nobilissime.  A 
di  viij  de  giug&o  el  prefato  S.  Conte  parti  da  Milano  accom- 


486  GIUSEPPE   MAZZATINTI 

pagnato  per  più  miglia  dal  duca,  zii  et  fratelli  et  più  Signori 
et  conductieri.  La  Illu.  Madonna  duchessa  volle  facesse  la  via 
da  Cremona,  dove  per  lo  S.  fratello  del  Duca  fo  mirabelmente 
receuto  et  per  tucta  la  via,  fine  durò  lo  stato  duchesco,  ac- 
compagnato et  factòli  le  spese.  A  cóntemplatione  de  li  Si- 
gnori de  Carpi  parti  da  Reggio  et  andò  a  Carpi,  poi  a  Mo- 
dena et  a  Bologna,  dove  stecte  doi  di,  et  per  tucto  quisto 
viagio  beato  chi  li  podea  fare  più  honore  :  et  ultimamente 
arivò  a  Urbino  a  di  xxij  de  giugno.  Fo  facta  grande  alegrezza 
de  le  sua  tornata  et  maxime  noi  de  Ugubio.  Retomato  loco- 
tenente  del  papa,  Capitano  generale  del  Re  Ferando  et  del  duca 
de  Milano,  per  lo  Comune  de  Ugubio  foro  mandati  li  spec- 
tabili  homeni  Mastro  Guido  de'  Pecci  et  Baldino  de  Bomba- 
tone ambasciadorì  a  congratularse  con  la  soa  S.  A  di  xxv  de 
luglio  dicto  anno  el  S.  Conte  venne  qui  in  Ugubio:  fo  de 
venere.  Stecte  la  sera  :  sabato  parti  et  andò  al  papa  et  al  Re 
da  loro  chiamato,  lasò  fossero  guasti  li  Bilioni,  et  fo  cosi 
facto  a  di  xxviij  de  luglio.  Del  mese  de  Agosto  dicto  anno, 
circa  el  fine,  Mes.  Luca  Pitti,  Mes.  Angnolo  Acciaioli,  Mes. 
Diotesalvi  de  Nerone  et  più  altri  cetadini  fiorentini  fecero 
adunanza  per  demectere  Piero  de  Cosimo  in  favore  del  quale 
la  più  parte  del  populo  se  levò  et  anche  de  Mugello  et  de 
Romagna.  Andaro  a  Fiorenza  di  fanti  x  mila  :  la  cosa  stecte 
cosi  de  fine  intrò  nova  Signoria,  che  fo  Gonfaloniere  «... 
Da  poi  che  li  novi  signori  introrno  in  palazzo  el  primo  di  de 
setembre  1466,  Mes.  Angnolo,  Mes.  Diotesalvi  et  più  altri 
cetadini  de  quista  congiura  se  fugiero  de  Fiurenza  :  li  quali 
foro  poi  confinati  in  quista  forma  :  Mes.  Angnolo  Aciaioli 
per  XX  anni  a  Barletta  :  Nicolò  Soderini  per  xx  anni  in  Pro- 
venza :  li  figlioli  amoniti  et  confinati  de  fora  de  Fiorenza  per 
cento  miglia  :  Selvestro  de  Andrea  Nucoli  per  cento  miglia 
fora  de  Fiorenza:  Mes.  Diotesalvi  de  fora  de  la  cetà  ultra 
tre  miglia  non  uscendo  fora  del  territorio.  Niso  de  Nerone 
di  Nisi,  Felippo  et  Antonio  de  Nerone  foro  confinati  per  anni 
vinti  fora  de  la  cetà  non  usciendo  fora  del  territorio  per  tre 
miglia  con  tucti  loro  figlioli  maschi  :  Rafaelo  de  Mes.  Angnolo 
de  fora  de  la  cetà  per  tre  miglia  non  usciendo  del  teritorio. 


CRONACA  DI  SER  GtJBRRIERO  DI  SER  SILVESTRO       487 

Guido  de  Carlo  Gagliardo  Bonaciani  et  soi  figlioli  moniti  et 
privati  de  omne  ofitio:  Carlo  de  Selvestro  de  Semone  Cor- 
bini  fratelli  et  figlioli  fora  de  la  ceti  oltra  tre  miglia  non 
uscendo  del  tereno:  Nicolò  Bartolini  con  soi  figlioli  maschi 
de  fora  de  la  cetà  per  tre  miglia  non  usciendo  del  destrecto 
per  XX  anni:  Ghirardo  de  Giovanni  de  David  con  li  figlioli 
maschi  fora  de  la  ceti  al  modo  de  sopra:  Semone  de  Mes. 
Piero  Lonardo  et  figlioli  maschi  per  xv  anni  fora  de  la  cetà 
oltra  tre  miglia,  commo  de  sopra:  Francesco  Ricialboni  con 
li  figlioli  maschi  per  xx  anni,  commo  de  sopra  :  Bernardo  Ri- 
dolfi  Gonfaloniere  de  giustitia  luglio  et  agosto  passati  con  li 
figlioli  maschi,  commo  de  sopra  per  xv  anni  :  Marco  de  Sal- 
vadore  del  Caecia  con  li  figlioli  maschi  amoniti  et  privati  de 
ofitii  per  anni  cinque:  Piero  de  Tomaso  Jacomini  Goggi  et 
fratelli  et  loro  figlioli  de  fora  de  la  cetà  oltra  li  tre  miglia, 
cotòmo  de  sopra:  Ruberto  de  Giovanni  Altoviti  con  soi  fi- 
glioli maschi  confinati  fora  de  la  cetà  per  tre  miglia,  commo 
de  sopra  :  Antonio  de  Fronti  de  Piero  Fronti  fora  de  la  cetà, 
commo  de  sopra  :  foro  remessi  tucti  li  confinati  et  amoniti 
Tanno  1434.  A  di  xx  de  ottobre  de  domenica  el  S.  Conte 
venne  a  Ugubio  ch'era  tornato  da  Roma  et  dal  Re;  parti 
per  andare  a  Urbino  lunedi  a  di  xxi.  A  di  xxvj  lunedi  a  notte 
venendo  el  Martedì  fo  in  Ugubio  uno  gran  tremuto:  a  di 
XXV}  de  dicembre  a  bore  quindici  venne  a  Ugubio  un  altro 
gran  tremuto. 

L'  anno  1467  havendo  fatto  Bartolomeo  Coglione  uno 
grande  apparecchio  et  exercito,  Re  Ferrando,  Duca  de  Mila- 
no et  fiorentini  collegati  insieme,  de  lui  dubitando,  fecero 
provisione  a  soi  repari  et  ordenaro  el  S.  Conte  loro  capitano 
se  metesse  in  ponto  per  esserli  a  lui  contro.  A  di  secondo 
de  aprile  essendo  el  S.  Conte  a  Fosumbrone  usci  in  campo 
a  li  Sterpeti  et  li  aspectò  li  soi  et  squadre  25  del  Re  Fé- 
rando,  le  quale  non  vennero  commo  era  stato  dicto:  sola- 
mente venne  el  cavaliere  Orsini  et  fanti  suoi  provisionati. 
Parti  el  S.  Conte  et  andò  verso  Bologna  dove  entrò,  che  el 
S.  Mes.  Astore  quale  havea  preso  denari  da^  Fiurentini  s'  era 
acconcio  con  Bartolomeo  Coglione.    A   di  viij   de  Maggio  a 


488  GlUSEPPfi  MAZZilTlNTl 

bore  xxij  venne  in  Ugubio  una  gran  tempesta  et  desfio  mol- 
te vigne.  A  di  xxv  de  maggio  passò  per  Ugubio  Dopno  Al- 
fonso conductiere  del  Re  Ferando  con  xv  squadre:  alogiò 
longo  la  Saonda  de  sancto  Apolinare  fine  a  Raggio.  Fecero 
danno  a  li  grani  per  carestia  de  roba,  fo  presentato  de  pane, 
vino,  cera  et  confecti  :  Io  me  retrovai  confaloniere  de  giusti- 
ria  dicto  mese.  A  di  viij  de  luglio  el  mercore  a  notte,  venen- 
do el  giovedì,  a  bore  4  venne  una  gran  tempesta:  guastò  le 
vigne  de  Montedeleto  fine  a  san  Marco.  A  di  25  de  luglio 
essendo  in  Romagna  lo  exercito  de  la  lega  Re  Ferrando  duca 
de  Milano  et  fiurentini  in  lo  quale  era  anche  la  persona  dei 
Duca  de  Milano,  erano  in  tucto  squadre  Ixxxiij  et  fanti  circa 
domilia;et  da  Y  altra  parte  Bartolomeo  Coglioni  con  lo  quale 
era  S.  Mes.  Aiixandro  Sforza ,  S.  Mes.  Astore  da  Faenza , 
Mes.  Hercules  da  Esti;  et  più  signori  et  capitani  in  numero 
squadre  Ixxxxvj  et  fanti  oltra  vj  milia.  Essendose  andati  *co-> 
stegiando  dicti  exerciti  più  tempo,  el  sopradicto  di  che  fo  el 
di  de  Sancto  lacomo  et  Sancto  Cristofismo,  essendo  andato  la 
persona  del  Duca  de  Milano  a  Fiorenza  et  capitano  .  de  lo 
exercito  de  la  lega  essendo  el  S.  Conte,  volendo  Bartolomeo 
predicto  passare  verso  Lombardia,  da  poi  che  el  Sr  Conte  li 
havea  proibito  lo  andare  in  Toscana  commo  da  prima  foro 
li  soi  desegni,  essendo  el  prefato  S.  Conte  alogiato  su  la  riva 
del  Jleao  in  Bolognese,  Bartolomeo  volendo  alogiare  a  una 
villa  chiamata  la  Recardina,  el  S.  Conte,  ordenato  le  soi 
squadre,  andò  a  trovare  Bartolomeo  in  li  alogiamenti  et  li 
principiato  el  facto  d'  arme  a  ore  xviij  durò  crudelissimo  et 
terribele  sempre  in  li  alogiamenti  del  dicto  Bartolomeo  fine 
a  una  bora  de  notte;  dove  forò  morti  de  li  homeni  più  de 
V  mila  tra  V  una  parte  et  V  altra  et  feriti  più  de  altrettantr. 
Foro  li  morti  dal  lato  de  Bartolomeo  4  cento  o  più:  li  feriti 
quasi  tucri,  traVquali  fo  morto  Braccio  vecchio,  Francalancia 
da  Vissey  et  molti  altri  de  reputatione  dal  lato  de  Bartolomeo; 
Ferito  Mes.  Hercole,  Signore  de  Carpi,  Diofebo  del  Conte 
Adverso  figliolo  de  Giovanfrancesco  de  la  Mirandola  et  molti 
de  reputatione  dal  lato  de  la  lega  :  fo  morto  Mes.  lacomo  da 
Palude  conductiere  del  Re.  Foro  morti  molti  cavalli  de  quelli 


CRONACA  DI  8ER  OHERMEBO  DI  S6R  SILVESTRO        489 

de  la  lega  per  la  gran  copia  de  fanti  che  havea  Bartolomeo, 
che  si  el  S.  Conte  ne  havesse  hauto  a  la  mità,  non  è  dubio 
alcuno  lo  exercito  de  Banolomeo  era  spaciato.  Pur  con  tutto 
ciò  si  era  una  hora  più  de  di,  la  cosa  era  spaciata.  Remase  el 
S«  Conte  con  honore  et  S.  de  la  campagna,  mediante  soi 
operatione  et  provisione;  el  quale  quella  giornata  mustrò  es- 
sere optimo  imperadore,  strenuissimo  homo  d'  arme,  al  *quale 
foro  morti  in  quel  di  de  spade  et  lancie  sotto  doi  cavalli. 
Volle  sempre  depò  ordenate  le  soi  squadre  essere ,  el  primo 
tra,  U  nemici,  tale  che  fo  volta  erano  remasti  derieto  a  lui 
più  de  XXX  homeni  d'  arme*  De  li  nimici  (oro  rubati  più  alot 
giamenti  de  Bartolomeo,  el  quale  se  levò  senza  sono  de 
trombecti  la  notte  et  andò  a  logiare  a  una  villa  nominata  le 
Molinelle  cercumdata  da  paduli  et  fossi,  et  li  se  fortificò,  de* 
longato  bene  xv  miglia  dal  S.  Conte,  el  quale  andò  a  logia* 
re  a  presso  Castelfranco.  A  di  xi  de  agosto  passò  da  Ugubio 
el  duca  de  Calavrìa  primogenito  del  Re  Ferrando  con  squa- 
dre XV  :  havea  tre  bandiere,  doi  Reale  et  una  de  la  Ghiesia; 
Quisto  era  de  età  de  anni  xviiij  :  era  con  lui  el  Conte  Orso 
Orsini  et  molti  altri  signori  et  gentilihomeni  del  reame.  Alo- 
gtò  a  Ragio  :  V  altro  dì  andò  ad  alogiare  a  Gualdo  :  molto 
era  sollecitato  da  fiorentini.  Desenò  in  Corte:  el  S.  Ottaviano 
li  fecie  compagnia  et  honore*  In  quisto  el  -Duca  de  Milano 
con  li  soi  se  tornò  a  Milano  et  fo  facto  tregua  da  li  exercitì  per 
certo  tempo  con  doi  di  de  desdicta/  Stette  el  Duca  de  Cala- 
vria  alcuni  di,  detnorando  per  alcuno  di  prima  arivasse  in 
campo:  el  quale  gine  in  campo  tra  Bologna  et  Imola.^  Et 
de  li  a  pochi  di  el  S.  Conte  fecie  desdire  la  tregua.'  Andòla 
a  desdire  Costantino  trombecto  del  S.  Conte.  A  di  ultimo  de 
setembre  essendo  Bartolomeo  alogiato  a  Villafranca  in  quello 
di  Forlì  et  el  S.  Conte  tra  Faenza  et  Casteltobolognese , 
con  parte  de  lo  exercito  intrò  in  valle  de  Lamone,  dove  fe- 
cie gran  preda  de  pregioni  et  bestiami  et  altre  robbe.  Fo  di- 
cto  s'  erano  carcati  più  de  iij  milia  cavalli  de  bone  robbe» 
Li  fiorentini  diero  in  quisto  tempo  al  S.  Conte  anche  loro 
el  bastone.  Quista  intrata  de  Valdelamone  fo  tenuto  uno  gran 
faao,  perchè  in  quella  non  intrò  mai   homo   che  non  fosse 


490  GrosEpns  mazzatinti 

rotto,  salvo  el  S.  Conte  predicto.  A  di  xìj  de  ottobre  el  pre 
fato  S.  Conte  con  parte  de  lo  exercito  intrò  in  valle  de  Senio 
dove  fo  guadagnata  molta  robba  et  presi  molti  pregioni  et 
bestiame.  Fo  dato  gran  renfrescàménto  a  tucto  lo  exercito  : 
et  non  è  manco  forte  dieta  villa  che  quella  de  Lamone.  Del 
mese  de  ottobre  la  gente  de  la  lega  se  condusse  a  le  stantie 
del  S.  Conte  in  Bolognese,  el  Duca  de  Calavria  in  quello  di 
Pisa;  per  tractato  Bartolomeo  del  mese  de  novembre  ebbe  el 
castello  de  Davadolà,  el  quale  fo  dicto  li  bave  dato  uno  Cò- 
nestavele  de  fiorentini  :  el  perchè  incontanente  el  Conte  *  con 
forsi  ottanta  cavalli  andò  a  Dieromani  et  li  faceva  provisiohe 
de  radunare  V  altra  gente  per  socurrere  la  rocca  de  Davadola, 
la  quale  el  terzo  di  se  acordò  con  Bartolomeo  el  quale  retor- 
nò a  li  soi  alogiamenti  lasciando  bene  fornito  dicto  castello.  A 
di  .  . ,  •  de  novembre  el  Duca  de  Calavria  et  el  S.  Conte 
andaro  a  Fiorenza:  fòli  facto  grande  honore.  El  Duca  allogiò 
a  Sancta  Maria  novella:  el  S.  Conte  a  casa  de  Mes.  Diote- 
salvi.  Stecte  el  S.  Conte  a  Fiorenza  tre  di,  poi  andò  a  Ur- 
no.  Parti  el  sabato  a  di  xxviij  de  novembre;  gionse  a  Urbi- 
no el  Martedì,  primo  de  decembre;  et  da  Urbino  parti  la 
domeneca  per  andare  in  Toscana  a  di  vj,  donde  el  Duca  de 
Calavria  et  lui  deveno  partire  per  andare  a  Milano,  dove  se 
devea  trovare  el  (rateilo  del  Duca  de  Savoia  per  la  pacie  nova- 
m^nte  facta  tra  el  Duca  de  Savoia  et  Duca  de  Milano;  de- 
bonse  retrovare  in  le  feste  de  Natale  Marchese  de  Mantova  et 
ambasciatori  fiorentini.  Partito  el  Duca  de  Calavria  et  el  S. 
Conte,  andati  a  Milano,  Bartolomeo  Coglione  fecie  la  bastia 
a  Castrocaro:  el  cavaliere  Orsini  mese  fanti  et  vitualie  in 
Castrocaro  a  dispecto  de  quilli  de  le  bastie.  A  di  ultimo  de 
dicembre  el  di  de  Sancto  Selvestro  a  Fabriano  intraro  per 
forza  li  contadini  et  corsero  la  terra,  benché  di  loro  fossero 
morti  alcuni.  In  ultimo  ordenaro  che  li  priori  che  sono  quat- 
tro, dove  soleva  essere  tre  de  la  cetà,  et  uno  del  contado, 
fossero  tre  del  conta  ed  uno  de  la  cetà. 

A  di  doi  de  febraio  1468  el  di  de  la  purificatione,  papa. 
Paolo  fecie  bandire  la  lega  a  Roma  tra  el  Re  Ferrando,  Duca 
de  Milano  et  fiorentini,  et  de  l'altra  parte  Venitiani ,  benché 


CRONACA   DI  SER  GUERRIERO  DI  SER  SILVESTRO      4^1 

intucto  non  se  scrissero,  et  Bartolomeo  Coglione  :  la  quale 
anche  fecie  bandire  per  tucte  le  terre  de  la  ghiesia.  Havea 
dato  le  parte  a  ratificare  per  tucto  febraio.  Le  conditione 
de  la  pacie  erano  quiste,  che  el  papa  voleva  Bartolomeo  pre- 
dicto  fosse  capitano  de  Italia  contra  el  turco  et  che  la  lega 
li  desse  certa  quantità  de  denari  et  lui  relasasse  tre  castellecti 
in  quello  de  Imola,  et  a'  fiorentini  Dovadola.  La  lega  respose 
che  voleno  la  pacie,  ma  che  a  Bartolomeo  non  darieno  un 
biscotto.  A  di  otto  de  Aprile  el^  giovedì  notte,  venendo  el 
venere,  inante  de  Mes.  Nicolò  Vitelli  de  la  cetà  de  Castello, 
fecie  amazare  diciesette  homini  da  soi  partigiani  et  la  più 
parte  da  li  soi  cortigiani.  El  Governatore  de  Castello  che  era 
Mes.  Andrea  da  Fano,  era  andato  a  Roma;  retomò  et  volle 
intrare  -dentro  in  castellò  et  non  podde.  Del  mese  de  Maggio 
fo  pur  conclusa  la  pacie  et  Bartolomeo  Coglione  remase  ca- 
pitano de  la  Signoria,  el  quale  fo  reducto  a  promisione  de 
ducati  xxxx  mila  V  anno,  dove  prima  che  facesse  la  sopradicta 
impresa  havea  ducati  Ixxx  mila.  Con  poco  honore  et  manco 
reputatione  se  tornò  con  li  soi  a  Malpaga  et  parte  de  la  sua 
compagnia  in  Paduana  per  stantia.  Del, mese  de  luglio  menò 
a  Milano  el  Duca  la  sua  donna,  sorella  del  duca  de  Savoia 
hepote  del  Re  de  Francia.  Del  mese  de  Luglio  predicto  el 
S.  Conte  parti  da  Milano  et  tornò  in  bolognese  donde  parti 
et  andò  a  Pisa  a  visitare  el  duca  de  Calavria.  Andò  a  Fio- 
renza dove  poco  stette;  lo  andò  a  trovare.  Partiero  el  primo 
di  agosto  :  andaro  a  Fosombrone,  da  poi  a  la  Pergola,  a  Calli; 
Giovedì  a  di  xi  del  mese  de  agusto  a  Ugubio,  dove  fo  facto 
gran  festa  per  la  venuta  de  le  loro  signorie.  Fo  coperta  la 
strada  de  panni  da  la  porta  di  Scatone  in  piaza  :  quilli  de  la 
corona  fecero  una  magnifica  credenza  et  li  foro  receute  loro 
Signorie  et  la  loro  comitiva.  A  di  iiij  de  setembre  parti  el 
Signor  Conte  con  Madonna  per  andare  in  Montefeltro  per 
recercare  tucto  el  resto  de  suo  stata»  Andò  a  desehare  a  1^ 
Branca  a  cena  et  albergò  a  Costacciaro,  T  altro  di  a  Calli» 
dove  vennero  lettere  del  duca  de  Milano  devesse  andare  a 
Milano  :  parti  da  Montefeltro  et  andò  a  Milano.  A  di  viiij  de 
ottobre  dicto  anno  el  S.  Mes.  Glsmondo  paso  de  quista  vita: 


49  2  GIUSEPPE  M/lZZATlKTf 

Arimino  remase  in  le  mani  de  Madonna  Isotta  et  del  Magni- 
fico Salnstio  quale  era  prima  protonotario.  A  di  25  de  otto- 
bre venne  nova  commo  la  lilù.  Madonna  Branca  duchessa  de 
Milana  era  morta  a  di  xxij  del  dicto.  In  quisto  tempo  el  Re 
Ferrando  .che  bavea  desfacto  el  duca  de  Sora  mese  tucte  le 
gente  che. guidava  el  Duca  de  Calavrìa  apresso  a  Montecor- 
bo:  diceva  ai  papa  che  lui  non  voleva  pagare  per  censo  del 
reame  se  non  commo  pagava  el  padre,  che  era  uno  cavallo 
et  uno  sparviere.  Item  domandava  che  el  papa  pagasse  Ix 
mila  ducati»  che  havea  promessi  papa  Pio  per  lo  S.  Gismondo 
et  domandava  Senegaglia  et  el  vicariato  che  papa  Pio  V  havea 
dato  a  Mes.  Antonio  suo  nepote  per  dota  de  la  moglie  fi- 
gliola del  Re  Ferrando.  In  quisto  anno  del  mese  de  novem- 
bre el  cavaliere  Orsini  conductiere  del  Re  Ferrando  ebbe  el 
passo  per  andare  in  Toscana  con  dodici  squadre  :  arivò  fine 
a.Fuligni  poi  tornò  a  rieto.  A  di  24  de  dicembre  la  veglila 
de  Natale»  che  io  de  sabato»  intrò  in  Roma  lo  imperadore 
Federico  terzo»  el  quale  parti  de  Lamagna  a  Trevigi,  Padova 
a  Ferrara  a  Ravenna»  poi  a  Racanati»  a  Santa  Maria»  a  Full- 
gtti»  Spoleti»  a  Temi»  Narni  et  quando  fo  a  la  Barca  al  passo 
de  Ghilese  intrò  in  aqua  ;  andò  fine  a  le  Gerialche  per  aqua. 
Generò  sospitione  grande  al  papa  de  quista  venuta  cosi  im* 
provisa;  el  quale  fecie  veniiìe  a  Roma  gran  copia  de  bale- 
strieri» de  gente  d'  arme  et  altri  £inti.  Alogiò  dicto  imperar 
dorè  eoa  tucti  li  sol  in  lo  palazo  de  santo  Pietro  ;  et  grandi 
aparati  li  fecie  fare  al  papa  in  lo  intrare  de  lo  imperadore  in 
santo  Pietro»  dove  el  papa  lo  aspectava.  Fo  a  le  quatro  bore 
de  notte  et  a  V  altare  el  papa  recevè.  El  di  de  Natale  che  fo 
domeneca»  el  Papa  disse  una  messa  solempne  in  cappella»  in 
la  quale  lo  imperadore  principiò  el  vangelio  et  uno  <:ardenale 
el  forni  :  di  poi  papa  et  imperadore  andaro  a  1'  altaria  de 
santo  Pietro  et  etiam  el  papa  disse  la  messa  solempne»  dove 
anche  lo  'mperadore  principiò  el  vangelio  et  fomise  al  modo 
de  supra.  Fornita  la  messa  lo  imperadore  se  comunicò  per  le 
mani  del  papa;  poi  andaro  a  vedere  el  sudario  :  veduto  el  su- 
dario» el  papa  sopra  le  scaie  de  santo  Pietro  dio  la  benedictione 
a  tucto  el  pòpulo  et  retomò  in  palazo  che  erano  hor^  zxi^ 


CRONACA   DI   SER   GUERRIKRD  DI  SER  SILVESTRO      4^3 

t 

Lò  Impèradore  dio  cumiato  a  li  ambasciatori  4eì  Duca  de 
Milano,  dicendo  che  lui  non  era  vero  duca  et  che  e)  ducato 
de  Milano  se  aspectava  a  lui.  Lo  ambasciadore  li  respuse^cbe 
el  patre  havea  aqaistato  quel  ducato  con  la  spada  et  che  con 
quella  el  figliolo  aspectava  de  perdarlo» 

De  Natale  lo  impèradore  privò  el  duca  de  Milano  in  su 
Io  ponte  de  castello  santo  Angnolo  et  fecie  duca  de  Milano 
uno  suo  nepote,  et  li  fecie  più  cavalieri  et  Conti  paladini,  et 
con  lo  papa  in  compagnia  andò  a  Sancto  Ianni  con  grande 
triunifo.  Parti  lo  impèradore  da  Roma  et  per  la  via  de  Vi* 
terbo  arivò  a  Orvieto,  da  poi  al  laca  de  Peroscia  et  h  stecte 
la  sera  :  a  di  xxiii}  de  genaio  andò  ad  Asissi  :  la  domeneca  a 
Gualdo  ;  da  poi  per  la  via  de  Saxoferrato  se  n'  andò  in  Ro« 
magna  per  andare  a  Vinesia;  da  poi  in  suo  paese  dove  tro- 
vò che  alcuni  de'  suoi  haveano  facto  rebelare  certe  terre  et 
tènelo  in  guerra.  Partito  lo  impèradore,  el  papa  sborsciò  de« 
nari  asai  a  soi  soldati  vechi  et  tolse  de  li  altri.  El  Re  Fer^- 
rando  fecie  venire  in  la  riva  del  Tronto  molte  squadre  et 
niente  altro  se  fecie.  Del  mese  de  giugno  1469  V  Arcevesco 
de  Spalatro  ,  governatore  de  la  Marca ,  tesauriefe  magiure, 
con  le  gente  de  la  ghiesia  per  inganni  intrò  in  lo  borgo  de 
Santo  Giuliano  de  Arimino,  el  quale  teneva  S.  Ruberto,  £• 
gliolo  del  S.  Gismondo.  Con  dicto  governatore  era  el  S.  Mes« 
Alixandro  Sforza  :  tolsero  dicto  Borgo,  et  el  S.  Ruberto  repa- 
rò el  resto  de  la  cetà:  dicto  Governatore  con  le  gente  de  la 
ghiesia,  dove  ci  era  el  S.  Napolione  capitano  generale ,  S« 
Mes.  Alixandro  Sforza,  Braccio  de  Baglioni  et  più  altri  con* 
ductieri,  posero  campo  a  la  cetà  de  Arimino.  Re  Ferando, 
fiorentini  et  duca  de  Milano  legati  insieme  scrìpsero  al  papa 
se  tolesse  da  quista  impreso,  et  scrìpsero  al  S.  Conte  loro 
capitano  provedesse  a  quanto  bisognava  a  li  favori  et  subsidij 
del  S»  Ruberto.  A  di  pnmo  de  agosto  Io  I.  S.  Conte  use) 
de  Urbino  con  poca  gente  :  andò  a  logiare  su  la  Foglia  sotto 
Cavalino  ;  da  poi  andò  a  logiare  tra  Montegrimano  et  èl  Sasso. 
A  di  3  de  Agosto,  ha  vendo  mandato  in  più  Sade  in  Arimino 
molti  provisionati  et  fanti,  dove  anche  mandò,  Alixandro  Gam- 
bacorta el  quale  fo  morto  da  una  bombarda  de  li  nimici,  el 


494  GIUSEPPE  MAZZATIKTl 

S.  Conte  stéctè  con  li  sol  ad  aspectare  V  altre  gente  de  la  le- 
ga :  andò  in  campo  a  di  vj  de  agosto  Mes.  Francesco  da  Sa- 
xetelto  et  lacomo  da  la  Sassetta  »  soldati  di  fiurentini  con 
forsi  400  cavalli  :  el  duca  de  la  Calavria  a  di  io  de  agosto 
alogiò  sotto  la  Pergola  con  50  squadre  et  fantarie  asai.  Passò 
per  forza  per  là  Marca  che  fo  tal  di  che  fecie  42  miglia  con 
lo  esercito.  Reposese  tre  di  a  la  Pergola,  da  poi  andò  a  li 
Sterpeti  sotto  Fosambrone  :  la  persona  sua  andò  a  Urbino  ;  le 
gente  andaro  a  logiare  su  la  Foglia.  A  di  16  de  agosto  el 
S.  Conte  andò  a  parlare  al  dicto  duca  sotto  Cavalino  dove 
alogiò  el  duca  con  le  diete  squadre.  A  di  xvij  de  agosto  el 
S.  Conte  se  levò  da  Montegrimani  et  andò  a  loggiare  sotto 
el  Sasso  apresso  Gemano;  et  dicto  di  arivò  in  campo  el  Si- 
gnor  Donpno  Alonso  con  diciotto  squadre  de  ragonesi.  In 
prima  Mes.  Nicolò  da  Canale  del  mese  de  Giugno  passato 
con  r  armata  de  la  Signoria,  de  la  quale  lui  era  capitano,  se 
parti  da  Nigroponte  con  galee  quarante  :  andò  a  la  cetà  de 
Cumia,  apresso  de  Andrinopoli  quindecie  miglia,  per  uno  ca- 
nale, metendo  le  galee  per  schina  per  la  pochezza  de  Y  acqua, 
^t  prese  dieta  cetà  pina  de  infinite  richeze,  in  la  quale  era 
gran  tesoro  del  turco  et  alcuna  de  le  soi  donne,  la  quale  ce- 
tà da  poi  che  1^  ebbe  asaccomanata  abrusciò  er  destrusse. 
Item  ch^  del  mese  de  setembre  quasi  in  principio  Musom 
Casciam  turco,  el  quale  s'  era  rebelato  al  turco,  havea  seco 
Ix  milia  turchi,  reducto  in  uno  certo  paese,  el  turco  li  tnandò 
a  r  incontro  più  de  ci  milia  turchi,  et  lui  con  astutia  mandò 
a  dire  che  volea  andare  al  turco  con  la  coregia  in  canna  o 
domandare  perdono  et  che  non  bisognava  facessero  esercito 
contra  de  lui  ;  el  perchè  quelli  del  Turco  alogiaro  a  la  segura 
in  un  certo  loco;  che  vedendoli  Usam  in  disordene  li  mandò 
a  trovare  et  amazò  la  più  parte.  El  resto  se  acordò  con  seco, 
et  vanno  a  li  danni  del  turco.  Del  mese  de  dicembre  .  morì 
Piero  de  Cosimo  da  Fiorenza,  et  ninna  altra  novetà  segui  a 
Fiorenza.  Remase  Lorenzo  so  figliolo,  commo  el  patre  gran 
maestro.  — ^  L'  anno  1470  del  mese  de  gienaio  el  S.  Conte 
remandò  el  bastone  al  duca  de  Milano,  per  Antonio  de  Ma- 
rucci  da  Tolentino,  figliolo  già  de  Mes.  da  Baldovino.   A  di 


CRONACA   DI   SER  GUERRIERO  D!  SER   SILVESTRO      4^5 

ij  de  febraio  el  S.  Conte  passò  T  Alpe  per  andare  a  Fiorenza 
et  essendo  richiesto  del  Re  Ferrando,  andò  fine  al  Borgo  et 
torno  a  derieto.  Perfino  a  magio  le  cose  andarò  molto  quete 
et  qualche  pratica  era  tra  el  Re  Ferando  et  la  Signoria  de 
Venesia  de  lega  per  mezanità  del  S.  Conte.  Ambasciadori 
de  la  Signoria  de  Venesia  andaro  a  Fosembrone,  dove  el  S. 
Conte  li  fecie  grande  honore.  li  quali  andaro  a  Roma.  Dei 
mese  de  giugno  el  S.  Conta  insieme  con  Madonna,  le  mam- 
mole et  el  S.  Donpno  Alfonso,  andaro,  daendose  piacere,  re« 
vedendo  el  so  stato.  Del  mese  de  giugno  1470  venero  nove 
che  el  turco  era  uscito  in  campo  a  Nigroponte  con  350  vele 
et  Ixxx  milia  persone  per  terra:  Dio  ci  aiuti.  Nel  mese  de 
gingno  predicto  vennero  nove  commo  Genevesi  mandavano 
ambasciadori  al  Turco  con  lo  tributo  quale  era  xv  milia  du- 
cati in  denari  e  ij  milia  de  panni  d'  oro  con  altre  munitioni, 
et  el  turco  li  mandò  xv  galee  per  fare  scorta  V  armata-  de  la 
Signoria,  et  presero  dicti  ambasciadori  et  le  galee ,  bene  che 
scampassero  le  persone  in  terra:  le  galee  foro  mandate  ad 
armare  in  Candia  con  li  denari  tolti.  Del  mese  de  luglio  fo 
dicto  la  lega  tra  Re  Ferando,  duca  de  milano  et  fiurentini, 
essere  refermata.  La  Signoria  de  Venesia  in  quisto  tempo 
tuctavia  armava  galee  et  nave  per  fortificare  1*  armata  di  mare. 
Dicese  meterieno  insieme  galee  cento  et  trenta  grosse  nave. 
Dicto  anno  et  mese  de  agusto  s'  ebbero  lectere  che  el  Turco 
havea  hauto  Nigroponte  et  che  la  bataglia  era  durata  cinque 
di  et  cinque  notti:  fo  dicto  che  de  li  cristiani  erano  morti 
V  mila:  de  li  turchi  homini  xv  mila.  Fo  grande  sconforto  e 
tucta  Italia  :  et  tucte  le  posanze  de  Italia  mandaro  al  papa  sé 
volesse  levare  da  la  impresa  de  Arimino  et  fare  provisione 
contra  el  Turco  ;  et  perchè  fo  conclusa  la  tregua  per  un  me- 
se et  uno  mese  de  desdicta  ;  fo  bandita  del  mese  de  setembre. 

Copia  de  la  lettera  mandata  dal  al  Re  Ferando. 

Mahumet  dei  gratia  Grecie  imperator,  etc.  S.°®  et  IH."** 
domino  Ferdinando  Regi  Cicilie;  amico  et  tampuam  filio  ca- 
rissimo salutem.  Scire  facere  victoriam  nostram  amicis  nostris 
consuetudo  nostra  est.  Ideoque  scinius  D.  V.  gaudere  de  vi- 
ctoris  nostris,  mittimus  nuntiùm  nostrum  caudimam  ad  refe- 


49^  GIUSEPPE  MAZZATINTI 

rendum  de  predictai  insula  Nigropontis,   cui  aliqua  commisi- 
inus,  ut  referat  D.  V.  cui  fidem  dare  placeat. 

Datum  Nigropont  xx  Lima  Machum  Anno  domini  M 
ccccixiij  (sic).  Responsiva  Regis  ad  Turchum. 

Ser."*  et  Illu.»°  Machumet  Imperatori  Turchie  rex  Fer- 
dinandus  dey  gratia  Rex  Sicilie  lerusalem  et  Ungarie  Salutem. 
Accepimus  literas  Serenitatis  Vestre  quas  ad  nos  misit  cum 
eius  legato  et  muneribus  per  eosque  nuntiavit  nobis  expu- 
gnationem  Nigropontis  et  de  ea  nobis  congratulatur.  Que  ad 
legatura  et  nuntia  attinet,  non  ea  nobis  ingrata  fuerunt:  et 
cum  superìoribus  annis  significatum  nobis  esset  subditos  no« 
stros  a  Vestra  Serenitate  bene  tractari,  nosque  per  oratorem 
suum  vi^tasset,  non  indecorum  visum  fuit  nos  ad  eamdem 
pariter  Legatura  mittere  nostrum,  et  id  amicitie  jus  cum  eo- 
detn  servare,  quod  salva  nostra  dignitate  et  fide  servari  pos- 
set.  Verum  cum  V.  S.  bellum  gerat  contra  christianos  et  ma- 
xime contra  Venetos  amicos  nostros  summaque  benevolentia 
nobis  coniunctos,  non  possumus  non  solum  cum  eadem  V.  S. 
amicitiam  servare,  sed  decrevimus  ut  Christianum  verum  totis 
viribus  eandem  offendere  ut  equum  est  prò  servanda  fide 
Christiana  sanctaque  religione,  cuius  rei  initium  dedimus,  quo- 
niam  misimus  triremes  nostras  auxiiiares  Venetis,  neque  sibi 
V.  S.  persuadere  debet,  nos  defunturos  cristiane  religioni  cu- 
ius sumus  observantissimi,  aut  venetorum  amicitie  quos  unice 
diligimus.  Mirari  itaque  cogimur  que  V.  S.  nobis  congratulare- 
tur  de  expugnatione  Nigropontis,  que  nobis  molestissima  fuit. 

Datum  in  Castello  nostro  Novo  Neapolis  die  ìiij  setem- 
bris  1470. 

Del  mese  de  dicembre  le  gente  del  Turco  cursero  a  Za- 
ra et'  fecero  gran  danno.  El  turco  in  quisto  tempo  ultra  li 
altri  sol  ligni  se  diceva  che  meteva  in  pronto  cento  galee 
grosse.  Venitiani  desarmaro  la  loro  armata;  Mes.  Nicolò  da 
Canale  loro  capitano  fo  confinato  in  Frigoli  privato  de  ufitii: 
pagò  xij  milia  ducati.  Dei  mese  predicto  in  le  feste  de  Natale 
fo  a  Roma  conclusa  la  pacie  tra  tucte  le  posanze  de  Italia  et 
lo  dicto  se  deva  ordene  pigliare  la  impresa  contra  el  turco 
pur  che  non  se  indutij  troppo. 


i 


CRONACA   DI  S£R   GUERRIERO   DI   SER   SILVESTRO      497 

L'anno  147 1  del  mese  de  Marzo  la  gente  del  turco  cur- 
sero  a  Ragusia  et  presero  3  milia  anime  :  abrusciaro  molti 
castelli  et  ville,  non  obstante  Ragusini  feudatari  del  turco: 
ma  li  voleva  in  tucto  subgiogare.  Del  dicto  mese  lo  exercito 
del  Re  de  Francia  et  quello  del  duca  de  Borgogna  fecero  ba- 
taglia.  Fo  rotto  quello  del  Re  de  Francia,  figliolo  del  Duca 
de  Savoia.  El  Re  de  Francia  se  redusse  a  Parigie,  Dicto  an- 
no mori  Duca  Giovanni  de  morte  naturale  a  Bazzelona.  Di- 
anno del  mese,  de  Marzo  forono  molti  gran  iremuti  et  molti 
moriero  de  morte  sunitana.  Dicto  anno  et  mese  el  Duca  de 
Milano  con  la  donna  andaro  a  Fiorenza  a  la  Numptiata  con 
grandissimo  triumfo:  foro  cavalli  1300  et  provisionati  asai. 
Li  Fiorentini  li  fecero  grande  honore.  A  di  xx  de  marzo  ari- 
vò  a  Urbino  el  S.  Mes.  Dorso,  marchese  d'  Esti ,  Signor  de 
Ferara,  Duca  de  Modena  :  venne  per  andare  a  Roma  con  500 
cavalli,  muli  150  e  a  pie  circa  100  con  grandissimo  triumfo. 
El  S.  Conte  li  fecie  grande  honore:  stette  li  tucto  el  giovedì; 
venare  parti  da  Urbino  ;  andò  a  desenare  a  Castel  Durante,  la 
sera  a  cena  et  albergo  a  Calli;  Sabato  a  mattina  a  Ugubio  et 
stecte  la  notte.  Per  tucto  li  io  facto  grande  honore.  El  S.  Con- 
te non  lo  lasò  mai  per  fine  usci  del  suo  tereno.  L'  arceve- 
scovo  de  Spalatro ,  tesauriere  magiure,  era  con  lui  et  fedele 
le  spese  per  tucte  le  terre  de  la  ghiesia.  Parti  la  domenica 
matina  dopo  desenare  da  Ugubio  :  andò  la  sera  a  Peroscia 
dove  stecte  quatro  dì.  Li  Perosini  li  fecero  grande  honore. 
Dicto  mese  el  S.  Conte  essendo  a  Ugubio  ebbe  nova  com- 
mo  in  Piombino  erano  intrati  fanti  del  Duca  de  Milano  et 
fiurentini  per  ocupare  quello  stato.  Foro  cacciati  con  danno 
et  vergogna.  Dio  voglia  generi  bono  fructo  per  che  quello 
Signore  è  raccomandato  del  Re.  A  di  iiij  d'  aprile  el  S.  Conte 
parti  da  Ugubio  et  tornò  a  Umino.  A  di  25  de  aprile  el  di 
de  Santo  Marco  che  fo  de  giovedì  el  S.  Ruberto  de  Malate- 
sti,  S.  de  Arimino,  andò  a  Urbino  dove  li  fo  facto  per  lo 
S.  Conte  et  Madonna  grandissimo  honore  et  fo  facto  gran 
festa.  La  domeneca  seguente  fo  specificato  el  parentato  de  la 
Illustrissima  Madonna  Isabecta,  figliola  del  S.  Conte,,  che  era 
de  viiij  anni.    El   S.    Ruberto  turno  a  Rimino    et  fecte   fare 

Archivio  Storico  II.  32. 


49^  GIUSEI^B  MAZaSATINn 

fare  gran  festa  et  giostre;  in  Ugubio  foro  facti  falò  et  soni 
de  campane.  El  duca  de  Modena  che  era  andato  a  Roma  fo 
dal  papa  solennemente  veduto  et  iacto  gran  demustrarione  de 
feste.  In  le  feste  de  la  pasqua  el  pa'pa  el  fede  duca  de  Fe- 
xara  :  fo  grandemente  apresentato.  £1  papa  fecie  cacciare,  dove 
eie  intervenero  quasi  tucti  li  cardenali.  Fo  stimato  che  a  quella 
caccia  fossero  più  de  xxv  mila  persone.  Fece  el  papa  amazare 
cento  boi  et  cento  vitelle  senza  altre  caciagione,  polli  et  uce- 
lagione.  Essendo  stato  el  prefatp  duca  più  di  a  Roma,  de  11 
parti  et  per  la  via  de  Spoleti  andò  a  Fuligne,  a  Camerino,  a 
Santa  Maria  de  Loreto,  in  Ancona,  a  Fano.  Reternò  a  Fe- 
rara  et  per  tucte  le  terre  de  la  ghiesia  al  papa  li  fio  le  spese. 
In  quisto  tempo  parte  de  le  gente  del  Turco  cursero  tucta 
la  Dalmatia  et  menaro  qran  quantità  de  anime  et  altre  gente 
del  turco:  scursero  fine  in  Ungaria  et  a  presso  a  li  confini 
del  turco.  Se  disse  havea  prencipiata  una  terra  et  mandò  fora 
vele  150.  Dio  ci  aiuti.  A  di  xxx  de  luglio  1471  el  venere  a 
bore  circa  doi  de  notte  mori  papa  Paolo,  el  quale  fo  retro- 
vato morto  in  una  camera  vituperosamente  :  dissero  che  lì  era 
caduta  la  goccia  :  altri  dissero  che  li  diavoli  lo  haveano  stran- 
golato. Fo  trovato  in  terra  tucto  nero  :  1'  uscio  de  la  camera 
serrato  et  per  forza  fo  aperto  :  poi  vilmente  portato  in  Santo 
Pietro.  Li  cardenali  de  pò  facti  li  consueti  exequi,  intraro  in 
conclave  pe  dare  ordene  al  novo  papa.  Lo  venere  a  di  nove 
de  agosto  147 1  fo  creato  papa  M.  Francesco  da  Savoia  de 
r  ordene  de'  frati  menori  el  quale  fo  padre  generale  del  dicto 
ordene,  da  poi  cardenale,  nominato  poi  papa  Sisto  quinto, 
che  Dio  el  faccia  utele  per  la  cristiana  fede  più  che  '1  pre- 
decessore. Del  mese  de  agosto  dicto  anno  mori  lo  lUu.  Si- 
gnore Duca  de  Ferara  S.  Mes.  Borso  el  quale  era  stato  dopo 
la  tornata  da  Roma  quasi  de  continuo  amalato:  et  più  volte 
fo  dicto  lui  essere  morto:  in  la  qnale  malattia  foro  diversi 
scandoli:  perchè  Mes.  Nicolò  da  Esti  figliolo  del  Marchese 
Lionello,  nipote  al  dicto  Mes.  Borso,  se  volse  fare  signore  et 
Mes.  Hercole  figliolo  del  Marchese  Nicolò,  legittimo  fratello 
del  prefato  duca  Borso,  acorgendosene  prese  el  castello  novo 
de  Ferara.  In  ultimo    il    Duca    Borso    mori    et    fo    signore 


CRONACA  DI  SER  OUERRIERO  DI  8ER  SILVESTRO       499  « 

Mes.  Hercules.  Mes.  Nicolò  se  n'  andò  a  Mantova  dal  Mar* 
cbese  suo  zio.  A  di  viiij  de  settembre  partiero  de  qui  da  U^ 
gubio  li  cavalieri  Mes.  Felippo  di  Gabrielli  et  Mes.  Federico  di 
Beni,  mandati  dal  S.  Conte  al  Duca  Hercules  a  fare  la  cordoglien^ 
za  insieme  con  lo  vescovo  de  Montefeltro    del  duca  Borso. 

Del  mese  de  setembre  dicto  anno  el  Magnifico  Mes.  Ot- 
taviano desìi  Ubaldini  et  el  S.  Antonio  andaro  a  Roma  a  vi- 
sitare papa  Sisto  per  parte  del  S.  Conte,  li  quali  recevero 
grande  honore.  El  papa  li  vedde  volentiere  et  feceli  molte 
careze.  El  papa  et  cardenali  li  mandaro  le  loro  famiglie  in- 
contro. Dicco  anno  del  mese  de  ottobre  le  gente  del  turco 
cursero  in  Capodistria:  intraro  in  Frigoli  fine  a  presso  a  U- 
dene:  fecero  gran  danno;  menaro  molte  anime  via;  fecero 
grande  ucisione.  Dicto  anno  del  mese  de  novembre  quasi  in 
fine,  mori  Mes.  Cristofano  Moro  duce  de  Venesia.  Fo  creato 
duce  Mes.  Nicolò  Troni.  Dicto  anno  del  mese  de  dicembre 
vennero  lettere  al  S.  Conte  da  Vinasia  commo  el  turco  havea 
preso  Scandeloro,  vicario  a  Rodi,  molto  a  T  opposito  de  Ci- 
pri. Dicto  mese  venne  qui  a  Ugubio  per  stare  el  S.  Conte 
con  la  lUu.  Madonna  et  tucta  la  corte. 

In  nomine  domini  Amen.  L'  anno  1472  a  di  24  de  gè-» 
naro  el  venerdì  a  bore  septe  et  meza  di  notte ,  venendo  el 
Sabato  naque  al  nostro  lUu.  de  la  mia  lUu.  Madonna  Batista 
Sforza  uno  figliolo  maschio  havendo  per  prima  loro  Illustris- 
sime Signorie  hauto  più  figliole  femine.  Naque  in  la  cetà  de 
Ugubio.  Foro  facte  grande  feste  et  fo  facta  demustratione  per 
la  comunità  et  per  tucti  ceiadini  de  grande  alegreze.  Duraro 
le  feste  di  cetadini  più  di,  che  omne  di  festegiava  uno  quar- 
tiere in  palazo  del  comune  et  in  piaza  da  poi.  El  S.  Conte 
fecie  festegiare  onme  di  in  piaza  per  fine  al  martedì  de  car- 
novale che  fo  a  di  xij  de  febraio.  El  S.  Conte  fecie  anche 
fare  più  procesione  et  grande  elìmosine.  tra  le  quale  fo  uno 
dono  fecie  sua  S.  al  Monte  de  piata  de  350  fiorini.  Fo  bati- 
sato  el  mammolino  in  calonica  a  di  ....  de  genaio  per  lo 
R.do  padre  Mes.  Antonio  di  Siveri,  vescovo  de  Ugubio  :  com- 
pari el  generale  et  priore  de  santo  Secundo  de  V  ordene  de 
li  canoneci  regulari  de  santo  Agustino.  Li  nomi  foro  Ubaldo 


500  GIUSEPPE  MAZZATINTI 

Gerolimo  Vincenzo.  In  colonica  fo  facta  colatione  dove  foro 
butati  oltra  li  eonfetati  gran  copia  de  con(ecti  et  fo  tenuta 
una  sumptuosa  colatione  da  iniperadore  et  riale  a  spese  del 
S.  Conte.  A  di  viij  de  aprile  mono  el  prefato  R.do  padre 
Mes.  lo  Vescovo  de  Ugubio,  che  fo  gran  danno  a  tucta  la 
cetà,  che  oltra  lo  essere  valente  et  bomo  bono,  era  gran  le- 
mosiniere  et  el  S.  Conte  molto  se  ne  dolse.  A  di  xxvij  de 
aprile  venne  in  Ugubio  el  Cardenale  Niceno,  dicto  el  carde- 
naie  greco,  el  quale  andava  legato  in  Francia,  in  Inghilterra 
et  Borgogna.  Fo  de  lunedi.  Fòli  facto  grande  honore.  Stecte 
in  Ugubio  tucto  el  Martedì  et  in  quello  di  cresimò  el  figliolo 
picino  del  S.  Conte  con  grande  festa.  El  mercordi  parti  el 
cardenale  da  Ugubio  :  andò  a  desenare  a  Cantiana  ;  a  cena  et 
albergo  a  Calli  ;  Giovedì  a  Castel  Durante,  dove  portò  a  quella 
badia  uno  pezo  de  V  osso  de  la  spalla  de  sancto  Cristofano. 
Dieta  badia  se  nomina  santo  Cristofano,  de  la  quale  sua  Re- 
verentissima Signoria  invistì,  et  de  quella  anche  de  la  badia 
de  santa  Crocie  fonte  de  1'  Avelana,  Mes.  Giovan  Francesco 
figliolo  de  Mes.  Givan  Batista  di  Bentevogli  da  Saxoferrato 
suo  cameriere,  el  quale  etiam  prima  partisse  de  Roma  fecie 
fare  protònotario  et  ebbe  diete  badie  in  comenda.  El  S.  Conte 
et  el  S.  Ottaviano  cum  lo  S.  Antonio  andaro  sempre  con  lo 
prefato  cardenale,  el  quale  parti  da  Castel  Durante  et  andò  a 
Urbino.  El  prefato  cardenale  lasò  grande  indulgentie  a  la  ba- 
dia de  Castello  Durante,  et  simele  certa  indulgentia  al  sepul- 
cro  novamente  facto  in  la  fraternità  di  Bianchi  in  Ugubio^ 
commo  appare  per  mano  de  Mes.  Guerriere  de  Giovacchino. 
El  S.  Conte^  prima  che  venisse  a  Ugubio  el  Cardenale,  a  dì  ... 
de  aprile  fecie  fare  in  lo  mercato  uno  facto  d'  arme  de  la  sua 
famiglia  per  dare  piacere  al  populo,  dove  se  adoperaro  lancie 
con  scudelini  su  la  ponta,  et  spade  senza  ponta  et  senza  ta- 
glio. Durò  asai  et  fo  bello  a  vedere.  Steitecie  Madonna  con 
tucte  le  figliole,  compagne  et  cameriere.  Fo  facto  el  banco 
innanze  a  V  uscio  de  la  fratemeta.  El  di  de  santo  Giorgio  el 
S.  Conte  con  la  sua  fameglia  uscio  fore  per  tuctavia  festegiando. 

FINE. 


INVENTARIO 

DELLA  CATTEDRALE  DI  CAMERINO 


(An.  1528.  ) 


«  La  notte  di  san  Lorenzo,  dopo  le  quatti' bore,  s'ac- 
cese il  fuoco  nella  Sagrestia  di  santa  Maria ,  e  ne  restarono 
inceneriti  pallij,  piviali,  pianete,  calici,  croci,  e  tutta  la  sup- 
pellettile, che  era  oltre  il  valore  di  diecimila  ducati.  »  Con 
queste  parole  ricorda  il  Lilii  la  grande  sventura  della  catte- 
drale di  Camerino  nella  notte  del  io  agosto  15 15  (')•  E  a 
bella  prima  sembrarebbe  che  nulla  fosse  scampato  al  fla- 
gello :  ma  riandando  io  le  carte  del  nostro  archivio  capito- 
lare, ho  trovato  un  inventario  di  arredi  redatto  soli  dodici 
anni  appresso,  dal  quale  evidentemente  apparisce  che  non 
tutto  Al  consumato  dal  fuoco,  e  che  parecchio  fu  salvato  dalia 
distruzione.  Tanta  è  la  copia  e  la  ricchezza  e  l' arte  della 
suppellettile  sacra  che  in  si  breve  spazio  di  tempo  non  sa- 
rebbe stato  possibile  provvederla.  Per  questo  stesso  pertanto 
trascrivo  qui  quel  codicetto,  segnato  nell*  indice  C.  XXV,  in 
ottavo ,  di  carta  grevissima  e  coperto  di  pergamena.  Nel 
testo  sono  talvòlta  aggiunte  posteriori  modificazioni  che  io 
tori  tralascio,  ma  distinguo  in  carattere  corsivo. 

«  In  Dej  Nomine  ac  Virginis  Marie.  Inventarium  om- 
nium terum  cathiis.  ecc.  camerin  :  Ano  Dni  1528  die  vero 
xvj  aprilis. 

«  Cruci.  Inprimis  una  croce  grande  tutta  fornita  di  ar- 
gento, ciò  è  el  cruci6xo  et  trj  evangelista  de  argento  co  17 


(i)  Uiii  Carnaio  i  deW  htoria  di  Camerino,  p.  IL  Uh.  Vili,  pag',  aSt, 


502  MÌLZIAbE  SANTONI 

palle  grand]  de  ramo  et  12  piccole  co  el  pellicano:  de  ra- 
mo: Dalaltra  banda  el  bove,  el  lione,  l'angelo,  l'aquila  el 
sancto  col  libro  iiSìano  tutti  de  ramo  doratj. 

It.  Una  croce  minor'  tutta  de  ramo  co' certi  triangolitti 
de  argento.  (  N.  44  mancano  4  triangolitti  de  argento.  ) 

It.  Una  croce  tutta  de  argento  ornata  de  filo  et  ineelli 
co'  17  fiori  smaltati  intorno:  la  fece  far  D.  Bartolomeo.  (Ne 
perso  uno  smaltitto  quando  venne  il  papa.)  (') 

It.  Una  croce  piccola  tutta  de  argento  per  poner  sopra 
li  morti  co' certi  coralli  intomo, 

It.  Una  crocetta  de  incristallo  el  fornimento  del  pede  de 
argento.  (*). 

«  Occhj  de  argento  para  n.  24: 

It.  Uno  thuribulo  tutto  de  argento  pesa  lib.  .  .  .  Q). 

It.  la  corona  del  Salvator'  de  argento  (  manca  un  fiore  de 
li  picculi.) 

It.  Una  testicciola  de  Santo  Joanni  de  argento  :  la  donò 
Mariano  Pizzicante. 

«  Doi  Turriboli  di  octone  de  quali  mons.  ne  portò  uno  a 
Santo  Antonio. 

«  Una  campanella  tutta  de  argento. 

<i  Tabernaculi.  Uno  tabemaculo  de  ramo  dorato  con  doj 
vetri  tondi  con  certi  fioronj  de  argento  intorno,  ne  mancha 
smalti  octo. 

It.  Uno  tabernaculo  del  corpus  domini  la  croce  in  cima 
et  la  patenetta  tutta  de  argento. 

It.  Uno  tabernaculo  de  ramo  dorato  co'  sei  vetri  co'  una 
crocetta  in  cima  de  argento. 

It.  Uno  tabernaculo  de  rame  dorato  senza  crocetta. 

ce  Calici  et  patene.  Uno  calice  e  patena  tuttj  de  argento 
nel  pede  otto  figure  de  mezo  relevo  nella  patena  uno  A- 
gnus  dei. 

It.  Uno  calice  et  patena  tuttj  de  argento   el  pede  co' sei 
smaltj  et  rosette  co' lettera  A. 


(ì)  Questa  aggiunta  accenna  evidentemente  aUa  venuta  di  Piolo  III  a  Carne' 
Tino  li  14  Ottobre  t$29. 

(2)  E  desta  la  celebre  crocetta  di  S.  Ansovino,  della  quale  un  altro  inventario 
^^^  '538  così  si  esprime.  Una  croce  de  incristallo  con  il  fuso  et  pirone  dear^tento.  „ 
E  in  un  libro  di  memorie  si  aggiuufie,  „  Hic  recensendum  est  quod  cuoi  combure- 
rei ur  sacristia  cattedralis  eccleniae,  sicut  traditum  est,  sancta  Crux  divi  Ansovioi, 
3uae  illibi  servabatur  ab  igne  illaesa  permansit.  „  V,  il  mio  commentario  degli  Atti  e 
el  Culto  di  S.  Ansovino.  Camerino  jSSj. 

(l)  Qui  manca  il  peso  che  era  di  libre  cinque  secondo  altro  inventario  del  Ì560. 


INVENTARIO  DELLA  CATTEDRALE  hi   CAMERINO    50^ 

It.  Uno  calice  et  patena  tuttj  de  argento  nel  pede  certe 
rosette  de  mezzo  relevo  nel  pomo  certe  spighette  co'  Ira  B. 
nella  patena  G.  et  A. 

It.  Uno  calice  et  patena  tuttj  de  argento  el  pede  lisio 
nel  pomo  tri  yhus  et  trj  rosette  con  Ira  G, 

h.  Uno  calice  grande  el  pede  et  pomo  de  ramo  la  coppa 
de  argento  nel  pomo  doj  agnus  dei  doj  yhus  et  doi  rosette 
de  ineello  la  patena  de  ramo  co'  una  pietà  de  argento  ineel- 
lata  in  mezzo. 

It.  Uno  calice  el  pede  et  pomo  et  patena  tuttj  de  ramo 
la  coppa  de  argento  et  pomo  yhs  xps  rex  et  trj  rosette  ine- 
ellate. 

It.  Uno  calice  el  pede  et  pomo  de  ramo  la  coppa  de 
argento  la  patena  de  ramo  con  Ira  M. 

It.  Uno  calice  la  coppa  de  argento  el  pede  de  ramo  nel 
pomo  tre  rosette  et  yhs.  xps.  rex.  la  patena  de  ramo,  quale 
fo  recuperato  dal  monte  per  mano  de  m.  perdominico, 

It.  Uno  calice  el  pede  et  patena  de  ramò  la  coppa  de 
argento  nel  pomo  trj  yhus  et  trj  rosette. 

It.  Uno  pede  de  calice  de  ramo. 

It.  r  archid.  hebbe  uno  calice  de  ramo  la  coppa  de  ar- 
gento la  patena  de  ramo  qual  portò  a  sancto  paulo:  co' uno 
paro  de  paramenta.  Co*  uno  parato  de  Sagia  roscia. 

It.  una  pace  de  ramo  dorata  ineellata  de  argento  co'  la 
scbiavellatione,  xpo  posito  nel  monumento  et  la  resurrectùme  de 
ineello  de  argento. 

It.  Una  Bussola  de  ramo  da  olio  sancto  facta  allo  hapttn 
smo  indurata  tucta. 

It.  Uno  calice  grande  tucto  de  argento  lavorato  co' nodi 
alla  moresca  qual  donò  Io  :  favorino  nel  piede  larme  del  vescovo 
de  nucera  :  co'  la  patena  de  ramo  nel  me:^:(p  uno  smalto  de  ar- 
gento co^  le  medesime  arme  ('). 

It.  Una  tabula  di  Reliquie. 

ce  Peviali.  Inprimis  doi  peviali  de  villuto  cremosino  figu- 
rato Ij  frisi  et  cappucci  de  imbroccato. 

It.  Uno  peviate  de  appicciolato  biancho  el  frisio  de  oro 
el  cappuccio  de  oro  con  una  madona. 


(\)  Il  TeacoYo  di  Nocera  qui  menzionato  fa  Varino  FaYorìno  Camerte,  il  maestro 
di  Leone  X.  promosso  a  quella  sede  l'ann')  1514  e  morto  nel  1537.  Di  lui  troveremo 
altre  memorie  nel!'  inventario. 


5Ó4  Giuseppe  MAZJ^AxiNti 

Ir.  Uno  peviale  de  raso   negro   col   frisio   et    cappuccio 
de  oro. 

It.  Uno  peviale  de  broccatello  co'  fioronj  gialdi  el  campo 
pagonazzo  el  frisio  et  cappùccio  de  oro. 

It.  Uno  peviale  de  ciambellotto  pagonazzo  el  frisio  de 
oro  co'el  cappuccio  co^la  madona  de  recamo. 

It.  Uno  peviale  de  raso  turchino  vecchio. 

It.  Uno  peviale  de  damascho  appicciolato  biancho  vecchio. 

It.  Uno  peviale  de  seta  rossio  vecchio. 

Il  Uno  peviale  de  damascho  onda  de  man  co*  il  cappuccio 
et  frisio  de  broccatello, 

«  Pianete  et  Tunicelle.  Inprimis  una  pianeta  de  appiccio- 
lato biancho  co'  frisio  de  oro  et  le  sue  tunicelle  del  medesimo 
damascho  co'  sue  fimbrie  de  oro. 

Id.  una  pianeta  de  velluto  cremosino  figurato  co'  frisio 
de  oro  le  sue  tunicelle  del  medesimo  villuto  fimbrate  de  vii- 
luto  verde. 

It.  una  pianeta  de  villuto  negro  co'  frisio  de  oro  et  le 
sue  tunicelle  fimbrate  de  broccatello. 

It.  una  pianeta  de  samito  negra  frisiata  de  saggia  gialda 
co'  le  tunicelle  de  fustagno  fimbriate  de  saggia  gialda. 

La  dalmatica  del  Vescovo  de  taffettà  biancho. 

It.  una  pianeta  de  tela  d'  argento  co'  li  carri  co'  fri- 
sio doro. 

It.  una  pianeta  de  raso  cremosino  co'  certi  fioronj  d' oro 
el  frisio  de  tela  de  oro. 

It.  una  pianeta  de  raso  verde  co'  frisio  de  oro,  et  le  tu- 
nicelle de  damascho  verde  co'  fimbrie  de  raso  gialdo. 

It.  una  pianeta  de  seta  appicciolata  de  più  colori  el  fri- 
sio de  imbroccato. 

It.  una  pianeta  et  tunicelle  fruste  quale  se  adopera  le  do- 
meniche. 

It.  una  pianeta  de  seta  biancha  abrusiaticcia. 

It.  una  pianeta  de  panno  rossio. 

It.  una  pianeta  de  rosato  co'  frisio  de  villuto  negro. 

It.  una  pianeta  de  ciambellotto  muretto  co'  frisio  d*  oro  per 
la  morte  di  monsignor  di  nucera.  (*). 

«  Camisie  del  Salvatote.  Una  camisia  de  velluto  cremo- 
sino co'  una  francia  intorno. 


(\)  Nel  seguente  Inv.  del  15  38  si  dice  più  chiaramente  guai  era  de  moni,  de  uueera. 


ÌNVENTARIO  DELLA  CATTEDRALE  DI  CAMERINO         505 

It.  una  camisia  de  damascho  appicciolaio  bianche. 

It.  una  camisia  de  damascho  biancho. 

It.  una  camisia  de  damascho  gialdo. 

It.  una  camisia  de  ciambellotto  negro. 

It.  trj  camiscie  de  panno  de  lino. 

It.  una  camiscia  de  tela  verde. 

«  Parati  de  altare.  In  primis  uno  parato  de  damascho 
appicciolato  biancho  al  frisio  doro. 

It.  Uno  parato  de  villuto  negro  el  frisio  de  oro. 

It.  Uno  parato  de  villuto  cremosino  fieuraro  in  mezzo  F. 

It.  Uno  parato  de  seta  rossia  damascnina  co'  V  insegna 
de  m.  battista. 

It.  uno  parato  de  damascho  cremosino. 

It.  uno  parato  de  damascho  verde  da  capo  un  friscio  de 
broccato  co'  il  signale  de  Vincenzo  de  casavecchia. 

It.  uno  parato  de  villuto  verde  co'  corduni  de  oro. 

It.  uno  parato  de  seta  bianco  celiato. 

It.  uno  parato  de  seta  verde  co'  una  madofia  in  mezo. 

It.  un  parato  de  panno  Tanero  (  per  la  prospera  ). 

It.  uno  parato  de  panno  gialdo. 

It.  uno  parato  de  raso  gialdo  qual  fu  portato  sopra  al 
corpo  del  Duca  ('). 

It.  uno  parato  de  seta  biaocha  et  lionato  qual  era  una 
bandera. 

It.  uno  panno  de  villuto  negro  per  la  bara,  fu  fatto  per 
el  Duca  co'  larme  ducale  et  quatro  )^  de  brochato. 

It.  uno  parato  de  saggia  negro. 

It.  uno  parato  de  ciambellotto  negro  co'  el  signale  de 
de  ler.  de  riccero  in  mezo.  da  canto  et  da  capo  una  frappa 
de  villuto  negro  et  seta  verde. 

It.  uno  parato  de  damascho  cremosino  co'  una  francia 
verde  da  capo  qual  donò  mes.  Batt.  zuccone. 

It.  uno  parato  de  tela  de  lino  biancho  per  1'  altaritti. 

It.  uno  parato  de  panno  negro  senza  irisio  qual  donò 
martino  dello  schiavo. 

It.  uno  parato  de  tela  co'  una  crocetta  de  villuto  in  mezo 
et  una  francia  biancha  da  capo:  lo  dette  bencevenga  ('). 


(1;  II  duca  Gio.  M«rU  Varano  morì  di  pestilenza  li  10  agosto  15 S7. 
f  s;  L' inventarlo  del  1538  ba  di  più  "  Sta  atlaltare  della  infantata  „  ossia  della 
Natività. 


$06  MILZIADE  SANTONI 

It.  uno  parato  de  panno  rossio  al  aitar  grande  co'  lisse 
de  villuto  cremosino  et  fila  de  argento. 

It.  A  l' aitar  de  santa  maria  madalena  un  parato  de  panno 
rossio  listrato  de  villuto  negro  et  it.  a  ditto  altare  un  parato 
de  panno  tanero. 

It.  un  parato  de  tela. 

ParaH  de  corame  £  oro  dùce. 

Parati  de  tela  co*  pictura  n.  j .  (■). 

«  Tovaglie.  In  primis  una  tovaglia  fi;rande  de  tela  de  renza. 

Tovaglie  grande  a  breve  listrate  oe  azurro  sej. 

Tovaglie  grandette  listrate  de  azurro  otto. 

Tovaglie  piccole  listrate  de  azurro  n.  12. 

Tovaglie  picciole  listrate  de  rossio  qual  sono  vecchie 
n.  12. 

Tovaglie  lavorate  de  refe  bianco  n.  2. 

Tovaglie  grande  bianche  n.  3. 

Tovaglie  già  vecchie  de  poco  valore. 

Sparoli. 

Àili  altarj  certe  tovagliette  piccole  listrate  de  rossio  le 
qual  non  sono  in  questo  numero. 

It.  Una  tovaglia  grandetta  tucta  azurra  fo  data  al  altare 
de  s.  Anna. 

It.  Uno  leniplo  de  doj  tele  il  donò  la  moglie  de  matheo  de 
Jacomaccio  per  V  aitar  grande. 

It.  Una  tova^lietta  a  breve  donò  Venan^o  de  hurbuglia  a 
Vallare  de  san  Martino^  persa. 

Tovaglioli  cositi,  inseme  n.  i8. 

It.  Uno  tovagliolo  listrato  lo  donò  una  donna  per  mano 
di  don  Clemente. 

«  Palij.  In  primis  pali]  doj  de  raso  cremosino  in  uno  ce 
la  tela. 

It.  uno  palio  de  damasco  rossio  con  la  tela.  Impegnato 
et  perso. 

It.  palio  uno  de  damasco  verde  con  la  tela.  Era  tre  ma 
de  doj  ne  fatto  tunicelle. 

It.  palij  doj  de  damasco  giardo  in  tutti  la  tela. 

It.  uno  palio  de  raso  gialdo  :  lo  tene  la  Sora  Cornelia. 
Ne  fo  fimbiato  le  tunicelle. 

It.  palij  doj  de  damasco  appicciolato  biancho  con  la  tela. 


(t)  Qaesti  nliimi  parati  tono  aggiunti  nell'  inventano  del  1560. 


INVENTARIO  D&LLA  CATTEDRALB  DI  CAMERINO         $0? 

It.  pali]  doj  de  raso  cilestro,  in  uno  la  tela. 

It»  doj  pali)  de  damasco  tanero  co'  la  tela  in  tutti* 

II.  palio  uno  de  broccatello  senza  la  tela. 

Il  uno  palio  de  damasco  murello  con  la  tela. 

It.  uno  palio  de  cambiacolore  o  vero  de  più  colori  ('). 

It.  uno  palio  de  broccatello  de  V  anno  jj}0  co'  la  tela 
aT^urra^  impegno. 

Tucti  questi  sono  de  sei  braccia  luno  alla  fiorentina,  non 
so  qual  palio  ne  manca  trj  deta  vel  circa. 

It.  uno  palio  de  damasco  verde  o  vero  onda  di  mare 
quale  è  braccia  octo  et  circa  octava  più  vel  circa  ne  fatto  il 
peviale. 

It.  uno  palio  de  raso  verde  co'  la  tela. 

It.  Un  palio  de  raso  hiancho  co'  la  tela  ('). 

It.  duj  Cusini  de  damasco  azurro. 

<x  Pahotti.  Duj  paliotti  de  taSettan  rossio. 

It.  Paliotti  de  taffetà  incarnato  n«  4. 

It.  Paliotto  de  taffettà  gialdo  :  n.  i. 

It.  paliotti  reforzati:  n.  2. 

<r  Cavezzali.  In  primis  uno  cavezzale  grande. 

It.  cavezale  dal  corpus  Dnj. 

It.  uno  cavezzaletto  piccolo. 

It.  uno  cavezzaletto  sive  tovaglia  listrata  de  seta  rossia. 

//.  uno  cave:(ale  de  seta  lavorato  tucto  co'  fioroni  de  tela  et 
coste  d^  oro  :  lo  dona  ms.  battista  per  metter*  alle  spalle  al  prete 
quando  cantare  la  messa  sollenne. 

La  tovaglia  della  prospera. 

La  Veronicha. 

La  mitra  del  Vescovo  de  damasco  rossio  co'  il  frisitto 
de  oro  intorno. 

Bancali  :  un  più  corto  de  T  altri  n.  4. 

It.  duj  panni  de  prospera  de  bianchetta. 

«  Camisj.  In  primis  camisi  senza  fimbrie  co'  li  almittj: 
n.  3. 

It.  uno  camisio  fimbriato  le  maniche  et  1'  almitto  de 
broccato  co' un  yhs  de  perle. 


(1)  Nota  dò  che  ora  si  (iirebbe  cangiante. 

(2)  In  un  fogliolino  volante  è  aggiunto  :  ,,  el  palio  de  damateo  et  ei  palio  de 
broccatello  furono  impegnati  a  Daniel  per  mano  di  don  Sinech  et  dal  priore  de  5. 
Stefano  ne  impegnaro  5  per  fiorini  34  .*  ne  raccoUero  tri  questi  doj  tono  rematti 
per  fior,  14  de  l*  anno  1^30  del  mete  de   .   .   •   •  per  far  el  pala^xo»  $$ 


50à  MiLZtADS  SANTÒNt 

Uno  camisio  ne  fo  fatta  la  cotta  per  lo  scolare. 

ir  Pianete  de  lino.  Pianete  trj  de  tela  :  delle  quale  ne  fo 
messa  una  a  mons*  de  nucera. 

ir  Stole  et  manipoli.  Stole  de  refe  duj  :  una  de  queste 
la  tene  don  mariano  de  cicco. 

It.  una  stola  de  villuto  negro. 

It.  manipoli  duj  de  seta  rossia. 

It.  una  stola  de  seta  rossia  la  tene  d.  francesco  de  cola 
et  tene  un  de  quisti  manipoli  de  seta. 

La  coltre  per  li  morti  de  tafiettà  rossio  et  verde. 

La  coltricella  piccola  de  tafiettan  rossio. 

Uno  mezzo  vaso  de  alabastro. 

Aste  de  doppieri  n.  6. 

La  bussola  del  baptismo  et  la  stola  de  damasco  bianco. 

«  Messali  et  breviari).  Messali  grandi  in  carta  bona:  n.  3. 

Messali  piccoli  in  carta  bona:  n.  2. 

Manuali  in  carta  bona:  n:  2. 

Breviarij  in  carta  bona:  n.  9. 

Un  messale  di  carta  bona  grande  fo  mandato  a  moniste- 
ro  (')  a  dj  20  de  febr.  JS}6. 

It.  un  catholicon  in  cana  bambacina. 

It.  Messali  in  carta  bambacina:  n.  i. 

It.  un  messale  di  carta  bambacina  per  la  morte  di  mons.  di 
nucera. 

It.  un  messale  piccolo  in  bambacina  restituito  dalli  heredi  de 
Varchid. 

a  Libri  del  coro  in  carta  bona.  El  graduale  —  doj  anti- 
phonarij  —  el  libro  del  comune  —  duj  lectionarij  —  el  psal- 
terio  grande  —  doj  psalterij  piccoli  —  L'ordinario. 

Doj  campanelle  ad  uso  di  comunione. 

Doj  caldarelle  de  ottone. 

El  turibolo  co'  la  navicella  de  ottone. 

El  baccile  et  caldarella  de  ottone  col  pede  de  fèrro  da 
lavar  le  mano. 

Una  madonna  de  relevo  piccola. 

Una  cassettina  lavorata  de  avolio  remessa  de  osso  negro. 

Doj  para  de  (erri  da  far  V  hostie  uno  fa  doj  hostie  grandi 
et  una  piccola:  l'altro  fa  trj  hostie  grandi. 


(1}  Monasterium  S.  Maria  de  ìntula  membro  dell'  abbadù  di  Fiattrt  unito    ti 
Capitolo  da  Eugenio  IV.  con  bolle  del  1458. 


INVENTARIO  DELLA  CATTEDRALE  DI  CAMERINO        5O9 

Fin  qui  il  più  antico  inventario  che  ci  rimanga  dei  sacri  arre- 
di spettanti  alla  prima  chiesa  camerinese.  Altri  tre  Io  seguono  a 
non  lunghi  intervalli  degli  anni  1538,  1560,  1572,  dai  quali 
abbiam  tolte  talune  notìzie  e  dichiarazioni  accennate  in  nota. 
Non  è  del  mio  proposito  proseguire  gli  aumenti  o  le  dimi- 
nuzioni del  nostro  tesoro,  già  reputato  ricchissimo  dal  Lilii, 
espilato  da  Gio:  Maria  Varano  (')  e  quasi  distrutto  dal  fuoco. 
Nel  secolo  decimosettimo  volsero  però  a  suo  favore  più 
prospere  sorti  per  la  munificenza  e  per  lo  spoglio  dei  car- 
dinali vescovi  Cesare  Gherardi  (  1623  )  e  Giacomo  Fran- 
soni  (  1687  ),  e  sopra  gli  altri  per  i  donativi  del  Ponte- 
fice Clemente  X,  già  egli  pure  pastore  di  questa  chiesa 
(1627-66)  (*).  I  soli  oggetti  di  argento  che  vennero  asse- 
gnati dal  Capitolo  per  obedire  all'  editto  e  alle  richieste  del 
sommo  Pontefice  Pio  VI,  (  5  luglio  1796  )  sommavano  a  li- 
bre 471,  delle  quali  libre  66  ed  once  io  si  oflrirono  allora 
per  le  urgenze  della  santa  sede  (')«  L' altro  che  rimase  venne 
in  seguito  maggiormente  espilato  per  le  traversie  che  trava- 
gliarono il  nostro  stato  sul  finire  del  secolo  XVIII  (^)  e  sul 
principio  del  XIX,  non  che  per  le  supreme  angustie  nelle 
quali  si  trovò  la  chiesa  metropolitana  diruta  dal  terremoto  la 
notte  del  28  luglio  1799. 


Milziade  Santoni 


(i)  Il  Varano  fuggendo  le  truppe  del  Borgia»  addi  19  dicembre  i$os,  requisì  molti 
argenti  dalle  cliiese  ddla  città.  Dalla  cattedrale  ne  tolse  pel  valore  di  400  fiorini. 

(i)  Fra  gli  altri  doni  inviò  sei  candelieri  di  argento,  del  peso  di  libre  168  on.  6. 

(l)  La  comunità  ne  inviò  da  suo  canto  libre  238  on.  5  per  lo  stesso  scopo,  re- 
standone per  uso  proprio  altre  libre  73  on.  5. 

(4,)  Nel  1798  gli  ufficiali  della  Repubblica  Romana  tolsero  altre  libre  335  drca 
di  argenti,  inclosi  i  celebri  candelieri  di  Clemente  X« 


L' ODEPORICO 


DELL'  ABBATE 


DON  GIUSEPPE  DI  COSTANZO 


Nei  prolegomeni  all'  edizione  cassinese  della  Divina 
Commedia,  parlandosi  dell'abbate;  don  Giuseppe  Di  Co- 
stanzo, distinto  letterato  dello  scorso  secolo,  ed  accen- 
nandosi alcune  delle  opere  sue,  indicasi  fra  queste  un 
manoscritto  esistente  in  Roma  nella  biblioteca  dei  mo- 
naci di  san  Paolo,  e  di  esso  si  discorre  cosi  :  «  A- 
vanza  solo  nella  Biblioteca  di  San  Paolo  di  Roma 
delle  tante  scritture  del  Di  Costanzo  il  suo  Odepo- 
rico^ nella  prima  parte  di  cui  ragiona  delle  più 
svariate  cose  da  lui  scoperte  in  un  viaggio  da  lui 
fatto  per  1'  Umbria  e  luoghi  limitrofi,  cioè  di  an- 
tiche badie,  d' iscrizione  sacre  e  profane,  di  urne 
etnische,  di  tavole  di  bronzo,  di  calendari  genti- 
leschi, di  codici,  di  diplomi  rinvenuti  nelle  biblio- 
teche di  quei  luoghi.  Fra  queste  cose  molti  diplomi 
greci  ancora  inediti.  Nella   seconda  parte   espone 


L*  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  5  X 1 

«  tutto  il  raccolto  in  un  altro  viaggio  pel    Lazio   e 
«  la  Sabina,  un  vero  tesoro  Archeologico  »  (')• 

Queste  parole  mi  fecero  nascere  il  desiderio  di 
esaminare,  per  la  parte  che  riguarda  l' Umbria,  il  ma- 
noscritto del  Di  Costanzo,  per  vedere  se  veramente 
in  esso  si  conteneva  quel  tesoro  archeologico  che  vi 
trovò  il  eh.  p.  Luigi  Tosti  ed  i  suoi,  dotti  colleghi, 
e  per  giudicare  se  in  esso  vi  era  tanto  di  pregevole 
e  di  inedito  che  meritasse  la  stampa.  Avutane  infatti, 
sempre  per  la  sola  parte  che  si  riferisce  all'Umbria, 
una  copia  dai  Monaci  di  san  Paolo  che  ne  possie- 
dono r  originale,  (*)  e  trovato  esser  V  Odeporico  un 
vero  tesoro  di  notizie  riguardanti  V  epigrafia,  la  cro- 
nologia, la  numismatica,  l'archeologia  greca,  latina, 
etnisca,  medioevale,  l'agiografia,  la  letteratura  ecc. 
non  dubitai  punto  di  curarne  la  stampa,  assai  dolen- 
domi che  ragioni  estranee  alla  mia  volontà  non  mi 
potessero  permettere  l' edizione  intera  di  un'  opera , 
che  i  dotti  e  gli  eruditi  avrebbero  accolta  con  molto 
piacere. 

Malgrado  questo  però,  ritengo  che  la  parte  che 
sola  publico,  non  verrà  accolta  con  meno  favore  da- 
gli eruditi  nostri,  specialmente  dagli  eruditi  dell'  Um- 
bria, in  grazia  dei  quali  ho  voluto  decidermi  a   pu- 


(1)  //  codice  cassinese  della  DivifU  Commedia  messo  a  stampa  per  cura 
dei  monaci  benedettini  di  Monte  Cassino.  Ivi,  1865,  pag.  Vili  e  IX. 

(2)  Originale  nel  senso  che  è  1*  unica  copia  esistente,  corretta  dall'au- 
tore stesso,  e  da  lui  fatta  trascrivere  nel  Luglio  del  1805.  Vedasi  nell*  O- 
deporico  la  fine  dell'  art.  XXIV,  $.  IV,  pag.  588, 


512  MICHELE  FALOCI   PUUGNANI 

blicarla,  senza  attendere  la  soluzione  di  alcune  diffi- 
coltà che  mi  si  frapposero  per  V  edizione  intera  del 
manoscritto. 

Ed  ora  che  ho  premesso  questo,  potrei  deporre  la 
penna  e  venire  senz'  altro  alla  stampa  deir  Odeporico^  se 
prima  non  mi  premesse  di  far  conoscere  la  vita  ope- 
rosa del  dotto  monaco  benedettino,  e  di  indicare  som- 
mariamente quelle  opere  sue,  edite  ed  inedite  »  delle 
quali  ho  potuto  aver  notizia.  Invero,  scrivendo  lon- 
tano da  quei  luoghi  nei  quali  avrei  potuto  attingere 
direttamente  dai  fonti,  e  consultare  da  me  libri  e 
manoscritti  necessari,  la  mia  piccola  biografia  non 
potrà  non  riuscire  mancante  e  imperfetta,  pur  non- 
dimeno non  credo  che  debba  riuscire  inutile  affatto, 
poiché  mi  sembra  aver  potuto  racimolare  qua  e  là 
notizie  e  ricordi  che  non  ho  veduti  riuniti  altrove. 

Chi  prima  di  tutti  pensò  a  scrivere  una  vita  del 
Di  Costanzo,  fu  l'abbate  Cancellieri,  il  quale  volendo 
stampare  tutte  le  opere  inedite  di  lui,  premise  al  pri- 
mo volume  di  queste  opere  un  elogio  storico  biografico. 
Ma  disgraziatamente  la  sua  idea  non  ebbe  effetto,  ed 
a  me  é  riuscito  inutile  cercare  tanto  la  parte  di  que- 
sto primo  volume  che  egli  pubblicò,  quanto  V  elogio 
che  vi  inseri  (').  Non  so  poi  se  questo  elogio  sia 
una  cosa  stessa  colle  e  Memorie  intorno  alla  vita  ed 
alle  opere  edite  ed  inedite  del  P.  Ahb.  D.  Giuseppe  Gin- 


(I)  Cfr.  Cento  ìettert  inediU  di  LV II  uomini  iUustriy  scritti  al  cavaliere 
Gio,  Battista  Vermiglioli,  Perugia,  Bartelli,  i842,  pag.  48. 


L*0DEPORICO  DELL^ABB.   DI   COSTANZO  513 

stino  Di  CosianiOy  »  che  il  eh.  sig.  conte  A.  Moroni 
colloca  fra  gli  scritti  inediti  del  Cancellieri  ('),  desu- 
mendone la  notizia  dalla  necrologia  che  fa  il  Moreni 
del  p.  Povillard  (*)  e  delle  quali  dice  di  possedere 
alcuni  fogli.  11  Cancellieri,  parlando  degli  abbati  di 
san  Paolo,  scrisse  una  biografia  del  Di  Costanzo  nella 
storia  inedita  di  quella  basilica  ('),  però,  non  solo  ci  dà 
alcune  notizie  di  lui  in  quest'  opera,  ma  ce  ne  dà  anche 
nelle  sue  a  Osservazioni  sopra  F  originalità  della  Di- 
vina Commedia  di  Danle^  »  nella  quale  in  più  luo- 
ghi parla  del  nostro  abbate,  dei  suoi  libri  e  delle  cose 
5ue  (f).  È  poi  breve  ma  pieno  di  notizie  un  articolo  bio- 
grafico scritto  dal  p.  Giannantonio  Moschini  (^),  il 
quale  non  pure  ci  die  alcune  particolarità  sulla  vita 
del  Di  Costanzo,  ma  ci  conservò  anche  il  ricordo 
di  alcune  opere  manoscritte,  le  quali  forse  saranno 
state  conosciute  anche  dal  Cancellieri,  ma  finché  non 
si  trovi  Y  elogio  suo,  non  vengono  rammentate  che 
da  lui.  Ed  ora,  eccoci  alla  sua  breve  biografia. 

Giuseppe  Giustino   Di    Costanzo  nacque  in  All- 
eata il  5  Settembre  del  1738  di  famiglia  maltese  che 


(  i)  Nuovo  catalogo  delle  opere  edite  ed  inedite  délT  abate  Francesco  Can- 
cellieri. Roma,  Tip.  degli  Artigianelli,  1881,  pag.  i42,  num.  64. 

(2)  Roma,  1823,  pag.  io. 

(3)  Sta  nel  codice  vaticano  9672.  Cfr.  Moroki,  pag.  108,  num.  138, 
pag.  122,  num.  8. 

4)  Osservaiioni  intorno  alla  questione  promòssa  dal  Vanno^X}  dal  Maxr 
Rocchi  dal  Botlari  e  specialmente  dal  p.  Abate  D.  Giuseppe  Giustino  Di  Co- 
stanzo sopra  r  originalità  della  Divina  Commedia  di  Dante.  Roma,  Bourlle, 
i8i4,  pag.  I,  36  etc. 

(5)  Biografia  Universale  antica  e  moderna.  Venezia,  Missiaglia,  1823, 
voi.  XIII,  pag.  398-400.  L'Autore  delle  cento  lettere  al  Vermiglioli,  p.  48^ 
nota  I,  la  dice  scritta  dal  p.  Giuseppe  Montesanti,  ma  ciò  è  un  errore. 

Archivio  storico  il.  33. 


5 14 


MICHELE  FALOCl  PULIGNAKI 


si  era  tramutata  in  Aquila,  ove  il  padre  di  lui  com- 
prò il  feudo  di  Paganica  di  cui  si  intitolò  duca. 
Ignazio  si  chiamò  suo  padre,  e  la  madre  fu  la  con- 
tessa Girolama  Navarro,  Riferisco  volentieri  le  parole 
del  Moschini ,  il  quale  avendo  probabilmente  cono- 
sciuto il  Di  Costanzo,  o  almeno  avendo  potuto  fa- 
cilmente procurarsene  sicure  notizie,  merita  in  ciò 
piena  fede.  «  Non  contava,  egli  dice,  che  il  decimo 
anno  dell'  età,  quando  fu  posto  in  educazione  nel 
noviziato  di  san  Pietro  di  Perugia.  L' affetto  che 
egli  sentiva  sin  d*  allora  per  le  cose  della  religione, 
per  lo  studio  e  la  solitudine,  lo  invogliò  ad  en- 
trare nella  congregazione  dei  suoi  educatori.  E  vi 
professò  in  fatti  la  regola  di  san  Benedetto  V  anno 
i754(*).  Dotto  nelle  scienze,  saggio  del  costume, 
prudente  nella  condotta,  discreto  nel  pensare,  dol- 
cissimo nei  modi,  seppe  prestarsi  con  onore  ad 
ogni  bisogno  del  suo  istituto.  Quindi  per  anni 
quindici  potè  professare  la  filosofia,  la  teologia  e  i 
sacri  canoni  nei  monasteri  di  s.  Paolo  e  di  Monte 
Scaglioso,  divenire  nel  1770  vicemaestro  e  lettore 
della  filosofia  a'  novizi;  passare  al  grado  di  priore 
di  santa  Scolastica  di  Subiaco  e  del  sacro  Speco, 
dove  per  Y  amore  alla  ritiratezza  avrebbe  amato  di 
condurre  tutti  i  suoi  di  ;  ascendere  al  grado  di 
abate  di  santa  Scolastica,  di  s.  Paolo  di  Roma ,  e 
di  s.  Pietro  di  Assisi  »  (*). 


(1)  I  registri  di  san  Pietro  di  Perugia  recano  che  egli  professò  il  gior- 
no 8  Settembre  di  quell'anno  1754. 

(2)  Biografia  univirsak,  ecc.  p.  398. 


L^ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  515 

Fin  qui  il  p.  Meschini;  ma  noi,  occupandoci  a  pre- 
ferenza della  vita  letteraria  del  nostro  abbate,  possia- 
mo dare  qualche  migliore  notizia  di  lui.  Dalla  gen- 
tilezza dei  monaci  benedettini  di  Subiaco,  abbiamo 
potuto  sapere  che  egli  governò  quel  proto  -  cenobio 
dal  1777  al  1780,  essendo  stato  eletto  a  quella  ca- 
rica nella  Dieta  Capitolare  di  san  Bartolomeo  di  Asti 
il  19  Aprile  del  primo  anno,  ed  essendo  stato  con- 
fermato nella  medesima  nel  Capitolo  generale  di  Pe- 
rugia, ove  si  recò  il  22  Aprile  del  1778.  Nell'Apri- 
le del  1780  egli  parti  da  Subiaco  e  probabilmente  sì 
recò  a  Roma  ove  difatti,  come  leggesi  nei  prolego- 
meni del  P.  Tosti  ('),  fu  eletto  abate  di  san  Paolo  e 
governò  da  queir  anno  1780  fino  al  1786.  Nella 
Dieta  tenuta  in  Brescia  nel  Maggio  del  1786  fu  elet- 
to Abate  di  san  Pietro  di  Assisi,  ove  però,  in  causa 
di  una  malattia,  non  si  potè  recare  che  il  19  Set- 
tembre ,  ed  ove ,  come  si  conosce  da'  manoscritti 
di  quel  monastero,  dimorò  fino  al  Maggio  del 
1790.  Nel  1790  secondo  il  p.  Moschini  (*)  fu 
fatto  procuratore  generale  dell'  ordine  cassinese ,  e 
verso  il  1796  si  trovava  nuovamente  in  Assisi, 
ove,  allontanatosi  per  poco  tempo  in  causa  della 
rivoluzione  francese ,  tornò  nell'  Agosto  del  1 799 
quando  fu  ripristinato  il  Monastero  per  il  ritorno  del 
Governo  Pontificio.   Egli   dimorò   in   Assisi  fino  al 


(i)  7/  codice  cassinese  ecc.  p.  Vili. 
(2)  Biografia  universale  ecc.  loc.  cit. 


5l6  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

1806,  e  da  Assisi  si  recò  in  Roma  per  la  seconda 
volta  Abate  di  san  Paolo  dal  1806  al  18  io  (*),  nel 
quale  anno,  afflitto  dalle  vicende  politiche  di  quell'e- 
poca, si  ritirò  prima  nel  palazzo  dei  Sabini,  e  poi  sui 
primi  del  18 II  in  una  villetta  della  famiglia  sua  pres- 
so la  città  dell'  Aquila,  occupandosi  dei  suoi  cari  stu- 
di, riordinando  le  sue  carte,  i  suoi  scritti,  finché  la 
morte  non  lo  colse  nell'età  di  anni  75  in  quella  città 
Tu  Marzo  del  18 13. 

Abbiamo  riferita  una  serie  di  date,  ed  abbiamo 
veduto  che  la  metà  della  sua  vita  egli  la  percorse  in 
Subiaco  (1777-  1780),  in  Assisi  (1786  -  1790: 
1796-1806),  a  Roma  (1780- 1786:  1790- 1696: 
1806-1811),  e  all'Aquila  (  181 1  - 18 13).  Orbene,  in 
ciascuno  di  questi  luoghi  egli  diede  saggio  del  suo 
sapere,  della  sua  erudizione  vastissima,  della  sua  mol- 
ta dottrina.  A  Subiaco  si  occupò  di  bibliografia.  É 
noto  negli  annali  tipografici  il  nome  della  badia  su- 
blacense  ove  la  costanza  di  due  tedeschi,  e  il  corag- 
gio di  pochi  monaci  dettero  all'  Italia  la  prima  offi- 
cina tipografica.  Ciò  attrasse  1'  attenzione  del  Di  Co- 
stanzo, il  quale  vedendo  la  sua  biblioteca  fornita  di 
gran  numero  di  incunaboli,  ne  die  accuratamente  una 
minuta  descrizione,  della  quale  1'  elogio  migliore  é 
il  saperla  encomiata  da  quel  diligentissimo  bibliofilo 
che  fu  r  Audiffi-edi.  Di  questo  suo  lavoro,  e  degli  altri 
che  indicheremo,  vedasene  il  cenno  sommario  che  ne 
diamo  sulla  fine  di  questa  biografia.  Q)  Lasciando  stare 


(i)  //  codice  cassinese,  ecc.  loc.  cìt. 

(2)  Elenco  degli  scritti  delF  abbate  Giuseppe  Di  Costanio^  num.  I. 


L*  ODEPORICO  DELL'aBB.  DI  COSTANZO       517 

che  a  Subiaco  nel  tempo  del  suo  governo  fece  no- 
tevoli miglioramenti  nella  fabbrica  del  Monastero  e 
del  Noviziato,  descrisse  gli  importantissimi  codici  di 
quella  biblioteca,  fece  ricopiare  ed  ordinare  dal  p.  Fat- 
teschi  il  famoso  regesto  sublacense  ecc.  ricordiamo  piut- 
tosto che  essendo  abbate  colà  fu  onorato  da  una  let- 
tera di  Pio  VI,  il  quale  sapendo  che  nel  Monastero 
si  trovavano  tre  sermoni  inediti  di  san  Massimo  ve- 
scovo di  Torino,  ne  chiese  copia  per  poterli  inserire 
nella  nuova  edizione  degli  scritti  di  quel  santo  Ve- 
scovo, che  la  sua  munificenza  faceva  eseguire.  E  difatti 
il  Di  Costanzo  fece  estrarre  le  omelie,  ne  dettò  la  copia, 
la  rivide,  la  corresse,  l'annotò  ove  bisognava  e  poi 
la  mandò  a  Roma,  ove  si  stampò  con  le  altre  in  quel 
pregevole  volume  (').  E  qui  giova  osservare  come  di 
Subiaco  ricercasse  il  Di  Costanzo  V  etimologia  e  l'o- 
rigine, inserendo  nella  sua  Disamina  di  san  Rufino 
una  breve  dissertazione  relativa,  che  dimostra  come 


(x)  Ciò  accadde  nel  1779.  In  quell*  anno  i  monaci  di  santa  Scola- 
stica regalarono  al  pontefice  un  beli'  esemplare  del  sant*  Agostino:  De  Cp- 
vitate  Deif  stampato  nel  loro  Monastero  nel  1467  :  il  Papa  gradi  assai  il 
dono,  e  se  ne  mostrò  grato  commettendo  e  consecrando  un  ricco  calice  di 
argento,  che  mandò  loro  in  dono,  e  nel  cui  piede  si  leggeva:  Pius  Sextus  P. 
M»  Ecclesiae  Suae  Abbattali  5.  Scholasticae  donavit  A.  D.  M.  DCC.  LXXIX. 
I  monaci  ringraziarono  il  Papa  con  lettera  del  6  Decembre,  e  il  Papa  accusan- 
do ricevuta  di  questa  lettera  il  23  di  quel  mese,  chiedeva  anche  copia  esatta 
delle  tre  omilie,  la  descrizione  dei  codici,  i  fac-simili  paleografici  ecc.  Per  V  at- 
tività e  la  capacità  del  nostro  Di  Costanzo  in  breve  tutto  fu  pronto,  e  il 
29  Decembre  i  Monaci  mandarono  al  Papa  quanto  richiese.  Queste  notizie 
le  ho  avute  dal  eh.  p.  D.  Leone  Allodi  Ò.  S.  B.  bibliotecario  di  quel  Pro- 
tocenobio. Cfr.  S*  Maximi  Episcopi  Taurinensis  opera,  jussu  Pii  Sexti  P,  M. 
Aucta  atque  adnotationibus  illustrata,  et  Victorio  Amedeo  Sardiniae  Regi  D,  D, 
Romae,  Typìs  Sacrac  Congregationis  de  Propaganda  Fide.  MDCCLXXXIV, 
pag.  XXVI,  num.  XX. 


5  là  MICHELE  FALOCl  PtLKlNANt 

egli  fosse  diligente  nel  raccogliere  tutto  quanto  di 
notevole  gli  capitava  sotto  gli  occhi,  e  come  di 
tutto  si  sapesse  giovare  all'  occasione  per  utili  studi 
e  per  dottissime  osservazioni  ('). 

Da  Subiaco,  dopo  essere  stato  un  pò  di  tempo 
in  Roma,  si  recò  nell'  Umbria  e  si  fermò  in  Assisi, 
abbate  in  quel  monastero  di  san  Pietro.  Assisi  e 
r  Umbria  intera  devono  molto  a  questo  monaco  stu- 
dioso, che,  con  vera  pazienza  da  benedettino,  ne  an- 
dò diligentemente  ricercando  ed  illustrando  tutte  le 
antichità  etrusche,  romane,  cristiane,  medioevali,  oc- 
cupandosi della  sua  agiografia,  della  sua  istoria  arti- 
stica, letteraria,  civile  in  modo  commendevolissimo. 
Frutto  di  questi  studi  furono  vari  scritti,  dei  quali, 
dando  in  fine  qualche  notizia  determinata,  ci  conten- 
tiamo di  fare  qui  solo  un  ricordo.  Noterò  anzi  tutto 
r  indice  dei  codici  di  san  Pietro  di  Perugia  (*),  mona- 
stero ove  passò  la  prima  gioventù,  ed  ove  si  recava 
spesso  per  ragioni  di  studi  e  d'  officio.  Egli  nel  1 786 
fu  eletto  abate  di  quel  cenobio  ('),  ma  sebbene  il 
soggiorno  in  quella  città  fosse  di  suo  genio,  pure  vi 
rinunciò  volentieri,  onde  attender  meglio  agli  studi 
pacifici  e  tranquilli  come  egli  scriveva.  Nondimeno 
nutrì  sempre  una  predilezione  speciale  per  quel  Mo- 
nastero, fece  buoni  studi  su  quella  chiesa,  la  fece  mu- 


(1)  Disamina  di  san  Rufino  ecc.  pag.  134  -  i44:  526-  528.  Vedi  que- 
st*  opera  nell*  Elenco  degli  scritti  ecc.  n.  III. 

(2)  Elenco,  num.  IL 

(5)  Vermiglioli.  Cento  lettere  ecc.  pag.  50. 


l'odeporico  dell' ABB.  di  COSTANZO  $1^ 

nire  dì  parafulmini  fin  dal  1788,  e  neir  Odeporico  e 
nelle  sue  lettere  ne  parla  sempre  con  grande  interesse. 
A  Perugia  strinse  amicizia  grande  col  Vermiglioli, 
col  quale  mantenne  una  dotta  corrispondenza  episto- 
lare ,  che  in  parte  è  a  stampa  ,  e  che  è  documento 
pregevole  della  sua  molteplice  erudizione  (*).  Il  Ver- 
miglioli  ^li  indirizzò  una  dissertazione  epistolare  so- 
pra un  iscrizione  umbro  -  asisinate  trovata  nel  1742, 
e  la  quale  venne  prima  stampata  dal  Di  Costanzo 
medesimo  (*),  poi  dal  Vermiglioli  più  volte  (').  È 
poi  notevole  nel  carteggio  che  tenne  col  Vermiglioli 
una  lettera  di  lui  nella  quale  discorre  con  molto  cri- 
terio del  vecchio  dialetto  umbro,  di  alcune  laudi  del 
300  trovate  in  codici  assisani  e  perugini  da  lui  illu- 
strate (*),  delle  poesie  del  beato  lacopone  da  Todi, 
e  di  un'  indice  dei  vocaboli  proprii  del  dialetto  Um- 
bro che  volea  compilare  ma  che  poi  non  compilò  più. 
Egli  volea  pure  inserire  nell'  Odeporico  alcune  vecchie 
laudi  del  300,  ma  non  sappiamo  per  qual  ragione  se 
ne  astenne. 

Più  utili  per  i  buoni  studi  furono  le  ricerche  e 
le  illustrazioni  di  antichi  monumenti  fatti  in  Assisi  ^ 


(i)  n  Vermiglioli  pubblicò  4  lettere  dell'  abb.  Di  Costanzo  nei  suol 
Opuscoli  voi.  3  p.  154-159,  e  voi.  4  p.  163  - 184 ,  e  tre  nelle  sue  Cento 
lettere^  pag.  48-63.  Altre  lettere  di  lui  al  Vermiglioli,  citansi  dal  Cancd- 
lierì  nelle  Osservazioni  ecc.  pag.  2,  1 14. 

(2)  Disamina^  p.  467  -  484. 

(3)  Opuscoli^  voi.  I,  pag.  I  -  24,  Iscrizioni  perugine^  ediz.  II,  voi.  i, 
pag.  I  e  segg. 

(4)  Elenco,  num.  IV. 


5^0  Michele  paloci  pulignani 

frutto  delle  quali  fu  il  grosso  volume  intitolato  Di- 
samina degli  scrittori  e  dei  monumenti  risguardanti 
san  Rufino  ecc  (').  Chi  consideri  come  in  Assisi 
nessuno  si  era  occupato  seriamente  di  questo  soggetto, 
e  come  quasi  tutti  gli  studiosi  avessero  vólto  esclusi- 
vamente le  proprie  cure  sulle  memorie  francescane , 
vedrà  come  il  libro  del  Di  Costanzo  sia  di  un  valore 
grande  assai,  perché  svolgendo  quel  soggetto,  il  Di 
Costanzo  discusse  e  illustrò  tutte  le  antichità  profane  e 
cristiane  di  Assisi.  Il  dotto  monaco  volle  col  suo  li- 
bro rinvendicare  gli  atti  di  san  Rufino  da  una  disi- 
stima non  meritata,  e,  pur  attenendosi  al  suo  tema, 
trovò  ben  modo  di  dimostrare  autentici,  contro  il  sen- 
timento del  Tillemont,  gli  atti  di  san  Sabino  (*),  di 
restituire  ad  Assisi  la  gloria  di  esser  patria  di  Pro- 
perzio (Q ,  di  pubblicare  un  centinaio  e  mezzo  di 
iscrizioni  romane  in  gran  parte  inedite,  di  far  noti 
molti  documenti  del  IX  secolo  e  seguenti ,  di  dar 
corretta  ed  ampliata  la  serie  dei  vescovi  Assisani ,  e 
di  trattare  molte  e  varie  questioni  di  storia  e  di  arte, 
per  le  quali  il  grosso  volume  può  considerarsi  come 
un  fonte  ricchissimo  per  la  storia  ecclesiastica  di  As- 
sisi prima  di  san  Francesco,  Bene  é  a  deplorare  che 
non  potesse  darci  di  questo  volume  una  seconda  edi- 
zione come  cercavasi  :  pure  la  stampa  che  noi  abbia- 


ci) Elenco,  num.  III. 

(2)  Disamina,  pag.  213-226. 

(3)  Ibid.  pag.  44 1  -456.  ì^tW  elenco  degli  scrìtti  del  Di  Costanzo,  al 
num.  XII,  parlando  della  sua  Deca  archeologica  ho  anche  ricordato  un  al- 
tro lavoro  di  lui  sulla  patria  di  Properzio,  lavoro  che  però  credo  smarrito. 


L*  ODEPORICO  DELL*ABB.  DI  COSTANZO       $21 

mo  è  cosi    buona   e  ricca  di  notizie,  che  dobbiamo 
essergliene  grati  anche  per  questa  sola  (*). 

Altra  opera  sua  che  riguarda  V  Umbria  é  V  Ode- 
poricOy  che  publichiamo  parzialmente,  e  che  cominciò 
ad  abbozzare  nel  1788  (').  Egli  in  quell' anno  intra- 
prese un  viaggio  per  l'Umbria,  per  la  Sabina,  a  Monte- 
cassino,  ecc.  notando  nelle  sue  schede  tutto  quanto 
trovò  di  notevole  nei  luoghi  che  visitava,  ordinando 
poi  tutto  in  un  bel  volume  manoscritto,  nel  quale 
inseri  documenti,  epigrafi,  osservazioni,  confronti,  ta- 
vole e  disegni,  i  quali  però  andettero  perduti.  Dirò  in 
fine  una  parola  su  questo  lavoro,  e  sul  conto  nel 
quale  lo  hanno  tenuto  meritamente  quei  dotti  che 
r  hanno  conosciuto,  ma  del  resto,  nemmeno  di  que- 
sto ci  sarebbe  bisogno  per  fare  apprezzare  uno  scritto, 
che  fin  dalle  prime  pagine  apparisce  da  per  se  interes- 
santissimo. Io,  r  ho  detto,  avrei  voluto  pubblicarlo  in- 
teramente, ma,  oltreché  lo  scrivere  del  Lazio,  della 
Sabina,  di  Montecassino,  ecc.  in  questo  Archivio  sa- 
rebbe stato  fuor  di  luogo,  non  ebbi  nemmeno  op- 
portunità e  modo  per  far  su  quella  parte  confronti 
e  annotazioni  che  talvolta  sono  assolutamente  neces- 
sarie. 


(1)  In  Assisi  dimorò  lungamente  coli'  abate  Di  Costanzo  il  suo  fra- 
tello Mons.  Camillo ,  dotto  orientalista,  il  quale  tradusse  in  otto  volumi  la 
maggior  parte  del  vecchio  Testamento,  cTIe  oggi  si  conserva  nell* Archivio 
di  casa  Frondini.  Quei  volumi  hanno  tutti  una  data:  la  più  recente  è  / 
Settembre   /791;  la  più  antica  è:  jo  Aprile  ijSo. 

(2)  Elenco^  num.  V. 


$11  MICHELE  FALÒCf  PULTGNAm 

E  poiché  ho  ricordato  Monte  Cassino,  dirò  qui  che 
egli  nel  principio  deiranno  1800  si  trovava  in  quella 
Badia^  occupato  ad  esaminarne  i  documenti  ed  i  codici, 
fra  i  quali  fermò  la  sua  attenzione  un  codice  della 
Divina  Commedia  che  giudicò,  come  era  di  fatto,  di 
molto  valore,  e  intorno  al  quale  publicò,  sotto  lo 
pseudonimo  di  Eustazio  Dicearcheo ,  una  pregevole 
lettera  ('),  ove  illustra  con  molta  perizia  il  detto  co- 
dice, ed  intorno  al  poema  dell'Alighieri  fa  osserva- 
zioni nuove  e  interessanti.  Imperocché  il  Di  Costanzo 
non  fu  solo  archeologo  valente,  ma  fu  anche  filologo 
e  dantofilo  distinto,  come  apparisce  da  questa  lette- 
ra nella  quale,  abbia  o  no  ragione,  sostiene  che 
l'Alighieri  attinse  buona  parte  delle  sue  idee  dalla 
visione  del  monaco  Alberico,  nel  che  ebbe  a  soste- 
nere critiche  vigorose  e  vivaci,  che,  per  nulla  spaven- 
tadolo,  forse  lo  fecero  pensare  alla  ristampa  della 
sua  lettera,  la  lettura  della  quale  avea  tanto  commossi 
gli  adoratori  del  sommo  poeta  (*). 

Ed  ora  non  resta  che  far  ricordo  della  sua  di- 
mora in  Roma,  degli  amici  che  vi  ebbe,  delle  opere 
che  vi  scrisse.  Veramente  di  questa  dimora  non  ab- 
biamo molte  notizie,  e  poco  di  più  possiamo  aggiun- 
gere alle  riferite  epoche  nelle  quali  dimorò  in  quella 
città,  una  volta  come  procuratore  dei  Cassinesi,  e 
due  volte  come  abbate  di  san  Paolo.  L*  essere  abbate 


(i)  Elenco^  num.  VI. 

(2)  Vermigliou.  Cento  UtUre  ecc.  p.  58. 


i 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.  DI  COSTANZO       5^3 

di  san  Paolo,  il  trovarsi  circondato  da  tanto  lusso 
di  monumenti  classici  e  cristiani,  la  conversazione 
continua  con  tanti  amici  dotti  e  cortesi,  non  potea 
non  influire  nell'  animo  suo  dedito  agli  studi  del- 
l'antichità.  Egli  che  dimorando  a  Subiaco  illustrò 
gli  incunaboli  di  quella  celebre  badia,  che  essendo  a  Pe- 
rugia descrisse  i  manoscritti  di  san  Pietro,  che  salito  a 
Monte  Cassino  parlò  del  codice  Dantesco,  e  che  es- 
sendo in  Assisi  esaminò  le  memorie  di  quel  santo 
protettore,  é  cosa  naturale  che  essendo  in  Roma  al 
governo  della  basilica  Ostiense  dovesse  pensare  e  ri- 
volgere la  sua  applicazione  alla  storia  della  stessa, 
alla  quale,  lo  dice  egli  medesimo,  si  dedicò  con  ge- 
nio e  con  passione.  Anzitutto  cominciò  a  disporre 
lungo  i  corridoi  dell'  attiguo  chiostro  ì  residui  delle 
iscrizioni  e  delle  scolture  che  trovava  cercando  nei 
dintorni,  poi  scavò  le  basi  delle  due  grandi  colonne 
che  reggono!'  arco  trionfale  per  scoprire  il  pavimento 
dell'  antica  basilica,  e  infine  ne  ricercò  le  memorie  e 
i  documenti,  i  quali  giunsero  a  tanto  numero  da 
formare,  come  egli  scrive,  un  immensa  farragine  ('). 
Sventuratamente  sopravvenne  il  governo  francese  e 
tanto  utile  lavoro  rimase  interrotto  ;  nondimeno  egli 
ne  avea  già  immaginato  il  piano,  ne  avea  divise  le 
parti,  e  Y  uno  e  V  altre  avea  comunicate  all'  amico 
Cancellieri,  il  quale  poi  colle  memorie  che  vi  ag- 
giunse del  suo,  potè  svolgere   ed  ordinare   il  mate- 


(i)  Elenco,  num.  VII. 


5^4  MICHELE  FALOGI  PITLIGNANI 

riale  preparato  dal  Di  Costanzo  in  un  grosso  volu- 
me in  foglio  di  circa  3000  pagine.  Per  altre  notizie 
su  questo  lavoro  del  Di  Costanzo,  rimando  il  lettore 
air  elenco  dei  suoi  scritti  :  qui  faccio  osservare,  che, 
sebbene  lo  scritto  di  lui  sia  rimasto  poco  più  che 
abbozzato,  nondimeno  egli  deve  esser  sempre  con- 
siderato come  lo  storico  più  benemerito  di  quell'in- 
signe monumento,  poiché  senza  Y  immensa  farragine 
di  memorie  che  lui  raccolse,  né  il  Marini  che  si 
servi  delle  sue  carte  ('),  né  il  Cancellieri  che  fece  suoi 
gli  studi  di  lui,  avrebbero  potuto  scrivere  sulla  sto- 
ria di  quel  celeberrimo  monumento  cristiano  quanto  vi 
scrissero:  né  forse  i  dotti  cassinesi,  che,  come  mi  si 
dice,  attendono  oggi  ad  una  nuova  storia  di  san  Paolo, 
potrebbero  sapere  e  conoscere  tutto  quanto  il  Di  Co- 
stanzo raccolse  ed  illustrò. 

Air  epoca  della  sua  dimora  in  Roma  devono  ri- 
portarsi alcune  sue  dissertazioni  che  versano  sopra 
alcuni  punti  di  archeologia  cristiana,  nella  quale  an- 
che si  mostrò  valentissimo.  I  quali  scritti  non  si  vol- 
gono sopra  materie  secondarie  o  di  poco  conto,  sib- 
bene  trattano  soggetti  di  grande  interesse,  come  dal 
titolo  solo  facilmente  apparisce.  Egli  conobbe  una 
dotta  dissertazione  dell'abbate  Giovenazzi  sull'inno 
che  cantavano  a  Cristo  i  fedeli  dell'età  apostolica 
contemporanea  a  Plinio,  e  di  essa  trattò  correggendola 
e  commentandola  in  una  lunga  lettera  al  Marini,  la 


(i)  Vedasi  il  citato  num.  VII  dtlV  Elenco. 


L*  ODEPORICO  dell' ABB.  DI  COSTANZO       $2$ 

quale  in  qualche  modo  ci  compensa  della  perdita 
fatta  del  manoscritto  del  Giovenazzi  (').  Inoltre,  poi- 
ché a  suo  tempo,  e  prima  e  dopo  di  lui,  si  esuma- 
vano in  gran  numero  dai  cemeteri  cristiani  di  Ro- 
ma ossa  di  defunti  e  reliquie  diverse,  che,  non  sempre 
cautamente  ,  sì  dispensavano  e  si  facevano  esporre 
al  culto,  in  Roma  e  fuori,  come  ossa  e  reliquie  di 
martiri,  il  nostro  abbate  lamentando  forte  questa  facilità 
in  cose  cosi  delicate,  (  e  nell'  Odeporico  ne  racconta 
in  proposito  del  Rettore  di  sant'Angelo  in  Perugia  un 
esempio  assai  notevole,  )  per  rimediare,  per  quanto 
era  in  lui,  a  questo  inconveniente,  scrisse  una  disser- 
tazione sulle  tombe  cristiane  e  sui  segni  di  esse, 
per  conoscere  quando  o  no  si  trattasse  di  martiri  o 
di  semplici  fedeli  (*).  Una  questione  molto  scabrosa 
di  agiografia  trattò  col  Baruffaldi,  il  quale  sostenne 
che  negli  atti  dei  martiri  il  colpo  di  spada  non 
falli  mai  dal  dar  loro  la  morte  (');  ed  oltre  a  que- 
ste, altre  cose  certamente  o  scrisse ,  o  preparò,  có- 
me da  vari  passi  delle  sue  lettere  si  deduce  chia- 
ramente. Aggiungeremo  che  in  Roma  godè  e  pro- 
fittò assai  deir  amicizia  che  ebbe  col  Cancellieri,  col 
Giorgi,  coir  Amaduzzi,  col  Giovenazzi,  col  D'  Agin- 
court,  col  Marini  e  certamente  con  altri  dotti  ed  eru- 
diti di  quel   tempo,  con    i   quali,  specialmente   col 


(X)  Elenco,  num.  VIIL 
(2)  Elenco,  num.  X. 
{})  Elenco,  Dum.  XI. 


$26  MICHELE  FALOGI  PULIGNANI 

Marini  si  mantenne  in  piacevole  e  deli:(iosa  corrispon-- 
den^a  (').  Quanto  sarebbe  buona  ed  utile  cosa  cono- 
scere il  carteggio  che  mantenne  con  tanti  valentuo- 
mini 1 

Ma  il  nostro  abbate,  che  si  aggirava  con- 
tinuamente per  r  Umbria  per  la  Sabina  e  per  il  La- 
zio, non  potea  trascurare  un  monistero  benedettino 
che  in  queste  regioni  è  per  la  storia  italiana  il  più 
insigne,  e  dei  più  interessanti  dell'  Italia,  Parlo  della 
badia  di  Farfa,  ove  egli,  come  ci  racconta  nell'  Ode- 
porico, non  ebbe  mai  stabile  dimora,  ma  dove  però, 
essendo  in  Roma ,  si  recava  più  volte  nella  prima- 
vera o  per  diporto  o  per  ragioni  di  studi.  Frutto  di 
queste  sue  escursioni  furono  parecchie  buone  ed  utili 
notizie  che  ci  somministra  su  queir  illustre  moniste- 
ro, sulle  sue  carte ,  sui  suoi  codici ,  sui  monumenti 
che  vi  trovò,  le  quali,  per  lo  sperpero  che  poi  segui 
di  tutto  r  Archivio  farfense ,  riescono  oggi  doppia- 
mente preziose.  11  brano  che  nell'  Odeporico  si  riferi- 
sce a  Farfa  è  dei  più  pregievoli  di  tutto  il  lavoro, 
ed  il  Di  Costanzo  medesimo  lo  ritenne  tale,  poiché 
delle  cose  in  esso  trattate  scrisse  una  dotta  lettera 
air  abbate  Amaduzzi ,  pubblicata  nelle  Novelle  Lette- 
rarie di  Firenze,  come  può  vedersi  nell'  elenco  degli 
scritti  di  lui  ('). 
Intanto  venne  il  i8io,  e  l'abbate  Di  Costanzo  costret- 


(i)  Vermigligli.  Opuscoli,  IV,  177. 

(2)  Elenco,  num.  IX.  Publico  ntW  Appendice,  num.  II,  ciò  che  scrìve 
di  Farfa  il  Di  Costanzo  nella  seconda  parte  dell*  Odeporico. 


L^  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO       527 

to  a  lasciare  il  monastero,  ed  a  deporre  Tabito  monacale, 
dopo  aver  abitato  per  un  po'  di  tempo  nel  palaz- 
zo deir  accademia  Sabina,  sul  principio  del  1811 
si  ritirò  in  patria.  Egli  però  non  lasciò  Roma  e  il 
suo  caro  san  Paolo ,  allora  soppresso ,  senza  a* 
verne  prima  raccomandata  la  conservazione  al  Go- 
verno con  una  memoria  assai  vigorosa,  per  la  quale 
potè  ottenere  che  a  favor  della  fabbrica  si  assegnasse 
un  fondo  speciale,  nuovo  titolo  anche  questo  per  il 
quale  egli  ci  si  mostra  sotto  altro  aspetto  benemerito 
della  basilica  ostiense. 

Egli  adunque  nel  181 1  si  trovava  all' Aquila  sua 
patria  ove ,  T  ozio  forzato  cui  era  condannato ,  e 
la  penuria  di  libri  nella  quale  si  trovava,  utilizzò  nel 
riandare  e  ordinare  le  sue  carte,  i  suoi  appunti,  e 
specialmente  una  sua  deca  archeologica  di  varia  argo- 
mento ('),  che  è  forse  l' ultimo  scritto  di  lui,  nem- 
men  questo  interamente  compito.  Sento  un  po'  di 
passione  per  le  mie  lucubra^iunculcy  scriveva  amiche- 
volmente al  Vermiglioli  (*),  e  adducendo  le  parole 
di  sant'  Ambrogio  si  discolpava  di  questo  po'  di  pas- 
sione osservando  che  unumquemque  scripla  sua  pai- 
pani ,  et  informes  eliam  filii  matres  delectant.  Cosa 
contenesse  la  sua  deca^  non  sappiamo  precisamente,  al- 
cune però  delle  dieci  dissertazioni  delle  quali  si  com- 
poneva accenniamo  in  fine  nélV  Elenco  degli  scritti 
suoi. 


(1)  Elenco,  num.  XII. 

(2)  Vermigligli.  Opuscoli^  IV,  i8i. 


52à  MICHELE  FALOCI  PUUGHANI 

Cosi,  menando  una  studiosa  vita  e  solitaria,  giunse 
air  età  di  anni  75,  fino  all'  11  Marzo  del  181 3,  che  fu 
r  ultimo  della  sua  vita.  Le  vicende  politiche  di  quel- 
r  epoca,  e  il  dispiacere  di  aver  dovuto  abbandonare 
il  caro  chiostro  di  san  Paolo  e  la  onorata  veste 
cassinese  che  indossò  giovanetto,  dovettero  essere 
cause  non  ultime  della  morte  del  povero  abbate,  il 
quale  nondimeno  nell'  amore  e  nelle  cure  dei  con- 
giunti trovò  restreme  consolazioni  che  egli  avea 
creduto  di  dover  ricevere  dai  confratelli  suoi.  Egli 
fu  sepolto  nella  tomba  gentilizia  dei  suoi  maggio- 
ri ,  dopoché  nella  Collegiata  di  santa  Maria  di 
Paganica  in  Aquila  gli  furono  fatti  solenni  funerali. 

Delle  sue  qualità  morali  io  non  discorro,  e  già  dal 
poco  che  ne  ho  detto,  e  dalle  lettere  e  dagli  scritti  suoi 
che  conosciamo,  si  possono  immaginare  di  leggeri.  Pio, 
studioso,  ritirato,,  affabile,  discreto,  era  di  compagnia 
piacevolissima,  sicché  potè  mantenere  amicizie  nume- 
rose e  frequenti  relazioni,  cosa  che  oggi  sembra  fa- 
cile ed  ovvia,  ma  che  allora  riusciva  difficile  e  peri- 
colosa talvolta,  in  causa  delle  comunicazioni  non 
sempre  facili  ed  economiche,  delle  quali  moveva  an- 
che lamento  cogli  amici. 

Conosco  bene  che  queste  poche  parole  formano 

prefazione  molto  incompleta  all'  Odeporico  di  lui:  non- 
dimeno, finché  altri  non  faccia  conoscere  l'elogio 
che  ne  scrisse  il  Cancellieri,  o  altro  non  se  ne  scriva, 
serviranno  sempre  a  ridestare  la  memoria  di  un 
ottimo  erudito  del  secolo  scorso,  del  quale  possono 
andare  egualmente  onorati  e  la  città  che  gli  fu  pa- 
tria, e  l'ordine  religioso  nel  quale  visse. 

Premesso   questo,  faccio   seguire   Y elenco  degli 


L*  ODEPORICO  DELL^  ABB.   DI   COSTANZO  5  29 

scritti  del  nostro  abbate,  elenco  che  non  pretendo  già 
completo,  ma  certamente  più  numeroso  di  quello  in- 
dicato dal  padre  Moschini  e  dal  padre  Tosti.  Non  co- 
nosco quello  che  certamente  avrà  compilato  il  Can- 
cellieri, e  che  senza  dubbio  sarà  più  ricco  del  mio  : 
questo  nondimeno  ritengo  non  sarà  inutile  affatto, 
anche  per  le  poche  notizie  bibliografiche  che  ho  fatto 
seguire  a  ciascun  articolo  di  esso.  All'  elenco  siegue 
la  prima  parte  dell'  Odeporico,  che  nel  manoscritto  di 
san  Paolo  occupa  le  prime  155  carte,  e  che  ho  an- 
notato qua  e  là,  e  talvolta  confrontato  coi  monu- 
menti originali.  Siccome  poi  mi  dispiaceva  trascurare 
affatto  il  resto  di  quest*  Odeporico,  di  questo  resto 
neir  Appendice,  V  ho  dato  il  solo  indice,  il  quale  ser- 
virà almeno  per  avere  un  idea  del  tesoro  archeolo- 
gico che  in  esso  si  contiene.  Ho  poi  soggiunto  nella 
stessa  appendice,  alcuni  brani  non  compresi  nella 
prima  parte  dell'  Odeporico,  ma  che  riguardano  V  Um- 
bria, cioè  Farfa  (  n.  II  ) ,  Rieti  (  n.  Ili  ),  Assisi 
(  n.  I  ),  oltre  una  breve  dissertazione  archeologica 
(  n.  IV  )  che  si  riferisce  a  questa  provincia. 

Michele  Faloci  Pulignani 


Archìvio  Storico  li.  34 


530 


ELENCO  DEGLI  SCRITTI 


DELL*  ABBATE  GIUSEPPE  DI  COSTANZO 


L  Editiones  saeculi  XV  nitidiores  rotundisque  chara^ 
Ctertbus  exaratae  in  bibliotheca  Monasierii  Sublacensis. 

Abbiamo  veduto  che  il  Di  Costanzo  governò  il  Monastero  di  Subiaco 
dal  1777  al  1780,  onde  questo  catalogo  lo  compilò  durante  questo  triennio  e 
precisamente  nel  1779.  Esso  è  manoscritto,  ma  a  Subiaco  non  si  conserva.  È 
ricordato  dal  p.  Moschini  (i),  e  prima  di  lui  dal  p.  Audiffredi  (2),  il  quale  nel 
1783  scriveva:  Nuper  in  manus  nostras  devenit  Catalogus  edUionum  Saeculi 
XV  in  Monasterio  Suhìacensi  $xi5tentium  a  R,  P.  D,  losepho  de  Constantio 
summa  accuratione  elaboratus.  etc.  Notizie  migliori  di  questo  scrìtto,  e  di 
un  altro  lavoro  che  vi  era  unito,  le  dà  lo  stesso  abbate  Di  Costanzo  nella 
parte  seconda  dell*  Odeporico,  dove,  parlando  dell'  Abbazia  Sublacense,  il 
primo  paragrafo  V  intitola  cosi  :  Prima  tipografia  eretta  in  Italia  nel  Mona- 
stero Sublacense,  È  utile  rìferire  interamente  questo  brano. 

«  Il  non  breve  soggiorno  da  me  fatto  nella  solitudine  Sublacense  mi 
«  somministra  buona  materia  da  registrare  in  queste  mie  memorie  Odeporì- 
•  che  specialmente  intomo  la  Librerìa  e  Archivio,  formato  avendo  dalla 
«  prìma  due  distinti  cataloghi  delle  stampe  del  4oo,  e  dal  secondo  estratte 
a  notizie  di  vario  argomento,  e  molte  cose  notando  da  Codici  M.  S.  da  in- 
«  trattenere  gli  amatorì  e  indagatori  d'  ogni  maniera  di  antica  erudizione. 
9  Per  non  ingrossare  di  troppo  questo  presente  scrìtto  ho  stimato  più  a  pro- 
li posito  di  unire  i  detti  due  catologhi  ad  una  lettera  scrìtta  nel  1779,  ove 
«  si  rende  conto  delle  prime  stampe  e  dei  prìmi  stampatorì  d' Italia  eh*  e- 
«  sercitarono  tale  arte  nel  Monastero  di  Subiaco  prima  di  Roma,  di  Venezia 
ff  e  di  altro  qualunque  paese  d*  Italia.  Questa  lettera  fa  scrìtta  a  petizione 


(i)  Biografia  universale  del  Mistiaglia:  voi.  XflI,  ecc.  p.  400. 
(2)  CataloguM  historicù-criticut  editionum  romanarum  saeculi  XV,  Rome,  1783 
p.  4. 


L^  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  53 1 

«  di  un  amico  in  occasione  di  disputa  nata  in  Roma  tra  il  P.  Laire  mi- 
a  nimo  Francese  e  il  P.  Audiffredi  Bibliotecario  della  Minerva,  il  quale  si 
V  giovò  dei  detti  Cataloghi,  e  li  citò  nella  sua  opera  della  Tipografia  romana. 
«  Questa  lettera  adunque  con  il  doppio  catalogo  suddetto  forma  come  uno 
«  scrìtto  a  parte  serbato  fra  le  altre  mie  bazzecole  ms.  fra  le  quali  vi  ha 
a  anche  gli  estratti  di  vari  codici  dell*  Archivio  Sublacense.  Molte  coserelle 
«  però  che  non  hanno  avuto  luogo  nei  Cataloghi,  e  negli  estratti  suddetti  lo 
9  prenderanno  qui,  e  d  occuperanno  anche  lungamente.  » 


II.  Elenchus  codicum,  qui  asservantur  in  bibliotheca 
5.  Petri  de  Perusio. 

È  rammentato  dal  Moschini,  ma  nel  monastero  di  san  Pietro  non  esiste 
più.  Sembra  che  lo  mandasse  da  Assisi  per  consultarlo  al  Vermiglioli,  cui  con 
lettera  del  13  Giugno  1803  lo  richiese,  sebbene  il  Vermiglioli,  publicando 
quella  lettera,  omettesse  di  nominarlo  (i).  Egli  dovè  scrìvere  questo  elenco 
prìma  del  1800,  poiché  con  un  asterìsco  notò  1  codici  mancati  in  tempo  dd 
vandalismo  francese* 


III.  Disamina  degli  scrittori^  e  dei  monumenti  risguar-' 
danti  S.  Rufino  Vescovo^  e  Martire  di  Assisi.  Assisi,  nella 
tipografia  Sgarìgliana,  1797.  Volume  in  4.  di  pag.  XXIV  — 
542,  con  II  tavole. 

Enrico  Nissen  archeologo  tedesco ,  ricercando  il  luogo  dell'  antico 
Urvinum  Hortense  nominato  da  Plinio  (  Hist,  nat,  II L  14 )y  e  per  queste 
rìcerche  tornandogli  utilissimi  gli  studi  fatti  su  questo  Urvinum  dal  Di 
Costanzo  nella  Disamina  (p.  499-511)  ,  da  quest'  opera  lo  giudicò  uomo  ve' 
ramente  dotto,  da  mettere  innanzi  a  tutti  gli  scrittori  di  antichità  municipali 
dello  scorso  secolo  per  acume  di  mente  e  sodexx<^  di  critica  (2).  Ci  è  piaciuto 


(i)  Cento  lettere  ecc.  pag.  6). 

(2)  Bollettino  dell*  Istituto  di  Corrispondenza  archeologica,  Roma,  Stlviucci, 
1861,  pag.  2^(1-249. 


532  MICHELE  FALOCI  PUUGMANl 

recare  la  testimonianza  del  dotto  tedesco,  perchè  da  essa  potesse  formarsi 
il  lettore  un  buon  concetto  di  questo  libro.  In  esso  il  Di  Costanzo  parla 
degli  scrittori  che  hanno  trattato  di  san  Rufino,  poi  esamina  i  monumenti 
spettanti  a  questo  Santo,  terminando  con  una  triplice  appendice  sui  Ve- 
scovi di  Assisi,  sui  documenti  di  quella  città ,  e  sulle  iscrizioni  romane 
della  medesima.NellaJ[)/fam/mi,come  negli  altri  suoi  scrìtti,  il  Di  Distanze 
non  pose  affatto  il  suo  nome,  solo  nelb.  dedica  del  medesimo  fatta  al  Ca- 
pitolo della  Cattedrale  di  Assisi,  si  limitò  alle  tre  lettere  G.  D.  C.  Giusep- 
pa Di  Costatilo.  Di  questo  libro,  scrivendo  a  G.  B.  Vermiglioli  (Assisi  3 
Settembre  1802  )  il  Di  Costanzo  parla  cosi.  Il  mio  S,  Rufino  colla  pubbli- 
cagione  non  è  piti  mio,  ma  publici  juris,  onde  ella ,  e  chiunque,  ha  dritto  di 
citarlo,  correggerlo  e  criticarlo  come  piti  le  aggrada.  Questo  libro  fu  stam^ 
pato  con  Hannibal  ad  portas,  e  le  critiche  circostante  di  allora  obligandomi  ad 
allontanarmi^  e  non  mai  piti  tornare  in  questo  paese,  mi  obligò  ancora  a  per- 
metterne la  stampa,  per  aderire  ai  signori  della  città,  che  giustamente  appren- 
devano colla  mia  partenza  la  soppressione  perpetua  di  questo  libro.  Cessata  la 
fiera  tempesta  e  tornato  io  qui  dopo  tre  anni  di  assenna,  e  fattomi  a  rivedere 
il  mio  lavoro  allora  escito  dal  torchio  ho  potuto  con  tranquillità  rileggerlo,  e 
scorgere  vari  suoi  difetti  che  meritano  correzione,  e  qualche  migliore  illustra- 
Xione.  Avrei  volontà  di  fare  questa  correzione  e  varie  aggiunte,  ma  non  so 
ancora  risolvermi,  ne  ridurmici  (i).  Nel  i8o4  pensava  ancora  a  fare  emen- 
dazioni ed  aggiunte,  come  questi  Asisani  bramerebbero,  secondo  che  scrìveva 
al  medesimo  Vermiglioli  (  Assisi  22  Gennaio  )  (2),  ma  poi  non  ne  fece  nulla. 


IV.  Antiche  laudi  volgari  delV  Umbria. 

.Ne  formò  oggetto  di  studio  speciale,  e  si  valse  di  un  codice  perugino 
e  di  uno  assisano.  Volea  inserirle  ntW Odeporico,  ma  poi  non  ne  fece  più  nulla. 
Egli  si  servi  assai  per  commentarle  delle  poesie  di  lacopone  da  Todi,  il 
quale,  precorrendo  il  Mòrtara,  il  Sorio  ecc.  veniva  chiamato  da  lui  Ana- 
Creonte  cristiano.  Delle  laudi  umbre  in  una  lettera  al  Vermiglioli  del  i8o4 
discorre  così  :  Le  mie  notarelle  per  illustrare  la  laudi  antiche  sono  a  buon  porto, 
ma  per  quanto  ho  procurato  di  abbreviare  mi  son  riuscite  pia  lunghe  delle 


(ì)  Cento  lettere,  ecc.  pag.  49-49. 

(i)  Verkìguoli.  OpuMColi.  Voi.  IV.  pag.  163. 


\J  ODEPÒRICO  DELL^ABB,.  DI  COSTANZO  53} 

laude  stesse,  e  del  breve  ragionamento  di  preambulo  (i).  Il  Gxlice  assisane  era 
neil*  Archivio  di  casa  Frondini,  ma  oggi  non  vi  è  più  :  quello  di  Perugia 
aveva  la  data  del  1374,  e  di  ambedue  si  ha  notizia  in  un  altra  lettera  del 
Di  Costanzo  (2).  Forse  il  codice  perugino  fii  quello  che  il  Vermiglioli  nel 
1824  offri  in  dono  al  Mse  G.  G.  Trivulzìo,  il  quale  però  non  volle  accet- 
tarlo (3).  Dico  forse,  perchè  questo  avea  la  data  del  1360,  e  quello  re- 
cava il  1374. 


V.  L  Odeporico, 

Di  questo  scritto,  ricordato  dal  Cancellieri  (4),  dal  Moschini  (5),  dal  Ver- 
miglioli (6),  dal  Tosti  (7),  dal  Moroni  (8)  e  da  altri,  non  occorre  dir  molte 
cose,  venendo  qui  publicato  parzialmente  è  vero,  ma  in  modo  sufficiente  per 
conoscerne  ed  apprezzarne  il  valore.  Esso  consiste  nella  narrazione  di  un  viag- 
gio fatto  per  1*  Umbria,  per  il  Lazio,  per  la  Sabina,  per  una  parte  della 
Marca,  della  Toscana,  a  Montecassino  ecc.  incominciato  nel  1788,  partendo 
da  Assisi,  dove  era  abbate  in  san  Pietro.  Terminato  il  viaggio,  il  Di  Co- 
stanzo radunò  ed  ordinò  gli  appunti  presi,  e  li  dispose  in  un  volume,  oggi 
nella  biblioteca  di  san  Paolo,  che  egli  sembra  aver  destinato  per  la  stampa. 
U  viaggio  fu  fatto  nel  1788,  ma  V  Odeporico  dovette  esser  composto  alcuni 
anni  dopo:  infatti,  parlando  di  san  Pietro  di  Perugia  una  volta  ricorda  il  1805, 
e  un  altra  volta,  parlando  di  Assisi,  T  invasione  di  Roma  del  1799.  È  poi 
certo  che  fu  scritto  nel  Luglio  del  1805,  come  si  può  vedere  a  pag.  588. 
Al  manoscritto  dovean  andar  unite  alcune  tavole  di  disegni ,  ma  queste 
non  si  trovano  più.  In  esse,  fra  gli  altri,  erano  riportati  il  sigillo  del  Con- 
vento di  san  Giustino  di  Amo  nel  Perugino,  un  bassorilievo  etrusco,  ed 
altri  monumenti  come  si  vedrà  a  sua  luogo.  Io,  publicando  V  Odeporico, 
ho  procurato  di  porvi  del  mio  qua  e  là  qualche  breve  annotazione,  e  di 
confrontare  cogli  originali,  quando  potevo,  quei  monumenti  e  documenti  che 


(\)  Vermiolioli.  Opuscoli,  IV,  165. 

(9)  VcRMiGLiou.  Cento  lettere  ecc.  pag.  Ss-Si* 

^3)  Ibid.  p.  335.  Però  nel  iSis  il  Trìvulzio  aveva  accettato  il  dono  di  un  altro 
codice  di  vecchie  laudi,  regalato  al  Vermiglioli  nel  \^\g  dal  Perticar!,  e  che  il  Trivulzio 
collocò  nella  sua  biblioteca.  Forse  è  il  cod.  535  o  91^  della  Trivul^iana,  Vedi  :  Porro 
G.  Catalogo  dei  codici  manoscritti  della  Trivul^iana,  Torino ,  Bocca,  1884» 
p.  303-304. 

(4)  Osserva\ioni  tee.  pag.  1,  36,  is8. 

($)  Biografia  universale  ecc.  pag.  400. 

(6)  Cento  lettere  ecc.  pag.  55. 

(7)  Il  codice  cassinese  ecc.  pag.  VIII-IX. 
(H)  Nuovo  catalogo  ecc.  pag.  143. 


554  miche;le  faloci  pulignani 

il  dotto  abbate  ha  in  esso  inserito,  monumenti  e  documenti  che  però  ho 
trovato  sempre  riportati  con  diligenza,  per  quanto  potevo  conoscere  dal  con- 
fronto che  facevo  con  gli  originali  della  cppia  che  ho  usata  e  non  già  del 
manoscritto  di  lui.  Farebbe  opera  egregia,  chi.  completando  1*  edizione  no- 
stra, pubblicasse  il  resto  à^*  Odeparico ,  che,  nella  parte  che  riguarda 
Monte  Cassino  é  di  interesse  grandissimo.  Il  manoscritto  di  san  Paolo  è 
un  volume  di  4oo  fogli,  e  contiene  oltre  1'  Odeporico,  altri  scrìtti,  come  si 
vedrà.  L*  Odeporico  è  diviso  in  tre  parti,  la  prima  delle  quali  tratta  dell*  Umbria 
g  luoghi  limitrofi,  e  questa  è  quella  che  publichiamo,  la  seconda  discorre 
del  La^io  e  Sabina^  la  terza  dei  Festini,  Marsi,  Sannio  e  Campania,  Di  que- 
ste due  ultime  parti  nell'  appendice  V  diamo  l' indice,  oltre  la  parte  che 
riguarda  Farfa  nell*  appendice  II.  e  Rieti  nell'  appendice  III.  AH*  Odeporico 
siegue  una  dissertazione  sui  cimiteri  cristiani,  della  quale  vedi  quest*  elenco 
al  num.  X,  ed  una  deca  archeologica,  della  quale  vedi  pure  il  num.  XII. 


VI.  Lettera  di  Ensta\io  Dicearcheo  ad  Angelo  SidicinOj 
sopra  un  antico  Testo  a  penna  della  Divina  Commedia  di 
Dante,  con  alcune  annotaiione  su  le  parianti  legioni,  e  su  le 
Postille  del  medesimo.  Roma^  Fulgoni^  i8oi.  in  S''^  di  pag.  ii2. 

Nel  Febbraio  dell*  anno  i8oo  essendo  il  Di  Costanzo  a  Monte  Cassino, 
trovò  in  quella  biblioteca  un  codice  della  Divina  Commedia  che  per  essere 
antichissimo  e  fornito  di  note  e  di  varianti  di  molto  pregio,  iu  fatto  da  lui 
oggetto  della  lettera  indicata,  la  quale  destò  molto  interesse,  e  fu  pregato 
a  rìpublicarla,  come  egli  pensava  di  fare  nel  1803.  Di  questa  lettera  parla- 
rono moltissimi  scrittori,  che  possono  vedersi  indicati  dal  Cancellieri ,  il 
quale  intomo  ad  essa  scrisse  alcune  eruditissime  osservazioni  (i).  Eustazio 
Dicearcheo  era  il  nome  sotto  il  quale  egli  si  nascondeva,  ed  Angelo  Sidici- 
no  era  quello  di  D.  Angelo  Lamfredi  Canonico  di  Tiano  suo  amico.  Nella  sua 
lettera  il  Di  Costanzo  sostenne  che  uno  dei  fonti  ai  quali  attinse  1*  Alighieri 
fu  la  nota  visione  del  monaco  Alberico  da  lui  attentamente  esaminata  e 
confrontata  con  la  Divina  Commedia.  Aggiungerò  che  questo  codice  cassi- 
nese  fu  interamente  pubblicato  dai  monaci  di  quel  convento  in  occasione 


(1)  Oiiervaxioni  intomo  alla  quettione  promotta  dal  Vanno^^i  del  Ma\xoceki 
e  dal  Bottari  e  tpeclalmente  dal  P,  Abate  /).  Giuseppe  Giustino  di  Costan{o  sopra 
V  originalità  della  Divina  Commedia  di  Dante,  Roma,  Bourlié,  1814. 


L^  ODEPORICO   DELL^ABB.   DI  COSTANZO  535 

del  centenario  di  Dante  (i).  Tornando  alla  lettera  del  Di  Cosunzo,  questi  nel 
1803  scrìvendo  al  Vermiglioli  (2),  gli  dicea,  che  in  seguito  ad  alcune  os- 
servazioni fattegli  da  mons.  Dionisi  di  Verona,  avrebbe  avuto  da  cangiare 
e  da  aggiungere  varie  cose.  Ignoro  se  queste  modificazioni  ve  le  aggiunse 
mai,  la  sua  lettera  però  fu  ristampato  più  volte  senza  variazioni.  Si  ristam- 
pò nel  Dante  del  Lombardi  del  1815  (3),  poi  in  quello  del  1820  (4),  nel- 
r  edizione  padovana  dell' istesso  Dante  commenuto  dal  Lombardi  (5),  e 
parzialmente,  cioè  dalla  pag.  6  alla  25 ,  nella  edizione  milanese  dell*  Ali- 
ghieri fra  i  Classici  Italiani  (6),  e  in  quella  di  Londra  del  1808  (7).  Tutte 
queste  indicazioni  sono  date  dal  De  Batines  il  quale  aggiunge:  DelF  opera 
del  Di  Costanzo  fu  dato  un  ragguaglio  da  Felice  Mariottini  nelle  EfFem. 
Letter.  di  Roma,  1806,  fase.  ij6,  e  j^o;  vedi  parimenti  intorno  a  ciò,  la 
Storia  letter.  d' Italia  del  Ginguené  II,  12,  e  fa  Preparaz.  Stor.  del  Dionisio 
fase.  6.  (8).  Dirò  in  ultimo  che  di  questa  lettera  dette  anche  un  buon  rag- 
guaglio il  proC  Canali  in  una  lettera  al  prof.  Gatteschi  (9). 


VII.  Memorie  sulla  storta  della  Basilica^  e  del  Mona^ 
stero  di  san  Paolo  in  Roma. 

Sono  rammentate  così  dal  p.  Moschini  (io).  Il  Di  Costanzo  che  per  lungo 
tempo  fii  abate  di  san  Paolo,  si  aifezzionò  in  modo  particolare  all'insigne 
monumento,  per  primo  cominciò  a  raccoglierne  e  ad  ordinarne  le  memorie 
epigrafiche,  ne  radunò  dovunque  potè  i  documenti  e  i  ricordi,  che  erano 


(\)  R  codice  Caurnese  della  Divina  Commedia  ecc.  Mootecassioo,  1865. 

(2)  Cento  lettere  ecc.  peg.  58. 

^3)  Roma,  De  RomaDÌa,  voi.  IV,  pag.  17-107. 

(4)  Roma,  De  Romania,  i8ao. 

(5)  Padova,  Minerva,  iSaa,  voi.  V.  pag.  157-368. 

(6)  Milano,  1804,  voi.  II. 

(y)  Londra,  Zatti,  1808,  voi.  I.  pag.  XIX -XU!. 

(%)  Bibliogrrajla  Dantesca,  Prato,  Alberghetti,  1843.  voi.  I,  pag.  139, 154»  4(^3  ecc. 

(g)  Lettera  scritta  dal  prof.  Luigi  Canali  al  prof.  Gatteschi  redattore  del 
Giornale  Pisano,  nella  quale  si  da  l*  estratto  di  un  opuscolo  del  rev.  Padre  Ab.  D. 
Giuseppe  di  Costanzo,  stampato  in  Romajlno  dall'  anno  180  r,  e  diretta  a  con/er" 
mare  ciò  che  riguardo  ad  un  certo  monaco  Alberigo  ed  al  nostro  Poeta  Dante 
scrisse  prima  di  tutti  il  dottissimo  mons.  Bottari.  La  lettera  ha  la  data  di  Perugia, 
39  Aprile  1808,  e  su  nel  Nuovo  Giornale  dei  letterati  di  quell'  anno,  tomo  IX, 
onm.  36,  paK.  331 -347* 

fio^  Biografa  Universale  ecc.  p.  400. 


53^  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

giunti  ad  un  numero  assai  grande.  Altri  poi  si  servi  delle  fatiche  sue,  e 
utilizzò  il  ricco  materiale  già  preparato.  Nelle  Effemeridi  Letterarie  di  Giu- 
gno del  1823  si  trova  un  Prospetto  deJU  Memorie  isteriche  della  Basilica  Ostien- 
se di  S.  Paolo ,  disposte  da  Francesco  Cancellieri  secondo  il  piano  indicatogli 
in  una  lettera  del  P.  Abate  Don  Giuseppe  Giustino  di  Costanzo  Benedettino, 
con  una  Appendice  di  Vari  Inni  in  onore  del  Dottor  delle  Genti,  e  con  la  Bi- 
blioteca Paolina  (i).  Ciò  scriveva  il  Cancellieri  nel  1823,  ma  bene  più  interes- 
sante è  il  lavoro  dello  stesso  Cancellieri,  compito  fin  dal  1816,  ma  non  mai 
stampato,  e  che  contiene  la  compiuta  istoria  di  quella  basilica,  esistente  oggi  in 
un  grosso  volume  in  foglio  di  13  53  carte,  che  forma  il  codice  vaticano  9672.  Il 
lavoro  come  ho  detto  è  del  Cancellieri,  e  fu  preparato  per  la  stampa  essendovi 
perfino  V  Imprimatur  del  Maestro  del  S.  Palazzo:  però  in  esso  ebbe  tanta  parte 
il  nostro  Di  Costanzo,  che  è  opportuno  riferirne  il  titolo  esatto:  Istoria  della 
Basilica  di  S,  Paolo  sulla  Via  Ostiense  divisa  in  XXX  disserta:^ioni  secondo 
il  piano  del  P.  Ab.  Giuseppe  Giustino  di  Costanzo,  con  una  appendice  di  vari 
Inni  in  onore  del  Dottor  delle  Genti  :  e  con  due  biblioteche^  una  alfabetica  de- 
gli autori  che  hanno  trattato  del  S,  Apostolo,  e  T  altra  per  ordine  delle  Mate- 
rie» Roma,  1816  (2).  Anche  Mons.  Marini  nella  sua  storia  di  questa  Basi- 
lica di  san  Paolo  (3),  si  giovò  non  poco  del  lavoro  del  Di  Costanzo.  Del- 
r  interesse  che  il  nostro  abbate  si  prendeva  per  la  sua  chiesa  di  san  Paolo  è 
buon  documento  il  seguente  brano  di  una  sua  lettera  che  dair  Aquila  scriveva 
addolorato  il  6  Luglio  181 1  al  Vermiglioli.  Dopo  avergli  narrate  le  priva- 
zioni e  gli  stenti  che  le  vicende  politiche  gli  procuravano,  soggiunge  :  // 
distacco  però  della  mia  Basilica  Ostiense  mi  affligge  sopra  ogni  altra  priva- 
:^ione.  Ho  un  immensa  farragine  di  memorie  e  annotazioni  da  servire  alla  sto- 
ria di  quel  gran  Tempio,  alla  quale  mi  applicavo  con  genio,  e  con  passione, 
ma  dopo  le  presenti  disgrafie,  poco  0  nulla  più  potrei  fare.  NelF  atto  della 
soppressione  stesi  una  memoria  per  impegnare  il  governo  a  non  lasciare  perire 
il  piti  sontuoso  e  il  piti  antico  monumento  cristiano,  che  ci  resta  in  Roma  e 
fuori  di  Roma,  e  che  tanto  interessa  la  storia  delle  arti ,  come  ognun  sa ,  e 
come  dimostra  F  opera  del  cav.  D*  Agincourt,  che  attualmente  si  stampa  a  Pa-- 
rigi  e  ne  è  fuori  il  Prospectus.  Avevo  indiri^ata  questa  mia  memoria  non 
lunga,  ma  bastantamente  franca  e  vibrata  allo  stesso  Napoleone,  ed  aveo  prese 
delle  misure  per  fargliela  giungere  in  mano,  ma  poi  riflettendo  che  il  più  che 
potea  produrre  la  mia  memoria  sarebbe  stato  di  mandarla  alla  Consulta  in 
Roma,  pensai  meglio  di  cangiar  la  direzione,  e  presentarla  io  medesimo  ai  4 
membri  della  Consulta  medesima,  come  feci,  dandola  in  mani  proprie  di  ela- 


fi) MoRONi.  Nuovo  Catalogo  ecc.  p.  108,  n.  138. 
(i)  ibidem,  p.  iss.  n.  8. 
(9)  Roma,  De  Rominit,  1815. 


L*  ODEPORICO  DELl\bB.  Di  COSTANZO  5  3  7 

scuno  di  essi  e  lasciar  poi  che  S.  Pietro  e  S.  Paolo  la  benedissero.  Pare  che 
abbia  prodotto  qualche  effetto,  perchè  so,  che  al  Maire  di  Roma  Duca  Braschi 
i  stato  dato  un  dispaccio  imperiale  con  incombenza  di  provvedere  per  V  inden- 
nità  della  Basilica  Ostiense,  ed  egli  si  è  per  ora  incaricato  di  fissare  un  asse- 
gnamento per  la  manutenzione  della  fabrica,  assegnamento  distinto  da  quello 
che  occorre  per  il  culto,  di  cui  per  altro  poco  assai  si  impegna  il  governo, 
come  è  naturale  .  .  .  .  (i) 


Vili.  Dissertazione  epistolare  sulV  inno  a  Cristo  dei  fe- 
deli contemporanei  di  Plinio  e  dell*  Apostolica  età. 

Si  conserva  nel  codice  vaticano  9o46,  che  contiene  le  sue  lettere  a 
monsignor  Marini,  cui  è  pure  diretta  la  dissertazione.  Di  esso  ha  dato  una 
buona  notizia  il  comm.  G.  B.  De  Rossi  (2)  il  quale  nel  nominato  codice 
9o46,  raccobe  e  fece  legare  le  sue  lettere  predette.  La  dissertazione  del 
Di  Costanzo  consiste  neir  esaminare  e  in  qualche  parte  correggere  un'  al- 
tra dissertazione  del  p.  Vito  Giovenazzi,  il  quale  credè  di  aver  trovato  il 
testo  dell*  inno  dei  primitivi  cristiani,  i  quali,  come  riferisce  Plinio,  si  riuni- 
vano in  convegni  antelucani  per  cantarlo  alternativamente.  Del  p.  Giove- 
nazzi il  Di  Costanzo  ebbe  molto  stima,  e  Io  rammenta  con  lode  anche 
neir  Odeporico  ()).  Secondo  il  conte  Moroni  (4)  la  dissertazione  del  Di  Co- 
stanzo si  troverebbe  noi  cod.  Vat.  9701,  nelle  carte  157-172. 


IX.   Lettera  alV  abbate  Amadu\ii  sulle  antichità  di 
Farfa. 

Neil*  Odeporico^  parlandosi  della   Badia  di  Farfa,  e  descrivendosi  ca- 
dici, anticagli,  iscrizioni  ecc.,  1*  abbate  di  Costanzo  scrisse  :  Di  queste  ba- 


(ì)  Vermiglioli.  Opuscoli,  Voi.  4»  P*  177-178. 

(2)  Bullettino  di  Archeologia  Cristiana,  Roma,  Salviacci,  1865,  pag.  54-55. 
(•}}  MoscHiNi.  Biograjia  universale  ecc.  p.  400.Cfr.  Cancelueri.  Osservazioni 
ecc.  p.  36. 

(i)  Nuovo  catalogno  ecc.  dell*  Abate  F,  Cancellieri,  ecc.  p.  143»  n.  64. 


53^  MICHELE  FALOCr  PULIGNANt 

gatelle,  e  di  alcune  altre  che  noterò  più  innanzi,  ne  detti  parte  con  lettera  ad 
un  mio  amico  il  celebre  signor  Abbate  Cristoforo  Amadu:^:^i,  che  fu  nel  tempo 
stesso  pubblicata  nelle  novelle  letterarie  di  Firenze.  Ecco  quindi  un  altro  scrit- 
to dd  Di  Costanzo,  non  conosciuto  ai  biografi  suoi.  Non  posso  dare  l'in- 
dicazione del  volume  delle  Novelle  ove  si  trova  questa  lettera,  ignorando 
r  anno  nel  quale  1*  abbate  Di  Costanzo  si  recò  a  Farfa ,  e  1*  anno  in  cui 
scrisse  la  lettera.  Vedasi  ntVC  Appendice  n.  II  quanto  scrive  di  Farfa  il  Di 
Costanzo  neir  Odeporico, 


X.  Dissertazione  sulle  tombe  degli  antichi  cimiteri  cri- 
stiani e  sui  segni  che  distiguono  quelle  dei  Martiri  dalle  al" 
tre  dei  semplici  fedeli. 


Il  manoscritto  di  questa  dissertazione  esiste  nella  biblioteca  di  san 
Paolo  in  Roma  (i)  dopo  1*  Odeporico  ed  occupa  ii6  pagine.  Ivi  trovasi  in- 
dicato ancora  un  Ragionamento  sopra  i  cemeteri  col  parere  di  mons.  Marini  e 
la  risposta  del  Di  Costan^p^  che  forse  è  una  cosa  sola  con  la  dissertazione. 


XI.  Censura  della  dissertazione  di  Girolamo  Baruffaldi 
sul  colpo  di  spada  non  mai  vano  o  fallace  nel  decapitare 
0  dar  la  morte  ai  martiri  di  Cristo. 


Manoscritto  rammenuto  dal  p.  Moschini  (2).  La  disseruzione  del  Ba- 
ruffaldi fìi  stampau  in  Venezia  nella  nuova  collezione  del  Calogerà,  tooL 
m,  1758. 


(\)  Tosti.  //  codice  cauinete  ecc.  p.  Vili. 
(2)  Biografia  universale,  p.  400. 


L*  ODEPORICO   DELL*  ABB.   Di   COSTANZO  539 


XIL  Deca  Archeologica. 


Abbiamo  notizia  di  questo  lavoro  da  una  lettera  del  Di  Costanzo 
(Aquila  9  Luglio  18x1  )  al  Vermiglioli  cui  scriveva  averla  imbastita  sei 
anni  indietro,  e  contenere  dieci  articoli  di  vario  argomento.  Egli  nel  ritiro 
della  sua  città  nativa,  veniva  riordinando  le  sue  schede  ed  i  suoi  scritti, 
e  fra  questi  una  deca  archeologica,  un  articolo  della  quale  aveva  per  og- 
getto la  Numismatica  Capuana,  libro  publicato  da  Francesco  Danieli  segre- 
tario perpetuo  della  R.  Accademia  (i).  Questo  articolo  era  il  più  ordinato 
dei  dieci  che  formavano  la  deca  archeologica,  e  forse  è  una  cosa  sola 
colla  dissertazione  sulla  Numismatica  Capuana^  rammentata  dal  p.  Tosti, 
come  esistente  in  Roma  presso  i  Monaci  di  san  Paolo  (2),  ove  in  fatti  si 
trova  ricopiata  in  fine  del  volume  che  contiene  V  Odeporico,  ed  ha  il  num. 
VI.  Esaminando  gli  scritti  del  Di  Costanzo,  possiamo  anche  trovare  al- 
tri articoli  di  questa  Deca.  Neil'  Odeporico  (  $  XV,  n.  i  )  scrive  che  uno 
di  questi  articoli  illustrava  un  passo  di  Plinio  (H,  N.  II,  103)  ove  esponeva 
alcune  congetture  sull*  antichità  di  Montefalco.  In  fine  dell'  Odeporico  si 
trova  indicato  col  num.  io  una  dissertazione  sulla  patria  di  Plinio,  in  cui  si 
parla  anche  di  Properzio,  che  forse  fece  parte  della  Deca,  Un  altro  articolo  della 
Deca  leggesi  pure  ricordato  nell'  Odeporico  la  dove  parla  di  Assisi  (  n.  VII  ) 
e  consiste  nell*  illustrazione  di  un  onice  letterato  trovato  negli  scavi  di 
CoUemaggio  nell'Umbria.  L'illustrazione  ha  un  valore  speciale  per  l'Um- 
bria, e  però  la  publico  nei* Appendice  IV  dalla  copia  che  esiste  nel  nominato 
vloume  della  biblioteca  di  san  Paolo.  L' illustrazione  di  due  rare  medaglie 
una  di  greca  di  Feneo  e  una  osca  di  Cumiliterno  era  la  materia  di  un  quinto 
articolo  nominato  nell'  Odeporico,  ma  che  però  non  so  dove  esista.  Della 
medaglia  Feneate  scrìsse  a  lungo  il  Di  Costanzo  al  Vermiglioli  (3).  Forse 
di  questa  Deca  facea  parte  la  dissertazione  0  ragionamento  sulle  tombe  degli 
antichi  cimiteri  cristiani^  la  quale,  come  ho  detto  al  num.  X  si  trova  scrìt- 
ta dopo  r  Odeporico,  e  probabilmente  una  Dissertazione  in  difesa  del  Rui- 
uart,  anche  essa  indicata  nel  manoscritto  citato,  e  che  qui  ricordo  per  la 
prima  volta.  In  tal  caso  dei  dieci  articoli  della  deca  ci  mancherebbero  a  co- 
noscere soli  tre. 


fi;  Vkriiiguou.  Opuscoli,  IV,  181.  Il  libro  era  intitolato  :  Le  monete  antiche 
di  Capua.  Napoli,  1803.  Il  Danieli  e  il  Di  Costanzo  ebbero  relazione  fra  loro.  Verki- 
ouou.  Cento  lettere,  ecc.  p.  65. 

(t)  Il  codice  castinese,  p.  Vili. 

(3)  Cento  lettere,  ecc.  p.  51,  59  segg. 


L  '  ODEPORICO 


DELL*  ABBATE 


DON  GIUSEPPE  DI  COSTANZO 


§.  L  GUBBIO 

Verso  la  metà  di  Settembre  dell'anno  1788  mossi  dalla 
mia  residenza  di  Assisi  e  intrapresi  un  giro  per  varj  Paesi^ 
e  Città  dell'  Umbria  dirigendomi  in  prima  verso  la  Città  di 
Gubbio,  vago  di  vedere  le  famose  Tavole  Eugubine,  come 
noterò  più  innanzi.  Pernottai  il  primo  giorno  del  mio  viag- 
gio nell'  antico  Monastero  chiamato  Monte  1'  Abate. 

L  Monte  V  Abate 

Questa  antica  Badia  Benedettina  dopo  viarie  vicende 
passò  in  mano  dei  Cisterciensi,  e  caduta  poscia  in  Commenda, 
fii  abbandonata  anche  da  questi  ultimi,  finché  nel  cadere  di 
questo  secolo  a'  tempi  nostri  fu  data  in  enfiteusi  ai  Monaci 
Cisterciensi  della  Provincia  Romana,  che  tuttora  l' ammini- 
strano, somministrando  al  Cardinale  Commendatario  un  Ca- 
none stabilito. 

Il  titolo  della  Badia  secondo  le  antiche  Carte  è  S.  Ma- 
ria  Vallis  Pontis^  e  la  sua  Chiesa  è  di  disegno  Tedesco  a 
una  sola  Nave,  ma  assai  vasta,  e  in  proporzione  della  lun- 


L  ODEPORICO   DELLABB.  DI   COSTANZO  54I 

ghezza  molto  larga^  e  solidamente  fabbricata.  Nell'Altare 
Maggiore  vi  è  una  Tavola  a  guisa  di  Dittico  dipinta 
con  figure  di  Apostoli  e  di  SS.  Monaci^  e  nel  mezzo  la  B. 
y.^  tutta  a  fondo  d'oro  con  frontoncini  in  cima  ad  angolo 
acuto  secondo  il  gusto  allora  dominante.  Sotto  allaMadon* 
na  leggesi 

PINXIT  MEVS  SENESIS  (  così  ) 

Questo  Meo,  o  Bartolomeo  di  Siena  dev'essere  quel 
Meo  di  Guido  da  Siena  di  cui  parla  il  Dott.  Annibale  Ma- 
rietti nelle  sue  eruditissime  Lettere  Pittoriche  Perugine^ 
(  L,  2.  p.  42  -  43  )  come  vivente  nel  1319,  e  secondo  le  sue 
congetture^  figlio  di  quel  Guido  da  Siena  tanto  vantato  dal 
Padre  della  Valle  nelle  sue  Lettere  Senesi,  che  fioriva  in  Siena 
sua  Patria  nel  1262  e  1295.  Il  Mariotti  però  o  non  vidde 
questa  pittura,  o  non  seppe  ch'era  di  mano  di  Meo  da 
Siena  poiché  non  ne  fa  parola.  Giorgio  Vasari  nella  Vita 
di  Pietro  Laurati  Pittor  Senese  rammenta  come  di  lui  di- 
scepolo un  Bartolomeo  Bologhini  Senese,  e  dice  che  dipin- 
geva intorno  agli  anni  1350,  ma  il  Meo  di  cui  parliamo  era 
già  Pittore,  e  ascritto  alla  Cittadinanza  di  Perugia  l'anno 
1319,  e  dev'essere  diverso,  e  più  vecchio  del  Bologhini    (*). 

Il  suo  dipingere,  ed  il  colorito  mostrano  che  fosse  per 
quei  tempi  valoroso  Dipintore.  Nel  coro  veggonsi  due  altre 
tavole  parimenti  fastigiate,  in  una  delle  quali  vi  è  dipinto 
S.  Pietro  colle  chiavi  nella  mano  destra,  e  pastorale  nella 
sinistra,  vestito  di  piviale,  con  mitra  in  capo  fregiata  a  guisa 
di  corona.  L'altra  rappresenta  un  S.  Paolo  con  la  testa  ri- 
calvastra  tenente  un  Libro,  e  la  spada  colla  punta  in  su. 
La  sua  fisonomia  sembra  presa  da  più    antiche   Immagini 


(I)  Qaesta  tavola,  divisa  in  molte  parti,  sta  oggi  nella  Pinacoteca  Vannucci  a  Pe- 

ragia.  Cfr.  Lu.ppatcu.i  A.  Catalogo  dei  quadri  che  si  conservano  nella  Pinacoteca 

Vannucci»  Perugia,  1885,  pag.  6.  Guardabassi  M.  Indice  Guida  ecc.  dei  monumenti 

pagani  e  cristiani  dell'Umbria,  Perugia,  1873,  pagg.  333.  Cuovie  ^  Ch\AU:Anu.z* 

Storia  delta  pittura  italiana,  Firenze,  1875,  voi.  I,  pag.  383-284. 


542  MICHELE  FALOCI  PULIGNAMI 

fatte  secondo  i  lineamenti  descritti  da  antichi  Scrittori^  e  se- 
condo le  forme  delle  Pitture  Cimiteriali^  e  antichi  Sarcofagi 
In  Sagrestia  conservasi  un^  antico  pastorale  d' avorio^  avente 
nella  parte  ricurva  un  agnello^  qual  figura  è  anche  nella  fac- 
ciata della  Chiesa  e  nelle  insegne  del  Monastero  in  segno 
d^  immediata  dipendenza  dalla  Santa  Sede. 

In  uno  dei  Controforti  del  lato  esteriore  della  Chiesa 
dalla  parte  delP  antico  Claustro  vi  è  scolpita  la  seguente 
Iscrizione 

ANNO  DNI  MCCCXVIU.   hoC  FIE- 
RI FECIT  OPVS  VENERABILIS 

ABBAS  vGviTio    D^  ES   4*   (  de  S.  Cruce  ) 

In  un  Capitello  delle  Colonnette  del  Chiostro  nel  piano 
inferiore  vi  è  quest'altra  Iscrizione  mancante  però  per  la 
rottura  di  una  parte  del  capitello  medesimo 

4*   ISTIVS  ORATOR  OPERIS  FVIT  EDI 
Bl  SVPLICVS  ORA 

I  caratteri  sono  Romani,  e  quelP  Orator  è  il  nome  non 
già  dell'Architetto,  ma  dell'Abbate,  che  ordinò  l'opera,  di 
cui  fassi  menzione  in  una  pergamena  dell'Archivio  da  me 
veduta  del  1205  ^^  ^  ^^^  donazione  che  fa  Domnus  Orator 
Abbas  Monasteni  S.  Martae  Vallis  Pontis  consensu  etc. 

Sicché  il  Chiostro  è  fabbrica  o  della  fine  del  secolo 
XII,  o  dei  principi  del  XIII  ('). 

Di  queste  antiche  Pergamene  ne  viddi  pieno  un  baul- 
letto,  che  possono  somministrare  molte  belle  notizie,  ma 
nella  brevissima  mia  dimora  di  un  giorno  o  due,  non  ebbi 
tempo  di  svolgerne  che  pochissime,  e  fra  queste  una  del 
1070.  Imper.  Arrigo  IV.  7.  Id.  Octobris  :  Ugo  Marchio 
FU.  quandam  Raginerii  Marchionis  etc.  Notajo  Boniio  (*). 


(1)  Di  questa  chiesa  e  di  questo  couTento»  vedasi  il  cenno  dato  dal  Guardabassi 
op.  cit.  pag.  330-331. 

(3)  Queste  pergamene  oggi  ti  conservano  nella  biblioteca  Comunale  di  Perugia. 


j 


l'odeporico  DELL^ABB.   di   COSTANZO  543 


IL  Umetta  Etrusca 

Nel  medesimo  Chiostro  osservai  una  piccola  urna  antica 
incastrata  da  circa  600  anni  nel  pilastro  in  faccia  all^  antico 
Capitolo^  ed  è  di  pietra  di  travertino  con  ornati^  e  con  basso 
rilievo  nel  mezzo  di  tre  figure^  una  d'uomo  quasi  ignudo^ 
che  poggia  un  ginocchio  sopra  un'  ara^  ed  ha  una  palma  in 
mano  ;  la  seconda  di  una  donna  in  veste  lunga^  che  con  am- 
be le  mani  stringe  o  un  Palladio^  o  un  parazonio  dirigendosi 
alla  suddetta  Figura  ;  la  terza  è  di  uomo  con  veste  succinta 
ai  lombi^  e  porta  una  mano  sulla  spalla  della  Donna.  Non 
dubito  che  sia  urna  Etrusca  simile  a  molte  altre  presso  il 
Demstero,  il  Gori^  e  il  Passeri,  dai  quali  può  trarsene  il 
significato,  ma  specialmente  si  osservi  la  Tav.  81  N.  2  del 
Bonarroti,  (  cui  molto  si  assomiglia  questo  basso  rilievo  )  e 
le  sue  spiegazioni,  e  congetture  nel  T.  IL  deir  Etruria  Reg. 
del  Demstero,  e  quelle  del  Passeri  più  probabili  al  T.  IIL 
della  medesima  Opera  —  Non  potei  conoscervi  una  distinta 
Iscrizione,  ma  parvemi  di  vedere  qualche  vestigio  di  lettere 
a  mano  destra  in  un  piccolo  specchio  dell'  ornato.  E  giacché 
ho  rammentato  un  monumento  da  me  creduto  Etrusco,  non 
voglio  tralasciare  di  qui  aggiungere  una  Iscrizione  Romana 
si,  ma  di  Famiglie  Etrusche,  come  si  mostrano  dai  nomi 
Gentilizj,  e  dal  luogo  dove  fu  trovato  detto  Marradi  nei 
confini  della  Etruria  circa  l'anno  1792  dal  dotto  Sig.  Av- 
vocato Fabrini,  che  me  ne  mandò  la  copia  seguente. 

vrv. 

e.   CALESTERNAE   C.   F. 

PATRI 

TRABENNIAE   L.   F. 

TANNIAE  MATRI 

SEX.   CALESTERNAE  C.   F* 

FRATRI 

C.  CALESTERNA  C.   F.  FECrT. 


544  MICHELE  FALÒCl  PULIGKAKl 

La  Gente  Calesterna  non  si  trova  nelle  Collezioni  del 
Grutero,  del  Reinesio,  del  Fabretti,  del  Muratori.  La  Tannia 
è  conosciuta  in  molte  Collezioni  specialn^ente  fra  le  Iscrizioni 
di  Etruria  sì  Etrusche,  che  Romane.  La  Trabennia  sarà  forse 
la  stessa  con  la  Tarbennia,  o  Tarfennia  altronde  già  note, 

IIL  Farnelo  San  Giustino 

Passando  pel  Farneto  entrai  in  uria  vecchia  Chiesa  sot- 
to il  titolo  di  San  Giustino  Monaco^  e  Martire  con  un  Sot- 
terraneo dove  per  altro  non  mi  venne  osservata  alcuna 
cosa  notabile;  solamente  nell'annessa  abitazione  lessi  una 
Iscrizione,  che  appartiene  ad  un  Commendatore  della  Reli- 
gione Gerosolimitana  per  quanto  posso  argomentare  dalla 
Croce  frammezzata  al  Cognome  Baschius  a  questo  modo 

CELIDONIVS 

BASC^HIVS 

DE     CERNIA  NO 

Vivea  questo  Celidonio  Baschi  circa  il  1510 ,  e  prese  il 
Cognome  ancora  di  Camiano,  eh'  era  un  Castello  oggi  di- 
ruto, da  cui  era  denominata  una  nobile  famiglia,  della  quale 
l' ultima  donna  superstite  entrò  in  Casa  dei  Conti  di  Baschi, 
e  portò  seco  V  eredità,  ed  il  Cognome. 

Il  Castello  di  Baschi  è  nel  Territorio  di  Todi  unito  al 
lenimento  di  Carniano  passato  per  eredità  nelle  due  Fami- 
glie de'  Francisci  di  Todi  e  dei  Mazzanti  di  Orvieto.  Nel- 
1'  Archivio  di  S.  Fortunato  dì  Todi,  e  in  varie  altre  memo- 
rie della  Città  medesima,  si  hanno  molte  notizie  della  Famiglia 
dei  Baschi 

Essere  stata  questa  Chiesa  un  antico  Monastero  di  Mo- 
naci senza  cercarne  altre  prove  lo  dimostra  un  antico  Sigillo , 
che  mi  fu  recato  passando  per  quel  luogo,  dalla  solita  for- 
ma ovale,  di  cui  riporto  il  disegno  nella  Tav.  ...  al  N.** 
U  Iscrizione  d' in  tomo  in  caratteri  Teutonici  è  questa  che 
siegue 

S.  CONVENTVS  MONASTERU  S. 
IVSTINI  DE  ARNO  PERVSINAE 
DIOCES. 


L*  ODEPORICO   DELL^BB.  DI  COSTANZO  345 

IV.    Tavole  Eusuhine 

Due  giorni  mi  trattenni  in  Gubbio  alloggiato  nel  Mona- 
stero di  S.  Pietro  dei  PP.  Olivetani,  e  in  compagnia  dell'  eru- 
ditissimo Cavaliere  Sig.  Sebastiano  Ranghiasci  andai  subito 
a  vedere  le  famose  Tavole  Eugubine  monumento  in  bronzo, 
antico,  letterato,  il  più  prezioso  che  sia  in  tutta  Italia,  ed 
anco  in  tutta  Europa.  Si  conservano  queste  Tavole  nel  pub- 
blico Palazzo,  tedesco  edifizio,  ma  nobile,  solido,  e  grandioso, 
e  si  custodiscono  in  uno  stanzino  sotterraneo  con  porte  di 
ferro,  dove  non  si  può  penetrare  senza  V  intervento  dei  Capi 
del  Magistrato.  Non  dico  di  più  di  si  rispettabile  monumento 
noto  a  tutti ,  e  da  tanti  valenti  uomini  celebrato,  inciso  ed 
illustrato  per  quanto  permette  V  oscurità  della  Lingua  Umbra 
in  cui  è  scritto  (*).  In  una  Sala  superiore  del  Palazzo  pub- 
blico vi  è  una  fontanella  oggi  secca  con  questa  Iscrizione 
«  Curatus  fons  anno  a  Deo  nato  xxx  supra  ecc.  olymp.  po- 
strid.  Id.  *  Aprii.  »  epoca  capricciosa  che  dà  1^  anno  1320. 
dell'  Era  Volgare  {'). 

Quivi  acquistai  un'  antico  Anello  cristiano  signatorio 
di  ferro  trovato  fuori  di  Città,  che  nel  Gastone,  o  picciola 
laminetta  annessa  (  pala  )  avea  incisi  i  due  Nomi  petrvs 
PAVLVS.  Non  lasciai  di  salire  sul  monte  dove  giace  il  de- 
posito dell^  insigne  Vescovo  S.  Ubaldo,  e  ne  venerai 
il  Corpo,  che  conservasi  intero  di  statura  assai  vantaggiosa. 
Neil'  antico  Monastero ,  oggi  degli  Olivetani,  non  potei  ve- 


(i)  Di  questo  celeberrimo  monumento  sarebbe  fuor  di  luogo  accennare  la  lunghis- 
sima serie  di  quegli  studiosi  che  lo  spiegarono  o  tentarono  di  farlo.  Teste  è  stato  pul>- 
blicato  il  contratto  di  comprila  di  queste  tavole  fatto  nel  1456  dal  comune  eugubino. 
GuMpAOLi  L.  5.  Ubaldo  canonico  regolare  lateranense  ecc.  Memoria  storica.  Rocca 
S.  Casciano,  1885,  voi.  1,  pag.  161-164»  399-400. 

(a)  Vedasi  questa  iscrizione  iu  Mabcolini  C.  Notizie  storiche  delle  Provincie  di 
Pesaro  e  Urbino,  Pesaro,  1S84,  pag.  137.  Essa  dice  : 

CVRATVS  •  FONS  •  AN  •  A  •  DEO  BIBE  •  ABLVE  :  SPECTA  •    ME 

NATO  :  XXX  :  SVPRA  •  C  •  C     C  IN  •  LOCO  :  PROBES  :  LICET  • 

OLYMH  •  POsTR  :  ID  ;  APRIL  : 

Archivio  Storico  II.  35. 


J4^  MICHELE  FALOCI  PULIGNAKI 

dere  ne  T  Archivio^  né  la  Libreria;  viddi  bensì  vicino  al 
Chiostro  un  bel  Sarcofago  di  marmo  candido  con  bassi  ri- 
lievi di  buon  disegno  rappresentanti  i  misterii  Bacchici  con 
uno  scudo  in  mezzo  del  soggetto^  a  cui  serviva^  ma  senza 
alcuna  Iscrizione.  E  stato  inciso  ed  illustrato  dal  celebre 
G.  B.  Passeri  e   pubblicato  colle  stampe. 

V.  Calendario  gentilesco  antico. 

Nelle  Camere  del  P.  Abate  trovai  ì  Fasti  di  Ovidio 
delle  prime  stampe  con  un  antico  Calendario  scritto  a  pen- 
na al  principio  del  Libro^  come  solevasi  fare  dai  vecchi  nei 
manoscritti  dei  Fasti  di  Ovidio.  Il  Calendario  contiene  i  primi 
6  mesi  da  Gennaro  a  Giugno  con  i  giorni  assegnati  alle  varie 
Feste ,  giuochi  e  memorie  dei  Gentili.  Un  consimile  Ca- 
lendario è  riportato  nel  Tesoro  di  Grevio,  e  Gronovio  T. 
Vili.  p.  90,  con  cui  si  può  confrontare  questo  nostro,  che 
ho  fatto  trascrivere,  e  a  tale  effetto  qui  lo  soggiungo,  aven- 
dovi  trovato   qualche  varietà  (*). 

k1.  lanuarìi  .  Festam  lovis,  et  Esculapii. 

luj.  Non. 

nj.  Non. 

II.  Non. 

Nonis.  Lyra  òritur. 

vui.  Id.  Dies  ater. 


(1)  Le  indictzioni  raccolte  in  qoesto  Calendario  noa  fono  altro  che  un  grossola- 
no ed  incompleto  riassunto  dei  commentarit  di  Ovidio  ai  Fasti:  e  rappresentano  q aindi, 
in  certo  modo,  la  tabula  f attor um  illustrata  nei  sei  libri  di  Ovidio.  Di  siffatto  testo 
si  conoscono  parecchie  recensioni,  soggiunte  sempre  ai  libri  Ovidiani,  in  codici  d' ogni 
età,  dal  secolo  iX  al  XV.  Il  Merkel  (  P.  Ovidii  Nasonit  Fastorum  libri  sex.  Bero- 
Hnt.  1841,  pag.  LUI  e  seg.  )  ne  ha  pubblicato  le  principali,  che  fra  loro  variano  no- 
tevolmeote.  Il  testo  presente  si  avvicina  in  parte  a  quello  che  il  Merkel  ha  notato 
con  la  lettera  B,  dipendente  da  un  codice  Berlinese  del  sec.  XV ,  ed  in  parte  a  quello 
aegnato  £,  della  biblioteca  di  Monaco.  É  però  assai  scorretto;  e  talora  si  trovano  scon- 
Tolte  e  trasposte  le  annotazioni  ai  singoli  giorni.  Vi  è  anche  qualche  aggiunta  apecia- 
Ity  che  manca  nelle  altre  recensioni:  come,  ad  es.,  quella  del  giorno  8  di  Aprile:  <*  Vi- 
de Titum  Livium  lib  g.  De  tecundo  bello  punico  „  ;  e  l'altra  al  17  di  Giugno:  "  Pur- 
gamenta  Vestae  proiiciuntur  in  Tiberini  ,,  ,  che  è  desunta  dai  v.  707,  708  del  li- 
bro VI  di  Ovidio  e  che  avrebbe  dovuto  indicarsi  al  giorno  15  delio  stesso  mese. 


L*  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO       547 

VI.  Id. 

y.  Id.  Agonalia  lani.  oritur  Delphinus. 

IV.  Id.  Medìetas  hyemis. 
III.  Id. 

Prìdie  II  Id.  Carmentalia,  et  Festum  lutumae. 

Id.  Sacri fìcium  lovis.  Octavianus  Augustus  dictus. 

xviiii.  Kdas.  Feb. 

xvin.  Kdas.  Feb. 

xvii.  Kdas.  Festum  Carmendis  porimae  post  veste. 

XVI.  Festum  Nisi  Templum  Concordiae  Festum. 

XV.  K.  Sol  in  aquario. 

xiui.  K. 

XIII.  K. 

XII.  K. 

XI.  K. 

X.  K. 

vim.  K, 

vili.  K.  Occidit  Lyra. 

VII.  K.  Occidit  Pectus  Leonis. 
VI.  Festum  Pollucis,  et  Castorìs. 

V.  K. 
un.  K. 

lu.  K.  Festum  Pacis.  Equina  in  Campo  Martio. 
u.  Prìd.  Kdas. 


Kdas.  Feb.  Festum  Sospitae,  et  Syllae  celebratur  lovi  de  bidente  sacri- 
ficium.  Sacrifìcium  Plutoni  et  Proserpinae. 

IV.  Non.  Lira  occidit  Cronicae,  et  Leo  cosmicae. 
m.  Non.  Delp.  occidere  incipit. 

II.  Non. 

Nonis.  Augustus  Pater  Patrìae  dictus.  Aquarius  occidere  incipit. 

vui.  Id. 

vn.  Id. 

VI.  Id. 

V.  Id.  Initium  Veris. 
IV.  Id. 

iiL  Id.  Boodes  oritur. 

II.  Id.  Nefastus  dies  Fabiorum. 

Id.  Festum  lovis  et  Fauni. 

XVI.  Kal.  Martii  Corvus,  Anguis  et  Crater  oriuntur. 

XV.  Kdas.  Faulus  (?)  in  Lupercis  colitur. 

XIV.  K.  Aura  routatur.  Occidit  Aquarius.  Sol  in  piscibus. 

XIII.  K. 

XII.  K.  Festum  Quirini.  Placatio  Animarum,  sacra  tacite. 


54$  MICHELB  FALOCl  PULIGNANI 

VU.  Id. 

XI.  K.  Caristia. 

X,  K.  Festum  Termini. 

viv.  K. 

vili.  Kdas. 

VII.  Kdas.  Fuga  Tarquinii  Reg.  Rom. 

VI.  Kdas. 

V.  Kdas. 

rv.  Kdas. 

ui.  Kdas.  Equina  in  Campo  Martio. 

n.  Kdas. 


Kdis.  Martii.  Fèstum  Martis  —  Ancilia  feruntur,  nec  bonum  est   nu- 
bere. 

VI.  Non. 

V.  Nonas.  G>nditur  alter  piscium. 

IV.  Nonas. 

in.  Nonas.  Artofilax  Rigidus,  et  Vindemitor  orìtur.  Cadetra  lulii.  Fe- 
stum Vestae.  Augustus  fàctus  Pontifex. 
Nonis.  Festum  Ve  lovis. 
vm.  Id.  Orìtur  Pecasus  Aqus. 
vn.  Id. 

VI.  Id.  Orìtur  Arìannis  Corona. 

V.  Id. 

iv.  Id.  Altera  Aquiria. 

m.  Id. 

n.  Id. 

Idibus  Festum  lovis,  et  Annae  Perennae.  Caesar  interfectus  a  Bruto. 

XVII.  Kal.  Scorpius  oritur.  Liberalia. 

XVI.  Kal.  Milus  oritur. 

XV.  Kal. 

XIV.  Kal.  Quinquatrìa  Minervae. 

XIII.  Kal. 

XII.  Kal. 

XI.  Kal.  Sol  in  Ariete 

X.  Kal. 

IX.  Kal. 

VUL  Kal.  Aequinoctium  Vernale. 

viL  Kal. 

VI.  Kal. 
V.  Kal. 

IV.  Kal.  lani,  Concordiae,  Salutis  et  Pacis  festum. 

tu.  Kal. 

II.  Kal.  Festum  Lunae. 


L*  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  549 

Kdis.  Festum  Venerìs,  et  Virìlis  Fortunae.  Scorpius  occidit. 

IV.  Nonas.  Plejadcs  occidunt. 
in.  Nonas. 

II.  Nonas. 

Nonìs  Festum  Cibelis  Matrìs  Deorum. 
vili.  Id.  Festum  Fortunae  Pub." 
VII.  Id. 

VI.  Id.  Occidit  Orion,  et  fiunt  Ludi.  Victus  est  luba  ab  Augusto.  Vide 
Titum  Livium  lib.  9.  De  secundo  bello  punico.  De  Festo  die  Matris  Deorum. 

V.  Id.  Festum  Cereris. 

IV.  Id. 
ui.  Id. 
u.  Id. 

Idibus  Festum  lovis  Victorls.  Mutina  vincitur. 

xviii.  Kal.  Maii.  Solet  grandinare.  Caesar  triumphavit  Mutinae. 

XVII.  K.  Telluri  di  sacrificium. 

XVI.  K.  Victoria  Augusti  contra  Antonium.  Hiades  occidunt. 

XV.  Kal. 

XIV.  K.  Equinria,  et  combustio  Vulpium. 

xiii.  K.  Sol  in  Tauro.  Dies  Naulis  Vrbis  Romae. 

XI.  KaL  Festum  Palis. 

X.  Kal.  Vinalia  festum  Vefi.  et  lovis. 

IX.  KaL 

vur.  KaL 

VII.  Kal.  Medietas  Veris,  occidit  Aries.  Oritur  Cancer  Festum  Rubi- 
cinij. 

VI.  KaL 

V.  Kal. 

IV.  KaL 
in.  KaL 
II.  KaL 

Kdis.  Maii.    Oritur   Amalthea   Capra  :  ara   ponitur   Laribus.  Sacra 
Bonae  Deae. 

VI.  Nonas.  Hyades  oriuntur.  Ludi  flore. 

V.  Nonas. 

IV.  Nonas. 
m.  Nonas. 

II.  Nonas.  Oritur  Chiron. 

Nonis. 

vm.  Id. 

vu.  Id.  Lemurìa  non  est  bonum  nubcre. 

VI.  Id.  Occidit  Orlon. 

V.  Id. 


1 


550  MICHELE  FALOCI  PULlGKAHl 

iv.  Id. 

III.  Id. 

II.  Id.  Plejades  apparent. 

Idibus  Orìtur  Taurus.  Scirpea  Simulacra  mittuntar  in  Tiberim. 

xvn.  Kal.  lunii. 

xvL  Kal. 

XV.  Kal.  Sol.  in  geminis. 

XIV.  Kal.  Festum  Mercurii. 

xin.  Kal.  Fiunt  Agonalia  lani. 

xu.  Kal.  Orìtur  Canis. 

XI.  Kal.  Festum  Vulcani. 

X.  KaL 

IX.  Kal. 

vili.  Kal.  Mos  sacronim.  Fuga  Reg.  Tarquinii. 

VII.  Kal.  Datum  est  Fortunae  pubblicae  Templum. 

VI.  Kal.  Orìtur  Aquila.  Occidit  Boodes. 

V.  Kal  Orìtur  Lira. 

IV.  Kal. 

III.  Kal. 
u.  Kal. 


Kalendis  lunii  (sic),  Festum  lunonis  Carnae  monetae  Matris  (sic). 

IV.  Nonas  Apparent  Yades. 
lu.  Nonas. 

n.  Nonas  Festum  Bellonae.  Templum  factum  Erculi.  Festum  Tem- 
pestatis. 

Nonis. 

vili.  Idus. 

vu.  Idus.  Arturus  non  videtur.  Ludi  Tiberìs  fiunt.  Non  est  bonum 
nubere. 

VI.  Id.  Oritur  Delphin. 

V.  Id.  Festum  lunonis,  et  Fortunae,  et  Concordiae. 
IV.  Id.  Matronalia  fiunt. 

m.  Id. 
II.  Id. 

Idibus.  Templum  lovb  factum  est. 
XIX.  Kal.  lulii  Fesmm  PaUadis. 
xviu.  Kal. 
XVII.  Kal. 

XVI.  KaL  1  .  .  .  Purgamenta  Veste  proiiciuntur  in  Tiberim.  Se- 
cimdus  Vertus.  Orìtur  Orìon. 

XV.  Kal.  Delphin  apparet  Sol  in  Cancro.  Festum  Palladis. 
XIV.  Kal.  Fest.  Sumali. 
xiiL  Kal.  Orìtur  Esculapius. 


L^  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  55 1 

xu.  KaL 
XI.  J^ 
X.  Kal. 

IX.  Kal.  Flaminius    •    •    .    .    Asdrubal  iaterfectus.  Festum  Fortis 
Fortunae. 

vin.  Kal. 

VII.  KaL  Laribus,  et  Statori  Tempia  fiunt  Syphax. 

VI.  KaL  Latet  Zona.  Solstitium. 

V.  KaL 

IV.  KaL  Templum  Quirino  factum.  Orìon  apparet 

ni.  KaL 

IL  Kal.  Festum  Erculis,  et  Musarum. 

VI.  Badia  delV  Avellana 

Da  Gubbio  con  viaggio  alquanto  disastroso  fra  i  monti 
Appennini^  e  balze  mi  portai  alla  celebre  Abbadia  della  A- 
vellana  da  dove  sono  usciti  varii  Santi  Vescovi^  e  celebre 
eziandio  pel  soggiorno  fattovi  da  S.  Pier  Damiani  ^  e  pel 
ritiro  di  Dante  Alighieri  ('). 

Sperava  perciò  di  trovare  memorie  in  gran  numero  , 
ma  non  trovai  quasi  nulla  di  antico  sia  in  Fabrìche^  sia  in 
Carte  e  Codici,  e  neppure  qui  potei  vedere  l'Archivio,  di- 
cendomi quei  buoni  Monaci  che  tutto  era  stato  tolto  ,  e 
trasportato  alla  Badia  di  Classe  di  Ravenna.  Viddi  soltanto 
quel  Labaro  in  ricamo  con  lettere  greche  già  publicato, 
ed  illustrato  da  varii  Autori,  come  negli  Annali  Camaldo- 
lesi si  può  riscontrare.  Nel  Campanile  lessi  incisa  la  memo* 
ria  seguente. 

AN.  MCCCCLXXXIII.  TPRE  R.  D. 
D.   IVL.   CARD.  S.  PETRI  AD  VINC. 
COM.  HOC  OPVS  FÉ.  FI.  DOPNVS 

LODO.   IO  DEELOO  CVM  ALIIS 
MOHAC. 


{1}  Oltre  gli  Annali  dei  dotti  ptdri  Mittarelli  e  Costadooi  yedi  :  Fasulli  P.  CrO' 
naca  dtW  Abbaiia  di  5.  Croce  della  Fonte  dell*  Avellana,  ecc.  Siena,  Qoiiua,  1603. 


5)2  MICHELE  FALOCl  PUUGNANt 

Domandai  se  vi  era  alcuna  memoria  di  Dante ,  e  del 
tempo  in  cui  ivi  capitò^  e  della  sua  abitazione^  ma  nulla  mi 
seppero  dire^  e  solamente  mi  mostrarono  una  stanza  nel 
dormitorio^  che  si  credeva  per  tradizione  abitata  da  Dante 
senza  però  vestigio  alcuno,  né  alcuna  antica  memoria  che 
ivi  fosse  veramente  alloggiato.  Nelle  stanze  della  Foresteria 
vi  è  un  busto^  e  una  iscrizione  che  contestano  il  soggiorno 
di  Dante  in  questo  Monastero^  ma  sono  monumenti  mo-- 
dernissimi  (').  Nella  mensa  di  un  Altare  della  chiesa  a  man 
diritta  osservai  in  caratteri  semigotici  questa  iscrizione  in 
lingua  volgare. 

(EIO:   SUR.   QU(E  ^^M  LACENI.  NONO.   P. 

I(ETA     VCER  i  VNA. 

AL.  AL  TOLO  I  DCE  MARIA 

S  BLA  jl  SIUS 

da  leggersi  presso  a  poco  «r  Io  Surqualaeni  non  ho  pietà 
veruna  all'alto  lode  Maria.  S.  Blasius  j»  Non  so  raccapez- 
zarne altro. 

VII.  Monte  Calria 

Al  ritorno  feci  un'  altra  strada  meno  disastrosa  passan- 
do pel  Monte  Cairia  celebre  nella  storia  di  S.  Romualdo 
scritta  da  S.  Pier  Damiani^  e  celebrato  dal  Sovrano  Poeta 
in  due  vaghissime  terzine  del  Canto  XXI  del  Paradiso. 

»  Tra  due  liti  d' Italia  surgon  sassi 
»  E  non  molto  distanti  a  la  tua  Patria 
»  Tanto  eh*  i  troni  assai  sonan  più  bassi: 

»  E  fann*  un  gibbo,  che  si  chiama  Catrìa 
)»  Disotto  al  quale  è  consacrato  un'  Ermo 
D  Che  suol  esser  disposto  a  sola  Latria. 


(i)  I  moltissimi  autori  che  hanno  parlalo  di  Dante  e  delU  sua  dimora  ali*  Avellana 
e  a  Gubbio  sono  citati  dal  Mazzatinti  :  Bosone  da  Gubbio  e  ie  tue  opere  negli  StU" 
di  di  Filologia  Romania.  Roma,  1885,  voi.  I.  pag.  381,  aSa. 


L*  ODEPORICO  DELL  ABB.  COSTANZO        $$^ 

Quivi  visitai  un  antico  Oratorio  santificato  colla  peni- 
tenza del  Santo  Abate  Romualdo,  e  dei  Solitari  suoi  disce- 
poli, e  ripassando  da  Gubbio  mi  avviai  verso  la  Scheggia, 
e  lungo  la  strada  a  man  destra  ricopiai  questa  Iscrizione, 
che  forse  non  mancherà  nelle  Collezioni. 

e.   MAESIO 

e.  F.    LEM. 

RVFINO 

VIX.   ANN.   XIX 

C.   MAESIVS. 

PLOTIDIANVS 
FIL.   PIISSIMO. 

Vili.  La  Fratta.  Monte  Corona 

Volendo  visitare  il  S.  Eremo  di  Monte  Corona  passai 
per  la  Fratta,  Terra  della  Diocesi  di  Città  della  Pieve,  (*)  ma 
dipendente  dal  Governo  di  Perugia,  e  quivi  nel  Chiostro 
dei  PP.  Minori  Osservanti  viddi  incastrata  nel  muro  in  tre 
pezzi  1^  iscrizione  di  Q.  Petronio  Bi^onio  che  è  un  bell'E- 
pigramma diretto  all^Amico  defunto  da  un  C.  Hahius  la^ 
nuarius  (').  Non  la  ricopiai  perchè  è  riportata  nelle  collezioni 
Lapidarie.  Salito  a  Monte  Corona  visitai  i  Romitorii ,  e  le 
Celle  di  quei  Santi  Solitarii  e  mi  trattenni  specialmente  con 
il  P.  D.  .  .  Marini  curvo  sotto  il  peso  degli  anni,  e  del- 
le penitenze,  ma  ilare,  e  di  dolcissima  conversazione  e  vi- 
vacità di  spirito,  il  quale  era  stato  già  Monaco  Cassinese 
nel  Monasterio  di  S.  Giustina  di  Padova,  e  da  Giovinetto 
chiamato  a  vita  più  raccolta,  ed  austera,  era  passato  all'  E- 
remo  di  Monte  Corona.  Visitai  la  Celletta  di  un  Santo  E- 
remita  per  nome  D.  Emiliano  di  Fabriano  Monaco  Camal- 


(i)  Ciò  è  inesatto  :  la  Fratta  fa  parte  della  Diocesi  di  Gubbio. 
(2)  GuERRim  A.  Storia  delia  terra  di  Fratta ,  ora   Umbertide,  Umbertlde,  tip. 
Tiberina,  1883. pag   23. 


554  MICHELE  FALOCl  PCUOllAMi 

dolese  morto  nel  1779  dopo  essere  stato  24  anni  recluso 
entro  le  angustie  di  quella  Celletta.  U  suo  venerabile  ri- 
tratto è  riportato  fra  i  rami  al  N.  .  Nella  Sagristia  viddi 
un  Codice  in  4.°  MS.  col  titolo  —  Incipit  Liber  de  Regimi- 
ne Regum,  et  Principum  editus  a  Fratre  Egidio  Romano 
Fratrum  Heremitarum  Ord,  S.  Aug.  —  e  un  altro  stam- 
pato —  Petri  Delfini  Veneti  Prioris  Sacrae  Heremi^et  Ge- 
neralis  totius  Ordinis  Camaldulensium  Epistolarum  Volu- 
men.  Venetiis  1524  in  4.® 

§.  n.  CITTÀ  DI  CASTELLO 

I.  Il  Duomo  edificio  grandioso  disegnalo  da  Bramante 

con  pitture  di  Marco  Benefiale 

Da  Monte  Corona  mi  condussi  a  Città  di  Castello  do- 
ve visitai  il  Duomo^  bellissimo  Tempio  con  vasto  sotterra- 
neo disegno  del  Bramante^  e  con  belle  pitture  nella  Tribu- 
na di   Marco  Benefiale. 

IL  Codicetto  del  Sec.  XII  con  annesso  un'  antico 

Calendario  e  Necrologio 

Nell^  Archivio  della  Cattedrale  si  conservano  molte  per- 
gamene^ che  non  ebbi  campo  di  osservare,  e  solamente 
viddi  un  Codicetto  della  metà  del  Sec.  XII.  delle  regole 
della  vita  Canonicale,  di  cui  molto  ne  ha  parlato  il  Card. 
Garampi  nelle  sue  memorie  della  B.  Chiara  da  Rimini.  Os- 
servai pure  un  Calendario  dello  stesso  secolo,  e  vi  notai 
III.  Cai.  Mai  S.  Torpetis  Martiris  .che,  come  congetturo, 
è  s.  Tarpate  Martire  di  cui  si  fa  menzione  negli  an- 
tichi Martirologii,  e  nel  Romano  specialmente  sotto  il  dì  17 
di  Maggio.   Vi  è  annesso  anche  un  Necrologio,    ove  è 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.  Di  COSTANZO      555 

notata  la  morte  di  Celestino  II  e  di  Ubaldo  il  S.  Vescovo 
da  Gubbio  con  carattere  contemporaneo  (*). 

§.  IIL  AREZZO 

I.  Mss.  della  Badia  di  S.  Flora  e  Lucilla 

appartenente  a  Girolamo  Aleotti 
Letterato  del  secolo  XV^  e  Abate  di  S.  Flora 

Trovandomi  non  molto  lontano  da  Arezzo  volli  fare 
una  scorsa  iSno  a  quella  Città,  ove  mi  trattenni  circa  due 
giorni  nella  Badia  dì  S.  Flora  e  Lucilla,  nel  cui  Archivio 
viddi  V  autografo  delle  Lettere  di  Girolamo  AUeotti  Abbate 
della  stessa  Badia  noto  Letterato  del  Secolo  XV,  che  furo- 
no pubblicate  con  le  Stampe  dal  benemerito  P.  A.  Gabriele 
Scarmaglia  Abbate  del  detto  Monastero.  Mi  passò  anche 
per  le  mani  un'  altro  volume  Ms.  col  titolo  —  Liber  Hie- 
ronimi  Aleotti  Abbatis  S.  Florae  etc.  In  hoc  Volumine  con- 
tinentur  infrascripta,  videlicet.  — 

«  Oratio  M.  Basilii  de  Invidia.  Transi.  Nic.  Perotti. 

«  Rufus  Sextus  de  rebus  gestis  P.  /?. 

(r  Oeconomicum  Aristotelis.  Transt.  Leon,  Aret 

«  De  Cura  rei  familiaris  B.  Bernardi.  Opusculum. 

a  Epistola  quaedam  Guarirti  Veronensis. 

et  Hisioria  de  Sacerdotio  Xsti.  Transt.  Ambr.  Camald. 

a  Invectio  Florentinorum  in  Sixtum  P.  M. 
—  Questa  invettiva  mi  figuro  che  sia  quella  pubblicata 
dal  Mansi  nell^  Appendice  al  Tomo  I.   della  Miscellanea  di 
Baluzio.  — 


(1)  Tanto  le  Regole,  quanto  il  Calendario  furono  pubblicati  interamento  dal  Muzzi 
G.  Memorie  ecclesiastiche  e  civili  di  Città  di  Castello,  Ivi,  Donati,  voi.  L  p.  1843. 
pag.  125-  15 S  :  voi.  Ili,  p.  1843,  P*  >59-i7Q'  Questo  codice  esiste  ancora  nell'  Archi- 
vio Capitolare. 


5S^  MICHELE   FALOCI  PULIGNAKI 

«  De  Re  militari.  Leon.  Aret 

«  Epistola  Francisci  Petrarchae  ad  Io  :  Aretinum. 

a  Tabula  Tancredi  Io  :  Boccaccii  per  Leonem  Aretinum. 

a  e  vulgari  in  Latinum  traducta. 

ff  Invectio  in  Pium  P.  M. 
Tanto  questa  invettiva,  quanto  la  sopradetta,  la  prima 
di  8  fogli,  la  seconda  di  6  sono  state  strappate  dal  Codice,  e 
solamente  rimane  una  mezza  pagina  del  fine  della  seconda, 
e  vi  è  stato  notato  così  »  dicitur  hanc  invectionem  edidisse 
ce  Callimachus  quidam  de  Sancto  Germano ,  quem  ipse  non 
«  novi  »  La  nota  è  dell' Ab.  AUeotti  possessore  del  Libro. 

flf  Franciscus  Petrasancta  MedioL  de  opibus  Xnae  Religionis. 

«  Historiarum  Populi  Fiorentini  Frammenta. 

a  Francisci  Petrarchae  Epa  ad  La^arum  Aretinum.  » 


II.  Epitaffio  di  Scipione  de  Mainentibus  Vescovo 
di  Modena,  Satira  di  Gio;  Aurispa  Siculo  Letterato 

del  Secolo  XV. 

Nella  coperta  del  Codice  sopradetto,  che  contiene  le 
Lettere,  e  le  Orazioni  dello  Allotti,  vi  è  un  Epigramma 
col  titolo  seguente  —  Scipionis  Epi.  Mutinensis  Epithaphium 
per  Ioannem  Aurispam  Siculum  — 

«  E  puero  studui  sapiensque  bonusque  videri 

a  Tors  vetuit:  Scipio  Mutinae  Praesul  eram. 
«  Concepì  majora  anime:  nam  tempora  rubro 
«  Omarem  ut  pileo  spes  mihi  carta  fuit. 
«  Nec  desperabam  prima  me  sede  potiri 

«  Credideram  et  nomen  ponere  in  astra  meum. 
«  Sed  sors  nostra  nihilj  nthil  est  haec  gloria  :  nunc  sum 
0  Exignus  pulvis  qui  prius  umbra  fui. 
Questo  Vescovo  Scipione  era  della  famìglia  de  Manen* 
tibus  Ferrarese,  che  secondo  1'  Ughelli  fu  fatto  Vescovo  dì 
Modena  V  Anno  1439,  ^  ^^^  ^^  vivere  nel   1444   in   Ferra- 
ra, ed  è  seppellito  nella  Chiesa  di  S.  Francesco. 


l'  odeporico  dell*  ABB.  di  COSTANZO  5S7 


IH.  Codice  in  Pergamena  con  alcune  Omelie  ed  Inni 

di  S.  Ilario  Piltaviense. 

Trovai  pure  nell'  Archivio  un  Codice  in  pergamena  in 
8.°  di  caratteri  Semilongobardici  mutilato  in  principio  e  in 
fine.  Conteneva  desso  alcune  Opere  di  S.  Ilario  Pittaviense, 
e  fra  queste  gV  Inni^  una  dei  quali  comincia  —  Felix  Pro- 
j>heta  Davida  e  V  altro  —  Ade  camis  gloriam ,  et  caduci 
wrporis  ec.  di  cui  mancava  il  fine. 

Non  ebbi  tempo^  ne  commodo  per  farne  il  confronto 
colP  edizioni  moderne,  specialmente  colla  più  stimata  di 
tutte  del  Coutant  {'). 

IV.  Volume  Ms.  con  varj  OpuscoleUi  di  Letterati 

del  Secolo  XV. 

Notai  infine  un  Volume  Ms.  con  varie  cose  di  Leone 
Aretino,  del  Poggio,  e  di  altri  Eruditi  del  Secolo  XV,  ma 
non  trascrissi  che  la  seguente  Lettera  di  Francesco  Pontano 
al  Papa  Nicolò  IV  scritta  a  nome  dei  Perugini. 

V.  Lettera  di  Francesco  Fontano  scritta  a  nome 

de'  Perugini  al  Papa  Niccolò  IV. 

Franciscus  Pontanus  ad  Pontificem 
Si  prò  dignitate,  ac  mentis  B.  P.    Pontifici   Romano 
munera  darentur,  perraram  quidem  acciperet,  et  ea  nonnisi 


(I)  Di  qaetto  codice  preziosissimo  lia  testé  discorso  il  eli.  sig.  G.  V.  Gamurrini 
negli  Studi  e  Documenti  di  Storia  e  Diritto.  Roma,  Tip.  della  Pace,  1884,  an.  V. 
ftsc.  I,  3y  pag.  81-107,  e  nuovamente  in  quest'anno,  1885,  fase.  Ili,  p.  145  -167.  II 
nominato  Gamurrini  pubblicherà  fra  poco  quests  codice  nel  quale  si  trovano  :  i. 
5.  Hilarii  tractatut  de  mytleriis  et  tupuni.  7,  5.  Sitviae  pere^rinatio  ad  loca 
mancia  (an.  383  -388), 


558  MICHELE  FALOCI  PULlGNANf 

ab  apulentissimis  populis,  et  Regibus.  Tanta  ertim  Màiesias 
et  tam  excellenspro  condiiione  sua  amatissima ^  et  ditissima^ 
dona  requirit.  At  nunc  longe  alia  ratio  est,  quae  subditos 
populos  ad  hanc  animi  gratitudinem  invitai  ut  sdlicet  dona 
ajferant  quaUa  cumque  possuntj  quae  sint  veluti  testimo^ 
nium,  et  monumentum  quoddam  Jìdei,  et  devotionis  eorum. 
Quod  tunc  quidem  libentius  fit  cum  humanissimo^  et  dignis^ 
Simo  Principi  exibentur,  qui  animum  et  non  divitias  pensitet. 
Hac  igitur  ratione  adducta  Perusina  RespubUca  munuscu^ 
lum  hoc  Sanctitati  tuae  audacter  offert  pretio  equidem  exi- 
guum,  ac  tenue,  prò  animi  pero  affectu  magnum^  et  amplum. 
Etenim  nulla  Civitas  est,  quae  Ecclesiae  Romanae  subsit 
(pace  aliorum  dicatur)  quae  tam  sincera  fide  et  tam  invio* 
labili  Pontificem  Maximum  colat,  et  revereatur^  prae  quam 
nostra  eslj  ut  in  difficillimis^  et  arduis  temporibus,  saepenu- 
mero  cognitum  est.  Quare  B.  P.  Optimates  hi,  et  populus 
omnis  orantj  et  precibus  petunt  ut  eodem  quo  coepit  amore 
prosequi  dignetur  Sanctitas  Tua  Perusinos  verae  obedicntiae 
filios  munusque  hoc  sumptum  ex  peculiari  suppellectili  Rei-- 
publicae  grato  animo^  et  hilari  vultu  accipiat,  Gratissimum 
sane  fuisset ,  et  immortale  beneficium  si  Urbem  nostrani 
quae  Beatitudinem  Tuam  flagrantissimo  desiderio  expecta^ 
bat  adire  voluisses.  Verum  si  per  Pastorales  occupationes  hoc 
tempore  non  licuit,  obsecrat,  et  obtestatur  Perusinus  Senatus^ 
ut  si  umquam  occasio  dabitur,  velit  B.  T.  hoc  exoptato  gau^ 
dio  aliquando  devotissimum  illum  populum  afficere^  qui  hoc 
in  parte  felicitatìs  cessurum  existimat^  et  ad  gloriam  urbis 
suae  plurimum  pertinere. 

F.  Pontani  cum  munusculo  a  Perusinis  Legati  Oratio 
apud  Nicolaum  Pont.  Maximum  habita  felidter  explicit. 

«  Alia  quoque   mandata   dederunty   quae  secretiore  loco 
«  dicenda  »• 

VI.  Caliedrahj  e  Collegiata  della  Pieve 

Visitai  la  bella  Cattedrale   benché   di  disegno  Tedesco, 
e  V  altra  Chiesa  detta  della  Pieve ,  che  secondo  una  memo- 


L^  ODEPORICO  DELL*ABB.  DI  COSTANZO       5J9 

ria  che  ivi  lessi ,  era  un  Tempio  di  Mercurio  convertito  al 
culto  Xno^  e  molti  secoli  dopo  consecrato  da  Teobaldo  Ve- 
scovo di  Arezzo  nel  1024. 

Nell'arco  della  Porta  maggiore  vi  ha  scolpiti  i  mesi 
dell'  Anno  figurati  con  barbara  maniera  colF  indicazione  in 
lettere  di  ciascun  mese,  e  nell'  Architrave  la  seguente 
Iscrizione 

Anno  MCCXVI.  Mensis  Mai  die 

I.  Marchio  sculpsit. 

Patronatus  munere  fulsit 

Tempore  Archipresbiteri  C.  ('). 
Giovanni  Rondinelli  nella  relazione  delle  cose  di  Arez- 
zo dice ,  che  questa  Facciata  della  Pieve  benché  siavi  il 
Nome  di  Marchionne  non  sia  opera  di  Lui:  e  veramente 
dall'  iscrizione  non  si  ricava  che  ne  fosse  V  Architetto ,  ma 
solamente  uno  scultore ,  che  lavorasse  tutto  quell'  arco  a 
bassi  -  rilievi  grossolani  e  goffi  secondo  V  imperizia  del  suo 
secolo. 

VII.  Avanit  di  Teatro  antico. 

Viddi  finalmente  1  grandi  avanzi  del  Teatro,  che  pre- 
tese il  Cavaliere  Guazzaresi  Opera  Etnisca,  ma  senza  buon 
fondamento. 

Vili.  Iscrizione  Elrusca  scoperta  di  fresco. 

In  Arezzo  fu  scoperta  pochi  anni  fa  una  iscrizione 
Etnisca  con  caratteri  alti  3  Óncie  romane,  e  scolpiti  in  un 
gran  sasso  cicloidamente :  trascitta  in  caratteri  romani,  dice 
cosi 

MILARThIA  cvrpenast. 

volendola  interpretare  sulle  traccie  del  dotto  Lanzi  nel  suo 
Saggio  di  Lingua  Etrusca  si  direbbe  Sum  Larthia  Curpena 


(t)  Altri  leggono  questa  iscrizione  moIt>i  differentemente.  Vedi  la  più  recente  le- 
zione nel  Pasì^ui  U.  Nuovo  ^uida  di  Areico,  ecc*  Arezzoi  Belluttii  ]88a,  p.  68. 


5^0  MICHELE   FALOCl   PULIGNANI 

nata.  Di  questa  lezione^  e  dei  Caratteri  Etruschi  di  detta 
iscrizione  ne  detti  conto  all'  amico  che  me  ne  mandò  copia 
esatta  che  riunisco  agli  Monumenti  spettanti  all'  Odeporico 
sotto  il  Num.  e  per  maggior  comodo  di  chi  legge^  un'  al- 
tra copia  qui  ne  soggiungo  imitante  V  Archetipo  in  forma 
assai  più  piccola  ('). 

§.  IV.  PERUGIA 

Di  ritorno  da  Arezzo  passai  per  Perugia  Città  illustre 
che  grandeggia  fra  tutte  le  altre  dell'  Umbria  moderna.  Di 
essa  hanno  scritto  molti  Autori  sì  Perugini,  che  esteri,  ed  io 
non  parlerò  che  di  poche  cose,  che  ho  potuto  con  mio  co- 
modo osservare,  benché  anche  di  queste  non  manchi  chi  ne 
abbia  diffusamente  parlato. 

I.  Porte  della  Ciilà  degne  di  osservazione 

Dirò  in  prima  che  sono  degne  di  osservazione,  e  di  am- 
mirazione ancora  due  Porte  della  Città ,  una  moderna ,  e 
l' altra  antica;  ambedue  grandiose  e  magnifiche  oltre  credere. 
La  prima  detta  Porta  S.  Pietro  starebbe  bene  nelle  più 
grandi  Capitali  d'  Europa,  ed  è  un  danno  che  da  cima  sia 
rimasta  incompleta,  e  che  le  Casette  del  Borgo  impediscano 
la  vista  dei  due  lati  dell'  ingresso. 

La  seconda  si  ha  per  ^  costruzione  veramente  Etrusca, 
ed  è  quella  che  guarda  la  Piazza  detta  Grimana  (*).  È  un  e- 
dificio  di  struttura  severa,  grave,  e  senza  molti  ornati,  con 
arco  in  isbieco  altissimo,  e  proporzionato,  fiancheggiato  da 
due  Baluardi  fatti  a  scarpa  senza  sporto  alcuno  nei  corni- 
cioni, tutto  di  grandi  travertini,  che  al  primo  sguardo  an- 
nunciano la  gravità  Etrusca.  Il  Marchese  MaflFei,  che  andava 
cercando  qualche  edificio  sopra  terra  di  costruzione  Etrusca, 
non  dubitò  di  averlo  trovato  in  questa    Porta   di  Perugia. 


(I)  Però  la  copia  che  lOjjgiunge  è  scritta  cosi  male,  che  non  ho  potuto  riprodurla 
con  1  caratteri  etruschi. 

(3)  Vedasi  fra  gli  altri  il  libro  dell' Orsini  B.  Dittertajione  sulV  arco  etrusco  della 
via  vecchia  etc,  Perugia,  Baduel,  1807. 


l'odeporico  DELL^ABB.  di  COSTANZO  561 

•  « 

Non  si  oppone  punto  a  tale  giudizio  il  vedersi  scolpito  in- 
torno all^arco  a  grandi  caratteri 

PERVSIA  AVGVSTA 
poiché  coteste  parole  vi  furono  sicuramente  aggiunte  dopo 
il  famoso  assedio  di  Augusto^  o  forse  ancora  alcuni  secoli 
dopo.  Certa  cosa  è,  che  la  struttura  non  è  Romana^  quan- 
tunque per  la  grandiosità  non  invidii  alla  Romana^  e  quei 
fregio  quasi  Dorico  che  vi  si  scorge,  essendo  senza  elegan- 
za, non  può  essere  Romano  dei  tempi  di  Augusto,  e  sente 
molto  di  quel  Dorico  Etrusco  ,  che  veggiamo   scolpito   in 

molte  urne  sicuramente  Etrusche.  So  che  parecchi  Eruditi 
dopo  avere  attentamente  considerato  questo  Edificio  hando 

creduto  di  scuoprìre  che  quella  parte  sopra  PArco  tra  due 
fasce  sia  un'  aggiunta  posteriore ,  ma  il  fregio  medesimo 
assomigliante  al  Dorico,  che  ha  però  dei  pilastrini  invece  di 
triglifi,  e  alcune  patere  in  luogo  delle  metope,  non  può  es- 
sere dei  tempi  Romani,  ed  enunciasi  di  per  se  di  più  an- 
tica e  severa  maniera.  Ho  veduto  qualche  piccolo  disegno 
di  questa  Porta,  ma  senza  le  necessarie  proporzioni  e  mi- 
sure, e  merita  di  essere  disegnata  in  grande,  ed  incisa  con 
maestria,  e  con  forza  alla  Piranest,  che  farebbe  molto  onore 
alla  città  di  Perugia,  con  pari  soddisfazione,  e  diletto  degli 
amatori  delle  belle  Arti,  e  delle  più  remote  antichità.  Qui 
mi  vien  fatta  una  osservazione,  che  forse  non  è  vana.  Sic- 
come questa  porta  antica  sta  air  Occidente  della  Città,  così 
alla  parte  Orientale  sopra  la  Chiesa  di  S.  Ercolano  si  vede 
un'  altra  Porta,  che  io  non  dubito  essere  anch'  essa  antichis- 
sima, e  che  queste  due  Porte  ci  presentino  la  vera  esten- 
sione, che  avea  Perugia  anticamente  da  Oriente  ad  Occi- 
dente mostrandone  la  vastità  a  proporzione  delle  altre  an- 
tiche Città  e  Municipi,  che  a  giudizio  degli  Eruditi,  parti- 
colarmente del  MafFei,  cui  fa  eco  V  Olivieri,  erano  piccoli , 
sebbene  poscia  molto  ingranditi  e  dilatati.  Che  poi  la  Porta 
suddetta  sopra  S.  Ercolano  sia  antichissima,  benché  oggi  si 
vegga  formata  da  arco  con  sesto  acuto ,  si  riconosce  dalla 
costruzione  dei  fianchi  fabbricati  con  grossi  macigni  fino  ad 
una  certa  altezza   indicanti  abbastanza  l' antica  grandiosa 

Archivio  Storico  il.  36. 


5^2  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

maniera  di  fabbricare^  come  alP  opposto  si  riconosce  per  un 
risarcimento  dei  tempi  bassi  il  resto  dei  lati  con  tutto  1^  arco, 
costruite  con  pietre  piccole,  e  di  forma  ben  diversa,  e  per- 
ciò con  r  arco  di  sesto  acuto.  Mi  pare,  ma  non  posso  assi- 
curarlo, che  tanto  in  vicinanza  di  questa  Porta,  quanto  nella 
parte  sinistra  dell'  altra  di  Piazza  Grìmana,  rimanga  in  piedi 
un  resto  di  antico  muro  della  Città  £sibricato  opere  incerio, 
come  lo  chiama  Vitruvio. 

IL  Anlico  TetnpiOy  oggi  di  S.  Angelo 

Merita  di  esser  veduto  dagli  Amatori  delle  cristiane  Anti- 
chità un  Tempio  sotto  il  titolo  di  S.  Angelo  (')  posto  nella 
estremità  Settentrionale  della  Città,  che  dà  il  nome  alla  vi- 
Cina  Porta.  E  un'  Edificio  ottangolare  con  doppio  colonnato, 
ma  V  esteriore  appena  comparisce,  essendo  chiuso  da  muro 
tutto  intorno,  come  il  Tempio  di  S.  Stefano  Rotondo  in 
Roma.  U  interiore  è  composto  di  Colonne  parte  di  Granito, 
parte  di  Bardiglio ,  parte  di  Cipollino.  I  Capitelli  delle  Co- 
lonne di  granito  sono  i  più  eleganti  di  ordine  Corintio,  e  le 
Colonne  stesse  più  gentili.  Fra  gli  altri  Capitelli  parvemi  di 
vederne  alcuno  del  gusto  che  diciamo  Gotico,  formato  cioè 
nei  tempi  di  barbarie. 

III.   Delle  sigle  opU.  hp©  scolpite  neW  Abaco 
di  4  antichi  Capitelli  del  Tempio. 

NelP  Abaco  dei  suddetti  4  Capitelli  Corinti  vi  sono  ri- 
petute dinnanzi ,  e  di  dietro  queste  lettere  che  sieguono  per 
diritto,  e  per  rovescio,  cioè  OPH  HPO  e  inoltre  altre  tre 
lettere  di  questa  forma,  cioè  H.  A.  W  (')  (  Quest*  ultima  nelle 
Gemme  Abraxee  Basilidiane  è  un  A.  ),  Che  però  sia  di  que- 


(i)  Di  qaetta  chicu,  oltre  l' Orriof»  che  iodico  nella  nota  tegnente,  vedati  Ds  Rot- 
ai G.  B.  BuiUMno  di  Archeologia  Cristiana,  Roma,  Salviucci,  1X71.  p.  147. 

(t)  Orsini  B.  Ditseria^ione  tulP  antico  Tempio  di  S.  Angelo.  Peragia,  Badaci, 
«79»  P.  33  «  Mg- 


L*  ODEPORICO   DELL'aB.  DI  COSTANZO  563 

ste  ultime  le  prime  HPfì  potrebbero  per  avventura  interpre- 
tarsi per  le  prime  sillabe  della  parola  HPfìON.  Sepulcrum, 
Monumentuntj  come  in  Reinesio  Cb.  1. 43  una  Ulpia  Agrippi- 
na ayopaaa  to  HPiiON  per  se^  pel  marito  etc^  e  di  nuovo  nella 
28.  Ch.  VII.  TOTTOT  TOT  HPaOT  KAI  THC  EN  ATTtì 
AnOKEIMENHC  20P0T  nPOKONNHUIAC  x.  x.  X.  cioè:  Hu- 
jus  Heroii^  et  in  eo  reconditae  Urnae  e  marmore  Procon- 
nesio  etc.  Sulla  quale  Iscrizione  scrive  il  dotto  Antiquario^ 
che  «  UpQovj  Hpoiov  prò  monumento^  seu  sepulcro  quovis 
«  non  est  veteris  Graeciae.  Dionysius  Halicarnass:  usurpat 
<r  prò  Sacello^  quae  significatio  hoc  quoque  loco  toUerari 
a  potest.  ))  Inclino^  come  qui  il  Reinesio^  a  credere  che  le 
4  Colonne  colle  Lettere  ripetute  HPtì^  cioè  HPiio*  servis- 
sero per  un  Sacello  entro  al  quale  vi  fosse  V  Urna  Sepol- 
crale di  qualche  distinto  Personaggio.  Bpoov  adunque^  oppu- 
re Hpoiov  è  un  Monumento  Sepolcrale^  che  Cicerone  de 
Legib.  prende  per  un  Vestibolo  di  Sepolcro.  Vi  erano  in- 
fatti Sepolcri  così  grandiosi,  che  sembravano  Templi  dei  Dei, 
e  chiamavansi  dai  Greci  HPiilA  Heroa.  Il  M.  Maffei  Oss. 
Lett.  T.  III.  trova  E'poidéta  (  Sepolcrini  )  diminutivo  di  HPtìlA 
e  dice  che  questi  erano  depositi,  ma  vuoti,  e  semplici  mo- 
numenti onorifici.  Su  questo  vocabolo  HPiiON  nota  più 
cose  Carlo  Patino.  Credo  adunque,  che  le  4  nobili  Colonne 
coi  suoi  capitelli  appartenessero  ad  un  Mausoleo  di  Perso- 
naggio illustre,  o  formassero  un  Vestibolo  del  Sepolcro  chia- 
mato perciò  HPiilON  per  rilevare  la  dignità  del  soggetto 
ivi  seppellito,  o,  se  si  vuole,  un  Cenotafio. 

Neir  Arco  di  una  Cappella  di  questa  antica  Chiesa  vi 
era  dipinta  una  mano.  Simbolo  della  Divinità  che  usarono  gli 
antichi  cristiani  fino  ai  bassi  secoli  9,  io  e  11  ;  ma  non  la  tro- 
vai più  in  occasione  che  mi  volli  portare  a  Perugia  per  ve- 
dere coi  propri  occhi  una  Lapida  antica,  ed  un  Corpo  cimi- 
teriale tratto  dalle  Catacombe  Romane,  e  mandato  in  dono 
alla  detta  Chiesa.  Con  rimbiancare,  ornare,  e  dipingere  la 
Cappella,  che  dovea  accogliere  il  suddetto  Corpo  cimiteriale, 
sparì  quelP  antico  simbolo  della  mano.  Non  so  poi  se  il  detto 
Corpo  fosse  tutto  ridotto  in  cenere  ovvero  conservate  si  fos- 


564  HICHBLE  FALoa  PULI6NA1I1 

aero  le  ossa^  e  lo  scheletro^  pokbè  questi  non  compariscono^ 
né  tampoco  il  Cranio^  che  con  le  mani  ,.e  la  metà  delle 
gambe  sono  fatte  di  cartapesta^  o  di  simile  mistura  inverni- 
ciata^ e  colorita  in  pallido  cadaverico  secondo  un  biasime- 
vole costume  introdotto  ai  nostri  dì^  che  può  chiamarsi  una 
Cappuccinata  per  essere  stati  i  primi  i  Cappuccini  a  impia- 
stricciare eoa  il  corpo  dìs&tto  del  B.  Crispino  da  Viterbo^ 
il  che  fu  poscia  imitato  mettendo  insieme  le  ossa,  e  le  Ce- 
neri del  Corpo  parimente  disciolto  del  B.  Giuseppe  Cardir 
nal  Tommasi. 

IV.  Corpo  CitniUriale  estrallo  dalle  Calacomhe  di  Roma 
eon  il  vasello,  e  Lapida  sepolcrale  rescrilla. 

Al  Loculo  dove  era  questo  Corpo^  vi  fu  trovata^  dicesi» 
una  Tazza^  o  Vasello  dei  già  noti  cimiteriali^  ed  ora  vedesi 
vicino  al  Capo  entro  V  omatissima  Urna  ^  che  contiene  il 
Corpo^  e  vi  fu  altresì  trovata  una  Lapida^  eh'  è  stata  collo- 
cata dietro  il  nuovo  Altare  dove  leggesi 


D.      M.      S. 

foglie  VENERVS  VIXIT  ANNOS        tentgHi? 

xxin.  BtESES  vn. 


Alla  diritta  v^  è  una  foglia^  o  corculo  che  vogliam  dire^  e  alla 
sinistra  un  segno  della  forma  qui  espressa^  che  è  stato  preso 
per  una  tenaglia,  o  altro  istrumento  di  Martirio;  tale  però 
a  me  non  è  sembrato.  È  da  notarsi  che  in  questa  Tavola 
eravi  un'  altra  più  antica  Iscrizione^  che  con  lo  scalpello  è 
stata  spicconata  in  modo  però  che  vi  restano  ancora  i  ve- 
stigi della  primitiva  scrittura  con  Lettere  da  capo  più  pic- 
cole, e  nel  mezzo  maggiori,  ed  io  vi  rilevai  chiaramente 
una  D.  e  due  I.  La  scarpellatura  cominciata  nei  margini  della 
Lapida  ha  formato  tutto  intomo  di  essa  una  Cornice,  ren« 
dendola  alquanto  concava,  e  in  luogo  della  cancellata  Iscri- 
zione vi  è  stata  incisa  la  presente  cominciando  dalle  tre  si- 
gle D.  M.  S.  che  sono  del  nuovo  scalpello,  e  della  forma 


l'  odeporico  dell'  ABB,  di  COSTANZO  $6$ 

medesima  delle  due  seguenti  linee.  Dubito  perciò  della  Cru 
stianità  della  Lapida^  e  del  defonto  ivi  segnato.  (')  Il  Corpo^ 
secondo  V  attestato  del  Ponzetti  Custode  della  Reliquie ,  fii 
estratto  dai  Cimiterj^  e  se  veramente  al  Loculo^  dove  gia- 
ceva^ vi  era  annesso  il  Vasello  tinto  di  sangue  dee  credersi 
di  un  Cristiano.  U  imperizia  per  altro^  e  la  facilità  con  cui  si 
fenno  presentemente  questi  attestati  mi  destano  dei  dubb) 
non  facili  a  dissiparsi  dalla  mia  mente.  Un  fatto  si  racconta 
per  Roma  che  accresce  di  molto  i  miei  dubbj.  Il  Parroco 
della  Chiesa  di  S.  Angelo^  di  cui  ragioniamo^  gran  Caccia- 
tore e  Collettore  di  Reliquie,  di  cui  ha  riempito  varj  Ar- 
madj  intomo  intorno  alla  Cappella  suddetta,  desiderò  arden- 
temente di  possedere  uno  di  quegli  antichi  pesi  di  marmo,,  che 
in  varie  Chiese  di  Roma  si  conservano  come  serviti  a  tor- 
mentare i  Martiri  sospesi  in  alto  legandoli  ai  loro  piedi,  e 
desiderava  di  più  una  di  quelle  Piombarole  spesso  mento- 
vate negli  Atti  de'  Martiri,  con  cui  erano  battuti,  e  flagellati. 
Si  portò  apposta  in  Roma  per  procacciare  il  Sasso,  e  la 
Piombarola:  fece  capo  dal  detto  Ponzetti,  presso  il  quale 
non  trovandosi  né  l' uno  né  V  altra,  si  raccomandò  ad  altri 
per  trovarne,  e  furono  difatti  trovati  nella  Bottega  d' un 
Anticagliaro,  e  V  acquistò  al  prezzo  di  dieci  Scudi.  Come,  e 
quando  capitassero  nella  Bottega  delP  Anticagliaro  non  si  sa, 
ma  premeva  al  pio  Parroco  d' avere  un'  autentica  che  tanto 
il  Sasso,  che  la  Piombarola  fossero  di  fatto  serviti  a  tor- 
mentare i  SS.  MM.,  e  la  chiese  al  Ponzetti ,  che  senza  la 
minima  difficoltà  gliene  fece  un  ampio  attestato. 

V.  Biblioteca  della  Cattedrale. 

Avendo  risaputo  che  nella  Libreria  della  Cattedrale  si 
conservavano  parecchi  Codici  MSS.,  il  genio  mio  mi  spinse 


^i)  Ciò  peraltro  non  é  sempre  iodiiio  certo.  Cfr.  De  Rossi.  BuUeltiuo  di  Archfih' 
logia  Crittiana.  Roma,  Salvìuccì,  1973,  p.  129  e  seg. 


$S6  MICHELE  FA  LOCI  PULIGNAKl 

a   visitarla ,   e  osservai    fra   gli   altri  Codici  i  seguenti  ('). 


VI.  Codice  deir  Epistole  di  5.  Paolo  in  pergamena. 

Evangeliario  del  IX  Secolo.  Le  Istiluiioni  di  Giustiniano 

in  due  volumi  del  Secolo  XI.  Omiliario  del  Secolo  IX. 

i.^  Codice  in  4.°  in  pergamena  delle  Epistole  di  S*  Pao- 
lo^ con  note  marginali  e  interlineari^  che  lo  credo  del  X.  o 
XI.  Secolo.  Vi  è  una  immagine  di  S.  Paolo  colla  sinistra 
sollevata  in  atto  di  predicare^  e  tenendo  nella  destra  una 
alabarda^  o  lancia^  o  bordone  di  quésta  forma  ('). 

2.^  Un  Evangeliario  molto  antico  in  pergamena  di  forma 
quadra  colle  immagini  assai  rozze  degli  Evangelisti.  Non  è 
intero^  e  lo  reputo  almeno  del  IX  Secolo  ('). 

3.^  Institutiones  lustiniani  in  4.^  pergamena  dopo  il  Se- 
colo X  0). 

4.*^  Un  Lezionario^  se  bene  mi  ricorda,  in  due  Volumi 
di  gran  foglio  in  pergamena  del  Secolo  XI  (^).  ^ 

5.^  Un  Omiliario  in  foglio  di  pergamena  con  i  seguenti 
versi  scritti  in  croce,  che  ne  danno  in  breve  il  contenuto. 


^1)  L'abb.  Di  Costanzo  nota  veramente  i  migliori  codici  della  Dominicini;  però  h.  me- 
raTiglia  come  passi  sotto  silenzio  ciò  che  forma  il  miglior  ornamento  di  questa  biblio- 
t^a»  cioè  il  codice  purpureo  scritto  in  oro,  che  alcuni  fanno  risalire  al  secolo  sesto,  e 
che  contiene  parte  dell'  Evangelo  di  san  Luca,  dal  cap.  I.  al  cap.  XII.  v.  7.  Di  esso 
vedi,  Bianchini  T.  Evangeliarivm  quadruplex,  Vcl.  3.  Roma,  De  Rubeis,  MDCCXLIX, 
561-  571.  Cfr.  VcRMiGLioLi.  Cento  lettere  ecc.  p.  63. 

(2)  Coi  tipi  comuni  non  ho  potuto  riprodurre  questo  se^^no,  il  quale  del  resto  è  un 
semplice  bardone  col  riccio  di  ferro  da  due  Iati.  Il  codice  è  segnato  col  num.  17,  ed  è 
detto  del  secolo  XIV.  L'immagine  di  san  Paolo  è  miniata. 

(3)  È  segnato  col  num.  19.  Le  miniature  sono  quattro,  ed  occupano  la  pagina 
intiera  Per  la  storia  dell'  arte  sono  interessantissime,  specialmente  se  appartenessero 
al  secolo  Vili  come  indica  il  catalogo. 

(4)  Questo  codice,  segnato  18,  non  contiene  le  /r/f/trpbiif,  ma  un  estratto  dd 
Codice  fino  alla  1.  8.  tit.  LIV,  lìb.  Vili. 

(5)  Di  fatto  non  è  che  un  volume  che  ha  il  n.  31. 


l'  odeporico  del  K  COSTANZO  567 

0.0 

u 
I 

N 
Q 

u 

A 

G 

I 

N 

T 

A 

S 

1 

M 

U 

L 

S 

CONTINET  HIC  LIBEB   PARITGeR  QUINIS   AUCTORIB;  ALMIS 

P 

T 
E 
M 

q; 

u 

O 

L 

u 

M 

I 

N 

A 

L 

I 

B 

E 

R 


(1)  Riproduco  ritenzione  come  ti  trovi  nel  codice,  ciie  ìul  il  num.  39. 


568  ICICHELE  FAU3CI  raLIOtfAKt 

Sono  questi  cinque  Autori  5.  Agostino  De  Genesi  ad 
Litteram  —  Albino,  ossia  Alenino  De  Genesi  —  Rabano 
Mauro  premessa  una  sua  Lettera  ad  Petitum  NocHngi 
Brixiensis  Episcopi  (  cosi  ).  La   Lettera  ha  poi  il  titolo  — 

Viro    Venerabili Noctingo  electo  Episcopo  Hroba^ 

nus  etc.  Contiene  li  4  Libri  di  Rabano^  infine  dei  quali  vi 
sono  le  seguenti  Lettere  che  non  è  &cile  d'intendere  senza 
r  alfabeto  arcano  de^  Calligrafi. 

NOPTCAOAOC      HnCCcNCHPOHTTHAC 

eront 
XOATlCTHXnaPIBOC 
moltis        temporibus 

In  fondo  a  questo  Omiliario  vi  ha  una  vecchia  perga* 
mena  tagliata  per  lungo  appartenente  al  tempo  Dopno  loan^ 
nes  octavo  decimo  Papa  sed  et  anno  sexto  intrante  lulio  in 
dictione  quarta.  Contiene  una  Donazione  di  Bonizone  Prete 
fatta  come  sembra  alla  Canonica  Perugina.  Origene  —  Le 
Omilie  —  Beda  detto  Bedano.  In  fine  vi  è  la  seguente  an- 
notazione. 

EXPLICIT  DNO  IWANTE    IN  EZRA  ET  NEEMJAM 

ALLEGORICE  EXPOSITIONIS  UBER     lU   • 

FeLICITER  RELEGl  POSTEMIVS  ET  DOMINO  IVVANTE   DILIGENTIVS 

EMENDAVI 

VII.  Nota  di  un  tal  Postemius 
che   collazionò ,    ed   emendò    il    Codice 

Volendo  stare  al  parere  degli  Autori  Maurini  del  nuovo 
Trattato  di  Diplomatica,  cioè,  che  il  zelo  per  la  correzione 
dei  Codici  si  risvegliò  al  IX  secolo,  e  che  i  MSS.  dei  due 
secoli  precedenti  furono  l'oggetto,  e  la  materia  di  tale  ap- 
plicazione, ma  che  però  i  Correttori  non  mettevano  più  i 
loro  nomi,  posto,  dicQ,  questo  parere,  si  dovrebbe  conchiu- 
dere, che  il  presente  Omiliario  fosse  più  antico  del   IX   se- 


L^  ODEPORICO  DELL*  ABB.   Dt  COSTANZO  jé9 

colo  per  avere  il  nome  di  Correttore,  che  fu  un  tal  Poste- 
mio;  ma  ciò  non  può  essere  perchè  contiene  le  Omilie  di 
Rabano  Mauro  ,  che  morì  poco  dopo  la  metà  del  IX  secolo. 
Ogni  regola  ha  dunque  la  sua  eccezione,  e  intanto  per  que- 
sta ragione  ancora  si  accresce  il  pregio  del  presente  Omi- 
liario,  il  quale  rapporto  alle  cose  che  contiene  di  Rabano 
Mauro,  dee  tenersi  per  uno  dei  più  antichi  Codici  di  que« 
sto  celebre  scrittore  del  Secolo  Nono.  In  fine  non  lascio  di 
notare  che  il  Codice  è  adorno  di  figure  a  tratti  lineari,  e  co- 
lorì slavati,  che  però  degne  sono  di  osservazione  per  la 
Storia  deirarte.  — 

6.^  Un  Sacramentario  in  pergamena  dell' XI  Secolo  di 
forma  minore.  Contiene  vane  cose  degne  da  osservarsi  co- 
me nel  Capo  che  rìsguarda  il  Sagramento  della  Penitenza, 
e  il  Canone  della  Messa  dove  sono  nominati  S.  Ilario,  S.  A- 
gostino,  S.  Benedetto,  e  alcuni  altri  Santi,  che  ora  non  più 
si  nominano.  Una  frode  è  stata  commessa  in  questo  pregie- 
vole  Sacramentano  con  istrappame  l'antico  Calendario,  e 
supj^irne  un'altro  meno  antico.  (') 

Vili.  Biblioteca,  e  Tempio  di  S.  Pietro 

dei  Benedettini 

Non  è  inferiore  il  numero  dei  Codici  che  si  conservano 
nella  Librerìa  di  S.  Pietro  insigne  monastero  dei  Bene- 
dettini. 

IX.  Diversi  Codici  Greci  di  Autori  Classici  (*) 

Ne  contai  fino  a  cento  fi:a  quali  XVII  Greci,  e  ne  ho 
presso  di  me  l'Elenco  di  tutti.  Vi  sono  due  Senofontì, uno 


(t)  Nel  calalo;: o  ha  U  nana.  t6. 

(a)  Questi  codici  furono  descrìtti  tutti  dal  Vermiglioll,  in  un  volume  rimasto  ine» 
dito,  e  conservato  nella  comunale  di  Perugia  intitolato.  lltuUra\ione  di  CCCCLX  ma' 
notcritti  anteriori  al  »ec»  XVII,  A  questo  lavoro  il  Vermiglioli  fu  confortato  dal  DI 
Costanzo  istesso,  in  una  lettera  di  Assisi,  13  Giugno  180^,  che  è  fra  le  cento  scritte 
al  Vermiglioli  da  diversi  (  op.  indicata  p.  63  ).  Del  catalogo  dell' ab.  Di  Costanzo,  dicem- 
mo nelU  prefazione  indiòiodone  le  opere. 


$^0  MICHELE  FALOCI  PULIGNAVI 

in  foglio  in  pergamena  di  bei  caratteri  che  contiene  axo^ 
fifi(iov8v^ara  etc.  memorabilia  diciorum  factorumque  Socratis: 
C^fixoatov,  Kvvayodtxog  etc.  Conpivium,  Venaiorium  etc.  Oixo- 
voinxog  Oeconomicus:  Kvpoi)xaidMc:  Cyropedia.  Lib.  VII.  Ijt- 
apxixoi  :  Liber  singularis.  lepov  ^  Qvpa^wxog:  Hieron  sive 
Tyran:  Hspi,  ^xmxvìq:  de  Re  Equestri:  lLaxs8aip,oi>oY  xoÀS" 
tia,  de  Republica  Lacedemoniorum:  kOsvaiov  xoÀitta,  de  Re^ 
publica  Atheniensium.  U  altro  Senofonte  è  cartaceo  di  carat- 
teri parimenti  eleganti,  e  contiene  P  Istoria  Greca  in  VII. 
Libri  col  titolo  ^svofoifxoQ  eXÀijvixov  Bi>6Àiov  jcpoxov.  Precede 
una  Lettera  non  intera,  e  di  diverso  carattere  di  Demetrio 
Castreno  con  la  data  seguente  A.'^b  xov  MsdioXavov  %^  %ov 
ì&apjiov  K^  fisra  (rnovdifig  Asfirftpios  o  Kagtpijvos.  In  altro  car- 
taceo vi  è  una  raccolta  degli  Oratori  Greci,  Audocide,  Iseo, 
Dinarco ,  Antifonte,  Licurgo,  Gorgia,  scritto  aw  Qeo  sv  (pÀo- 
psvria  senza  altra  data.  Finisce  il  Codice  con  un  Arj^ocrazio- 
ne  ìtepixÀeUov  A«xa  VsBopov  de  dictis  X  Rethorum.  E  scritto 
da  mani  diverse,  ed  è  mutilato  infine.  Non  manca  un  Ome- 
ro, vi  è  un  Ariano,  un  Appiano,  un  Libanio,  V  Aspis  di 
Esiodo,  un  Esopo,  varie  Opere  di  Aristotele,  un  Simplicio 
Filosofo,  un  bel  Snida,  V  Eva(ioÀoYixov,  e  infine  merita  sin- 
goiar riflessione  un  Codice  in  foglio  minore  di  Stefano  Bi-- 
latitino,  che  porta  il  titolo  seguente  : 

X.  Codice  notabile  di  Stefano  V  Etnicografo 

sx  xov  EO'PMov  'Zre(pavov  xaxd  emtoiisv,  titolo  veritiero^ 
che  tale  non  è  quello  assoluto  grepapov  xspl  noXsov,  che  non 
più  esiste  dopo  T  Epitome  di  Ermolao  Bizantino,  che  ora 
abbiamo  sola,  e  ne  cagionò  la  perdita.  Si  legge  infine  la  se* 
guente  nota  in  rosso  ^TeXiiffOnto  naphv  Bi^Xiov  diaxBiphg 
Koafiov  ysopytov  rov  TpviyopiOTiovXov.  Questo  pregievol  Co- 
dice fu  ben  consultato  da  Giacomo  Gronovio ,  e  le  va- 
rianti lezioni  si  hanno  raccolte  nella  nobile  Edizione  di  Ste- 
fano fatta  da  Abramo  Berkelìo  in  Leida  Panno  1694. 

Vi  ha  pure  una  buona  raccolta  di  Classici  Latini  pro- 
fani sì  Poeti,  che  storici.  Oratori  etc.  come  ancora  di   Bi- 


r' 


L*  ODEPORICO  DEL^  ABB.  DI  COSTANZO  57 1 

bllci^  SS.  Padri,  Teologi,  Moralisti,  Canonisti  etc.  oltre  varj 
Filologi  specialmente  del  secolo  XIV,  e  alcuni  pezzi,  e  tra- 
duzioni in  lingua  volgare  antica,  che  tutti  trovansi  segnati 
nel  suddetto  Elenco,  che  ho  in  animo  di  confrontare  meglio 
in  qualche  occasione  che  dovrò  portarmi  a  Perugia,  Non  so 
però  se  dopo  la  Rivoluzione  Democratica  non  ne  siano  stati 
rapiti  alcuni,  o  perduti  come  ho  gran  motivo  di  credere.  Il 
caso  ha  portato,  che  nella  reintegrazione  del  Monastero  con 
altri  Codici  restituiti  vi  fosse  una  Regola  di  S.  Benedetto  vol- 
garizzata, che  prima  non  vi  era.  Per  un  saggio  del  volgarizza- 
mento feci  trascrivere  il  seguente  principio  della  medesima  — 
Incomincia  il  prolago  de  la  regola  de  Sco  Benedicto  :    — 
«  Ascolta  figliuolo  i  comandamenta  del  maestro^  et  inchiena 
«  lorecchie  del  cuor  tuo  et  lamonitione   del  piatoso  Padre 
ff  recevela  volentiere^  e  compila  efficacemente  »  —  Il  volgariz- 
zatore ,  che  usa  della  pura  lingua  Toscana,  è  verisimilmente 
qualche  Monaco  Fiorentino  di  quelli  che  fiorirono   nel   bel 
secolo  del  }00.  Potrebbe  essere  Bonagiunta,  oppure  Sera- 
fino volgarizzatore  di  varie  Opere  di  SS.  Padri  stampata  a 
Firenze,  od  anco  Raffaello  Castrucci ,  tutti  e  tre   Monaci 
della  suddetta  Badia  Fiorentina.  Bonagiunta  però,  che   fiorì 
prima  di  Dante  del  12^0* non  dovria  esserne  l'autore  per- 
chè lo  stile  del  volgarizzamento  indica  la   lingua   non'  già 
bambina,  ma  cresciuta  e  vigorosa;  propendo  dunque  a  cre- 
derne Autore  uno  dei  due  citati,  ed  anco  D.  Giovanni  delle 
Celle,  che  fioriva  nel  ìjSS'  (0 


(1)  Questo  codice  nel  1854  fa  segnalato  dal  eh.  D.  Gregorio  Palmieri  monaco  cas- 
sinese  al  suo  eoo  religioso  Don  Emmanuele  Lisi,  il  qua'e,  incoraggiato  dagli  abbati  Pa[>- 
palettere  e  Acqaacotta.  e  coadiuvato  dal  Parenti,  e  dal  Fanfani,  ne  curò  1'  edizione, 
scegliendo  per  lezione  base  di  questa  Regola  il  cod.  riccardiano  2858,  che  é  del  1313, 
notando  le  Tarlanti  dal  cod.  palatino  150,  del  laurenziano  94, 1004,  del  Magliat)ecchiaoo 
pi.  IO,  n.  41,  che  è  dei  1333  ecc.  L'  edizione  dd  p.  Lisi  è  intitolata  :  Regola  di  san 
Benedetto  volg-ari^^ata  nel  buon  secolo,  ed  ora  per  la  prima  volta  pubblicata  col 
confronto  di  quattro  testi  a  penna  per  cura  ed  opera  di  Don  Emmanuele  Usi  mo- 
naco Cassinese.  Firenze,  Barbera  Bianchi  e  Comp.  1855.  11  p.  Lisi  però  s'ingannò 
credendo  inedita  questa  regola,  della  quale  abbiamo  edizioni  del  1494,  1495,  ed  altre 
del  sec  lo  XV  e  XVI.  Zambrini  F.  Le  opere  volgari  a  stampa  dei  secoli  Xill  e  XIV 
indicate  e  descritte.  Bologna,  Zanichelli,  1884,  ccl  860-861. 


STI  ÌIICHELB  FALOCI  PULIGNANI 

Oltre  i  Codici  è  fornita  la  Librerìa  di  buone^  e  vane 
edizioni  del  400^  quaPè  Bonino  Mombripo  :  Vitae  SS.  in 
due  Volumi  in  foglio  massimo,  e  altre  bellissime  del  500. 
e  fra  queste  Y  Antologia  greca  in  caratteri  majuscoli. 

IX.  Museo 

Non  manca  pure  un  Museo  con  una  collezione  di  cose 
naturali^  di  medaglie^  Idoletti^  urnette  Etnische^  antichi  Si- 
gilli^ e  antiche  Pitture^  e  cose  simili  da  intrattenere  i  dilet- 
tanti delle  antichità^  ma  io  non  ebbi  campo  di  esaminare 
nulla  minutamente^  e  solamente  trascrìssi  una  Iscrizione 
scolpita  in  una  Croce  di  busso  simile  ad  alcune  altre  da 
me  altrove  vedute^  che  a  suo  luogo  rìferìrò.  U  iscrizione  è 
la  seguente^  serbata  la  sua  ortografia. 

)J(     eTEAHaGIO  _ 

ara/vpoc  rov  Kv  HM 
IV.  XV.  Elcp'fOE  Vxo 
XEipac   ysopyiovÀa 
axapsoc     •   :    • 

Completa  è:  Crux  D.  N.  J.  X.  an.  1575  manu  Geor- 
gii,  Lascaris.  E  notabile  Pera  notata  secondo  Fuso  degli 
Occidentali^  e  non  cogli  anni  del*  Mondo  come  usavamo  i 
Greci. 

Xll.  Due  struUure  nel  tempio  di  S.  Pietro  Romano 
basilicale,  e  Tedesca  con  somma  periiia  unita  insieme. 

Non  parlo  della  maestosa  Chiesa  di  questo  Monastero^ 
ne  del  gran  numero  di  pitture  nobilissime  di  cui  è  adorna^ 
avendoci  in  istampa  una  minuta  discrìzione  fatta  dal  bene- 
merito P.  D.  Francesco  Maria  Calassi  Monaco  del  medesi- 
mo Monastero,  e  Rettore,  o  come  chiamanlo.  Priore  della 
Chiesa  Parrocchiale  di  S.  Costanzo  vicino  allo  stesso  Mo- 
nastero. Non  voglio  tralasciar  di  osservare,  che  questo  nobi- 
lissimo Tempio  unisce  in  se  V  antica  struttura  Basilicale,  che 
si  vede  nel  corpo  della  Chiesa  a  tre  Navate  distinte  con 
colonne  di  marmo  sino  alla  balaustra  del  Santuarìo,  con 
tutto  il  Presbiterio,  e  Coro  vastissimo  eh'  è  di  struttura  Go- 


L^  ODEPORICO  dell' ABB.   DI   COSTANZO  573 

tica^  ma  delle  più  nòbili^  e  proporzionate  che  possano  ve^ 
dersi^  e  che  codesta  unione  nulla  pregiudica  all' unità  dell^e- 
dificio  rendendolo  anzi  più  grandioso^  e  maestoso^  laddove 
le  antiche  Chiese  di  maniera  Tedesca  ridotte  ad  Architet* 
tura  Romana  ordinariamente  sono  sconce^  sproporzionate^  e 
un  vero  bisticcio.  Questa  parte  superiore  della  Chiesa  fu  cer- 
tamente fatta  prima  che  si  ristabilisse  in  Italia  il  buon  gu- 
sto dell'Architettura^  ma  l'Architetto  dovè  essere  un  va- 
lentissimo uomo^  che  seppe  ingrandire  il  Gotico  dominante 
e  farne  l'unione  colla  struttura  Basilicale  jntica  senza  de- 
turparla^ e  piuttosto  aggiungendole  maestà^  e  grandezza. 
Non  so  chi  fosse  questo  bravo  Architetto^  e  bisogna  credere 
che  non  esista  memoria  di  Lui^  che  non  avrebbe  tralasciato 
d'indicarlo  nella  sua  Descrizione  il  sovraccennato  P.  Calassi; 
meritava  però  che  se  ne  fosse  conservato  il  nome  ed  io  e* 
sorterei  gli  eruditi  Perugini  a  indagarlo  anche  per  la  storia 
dell'Arte  Architettonica* 

XIII.  Diploma  Greco  Orientale  (') 

Mi  fu  fatto  vedere^  ma  per  pochi  momenti^  un  Diplo- 
ma Imperiale  Greco  Orientale^  che  non  so  bene  come  sia 
capitato  presso  d' un  Qttadino  della  medesima  Città  di  Pe- 
rugia; è  certamente  cosa  rara^  e  singolare^  poiché^  come 
scrive  il  Montefau9on^  rari  sono  i  Diplomi  Orientali^  ed  ei 
non  ha  potuto  riportarne  alcuno^  e  si  è  dovuto  contentare 
degli  Occidentali  di  Calabria^  e  di  Sicilia  tratti  dall'  Archivio 
dei  Basiliani  di  Roma.  Il  P.  Biagi  Camaldolese  dotto  Archeo- 
logo^ e  Grecista  nel  T.  I.  dei  monumenti  Greci  del  Musieo 
Nani  publicò  un  Decreto  Greco  di  Teodoro  Comneno  Duca 
Imperatore  confermativo  dei  beni,  e  privilegi  della  Metro- 
poli di  Corfù,  di  cui  era  Arcivescovo  un  Georgio,  Decreto 
chiamato  dall'  Editore  avxaypa(pov ,  ma  io  lo  credo  Copia, 
perchè  manca  l^  intitolazione,  non  vi  è  sigillo,  né  se  ne  parla. 


(i)  Per  quanto  l'abbia  cercato,  nessuDo  in  Perugia  ha  saputo  dirmi  nulla  dì  qua- 
tto diploma.  Il  Vermiglioli  lo  vide  in  compagnia  del  Di  Costanzo*  V.  Veiuiicuoli  .  Qn 
pus€oli,  tom.  iV,  p.  173. 


574  MICHELE  FALOCl   PULIGHANI 

e  nemmeno  si  dice  se  sia  in  membrana.  Appartiene  alP an- 
no 1228.  Veggasi  il  Commento,  che  ne  fa  appiè  del  Vo- 
lume nell'appendice  pag.  215.  Forse  lo  chiama  avToypa(pov 
relativamente  alla  Copia  soggiunta  in  caratteri  greci  comuni 
Nella  sottoscrizione  dopo  le  parole  bv  Xro  xo  Qsq  è  lasciato 
in  bianco  un'altra  parola  che  sarà  mgtog  come  nel  nostro 
Diploma  —  Se  il  nostro  Diploma  sia  autografo  originale, 
oppure  una  Copia  non  ardisco  dirlo,  ma  posto  che  sia  Co- 
pia è  certamente  antica,  e  sincrona  coli'  originale  come  quelli 
suddetti  dei  Basiliani  di  Roma  plerumque  ex  autographo 
statim  exsumpta  a  detta  del  sovraccennato  gran  Diplomatica. 

XIV.  Dei  Monocondilj  del  nostro  Diploma 

Viddi  bensì  il  nome  dell'  Imperatore  scritto  in  cinabro, 
e  così  pure  due  o  tre  di  quelle  cifre,  o  nessi  chiamati  Mo^ 
nocondilia,  il  che  potrebbe  farlo  tenere  per  originale  «  Mono- 
«  condilion  scrive  il  Montefaucon  Paleogr.  Gr.  L.  V,  p.  347. 
e  ductus  Calami,  quo  magnis  perplexis^  continuatis,  nec  in- 
«  termissis  lineis,  nomina,  lineae  integrae,  interdumque  plu- 
«r  res  una  serie  scribuntur  :  nos  vocamus  irati  de  piume, 
«  nomenque  ortum  est  a  KovdvXiov  ,  sive  KovdU^ov  ca- 
«  lamus,  vel  penicillus  pictorius.  Monocondilia  vero  in  Chry- 
€  sobulis,  et  Actis  publicis  Notariorum,  sive  Tachygrapho- 
«  rum  manuscriptis  remotae  originis  esse  putamus  :  in  li- 
«  bris  autem  a  Calligraphis  invecta  monocondilia  sunt  decimo 
«  saeculo  etc.  » 

Avrei  voluto  trarre  Copia  di  questo  Diploma,  ma  non 
mi  fu  permesso,  né  poscia  1'  ho  mai  più  potuto  avere  in 
mano.  In  quei  pochi  momenti  che  lo  tenni  potei  solamente 
notare  il  titolo,  la  data,  la  sottoscrizione ,  e  alcune  poche 
cose  alla  rinfusa,  che  anderò  qui  divisando  per  una  qualun- 
que notizia  del  Diploma. 

XV.  Miniatura  del  Diploma,  ed  Epigrafe 
dell'  Imperadore  Andronico  Comneno  Paleologo 

Vi  sono  nel  principio  in  miniatura  a  man  destra  l' im- 


L*  ODEPORICO  dell' ABB.  DI  COSTANZO  575 

magine  della  B.  V.  con  in  braccio  Gesù   Bambino,   e    V  i- 
scrizione  seguente. 

MP  0V,  cioè    Mater  Dei 

H 

nOP  Porphiretica 

OH? 
IC    XC  lesus  Xstus 

e  nella  sinistra  P  Immagine  dell'  Imperadore  coli'  Epigrafe 

ANAPONIKOC  cioè  Andronicus 

ENXfi  S  IO  in  Xto  Filio 

0V  OHA  Dei 

niSTOC  AAI,  Fidelis 

BACIAEVC  OAO  Imperator, 

K'AVoKP  TOC  et  Autocrator 

«N  P0MAI  Romanorum 

KOMNHNOC  Comnenus 

Paleologus 

L'aggiunta  nopcpvp  ....  dove  lo  scrittore  usò  l'H. 
per  T.  significherà  per  avventura  che  l' Immagine  della  Ma- 
donna è  la  Porfiria,  copiata  cioè  da  quella  che  aveva  tal 
nome^  o  perchè  fosse  nella  famosa  Sala,  o  Triclìnio  del  gran 
Palazzo  degli  Augusti  di  Costantinopoli  detta  Porjiria.  Veg- 
gasi  il  Du  -  Gange  de  Sacra  Familia,  e  dei  Porphirogeniti. 

XVI.  SolloscrÌ7^ione  dell'  Imperadore 
Andronico  Ducas  Angelo  Cotnneno  Paleologo. 

Nel  riferito  titolo  del  Diploma  l' Imperadore  Andronico 
prende  i  due  Cognomi  dì  Comneno,  e  di  Paleologo,  e  al- 
tri due  poi  ne  prende  nella  sottoscrizione^  che  dice  così: 

)^  KvdpoifiKOQ  av  xjo  10  Oo  Hiatos  BaaUsvs  km  avroxpatop 
VoyLài  ùkOVKai  kyyeXog  Kofiiffivos  HaXaioXoyog  ^ 

Andronicus  in  Xto  Deo  Fidelis  Imperaior  *et  Autocra- 
tor Romanorum  Ducas  Angelus  Comnenus  Paleologus. 


$^6  MICHELE  FALOCt  PULIGMAMI 

Nota  il  succennato  Du-Cange  nelle  sue  Famiglie  Bizantine^ 
e  nella  Costantinopoli  cristiana  che  V  Imperatore  Andronico 
fece  uso  di  questi  4  Cognomi^  che  qui  prende  nella  sua  sotto* 
scrizione^  e  li  prendeva  ancora  Michele  Paleologo^  o  almeno 
gli  vengono  dati  in  una  di  Lui  Immagine  di  un  Codice  MS. 
della  Storia  di  Giorgio  Pachimere  esistente  nella  Biblioteca 
Augusta.  Andronico  era  appunto  figlio  di  questo  Michele 
Paleologo^  che  ristabilì  V  Impero  dei  Greci,  scacciatine  i  Fran- 
chi, e  di  Teodora  Ducena,  ed  è  il  secondo  di  questo  nome 
detto  il  Seniore,  che  cominciò  a  regnare  nel  1282  ^  e  fu 
detronizzato  nel  1320,  o  21  da  Andronico  III  suo  Nepote, 
e  mori  Monaco  nel  1332.  Avea  avuto  due  Mogli,  la  prima 
chiamata  Anna  fu  figlia  di  Stefano  V.  Re  d'  Ungheria,  che 
mancò  di  vita  vivente  ancora  l'Imperatore  Michele  Paleo- 
logo,  la  seconda  fu  Irene  figlia  di  Guglielmo  VI  Marchese 
di  Monferrato. 

XVII.  Dala  del  Diploma  an.  6800  indi^.  4.  (1292). 

AlP  epoca  di  Andronico  IL  corrisponde  la  data  del  no- 
stro Diploma  del  seguente  tenore  ...  .  .  ivdtxxMvoc 
tovd  EÌaxia;[iÀiogov  oxraxoaiov  eroi  :  Indictione  4,  anno 
6800.  dell'Era  volgare  I2g2.  benché  IMndizione  4  all'an- 
no 1291.  nell'  uso  anche  dei  Greci  fino  a  tutto  Agosto  dello 
stesso  anno. 

Quelle  pochissime  cose,  che  potei  notare  nelle  mie 
schede  non  mi  danno  il  nome  del  Vescovo,  a  cui  è  diretto 
il  Diploma  contenente  la  conferma  dei  beni  della  sua  Chiesa,  e 
solamente  trovo  notato  Enovo(ia4o(ievov  tov  xpta^Aiov  ,  che 
forse  potrebbe  essere  il  nome  del  Vescovo,  Chriselius.  Vi 
ho  letto  ancora,  se  pure  ho  letto  bene,  ricordato  come  primo 
Vescovo  di  Canina  uno  per  nome  Monaco. 

Trovo  bensì  ripetuta  la  Città  b  xqv  ILavtvttp  Qso^iXauato^ 
per  QsofiXoxaxog ,  cioè  QsofiXxdxoi  EmaxoKog ,  e  più  sotto 
$ii  xo  avxo*Kaaxpav  Kavivov ,  e  in  altro  luogo  Xopav  BìÀ' 
^aypàdav  xa^  ViiMf^Bv^ 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  5  ^^ 


XVIII.  Sul  Vescovado  dello  nel  Diploma. 

Questo  Vescovado  t©i>  Kavivov  io  pensava  che  potesse 
essere  quello  di  Canea  nelP  Isola  di  Creta  oggi  Candia^  detta 
anticamente  Cadorna,  o  Cydonis  da  Tolomeo,  come  notò 
nella  Geografia  Sacra  Carlo  a  S.  Paulo  pag.  201.  Provin- 
cia Creta  «  Cydonia  Cydonis  Ptolomeo  L.  j.  C.  17.  vulgo 
«  la  Canea  Sophiano.  Sebon  ejus  Sedis  Epus  subscribit  Sy- 
«  nodali  epistolae  Provinciae  Cretae  ad  Leonem  Imper.^unde 
(T  in  ejus  Syngrapha  legendum  est  Cydoniae,  non  Dioniae  ». 

La  Città  di  Canea  era  poco  distante  dalla  Metropoli 
Ecclesiastica  Candia  nell'  Isola  dello  stesso  nome,  o  sia  Creta, 
e  passava  per  la  principale  dopo  la  metropoli*  Gio  :  Lami 
scrive  di  essa  Città  —  Tempore  belli  Cretensis  an.  1640. 
Cydoniae  seu  Caneae  XIV  latinas  Paraecias,  et  XXXIII. 
graecas  extitisse  — .  (  Del.  Erud.  T.  i.  in  praefet.  p.  33.  ) 
Flaminio  Corner  (  Creta  Sacra  P.  i.  p.  7.  )  dice  —  Cydo- 
nia  Civitas  nunc  Canea  dieta  est  propter  iniquos  Inco^ 
las  etc,  che  non  so  quanto  sia  vero.  Siegue  poi  a  narrare 
che  nel  principio  del  Secolo  XIII.  passata  Candia  sotto  il 
dominio  Veneto  vi  si  eressero  due  Vescovadi  Latini  uno  detto 
Agiense  in  antiqua,  et  celebri  Cydonia  urbe  La  Canea  nunc 
vulgo  nuncupata.  Benché  poi  questa  Città  chiamata  fosse 
volgarmente  Ixi  Canea  come  asserisce  qui  il  Corner,  egli 
medesimo  però  la  chiama  anche  Canina^  con  cui  combine- 
rebbe ò  xov  Kavivov  EsuaxoTiog,  ed  il  Kaarpov  'K.o^ivov  del 
Diploma. 

Andava  così  vagando  per  rintracciare  il  Vescovado  xov 
Ka/pivov  nominato  nel  Diploma  senza  però  soddisfare  a  me 
stesso,  non  lasciando  di  riflettere,  che  la  data  del  Diploma 
del  1291.  indicava  abbastanza,  che  non  poteva  essere  diretto 
ad  un  Vescovo  dell'  Isola  di  Candia,  della  quale  ragiona  il 
Corner,  che  non  era  ancora  sotto  il  dominio  dei  Veneziani. 
Trovava  inoltre  notata  nelle  mie  schede  la  seguente  espres- 
sione del  Diploma:  Xopav  BsÀÀaypatdoVj  xai,  Kavtvov,  e  que- 

Archivio  Storico  11.  ^7. 


578  MICHELE  FALOCl  PULTGNANl 

Sta  unione  di  una  Regione  dei  Bellegardi^  e  dei  Canini  mi 
escludeva  la  Canea  di  Creta^  e  mi  obbligava  a  cercare  un 
Belgrado  altrove^  non  quello  della  Servia  ai  confini  dell'  Un- 
gheria^ dove  a  quel  tempo  l'autorità^  e  il  dominio  dell'Im- 
peratore Andronico  non  si  estendeva^  oltre  non  trovarsi  colà 
indizio  almeno  di  Canina,  e  per  questa  seconda  ragione  non 
potea  neppur  fermarmi  alla  piccola  Città  di  Belgrado  nella 
Romania  sul  Bosforo  Tracio. 

XIX.  //  V escovo y  ed  il  Vescovado^ 
cui  è  diretto  il  Diploma  è  di  Chaonia   nelV  Epiro 

volgarmente  Canina. 

Lasciando  per  ora  il  Belgrado^  e  fissandomi  sulla  sola 
Canina,  ho  creduto  sicuro  partito  d' intendere  per  la  Canina 
la  Provincia  dell'  Epiro  detta  latinamente  Chaonia,  e  volgar- 
mente Canina,  e  ciò  con  la  scorta  del  Dizionario  Geogra- 
fico del  Ferrari,  e  del  Baudrant,  il  primo  dei  quali  scrive  — 
Chaones  Populi  Epjrri,  quorum  Re'gio  Chaonia,  olim  Mo^ 
lossia,  Canina  vulgo,  sic  ab  Urbe  primaria  etc.  ed  il  secon- 
do —  Chaones  populi  Epiri,  a  quibus  Chaonia^  nunc  dieta 
Canina  a  Castro  cognomine  intra  montes  etc;  ai  quali  si 
unisce  il  Quverio  nella  Introduzione  alla  Geografia  antica^ 
e  moderna  —  Epyrus,  quae  nunc  Canina  dicitur  —  Quanto 
poi  al  BtXXivfpadov,  trovo  che  la  prima  parte  di  questo  Vo- 
cabolo composto,  cioè  BsXXa  è  appunto  un  Vescovado  del- 
l' Epiro  rammentato  nel  Tesoro  Geografico  dell'  Ortelio,  che 
non  ho  fra  mani,  ma  ho  le  annotazioni  isolate  su  di  esso, 
e  del  dotto  Holstenio,  il  quale  alle  parole  dell' Ortelio  — 
Bella  etc.  Episcopatus  —  soggiunge  Epyri  «  e  cita  lus 
graecum  Romanum  alla  pag.  233  ;  che  io  non  ho  il  comodo 
di  consultare,  che  forse  vi  troverei  Xopav  BeXXofpaSov,  ^ 
Kavivov  del  nostro  Diploma,  e  tanto  più  me  ne  persuado 
dacché  fra  le  Tavole  dell'  Ortelio  1'  86.  Gaeciae  Unipersae 
secundum  hodiemum  ritum  Neoterica  Descriptio  vi  è  nel- 
1'  Epiro  la  Provincia  CANINA,  e  fra  i  luoghi  di  essa  Bel- 
grado. Conchiudo  intanto  che  il  Diploma  di  Andronico   è 


L  ODEPORICO  DELL  ABB.  DI' COSTANZO 


579 


diretto  al  Vescovo  di  Canina  cioè  dì  Chaonia  nell^  Epiro 
con  la  numerazione,  e  conferma  dei  Beni  dalla  sua  Chiesa 
posseduti. 

Impinguerò  P  articolo  di  Perugia  con  dar  conto  di  al- 
cuni pregievoli  monumenti  Etrusci  scoperti  recentemente^  e 
in  specie  di  tre  Patere  di  bronzo  figurate,  che  per  averle 
maneggiate  ho  avuto  comodo  di  osservarle  minutamente^  e 
minutamente  descrìverle. 

XX.  Ipogeo  Etrusco  di  recente  scoperto. 

Verso  la  fine  dell^anno  1802  fu  scoperto  in  Perugia 
un^  Ipogeo  Etrusco  entro  una  possessione  dei  Benedettini  di 
S.  Pietro  del  Vocabolo  Ponticel  di  Campo  in  poca  distanza 
della  Città.  Vi  erano  dieci  urne  di  pietra  disposte  in  serie 
V  una  presso  1^  altra  senza  bassi  rilievi^  fuori  di  una  ornata 
di  pelte^  e  in  mezzo  un  rosone.  Cinque  di  esse  hanno  in 
cima  la  solita  breve  iscrizione  etrusca^  la  sesta  è  Romana^ 
la  quale  serve  a  meraviglia  per  illustrare  l' Etrusche,  che  tutte 
d'  accordo  portano  il  nome  della  Gente  Salvia  già  nota  an- 
che da  Tranquillo  Svetonio  in  Ottone  come  proveniente  dal- 
l'Etruria.  Le  quattro  altre  sono  anepigrafe.  Trascrivo  qui 
le  iscrizioni  secondo  la  copia  mandatamene  da  Perugia. 

XXI.  Urne  con  epigrafi  Etrusche  detta  gente  Salvia, 
ed  una  Latina  detta  medesima  gente. 


L* 


2.» 


jiasi-  aiìjfla.  hjam 


580 


MICHELE  FALOCI   PULIGNAKI 


3.' 


5-* 


6.' 


SM-    J/ÌM.    /Ì3M3JSA 


1 

aastaa.  HJ/ìM3Jvfì 

JAOSAJ.    =|JPIM.   32 

e     SALVIVS,     SALVIAE.     CN. 


Queste  Iscrizioni  somministrano  dei   lumi  per   V  Alfa- 
beto, per  i  Prenomi,  e  per  le  altre  cose  Etrusche, 


XXII.  Patere  di  bronco  figurale  anepigrafe 

Condurne  furono  anche  trovate  tre  Patere  di  bronzo, 
due  intere,  ed  una  rotta  al  manico,  di  cui  però  non  man- 
ca il  pezzo.  Sono  tutte  tre  graffite  con  figure ,  ma  senza 
lettere.  La  maggiore  è  di  un  diametro  di  circa  sette  onde  , 
le  altre  di  sei.  In  ciascuna  di  queste  due  minori  sono  deli- 
neate due  figure  di  fianco  riguardantesi  V  una  1^  altra,  coi  volti 
in  profilo  assai  brutti,  e  sconci,  e  sebbene  non  appajano  lar- 
vati, tali  però  avrà  inteso  di  rappresentarli  l' incisore.  Il  di- 
segno è  terminato  con  poche  linee  di  lavoro  assai  rozzo.  In 
una,  le  figure  portano  sul  capo  un  pileo  con  varie  pliche,  e 
con  una  ripiegatura  al  di  dietro,  ed  era  stile  dei  Comici 
V  andar  pileati.  La  veste  arriva  fino  alle  ginocchia,  precinta 
sotto  il  petto  con  rare  pieghe  delineate  senza  verun'  arte.  Il 
braccio  diritto  nudo  portato  in  un  fianco  senza  far  vedere 
la  mano,  e  il  sinistro  rimane  totalmente  nascosto.  U  pie  si- 
nistro è  alzato  indietro,  ed  è  coturnato  a  differenza  dell'al- 
tro privo  di  ogni  calzatura.  In  mezzo  fra  le  due  persone  si 
vede  come  un  fastigio,  da  cui  forse  pende  un  velo,  che,  se- 


L^  ODEPORICO  DELL^ABB.   DI   COSTANZO  581 

condo  che  io  penso^  sarà  il  Sipario^  giacché  le  figure  sono 
due  commedianti^  e  cosi  la  patera  rappresenta  una  scena. 
Le  due  figure  delP  altra  patera  compagna  hanno  la  mede- 
sima vestitura^  e  la  stessa  mossa  ^  e  atteggiamento  già  de- 
scritti nella  prima  ^  se  non  che  il  pileo  è  acuminato  colla 
punta  curvata  davanti  come  il  frigio^  e  con  rivolte^  che  dalla 
fronte  si  ripiegano  indietro^  e  discendendo  cuoprono  il  collo 
a  una  maniera  scenica^  o  teatrale  come  è  da  credere^  la  ve- 
ste corta  sino  alla  metà  delle  coscie;  il  piede  sinistro  in 
ambedue  le  figure  come  nelP  altra  patera^  alzato  in  dietro , 
e  ambedue  i  piedi  con  coturno  tragico ,  e  anche  qui  pare 
che  vi  sia  il  sipario  per  una  linea  sinuosa  posta  fra  le  teste 
delle  figure ,  e  per  un^  altra  più'  inferiore  segnata  verso  la 
metà  di  esse. 

La  patera  più  grande  presenta  quattro  figure  disegnate 
con  arte^  e  con  franchezza^  ed  ha  intomo  al  lembo  un  or- 
nato di  fiorii  e  foglie.  La  figura  a  man  sinistra  è  ignuda^  e 
di  un  be(  contorno^  con  una  mossa  altrettanto  bella ^  che 
naturale^  sedendo  sull^  anca  dritta  su  di  un  sasso^  o  scoglio^ 
e  tenendo  V  altra  coscia^  e  piede  sinistro  distesi^  laddove  il 
dritto  è  alzato^  e  appuntato  al  detto  sasso^  e  sopra  il  ginoc- 
chio è  appoggiato  il  gomito  con  la  mano  rivolta  al  viso^ 
toccante  il  mento  col  dito  indice  in  atto  di  ascoltare  con 
attenzione.  L^ altro  braccio  è  portato  sulla  coscia  dritta,  e 
su  di  essa  abbandonato.  Ha  in  capo  una  berretta  con  pie- 
ghe ,  o  fasce  d' intorno  ;  dietro  le  spalle  le  pende  un  palu- 
damento alla  Greca^  di  cui  una  piega  è  ponata  sulla  coscia 
dritta  dove  poggia  il  braccio^  e  nel  lembo  estremo  scorgesi 
un  fiocco,  come  sì  osserva  nei  paludamenti  Etrusci.  Il  volto 
è  di  un  profilo  non  avvenente,  ma  franco,  benché  di  tratti 
alquanto  risentiti,  come  sono  nelle  altre  figure.  Ha  i  calzoni 
fin  sotto  le  polpe  delle  gambe  allacciati  alla  maniera  degli 
antichi.  Appresso  a  questa  vedesi  un^  altra  figura  ritta  in 
piedi,  ignuda  anch^  essa  e  solo  sulla  spalla  sinistra  si  vede 
una  piega  del  manto,  che  le  pende  dietro  lungo  la  coscia,  e 
fino  a  mezza  gamba  con  belle  pieghe,  e  con  quel  fiocchetto 
all^  estremità  come  sopra  ho  notato.   Ignuda  é  la  testa  coi 


582  MICHELE  FALOCl  PULiGKAKI 

viso  di  prospetto^  e  i  piedi  con  parte  delle  gambe  adorni  di 
coturni  venatorìi^  come  li  credo.  Tutto  il  contomo  panni 
assai  bello^  e  svelto^  col  braccio  dritto  rivolto  al  fianco^  ma 
il  sinistro  è  nascosto  dalla  figura^  che  le  sta  vicino. 

Siegue  la  terza  figura^  che  resta  indietro  alla  già  descrit- 
ta^ ed  è  di  donna^  come  che  al  viso  sembri  tutt^  altro  ^  con 
veste  lunga  fino  a  terra^  e  anche  essa  ha  sul  capo  una  ber- 
retta alquanto  più  acuminata^  ma  però  della  forma  medesi- 
ma delle  altre.  La  quarta  figura^  benché  coperta  di  rugine^ 
si  riconosce  nella  mossa^  e  positura  medesima^  che  si  è  de- 
scrìtta nella  prima^  ha  però  il  braccio  e  mano  diritta  stesa 
in  atto  di  ragionare  verso  la  donna^  che  la  riguarda^  coperto 
il  capo  di  un  pileo  della  hiedesima  forma  ^  e  la  mano  sini- 
stra distesa  sulla  coscia.  I  profili  dei  volti  sono  di  tratti  assai 
risentiti^  e  le  fisonomie  ineleganti^  e  fra  loro  somigliantissime. 
Sembra  strano  che  in  corpi^  e  membra  di  contorni  si  belli^ 
e  gentili  veggansi  volti  cotanti  ingrati.  Non  iscorgo  fra  que- 
ste figure  simbolo  alcuno^  che  ser\'a  ad  indicare  i  Personaggi 
che  rappresentano^  quando  pur  qualche  indizio  non  ne  diano 
le  sembianze^  che  sembrano  di  Tracia  o  altri  barbari  Eroi^ 
od  anco  quei  pilei^  che  hanno  in  testa^  somiglianti  alla  mi- 
tra armenica. 

Osservo  da  ultimo^  che  a  questa  nostra  patera  rassomi- 
glia quasi  compitamente  un'  altra  della  Galleria ,  o  Regio 
Museo  di  Firenze  da  vedersi^  e  confrontarsi  presso  Demstero 
alla  Tavola  IV.  Ha  ella  pure  quattro  figure ,  due  ai  lati  se- 
denti^ e  in  atto  di  ragionare^  ambedue  ignude  con  atteggia- 
menti perfettamente  eguali  alle  nostre^  con  la  terza  figura  di 
prospetto^  e  la  quarta  indietro  di  donna  di  brutta  fisonomia  : 
la  diversità  grande  però  consiste^  che  la  detta  terza  figura 
di  prospetto  nella  patera  Demsterìana  è  di  donna  ^  laddove 
nella  nostra  è  sicuranpiente  maschile^  e  le  due  figure  dei  lati 
hanno  la  testa  nuda  nella  Demsteriana,  e  coperta  nella  no- 
stra^ ma  in  tutto  il  rimanente  combinano  per  modo^  che 
non  può  una  rappresentare  altra  cosa  diversa  da  quello^ 
che  viene  rappresentata  dalP  altra^  quando  non  si  opponga 
il  sesso  diverso  della  figura  di  prospetto  :  la  Demsteriana  però 


l'  odeporico  dell^abb.  di  costakzo  583 

ha  inoltre  il  vantaggio  deir  iscrizione^  di  quattro  nomi  cioè 
posti  di  prospetto  a  ciascuna  delle  iSgure^  di  che  manca  quer 
sta  nostra.  Un'altra  patera  presso  Demstero  Tavola  XXXVIII 
ha  molta  somiglianza  colle  qui  descrìtte^  ma  oltre  alcuni  sim- 
boli dei  quali  è  priva  affatto  la  nostra^  ha  nelle  due  figure 
laterali  incisi  i  nomi  in  caratteri  etruschi  ^  cioè  in  una 
3J1AMV>  J^cll'sdtra  3S/4n3.  H  Passeri  spiegò  questa  rap- 
presentanza pel  risorgimento  di  Alcesie,  avendo  letto  la  se- 
conda parola  Else  cioè  Alceste,  ma  poi  lesse  meglio  Echhy 
e  credè  di  vedervi  Ercole  che  combatte  la  morte^  e  le  toglie 
la  preda^  e  cosi  nell'  altra  parola  lesse^  e  intese  Eomelo  figlio 
di  Alceste^  di  cui  festeggia  il  risorgimento.  La  spiegazione 
non  ha  ben  soddisfatto  gli  Eruditi^  onde  il  soggetto  di  quel- 
la patera^  e  così  ancora  della  nostra  rimane  incerto^  e  inde- 
ciso. Ma  più  simile  alla  Perugina  è  la  patera  sovraccennata 
presso  il  Demstero  T.  I.  Tab.  IV.  riportata  inoltre  dal  Gori 
Mus.  Etrus.  p.  03^  e  riprodotta  ultimamente  dal  Lanzi  Sag. 
Etrus.  T.  II.  p.  IL  Tav.  6.  N.  4.  Se  non  fosse  che  le  tre 
figure  di  questa  hanno  il  capo  nudo^  e  quelle  della  Perugi- 
na coperto  di  un  biretto  ^  si  direbbe  1'  una  copiata  dalP  al- 
tra^ tanto  sono  simili  le  mosse^  e  gli  atteggiamenti  di  tutte 
e  quattro  le  figure:  La  Perugina  però  non  ha  caratteri  co- 
me la  Demsteriana^  che  sul  capo  delle  4  figure  ha  segnati  i 
nomi,  cioè  PI ] 0 M 3 M  (Mner va)  VJlPi  ( Aplu)  M fì 0 V > 
(  Turan  ).nfl(J/^J  (Laran)  che  il  dotto  Lanzi  tenta  spie- 
gare nel  suo  saggio  T.  II.  p.  I.  pag.  200. 

XXIII.  Basso  rilievo  di  Urna  elrusca  non  comune. 

Contemporaneamente  ricevei  dalP  eruditissimo  Sig.  Gio: 
Battista  Vermiglioli  un  disegno  di  basso  rilievo  di  Urna 
Etnisca,  che  non  mi  ricordo  di  aver  mai  riscontrato  nel 
Demstero,  e  nelle  altre  Collezioni  di  Monumenti  Etruschi 
compresa  V  ultima  del  valoroso  Abate  Lanzi.  Se  ne  vegga 
il  Disegno  nelle  Tavole  che  saranno  in  fine  da  servire  di  pa- 
rergo  al  presente  Odeporico.  Io  poi  non  dubito,  che  quivi 


584  MICHELE  FALOCl   PULIGNAKI 

sia  rappresentata  una  delle  prodezze  d^  Ercole,  di  cui  è  ca- 
ratteristica il  combattere  colla  clava,  come  è  espresso  nella 
scoltura,  e  ne  scrissi  già  al  suddetto  Sig.  Vermiglioli.  Farmi 
che  tutto  combini  colle  antiche  favole  delle  forze  di  Ercole^ 
tra  le  quali  è  spesso  dai  Mitologi  rammentata,  benché  con 
circostanze  sempre  varie,  quella  di  aver  ucciso  i  mostri ,  ed 
i  Giganti,  e  tra  essi  Alcioneo  armato  di  sassi,  quale  si  rap- 
presenta in  questo  basso  rilievo.  Si  sa  che  i  Giganti  sono 
•descrìtti  come  mostruosi,  ed  anche  chiamati  Serpentipedi,  ed 
Anguipedi,  e  quelP  emistichio  di  Ovidio  —  Serpentigerosque 
Giganies  è  letto  da  altri  —  Serpentipedesque  Gigantes  :  ma 
senza  ciò  lo  stesso  Ovidio  dice  dei  Giganti. 

Mille  manus  illis  dedit,  et  prò  crurìbus  Angues. 
Che  se  qui  non  si  veggono  le  mille  mani,  oltre  che  non  è  possi- 
bile d' esprìmerle,  era  libero  ad  ogni  Artefice  il  rappresentare 
le  favole,  come  più  loro  piaceva,  serbando  bensì  una  delle  più 
essenziali  caratteristiche,  come  ha  qui  &tto  P  Etrusco  Scul- 
tore dando  ai  Giganti  prò  cruribus  angues.  Colle  gambe  di 
Serpenti  veggonsi  rappresentati  i  Giganti  in  un  grande  Sar- 
cofago del  Museo  Vaticano.  (')  Vedi  etc.  Quindi  V  Egida  di 
Minerva,  che  uccise  Fallante  uno  dei  Giganti,  donde  fu  no- 
minata Fallade,  è  formata  di  squame  di  serpenti,  e  a  di  Lei 
imitazione  sono  formate  di  squame  le  Corazze  degP  Impe- 
radori. 

«  Aegidaque  horrìficam  turbatae  Falladis  arma, 
«  Certatim  squamis  serpentum,  auroque  polibant  ». 

Aeneid.  8.  v.  435.  -  36. 

La  duplicazione  delP  Eroe  si  spiega  facilmente  con  dire^ 
che  F Artefice  intese  di  rappresentare  Ercole,  ed  un  suo 
Compagno  assunto  nelle  sue  spedizioni,  come  pur  finge  la 


(f)  Qol  il  Di  Cotttozo  Tolle  porre  qualche  citiziooei  ma»  o  se  ne  dimenticò,  o  non 
V  ebbe  pronta. 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  585 

Favola^  e  ambedue  armati  di  Clava  che  non  ancora  erano 
state  trovate  le  armi  di  ferro^  e  questo  Compagno  di  Ercole 
può  credersi  con  ogni  verosimiglianza  essere  lolao  figlio  dV- 
ficle  fratello  di  Ercole^  che  i  Greci  rammentano^  secondo 
che  attesta  Pausania  in  Arcadicis,  qual  Compagno  d^  Ercole 
nelle  sue  spedizioni^  o  secondo  Euripide  suo  Scudiero^  ed 
Amico.  Sembra  infatti  che  lo  Scultore  volesse  distinguere 
V  un  soggetto  dall'  altro  disegnando  Ercole  colla  spoglia  del 
Leone^  e  l' altro  senza. 

Alle  cose  da  me  osservate  in  Perugia  darò  compimento 
colla  relazione  d'  un  utile^  e  vantaggiosissima  operazione  ivi 
fatta^  di  cui  sono  stato  io  medesimo  il  Promotore^  e  in  un 
vero  senso  1'  Autore. 

XXiV.  Condutlore  Frankliniano, 
il  primo  costruito  in  Perugia 

Parlo  del  magnifico  Conduttore  applicato  al  Campanile 
della  Chiesa  di  S.  Pietro  dei  Benedettini^  il  primo  che  in 
Perugia  si  costruisse,  e  ad  imitazione  del  quale  né  fu  for- 
mato un  altro  nel  Palazzo  publico  della  Città  ^  e  un  terzo 
per  la  Chiesa  degli  Angeli  nel  Piano  di  Assisi.  Ecco  dun- 
que 1'  occasione  che  a  sì  proficua  operazione  diede  motivo. 
L'alta  Torre  del  Campanile  veniva  spesso  bersagliata  dai 
fulmini  con  grave  danno  non  meno^  che  con  terrore  dei  Mo- 
naci^ e  famiglia  di  quell'  insigne  Monastero  :  qualche  anno 
prima  che  si  pensasse  seriamente  al  riparo  mediante  un 
Conduttore  alla  Frankliniana^  un  orrendo  temporale  scari- 
cando fulmini  e  saette  contro  il  Campanile^  ne  troncò  la 
cima  della  piramide^  e  ne  fece  rovinare  con  impeto^  e  sca- 
gliare enormi  sassi  sul  tetto  della  Chiesa,  ed  altri  prossimi^ 
per  cui  il  soffitto  dipinto  a  Cassoni  con  oro^  e  azzurro  ne 
fu  in  parte  guasto^  e  rovinato^  e  passando  inoltre  i  fulmini 
nella  navata  maggiore  della  Chiesa^  andarono  a  strisciare^  e 
squarciare  i  gran  quadri^  che  adornano  le  pareti  della  na- 
vata^ e  quello  del  fondo  eh' è  il  più  vasto  di  tutti  ne   fu 


586  MICHELE  FALOCl  PULlGNilKI 

assai  malconcio.  Si  calcolò  il  danno  a  due  migliaja  e  più  di 
scudi^  e  intanto  mozzata  la  cima  della  Piramide^  il  Oimpa* 
nile  restò  deturpato^  e  senza  quella  maestosa  comparsa  che 
prima  presentava.  In  questo  deforme  stato  rimase  fino  al 
1788  nel  quale  anno  capitato  fortunatamente  in  Assisi^  e 
rendutosi  mio  Ospite  il  celebre  Professore  di  Padova  Giu- 
seppe Toaldo  promotore  benemerito^  e  regolatore  peritissimo 
dei  Ck>nduttori  Frankliniani^  mi  porse  opportuna  occasione 
di  condurlo  meco  a  Perugia  ad  osservare  i  danni  cagionati 
dai  fulmini  nel  Campanile^  Chiesa^  e  Monastero  dei  Bene- 
dettini^ e  colP  autorità^  e  credito  di  tant'uomo  indurre  quei 
Monaci^  che  non  ben  sceveri  dai  comuni  pregiudizio  non  sa- 
pevano ancora  risolversi  a  munire  se  stessi^  e  la  loro  abita- 
zione col  salutare  riparo  del  Conduttore.  Giunti  a  Perugia^ 
e  non  appena  osservata  la  posizione  del  Monastero  isolata 
sul  ciglio  del  monte^  e  V  elevatezza  della  Torre  del  Campa- 
nile Cuspidato^  questo,  sclamò  il  Sig.  Toaldo  ^  è  un  roccolo 
di  fulmini,  e  rivolto  al  P.  Abbate,  lo  avvertì  seriamente 
del  grave  pericolo  che  gli  sovrastava  dalla  caduta  dei  fui- 
mini,  se  non  si  risolveva  a  porvi  senza  ulteriore  dilazione 
il  necessario  riparo  mediante  un  Conduttore.  Se  ne  stabili  la 
costruzione,  e  fatto  chiamare  il  Capomastro  Cerrini  uomo 
di  molta  abilità  e  ingegno,  se  gli  spiegò  dal  Professore  Toal- 
do tutto  il  meccanismo  del  Conduttore  da  costruirsi,  che 
promise  il  giorno  appresso  di  dar  principio  all'  opera.  Io  avrei 
voluto  che  il  Sig.  Toaldo  si  fosse  fermato  per  dirigere  l'o- 
pera, ma  gl'impegni  della  sua  Cattedra  dalla  quale  era  as- 
sente da  alcuni  mesi  l' obbligavano  al  sollecito  ritorno  a  Pa- 
dova, come  difatti  esegui  partendo  il  seguente  giorno  da 
Perugia,  e  dirìgendosi  per  Firenze  verso  lo  stato  Veneto. 
Io  stimai  bene  di  dire  al  P.  Abbate  che  la  costruzione  del 
Conduttore  non  dovea  affidarsi  al  solo  Capo  mastro  Cerrini, 
per  quanto  dalle  istruzioni  avute  dal  Professore  Toaldo  ne 
avesse  compreso  tutto  il  meccanismo  con  le  cautele  da  os- 
servarsi, ma  che  stimavo  necessaria  l' assistenza,  e  presidenr 
za  di  un  Professore  non  solamente  capace  di  tutte  le  teo- 
rie deir  Elettricismo,  ma  di  più   pratico   ed  esperto  nella 


L^  ODEPORICO  DELL*  ABB.  DI  COSTANZO  587 

costruzione  dei  Conduttori.  Ne  convenne  il  P.  Abbate,  ed 
io  mi  presi  V  incarico  di  far  venire  un  soggetto  fornito  di 
tutti  i  necessari  requisiti,  quale  fu  il  P.  Lettor  Fonda  Sco- 
lopio  Publico  Professore  di  Fisica  esperìmentale  nella  Sa- 
pienza di  Roma,  che  aveva  armato  di  Conduttore  la  Fabrìca 
medesima  della  Sapienza,  e  di  altri  Edificj  di  Roma,  ed  al- 
trove siccome  in  Italia,  e  in  Germania  ancora.  Aveva  io  di 
questo  valente  Uomo  piena  cognizione,  e  da  molti  anni  le- 
gato seco  Lui  in  amicizia,  ne  conosceva  i  rari  talenti,  ed 
era  sicuro  di  non  poter  fare  migliore  scelta  di  Lui,  massime 
in  questa  sorta  d'operazioni.  Lo  invitai  adunque  con  lettera 
obbligante,  ed  accettato  da  Lui  l' invito,  lo  pregai  a  solleci- 
tare la  sua  venuta  in  Perugia,  giacché  andava   inoltrandosi 

V  estate  stagione  molto  soggetta  alle  tempeste  e  ai  temporali. 
Frattanto  eh'  ei  giungesse  procurai  di  diradare  dalla  mente 
di  alcuni,  dentro  e  fuori  del  Monastero  i  dubbj  e  timori 
concepiti  per  la  costruzione  del  Conduttore  da  loro  appreso 
come  un  richiamo  di  fulmini,  facendo  comprendere  che  n'  e- 
ra  anzi  il  dissipatore,  e  Punico  riparo  contro  ai  loro  colpi, 
e  i  funesti  effetti  che  producono.  Mi  riusci  di  capacitarne 
uno  dei  più  contrarj,  che  da  oppositore  divenne  il  patroci- 
natore dei  Conduttori,  e  ne  prese  la  difesa  fra  la  Comunità 
dei  Monaci,  e  nella  Città  ancora,  dove  malgrado  V  università, 
non  mancò  anche  fra  i  Professori  chi  condannasse  come  pe- 
ricoloso il  Conduttore,  ovvero  lo  mettesse  in  derisione. 
Giunse,  il  Professore  Fonda  ai  primi  di  Luglio,  ed  esaminata 
la  Fabbrica  del  Campanile,  e  gli  Edifizi  che  gli  stanno  al- 

V  intórno,  e  le  altre  località,  si  pose  mano  alP  opera  con  eri- 
gere tre  fucine  per  preparare  il  ferro,  con  formare  i  ponti 
intorno  al  Campanile  fino  alla  sommità  della  Piramide,  e 
con  esaminare  attentamente  tutte  le  grandi  catene,  che  cin- 
gono la  mole  del  Campanile,  o  lo  attraversano ,  onde  ren- 
derle tutte  comunicanti  fra  loro,  per  serbare  la  tanto  neces- 
saria continuità,  e  in  fine  con  misurare  V  estensione  dei  tetti 
e  dei  muri  per  dove  passar  doveva  il  Conduttore,  e  scan- 
dagliare V  altezza  del  pozzo  dove  doveva  immergersi  e  ter- 
minare. Tutto  il  lavoro  intrapreso  e  continuato  con  fervore. 


5  83  MICHELE  FALOCI  PULlGNAKf 

non  meno  che  con  buon'ordine,  malgrado  il  numero  dei 
Fabrì,  dei  Muratori,  e  dei  Scalpellini  impiegati  nel  medesi- 
mo tempo  alle  varie  respettive  incombenze,  non  fu  compito 
intieramente,  che  nello  spazio  di  15  giorni.  Furonvi  impiegate 
3362  Libre  di  ferro,  e  tutta  la  spesa  come  dalla  infrascritta 
nota  apparisce  ammontò  a  scudi  337  :  75. 

Spesa  fatta  dal  Monastero  di  S.  Pietro  di  Perugia  per 
il  semplice  G)nduttore  messo  al  Campanile  della  Chiesa. 

Per  Lib.  3362,  One.  io  ferro  di  diverse  qualità  servito  per  il 
medesimo,  compresa  la  Croce  sopra  lo  stesso  Campanile,  e 
allacciatura  di  comunicazione  con  le  vecchie  catene  dello 
stesso Se.  143:  97 

Per   fatture  pagate  al  Fabro  a  vari  prezzi  secondo   la  qualità 

dei  lavori .        .        Se.    89:  16 

Per  le  giornate  dei  Muratori  a  metterlo  in  opera      .        .        Se.    48:  — 

Per  opere  dello  Scarpellino  relative  al  detto  Conduttore,  e  ma- 
teriali ad  uso  del  medesimo Se.      8:  0$ 

Per  i  viatici  al  Professore  Mattematico  P.  D.  Girolamo  Fonda 
Scolopio  Lettore  della  Sapienza  di  Roma,  e  regalo  fattogli 
oltre  al  trattamento  in  Monastero  .        .        .  Se.    48:  57 

Totale        Se:  537:  7$ 

Dacché  fu  costruito  il  Conduttore  non  ha  mai  più  da*^ 
to  verun  fulmine  né  sul  Campanile^  né  sulla  Chiesa^  né  in 
tutta  V  estensione  di  fabbriche  che  compongono  il  vasto 
Monastero^  e  laddove  per  P  addietro  quasi  ogni  anno  cade- 
vano fulmini^  e  spesso  con  grave  danno ,  e  ruine^  dalP  an- 
no 1788  in  cui  fu  apposto  il  Conduttore  non  n'  é  più  ca- 
duto veruno  a  tutt^  oggi  (  cioè  in  17  anni ,  che  compisco- 
no in  questo  stesso  mese^  che  fo  trascrivere  le  presenti 
memorie.  )  Un  esatto  disegno  di  questo  bellissimo^  e  feli- 
cissimo Conduttore  veggasi  in  fondo  al  presente  Odeporico 
sotto  il  N.  dove  dal  bravo  Capomastro  Cerrini  é  se- 

gnato colP  ultima  accuratezza  la  strada  che  fa  il  Condutto- 
re dalla  sua  Origine^  cioè  dalla  Croce  in  cima  al  Campanile 
fino  alla  sua  sommersione  al  fondo  di  un  pozzo^  con  le  più 

esatte  misure  di  tutte  le  sue  partii  e  con  la  descrizione  mi^ 
nuta  di  tutti  i  mezzi  adoperati  per  sostenerlo^  e  assicurarlo. 


l'  odeporico  dell'  ABB.  di  COSTANZO  589 

XXV.  Cippo  antico  con  la  forinola  agraria 

Iter  debetur. 

Partendo  da  Perugia  viddi  un  Gppo  scoperto  allora 
allora  nelle  vicinanze  del  Ponte  S.  Giovanni  sotto  la  Città^ 
V  Iscrizione  del  quale  per  l' espressione  Iter  debetur  ha  pure 
il  suo  pregio.  Eccola: 

sic 

ITER  DEBTVR  AD 

MONVMENTV 

C  CLANI  C  L. 

HILAR.  CVR. 

§.  V.  TODI,  E  MASSA  DI  TODI 

Todi  Città  Umbra  divenuta  Etrusca  è  ricca  dì  antichi 
monumenti  Etruschi  quanto  altra  mai  delP  Etrurìa  propria- 
mente- detta;  in  fatto  poi  di  monete  antiche  di  vari  Coni  ^ 
e  Tipi^  e  grandezze  se  non  supera^  non  è  sicuramente  su- 
perata da  veruna  Città  Etrusca. 

La  sua  Zecca  è  assolutamente  delle  più  celebri  fra  le 
Etrusche,  che  però  non  erano  molte,  e  la  vicina  Perugia 
benché  una  delle  Metropoli  Tirrene  non  ha  potuto  mostrarne 
pur  una  con  certezza.  Sono  pieni  i  Gabinetti  delle  monete 
Tuderti  con  1^  epigrafe  Tutere  in  Etrusco:  è  benà  notabile 
che  fra  queste  se  ne  trovano  di  tempi  assai  recenti,  e  sicu- 
ramente dopo  la  guerra  Sociale,  e  sono  battute  e  non  fuse 
con  eleganti,  e  ben  disegnati  Tipi  da  attribuirsi  agli  uldmi 
tempi  della  Repubblica  Romana,  dopo  che  Todi  ebbe  il  jus 
Civitatis,  e  ciò  prova  che  non  a  tutti  i  Municipi  tolto  fosse 
il  diritto  di  batter  moneta ,  come  comunemente  si  crede. 
Certo  è  che  fino  alla  metà  del  VI  Secolo  di  Roma,  Todi 
battè  moneta. 

NelF  atto  che  scrivo  mi  viene  alle  mani  un  Quadrante 
fu30  colla  rana,  e  con  l'ancora,  e  le  due  lettere  VY  con 
tre  globetti.  Una  simile,  ma  ih  piombo  è  riportata  dal  Ge- 
snero  nella  Tav,  84  Pop.  et  Vrb.  che  la  dice  incerta  e  le 


590  MICHELE  FALOCl  PUUGNANI 

lettere  YV  sono  da  emendarsi  con  questa  nostra' Medaglia. 
La  lettera  y  è  qui  espressa  così  y,  ch^  è  una  delle  forme 

notate  nell'Alfabeto  Etrusco^  e  dal  dotto  Lanzi  creduta  più 
frequentata  presso  i  Popoli  Umbri.  Lo  stesso  Lansd  (T.  II 
p.  I.  pag.  29  )  rammenta  questa  moneta  fra  le  Tudertine^ 
ma  con  la  lettera  \  etnisca  come  nelle  altre  senza  riferirne 

il  Tipo.  Bensì  nella  Tav.  L  N  3  riporta  il  nostro  medesimo 
tipo^  cioè  V  ancora  e  la  rana  con  le  lettere  ^  J  |  a  un  solo 
globetto^  che  congettura  appartenere  a  |LVA-  Parlò  dun- 
que del  nostro  Quadrante  senza  ben  conoscerne  il  tipo^ 
avvertendo  bensì  che  più  raro  tipo  è  la  rana.  Da  tutte  que- 
ste osservazioni  ne  deduco^  che  il  nostro  Quadrante  è  dei 
rari. 

I.  Famosa  IscriiionCy  ma  sospetta 

Molte  sono  le  iscrizioni  sparse  per  la  Città^  e  in  tanto 
numero  che  non  so  se  alcuno  abbia  avuto  cura  di  racco- 
glierle tutte.  Parecchie  ne  viddi  per  le  gradinate  della  Chie- 
sa di  S.  Fortunato^  ma  non  mi  fermai  che  su  quella  già 
nota^  e  riportata  dai  Collettóri  posta  in  Piazza  nel  muro 
del  Palazzo  pubblico  del  seguente  dettato. 

PRO.    SALUTE 

COLONIAE  ET  ORDINIS 

DECVRIONVM.   ET.    POPVU 

TVDERTIS.  lOVI.  OPT.  MAX. 

CVSTODl.   CONSERVATORI 

Q.VOD.  IS  SCELERATISSIMI.  SERVI 

PVBLICU  INFANDO.    LATROCINIO 

DEFIXA.  MONVMENTIS.    ORDINIS 

DECVRIONVM.  NOMINA 

NVMINE.  SVO.  ERVIT.  AC.  VINDI 

CAVIT.  ET.  METV.  PERICVLORVM 

COLONIAM.    CIVESOVE.  LIBERAVO* 

L.  CANCRIVS.   CLEMENTIS.  UBERTVS 

PRIMIGENIVS 

SEXVIR.  AVGVSTAUS.  ET.  FLAVIAUS 

PRIMVS.  OMNIVM.  HIS.    HONORIBVS 

AB.   ORDINE.   DONATVS 

voTVM.  soLvrr. 


l'  odeporico  dell' ABB.  di  COSTANZO  .  59 1 

ma  mi  par  dì  vedere  in  questa  Iscrizione  un  genio  Retto- 
ridante,  che  secondo  il  M.  Mafiei  fa  sospettare  di  sua  sin- 
cerità. \J  unione  di  Seviro  Àugustale,  e  Flaviale  mi  è  pur 
sospetta^  e  più  ancora  quel  Clementis  Ltbertus,  non  essen- 
do Clemens  un  prenome  Romano ,  che  ivi  doveva  enun- 
ciarsi^ ma  un  cognome^  che  non  vi  deve  aver  luogo.  Quale 
poi  fosse  1^  infando  latrocinio  del  Servo  pubblico  vendicato 
da  Giove  col  liberare  dal  timore  dei  perìcoli  la  Colonia^  e  i 
Cittadini  non  ben  s' intende.  Nondimeno  1^  Iscrizione  è  stata 
da  molti  ammessa  per  sincera^  e  riferita  nelle  loro  Opere ^ 
come  fra  gli  altri  dalPAb.  Morcelli  senza  sospetto  di  alcun 
vizio  ('). 

IL  Antico  Foro 

» 

Dietro  la  Casa  dei  Nobili  Laurenti  si  veggono  avanzi 
di  grandioso  Edificio  Romano  con  fregi,  bassorilievi,  e  gran- 
di nicchioni  che  si  credono  di  un  Tempio  di  Marte,  Nume 
particolarmente  venerato  dai  Tuderti,  delti  perciò  Gradivi' 
colaej  e  secondo  altri  di  un  Foro,  eh' è  il  sentimento  del 
Sìg.  Giovanni  Antolini  valoroso  Architetto,  di  cui  ho  vedu- 
to il  disegno  fatto  colla  solita  sua  diligenza,  ed  eleganza.  (') 
Fuori  della  Porta  di  S.  Filippo  si  veggono  tuttora  i  fonda- 
menti ddV  antico  Anfiteatro,  e  non  lungi  molte  altre  rovine 
di  Teatro,  o  di  Qrco,  di  cui  una  Gttà  tanto  celebrata  da- 
gli antichi  non  dovea  certamente  esser  priva.  Osservai  pa- 
rimenti dirimpetto  alla  Casa  dei  Conti  Francisci  dei  resti 
di  mura  antiche  della  Città  di  costruzione  Romana,  che  se- 
gnano gli  antichi  confini  della  medesima  in  oggi  assai  più 
dilatata. 

III.  Tempio  della  Consolazione. 

Merita  poi  V  incomodo  di  andare  a  Todi  per  vedere  il 
magnifico  Tempio  detto  della   Consolazione   opera  insigne 


(t)  La  pobblìcò  recentemeate  il  Lboni  nelle  Memorie  Storiche  di  Todi.  Todi,  Nt- 
tiliy  i86o«  appeodice,  pag.  IL  n  i,  ove  le  iscrìzioni  tuderttne  sono  tutte  raccolte, 
(a)  L'  Antolini  ne  scrisae  pare  una  descrizione. 


$92  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

del  celebre  Bramante  Lazzari  {^),  fatta  per  quanto  mi  raccon- 
tavano i  Tudertini  per  servire  di  modello  alla  gran  Fabbri- 
ca della  Basilica  di  S.  Pietro  secondo  la  prima  idea  di  quel 
grande  Architetto. 

IV.  Archivio  della  Cattedrale. 

Mi  affacciai  aiV  Archivio  della  Cattedrale^  e  vi  trovai 
ammucchiate  per  terra  molte  Cartapecore  in  gran  disordine 
e  confusione^  talché  mi  mancò  il  coraggio  di  ripassarle  ^  ed 
esaminarle^  e  mi  contentai  di  avvertire  quei  Signori  Cano- 
nici a  trovar  persona  capace  di  disporle  in  qualche  ordine^ 
potendo  contenere  notizie  importanti  per  la  loro  Chiesa  e 
Città. 

V.  Archivio  della  Città  in  S.  Fortunato.  C) 

VI.  Antico  Martirologio  con  un  Necrologio 
di  monastero  doppio  di  Religiosi  e  Religiose. 

Neil'  Archivio  di  S.  Fortunato,  eh'  è  quello  della  Qttà 
e  contiene  Codici  MS.  e  molte  Pergamene,  osservai  un  an- 
tico Martirologio,  con  in  fine  un  Necrologio  dove  sono  no- 
tati i  nomi  dei  Defunti  Sororum,  et  Fratrum  forse  ad  uso 
di  Monasterio  doppio  di  Monache,  e  di  Monaci,  o  piuttosto 
di  Canonici  Regolari  essendovi  unita  la  Regola  di  S.  Bene- 
detto data  però  ai  Canonici  con  supplire  i  Vocaboli  di  Ca- 
nonicaj  di  Canonici,  e  di  Preposito  a  quelli  di  Monastero, 
Monaci,  ed  Abbate.  Il  Codice  non  è  posteriore  al  Secolo  XII 
mancando  nel  Calendario  la  Festa  di  S.  Francesco.  (') 


(i)  Chi  sia  1'  architetto  di  cua,  vedasi  presso  il  Rossi  in  più  looghi  dd  Giornale 
di  erudizione  artistica  di  Perugia.  Di  questo  tempio  ha  data  una  bella  illustrazione  Paul 
l^ASPByRBs.  5.  Maria  della  Consolaiione  su  Todi  Berlino  1869,  fol.  con  4  tav.  e  io 
incisioni. 

(3)  Abbiamo  di  qnest'  archivio  un  bel  lavoro  del  conte  Leoni),  intitolato:  Inventario 
dei  eodici  della  comunale  di  Todi  Todi,  Foglietti,  1 878. 

(3)  Manca  questo  codice  nell'  Inventario  citato. 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI   COSTANZO  59} 

VII.  Sermoni  di  S.  Piergrisologo  Codice 

del  Secolo  XL 

Del  Secolo  XI  per  quanto  potei  giudicarne,  è  un'  altro 
G)dice  di  Sermoni  di  S.  Piergrisologo  in  numero  di  176, 
quanti  appunto  oggi  ne  abbiamo,  premesso  il  proemio,  ove 
fra  le  altre  cose  vi  lessi  «  Hoc  humilis  Praesul  Felix  de  pau- 
«  perculi  cordis  Cellario  sermonem,  (  L.  sermonum  )  exiguum 
a  obtulit  munus.  »  Sappiamo  da  Agnello  Ravennate,  che  que- 
sto Felice  Arcivescovo  di  Ravenna  raccolse  i  Sermoni  di 
S.  Piergrisologo,  e  condannò  alle  fiamme  i  suoi  propri,  uno 
solo  essendone  campato,  come  racconta  Agnello.  Veggansi 
i  dotti  Commentar] ,  e  note  del  Bacchini  sopra  Agnello  Ra- 
vennate. {') 

Vili.  Titolo  della  Omelia,  0  Sermone  i^j^ 
rimarcabile  per  esservi  espressa  la  Sede  Vescovile 

di  Marcellino  Vicoaventina. 

Rispetto  poi  a  questo  Codice  non  è  da  tralasciar  di 
notare  che  il  Sermone  175  ha  il  seguente  titolo  0  Incipit 
Sermo  quando  factus  est  Marcellinus  Epus  Vicovantiae 
die  KI  Novembris  »  ed  è  in  carattere  rosso.  Su  questo 
titolo  dove  è  nominata  la  Sede  del  Vescovo  Marcellino  Vi" 
coaventina  oggi  Voghen^a  si  sono  fatte  da  alcuni  soverchia- 
mente Critici  delle  vane  difficoltà,  perchè  di  3  Codici,  che 
si  conoscevano,  due  soli  segnano  la  Sede  Vicoaventina ,  e 
l'  età  veniva  assegnata  al  Secolo  XII.  Se  fosse  stato  cono- 
sciuto il  Codice  Tudertino,  che  io  reputo  il  più  antico , 
nuovo  lume,  e  forza  acquistata  avrebbe  l' opinione  già  bene 
assai  fondata  delP  esistenza  antichissima  della  Sede  Vesco- 
vile di  Voghenza.  Si  aggiunga  adunque  ai  due  Codici  Ra- 
vennate, e  Romano  che  assegnano  al  Vescovo  Marcellino  la 


(1)  Inventario  ecc.  p.  39,  n.  107. 

Archivio  Storico  IL  38. 


594  MICHELE  FALOCI  PULIGNANl 

Sede  Episcopale  di  Vtcoaven\ia,  anche  questo  nostro  Codice 
Tudertino  di  pregio  anche  maggiore. 

IX.  Ritmo  del  basso  evo  inedito 

NelP  ultimo  foglio  del  G>dice  vi  è  un  antico  Ritmo  ^ 
che  volli  trascrivere^  ed  è  il  seguente:  (') 

Audìstis  quiddam  noviter 
Accidisse  perniciter 
Widonem  Illustrissimum 
Mortis  solvisse  debitum. 

Propri!  sui  militis 
Qrcumdatus  insidiis 
Dum  hostis  captum  tenuit 
Capite  plexus  comiit. 

Dum  equo  coepit  mere 
Secundo  fossus  vulnere 
Ut  duo  purgent  vulnera 
Mentis,  et  camis  vitia. 

Ne  daretur  demonibus 
Cruciandus  dìutius 
Datur  suorum  manibus 
Ut  rooriatur  citius. 

Christe  quenq.  (2)  non  judicas 
Nec  damnas  in  perpetuum 
Sit  Widoni  remedium 
Quod  hic  tulit  supplicium. 

Prosit  ei  piissime 
Quod  studuit  invisere 
Loca  prò  sacratissima. 
Digna  tui  presentia. 

Praesepe  tuum  cernere 
Quid  est  nisi  te  credere 
Natum  ibi  de  Virgine 
Verum  lumen  de  lumine? 


(1)  Pubblicato  dal  Liowti,  op.  eit.  p.  31  -  49,  ove  soggiunge:  „  Queèto  Guido 
forte  yuò  estere  Guido  da  Bibianello  uecito  da  Scarabelh  di  Canotta ,  come  narra 
fra  Salimbene  nella  tua  cronica  ,  Edi\»  Birmente,  iSs7,  pag,  367,  Cod.  Yatie. 
Num.  7260, /ol,  262,  L'  avvenimento  è  per  lo  meno  molto  tomigliante, 

(2)  11  Leomi  legge  :  qui  non  indicat. 


l'  odeporico  dell*  ABB.  di  COSTANZO  595 

Gloriosum  inspicere 
Tuuxn  Sepulchrum  Domine 
Quid  est  nisi  te  credere 
Te  surrexisse  exinde  ? 

Dum  mons  Olivae  scanditur 
G>elos  redisse  crederis 
Farce  Guidoni  Domine 
Tunc  cum  Judez  redieris. 

HIc  semel  atque  iterum 
Tuum  petiit  tumulum 
Deliberate  tercio 
Indulto  sibi  termino. 

Hoc  in  afFectu  habuit 
Sed  efiectu'^non  potuit 
Pari  repende  munere 
Gratis  larg^tor  gratiae. 

Locutn  Beatae  Virginis 
Tota  Orbe  cJarissimum 
Suppìex  freguenter  adiit 
Excoluit  ut  potuit. 

Apostolorum  grand  ia 
Saepe  querens  suffragia 
Ut  spero  plusquam  vicies 
Romam  venit,  et  quinquies. 

Quos  adjutores  petiit 
Advocatos  constituit 
Eisque  dum  superfluit 
Suaque  *sebi  (i)  contulit.         *sibi 

Dicit  de  eo  aliquis 
Nimium  fuit  fragilis 
Et  ego  dico  plurìmum 
Deum  esse  propitium. 

Sinistrum  quid  de  aliquo 
Ego  dicere  nequeo 
Hujus  scripsi  itinera 
Quae  sunt  in  parte  deztera. 

Si  cui  placet  legere 
Et  vult  juste  discemere 
Non  respitiunt  tartara 
Sed  Sanctorum  gaudia. 


(1)  Il  Leonii  legge  :  servum. 


59^  MICHELE  FALOCl  PULIGNAKI 

Q.UÌ  vult  ad  plenum  discere 
Tanti  mali  notitiam 
Primum  debet  cognoscere 
Aubertinam  nequitiam. 

Hic  pertractavit  perdere 
Duos  sub  uno  tempore 
Seniores  quos  habuit 
Falso  ut  vere  potuit. 

Unus  qui  non  superfuit 
Cum  audivit  indoluit 
Occubuisse  socium 
Natura  sibi  proximum. 

Patrator  tanti  sceleris 
Sub  umbra  falsi  militis 
Promisit  bis  aliquando 
Manibus,  et  perjurio 

Ut  fìdem  eis  congruam 
Sed  et  pacem  continuam 
Servaret  omni  tempore 
Dum  viveret  in  corpore. 

Si  firma  stant  haec  foedera 
Deus  qui  novit  omnia 
Ipse  scit,  ipse  judicet 
Ut  sibi  placet  vindicet 

Un  Ritmo  consimile  a  questo,  che  il  Mabillone  chia- 
ma Satjrricum  leggesi  riportato  nei  suoi  Analetti  antichi 
Ediz.  in  fol.  pag.  366  il  cui  Autore,  egli  dice,  viveva  circa 
i  principi  del  Secolo  XI.  Un  Guido,  o  sia  Wido  Italicus 
Marchio  Signifer  Regius  inter  media  tela  ucciso  cel  narra 
Arnolfo  Histor.  Mediolan.  L.  2.  e.  13  che  probabilmente 
crede  il  Muratori  (  Ann.  d' Italia  all'  anno  1037  )  uno  degli 
Antenati  della  Casa  d' Este,  e  fratello  del  Marchese  Alberto 
Azzo  I.°  progenitore  degli  Estensi,  e  cita  le  sue  Antichità 
Estensi  p.  i.  e.  13. 

X.  Codice  di  S.  Agostino  de  Trinitate 
del  secolo  X,  0  XL 

Vi  ha  inoltre  un  Codice  dei  Libri  di  S.  Agostino  De 
Trinitate  del  secolo  X  o  almeno  XI  e  in  fondo  al  me- 
desimo : 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.  DI  COSTANZO       597 

«  Epistola  ad  Regem  Karolum  de  Monasterio  S.  Bene- 
«  dicti  directa  atque  a  Paulo  dictata  Diacono  ».  E  la  notis- 
sima Lettera  scrìtta  a  Carlo  Magno  da  Paolo  Diacono  a 
nome  delP  Abate  Teodemaro  di  Monte  Casino  che  comincia  : 

«  Propagatori  defensorì  Xnae  Religionis  Domno  Karolo 
«  per  Xsti  potentiam  Regum  Sapientissimo^  ac  fortissimo 
«  Theodemarus  etc.  e  finisce. 

«  Concessum  autem  fratrìbus  habere  manutergia  sive 
ir  ad  tonsurae  obsequium^  sive  ad  Codices^  quos  ad  legendum 
«  suscipiunt,  involvendos  »  Occupa  la  lettera  tre  pagini  e 
mezza  del  Codice^  ed  è  scritta  dì  mano  diversa  ^  ma  del 
tempo  stesso  del  Codice^  e  sarebbe  da  confrontarsi  colle  va- 
rie Edizioni  che  se  ne  sono  fatte  (')• 

XI.  Morali  di  S.  Gregorio  del  nono  Secolo. 

Non  meno  pregievole  è  un'  altro  Codice  di  Pergamena 
in  gran  foglio  dei  Libri  Morali  di  S.  Gregorio  sopra  Giobbe 
scritto  a  colonne^  e  di  un'  antichità  di  otto^  in  nove  secoli. 
Lo  acquistò  fin  dal  loso  Tudino  Abate  di  questo  Mona- 
stero di  S.  Fortunato^  il  quale  ne  lasciò  la  memoria  in  un 
Epigrafe  in  versi,  poco  felici  in  verità,  che  leggesi  nel  primo 
foglio  del  Codice  di  mano  antica.  Questa  sorte  di  memorie 
sono  accolte  dagli  eruditi  con  piacere,  e  porgendo  notizie 
storiche  non  reperibili  altrove,  ho  voluto  perciò  trarne  co- 
pia, che  qui  soggiungo  col  titolo  prefisso,  come  siegue. 

Versus  Eroici. 

Anno  centeno  bis  quinque^  et  quadrigeno. 
Post  incamatum  Christum  de  Virgine  natem. 
Qui  de  prole  pia  natus,  ut  fert  Prophetia 
Muadum  salvavit  proprio,  et  sanguine  lavit 
Quam  prodidit  ludas,  et  gens  crucifixit  Aebrea 


(1)  Leonij,  op.  cit.  pag.  10-13,  n.  a  a,  o^e  del  codice  dà  altre  notizie. 


59^  MICHELE  FALOCt  PULIGNANI 

Ego  Tudinus  Abbas,  qui  di  cor,  indignus 

Qui  jatn  dicti  praeclarì  nudu  Magistri 

Thesauros  avens,  sed  magis  Librorum  opes 

Hunc  librum  emi,  quem  quia  multum  dilexi 

Pretium  Libelli,  Libris  simul  semptem  peregi 

Non  indignum  ferens  lob  comptos  diligere  mores 

Q.U0S  Pius  dictavit,  quem  Christus  ipse  beavit 

Gregorìus  sanctus,  quem  Terrae  solem  vocamus 

Qui  Angelo  dedit  Scutellam,  quam  Parens  misit 

Histic  tu  Lector  si  percuntavere  doctos. 

Facile  reperies,  aures  si  caute  inunges, 

Quod  est  exaratum  notis  tribus  est  ligatum 

Mores  quos  te  deceat,  vel  quos  utrumq.  contemnas 

Igitur  vos  obsecro,  quos  post  me  fiituros  praenosco 

Parìter  Abates,  omnes  simul  atque  Compatres 

Hunc  Librum  fulcire,  simul  et  custodire 

Ad  haec  vos  alloquor,  verbisque  ave  dire  deposco 

Si  quisquam  insulsus,  quem  spiritus  pulsat  propiieticus. 

Qui  mente  ferali  conabitur  mani  rapaci 

Quoque,  qui  modo  abstulerìt,  et  vitioso 

Extra  limen  claustri,  magnum  decus  hujus  libelli 

Cum  impio  luda  etc  (i). 

Ho  tralasciato  ^i  ultimi  due^  o  tre  versi  ^  perchè  non 
contengono^  che  le  imprecazioni  solite  scagliarsi  in  quei  tempi 
contro  i  sacrilegi  Rapitori  ed  usurpatori  delle  robe  spettanti 
alle  Chiese^  ed  ai  Monasteri.  Questi  versi  intanto  ci  danno 
notizia  di  un^  Abate  di  S.  Fortunato  della  metà  dell' unde- 
cimo  Secolo  nomato  Tudino  che  fa  acquisto  del  Codice^  del 
prezzo  sborzato  per  la  compera,  cioè  Libris  simul  sepiem., 
dell'  anno  in  cui  fu  acquistato,  ed  infine  dello  studio,  e  pre- 
mura degli  antichi  Monaci  di  conservare,  e  custodire  i  Libri. 

XII.  Breviario  del  decimo  ter:(p,  o  decimo  quarto  secolo, 

con  r  Ufficio  di  Carlo  Magno. 

Vi  ho  pur  veduto  un  Breviario  in  Pergamena  di  picciol 
sesto  del  terzo  decimo,  o  decimo  quarto  Secolo,  che   do- 


(i)  Con  alcune  varianti  pubblicò  interamente  questi  versi  eroici  il  T jEomf,  op.  di, 
pag.  I  -  j,  n.  I,  dando  altre  notizie  del  codice»  e  fiscendo  conoscere  altri  versi  tu  esso 
contenuti. 


L^  ODEPORICO   DELL^  ABB.   DI  COSTANZO  599 

vétte  essere  ad  uso  di  qualche  Chiesa  Francese^  per  esservi 
V  Ufifizio  di  Cario  Magno^  con  Inno^  e  leggenda  propria , 
come  di  un  Santo  (*).  Siami  qui  permesso  di  osservare,  che 
questo  celebratissiq^o  Monarca  sarebbe  stato  degno  di  es- 
sere annoverato  tra  i  Re  più  Cattolici,  e  santi  per  l'ardente 
suo  zelo  della  Cristiana  Religione^  e  per  il  gran  bene  che 
rese  alla  Chiesa  di  Dio  promuovendo  i  nuovi  studj  massime 
Ecclesiastici,  ma  1'  eccessivo  numero  delle  sue  Mogli  pre- 
giudica grandemente  alla  di  lui  riputazione.  Lo  Storico  jP/et/r^ 
è  di  parere,  che  queste  mogli  debbano  intendersi  successive, 
non  già  simultanee,  ed  è  ben  giusto  di  cosi  supporre,  anzi- 
ché credere  in  Principe  di  tanto  merito  una  vita,  ed  una 
morte  tra  le  dissolutezze,  senza  che  si  sappia  averne  &tto 
penitenza.  Ponendo  Carlo  Magno  in  questa  vista,  eh' è  per 
lui  la  più  favorevole,  non  ancora  si  giugne  a  scusarlo  dal 
vizio  d' incontinenza,  per  aver  contratto,  come  si  vuol  sup- 
purre  nove  Matrimonj  successivi.  Un  cosi  solenne  poligamo 
non  è  esempio  da  proporsi  ai  Fedeli  Cristiani,  con  un  of- 
ficio proprio,  e  con  festa  propria,  mentre  il  fine  della  Chiesa 
nel  decretare  il  pubblico  culto  ai  Santi  è  di  proporli  per 
modello  di  virtù  da  imitare.  S.  Gregorio  Nazianzeno  accusa 
di  eccesso  d' intemperanze  le  nozze,  oltre  le  terze,  e  S.  Ba- 
silio insegna  che  la  Chiesa  non  ammetteva,  né  considerava, 
se  non  come  unioni  illegittime  le  Nozze  dopo  le  terze,  e  ne 
adduce  gravissima  ragione.  Federico  Barbarossa  emanò  il 
Diploma  prò  elevatione,  et  exaltatione  Corports  Caroli  M. 
atque  Canoniiatione. 

XIII.  Copia  autentica  di  Lettera  di  Cola  di  Rienzo 

al  Comune  di  Todi. 

Tornando  al  mio  Tema,  noterò  da  ultimo  una   Copia 
autentica  di  lettera  che  si  conserva  in   quell'  Archivio  del 


(i)  LioNii,  op.  cit.  p.  70   num.  321. 


eoo  MICHELE   FALOCI  PULl6NA>)t 

famoso  Tribuno  Cola  di  Rienzo  diretta  ai  Priori^  al  G>nsi« 
glio,  ed  al  Comune  di  Todi^  con  cui  li  ringrazia  della  so- 
lenne Ambasceria  mandata  a  lui  in  Roma^  conferma  Pal« 
leanza  del  Popolo  Romano  con  i  Tuderti^  rimanda  loro  il 
suo  stendale  in  pegno  di  amistà^  e  buon'  alleanza.  Non  so 
se  questa  lettera  sia  stata  mai  pubblicata^  in  ogni  modo  ro- 
darle luogo  in  queste  Memorie^  come  Monumento  singolare 
per  la  Storia  di  quel  tempo  (')• 

«  In  Nomine  Domini  Amen.  Hoc  est  exemplum  quarundam  Litera- 
«  rum  destinata r.  prò  parte  Magnifici,  et  illustrìs.  Domini  Candidati  Spiri- 
a  tus  Sancii,  militis  Nicolai  Severi  et  Clementis  liberatoris  Urbis,  zelatoris 
«  Italiae,  amatorìs  orbis,  et  Tribuni  Augusti  Dominis  Prioribus  Populi,  Con- 
«  silio,  et  Communi  Civitatis  Tuderti  sigillatar.  Sigillo  dicti  Domini  Tri- 
ff  buni  de  Cera  rubea ,  ut  prima  facie  apparebant,  in  qui  bus  a  tergo  appa- 
c  rebant  in  principio  scripturae:  Nobilibus,  et  sapientlbus  viris  Dominis 
9  Prioribus  Populi,  Consilio,  et  Communi  Civitatis  Tuderti  Filiis,  et  Amicis 
«  Charissimis,  Trìbunus  Augustus,  quarum  litterarum  tenor  est  talis.  Con- 
ce didatus  Spiritus  Sancii,  Miles  Nicola us  severus,  et  clemens,  Liberator  Ur- 
«  bis,  Zelator  Italiae,  amator  Urbis,  et  Tribunus  Augustus,  Magnilìcis,  et 
«  sapientlbus  viris  Dominis  prioribus,  Consilio,  et  Comuni  Civitatis  Tu- 
«  derti,  sacri  Romani  Populi,  devotis  Filiis,  et  Amicis  Charissimis  salutem, 
a  et  dona  Spiritus  Sancii,  justiliae,  libertatis,  et  pacis. 

«  Fraterna,  et  liberalis  Ambasciatorum  vesirorum  transmissio  de  pro- 
ci missis  actionibus  gratiam  vobis  affirmare  tenemur,  cum  per  eos  sint  più- 
«  rimum  noslrae  militiae  decorata  solemnia  gratissima  nobis  fuit,  atque  ad 
«  antiquae  amicitiae  renovandam  compaginem,  et  fìrmandam  eis,  sicut  de- 
«  dimus  alias,  tantalia,  aliis  Ambasciatoribus,  dare  voluimus  stantalia  nostri 
«  nominis,  ut  aspectus  ejus  in  casibus,  nexum  nostra  benevolentia  renovel- 
«  lei.  Quod  Ambasciatores  ipsi,  qui  in  singulis  agcndis  hic  per  eos  lauda- 
t  biliter  se  gesserunt,  quamvis  illud  recipient  sicut  alii,  tamen  illud  portare 
«  nolunt  sine  vestra  licentia  speciali  ;  Cum  igiiur  hoc  obligatorìum  non 
9  existat,  sed  amicitiae  firma  mentum,  placeat  portandi  ipsum  ad  vos  licen- 
«  tiam  impartir i.  Nos  etenim  Spiritus  Sancii  gratiam  pariicipare  vobiscum 
«  honoribus  singulis  disponenles  expiare  intendimus  vota   nostra   cum   ve- 


(i)  Il  Leonii  Memorie  storiche  ecc.  p.  3  33,  pubblicò  ana  lettera  di  CoU  da  Rienzo  al 
tudertini  sotto  questa  medesima  data,  ma  è  semplicissima,  e  brevissima,  sebbene  tratti 
del  medesimo  oggetto.  Ambedue  le  lettere  furono  ignote  al  Grecorovius  F.  Storia 
della  città  di  Roma  nel  medio  evo.  ecc.  Venezia,  Antonelli,  187$,  voi.  VI.  p.  393. 


l'  odeporico  dell'  abb.  di  costakzo     eoi 

«  stris  tamquam  cum  Romani  Populi  Charissimis  Filiis,  et  amicis.    Datum 
<ic  in  Capitolio  Urbis  ubi  regnante  justitia,  toto  corde  vigemus. 

ff  Die  sexta  Mensis  Augusti  XV  Indictionis  liberatae  Reipublicae  anno 
a  primo.  Et  quia  gens  armigera,  quam  ad  nos  destinastis  non  vult  una  cum 
«  aliis  nostris  Militibus,  et  gente  armigera,  quam  extra  Urbem  mittere  in- 
«  tendi mus  sine  vestra  speciali  licentia^  profìcisci  placeat  vobis  prò  tantorum 
a  obsequiorura  plenitudine,  ipsis  dare  vestris  litteris  in  manda tis,  ut  stent, 
«  vadant,  et  vtniant  quo  eosdem  viros  ducimus  transmittendos;  praetendunt 
tt  enim  a  vobis  in  mandatis  habere,  ut  non  aequitent  extra  Urbis  districtum, 
«  et  satis  per  servitium  liberalitas  ampliat,  et  conditionis  adiitio  minuit,  et 
e  deformat.  Nec  nostrae  intentionis  existet,  et  opportunitatibus  vestris  con« 
«  ditionale  servitium,  imo  liberalius  exhibere  etc.  Datum  ut  supra. 

XIV.  Massa  di  Todi 

A  cinque^  o  sei  miglia  da  Todi  è  posto  un  piccolo  paese 
chiamato  Massa  di  Todi^  presso  del  quale  si  vedono  varie 
rovine  dell'antico  Vicus  Martìs  Tudertium  chiamato  da  al- 
cuni Agiografi  Civitas  Mariana^  come  chiamati  sono  Monti 
Martani  quelli  che  gli  stanno  d'intorno.  Nel  Martirologio 
Romano  sotto  il  9  di  Luglio  questo  luogo  medesimo  è  detto 
Martula  sulla  fede  degli  atti  di  S.  Brìzio  assai  dubbj. 

XV.  Tre  antiche  Chiese  e  Badie 

Quivi  sono  alcune  antiche  Chiese,  e  Badie,  oggi  in  Com- 
menda: una  è  sotto  il  titolo  di  S.  Illuminata,  che  ha  culto 
antichissimo  nella  Chiesa  di  Todi.  La  visitai,  ma  nulla  vi 
trovai  degno  di  annotazione,  viddi  bensì  dietro  l'altare  uno 
scavo  fatto  per  ricercare  il  Corpo  della  Santa,  che  non  fu 
trovato,  se  però  reggono  le  memorie  che  il  corpo  fosse  ivi 
seppellito,  si  doveva  scavare  almeno  altrettanto  più  sotto, 
poiché  dall'Abside,  posta  dietro  l'altare  si  riconosce  che  il 
pavimento  della  Chiesa  si  è  rialzato  otto,  o  dieci  palmi,  tro- 
vandosi assai  basso  l'arco  della  Tribuna,  o  Abside  nell'in- 
l' interno  della  Chiesa,  e  il  convesso  di  essa  all'  esterno,  per 
metà  almeno  sotterra.  Si  sa  che  negli  antichi  tempi  i  Corpi 
dei  Martiri  si  deponevano  sotto  terra  assai  profondamente.  A 


Sol  MICHELE  FALOCI   PUUGNAKI 

un  fianco  delP  Abside  osservai  dipinta  un'  Immagine  di  Ma- 
ria Sma  col  Bambino  in  braccio^  notato  V  anno  del  MXX  .... 
Non  comparisce  però  il  Nome  del  Pittore  per  essere  dibuc- 
ciato  l'intonaco^  ma  è  pittura  anteriore  al  Cimabue^  e  dei 
Cimabuani^  meno  disgustosa. 

Di  là  passai  ad  un'altra  antica  Chiesa^  e  Badia  del  ti- 
tolo dei  SS.  Fidenzio,  e  Terenzio  venerati  ab  antico  dalla 
Chiesa  Tudertina.  La  trovai  in  migliore  stato  della  prima^  col 
Santuario  in  alto  dove  si  sale  per  varj  gradini^  e  nel  corno 
Evangelii  vi  è  un'  Ambone  con  due  grandi  lastre  di  marmo 
bianco  scolpite  di  nodi  di  Arabesco  del  gusto  del  secolo  IX 
e  X^  e  lateralmente  due  scalette^  per  cui  si  scende  al  sot- 
terraneo fatto  a  volta  sostenuta  da  colonne  di  travertino^ 
con  quella  di  mezzo  di  granito  di  un  diametro  però^  che 
porterebbe  il  doppio  della  sua  altezza.  In  questo  sotterraneo 
giacevano  le  Reliquie  dei  due  suddetti  Santi  trasportate  po- 
scia all'  altare  superiore  con  una  lapida  di  un  palmo  e  mez- 
zo iunga^  e  larga  uno^  ove  leggesi 

4*  BEATUS  FIDEN 

TIUS,  ET  TERENTIUS 

h'  REQVIESCVNT. 

Il  detto  Altare  superiore  ha  per  mensa  una  lapida  gran- 
dissima^ e  molto  erta^  sostenuta  da  un  fabbricato  con  colon- 
nette ai  lati.  Nelle  case  prossime  rurali^  una  volta  Celle  del- 
V  annesso  Monastero^  vidi  due  frammenti  di  piccolo  Sarcofago 
Cristiano^  scolpita  in  uno  la  storia  di  Giona  in  atto  di  essere 
ingoiato  dal  mostro  marino^  nell'  altro  due  Magi  che  presen- 
tano i  doni.  Non  molto  distante  da  questa  Chiesa  si  veg- 
gono alcune  grotte.  Una  delle  quali  era  un  sepolcreto^  o 
colombario  con  molte  piccole  Nicchie  per  le  olle  cinerarie  di- 
vise in  vari  ordini  sino  a  sette  1'  un  sopra  l' altro. 

XVI.  Vìcus  Martis  Tudertium  con  Lapide  antiche 

Una  terza  Chiesa  finalmente  antica  anch'essa  detta 
S.  Maria  in  Pantano  di  struttura  barbara  si  trova  appresso 


L*  ODEPORICO   dell'  ABB.   DI  COSTANZO  éo^ 

alla  medesima,  dovette  essere  il  Vtcus  Martìs    Tudertium, 
e  lo  indicano  varie  Iscrizioni,  che  qui  riporto. 

L*  SEVERINIAE    C 

FIUAE 

AJFRAE.  H.   F 

CONlVGt    PERPETVINI 

AUSPICIS    OS  MERITA 

MARITI    EIOS    VICANI  VIC. 

MARTIS    TUDERTIUM  AERE 

COLLATO   OB  EXIMIA  BENE 

FICIA    ERGA    SE 

MERENTI    POSUERUNT 

L.  D.  D.  D.  (0 

2/  CORNELIA    HELPIS 

SIBI    ET 

L.  CORNELIO  U   L. 

MENANDRO    PATRO 

SYNEROTI    LIBERTO  (*) 

3/  C.  SENTiUS  T.  F.  VEGLIUS 

4/  A.    POPLICIV. 

MALCH.  {') 

Una  quinta  Iscrizione  è  posta  a  traverso  fra  la  porta 
del  Campanile,  ma  con  la  mia  vista  non  arrivai  a  leggerla, 
ed  era  pericoloso  usare  la  scala  a  piroli.  Finalmente  trovai 
per  terra  una  lunga  Iscrizione,  che  per  esservi  rammentato 
un  Collegio  lumentariorum  è  la  più  significante,  ma  cosi 
guasta,  che  di  tredici  righe,  poche  parole  si  potevano  rile- 


(1)  Pubblicata  da  aotichi  collettori,  e  recentemente  dal  Leonii,  Memorie  itoriche, 
p.  40,  n.  61»  il  quale  tace  la  terza  riga,  e  aggiunge  EIVS  dopo  la  prfana  parola  della 
terzultima. 

(3)  Lsonii,  ibid.  p.  7?,  n.  143. 

(3)  Ibid.  p.  79.  n.  171. 


é04  MICHELE  FALOCl  PULIGKANI 

vare.  Essa  per  altro  molti  anni  fa^  quando  non  era  così  ro- 
vinata y  fu  ricopiata  ,  e  quindi  anche  publicata  se  non  erro 
dalP  Olivieri  nei  suoi  marmi  pesaresi^  e  da  altri. 

XVII.  Urna  Elrusca  storiala  con  il  sacrificio 

d' Ifigenia. 

Ài  muro  unito  alla  facciata  della  Chiesa  verso  la  stra- 
da è  inserito  un  basso  rilievo  in  pietra  rossigna  arenaria 
molto  consumato  dal  tempo.  M^  imagino^  che  sia  un'  antica 
Urna  etrusca  Tuderte,  che  tentai  di  farla  estrarre,  ma  non 
mi  riuscì.  E  lunga  circa  quattro  palmi,  e  mezzo,  alta  tre, 
ma  la  scultura  che  occupa  là  parte  superiore  della  pietra  è 
alta  solamente  un  palmo,  e  mezzo.  Ne  feci  fare  un  disegno 
come  meglio  si  potè  in  quel  piccolo  Paese,  e  parmi  esservi 
rappresentato  il  sacrifìcio  d' Ifigenia  in  Aulide  come  mi  do 
a  credere  per  quella  scultura  in.  alto  compresa  dentro ,  co- 

'  me  una  mezza  Luna,  la  quale  ancorché  dal  tempo  guasta 
in  modo  da  non  potervi  discernere  cosa  vi  fosse  scolpito, 
dee  forse  rappresentare  il  finto  prodigio  per  cui  Ifigenia  fii 
rapita  da  Diana,  e  trasportata  in  Tauri,  supplendo  al  sacri- 
ficio  un   Cerbiatto,   cui   Agamennone   sacrificò,   credendo 

•  d*  immolare  Ifigenia.  Il  rapimento  su  per  le  nuvole  sembra 
qui  rappresentato  secondo  la  favola,  che  Igino  così  racconta  — 
Quam  Iphigeniam  cum  in  Aulidem  adduxisset  (Ulisses)  et 
parens  eam  immolare  vellet.  Diana  Virginem  miserata  est, 
et  Caliginem  ei  objecit,  Cervamque  prò  ea  supposuit,  Iphi- 
geniamque  per  nubes  in  terram  Thauricam  detulit,  ibique 
Templi  sui  Sacerdotem  fecit.  — 

Queir  ara  nel  mezzo  del  disegno  è  assai  più  alta  nel- 
V  originale ,  e  comparisce  propriamente  una  colonna ,  e  la 
fiamma  disegnata  in  cima  non  è  veramente  ben  decisa  per 
trovarsi  la  scultura  molto  guasta  ;  e  bensì  naturale  il  cre- 
derlo, vedendosi  chiaro  il  sacrificio  di  una  fanciulla.  Tutta- 
via chi  volesse  vedervi  una  colonna  la  creduta  fiamma  rap- 
presenterebbe la  bionda  chioma,  che  vide  Ifigenia  in  sogno. 


l'  ODBPORÌCO  DELL^  ABB.   Di   COSTANZO  6o$ 

pendente  dal  Capitello  di  una  colonna  a  pie  della  quale  si 
sacrificavano  vittime  umane ,  e  ch^  era  da  lei  bagnata  con 
lagrime^  e  con  libazioni^  il  che  sebbene  non  abbia  luogo 
nell'  Ifigenia  di  Tauride,  è  però  narrato  nell'  Ifigenia  in  Tauri 
di  Euripide,  e  potè  lo  Scultore  riunire  le  circostanze,  ed  ac- 
cozzare la  favola  a  suo  capriccio.  La  figura  ignuda  voltata 
di  schiena  coi  piedi  fino  a  mezza  gamba,  entro  un  vaso  di 
forma  quadra,  con  la  chioma  recisa,  ed  accanto  a  Lei  un^  al- 
tra Donna  stolata  con  manto ,  che  le  cuopre  il  capo ,  con- 
getturo che  rappresenti  la  lavanda  d' Ifigenia  prima  d^ inviarsi 
in  Aulide,  ed  aiuta  la  mia  congettura  il  capo  della  figura 
ignuda  con  capelli  curti,  avendo  mandato  ad  Ipermnestra  sua 
madre  la  chioma  da  riporre  alla  sua  tomba.  Ambedue  que- 
ste circostanze  sono  rilevate  nella  Tragedia  di  Euripide  in- 
titolata Ifigenia  in  Tauri.  Non  è  rara,  ma  anzi  freguente 
nelle  Urne  Etnische  la  rappresentanza  del  Sacrificio  d' Ifi- 
genia, spiegata  comunemente  per  un  rito  di  Battesimo 
Etrusco,  o  di  rigenerazione  mitriaca,  che  con  ragione  non 
volle  ammettere  il  Passeri,  e  spiega  queste  Sculture  del  Sa- 
crificio di  Polisena,  quantunque  le  parti  della  Scultura  non 
si  accomodino  a  questa  Storia,  come  in  quella  di  Ifigenia. 

XVI li.  Varj  oggetti  di  Arte  e  di  Antichità 

presso  il  Nob.  Uomo,  D.  Benedetto  Laurenti 

Priore  della  Cattedrale-  di  Todi 

Prima  di  partir  da  Todi  volli  vedere  presso  il  N.  U.  S.  D. 
Benedetto  Laurenti  Priore  della  Cattedrale  un'  assortimento  di 
quadri  d' insigni  Pittori  anche  del  primo  ordine  ;  quantità  di 
medaglie  antiche  greche.  Romane,  ed  Etrusche,  e  di  queste 
ultime  parecchi  assi,  librali,  e  s^milibrali,  segnati  col  3  (J  3 1'  V 1^ 
(  TVTERE  )  ed  uno  ancora  Icuvina  cW  è  dei  più  rari  ;  un 
buon  numero  d'intagli  in  gemme  parte  ancora  letterate,  un 
Cameo  con  una  Medusa  in  amatiste  orientale  del  diametro 
di  un  pollice  e  mezzo,  col  volto  di  prospetto  rilevato  per 
tre  quarti.  Fu   trovato  in   Roma   in   una   Vigna  vicino  a 


6o6  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

S.  Maria  in  Cosmedin.  Possiede  lo  stesso  Sig.  Priore  un 
Telescopio  acromatico  del  famoso  Inglese  Dolond^  che  avrei 
volentieri  provato  se  il  tempo  me  lo  avesse  permesso.  In 
tutta  quella  Provincia  non  vi  è  altrettanto.  Vidi  pure  un 
Microscopio  lavorato  in  Inghilterra  dell^  ultima  perfezione^ 
ed  eleganza;  varie  stampe  del  400  e  fra  queste  non  senza 
mia  sorpresa  il  celebre  S.  Agostino  de  Civitate  Dei  dell^an-» 
no  1467  rarissimo  e  conservatissimo  ;  Vidi  da  ultimo  pa- 
recchi codici  Mss.  non  anteriori  però  al  secolo  XIII  ^  o 
coevi  all^  invenzione  della  stampa. 

XIX.  Ratnero  da  Proceno 
antico  Rimatore  poco  0  niente  conosciuto. 

Mi  fermai  soltanto  su  di  uno  in  Pergamena  di  rime 
antiche  per  avervi  veduto  in  un  componimento  il  nome 
del  rimatore^  o  come  chiamavano  i  ducentisti  e  trecentisti^ 
Trovadore  eh'  è  un  Rainero  di  Proceno  Paese  della  Provin- 
cia del  Patrimonio  limitrofo  alla  Toscana^  nome  non  regi- 
strato nella  lunga  serie  dei  Rimatori  antichi  di  Leone  Al- 
lazio^  né  tampoco  nella  Drammaturgia  accresciuta^  e 
continuata  fino  al  1755,  e  stampata  a  Venezia  in  detto 
anno.  Il  componimento  è  in  ottava  rima^  e  ne  ho  trascritto 
V  ultima  stanza^  in  cui  il  Rimatore  annuncia  il  proprio  no- 
me^ ed  è  come  segue  : 

Ad  honor  sia  della  Maestà  trina 
Padre,  figlio,  e  Spirito  Santo 
E  sia  honor  de  Sancta  Catherina, 
Che  yhù  sposo  suo  amò  cotanto 
Che  ma  concesso  co  la  sua  dottrina 
Che  la  legenda  sua  o  messo  in  canto 
Vulgarizzata  dali  piò  ala  cima 
Rainero  da  proceno  la  mise  in  rima,  (i) 


(I)  Questo  Raniero  da  Proceno  è  aconosciuto  anche  al  Chelli  A.  Notizie  ntoricke 
di  Proceno,  parte  prima,  Assisi,  Tip.  del  Collegio,  1884. 


L*  ODEPORICO  dell'  ABB.  DI  COSTANZO       6oj 

Si  noti  che  le  ottavine  sono  con  tre  rime  non  già  con 
due,  come  usarono  i  Rimatori  Siciliani:  Boccaccio^  e  i  To- 
scani aggiunsero  la  terza. 

§.  VI.  SANGEMINI 

I.  5.  Gemini  antico  Monaco  Santo, 
che  ha  dato  il  Nome  al  Paese. 

Tornando  da  Todi  per  recarmi  in  Amelia  transitai  per 
Sangemini  terra  non  ignobile  della  Diocesi  di  Narni^  che 
prese  tal  nome  da  quello  di  un  Santo  Monaco  antico^  che 
fiorì  nell'  Vili,  secolo^  e  visse  in  un  Monastero  di  quella 
Contrada^  e  poscia  morto  che  fu,  venne  trasportato  il  suo 
corpo,  e  seppellito  nella  Chiesa  oggi  Parrocchiale,  e  Colleg- 
giata  del  Paese,  che  però  era  prima  un'antica  Badia  dove 
il  Santo  avea  soggiornato  parecchi  anni,  oggi  commendata 
ad  un  Abate  secolare. 

IL  Inven:{ione.  del  suo  corpo 
circa  la  metà  del  corrente  Secolo  XVIIL 

Non  è  molto,  che  per  caso  fu  scoperto  il  suo  corpo 
ascoso  entro  il  vivo  di  muro  antico  della  medesima  Chiesa, 
riposto  in  un'  Urna  di  Travertino  con  Iscrizione  indicante  il 
suo  nome,  e  colla  sua  Immagine  dipinta  al  muro  in  veste 
Monastica.  La  vita  di  questo  Santo  fu  composta,  e  pubbli- 
cata pochi  anni  fa  da  un  tal  Padre  Antonio  di  Sangemini 
Cappuccino  sulle  memorie  del  lacobilli  noto  Agiografo  del- 
l' Umbria,  e  su  quanto  ne  riportano  i  BoUandisti,  il  Ciacconio 
nella  vita  di  Leon  terzo,  Gabriele  Buccellino  nel  Menologìo 
Benedettino,  il  Gaetani  nelle  sue  collettanee,  ed  altri  scrit- 
tori, 

IIL  Statua  sedente  in  veste  Monacale 

Niuno  però  di  essi,  non  eccettuato  il  medesimo  Biografo 
Cappuccino,  che  più  di  ogni  altro  doveva  notarlo,  parla  di 


6o8  MICHELE  FALOCI  PULIONAKl 

una  rozza  ma  antica  scultura  in  pietra  rappresentante  un 
Santo  Monaco  seduto  sopra  un  sasso  con  il  capo  alla  supina 
cadente  all^  indietro  come  dormiente^  o  più  tosto  spirante^ 
con  le  gambe  rannicchiate^  appoggiando  sopra  le  ginocchia 
le  mani^  e  sostenendo  un  libro  aperto  dove  sono  scolpite 
alcune  parole  in  caratteri  Teutonici  non  potuti  rilevare  per 
la  qualità  della  pietra  porosa,  magagnata^  ed  in  parte  man- 
cante^ salvo  la  parola  Gemini,  che  basta  a  farci  credere^  che 
vi  sia  rappresentato  il  Santo  di  cui  parliamo,  vedendosi  ve- 
stito di  abito  Monastico  col  Cappuccio  in  testa,  con  G>colla 
a  larghe  maniche,  e  con  sottoveste,  o  Tunica  che  sporge  ai 
piedi  da  sotto  i  lembi  della  Cocolla.  Giace  questa  scultura 
fuori  della  Chiesa  del  Santo  appoggiata  al  muro  della  fac- 
ciata. 

Girando  pel  Paese  vidi  varie  antiche  Iscrizioni  Romane^ 
che  unitamente  a  quelle  dell'antica  Carsoli,  poco  distante 
da  Sangemini,  sono  state  pubblicate  dal  lodato  Padre  An- 
tonio Cappuccino  in  un'altro  suo  libro  intitolato  Carsoli 
rediviva. 

§.   VII    AMELIA 

E  questa  una  Città  antiromulea,  come  quella  che^  se- 
condo Catone  citato  da  Plinio  H.  N.  L,  3.  Gap.  14.  fu  fab- 
bricata 964  anni  prima  della  guerra  de'Romani  contro  Perseo, 
vale  a  dire  387  anni  prima  di  Roma,  e  più  di  iioo  prima 
di  Cristo. 

I.  Mura  antichissime  d'  opere  incerto 
delle  da  alcuni  Ciclopce 

Della  grande  sua  antichità  fanno  testimonianza  le  mura, 
che  la  circondano,  tutte  costrutte  di  quell'  Opere  incerto,  di 
cui  parla  Vitruvio,  come  tenuto  e  chiamato  antico  fin  dai 
tempi  di  Augusto.  Questa  sorta  di  costruzione  di  mura  piace 
oggi  ad  alcuni  chiamarla  Fabbrica  Gclopea.  Di  una  parte 
di  queste  mura  ne  feci  formare  un  disegno  con  prendere 


l'  ODEPORtCO  DELL*ABB.   DI   COSTANZO  éo^ 

le  misure  in  varj  luoghi  del  loro  Circondario,,  rilevandone 
l'altezza  ove  più  ove  meno  di  40  e  60  palmi  romani  e 
vie  maggiore  si  scoprirebbe^  se  rasente  il  muro  medesimo 
si  scavasse  il  terreno  fino  ai  fondamenti.  Le  pietre  che  lo 
compongono  sono  poligoni  irregolari^  ad  angoli  parte  acuti^ 
parte  ottusi^  legate  fra  loro  senza  calcina,  o  altro  cemento, 
e  incatenate  per  modo,  che  una  gran  parte  dopo  tre,  ed 
anche  quattro  mila  anni  si  regge  ancora,  e  si  conserva  in 
piedi.  Le  pietre  medesime  sono  pezzi  enormi  di  travertino 
di  varie  grandezze;  ve  n'ha  alcune  alte  10,  12  fino  a  15 
palmi,  e  le  minori  di  palmi  3,  o  4  la  grossezza  per  entro  il 
muro  non  è  minore  di  palmi  cinque  o  sei. 

Lascio  di  riportare  le  varie  antiche  Iscrizioni  sparse . 
fuori  e  dentro  la  Città,  particolarmente  vicino  all'  Episcopio, 
e  nel  Campanile  isolato  nella  Piazza  del  Duomo  di  figura 
sestagona,  costruito  per  due  terzi  della  sua  altezza  di  grandi 
macigni  serviti  a  qualche  antico  edificio.  Fuori  la  porta  Ro* 
mana  vidi  alcune  Lapidi  della  gente  Rosela  nota  dalle  Ora« 
zioni  di  Cicerone.  Ho  fra  mano  un  quaderno,  ove  sono 
trascritte  sopra  cento  Iscrizioni  Amerine,  e  fra  esse  alcune 
Greche,  che  se  vedute  le  avessi  negli  originali,  le  avrei  ri- 
copiate, ma  tutte  mi  lusingo  saranno  pubblicate  almeno 
presso  il  Muratori,  che  nel  suo  tesoro  di  Lapidi  antiche  un 
gran  numero  ne  inserì  provegnenti  dall'Umbria, 

II.  Frammento  di  lamina  di  bronco 
letterata   umbro  -  etrusca,  opistografo 

Non  debbo  qui  tralasciare  l' incontro  eh'  ebbi  in  Amelia 
di  acquistare  un  frammento  di  lamina  di  bronzo  con  ca- 
ratteri Umbri  ^o  Etruschi  in  ambedue  le  superficie,  del  quale 
acquisto  detti  parte  con  mia  lettera  alla  chiara  memoria  del 
Cardinal  Riminaldi,  che  mi  onorava  della  sua  amicizia,  e 
familiarità.  La  stessa  lettera  qui  soggiungo,  che  basterà  a 
far  conoscere  questo  raro  e  pregevole  monumento  pubbli- 
cato poco  dopo  nel  suo  saggio  di  lingua  etrusca  (  T.  I.  P. 

Archivio  Storico  II.  39. 


élO  MICHELE  FALOCI  PULIGNAKI 

2  pag.  467  )  dall^  eruditissimo  Abbate  Lanzi^  cui  fu  comu- 
nicata detta  mia  lettera.  Questo  Cimelio  dopo  essere  stato 
qualche  tempo  in  mie  mani^  lo  cedetti  al  Cardinal  Bor^^ 
bramoso  di  possederlo  in  ornamento  del  nobile  suo  Museo 
.Velitemo,  dove  ora  si  trova. 

III.  Lettera  in  cui  si  descrive  il  frammento 
della  LamincL  di  bronco, 
e  si  riporta  V  epigrafe  Umbra  -  Etrusca 

Emo  e  lUmo  Signore 

Che  dirà  V.  E.  del  pensiero  venutomi  in  mente  di  ren- 
derle conto  di  una  piccola  sì  ma  pregievole  anticaglia  capitata 
nelle  mie  mani  nel  viaggio  di  Todi  e  Amelia  &tto  nel  mese 
passato  ?  Colpirà  al  segno  se  pensa^  che  io  cerco  di  mitigare 
con  lettere  il  dispiacere^  che  mi  cagiona  la  lontananza  per 
non  poter  appressarmi  a  V.  E.  spesso^  e  personalmente^ 
come  praticava  prima  stando  in  Romal  Opportune  poi^  o 
importune  che  siano  le  mie  lettere,  sono  certo,  che  per  l'an- 
tica sua  urbanità  tutte  le  accoglie  benignamente.  Io  adunque 
con  in  mano  questo  amplissimo  Passaporto,  vengo  subito  a 
sdoganare  la  mia  piccola  Mercanzia. 

Consiste  questa  in  un  Frammento  di  antichissima  la- 
mina di  bronzo  lungo  circa  tre  oncie,  e  largo  due  e  mezzo^ 
coperto  di  un  bellissimo  verdagnolo,  lavoro  Dio  sa  di  quanti 
secoli.  E  opistografo,  ossia  scritto  da  ambe  le  faccie  alla  ma- 
niera orientale  da  dritta  a  sinistra,  come  gli  altri  monumenti 
Etruschi.  Se  la  laminetta  fosse  intera,  sarebbe  un  pezzo  nel 
suo  genere  dei  più  insigni,  e  fra  tutti  i  monumenti  letterati 
in  bronzo  dell'  Etruria  non  la  cederebbe,  che  alle  sole  ta- 
vole Eugubine.  L'acquistai  in  Amelia,  e  fu  trovata  in  un 
antico  Sepolcro  poco  distante  da  quella  Città.  Ecco  perciò 
che  si  può  aggiungere  Amelia  ancora  al  Ruolo  delle  Città 
Pontifìcie  di  lingua,  e  di  origine  Etnische,  datoci  dall'  erudi- 
tissimo Sig.  Abate  Amaduzzi  nella  sua  bella  prefazione  del- 
l'Alfabeto  Etrusco,  quantunque  per  essersi  trovato  il  mo- 
numento in  una  Città  Umbra  con  caratteri  simili   a  quelli 


L   ODEPORICO  DELL  ABB.  DI  COSTANZO 


élt 


delle  Tavole  Eugubine  Umbre^  stimerei  doversi  chiamare  di 
lingua,  ed  origine  Umbra  ^  piacendomi  il  sentimento  assai 
ben  fondato  del  gran  Mazzocchi,  che  Umbri  ipsi  aut  anti-' 
quiores  Tuscis  erant,  aut  paris  certe  antiquitatis,  nisi  vero 
nomine  potius,  quam  genere  diversi  a  Tuscis  erant.  La 
forma  dei  caratteri,  che  ho  procurato  d' imitare  è  secondo 
la  copia,  che  qui  le  soggiungo,  con  porre  a  fianco  la  stessa 
Iscrizione  in  caratteri  Romani  dietro  l'alfabeto  più  comu-* 
nemente  ricevuto  ('). 


....  cs  -  LIV9.  nvs .... 
....  ZI  eaitMiAas  .... 
....  B.  a.  A.  aist.  ìt .... 

....  U3ì-  I.HVIOVO  .... 
....  aiMVOt/ÌSA  .... 

....s.vnvs.3nvs3.... 

....  *IVtS|.  3ltMl038  .... 
....  2VltH3tC]VB  .... 
....  3-  |.  t.  eiS33t3  .... 


•  ••■ 


•••• 


•••• 


•  ••• 


PVVI.  PVN.  PR  .... 
HERINTIES.  IS  .... 
TVPIS.  A.  C.  H  .... 
THTHIVS  TI.  VEN.... 
AHATRVNIE  .... 


....  EPVVIE.  PVNV.  P  .... 
....  HERINTIE.  ISTV  .... 
....  HVRTENTIVS  .... 
....  ETVEPIS.  T.  I.  V  .... 


Dodici  lettere  compresa  l' aspirata  B  compariscano  in 
questo  monumentino,  non  mancano  quindi  per  V  intero  Al- 
fabeto etrusco  se  non  J.  M*  ^  le  tre  ultime  doppie.  U  a- 
spirata  vi  è  ripetuta  più  volte,  ed  io  1'  ho  premessa  alla  pa- 
rola ^Vltl/l3tDVS  sì  perchè  suflBcentemente  indicata  nella 
frattura,  sì  ancora  perchè  vi  si  legge  il  nome  aspirato  /for- 
tentius  sostituito  1^  u,  all'  o ,  come  praticavano  i  primitivi 
Itali,  Umbri,  ed  Etruschi  secondo  Prisciano.  La  lettera  T 
è  una  perfetta  croce  ^  colla  traversa  linea  orizzontale,  e 
non  già  inclinata  come  per  lo  più  si  trova  nelle  Iscrizioni 
etrusche,  onde  anche  da  questo  monumento  abbiamo  il  ve- 
ro Thau  di  Ezechiello,  e   degli  antichissimi  Ebrei,  conser- 


{\\  Il  discreto  lettore  che  Don  trovasse  esatta  qaesta  riproduzione,  consideri  che  essa 
è  tolta  dtt  una  copia  di  copia,  e  clw  certi  set;ni  con  1  tipi  comani  non  si  sono  potuti; 
rìprodorrc. 


6 12  MICHELE   FALOCI   PULIGNANI 

vate  nei  Sicli  della  forma,  che  dicono  Origene  e  S.  Giro- 
lamo, cioè  dell'  adorabile  salutar  segno  della  Croce.  Stimo 
che  sia  una  T  puntata  in  ambi  i  lati  quella  della  quarta 
linea  della  prima  facciata  segnata  così  |^  secondo  V  origina- 
le, e  forse  la  trattina  a\V  ingiù  non  è  che  un  punto  allun- 
gato per  qualche  corsa  del  bulino,  o  ferro  incisore,  e  la 
credo  perciò  una  Sigla,  che  molte  ve  n'  ha  in  sì  piccola 
iscrizione.  Se  non  che  questa  stessa  forma  di  lettere  /^  ve- 
desi  presso  il  Montfaucon  nell'  Alfabeto  Samaritano  fra  le 
forme  varie  della  T  ossia  del  Thau,  Alfabeto  preso  da 
Rabbi  Azaria.  La  lettera  ^,  ossìa  il  Digamma,  che  vi  è  più 
volte  ripetuto  la  leggo  per  U  consonante,  e  quindi  nel  ren- 
dere l' Etrusco  in  lettere  romane ,  scrivo  Epuui ,  Epuuie,  e 
così  anche  Etuepis,  bensì  sotto  la  correzione  di  cotesti  dotti 
etruscanti  i  Lanzi,  e  gli  Amaduzzi.  Osservo  a  questo  pro- 
posito (  sottoponendo  anche  questa  osservazione  al  giudizio 
dei  medesimi  ) ,  che  la  forma  deir  U  consonante  etnisca , 
qual  vedesi  presso  Demstero  nelle  già  dibattute  medaglie 
colK  epigrafe  |0O/ìJ33  ^1^  stessa  del  Digamma,  o  un 
Digamma  più  rozzamente  inciso  nel  quale  sporgendo  ap- 
pena la  linea  perpendicolare  sotto  l' inferiore  orizzontale,  in 
fine  si  ridusse  il  Digamma  alla  forma  ^,  che  si  vede  nelle 
Tavole  Eugubine,  Campane,  Etrusche  ecc.  Di  sorte  che  le 
Medaglie  presso  il  Demstero  del  Semisse ,  del  Quadrante  , 
del  Triente,  e  presso  il  Passeri  di  un  Sestante  tutte  con  la 
ruota  '^  da  una  parte ,  e  la  scure  dalP  altra  marcate  con 
nota,  o  Sigla  suddetta  ;j ,  prendendola  per  V  Iniziale  deb- 
bano attribuirsi  a  VELATKKI,  o  sia  a  Volterra,  giacche 
omai  si  è  d'  accordo,  che  tale  epigrafe  indica  Volterra,  non 
già  Velletri;  tra  gli  assi  del  Cardinale  Zelada  ve  n*  ha  uno 
rispettabile  con  i  simboli  suddetti,  e  colla  Sigla  più  confor- 
me al  Digamma  così  ^,  e  lo  stesso  Passeri  mette  sotto  una 
classe  medesima  tutte  le  medaglie  colle  seguenti  tre  marche 
3  ])  =J,  e  cogli  accennati  tipi,  o  almeno  con  uno  di  essi.  Se 

il  dotto,  e  faceto  antiquario  Sellari  di  Cortona    da  me   co- 
nosciuto nel  viaggio  dell^  anno  passato ,  si  è  avvisato  di  at- 


L    ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  6 1 3 

tribuire  a  Cortona  le  medaglie  etrusche  con  la  nota  '),  par- 
mi  poterai  con  qualche  fondamento  di  più  attribuire  a 
Volterra  quella  con  la  nota  '^,  t  molto  più  le  altre  con  ^ 
come  nelP  asse  Zeladiano. 

Quanto  alle  altre  lettere  del  nostro  frammento  osservo 
che  la  p.  n  8*  ^^  accostano  alla  Romana^  e  la  doppia  O 
senza  né  punto,  né  alcun  tratto  in  mezzo  é  della  scrittura 
più  frequente  dei  monumenti  di  Etruria. 

Non  più  sulla  forma  delle  lettere,  qualche  cosa,  cioè 
qualche  altro  marrone  farò  sulle  parole. 

Sotto  esse  distinte  1'  una  dall'altra  con  un  punto  in 
mezzo  allo  spazio^  che  la  divide,  ciocché  è  ordinario  nelle 
Epigrafi  etrusche  dove  con  uno ,  e  dove  con  due ,  e  tre 
punti,  mi  parve  vedere  una  parola  sincopata,  o  vogliam  dire 
mancante  della  vocale  all'  uso  ebraico ,  ed  etrusco ,  ed  è 
quel  TUPIS.  della  terza  linea  della  prima  facciata,  ripetuto 
poi  intero,  e  colla  vocale  nella  penultima  sillaba  alla  linea 
quarta  della  seconda  facciata  ETUEPIS.  Le  due  prime  ri- 
ghe dell'  una,  e  l' altra  facciata  danno  gli  stessi  nomi  PUVL 
PUN.  EPUVIE.  PUNU.  col  divario  delle  desinenze  forse  per 
distinguere  il  genere.  Vi  scorgo  nomi  di  Famiglie,  come  la 
Erinthia ,  la  Tuthia ,  la  Atrunia ,  la  Urtentia ,  e  la  penultima 
scritta  con  doppia  A,  framezzata  dalla  spirata  secondo  il 
genio  della  lingua  etnisca,  e  della  latina  antica,  ha  molta 
somiglianza  col  ATHUNIAL^  presso  il  Demstero  col  A- 
THUNI,  di  un'  Urna  Volterrana,  e  col  AHNTNI  di  un'al- 
tra di  Chiusi  e  simili  riportate  dal  Passeri,  e  credute  da  lui 
la  stessa  della  gente  Antonia. 

Ma  a  me  non  è  lecito  d' inoltrarmi  nel  sagro  recesso 
delle  Canute  Muse  etrusche  i  cui  Lari  armati  di  tutto  punto^ 
ne  custodiscono  con  gelosia  l'ingresso,  e  non  permettono, 
che  la  gente  volgare  vi  ponga  piede.  Crederei  però  che  dopo 
le  tante  carezze,  che  hanno  lor  fatto  i  Maffei,  i  Cori,  i 
Mazzocchi,  gli  Olivieri,  i  Passeri  etc.  sia  per  riuscire  al- 
l' eruditissimo  Abate  Lanzi  di  ammansirli,  e  di  ottenere , 
che  almeno  si  vegga  il  vestibolo  delle  loro  vecchie  abi- 
tazioni. 


él4  MICHELE  t^ALOCl  PUUGNANI 

Veggo  Emo^  e  confesso  di  aver  abusato  delle  di  Lei 
sofferenze.  Farà  le  mie  scuse  il  frammento  medesimo  che 
p'  è  stato  causa^  e  che  almeno  per  quel  ch^  era  intero^  inte- 
ressa V  etnisca  erudizione  di  gran  moda  in  oggi^  e  tuttociò 
che  ha  relazione  colle  lettere  non  può  infastidire  un  gran 
Mecenate  delle  Medesime^  qual'è  V,  E*  cui  con  profondo 
ossequio  etc. 

§.  vili.  SPOLETO 

L  Magnifico  Ponte,  e  aquidoUo  opera  Longobarda. 

Tornando  indietro  da  Amelia  passai  per  la  Città  di 
Spoleto  Capo  già  del  Ducato  di  questo  nome^  esteso  fino 
agli  Abruzzi^  e  fondato  dai  Longobardi.  Mi  condussi  subito 
a  vedere  il  magnifico  Acquedotto^  che  forma  insieme  un 
ponte,  il  quale  unisce  la  montagna  dove  è  fondata  la  Città  con 
quella  che  le  sta  di  schiena.  Alcuni  V  hanno  creduto  opera 
degli  antichi  Romani^  dei  quali  non  è  indegna ,  altri  dei 
Goti  sotto  il  Grande  Teodorico.  Pompeo  Pellini  riputato 
Storico  Perugino  V  attribuì  al  Cardinale  Egidio  Albomozzo^ 
ma  tutte  queste  varie  opinioni  sono  rigettate  con  buone  ra- 
gioni dal  Conte  Campello  Storico  non  ignobile  di  Spoleto 
sua  Patria^  che  attribuisce  questa  magnifica  Opera  al  Duca 
di  Spoleto  Teodelapio^  il  quale  entrò  nel  possesso  del  Du- 
cato circa  1'  anno  602^  e  lo  tenne  fino  al  652^  o  653  secondo 
i  calcoli  del  dotto  Diplomatico  Padre  Abbate  Fatteschi  nelle 
sue  memorie  Storiche  diplomatiche  dei  Duchi  di  Spoleto  ('). 


(t)  Che  però  questo  ponte  noa  debba  attribnini  né  a  Teodorico,  né  a  Teodeltsio* 
né  air  Albornoz  ai  dimostra  bene  dal  eh.  sig.  C.  Claricetti  nello  scritto  :  Il  ponte  aque- 
dotto  detto  ponte  delle  torri  di  Spoleto,  Milano,  Tip.  -  Ut.  degli  Ingegneri,  1884.  II 
Don  Costanzo  vedendo  il  ponte,  credè  che  gli  archi  fossero  circolari,  e  però  lo  riportò 
al  secolo  VII.  Vedi  una  sua  lettera  al  Vermiglioli,  Aquila  9  Luglio  1881,  negli  Opu- 
scoli del  Vermiglioli.  Voi.  terzo,  Perugia,  Baduel,  1826,  pag.  171-  171. 


L   ODEPORICO  DELL^B.  DI  COSTANZO  él^ 

IL  Basilica  di  $.  Gregorio  con  antiche  Lapidi, 

e  bassi  rilievi. 

Nella  Chiesa  di  S.  Gregorio^  ch^è  quasi  fuori  della 
Città  con  un  Collegio  di  Canonici  vi  ha  nella  facciata  e 
muro  prossimo  molte  antiche  Iscrizioni^  e  bassi  rilievi^  che 
meriterebbero  di  esser  copiati^  e  descritti. 

III.  Antichissima  Chiesa  di  S.  Spes. 

Visitai  l' antica  Basilica  sotto  il  titolo  S.  Sabino  posta 
qualche  miglio  fuori  di  Città  dov^  è  il  deposito  con  Lapida 
antica  in  gran  caratteri  del  S.  Spes^  o  Speo  Vescovo  di  Spo- 
leto riportata  da  altri  Scrittori^  e  nelle  Collezioni  di  antiche 
Lapide  Cristiane  (')• 

IV.  Antico  muro  romano  sopra  un  altro  più  antico 

d'  opera  incerto. 

In  un  ortaccio  dentro  la  Città  osservai  un  pezzo  di 
Muro  dell^  antico  circondario  di  nobile  costruzione  romana  con 
iscrizione  parimente  romana  indicante  l' epoca  della  Fabrìca^ 
ed  anche  questa  deve  trovarsi  nelle  grandi  Collezioni  lapi* 
darie.^ 

E  notabile  che  questo  muro  posa  sopra  un^  altro  assai 
più  antico  di  quell^  opere  incerto  spesso  rammentato ,  che 
dalla  grande  antichità  rovinato^  fu  poi  risarcito  ne'tempi  ro- 
mani più  floridi. 


(i)  Recentemente  e  correttamente  pubblicò  questa  lapide  il  eh.  comm.  G.  B.  De-Rossi, 
nel  Bulleitino  di  Archeologia  Cristiana.  Roma  Salviucci,  1871,  serie  II.  an.  II,  pag. 
in,  il  quale  nella  tav.  VII,  3,  ne  die  anche  un  diseano.  Di  una  copi»  di  questa  iscri- 
zione in  una  pergamena  del  tempo  di  Carlo  Ma;:no,  esistente  nel  tesoro  imperiale  di 
Aquisgrana,  ha  discorso  il  canonico  Kassel  nel  lahrbùcher  dis  Ver,  voti  Aiterthumsfr. 
1868,  LXII,  pa0.  86  a  se^g-  e  il  nominato  De  Rossi  nel  citato  Builettino,  1878,  serie 
III.  pag.  153-158,  UT.  XI. 


él6  XCfCHELB  PALOCt  PUtlGNAKt 

Non  lasciai  di  visitare  la  Cattedrale^  il  cui  campanile  è 
formato  di  grandi  pezzi  di  travertino  già  serviti  per  qual- 
ch'  antico  edificio,  e  fra  di  esse  varie  lapidi  di  iscrizioni  po- 
ste in  opera  alla  rinfusa. 

V.  Facciala  della  Cattedrale  con  memorie  del  basso  evo. 

Nella  facciata  della  Cattedrale  sotto  un'  Imagìne  in  mo- 
saico lessi  i  seguenti  versi  Leonini,  che  segnano  il  tempo, 
gli  Artefici,   ed  i    Sopraintendenti  della  fabrica, 

Haec  est  pictura,  quam  fecit  sat  placitura 
Doctor  Solsternus  hac  summus  in  arte  modemus 
Ànnis  inventis  cum  septem  mille  ducentis 
Operarli  Palmerius  D.  SASO  TRANSERIC 
Errici  DUTE  SAVE.  PINCURIN  («); 

Qoè:  Deus  te  solvei  etc. 

Solsterno  chiamato  Doctor  do vett*  essere  un  insigne  Mu- 
saicista  del  secolo  XII.,  e  principi  del  seguente,  vale  a  dire 
un'  Artista  in  pittura  a  Musaico  di  un  secolo  più  antico  di 
Giotto,  e  dì  un  secolo  e  mezzo  di  Cimabue  i  due  vantati 
ristauratori  della  pittura  in  Italia. 

Quel  Pincurin  sarà  a  mio  avviso  T Archi tetto'della  fac- 
ciata, e  della  Chiesa,  conciosiachè  in  quei  tempi  era  costume 
di  fare  simili  apprecazioni,  come  questa  —  Deus   te  salvet 


(i)  L' Iscrizione  è  in  due  righe,  la  prima  dì  lettere  nere  su  fondo  verdigno,  la  se- 
conda di  lettere  bianche  su  fondo  amaranto.  La  riproduco  da  una  copia  fedele  che  ho 
avuta  dalla  gentilezza  del  eh.  sig.  G.  Sordini. 

—  HEC  EST  PICTURA  QVAMFECIT  SAT  PLACITURA  :  DOCTOR  SOL- 
STERNUS  HAC  SVMMUS  IN  ARTE  MODERNVS  : 

ANNIS  INVENTIS  CVM  SEPTEM  MILLE  DVCENTIS  :  OPERARII  PALME- 
ftlVS    D.  SASO.  TRANSERICVS  ENRICI  :  DVTESALVE  PINCVBINV  : 

Quel  mosaico,  che  come  tutto  il  resto  della  bellissima  facciata,  ha  bisogno  di   re- 
stauro sollecito  e  serio,  ha  anche  altre  iscrizioni.  A  sinistra,  nel  campo,  si  le^ge  IC  e 
sotto,  in  due  righe:  SCA  MARIA:  a  destra,  colla  stessa  disposizione,  si  legge  XC,  e 
sotto  SCS  lOHS   Nel  libro  aperto  che  tiene  in  mano  Y  eterno  padre  sta  scrìtto  :  EG  | 
OS  I  VM  I  LVX  I  MVN  |  DI. 


L*  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  6l^ 

ai  Maestri  Architetti.  Gli  altri  tre  Palmerio ,  D.  Saso ,  e 
Transertco  detti  Operarti  erano  i  sopraintendenti  della  Fab- 
brica chiamata  opera  in  quel  secolo^  e  nei  seguenti.  Il  nome 
di  Transerico  nella  Città  di  Spoleto  trovasi  rammentato  in 
in  una  carta  di  donazione  citata  dal  Giacobelli  nella  cronica 
di  Sassovivo^  con  cui  si  fa  donazione  al  Monastero^  e  Chiesa 
di  S.  Apollinare  di  Spoleto  sotto  Tanno  1088^  di  alcuni  Beni 
nel  contado  di  Spoleto  confinanti  coi  Beni  di  Pietro  Tran- 
serico.  Un  Transerico  Vescovo  di  Spoleto  del  ii8s  è  ri- 
cordato nella  medesima  cronaca  pag.  54^  e  riportato  nella 
serie  dei  Vescovi  Spoletini  delF  Ùghelli,  che  lo  fa  morire 
circa  V  anno  rigo. 

Finalmente  nello  stipite  sinistro  della  Porta  maggiore 
tutta  a  fiorami,  e  bassi  rilievi  v^  è  inciso  Gregorius  Melio^ 
ran\iy  cioè  il  nome  dello  Scultore  della  Porta  medesima. 


§.  IX.  CLITUNNO 


Disceso  da  Spoleto  entrai  nella  gran  valle  spoletana,  e 
continuando  il  mio  viaggio  mi  fermai  alle  amenissime  sor- 
genti del  tanto  dagli  Antichi  celebrato  Clitunnoj  bevvi  di 
quelle  freschissime  acque  ^  e  rimirai  con  estremo  diletto 
V  incanalamento  delle  varie  acque  sorgive  che  formano  su- 
bito il  fiume  come  con  eleganza^  e  con  precisione  vien  de- 
scritto nella  bella  lettera  di  Plinio  secondo  ad  Romanunty  ot- 
tava del  Libro  Vili. 

I.  Tempietto  antico  gentilesco  convertito 

al  culto  Cristiano. 

Sopratutto  ammirai  P  elegantissimo  Tempietto,  che  dal 
culto  Gentilesco  fu  convertito  al  culto  Cristiano  circa  la  me- 
tà del  quinto  secolo.  Una  descrizione  di  questo  Tempietto 
con  la  sua  pianta,  prospetto,  ed  elevazione  insieme  la  de- 


él8  MICHELE   FALOCl  PUUGNANI 

scrizione  dei  Qitunno  è  stata  pubblicata  dall'  erudito  Ridd- 
fo  Venuti.  (') 


§.  X.  BADIA  DI  SASSOVIVO 

I.  Ricco  suo  Archivio  tolto,  e  trasportato  in  una 

Casa  del  Commendatario. 

Prima  di  trapassar  Foligno  volli  visitare  la  Badia  di  Sas- 
sovivo  commendata  a  un  Cardinale.  È  posta  nella  Monta- 
gna di  dietro  alle  spalle  di  Foligno  in  situazione  solitaria^ 
non  però  aspra^  né  disamena.  Attesa  la  celebrità  di  questa 
Badia  delle  più  insigni  della  Provincia^  mi  era  lusingato  di 
trovarvi  un  ricco  Archivio^  restai  però  deluso,  perchè  n'  era 
privo  affatto,  e  mi  dissero,  che  tutte  le  Pergamene,  e  Carte 
eran  passate  in  mano  del  Commendatario,  e  si  conservava- 
no in  Foligno  in  una  Casa  della  Commenda,  dove  infatti  le 
vidi  di  passaggio,  ma  per  esser  confuse,  senza  indice,  o  un 
Registro,  non  mi  giovò  niente  l'esservi  stato.  (') 


II.  Poche  memorie  dei  bassi  tempi  superstiti 

dell'  antico  Monastero. 

NeUa  Sagrestia  del  Monastero  si  conservano  un'  antica 
Croce  d'arganio  <iorato,  xon  il  Crocifisso  da  wm  yirte,  ed 


(i)  Moltissimi  hanno  scritto  sa  questo  tempietto  ;  Tediosi  principAlmente  i  doc  più 
recenti  Sansi  A.  De^U  edifici  e  dei /rammenti  ttorici  delle  antiche  età  di  Spoleto. 
Foligno,  Sgarigliai  1869.  p.  330  e  segg.  t«v.  XII.  Di  Rossi  G.  B.  *Bullettino  di  ar- 
cheologia cristiana,  Roma,  Salviucci,  1871,  p    14^  e  segg.  tav   XII 

(3)  Ora  l' archivio  sta  in  una  camera  dell'  Arcivescovo  di  Spoleto  Di  $>assosÌTo  ve- 
dasi Iacobilli  L.  Cronaca  della  Chiesa  e  del  Monastero  diSassovivo,  Foligno,  1683, 
e  le  mie  Memorie  epigrafiche  del  Chiostro  di  Sassovivo,  Foligno,  CampitelUt  1879, 
ove  a  pag.  15,  nota  3,  pubblicai  parte  di  questo  %.  IX. 


l'  odeporico  dell'  abb.  Di  COSTAKZO  él9 

il  Salvatore  dall'  altra  di  lavoro  del  Secolo  XIII  o  XIV.  In 
un  Chiostrìno  vi  sono  le  seguenti  Iscrizioni. 

^  m  noia  a/  ar.  h  a/  JKaaaxira. 
ReasReny  pss  do*  piiY' 

SBBflS  ROa  OF  HIORI  HSa  (') 

Sotto  sono  scolpite  tre  Àrmi^  o  insegne;  nella  prima 
vi  è  la  Croce ,  nella  seconda  una  Colonna  con  due  Leoni 
rampanti  su  di  essa ,  che  credo  1'  Arma  dei  Trinci  Dinasti 
di  Foligno,  della  cui  famiglia  era  V  Abate  ;  la  terza  ha  in- 
cise due  Chiavi  :  Seguita  un'  altra  Iscrizione  in  versi  Leonini 
del  tenor  seguente. 

feoc  CLsasTRi  opaus  ecReGiaai 

QVOD  DeaORKT  ffiOIlKSTaRIVfitt 
DORRVS  KBBKS  KHGQLVS  PRKaCePIT 
fflaiTO  S2«KPTa  FICRI  ex  F6CIT 
K  flttKGISTRO  PaTRO  Da  ffiJCRIK 

ROJBKno  opaRa  ar  sbkstrik 
ramo  DOjnmi  jniLLeno 
izmcTO.  ai  BIS  cantano 
nono  QvoQva  caun  viaano  o 

§.  XI.  SPELLO 

Trapassato  FoUgno  dove  non  avea  ricapito,  giunsi  a 
Spello  antica  Colonia  Romana  dagli  Autori  Classici  con  lo- 
de rammentata.  Basta  infatti  passare  per  lo  strada  romana 
accantp  a  Spello  per  iscorgere  subito  1^  antico  suo*  splendore* 


(0  Ne  detti  il  disegno  nelle  Memorie  citate,  tjv.  3,  n.  i. 
(a)  Vedine  il  disegno  nella  indicata  tar.  s,  n.  a. 


620  MICHELE  FALOCl  PULTGNANI 

I.  Antico  ingresso  a  tre  Archi:  altra  antica  porta 

oggi  oppilata. 

La  Porta  che  conduce  al  Paese  è  l^  antica  assai  gran- 
diosa con  tre  Archi  per  ingresso^  di  cui  i  due  laterali  mi- 
nori sono  ora  quasi  tutti  sotterra^  e  il  maggiore  sepolto  per 
la  metà  lascia  un'ampio  ingresso  al  Paese.  Lunghesso  la 
strada  romana  è  ancora  in  piedi  una  gran  parte  dell'  antico 
suo  muro  di  nobile  costruzione,  che  presenta  un'  altra  Por- 
ta di  bella  struttura  in  oggi  murata. 

IL  Porta  Venere  di  magnifica  costruzione. 

Lo  stesso  muro  del  Piano  sorge  in  alto,  essendo  il 
Paese  sopra  un'  eminente  Colle.  Dalla  parte  del  Monte  me- 
rita di  esser  veduta  un'  altra  superba  Porta  detta  Porta 
Venere  fiancheggiata  da  due  alti  torri  ottagonali  di  traver- 
tini. Il  celebre  Architetto  Serlio  la  credè  degna  di  essere 
disegnata,  e  né  riporta  il  Prospetto,  e  le  dimensioni  nella 
sua  Opera  di  Architettura.  Si  veggono  nella  pianura  sotto- 
posta grandi  avanzi  del  suo  Anfiteatro,  e  si  distingue  tutto- 
ra l' area,  o  arena  di  forma  elittica.  Altri  residui  di  antiche 
Fabbriche  si  scontrano  per  entro  il  Paese,  e  specialmente 
nella  parte  più  elevata  del  Colle. 


IIL  Insigni  Iscrizioni,  una  però  falsificata^ 

e  r  altra  controversa. 

'  Alcune  insigni  iscrizioni  Romane  sono  affisse  nel  muro 
della  Collegiata  di  S.  Lorenzo,  ma  un  numero  più  grande 
n'  è  stalo  riunito  nel  Palazzo  pubblico,  riportate  nelle  gran- 
di Collezioni  lapidarie.  Fra  esse  è  famigerata  quella  incisa 
in  caratteri  rustici,  che  contiene  un  Rescritto  Imperiale  di 
Costantino  il  Grande  a  favore  degli  Ispellati ,  della  cui  au- 
tenticità non  pochi  ne  hanno  dubitato^  come  può  vedersi 


l'odeporico   DEIL'aBB.   di  COSTANZO  62 1 

presso  il  Muratori,  che  ne  ha  ragionato  a  lungo,  senza  nul- 
la decidere.  (')  È  bensì  da  rigettarsi,  come  impostura  FI- 
scrìzione. 

SEXT,  AUREL.  PROPER.  T.  SEX.  F.  LEM. 

posta  in  fondo  alla  lapida  sincera  di  L.  Cominio,  e  le  ra- 
gioni per  crederla  impostura  possono  vedersi  nelP  avverti- 
mento premesso  alle  Iscrizioni  romane  di  Assisi  riunite  nella 
terza  Appendice  del  Libro  Disamina  dei  Monumenti  ecc. 
rìsguardanti  San  Rufino  Vescovo  di  Assisi.   (*) 

IV,  Cappella  insigne  dipinta  dal  Pinturicchio 

A  chi  sale  a  Spello,  consiglio  prima  di  uscirne,  a  ve- 
dere nella  Collegiale  Chiesa  di  S.  Maria  una  Cappella  di 
buona  Architettura,  che  non  avendo  finestre,  prende  il  lu- 
me dalla  Chiesa  medesima.  È  tutta  dipinta  da  Bernardino 
di  Betto  detto  il  Pinturicchio  ^  uno  dei  migliori  allievi  di 
Pietro  Perugino,  e  quello  stesso,  che  dipinse  la  bella  Libre- 
ria del  Duomo  di  Siena  con  Raffaele  di  Urbino  suo  condi- 
scepolo. Essendo  questa  Cappella  oscura,  che  pure  poteva 
essere  illuminata  con  un  cuppolino  in  cima  al  vólto,  dovette 
il  Pinturicchio  aguzzar  bene  gli  occhi,  se  pur  ciò  gli  bastò, 
e  non  si  servisse  di  lume  di  candela. 


(1)  Però  il  Cavedoni,  il  Monmsen  V  Henzen  ed  altri  archeologi  V  haono  concorde- 
mente ritenuto  autentico.  Cfr.  Di  Rossi  G.  B.  BuUettino  di  Archeologia  Cristiana, 
Roma.  Salviuccii  1K67,  pa;;.  Dg.  —  iHya,  pag.  ^a  -  83. 

(3)  Probabilmente  autore  di  questa  falsificazione  fu  Ferdinando  Passerini  da'  Spel- 
lo, il  qaale  divulgò  che  la  famosa  iscrizione  fu  scoperta  il  7  Giugno  1733.  Nella  bi- 
blioteca Angelica  lo  Roma,  colla  segnatura  B,  6, 15,  n.  7.  trovasi  incisa  questa  lapida 
in  un  foglio  stampato,  senta  luogo  ed  anno,  che  ha  questo  titolo  :  Hitpellum  Splendi- 
dissima  olim  coionia  Julia  Propertii  Clar issimi  poetae  patria  Ex  vetustissima  tabula 
silicea  ibidem  detecta  die  VII  lulii  hujus  anni  MDCCXXII,  cuius  icon  subiicitur.  Pe- 
rò il  cippo  di  L.  Comtnio  un  secolo  innanzi  era  stato  letto  dal  lacobilH  il  quale  non 
vi  trovò  le  parole  intruse  SEXT.  AVREL.  PROPER  eie.  Vedi  Torti  F.  U»  patria  di 
Properzio.  Loreto,  Rossi,  i>^39,  p.  103  -106. 


621  MICHELE  FALOCI  PULIGNAKl 

V,  Pittura  in  gran  Tavola  di  molto  pregio 

dello  slesso  Pittore 

U  opera  però  più  insigne  di  questo  pittore  è  parimenti 
in  Spello  nella  Chiesa  dei  Conventuali  in  una  Tavola  alta 
nove  palmi^  e  larga  più  di  sette  con  la  B.  V.  seduta  ^  ed  il 
Bambino  in  piedi  sulle  sue  ginocchia^  con  varie  figure  di 
Santi  ai  due  lati^  e  con  un  S.  Giovannino  seduto  alla  pre- 
della ove  posa  i  piedi  la  Madonna^  di  tanta  grazia  e  fini- 
mento^ che  per  poco  noi  prenderesti  per  lavoro  del  divin 
Raffaello.  (') 

VI.  I seriali one  del  secolo  XII  degna  di  riflessione. 

Salendo  nella  parte  più  elevata  di  Spello^  dov^  è  il  Con- 
vento dei  Cappuccini^  scoprii  un'iscrizione  dei  bassi  tempii 
che  mi  dette  molto  d' arzigogolare.  Ella  è  incisa  nei  quattro 
stipiti  di  una  finestrella  al  di  fuori  della  testa  della  Chiesa, 
dove  però  era  anticamente  V  ingresso^  in  caratteri  semigo- 
tici con  alcuni  nessi  che  tralascio  nella  copia  (')  fuori  di  due 
parole^  che  formano  il  nodo  delle  difficoltà. 

*    flHHO  »  flttlLLO.       § 

e»  ^' 

^  o 

O  K 

"^       •  Si         • 

>T\  (Ti 

HI  ^ 

Wi      _  _       Q 

CeTeO:7  0CT60.<| 


fi)  Vedi  Rosu  P.  M.  C.  Il  quadro  di  Bernardino  Pinhtricchio  a  Spello.  Jltu- 
itra\ione,  Loreto»  Rosti,  1847.  Cfr.  Bunconi  G.  Spello  e  il  $no  primo  Kfjcofo  san 
Felice,  Amùì,  Sensi,  l^83,  p.  18. 

(9)  Io  però  ho  yoluto  rivederla  sali'  origintle,  e,  trattandosi  di  un  testo  sul  quale 
il  Di  Costanxo  fa  tante  osservazioni,  ho  voluto  riprodurla  a  fac- simile,  per  quanto  lo 
permettono  i  caratteri  tipografici. 


L*  ODEPORICO  DELL^AB6.  DI  C0STA14Z0  623 

VII.  Se  le  prime  due  parole  della  4/  riga 

indichino  un  Vescovo  Consecrante^  0  più  tosto  un 

Duca  principe  di  Spoleto  Conregnante. 

Se  la  seconda  parola  dell^  ultima  riga  si  dovrà  leggere 
consecranfCy  V  altra  che  precede  dovrà  credersi  il  nome  del 
Vescovo  consacratore  chiamato  Rubenio.  Nel  1180  Spello 
non  aveva  più  Vescovi  proprj ,  (*)  e  fra  quelli  di  Spoleto , 
di  Foligno^  e  di  tutta  V  Umbria  non  si  trova  alcuno  presso 
1'  Ughelli  nominato  Riibenio^  o  che  si  accosti  a  questo  nome. 
Potrebb^  essere  un  Vescovo  di  altra  Provincia,  ma  niun 
Vescovo  di  questo  nome  né  del  1180 ,  né  di  altra  epoca 
anteriore ,  o  posteriore ,  scontrasi  in  tutta  1^  Italia  sacra  del- 
l' Ughelli.  Penserebbe  taluno  che  fosse  un  Vescovo  Rubiense, 
cioè  di  Ruvo  in  Puglia,  ma  ciò  sarebbe  un  indovinare;  é 
vero  che  un  Daniele  Vescovo  di  Ruvo  nel  117 g  un^anno 
prima  di  questa  Consacrazione  (come  per  ora  supponiamo) 
era  in  Roma  al  Concilio  Lateranense,  e  potè  per  avventura 
essere  invitato  a  &re  una  scorsa  da  Roma  a  Spello  per 
consacrare  questa  Chiesa,  ma  io  non  me  ne  persuado,  man- 
candomi ogni  altro  dato.  Chi  volesse  in  quelle  Lettere  RVBE 
trovare  un  Ruberto  Vescovo  non  si  troverebbe  neppur  così  coi 
conti  delP  Ughelli  là  dove  riporta  i  Vescovi  nomati  Roberti. 
Taddeo  Donnola  illustratore  secondo  la  maniera  del  suo 
tempo  delle  antichità  di  Spello  sua  Patria  nella  Apologia 
che  ha  fatto  di  S.  Felice  Vescovo  Ispellate,  annovera  fra 
gli  antichi  Vescovi  di  Spello  Rubeno  consacrato  da  Papa 
Vigilio  nel  S4S  ^  lo  raccoglie  dalla  vita  di  S.  Severino 
Settempedano  scritta,  come  dicesi,  dallo  stesso  Vescovo  Ru- 


fo Sui  yescovi  di  Spello,  oltre  V  Ughelli  oeir  Italia  Sacra,  e  il  Donnola  nei  suoi 
libri  di  agiografia  Upellana,  scrisse  espressamenle  nn  opuscolo  1*  abate  Ferdinando  Pas- 
sarini,  col  titolo  :  De  Hitpello  eiutque  epitcopit  at  de  imigni»  Eccletiae  Collegiatae 
S.  Laurentii  Origine  Dignitaie  et  praerogativi$,  Fulginiae,  Campana,  MDCCXXIV. 
Però  una  aerie  critica  dei  vescovi  di  Spello  non  è  stata  ancora  fatta. 


624  MICHELB  FA  LOCI  PULIGNAMI 

beno,  che  viene  anche  spacciato  per  un  Familiare  del  detto 
S.  Severino^  sotto  il  cui  nome  erigesse  poi  questa  Chiesa  in 
Spello^  la  quale  realmente  ritiene  il   nome  di   S.  Severino. 
Si  vuole  che  queste  notizie  storiche  fossero  tratte  da  un'  an* 
tico  Codice  della  Chiesa  Settempedana  del  Conte  Leonardo 
Franchi  Sanseverinate^  comunicate  poscia  dal  Cavalier  Va- 
lerio Lancellotti  di  detta  Città  al  Donnola^  ed  agli  Ispellati. 
Ancorché  volessimo  ammettere  simili  notizie   per   ben  fon- 
date  ed  accertate^  non  gioverebbero  per  nulla   a  scuoprire 
qual  fosse  il  Rubenio  della  presente   iscrizione^  che  appar- 
tiene al  118  0  epoca  assai  lontana  dal  sesto  Secolo  in  cui  si 
suppone  un  Rubenio  Vescovo  di  Spello  ai  tempi  di  Vigilio 
Papa.  Sarebbe  poi  una  troppo  forzata  interpretazione  il  dire^ 
che  r  autore  dei  nostri  Leonini  intendesse  di  far  sapere^  che 
il  ristauro  fatto  nel  1180  fosse  di  una  Chiesa  già  consacrata 
molti  secoli   prima  dal  Vescovo  Rubenio.   Il    tenore  della 
iscrizione,  che  non  parla  di  ristauro  è  troppo  chiaro,  e  de- 
ciso per  poter  ammettere  siffatta  interpretazione.  Riman  fer- 
mo perciò,  che   un  Vescovo   Rubenio   di   Spello  non  vi  è 
stato,  né  ci  poteva  essere  nel  Secolo  XIL  Intanto  né  il  Don- 
nola, né  il  Giacobini  che  parlano  di  questo  Rubenio  Vesco- 
vo di  Spello  non  citano  la  presente  iscrizione ,  o  che  non  la 
conoscessero,  o  che  non  sapessero  conciliarla  col   tempo  in 
cui  supponesi  vissuto  il  loro  Vescovo  Rubenio.   Io    non  so 
di   qual   peso ,  e   autorità  sia  l'  asserto  antico  Codice  della 
Chiesa  Settempedana,  so  bene  che  il  Baronio  nelle  note  al 
Martirologio  Romano  scrive:  Ambigua  adhuc,  et  suboscura 
remanet  de  S.  Severino  narratio  ob  omnimodam  fere  similitU" 
dinem  quam  in  omnibus  habere  videtur^  cum  S.  Severino  Epi^ 
scopo  Neapolitano.  Vale  a  dire  che  nel  comporre  la  vita  dì 
S.  Severino  Settempedano   si   è  confuso ,  secondo  il  solito 
questo  Santo  con  un'  altro  Omonimo,  il  che  la  rende  ambi- 
gua, ed  incerta.  Come  poi  nel  detto  Codice  ci  sìa  fatto  en- 
trare un  Rubenio  Vescovo  di  Spello,  io  non  posso  saperlo 
se  non  veggo  il  Codice  autografo,  o  almeno  un'  esemplare 
dì  esso.  Temo  fortemente  di  equivoci,  e  dì  confusion  di  par- 
tite il  trovarsi  un'antica  Chiesa  sotto  l' invocazione  di  S.  Se- 


l'  odeporico   dell' ABB.   di  COSTANZO  625 

verino^  ed  inoltre  un'  iscrizione,  che  presenta  a  prima  giunta 
un  Rubeno  Consacratore  di  essa,  come  è  sembrato,  può 
aver  dato  motivo  al  Giacobini,  e  al  Donnola  per  comporre 
tutta  la  storia  del  Vescovo  Rubeno  amico,  e  familiare  di 
S.  Severino,  scrittore  quindi  della  sua  vita,  e  in  fine  co- 
struttore di  una  Chiesa  sotto  la  sua  invocazione. 

Vili.  //  RlHìE  dell'  Iscrizione  più  probabilmente 
è   un   Duca,   o   un   Collega   del   Duca   di  Spoleto 

Cercando  il  nome  di  Rubeno  nel  grande  Indice  dei 
nomi  dei  Vescovi  della  Collezione  generale  dei  Concilj  del 
Mansi,  giacché  in  quello  dell'Italia  sacra,  come  è  detto  so- 
pra, non  si  scontra  mai,  non  ho  trovato  altro,  che  un  Ruben 
nel  Concilio  IL  Niceno  celebrato  contro  gV  Iconoclasti  l'an- 
no 781  che  si  sottoscrive  in  greco  Fov.  ^i(i  EmaKOxog  2xo- 
neXov:  Ruben  Episcopus  Scopeti.  Chi  sa  che  leggendo  in- 
vece di  Scopeliy  Speli  non  sia  stato  trascinato  dall'  Oriente 
a  Spello  questo  Vescovo  Rubeno.  Tali  equivoci  da  chi  ha 
impegno  di  trovare  cose  nuove  pel  suo  proposito  si  formano 
facilmente  e  volentieri,  massime  in  tempo  di  poca  coltura , 
e  di  meno  critica.  Fin  dal  principio  che  ho  preso  a  ragio- 
nare delle  Iscrizioni  Ispellati  ne  ho  parlato  condizionatamente, 
cioè  se  la  seconda  parola  dell'  ultima  riga  scritta  abbreviata,  e 
con  nessi  si  dovesse  leggere  Consecrante,  e  sul  supposto 
di  questa  lezione  ho  scritto  fin  qui.  Ora  mo  (sic)  debbo  avver- 
tire, che  quella  parola  non  è  da  leggersi  Consecrante  ma 
conregnante,  e  posta  questa  lezione  sparisce  il  Vescovo  Ru- 
beno con  la  Consecrazione  della  chiesa  per  esso  fatta,  sva- 
niscono tutte  le  congetture,  e  cade  a  terra  ogni  fondamento 
di  ammettere  un  Rubeno  antico  Vescovo  di  Spello  con 
tutto  il  resto,  che  ci  vengono  dicendo  il  Giacobini,  e  il 
Donnola.  Io  dunque  leggo  Conregnante,  perchè  nella  copia 
da  me  fatta  oculata  manu,  trovo  così  scritto  CNRNTE,  tal- 
ché io  vi  scorgo  non  già  l' S.  dopo  l' N.  e  fra  le  due  N.  come 
altri  ha  creduto,  ma  un  R.  scritto  a  rovescio  per  maggior 
compendio,  di  che  potrebbero  addursene  molti  esempj  dei 

Archivio  Storico  11.  4.0. 


626  MrCHELE  FALOCI  PULIGKAKl 

bassi  secoli.  U  opera  pertanto  di  cui  parla  l' Iscrizione  fu 
intrapresa^  e  compita  Tanno  iiifo.  RVBE  CONRNTE,  che 
si  riferisce  a  qualche  Principe  Governatore  del  Ducato^  o 
parente  del  Duca  di  Spoleto^  o  suo  Luogotenente^  e  perciò 
chiamato  Conregnante,  o  Conregente  in  quest^anno.  U  Mura- 
tori all'anno  117 2, de'  suoi  annali  pone  duca  di  Spoleto  Bidè* 
lulfo^  e  all'anno  ji8s  gli  &  succedere  Corrado;  ma  il  dotto 
Diplomatico  P.  Abate  Fatteschi  nelle  succennate  sue  memo- 
rie dei  Duchi  di  Spoleto^  riferendo  le  confusioni,  e  i  disordini 
cagionati  nel  Ducato  da  Federico  Barbarossa^  e  dall'Arci- 
vescovo di  Magonza  suo  Arcicancelliere^  che  secondo  l' ano- 
nimo Salernitano^  multa  castra  regionis  illius  depopulatus 
est,  coeptt  Assisium  Civitatem,  et  Spoletum  suo  dominio  sub- 
diditf  scrive  che  il  detto  Duca  Bidelulfo  sarà  stato  Duca  di 
solo  nome^  e  per  poco  tempo  dovette  godere  della  Signorìa 
del  Ducato  e  che  fino  all'anno  ii8s  non  sappiamo  chi  suc- 
cedesse a  Bidelulfo  nel  Ducato  di  Spoleto.  Mediante  la  nostra 
lapida  avressimo  da  empire  il  vuoto  dall'  anno  117  2,  o 
II 7 S  nei  quali  governò  il  Ducato  Bidelulfo^  e  riempiilo 
fino  al  ii8s  in  cui  dominava  il  Duca  G>rrado^  e  riempirlo 
dico  con  questo  Ruteno  che  regnava^  o  corregnava  nel 
118  0.  Se  costui  realmente  ebbe  il  dominio  del  Ducato  noi 
dovette  più  godere  nell'  anno  118  2,  perchè  in  una  Carta  della 
Cattedrale  di  Assisi  di  detto  anno^  vi  è  nominato  Corrado 
col  titolo  di  Duca^  ed  il  Notajo  si  sottoscrive:  Ego  Fortu-' 
lus  scriba  Curiae  Domini  Ducis  Corradi  ;  cosi  parimenti  lo 
stesso  Notajo  in  altro  stromento  del  1184  si  sottoscrive 
nella  medesima  guisa  :  Scriba  Domini  Ducis  Corradi. 


§.  Xn.  BEVAGNA 


Lasciamo  omaì  Spello  che  ci  ha  soverchiamente  trat- 
tenuto^ e  passiamo  a  Bevagna  Municipio  molto  celebrato 
dagli  antichi  Geografi,  Storici,  e  Poeti,  e  un  tempo  supe- 
riore agli  altri  dell'  Umbria  confinante  coU'Etrurìa. 


l'  odeporico   DELL^ABB.   di  COSTANZO  627 

I.  Antico  Tempio  lateriiio  di  bella  Archilellura 

Ndl^  ingresso  del  paese  si  presenta  subito  un^  antico  tem- 
pio laterizio  di  somma  eleganza^  che  non  so  se  da  veruno  sia 
descritto  ed  illustrato  come  meriterebbe,  con  levarne  la 
pianta,  e  delinearne  il  prospetto,  V  elevazione,  e  tutto  il  suo 
ordine  architettonico.  Il  Ciampini  nella  sua  Opera  degli  Edi- 
fìcj  sacri  Costantiniani  parla  di  alcuni  pregevoli  mosaici  di 
Bevagna,  ma  io  non  gli  ho  veduti. 

IL  Grandi  soslru^^ioni  di  antico  anfiteatro 

Ho  bensì  veduto  le  grandi  sostruzioni,  e  corridori  del- 
l' Anfiteatro  che  manifestasi  uno  dei  più  grandi,  e  magnifici, 
che  vi  fossero  eretti  nelle  Provincie  Romane.  Lessi  varie 
iscrizioni  sparse  qua  e  là  per  il  Paese,  e  ne  notai  una  su 
di  un  grosso  Architrave  adorno  di  Bucrani,  ed  Encarpi  con 
questa  semplice  Iscrizione. 

DOTA.  T.  F.  CAMIDIENI 

Varie  altre  sono  state  raccolte,  e  murate  nelle  pareti 
del  Palazzo  Publico,  che  trovansi  riunite  nelle  grandi  Col- 
lezioni. Fra  queste  non  mi  scontrai  con  veruna  della  Gente 
Proper{ia  ;  ed  un  firammento  con  la  sola  parola  Proper^ 
^ian  è  stato  notato  dall'  Abate  Alberti  autore  di  una  disser- 
tazione diretta  a  provare,  che  il  Poeta  Properzio  era  Mevenate, 
che  da  molti  accolta  con  applauso,  ma  da  niun  bene  esa- 
minata, in  sostanza  il  frammento  all'oggetto  di  scoprire  la 
Patria  di  Properzio  è  affatto  insignificante,  a  fronte  special- 
mente delle  molte  e  solenni  iscrizioni  Properziane,  che  vanta 
la  Città  di  Assisi  vera  Patria  dei  ProperzJ. 

IH.  Corpo  del  B.  Giacomo  da  Bevagna 

Nella  Chiesa  dei  Domenicani  è  in  culto,  e  venerazione 
il  Beato  Giacomo  di  Bevagna  dello  stesso  Ordine,  il  cui 
corpo  entro  un'urna  chiusa  con  vetri  è  posto  sopra  l'aitar 


6^8  MICHELE  FALOCl  PUUGXAM 

madore  contro  3  giusto  rito  della  Chiesa  Romana,  secondo 
il  quale  i  G>rpi  dei  santi  si  tengono  non  sopra,  noa  sotto 
gli  altari.  Mi  parve  che  i  {Medi  di  questo  corpo,  che  si  mo- 
stra intero  fossero  formati  di  corteccia  di  albero,  ad  imita- 
zione della  pelle  disseccata,  e  aggrinzata  di  alcuni  cadaveri. 
Neil'  archivio  di  S.  Fortunato  di  Todi  si  conserva  un  codice 
in  Pergamena  del  XIII  o  XIV  secolo  contenente  sermones 
quadragesimales  fratris  Jacobi  de  Meponia  Ordinis  Prae^ 
dicatarum,  che  dovrebbe  esser  questo  nostro  Beato  Giovanni 
combinando  benissimo  il  tempo,  il  nome,  la  Patria,  e  Y I- 
stituto  dell'Autore  dei  Sermoni  del  Codice  (')• 

VI.  Memorie  di  un*  ArchiUUo  del  secolo  XIL 

NeUa  Chiesa  di  S.  Silvestro  propriamente  nell'imposta 
della  Porta  è  scolpita  la  seguente  Iscrizione. 

©  Àpacxc  V. 

ERRICO  TmPRE   regnate 

nS.  TESALVET.   POR  ET  FRS 

EIVS  ET  BINELL'  M  VIVAN.  Z   X.  AH. 

Pare  da  questa  iscrizione  che  la  Chiesa  fosse  una  Ca- 
nonica, o  Collegiata  per  esservi  indicato  il  Prior,  et  Fratres 
ejus.  Quel  Binellus  Magister  vivai  in  Christo  Amenj  ne  dà 
un  architetto  del  secol  XII,  in  cui  non  se  ne  conoscono  molti, 
come  si  disse  in  una  nota  del  Libro  di  S.  Rufino.  Di  rimpetto 
a  questa  Chiesa  è  posta  1'  altra  principale  di  Bevagna,  nella 
di  cui  porta  maggiore  vi  è  ripetuto  il  nome  di  questo  Bi- 
dello, Rodulfus  Binellus  fecerat  ('). 


<i)  Però  questo  codice  non  è  registrato  nel  più  Tolte  indicato  imwemUurio  del  Leamij. 

js)  Vedali  aa  quetu  chiese  ti  Beagazzi  G.  La  Rota  dell'  UwiMa,  Foligno,  Cempi- 
telH,  Ì869,  p.  378-384:  il  Giornale  Kientijico ,  letterario,  agrario  di  Perugia^ 
186$,  p.  65  64,  il  LAfpejan  P.  tìie  Bauwerke  Der  Renaistance  in  Uatbriem,  Berlin, 
1873»  P*  67»  I^  inic  Memorie  epigrafiche  di  Sa$iovi90,  e.  39  e  segg.  ecc.  eoe. 


L   ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  629 

§.  XIIL  CANNARA 

Vicino  a  Bevagna  vi  è  la  Terra  di  Cannara^  Paese  po- 
polato^ della  Diocesi  di  Assisi.  Sorto  in  tempo  delle  Guerre 
Civili  circa  il  ii^jo.  per  opera^  come  scrive  il  Pellini^diun 
tal  Raniero  nobile  Penigino^  che  ivi  coi  suoi  fuorusciti  erasi 
rifugiato^  e  dette  orìgine  alla  Terra. 

I.  Memoria  sepolcrale  di  un  Conte  di  Campello 

del  sec.  XIV. 

In  passando  di  là  nulla  trovai  che  m^  intertenesse^  salvo 
un  sasso  lungo  un  palmo  e  mezzo ,  e  largo  uno  colla  se- 
guente iscrizione  dei  bassi  tempi  in  caratteri  teutonici , 
mancante  nell'  estremità  laterali  di  poche  lettere  ^  o  parole 
di  non  difficile  supplemento. 

lacet  hi    C  CG?.  NOBIL 
vom  («)  Ma    SARVTII  CO 

m    ITIS  D«  CAMILIO 
A.  D.    Mio  CCCLXXI 
Tpre    D^I.  GG.  PP.XÌ. 

Il  nome  di  questo  Conte  di  Campello  fu  probabilmente 
Massiuccio  qui  detto  Massarutius;  e  dò  dico  perchè  in  un 
Mss.  lasciato  dal  Cavaliere  di  Broglio  alla  Chiesa  degli  An- 
geli della  Porziuncula  copiato  da  un^  altro  più  antico  intito- 
lato Hisioria  Spoletina  vi  ho  letto  come  segue 
Nobile  di  Spoleto  nel  tempo  del  141  g. 

«  De  Campelli » 

«  Francesco  di  Lodovico  di  Massiuccio  .    •    •    » 

Il  Francesco  qui  notato  potè  essere  in  ragion  dì  tempo 

nipote  del  M assaruccio ,  ed  il  Massiuccio  segnato  nel  sasso  è 

morto  circa  cinquanta  anni  prima.  Nell^  anno  segnato  1370 

aggiungo  un^  unità^  ch^  è  il  meno  che  può  supplirsi  ^  ed  è 


(I)  Ione  dovrà  tupplirM  VIRI. 


630  MICHELE  FALOCl .  PULTGKANt 

necessario  di  supplire,  conciosiachè  il  Papa  Gregorio  (  cioè 
XI.  )  fu  creato  ai  28  Dicembre  dell'anno  1)70  e  la  sua 
elezione  appena  potè  sapersi  nella  Provincia  nelP  anno  se- 
guente 1371. 

Saputosi  dal  G)nte  Paulo  di  Campello  Nobile  Spole- 
tino,  eh'  erasi  scoperta  un'  iscrizione  appartenente  ai  G)nti 
di  Campello,  mi  scrisse  di  procurargliene  l'acquisto,  come  feci, 
mandandogli  il  sasso  a  Spoleto,  ed  accompagnandolo  della 
seguente  Iscrizione,  che  mi  richiese  per  porla  sotto  l' antica 
riunita  al  Sepolcro  della  propria  Famiglia  esistente  in  mezzo 
alla  Chiesa  dei  Domenicani,  sebben  mi  ricordo,  di  Spoleto.  (*) 

MNEIAS  XAPIN. 

Titulum  SS.  gentili  suo,  olim  positum 
interque  rudera  veteris  Ecclesiae. 
Sancti  Mathei  oppidi  Cannarae  dioecesis 
Asisinatis  repertum  Paulus  Comes  de 
Campello  huc  transferendum,  et  cum 
coeteris  gentis  Campeliae  monimentis 
conlocandum  curavit. 

ANNO  CIOIDCCLXXXVniI. 

§.  XIV.  BETTONA 

I.  MonurMìilo  antico  storico  riportato^  e  commentato 
fra  le  iscrizioni  Romane  di  Assisi  nel  Libro 

di  s.  Rufino. 

Bettona,  i  cui  Popoli  sono  chiamati  da  Plinio  VectonienseSj 
e  annoverati  fra  gli  altri  dell'  Umbria  fu  già  Municipio  Romano 
ed  ebbe  il  suo  proprio  Vescovo,  ed  uno  è  stato  S.  Crispoldo, 


(1)  L'  iscrtzioDe  non  fu  messa  in  san  Domenico,  bensì  in  san  Simone  nella  parte  pia 
elevata  della  città;  ma  ogui,  tanto  l' iscrizione  del  1370  quanto  quella  del  i7i'9  si  cer- 
cherebbero invano,  poiché  nel  1S60  si  fece  insipientemente  una  caserma  delia  chiesa  di 
san  Simone,  infrangendo  e  disperdendo  tutte  le  preziose  memorie  in  quella  contenute. 


L*  ODEPORICO  DELL^BB.   DI  COSTANZO  €^l 

di  cui  si  hanno  gli  Atti  del  Martirio.  Di  questo  Paese  par- 
lasi nelP  Appendice  III  al  libro  di  S.  Rufino^  dove  è  ripor- 
tato un  frammento  di  lapida  antica  fatta  estrarre  dalla  fac- 
ciata delia  Chiesa  matrice  del  luogo  ivi  adoperata  per  ma- 
teriale della  fabrica.  Chi  ne  avesse  curiosità  può  vederne  un 
commentario  nel  libro  sopracitato.  Mi  dicono  i  Bettonesi  che 
vi  erano  una  volta  molti  monumenti  antichi^  e  antiche  iscri- 
zioni romane  tolte  di  là^  e  trasportate  a  Perugia.  Non  tro- 
vai difatti^  che  un  Qppo  sepolcrale^  che  serve  di  base  ad  un 
pilastro  d^  ordine  gotico  di  una  Cappella  della  Chiesa  di 
S.  Maria  a  man  dritta  con  questa  iscrizione 

A.  BAEBIUS.  A.  F. 

CLV.  SEVIR. 
V.  MARCIA.  0.  IL. 

SALVILLA. 

n.  /alcune  poche  iscri:(ioni  antiche,  e  reliquie 

di  antico  Anfiteatro. 

E  nella  Chiesa  suburbana  detta  il  Crocefisso  un  fram- 
mento affisso  alla  parete  esteriore^  che  dice  così 

MARCIA.  L.  L. 

DIONYSIA. 

SEV.  P.  L.  V.  FI. 

PIETÀ 

Non  mi  abbattei  in  altri  antichi  monumenti  di  questo 
benché  antico  Paese.  Vidi  con  piacere  nella  Chiesa  dei  Con- 
ventuali un  Quadro  di  S.  Francesco  che  riceve  le  Stimmate 
assai  bello,  ma  coperto,  e  deturpato  per  metà  da  un  Ovato 
con  isconcia  pittura  posteriore  di  perfido  Pennello. 

Nei  sotterranei  del  Convento,  ch'era  già  un' antico  Mo- 
nastero dipendente  dalla  Badia  di  S.  Crìspoldo  posta  in  piano 
di  Bettona,  osservai  alcune  sostruzioni  di  antica  fabbrica  ro- 
mana, che  mi  parvero  reliquie  di  un'  Anfiteatro. 


632  MICHELE  FALOCI  PULIGKAKI 

IIL  Nobile  FU  la  del  Baron  Crispoldi  della  Bocajone. 

Nel  succennato  piano  di  Bettona  non  lungi  dalla  sud- 
detta Badia^  oggi  commendata^  ma  rovinata  con  V  antica 
Chiesa  minacciante  ruina^  vedesi  la  deliziosa  amenissima  Villa 
detta  Bucajone,  fabbricata  con  magnificenza^  ed  eleganza  ro- 
mana dal  Nobile  Sig.  Barone  Giuseppe  Crispoldi  gentil  uomo 
Perugino  generosissimo^  e  delle  più  gentili^  ed  obbliganti 
maniere  fornito.  Scherzando  con  lui  del  Vocabolo  di  Boc- 
cafone  che  ha  dato  il  nome  alla  sua  Villa  tacciato  di  rìde- 
vole,  e  goffo,  gli  feci  riflettere,  che  non  solo  era  vocabolo 
antico  per  trovarsi  nominato  negli  Atti,  qualunque  essi  sia- 
no, di  S.  Crispoldo,  ma  nome  illustre  di  Eroe  Troiano 
rammentato  da  Omero  nell^  Iliade  Lib.  6.  V;  23. 

BovxoXiov  d'  ^v   viÒg  dyavav  Kaoykidovtoq, 

Bucolion  autent  er/xt  filius  illustris  Laomedontis.  ed  inol- 
tre questo  stesso  vocabolo  potea  trarre  una  nobile  origine 
dal  Pelasgo,  e  dalla  antica  eulta  Grecia,  cioè  dall'  Arcadia, 
donde  provennero  i  Pelasghi  Arcadi  antichi  abitatori  di  que- 
ste contrade,  ed  ove  vi  ebbe  un'  antico  Re  chiamato  Buco^ 
lion,  come  leggiamo  nelle  Arcadiche  di  Pausania.  Fini  il 
discorso  celiando  come  era  cominciato. 

IV.  Due  patere  elrusche  di  bronco. 

Se  Bettona  allorché  vi  andai  non  offeriva  monumenti 
di  antichità,  non  tardò  mollo  ad  esibirne  due  Umbro -etru- 
schi, cioè  antichissimi,  e  sono  due  Patere  di  bronzo  figurate 
ambedue,  ma  senza  iscrizioni,  sebbene  in  una  si  scorga  qual- 
che vestigio  di  lettere.  Furono  trovate  in  un'antico  sepol- 
cro del  territorio  di  Bettona  limitrofo  al  Perugino,  e  vi  fu- 
rono trovati  due  Orecchini  d' oro,  che  l' avido  contadino 
vendette  subito  a  un'  Orefice  senza  farli  vedere  ad  alcuno. 
Acquistai  ambedue  le  Patere,  e  ne  ho  &tto  fare  i  disegni 
da  vedersi  nella  tavola  ...  ai  numeri  ...  Il  soggetto 
della  prima  lo  veggo  ripetuto  in  altre  molte  patere  etnische, 
e  sebbene  vi  scorga  una  non  piccola  diversità  nella  nostra, 
non  dubito  però  che  vi  sia  espresso  il  medesimo  soggetto. 


L*  ODEPORICO  DELL^ABB.  Dt  COSTANZO       653 

La  diversità  consiste^  che  le  due  figure  nelle  suddette  pa- 
tere sono  sedute^  ignude  con  dietro  un  semplice  paludamento; 
nella  nostra  sono  in  piedi  tenendo  il  pie  dritto  rivolto  in< 
dietro^  e  sono  vestiti  di  veste  succinta^  che  non  passa  il  gi- 
nocchio^ con  fascia  sotto  il  petto^  e  nel  resto  conformi  alla 
altrove  descritta  Patera  Perugina^  se  non  che  le  nostre  fi- 
gure hanno  il  bireto  più  decisamente  frìgio^  cioè  piegata 
la  cuspide  in  avanti^  e  la  copertura  della  figura  feminina^ 
eh'  è  indietro  ha  la  forma  di  cimiero ,  e  rappresenta  perciò 
una  Minerva.  Dietro  le  figure  è  delineata  come  un'  Ara,  o 
basamento,  cui  esse  si  appoggiano,  ma  la  figura  ignuda  che  sta 
nel  mezzo  è  virile,  laddove  nelle  altre  consimili  Patere  presso 
il  Demstero,  il  Passeri,  ed  il  Lanzi  è  costantemente  feminile 
con  vezzo  anche  sul  collo. 

U  incisione  non  è  molto  diversa  dalla  Patera  Perugina 
sopra  descritta,  profondo  n'  è  il  graffito,  e  le  fisonomie  delle 
figure  non  avvenenti,  ma  anzi  ingrate,  e  caricate.  Una  Pa- 
tera perfettamente  simile  a  questa  nostra  in  grandezza,  pel 
disegno,  e  pel  metallo  parimente  giallognolo  l'  ho  veduta 
nel  Museo  Oddi  di  S.  Erminio ,  ed  un'  altra  fu  trovata 
non  ha  guari  vicino  Perugia  sul  luogo  detto  Gualtarello 
coiristesso  soggetto,  cioè  rappresentante  le  "quattro  figure 
nella  mossa  medesima  delle  già  descritte,  con  la  particola- 
rità, che  le  due  figure  laterali  in  veste  succinta  sono  ap- 
poggiate ciascuna  ad  uno  scudo,  che  sta  loro  dietro  alla 
schiena  di  figura  rotonda  umbilicare ,  e  all'  indietro  di  pro- 
spetto vi  è  disegnato  un  frontone,  o  timpano  di  un  tempio. 
Il  manico  della  nostra  Patera  è  tornito,  e  la  sua  punta  for- 
ma un  volante  non  espresso  nel  disegno ,  perchè  non  così 
discernevole  nella  parte  concava,  come  nella  convessa. 

V.  In  una  delle  due  Falere  è  rappresentala 

una  Dea  alala  Elrusca  col  melagrano  in  mano 

probabilmente  una  Proserpina 

La  seconda  Patera  fu  trovata  in  pezzi,  e  mi  fu  recata 
mancante  di  alcune  parti ,  ma  i   pezzi  conservati  'formano 


é34  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

quasi  per  intero  la  figura,  che  vi  era  disegnata.  Ella  è  ador* 
na  di  ale^  e  si  sa  che  gli  Etruschi  rappresentavano  alate  le 
loro  Divinità,  onde  una  di  esse  è  quivi  indicata.  Il  metallo 
non  è  cosi  consistente^  il  graffito  è  assai  leggiero^  talché  con 
qualche  stento  ne  fa  rilevare  i  tratti^  la  fisonomia  della  fi- 
gura n^  è. inelegante^  e  dalla  parte  rimasta  della  copertura 
del  capo  sembra  non  molto  diversa  da  quella  delle  figure 
della  Patera  Perugina  descrìtta.  Tiene  colla  man  destra 
dritto  un  fiore  di  melagranato^  oppure  un  frutto  di  papa- 
vero simbolo  di  Cerere,  e  non  improprio  della  Figlia.  Ha  i 
calzari  che  le  cuoprono  i  piedi  fino  a  mezza  gamba,  e  fini- 
scono in  punta,  come  solevano  usare  i  nostri  cosi  detti  Pa- 
sticcetti.  In  questa  figura  è  rappresentata  o  Giunone,  o  Pro- 
serpina;  della  prima  scrive  Pausania  in  Corinth.  «  Dea  Inno 
t  manu  altera  malum  punicum  tenet,  altera  sceptrum,  quae 
«  de  malo  punico  arcanis  consignata  sunt  sacris  silentio 
«  praetereo  ». 

Nella  nostra  figura  non  comparisce  lo  scettro,  e  solen- 
dosi rappresentare  Giunone  assai  adoma  con  vitta,  o  mitra  in 
testa,  con  orecchini,  con  armille,  e  con  collane  etc,  e  que- 
sta figura  essendo  totalmente  ignuda  serza  verun  ornamento 
dee  credersi  più  tosto  una  Proserpina  col  melo  grano  per 
quella  nota  favola,  che  Giove  promettesse  a  Cerere  di  trarre 
dalle  forze  di  Plutone  Proserpina  sua  figlia ,  purché  nulla 
avesse  assaggiato  dei  frutti  delP  Inferno;  ma  si  trovò  ch'ella 
avesse  mangiati  tre  grani,  o  nove  secondo  altri,  del  melo 
granato,  e  perciò  divenne  questo  frutto  un  simbolo  di  Pro- 
serpina. Il  celebre  Filippo  Buonarroti  nelle  sue  illustrazioni 
del  Demstero  avendo  notato  in  un  Sarcofago  Etrusco  una 
Donna  giacente  con  in  mano  il  melo  grano,  e  non  avendo 
sott^  occhio  alcuna  immagine  di  Dea  Etrusca  con  questo 
simbolo,  immaginò  che  si  attribuisse  il  melo  grano  ai  De- 
fonti per  augurio,  che  stessero  nelF  Inferno  in  buona  com- 
pagnia con  Proserpina.  Un  monumento  Etrusco  poi,  che  io 
andava  cercando  col  simbolo  del  melo  grano,  e  non  trovava 
fra  quei  pubblicati  dal  Demstero,  e  dai  suoi  Illustratori,  par- 
lando di  divinità  Etrusche,  qual'  è  la  nostra,  me  lo  sommi- 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  6$  $ 

Distra  1^  erudito  Sig.  Giambattista  Vermiglioli  nelle  sue  iscri- 
zioni Perugine  T.  L  pag.  38,  dove  parla  di  un^  insigne  sta- 
tuetta di  bronzo  col  melo  grano  alla  sinistra  tenuta  per  una 
Proserpina^  singoiar  monumento  con  iscrizione  etnisca^  pos- 
seduto dal  Marchese  Obizo  di  Padova.  Ne  ho  veduto  un 
disegno  presso  il  citato  Vermiglioli,  ch^  è  di  tanta  eleganza 
nella  conciatura  del  capo,  nelle  pieghe  delle  vesti,  nella  mos- 
sa e  in  tutta  la  persona,  che  nulla  ha  del  lavoro  Etrusco,  o 
vogliam  dire  del  tuscanico  ,  ma  bensì  del  bello  greco ,  tal- 
ché, malgrado  V  iscrizione  etrusca ,  lo  giudico  lavoro  greco 
italiota,  il  che  non  è  difficile  a  concepirsi,  avendo  potuto 
un  Etrusco  euganeo  ordinare  tale  lavoro  nella  Magna  Gre- 
cia, o  nella  Campania,  dove  fioriva  l' arte  non  meno  che  in 
Grecia,  e  quindi  farvi  incidere  1'  Epigrafe  etrusca.  U  elegan- 
tissime Medaglie  capuane  con  epigrafe  osca  ci  danno  una 
prova  di  tale  costumanza. 

§.  XV.  MONTEFALCO 

Ai  27  Ottobre  del  1789  mi  portai  per  la  prima  volta 
a  Montefalco  per  venerare  il  sagro  corpo  della  Beata  Chia- 
ra^ che  ha  reso  nominatissimo  questo  luogo  per  tutta  la 
Provincia  dell^  Umbria,  e  fuori  ancora. 

I.  Famiglia  degli  Abbati  ramo  dei  Trinci 

Dinasti  di  Foligno 

Neil'  articolo  . . .  della  mia  Deca  archeologica^  che  versa 
sulla  lezione  genuina  di  un  testo  di  Plinio  S.  N.  L.  2.  C. 
103.  ho  parlato  di  Montefalco  con  esporre  alcune  congetture 
su  l'antichità  di  questo  Paese,  al  quale  articolo  rimettendo 
ora  chi  legge,  mi  restringo  a  parlare  del  sacro  deposito  della 
Beata  Chiara,  ch'ebbi  tutto  il  comodo  di  ben  contemplare 
favorito  dai  Sig.  degli  Abati  miei  ospiti,  famiglia  ragguar- 
devolissima, che  secondo  il  Giacobini,  e  in  certi  monumenti 
tuttora  sussistenti,  ha  origine  da  quella  già  regnante  dei 
Trinci  Padroni  di  Foligno,  per  mezzo  di  Giacomo  Trinci 
Abate  dell'  insigne  Monastero  di  Sasso  vivo  eletto  nel  1411^ 


6$6  MICHELE  PALOCI   PULICNAMt 

il  quale  ebbe  otto  figliuoli^  ed  uno  di  essi  per  nome  Goletto 
trapiantò  un  ramo  dei  Trinci  in  Montefalco^  che  perciò  fu 
chiamato  il  ramo  delV  Abate,  o  come  oggi  si  appella  degli 
Abati,  e  gli  altri  fratelli  si  fissarono  in  Todi^  dove  la  lor 
famìglia  si  estinse  nel  lóoj  {'). 

II.  Osservazioni  sul  corpo  della  Beata  Chiara 

di  Montefalco 

Il  corpo  della  Beata  Chiara  è  conservato  con  molta 
decenza  di  là  dalP  altare  a  mano  destra  della  Chiesa  in  sito 
corrispondente  al  Coro  delle  Monache  separato  dalla  Chiesa 
mediante  una  inferriata^  o  grata  di  larghi  forami.  Le  buone 
Religiose  aprirono  la  cassa  ov'è  deposto  il  corpo,  e  mi  det- 
tero il  comodo  di  osservarlo  da  una  giusta  distanza;  Viddi 
anneriti,  e  come  affumigati  li  piedi,  e  le  mani,  e  in  parte 
ancora  tarlati;  il  viso  però,  che  si  tiene  coperto  di  un  velo 
trasparentissimo,  mi  comparve  pennellato  di  biacca,  o*  cera, 
o  di  vernice  color  di  cera.  Tanto  le  Madri,  che  gli  astanti 
assicuravano  che  quel  volto  era  nel  colore  suo  e  stato  na- 
turale, conservatissimo  specialmente  nel  naso,  nelle  labbra, 
e  nel  mento;  richiesto  da  me  donde  proveniva,  che  non 
così  conservate  si  fossero  le  mani,  e  i  piedi,  ma  anzi  dis- 
seccati, e  annerili  si  vedessero,  ebbi  in  risposta,  che  ciò  era 
seguito  per  causa  del  fumo  dei  lumi,  che  spesso  si  appres- 
savano a  quel  sacro  corpo  per  soddisfare  la  divozione  e  la 
pia  curiosità  dei  fedeli.  Mostrai  di  appagarmi  di  questa  ra- 
gione, quantunque  comprendessi,  che  lo  stesso  effetto  do- 
veva produrre  il  fumo  dei  lumi  anche  nel  volto,  che  i  di- 
voti con  più  attenzione,  e  con  pausa  maggiore  soleano 
contemplare.  Sono  di  parere  che  il  viso  di  questa  Beata 
sia  stato  coperto,  e  inverniciato  a  cera,  o  impastato  in  quella 


(i)  Vedi  il  DoRio  D.  Hitforia  della  famiglia   Trinci.  Foligoo,  Alterij,  1638, 
lib.  IVf  p,  345.  Iacobilli  L.  Cronaca  di  Sastovivo,  FoNgno,  Alterij,  165S,  pag  171. 


L*0DEP0RICO   DELL^ABB.   DI   COSTANZO  637 

guisa  medesima^  che  fu  fatto  nel  corpo  intero  di  un^  altra 
Beata  Chiara,  quella  cioè  di  Rimini^  il  cui  corpo,  per  es- 
sersi voluto  staccare  la  maglia  di  ferro,  che  lo  copriva,  venne 
in  gran  parte  a  sfrantumarsi,  per  lo  che  (  scrive  il  Cardinal 
Garampi  nelle  dì  Lei  memorie  dissert.  8.  p.  22S)  fu  neceS" 

sarto  d*  impastarlo  colle  stesse  ceneri  per  cosi  nuovamente 
composto  ridurlo  nella  pristina  forma.  Presso  V  altare  me- 
desimo in  cornu  Epistolae  si  conserva  in  un  Reliquario  il 
cuore  della  Beata,  che  dopo  morte  venn^  aperto  dalle  me- 
desime Monache,  e  sulla  loro  fede  (quando  pur  non  vi  sia 
stato  processo,  il  che  non  so)  si  racconta  essersi  trovati  o 
impressi,  o  in  rilievo  i  misteri,  e  stromenti  della  passione 
di  N.  S.  cioè  il  flagello,  la  Corona  dì  Spine,  li  tre  Chiodi, 
la  Colonna,  un  Crocefisso,  le  quali  cose  si  custodiscono  nel- 
l' aUra  parte  delP  Altare  in  Cornu  Evangelii,  che  io  però, 
per  essere  il  nicchio  entro  il  muro  assai  profondo,  non  po- 
tei distinguere.  Quivi  parimenti  ci  dissero  conservarsi  tre 
pallottole,  ed  una  di  esse  rotta,  trovate  nella  cista  fellea  del 
corpo  anch^esse  misteriose,  anzi  prodigiose  a  detta  delle 
Monache,  e  dei  Paesani.  Sentii  dire  che  queste  Pallottole 
per  ordine  superiore  non  si  mostrano  più  ai  Forastieri,  co- 
me prima,  e  molto  meno  si  permette  di  pesarle,  e  farne 
quelle  prove,  che  si  raccontano  in  conferma  del  Mistero 
della  SS.  Trinità  ('). 

§.  XVI.  GUALDO,  FABRIANO, 

VALFABRICA, 
CASTELLO  DI  S.  GREGORIO 

I.  Gualdo  V  antico  Tadino 

Trovo  nelle  mie  schede  notato  il  passaggio  per  Gualdo 
(  voce  Longobarda  indicante  un  Bosco,  o  una  Macchia  )  noto 


(i)  Di  questa  Santa,  vedasi  la  vita  poblicata  in  qneAto  Archivio,  voi.  I,  pag.  557* 
625.  e  sopra,  pag.  193  -a66. 


éjS  MICHELE   FALOCl  PULIGNANI 

dalle  rovine  dell'  antico  Tadino,  che  in  tempo  di  S.  Grego- 
rio Magno  sussisteva  ancora  con  sede  Vescovile,  ed  era  nel 
piano  sotto  il  Colle  dov'  è  Gualdo,  oggi  della  Diocesi  dì  No- 
cera.  Visitai  la  Chiesa  di  S.  Benedetto  matrice  del  Paese,  e 
antica  Badia,  che  da  fuori  fu  trasportata  dentro  il  Paese  al 
principio  del  secolo  XIII.  come  da  una  lapida  posta  nella 
parete  esteriore  della  Chiesa.  Nulla  mi  venne  fatto  di  osser- 
vare, che  degno  fosse  di  memoria. 

II.  Fabriano  la  prima  in  Italia  a  stabilire 

le  cartiere  di  cenci. 

Di  là  passai  a  Fabriano  città  ben  situata,  amena,  e  in- 
dustriosa. Le  Cartiere  formano  uno  de'  suoi  pregj  per  la 
qualità  e  bontà  della  carta,  che  vi  si  fabbrica.  Si  sa  che 
questo  Paese  è  il  primo  in  Italia  dove  s'introdusse  la  fab- 
brica della  carta  formata  di  cenci  ('). 

III.  Strada  pubblica  sostenuta  da  enorme  pilastro 

È  degno  di  osservazione  un  volto  sotterraneo  sostenuto 
da  enorme  pilastro,  sopra  di  cui  passa  la  strada  pubblica, 
con  case,  e  botteghe,  e  sotto  un  torrente.  E  opera  dei  tem- 
pi bassi. 

IV.  Chiese  di  S,  Benedetto^  e  di  S.  Biagio 
mollo  adorne,  ed  eleganti 

Visitai  la  Chiesa  di  S.  Benedetto  dei  Silvestrini  molto 
elegante,  specialmente  il  Santuario,  ed  il  Coro  ;  né  men  ele- 
gante è  l' altra  chiesa  sotto  il  titolo  di  S.  Biagio  dei  Camal-* 
dolesi,  nobilitata  col  deposito  delle  sacre  ceneri  di  S.  Ro- 
mualdo, che  si  venerano  nel  sotterraneo  entro  un'Urna 
nobile  di  metallo  dorato  adorna  di  lapislazzali.  Quivi  al  muro 
a  man  sinistra  lessi  un'  iscrizione  di  buon  stile  latino  inciso 


(i)  Vedi  1'  utiHssìnui  memoria  di  mons.  Zonghi,  intitolata.  Le  antiche  earte  fa- 
brianeti,  ecc.  Fanoi  tip.  Sonciniana,  1884  della  quale  si  parlò  pure  in  quest'  Archivio, 

I»  348-355- 


L*  ODEPORICO   DELL^ABB.  DI   COSTANZO  639 

in  marmo  per  monumento  della  visita  fatta  a  questo  san- 
tuario dai  fratelli  Luigi  e  Romualdo  Onesti,  nipoti  delP  al- 
lora Regnante  Pio  VI.  L*  estensore,  che  fu  il  Padre  Abate 
Fattorini  uomo  di  talenti  e  di  merito,  non  potea  usare  di 
espressioni  più  magnifiche  se  avesse  avuto  a  parlare  dei 
Nepoti  di  Augusto. 

V,  Valfabhrica  Priorato  già  dipendente  dalla  famosa 

Badia  di  Nonantola 

Tornando  in  dietro  per  restituirmi  alla  mia  residenza 
passai  per  Valfabhrica  piccolo  Paese  appartenente  al  Ducato 
di  Urbino,  ma  della  Diocesi  di  Assisi,  e  una  volta  soggetto 
alla  celebre  Badia  di  Nonantola  col  titolo  di  Priorato.  Os- 
servai la  chiesa  Priorale  dov^  è  il  Battistero,  e  serve  per 
chiesa  tumulante.  Non  trovai  monumenti  degni  dì  memo- 
ria. Dopo  il  mio  passaggio  fu  scoperta  in  questa  chiesa  una 
pietra  lunga  un  palmo,  o  poco  più,  e  larga  mezzo  con 
iscrizione  di  questo  tenore. 

VI.  Memoria  dell'  anno  della  morte  dell'  Imperatore 

Federico  II. 

)J|   AD.   MCCL. 

....   OBIIT     FEDRICVS 

.   .   I.   .   .   ,   FACTA  TEPORE 

DOI   GRE.   PRIORIS 

Supplisco  nella  seconda  linea  Quo,  e  nella  terza  Haec 
domus,  cioè  la  Chiesa,  la  cui  fabbrica  concorre  con  Fanno 
della  morte  di  Federico  IL  Strada  facendo  volli  vedere  la 
Badia  di  S.  Nicolò  due  miglia  distante,  i  cui  Beni  con  le 
annesse  Parrocchie  furono  uniti  al  Sacro  Convento  di  S.  Fran- 
cesco di  Assisi,  non  trovai  che  rovine,  e  niente  di  notabile. 

VII.  Iscrizione  in  una  mensa  di  Altare  del  Sec.  XII 

nel  Castello  di  S.  Gregorio 

Passando  finalmente  per  il  Castello  di  S.  Gregorio,  Par- 
rocchia sotto  questo  titolo,  mi  fu  fatta  vedere  una  Mensa  di 


640  MICHELE  FA  LOCI   PUL1GNANI 

Altare  .con  la  seguente  memoria  incisa  intorno  ai  quattro 
lati  :  In  Nomine  Sanctae  Trìnitatis,  et  S.  ^j  et  S.  M  et 
S.  G.  G.  et  S.  Si  .  .  .  .  et  S.  Blasii,  et  S.  Claudii  Mart. 
et  Nicolai  et  S.  Martini  et  Benedicti,  Agathae^  Luciae^  et 
Margaritae,  et  omnium  SS. 

ANI.  DNI.  U  e.   XX.  IL.  Ì^IIMN.   IVN. 

Leggo  quest*  ultima  riga  Anni  Domini  MCXX.  Indictione 
XIIL  Mense  lunio.  La  Lettera  I.  per  nota  millenaria  si 
scontra  spesso  nelle  lapide  di  quei  tempii  ed  anco  nei  Co- 
dici Mss.  L' Indizione  XIII^  ed  il  mese  di  Giugno  com- 
bina con  r  Anno  1120. 

NB.  In  queste  vicinanze  fìi  trovata  una  testa  di  marmo 
entro  una  piccola  Nicchia  sottoterra^  che  ho  presso  di  me. 
E  solamente  abbozzata^  ma  da  buona  mano.  Costumavano 
gli  antichi  di  porre  nei  loro  sepolcreti  queste  teste  non  ter- 
minate^ ma  abbozzate  per  memoria  dei  lor  Defonti^  e  più 
d'  una  se  n^  è  scoperta  negli  scavi  di  Pompei  segnate  col 
nome  dei  Defonti.  Si  consultino  gli  accademici  Ercolanesi. 

§.  XVII.  COLLEMAGGIO 

Collemaggio^  o  CoUemancio^  quantunque  tenue  ^  e  po- 
vera Terricciuola  della  Diocesi  di  Assisi  lontana  dalla  Città 
sei^  o  sette  miglia^  esige  da  me ,  che  ne  faccia  una  distinta 
memoria  in  seguito  di  quanto  si  è  scritto  nel  libro  di  S.  Ru- 
fino alla  3  Appendice  dalla  pag.  499  fino  alla  pagina   511. 

I.  Indi:^ii  di  un'  antica  Citlày  e  municipio  romano 

nel  luogo  di  Collemancio. 

Per  occasione  di  una  lapida  trovata  in  questo  Paesetto, 
e  riportata  nella  suddetta  App.  al  N.  135  mi  nacque  la  cu- 
riosità d' indagare  qual  fosse  la  Città  ivi  indicata  ^  ma  non 
nominata;  e  formandovi  sopra  molte  e  varie  riflessioni^  co- 
minciai ancora  a  concepir  delle  congetture^  che  quivi  fosse 
anticamente  un  Municipio  Romano,  e  precisamente  quello, 
i  cui  Popoli  da  Plinio  sono  chiamati  Urbinates  Hortenses.' 


l'  odeporico  dell'  ABB.   di  COSTANZO  64  ì 

I  motivi  e  fondamenti  di  tali  mie  congetture  sono  sufficien- 
temente indicati  nelle  citate  pagine  del  Libro  di  S.  Rufino^ 
alle  quali  per  ora  mi  rimetto.  Neir  impegno  di  poter  con- 
validare li  miei  divisamenti^  mi  applicai  a  far  ricerche  di  la- 
pidi antiche^  che  in  CoUemaggio^  o  nelle  vicinanze  si  potes- 
tessero  trovare^  colla  speranza  di  scontrarmi  in  qualcuna^ 
che  m' indicasse  il  nome  del  Municipio  ivi  una  volta  esistente^ 
dappoiché  da  quelle  già  trovate  era  cosa  certa^  che  ivi  real- 
mente v'  era  un'  antica  Città. 

Se  finora  le  mie  aspettative  non  sono  state  pienamente 
appagate^  debbo  dire^  che  ne  tampoco  rimaste  sono  del  tutto 
defraudate.  Ho  avuto  sottocchio  non  uno^  ma  più  frammenti 
di  lapide  antiche  raccolte  intorno  a  quel  Paese  ^  e  alcuno 
di  essi  mi  ha  dato  qualche  benché  oscuro  indìzio  delP  anti* 
co  suo  nome^  quaP  io  mi  augurava^  non  tale  però  da  assi- 
curarmene, e  assicurarne  altrui.  Intanto  fra  le  lapidi  intere, 
e  frammenti  appartenenti  a  Collemaggio  si  é  arrivato  finora 
al  N.  di  XV.  per  la  maggior  parte  lapide  onorarie,  che  non 
dovevano  aver  luogo  se  non  in  Città,  e  nei  pubblici  siti  di 
illustre  Municipio,  e  voglio  dire,  che  non  potevano  esser 
quivi  d' altronde  trasportate ,  ma  erette  nel  luogo  stesso,  o 
al  medesimo  appartenenti,  il  che  prova  evidentemente  V  esi- 
stenza di  luogo,  e  corporazione  civile  nelle  vicinanze  di 
Collemaggio.  Andando  in  traccia  di  monumenti  letterati,  mi 
venne  in  pensiero  di  tentare  una  escavazione,  di  cui  darò 
qui  un  ragguaglio  con  V  esito  finora  non  che  infelice,  molto 
anzi  lusinghiero  per  continuarla  con  tanto  più  di  coraggio, 
dacché  alla  spesa  fatta  fino  a  questo  punto  supplisce  V  im- 
presa ('). 

IL  Sito  ripieno  di  antiche  rovine,  dove  può  credersi 
che  esistesse  Y  antico  Municipio. 

Pochi  passi  prima  di  entrare  a  Collemaggio  a  man  di- 
ritta per  breve  tratto,  e  assai  agiatamente   salendo,  trovasi 


(1)  Vedasi  in  proposito  di  questi  Urbiuatet  Hortenses  i!  Njssbn  nel  BuUettino 

dell'  inttituto  di  corrispondenza  archeologica,  Roma,  1864,  p.  941,  e  il   Mochi.  Gli 
Urbinati  Metaurenti  ed  Orienti,  Cagli,  Belloni,  1879. 

Archivio  Storico  li.  41. 


642  MICHELE  FALOCI   PULIGNANI 

una  spaziosa  pianura  sparsa  tutta  intorno  da  vecchie  rovine 
con  muri  e  fondamenti^  alcuni  sopra  terra  ed  altri  in  nuniero 
maggiore  a  livello  del  terreno  discernibili  a  ogni  passo. 
Immenso  è  il  numero  di  pietre  conce  di  travertino  servite 
per  antiche  fabbriche^  che  adoperate  si  veggono  in  questo 
campo  per  formare  macerie  da  cingere^  e  rinchiudere  per 
lungo  tratto  le  possessioni  Grande  pure  è  il  numero  di 
mattoni^  e  mattoncelli  sparsi  qua  e  là^  e  fra  questi  si  sono 
trovati  parecchi  rottami  di  plastica^  o  sia  terre  cotte  con  fi- 
gure ed  ornati  del  buon  gusto  antico ,  indizio  ancor  que- 
sto di  nobili  fabbriche^  e  non  mancano  le  impronte  di  anti- 
che figuline.  Fu  estratto  da  queste  rovine  un  piede  di  pietra 
marmorea  rossigna  da  sostenere  una  mensa  adorno  di  una 
scultura  di  grifo  di  bel  lavoro  antico  ;  più  un  pezzo  di  colon- 
netta con  fogliami  scolpiti  di  buono  stile  ^  pezzi  di  comici 
di  marmo  gréco^  rottami  di  ornati  parimenti  di  marmo  gre- 
co^ varj  quadrelli  di  marmo  mischio  serviti  per  pavimenti^ 
pezzi  di  condotti  di  piombo^  dei  quali  parleremo  dando 
conto  dei  varj  saggi  di  escavazione  tentati  finora.  Quello  che 
sopratutto  interessa  V  erudizione  sono  le  iscrizioni  in  marmo 
parte  intere^  parte  mancanti  trovate  nei  cavi  e  nei  contorni^ 
che  riporteremo  a  compimento  del  presente  Articolo. 


III.  EscavaTiioni  quivi  Jalte,  e  risultato  di  esse. 


Il  primo  saggio  di  scavazione  fii  fatto  in  un  vecchio 
Circondario  di  grosse  pietre  fabbricato^  che  sembrava  un'  an- 
tico Edificio^  ma  poi  scoperti  alquanto  i  fondamenti^  si  tro- 
vò essere  un  fortelizio  di  struttura  dei  bassi  tempi  ^  onde 
fu  abbandonato.  Si  passò  ad  un  secondo  saggio^  e  quivi 
pure  si  scuopri  un'  antica  chiesuola  con  ossa  di  morti ,  e 
non  dette  alcun'  indizio  di  nobile  antichità^  non  essendosi 
trovate,  che  alcune  monete  di  rame,  e  poche  di  argento  delle 
zecche  dei  bassi  tempi  di  Foligno,  di  Perugia,  di  Ancona  etc, 
ed  anche  questo  secondo  saggio  fu  abbandonato. 


L  ODEPORICO  DELL  ABB.  DI  COSTANZO       643 

IV.  Antica  Piscina  con  due  grosse  f  stole  di  piombo 

del  peso  di  libre  sopra  iioo. 

S*  intraprese  il  terzo^  e  si  scuoprì  una  fabbrica  quadri- 
lunga costrutta  a  mattoni  di  cortina  sicuramente  antica.  La 
lunghezza  è  di  palmi  54^  e  la  larghezza  di  sedici^  come  pu- 
re V  altezza.  In  fondo  al  lato  minore  del  muro  era  diviso 
nelP  interno  con  altro  muro  della  lunghezza  di  tre  palmi 
ed  un  quarto,  e  formava  come  due  nicchie  ad  angoli  retti^ 
in  fondo  delle  quali  sporgevano  due  bocche  y  o  canali  uno 
per  parte  dei  tubi  di  piombo,  inclinati  al  pavimento.  Que- 
sto si  è  trovato  tutto  formato  di  profondo  e  di  durissimo 
calcistruzzo.  U  interno  era  tutto  ripieno  di  terra  e  di  ruine 
di  muri  caduti,  neir  evacuarlo  verso  la  metà  dell^  altezza  si 
trovò  un  pezzo  di  marmo  cipollino  alto  circa  due  palmi,  e 
largo  un  palmo  e  quattro  once,  riquadrato  in  forma  di  Er- 
ma, quale  dovette  essere  sicuramente  sì  per  la  sua  figura, 
che  per  la  parte  superiore,  dove  vedesi  l' incavo  da  inserirvi 
o  un  busto,  o  una  testa  di  marmo,  0  di  bronzo  ;  questa  te- 
sta però  non  si  è  trovata. 


V.  Pq;(o  di  marmo  cipollino  tagliato 
a  forma   di   un   Erma   con    nobile   iscrizione. 


Il  marmo  è  una  parte  superiore  della  colonna  quadra, 
onde  sono  formati  gli  Ermi,  rotta  anche  ab  antico  per  ve- 
dersi gV  incavi  delle  grappe,  che  impiombate  univano  V  un 
pezzo  con  V  altro.  Il  più  pregevole  di  questo  sasso  è  1^  Iscri- 
zione incisa  breve,  ma  intera  con  caratteri  romani,  e  di  una 
Ortografia,  che  annuncia  i  buoni  tempi  dell'  Impero  Romano. 
La  riporteremo  con  tutte  le  altri  appartenenti  a  questo  an- 
tico Municipio.  Seguitando  a  sgombrare  il  sito  da  capo  alla 
fabbrica  dov'  è  il  suddetto  muro  divisorio,  si  scopri  dalF  uno, 
e  dall^  altro  nicchio  un  tubo   di  piombo   inclinato   al   pavi- 


^44  MICHHLE  FALOCl   PULIGNANI 

mento  del  diametro  di  circa  un  palmo^  e  inserito  fortemente 
al  muro.  Si  andette  dietro  a  questo  tubo  creduto  acquidotto 
rompendo  il  muro  delia  grossezza  di  nove  palmi^  e  rìusd  ad 
estrarne  da  ciascuna  parte  un  pezzo  per  la  lunghezza  di 
quattro  palmi,  e  mezzo  in  tutto  nove  palmi  del  peso  di  5^6 
libre.  Continuando  la  ricerca  dei  suddetti  piombi,  con  rom- 
pere il  grosso  muro  dove  erano  inseriti,  ^  scuoprirono  altri 
due  pezzi  di  tubi  di  piombo  del  peso  di  s^^  lì'^re  e  si  co- 
nobbe che  il  loro  uso  era  per  fistole  da  trasmettere  P  acqua 
da  una  pescina  in  un^  altra,  e  perciò  di  una  lunghezza  so- 
lamente di  circa  dodici  palmi.  Le  due  fistole  avevano  la  so- 
lita Torma  dei  piombi  degli  acquedotti  con  la  luce  non  ro- 
tonda, ma  quasi  elittica,  o  a  dir  meglio  conica.  Nella  superficie 
esteriore  questi  tubi  erano  guarniti  di  varie  prominenze,  co- 
me punte  formate  del  piombo  medesimo,  il  cui  uso  era 
affinchè  inserti  nel  vivo  del  muro,  ed  ivi  murati  facessero 
maggior  presa  colla  calcina  da  non  potersi  estrarre  senza 
rompere  il  muro  medesimo. 


Vf.  Rocchi  di  colonne  di  piperinOy  servile 
per  sostenere  la  volto  della  Pescina. 


Si  in  questa  prima  che  nella  seconda  pescina  si  sono 
trovati  fra  le  ruine  varj  rocchi  di  colonne  di  piperino  di 
circa  tre  palmi  dì  diametro  serviti,  come  congetturo,  a  so- 
stenere il  vólto  di  queste  Pescine,  o  più  tosto  serbato) ,  o 
sia  Cisterne  a  norma  di  altri  antichi  simili  edifìcj  grandissi- 
mi, le  cui  volte  erano  sostenute  da  più  file  di  Colonne,  o 
di  pilastri,  come  quella  celebratissima  di  Pozzuoli,  detta  la  Pe- 
scina mirabile,  e  varie  altre  di  Costantinopoli  (  per  tacere 
ora  di  quelle  di  Roma  con  archi ,  o  pilastri  )  fra  le  quali 
una  della  lunghezza  di  jj6  piedi,  coperta  da  una  gran  vol- 
ta appoggiata  sopra  j^6  colonne  di  marmo  in  28  ordini, 
o  file,  la  cui  più  distinta  relazione  può  leggersi  nella  storia 
Bizantina  T.  21. 


L^  ODEPORICO  DEIL'aBB.   DI   COSTANZO  645 

VIL  Torso  di  statua  di  marmo  di  bello  siile  antico. 

Nella  seconda  Pescina  ripiena  di  muri  caduti^  si  è  tro- 
vato fra  pietre  e  rottami  un  torso  di  Statua  di  Marmo 
candidissimo  mancante  della  spalla  diritta^  la  sinistra  però^ 
e  parte  del  braccio  conservatissimi^  e  intorno  al  braccio  do* 
veva  essere  avvolta  una  clamide^  o  pallio^  che  si  vede  ca- 
dere dietro  1%  schiena^  restando  tutto  ignudo  il  corpo  ^  che 
nel  torso  arriva  fin  sotto  V  Addomine^  una  gran  parte  della 
schiena^  e  tutto  quasi  il  petto.  Queste  parti  del  nudo^  la 
muscolatura  specialmente^  indicano  un^  eccellente  scalpello  ^ 
e  la  statua  eh'  è  di  grandezza  maggiore  del  naturale,  rappre- 
sentava o  Marte^  o  un  Ercole^  che  tale  l' annuncia  la  vasti- 
tà del  petto^  e  la  robustezza  della  musculatura  ^  e  la  semi- 
nudità del  torso:  questo  tronco  di  Statua  era  incassato^  o 
incastrato  in  un'altro  pezzo  dove  incomincia  l'inforcatura 
della  coscia^  come  si  rileva  dalla  rotondità  dell'  Addome 
illeso^  e  da  un  perno  dello  stesso  marmo ^  che  sporge  dal 
vivo  intemo  di  esso;  talché  la  statua  si  conosce  formata  di 
due  pezzi. 

Vili.  Altro  pe^o  di  statua  appartenente 
al  Torso  già  scoperto. 

Difatti  qualche  tempo  dopo  venne  fuori  un'  altro  pezzo 
di  questa  Statua^  cioè  la  parte  inferiore  delle  coscie  fino 
al  ginocchio ,  coperta  di  un  panneggiamento  d' isquisito 
lavoro^  che  dalla  parte  dritta  ricuopre  tutta  la  coscia^  e  gi- 
nocchio^ e  dalla  sinistra  lascia  ignuda  parte  della  prima ,  e 
tutto  il  secondo^  e  da  queste  parti  ignude  vieppiù  si  confer- 
ma l' eccellenza  della  scultura.  Questo  pezzo  nell'  interno  è 
scavato  per  inserirvi  1'  altro  pezzo  mediante  un  perno  del- 
1^  istesso  marmo. 

Facendo  riflessione  su  le  descritte  Pescine  dove  sono 
stati  trovati  questi  due  pezzi  di  Statua^  giova  credere,  che 
rappresenti  un  Esculapio  Idolo,  che  solca  porsi  nelle  fabbri- 
che termali,  e  di  bagni  si  pubblici,  che  privati,  e  perciò  si 
scontrano  tanti  Esculapi  da  per  tutto. 


646  MICHELE  FALOCl  PlTLIGNANt 

IX.  Frammento  scollura  a  basso  rilievo 

di  buono  stile. 

Si  è  inoltre  trovato  un  pezzo  di  scoltura  a  basso  ri- 
lievo lungo  circa  un  palmo  e  largo  mezzo^  con  mezza  figura 
della  testa  (  che  però  è  fracassata  )  fino  a  mezza  vita ,  che 
colla  man  sinistra  tiene  ritta  una  scure  con  lungo  manico 
appoggiata  al  petto  fin  oltre  le  spalle.  La  mamca  del  brac- 
cio giunge  fino  al  gomito^  e  la  clamide,  o  pallio  ravvolto 
intorno  ai  lombi,  e  quindi  portato  sulla  spalla  sinistra,  e  di 
là  cadente  sul  braccio  ricoperto  da  esso  fino  al  capo,  la- 
sciando nuda  la  mano  che  strìnge  il  manico  della  scure.  Mi 
parve  al  primo  aspetto,  che  la  figura  rappresentasse  il  Vitti- 
mario,  o  Popa,  che  dovea  ferire  colla  scure  la  vittima,  e 
quindi  che  il  basso  rilievo  figurasse  un  solenne  sacrificio  con 
tutti  i  suoi  accessori.  Non  avendo  però  la  figura  ignude  le 
spalle,  il  petto  e  le  braccia,  come  in  antiche  sculture  ve- 
diamo rappresentati  i  Vittimar),  ed  essendo  la  scure  con 
lungo  manico,  meglio  forse  si  direbbe  figura  di  un  Milita- 
re. Vedi  la  Tav.  .  .  N.  .  . 

X.  Altro  piccolo  frammento  di  antica  bella  Scultura. 

Altro  pezzo  si  è  estratto  parimenti  di  marmo,  che  dal 
frammento  rimasto  si  conosce  essere  stata  una  Scultura  so- 
pra base  di  figura  circolare,  od  ovale,  e  vi  si  vede  una  mano 
che  posa  sopra  di  un  volatile,  probabilmente  vi  sarà  stata 
scolpita  una  Leda  col  Cigno,  essendo  la  mano  di  una  donna, 
ovvero  un  Putto,  che  scherza  con  un*  Oca,  come  in  molti 
Musei  si  vede.  Ho  fatto  disegnare  alla  meglio,  che  si  è  po- 
tuto, questa  reliquia  di  antica  scultura  da  vedersi  sulla  ta- 
vola ...  ai  num 


.  . 


XL  Novero  delle  iscri:^ioni  trovate  finora  appartenenti 

al  luogo  di  Collemancio. 

Colla  speranza  di  trovare  qualche  cosa  di  maggior  pre- 
gio continuando  lo  scavo,  per  ora  daremo  qui  le  copie  delle 


L^  ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  647 

iscrizioni^  o  già  esistenti^  o  novellamente  scoperte  fino  a 
quest'  oggi^  iscrizioni  tutte  appartenenti  al  luogo  di  G)lle- 
maggio. 

I. 

T.   ELVFRIO  T.   F,  STELL.  MELIORl,   etC. 

Questa  prima  iscrizione  compresa  in  sei  righe  mancante 
in  fine  e  con  al  lato  la  dedicazione  del  monumento^  è  già 
pubblicata  fra  le  iscrizioni  romane  di  Assisi  al  Num.  /^j  ('). 
Di  essa  si  è  ivi  a  lungo  ragionato^  come  quella^  che  dette 
occasione  ad  investigare  il  nome  di  anticd  Municipio  mal 
conosciuto^  o  confuso  dai  moderni^  che  hanno  trattato  dei 
due  Popoli  urbinati  ricordati  da  Plinio. 

XII.  Di  un  Prìamus  Servo  de'  Mar  si  o  Marrucini 

Magister  Navium. 

2. 

PRIAMVS.  MAR. 
SIIRVS.    MAGISTII. 
NAVIVM. 

Anche  questa  è  stampata  nel  Libro  suddetto  N.  ij6 
con  un  breve  Commentario^  che  però  esige  correzione  nella 
interpretazione  del  MAR  della  prima  linea^  che  io  non  tro- 
vando nelle  varie  interpretazioni  di  essa  sigla  presso  gì'  In- 
dici Gruteriani^  e  del  Reinesio,  e  delF  Orsato,  cosa  che  mi 
soddisfacesse^  la  spiegai  MARitimus  :  ora  poi  fatto  scorto 
da  una  lapida  dell'  antico  Marrubio  Città  principale  dei  Marsi^ 
stimo  doversi  leggere  MAR — ruvinorum,  e  ben  si  adatta  la 


(r)  Cioè  nella  Disamina  ecc.  di  tan  Rufino,  pag.  499.  Ivi  si  commenta  assai  a 
luogo  questa  iscrizione. 


£48  MICHELE  FALOCK  PULlGNAKt 

qualità  di  Magister  natnum  ad  un  servo  dd  Marrucini  posti 
alle  sponde  del  Lago  Fucino^  intorno  a  che  si  è  ragionato 
nel  luogo  citato^  e  neir  Odeporico  all'  Art.  dei  Marsi  {% 

3- 

IMPERATOR  COESAR 
VESPASIANVS. 

4. 

CASSIA.  G.  F. 
PRISCA 

5* 
VARIAE   U  F.  GESTIANAE 

vxoRi  etc. 

Anche  queste  tre  sono  pubblicate  nella  stessa  Appen- 
dice. Debbo  solamente  aggiungere^  che  la  5.*  è  anche  ripor- 
tata dal  Fabretti  I.  D.  p.  2.  e  Schedis  BarberiniSj  ma  senza 
le  due  iscrizioni  poste  ai  lati  della  lapida  da  me  ricopiata 
da  un  Mss.  antico  meritevole  di  ogni  fede;  in  conferma  di 
che  soggiungo^  che  esiste  ancora  parte  di  questa  lapide  ap- 
punto dalla  parte  laterale  ommessa  dal  Fabretti^  ed  è  incisa 
in  pietra  silicea^  o  marmo  palombino  del  luogo  in  caratteri 
elegantissimi. 

XIII.  Di  un  Vareno  nome  celebre  nella  storia  romana. 

6. 

VARENO     P. 
P.      ITERVM 
FELICITE 

Cioè  Vareno  plaudite ,  plaudite  iterum  felici  ter.  La 
presente  iscrizione  in  tre  righe  è  in  un  piccolissimo  Cameo 
in  onice  con  lettere  minutissime  a  rilievo    di   Qdcedonio 


(1)  Vedi  ln6ae  oell'  Appendice  V l' iodici  dell*  Odeporico,  parte  IH,  eap.  H.  1 14. 


L*  ODEPORICO  DELL^BB.  DI  COSTANZO  £49 

a  fondo  rubino,  trovato  fu  a  CoUemaggio^  ed  è  ora  in 
mano  di  un  benestante  del  vicino  Paese  di  Bettona^  che 
r  ha  £aLtto  legare  in  un^  Anello.  Di  questa  gemma  assai  sin- 
golare se  ne  ha  ragione  in  un'  articolo  della  mia  Deca  ar- 
cheologica (')• 

XIV.  Frammento  che  somministra  indÌ7^ii 
da  congetturare  il  nome  di  un  antico  Municipio. 

7- 

D 

....  LIO  T.  F.  T.  N. 

.   •  •  •    noe  APPIANO 

....  C.   HO  T.  HONOREM 

.   .   .   •  VENNALITATIS 

•   ...   Vie  PRIMO 

NATO 

n  presente  frammmento  è  in  marmo  candido  mancante 
nella  dritta  e  nel  fondo^  di  un  tale  andamento  però  nella 
parte  superstite,  che  se  l' iscrizione  ci  fosse  giunta  intera^  ci 
avrebbe  dato^  come  io  credo^  il  nome  del  Municipio^  che 
andiamo  cercando.  Benché  poi  siamo  costretti  di  andare  a 
tentoni^  in  ogni  modo  procureremo  di  supplirla  cogP  indizi 
che  ci  somministrano  gli  apici  superstiti  di  man  diritta^ 
nulla  mancando  alla  sinistra.  Nella  prima  riga  quel  D.  iso- 
lata di  forma  maggiore  delle  altre  lattere  della  lapida  non 
potendosi  riferire  al  DIS  manibus  perchè  manca  la  M^ 
che  deve  stare  dopo  la  D^  si  ancora  perchè  il  monumento 
non  è  sepolcrale^  ma  onorario,  non  veggo  doversi  altrimenti 
supplire,  che  con  un'  altra  D.  innanzi,  da  significare  D& 
GRETO  DECVRIONVM,  ed  anco  con  un  Ex.  DD.  che 
toma  allo  stesso. 


(•)  Vedi  questo  articolo  nell'  Appendice  IV. 


^50  MICHÈLE  FALOCl   PCLlGNAKt 

Andando  innanzi  nel  supplemento  si  dee  avvertire^  che 
poche  sono  le  lettere  da  supplire  alla  seconda  riga  di  man 
dritta^  ed  è  chiaro  che  non  manca  altro^  che  la  Sigla  del 
Prenome  v.  g.  T.^  e  due,  o  al  più  tre  lettere  del  nome 
V.  g.  IVLIO.  AEMILIO,  LVCILIO  ecc. 

Nella  terza  riga  è  da  riflettere ,  che  il  sito  occupato 
dalle  tre  lettere,  e  mezza  •  .  .  lOG  è  il  sito  proprio  della 
Tribù,  né  alto,  che  la  Tribù  vi  doveva  esser  segnata.  Ma 
(  dirà  alcuno  )  non  si  potrebbe  supporre,  che  quelle  lettere 
indicassero  un^  altro  Cognome  del  soggetto,  oltre  quello  di 
Appiano  ?  Noi  credo  assolutamente,  perchè  se  tale  fosse,  non 
doveva  esser  troncato  come  qui  apparisce  colla  terminazione 
In  lOC,  ma  intero,  terminante  in  O,  o  in  /  al  terzo  caso, 
come  porta  1^  uso  costante,  e  lo  stile  delle  lapidi  :  Bisogna 
dire  perciò,  che  queste  sigle  .  .  .  lOG  (  la  mezza  lettera 
consistente  in  una  staccetta  obliqua  da  diritta  a  sinistra  non 
può  appartenere  che  alla  lettera  V)  poste  avanti  il  Cognome 
o  dopo  il  nome  del  padre,  e  dell^  Avo  secondo  le  leggi  Ro- 
mane indicano  la  Tribù.  Dov^  è  mò  questa  Tribù,  che  com- 
pendiata secondo  il  costume  delle  lapidi,  termini  in  .  •  .  . 
VIOC?  Bramo  che  tal  nodo  venga  sciolto  da  qualche  spe- 
rimentato, e  perito  nella  lapidaria. 

XV.  Delle  Tribù  hinomine.  Tale  forse 
la  Quirina  —  Ocriculana 

Io  frattanto  inclino  a  credere,  che  in  quelle  quattro  let- 
tere si  nasconda  una  Tribù  binomine,  talché  integrando  la 
mezza  lettera  del  V,  e  premettendo  la  Q  si  avesse  a  legge- 
re QVIOC,  cioè  QVIrina  OCriculana. 

Che  vi  fossero  Tribù  binomine  lo  credette  il  Fabretti, 
e  ne  addusse  un  esempio  in  lapida  dove  si  legge  VOL 
CAMPAIVA,  e  potea  recarne  dal  Grutero  altri  più  esempi 
AN.  GAL.  Annia  Galena  p.  CCGGXXXV.  i.  FAB.  FOB. 
Fabia  Poblicia  p.  DCCCCXVIII.  16,  oltre  la  Fab.  Scapi 
di  Ottaviano  Augusto.  Prima  però  del  Fabretti  notò  la  Tri- 
bù binomine  il  celebre  Carlo   Sigonio  nel  libro   primo  de 


L*  ODEPORICO  DELL^ABB.   Di   COSTANZO  65  1 

antiquo  jure  Civ.  Rom.  dove  annovera  la  Papia  fra  le  bi- 
nomine.  Non  mi  fa  alcuna  difficoltà^  che  nel  caso  nostro  la 
Tribù  Quirina  sia  annunciata  colla  prima  sillaba  solamente 
QVI,  e  non  QVIR  o  QVIRINA,  come  ordinariamente  si 
trova  nella  lapide^  conciosiachè  la  troviamo  spesso  ancora 
enunciata  colla  sola  sillaba  QVI^  e  gli  esempi  possono  scon- 
trarsi negP  Indici  del  Grutero^  e  del  Reinesio.  Maggiore  sa-* 
rebbe  la  difficoltà^  che  la  sola  sillaba  OQ  bastasse  a  indicar 
la  Tribù  Ocriculana  espressa  per  ordinario  con  le  sillabe  OCR. 
OCRIC  OCRICVL;  ma  oltre  che  gli  antichi  cercavan  sem- 
pre il  compendio^  si  aggiugne  che  colla  sola  sillaba  OC.  non 
può  intendersi  altra  Tribù  fuori  dell'  Ocricolana,  né  può  na- 
scere equivoco  con  un'  altra^  perchè  ninna  ve  n'  ha  che  co- 
minci con  OC.  Noi  abbiamo  la  Tribù  Aniense  colla  sola  sil- 
laba AN.  L'  Appia  con  AP.  VAmtense  con  AR.  la  Claudia 
con  CL.  la  Palatina  con  PA;  la  Romilia  con  RO;  la  Voi- 
tinia  con  VO;  perchè  dunque  anche  la  Tribù  Ocriculana 
non  poteva  indicarsi  con  la  sola  sillaba  OC  ?  Finalmente 
chi  può  assicurarci  che  questa  Tribù  sia  stata  sempre  segnata 
nel  modo  soprasegnato  ? 

Passando  alla  quarta  riga  scontriamo  altra  non  minore 
difficoltà.  Tentiamo,  se  è  possibile,  di  superarla,  e  in  prima 
si  avverta,  che  qualunque  sia  l' interpretazione  delle  prime 
lettere  CHO  —  Tè  certo,  che  tra  la  lettera  O,  e  la  T  non 
manca  che  una  sola  lettera,  la  quale  perchè  il  passo  era  ser- 
vito di  scalino  di  casa  contadinesca  per  1'  attrito  sì  è  cancel- 
lata in  modo,  che  non  lascia  indizio,  né  vestigio  alcuno  da 
rilevare  quale  lettera  vi  fosse  scolpita.  Così  pure  non  è  da 
dubitare,  che  la  parola  contenuta  in  quelle  lettere,  o  intera, 
o  accorciata  finiva  in  una  T.  Io  dunque  parte  combinando 
l' andamento  dell'  iscrizione,  parte  colla  prevenzione ,  che  il 
sasso  appartiene  a  quel  luogo,  che  io  in  forza  di  congetture 
molto  probabili  stimo  essere  1'  Urvino  Ortense  di  Plinio,  mi 
auguro  doversi  supplire  le  mancanti  lettere  così:  Munic. 
HORT.,  cioè  Municipes  Hortenses,  e  tanto  più  me  ne  lu- 
singo da  che  le  lettere  HO  —  .T ,  mi  darebbero  la  parola 
Hortenses,  non  temendo  ch^  possa  supplirsi  alla  lettera  de- 


6$2  'mClIELE  PALOCI  POLIGNAHI 

trita  tra  la  O^  e  la  T  se  non  la  R,  tenendo  sempre  fenno^ 
che  lo  spazio  vuoto  più  di  una  lettera  non  può  ammettere. 

La  prevenaone  in  cui  sono  può  avermi  sedotto,  non 
v^go  però,  che  contro  la  mia  interpretazione  nulla  osti,  o 
che  osti  in  modo  da  non  poterla  sostenere  a  fincHite  di  qua- 
lunque altra  si  volesse  immaginare. 

Riguardo  alle  quattro  lettere,  che  fo  precedere  alla  su- 
perstite C  l^gendo  MumC.  Municipes,  mi  lu^ngo,  die  i 
Periti  lapidari  non  ci  avranno  molte  difficoltà,  mentre,  quan- 
tunque per  indicare  un  Municipio  spesso  gli  antichi  s  ser- 
vissero della  sola  iniziale  M.  non  eoa  però  per  indicare  i 
Municipi,  percui  incidevano  o  Munte,  o  Munidpes  ,  se  al* 
cuno  opponesse,  che  li  Hartenses,  senza  che  preceda  VRV. 
VRVINATES,  non  indicano  quanto  si  pretende,  rispondo, 
che  gli  aggiunti  dei  Municipi  bastavano  a  indicare  il  Muni- 
cipio senza  confonderlo  con  altri,  ed  il  luogo  dove  esiste  il 
sasso  ce  ne  dee  persuadere. 

La  quinta  riga  facilmente  si  supplisce  con  QVINQ. , 
Quinquennalitatis. 

La  sesta  per  lo  vestigio  dell^H  e  per  lo  stile  ordinario 
si  legge  francamente  HVIC 

La  settima  finalmente ,  che  non  offire  che  le  lettere 
NATO  può  leggersi  OmatOj  donato  ecc.,  supponendo,  che 
seguisse  nella  parte  mancante  Aequo  publico,  corona  ctpica, 
omamentis  triumphalibus,  o  altra  di  tante  onorificenze  solita 
darsi  alle  persone  benemerite.  Tutto  ciò  premesso,  potremo 
leggere  la  nostra  iscrizione  con  i  seguenti  supplementi. 


[ex  d.]  d. 
[t.  ivJlio  t.  f.  t.  n. 

[qv]i    oc.  ilPPIANO 

[MVNIJc.  H0[r]t.  HONOREM 

[Oym]  QVENN  ALITATIS 

[h]vic  primo 

NATO    .      •     • 


L   ODEPORICO   DELL^ABB.  DI   COSTANZO  6j3 

XVI.  Nome  servile  passato  in  cognome  d' Ingenui. 

8. 

L.   OCTAVIVS  L.   U   LADA. 

BABVDIA  U   L.  ANTIOTA 

L,   OCTAVIVS  L,   F.   LADA 

C.   OCTAVIVS  L.   F.   LADA  VIV. 

E  iscrizione  sepolcrale  come  apparisce  dall'  ultimo  no- 
me colle  sigle  VIV^  cioè  vives ,  eh'  è  il  figlio^,  che  pone  il 
titolo  al  Padre  Liberto  della  gente  Ottavia,  alla  Madre  e  al 
Fratello.  Lada  nome  del  servo,  e  poi  Liberto  è  assunto  per 
cognome  dai  figli,  come  dal  padre,  ed  è  probabilmente  il 
greco  Aa^ag  cervtis  anniculus  ^  che  per  ordinario  erano 
greci,  e  significanti  qualche  qualità  i  nomi  dei  servi. 

Ladas  è  nome  di  un  Arcade  illustre  rammentato  da 
Pausania  in  Arcadicis.  La  gente  Babbudia^  di  cui  la  Donna 
Antiopa  era  libera,  è  la  stessa  colla  Baburia^  alternando  la 
D,  e  la  R,  e  trovasi  nelle  collezioni  lapidarie.  Può  essere 
anche  la  Faburia  per  1'  alternativa  fra  la  B,  e  la  F  parimenti 
nota  nelle  collezioni,  senza  che  stuimo  a  moltiplicare  le 
genti,  e  le  famiglie  Romane. 


9- 

PLAVTIO  L 

MIAE  SILVANO 

Ili   VIRO   A.   A.   A.   F.   F.   \ 

NORVM.   TV 

OLLINO.   A. 

PIANI 


Frammento  di  nobile  iscrizione  in  marmo  candido  in 
onore  di  soggetto  illustre ,  qual  fu  Plau^io  Lamia  Silvano 
stato  console  con  Asinio  PoUione  V  anno  dell'  Era  cristiana 
8i.  Il  prenome  nei  fasti  è  Mario,  che  potremo  supplire  nella 
prima  riga,  e  nella  seconda  integrare   la  parola,  e  scrivere 


^54  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

Lamio j  cognome  noto  della  gente  Plauzia.  Seguiva  secondo 
il  costume  delle  iscrizioni  onorarie  il  novero  degli  offici^  e 
magistrature  sostenute  dal  personaggio  in  onor  del  quale  si 
ergeva  il  monumento^  ma  il  frammento  non  ci  dà  altro  che 
il  suo  triumvirato  monetario  nella  terza  riga  ^  e  in  fine  a 
questa  pare  indicata  qualche  altra  magistratura  o  di  Seviri^ 
o  di  Vviri,  XVviri  sostenuta  dal  medesimo  ^  e  di  questa  , 
come  ciò  che  siegue^  diffìcile  è  il  poterlo  supplire. 


IO. 


RVFVS 

VS.  e.   F.  APOLLVS 

VS.   Q..   F.   GAMALA 

C.   L.   NICEPHOR. 

S.   D.   U   PHILODAMS 

Q.   U   IVCVNDVS 


Altro  frammento  in  marmo^  che  stato  riquadrato  colla 
martellina  per  uso  di  fabbbrica^  non  ci  presenta ,  che  puri 
cognomi  di  due  figli  di  un  Rufo,  e  di  tre  Liberti.  Dal  co- 
gnome Gatnala  di  uno  dei  figli  si  potrebbe  per  avventura 
argomentare,  che  il  nome  gentilizio  del  Padre  Rufus,  e  di 
esso  loro  sia  quello  di  Lucilio,  poiché  un^  iscrizione  presso 
il  Muratori  (  N.  Th.  T.  i.  p.  135  )  ha  il  nome  di  un  A  Lii- 
cilio  Gatnala,  e  fi:a  le  Domane  ve  n^  ha  un'  altra  parimenti 
di  Lucilio  Cantala;  finalmente  un'  iscrizione  mancante  da 
me  scavata  fuori  la  Porta  Ostiense,  dove  parimenti  fu  tro- 
vata l' iscrizione  del  Muratori ,  ci  offre  un'  altro  Gamala 
così:   P.  COR.  P.  CORNELIVS  STATIVS   XX:    VIR. 

R  A.  H.  S ILIVS  GAMALA  VIR,  H.  A.  H.  S.  P.  IL 

VIR.  LOCVM.  ELD. 

E  non  dubito,  che  il  nome  della  famiglia  mancante  delle 
prime  sillabe  nella  Iscrizione  Ostiense  non  debba  integrarsi 

LVCiUVS. 


L*  ODEPORICO  DELL  ABB.  Di  COSTANZO       655 

XVII.  Di  un  Proculus  Proconsole  di  Spagna. 

II. 

HISPAJUA.  HAJJC. 

•     PROCVLVS, 

.  PROCONSVLE. 

.  OPTINVIT. 

Breve  ma  bella  iscrizione^  che  ne  dà  un  personaggio 
illustre  Proconsole  di  Spagna  chiamato  Procolo.  E  incisa 
in  pezzo  di  marmo  pentelico,  volgarmente  Cipollino^  e 
questo  pezzo  di  marmo  era  parte  di  un  Erma  di  cui  più 
sopra  si  è  parlato.  Se  ne  vegga  il  disegno  nella  tav. . . . 
N. . .  Le  lettere  sono  eleganti,  P  ortografia  nelle  due  voci 
Proconsulej  e  Optinuit  da  indizio  dei  bei  secoli  deir  Impero. 

Della  seconda  voce  scisse  Quintiliano  :  secundam  B.  lite^ 
ram  ratio  postulai,  aures  magis  audiunt  P.  E  bensì  alquanto 
strana  la  punteggiatura,  ma  non  è  fuori  dello  stile  lapidario. 
Prima  di  far  trasportare  il  sasso  presso  di  me,  parvemi  enig- 
matica V  iscrizione,  non  sapendone  comprendere  il  primo  verso 
Hispania  hanc.  Veduta  la  forma  del  sasso  a  guisa  di  Erma 
con  un^  incavo  in  cima,  compresi  che  sopra  vi  era  stata  ap- 
plicata una  testa,  o  un  simulacro  rappresentante  la  Spagna, 
e  che  il  senso  dell^  epigrafe  fosse,  che  quella  testa,  o  simu- 
lacro simboleggiasse  la  Spagna  Provincia  Romana  ottenuta  a 
governare  dal  Proconsole  Procolo. 

XVIII.  Ricerche  su  la  persona  di  questo  Proconsole 

e  il  tempo  in  cui  viveva 

Resta  ora  ad  indagare  chi  fosse  questo  Procolo,  di  qual 
famiglia,  e  di  quai  tempi.  Il  cognome  di  Procolo  appartiene 
a  molti  Personaggi  illustri  nella  Storia  Romana,  come  a 
Licinio  Proculo  celebre  Giureconsulto  coetaneo  e  antago- 
nista dell^  altro  famoso  Giureconsulto  Cassio  Longino,  i  se- 
guaci dei  quali  chiamati  furono  Proculiani,  e  Cassiani.  Ab- 
biamo pure  un  Vewio,  ed  un  Curzio  ambedue  cognominati 
Proculi,  e  molti  altri,  che  possono  scontrarsi  negli  Autori, 


6$6  MICHELE  FALOCl  PULIGNANI 

e  negP  indici  delle  collezioni  lapidarie.  Dei  Procoli  ha  trat- 
tato il  dotto  Reinesio  nel  suo  libro  Eponymohgico  che 
spesso  cita  nelle  sue  lettere  ad  Rupertum ,  e  nel  Sjmtagma 
inscriptiofium  antiquarum.  Ma  io  non  so  finora  se  questo 
libro  abbia  mai  veduta  la  luce^  e  per  le  indagini^  che  ne  ho 
fatto^  credo  che  sia  rimasto  inedito. 

Il  Vossio  crede^  che  l^  Eutichio  Proculo  nativo  di  Sicca 
in  Africa,  e  fatto  Console  da  Marco  Aurelio  per  essere  stato . 
suo  Maestro  di  Grammatica  latina,  è  lo  stesso  col  gramma- 
tico ProculOj  che  trovasi  aver  fatto  alcuni  scritti  de  Regio^ 
nibuSj  et  Religionibus  ;  così  nota  il  Tillemont  in  M.  Aurelio, 
e  alla  parola  Console  aggiunge:  ad  Proconsulatum^  avendo 
letto  Vossio  ad  Consulatum,  lezione  che  par  favorita  dalla 
nostra  epigrafe,  secondo  la  quale  il  nostro  Procolo  fu  certa- 
mente un  Proconsole,  e  Proconsole  di  Spagna.  Un  Procolo 
sublimato  alla  dignità  di  Proconsole  sotto  Antonino  Pio,  e 
Marco  Aurelio  il  Filosofo,  è  rammentato  da  Giulio  Capito- 
lino nella  vita  di  Marco  Aurelio  nella  seguente  maniera; 
«  Usus  praeterea  grammaticis  graeco  Alexandro  ,  latinìs 
«  Frosio  apro,  et  Pollione,  et  Eutichio  Proculo  Siccensi.  Ora- 
c  torìbus  usus  est  Graecis  Annio  Marco,  Caninio  celere,  et 
«  Herode  Attico,  Latino  Frontone  Cornelio.  Sed  iftultum 
«  ex  his  Frontoni  detulit,  cui  et  statuam  in  senatu  petiit, 
«  Proculum  vero  usque  ad  Proconsulatum  provexiu  »  Era 
dunque  celebre  un  grammatico  nomato  Proculo  nativo  di 
Sicca  città  dell'  Africa  nella  Numidia  da  Procopio  cognomi- 
nata Sicca  Venerea.  Il  Causobano  sopra  il  testo  di  Capito- 
lino scrive  :  Sicca  Urbs  notissima  .  .  .  videiur  hic  Proculus 
ille  esse^  qui  sui  temporis  doctissimus  Gramaticus. 

XIX.  //  Procolo  Proconsole  della  nostra  Epigrafe 
è  probabilmente  Eutichio  Proculo  di  Sicca  in  Africa 

dei  tempi  di  Antonino  Pio 
precettore  di  Marco  il  Filosofo,  e  famoso  grammatico 

In  difetto  di  migliori  notizie,  congetturo  che  la  nostra 
Epigrafe  parli  appunto  di  questo  Eutichio  Proculo  grama- 


L^ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  6$J 

tlco  famoso  del  tempo  di  Antonino   Pio^  e  Precettore  di 
lettere  latine  di  Marco  il  Filosofo. 

Nei  tempi  di  Antonino  i  soggetti  si  nominavano^  ed 
erano  conosciuti  col  nome^  ossìa  Cognome  senza  il  Preno- 
me^ e  senza  il  nome  della  famiglia^  massime  se  erano  fami- 
gerati^ qual^  era  il  Precettore  di  Marco  Aurelio.  A  que- 
sto nostro  Procolo  pare  che  appartenga  un  frammento  dì 
lapida  in  onore  di  Antonino  Pio  scavato  in  Gaeta^  e  ri- 
portato da  Erasmo  Gesualdo  nell^  sue  osservazioni  crìtiche 
sopra  la  stona  della  via  Appia  del  Pratilli.  Il  frammento  è 
cod  riportato  : 

CAESAR 

ONADRIAN 

INO.   AVO.   PIO   .  P  .   . 

VS  PROCVLVS 

RTI.   ET  LVC. 

Il  sospetto  nasce  dal  vedervi  il  nome  di  Procolo  e  quello 
di  Antonino  Pio  sotto  cui  fiorì. 

12. 
....  TIT.    HELENl. 

Un  tegolo^  anzi  due  trovati  nello  scavo  col  nome  del 
FigulOj  o  del  Padrone  dell' officina  figulina^  che  leggo  Titij 
Heleni,  e  così  leggo  per  essere  T  ultimo  i  del  Titij  allungato 
da  equivalere  a  due  i,  e  perchè  il  prenome  di  Tito  non 
^  indicava^  che  colla  semplice  sigla  T.  Appartiene  alla  fami- 
glia Ti^ia  nota  altronde,  e  mancando  della  parola  Heleni  il 
prolungamento  dell' t  non  si  può  prendere  per  la  famiglia 
Heleniaj  sebbene  anch'essa  nota  sugl'Indici  delle  famiglie, 
ed  Helenio  era  il  nome  gentilizio  di  Acrone  notissimo  scq- 
liasta  di  Orazio. 

....    (Sep)Eìa.  pu.  PERT.  ... 
MAX.  F.  F.  (fortissimi) 


.••••••    ERM*  òAR    •    •    a    « 

Archivio  Storico  li.  43< 


6$^  MICHELE  FALOa  PUUGNANI 

Egli  è  questo  un  rottame^  che  se  giungesse  ad  avere  gli 
altri  pezzi^  potrebbe  somministrare  dei  lumi^  e  dei  mezzi 
per  decidere  sopra  il  nome  che  andiamo  investigando.  Era 
senz^  alcun  dubbio  un  monumento  eretto  in  onore  dell^  Im- 
peratore Caracalla  figlio  di  Settimio  Severo,  che  vien  no- 
minato con  il  cognome  di  Pertinace^  sebbene  secondo  Sve- 
tonio  poscia  lo  deponesse  per  consiglio  degli  Amici.  Le  due 
lettere  F.  F.  si  scontrano  in  altre  lapide  di  Severo,  ed  una 
presso  il  Fabretti  ne  istruisce  doversi  leggere  Fortissimi  per 
trovarsi  tutta  stesa  questa  parola.  La  linea  di  sotto  è  can- 
cellata con  lo  scalpello  dove  forse  vi  era  il  nome  dell^  Im- 
peratore Geta  Fratello  di  Caracalla.  Le  ultime  lettere  si 
leggono  Germanici  Sarmatici,  e  appartengono  al  Padre  di 
Caracalla,  o  ad  alcuno  degli  Antonini,  di  cui  facevasi  egli 
chiamare  Nepote,  Pronepote,  Abnepote,  come  in  altri  monu- 
menti si  legge.  Posto  che  la  linea  cancellata  portasse  il  nome 
di  Geta,  la  lapida  dovrebbe  essere  delPanno  2n  primo  del- 
V  impero  dei  due  Fratelli,  dopo  la  morte  del  padre,  poiché 
Geta  fu  morto  senz'aver  compito  un'anno  d'Impero.  Forse 
però  il  monumento  fu  eretto  in  onore  di  Caracalla,  quando 
solo  imperava  e  forse  con  non  minore  improbabilità  si  at- 
tribuirebbe a  Settimio  Severo,  che  nei  primi  tempi  del  suo 
Impero  adottò,  e  affettò  il  nome  di  Pertinace  ut  esset  (  dice 
un'antico)  Imperator  vere  nominis  ejus^  vere  Pertinax^ 
vere  Severus  ;  anche  dopo  la  sua  morte  si  trova  il  cognome 
di  Pertinace  dato  a  Severo  nelle  antiche  lapidi  V.  Grut. 
Thes.  271.  1. 

i4. 


•   •   •   •   MARMOR    •   •  •   • 
(te)MPORE.   PONT.  .   .   • 
.   .   •    MARCIO  SECVNDO   .    .   . 
...   VE.  PRIVATORUM  FIAT  .   .   . 
•    .    .  INSRIBI.  VT.   MORES.  T.   .   . 
.   .   .   QVOQVE.   IMITANDI   .   .   . 

Dall'  andamento  delle  parole,  e  dalla  forma  delle  lettere 
raccolgo  che  questo  frammento  (inciso  in  pietra  marmorea. 


L'  odeporico  dell'  ABB.  di  COSTANZO       659 

che  sembrommi  al  primo  aspetto  giallo  antico^  ma  meglio 
esaminata^  la  conobbi  pietra  del  luogo^  trovandosene  della 
qualità  medesima  bianca^  rossa^  e  giallognola  )  sia  di  un  De- 
creto Municipale^  che  se  conservato  si  fosse  intero  dovea 
darci  col  nome  del  Personaggio  ancora  quello  del  Municipio^ 
e  dei  Magistrati  che  l'ordinarono. 

Non  vi  leggo  altro^  che  il  nome  di  Marcio^  e  probabil- 
mente il  monumento  riguardava  qualche  soggetto  della 
gente  Marcia  celebratissima  fra  le  Romane. 

15. 


L.   BABVDIO.   L.   L. 

P.  HETERIO.   P.   L.   NAR      •      •      • 

L L.   L.   VITALI 

.      .      .      .      VLIO.   L.   L.   SPIRATO 
.      .      .      .      RIO.   L.   L.   FORTYNATO 
•       •       •       •       IO*    L«    La    VALE       •       •       • 

Questo  frammento  non  serve  ad  altro^  che  ad  accrescere 
il  numero  delle  Iscrizioni  trovate  nel  luogo  di  Collémaggio^ 
e  a  confermare  V  antichità  del  luogo  ^  e  la  sussistenza  di 
un'  antica  Corporazione  civile  del  tempi  dei  Romani  ivi  una 
volta  esistente. 

Si  dica  lo  stesso  della  seguente 

16. 


VS  IVSTI 
NVS  ET  CAE 
SIA   SATVRNINA 
FILIA   F. 


Sono  poi  non  pochi  i  piccoli  frammenti  con  una^  o 
con  due  parole^  ognuno  dei  quali  formava  parte  delP  Iscri- 
zione diversa;  di  modo  che  dalla  diversità  delle  dimensioni 
di  questi  frammenti^  dalla  qualità  del  marmo^  e  dalla  varietà 
delle  lettere  di  ciascun  frammento^  ne   risultano   altrettante 


660  MICHELE  FALOCl  PULfOHANI 

Iscrizioni^  già  esistenti^  quanti  sono  cioè  questi  firammenti^ 
vale  a  dire  fino  al  numero  di  dodici^  e  così  la  somma  in-» 
tera  delle  iscrizioni  di  G>llemaggìo  ammonta  finora  al  nu-> 
mero  di  XXVIII,  il  che  ho  voluto  notare  in  prova,  che 
realmente  in  detto  luogo  vi  era  un]  antico  Municipio  Ro- 
mano, non  potendo  un  tanto  numero  d' Iscrizioni  di  vario 
argomento,  e  in  gran  parte  onorarie,  trovarsi  se  non  dove 
fosse  esistita  un^  antica  corporazione  civile,  una  Gttà,  un 
Municipio  Romano. 


XVm.  SCORSA  A  FIRENZE. 


l.  Chiodo  cubitale  di  bronco  tolto  dal  Pantheon.  — 
IL  Testa  di  Vitellio  in  carneo  insigne.  —  IH.  Calen- 
dario Ruteno  figurato.  —  IV.  Bibbia  Amiatina  Mss.  — 
V.  Virgilio  del  IV  secolo.  —  VI.  Orosio^  Quintiliano^ 
Flavio  Giuseppe.  —  VII.  Bibbia  e  Rotoli  ebraici.  — 
Vili.  Cella  di  Girolamo  Savonarola.  —  IX.  Plinio 
lo  Storico.  —  X.  Lettere  del  Poggio  e  le  Antichità  del- 
V  Oricellarius.  —  XI.  Bessarione.  Apologia  di  Platone^ 
edi:^ione  del  400.  —  XII.  Depositi  del  Macchiavelli,  del 
Lancia  di  Giuseppe  Patriarca  di  Costantinopoli^  del  Ga- 
lileo, di  Leonardo  Aretino,  del  Buonarroti. 

Trovandomi  in  Arezzo  non  potei  trattenermi  di  fare 
una  scorsa  fino  a  Firenze,  benché  non  potessi  fermarmid 
che  pochi  giorni,  richiamato  dalle  mie  incombenze  a  resti- 
tuirmi alla  mia  residenza.  Gustai  dunque  summis  laHis, 
come  suol  dirsi,  le  bellezze  e  gV  insigni  monumenti  ch^  a- 
domano  questa  Città,  e  la  rendon  una  delle  più  vaghe  d^I- 
talia,  anzi  d'  Europa.  La  molteplicità  degli  oggetti  da  un 
canto,  e  la  loro  notorietà  dall'altro,  mi  dispensarono  di  porre 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  66 1 

in  iscrìtto  le  tante  cose  vedute  riguardo  alle  Scienze  e  alle 
belle  arti;  trovo  nondimeno  fra  le  mie  schede  volanti  e 
fuggitive  notate  alcune  cosarelle  che  per  mia  memoria  vo* 
glio  qui  registrare. 

Fra  i  bronzi  della  Galleria  vidi  un  chiodo  preso  dal 
Pantheon  di  Roma^  grosso  quanto  un  polso  di  uomo^  e 
lungo  un  gomito.  Notai  il  Bruto  di  Michelangelo  non 
terminato  con  i  famosi  versi  del  Bembo  nella  Base. 

Fra  le  gemme  un  Vitellio  di  faccia^  creduto  dal  Mar- 
chese Maffei  il  più  bel  cameo^  di  tanti  che  si  ammirano  in 
quel  Gabinetto. 

Due  tavole  con  iscrizioni  di  un  calendario  ruteno  ine- 
dito^ più  antico  di  quello  pubblicato  dai  BoUandisti. 

Nella  Biblioteca  Laurenziana  ammirai  la  Bibbia  Amia- 
tina^  enorme  volume  in  pergamena  di  caratteri  quadrati^ 
che  secondo  il  Lelong^  è  la  terza  per  antichità  fra  le  Bibbie 
latine  superstiti.  Il  Canonico  Bandini  dotto  Bibliotecario  ne 
ha  composto^  e  stampato  una  dissertazione  sul  pregio  di 
essa.  —  E  osservabile  il  Tacito  che  si  vuole  unico  Codice^ 
onde  sono  tratte  l'edizioni  stampate. 

Celebratissimo  sopratutto  è  il  Virgilio  con  lettere  on- 
ciali del  4.*  Secolo^  e  mancante  di  un  quaterno^  eh'  è  stato 
supplito  e  scritto  con  arte  meravigliosa^  e  con  tanta  somi- 
glianza dei  caratteri  originali  per  la  forma  e  per  l' inchio- 
stro^ che  ognuno  il  prenderebbe  per  V  antica  mano. 

Un  Orosio,  il  Quintiliano  trovato  dal  Poggio  nella 
Torre  di  S.  Gallo. 

Nella  Marciana^  os^a  di  S.  Marco  dei  Gavotti  una 
quantità  di  Codici  Mss.^  e  fra  questi  un  Flavio  Giuseppe 
delle  antichità  Giudaiche  del  nono  secolo. 

Molti  altri  Codici  di  S.  Padri  del  X^  XI  e  XII  secolo  ; 
una  Bibbia  greca  del  XIII^  un'  altra  ebraica ,  e  due  gran 
volumi^  o  rotoli  parimenti  ebraici  ad  uso  dei  Rabbini.  Molte 
rare  edizioni  del  secolo  XV,  fra  le  quali  si  distingue  il  Ci- 
cerone de  Officiis. 

Volli  vedere  la  cella  del  famoso   Girolamo  .Savonarola 
e  vi  lessi  un  cartello  affisso  alla   Porta   con   queste   parole 


€* 


662  MICHELE  FALOCI  P0LIGNASI 

«  Venerati lis  P.  Hieronymus  Savonarola  vir  Apostolicus  ». 

Nella  Riccardiana  vi  è  un  Plinio  lo  Storico  naturale 
del  IX  secolo  che  pretendono  essere  il  più  antico  eh'  esista. 

Le  lettere  di  Poggio  Segretario  di  Giovanni  XXIIL 
U  Orìcellarìus  (  Rucellai  )  sulle  antichità  Romane. 

U  Apologia  di  Platone  di  Bessarìone^  stampa  del  400^ 
rarissima.  Molti  codici  greci  e  varie  cose  inedite. 

Santa  Croce  forse  il  più  vasto  Tempio  di  Firenze  a  tre 
navi  di  disegno  tedesco  del  celebre  Arnolfo  di  Lapo. 

Ivi  vedesi  il  deposito  del  Macchiavelli  Segretario  Fio- 
rentino erettovi  da  pochi  anni  dicono  da  una  compagnia  di 
letterati^  o  forse  dal  Senator  Nelli  :  vi  è  incisa  .1'  epigrafe  : 
Tanto  nomini  nullum  par  elogium^  Nicolaus  Machiavelli 
obiit  A.  P.  U.  ÌS2J,  ì^  Vìi  pur  il  deposito  del  Dott.  Lanci 
con  la  sua  statua  in  piedi^  il  che  non  si  voleva  permettere 
dalK  Arcivescovo.  Vi  sono  inoltre  i  depositi  del  Patriarca 
di  Costantinopoli  Giuseppe,  che  morì  nel  Concilio  Fioren- 
tino dopo  sottoscritto  il  Decreto  di  unione^  del  Galilei^  di 
Leonardo  Aretino,  del  Buonarroti  ed  altri. 


l'  odeporico  dell' ABB.  di  COSTANZO      66$ 

APPENDICE 

L 
ASSISI. 

Non  debbe  recar  meraviglia -se  io  in  oneste  memorie 
Odeporiche  non  ho  giammai  parlato  della  (^ittà  di  Assisi  e 
dei  suoi  antichi  monumenti^  avendone  ragionato  a  lungo  nel 
Libro  intitolato  :  Disamina  dei  Monumenti  ^  e  dei  Scrittori 
che  riguardano  S.  Rufino  Vescovo  e  Martire  di  Assisi,  e 
specialmente  nella  terza  Appendice  al  medesimo  Libro  ag- 
giunta. Tuttavia  trovando  fra  i  miei  Zibaldoni  alcune  cose 
che  non  ebbi  occasione  di  notare  nell^  Opera  suddetta^  come 
troppo  estranee  all'  argomento  mio^  le  riferisco  qui  a  com- 
pimento deir  Odeporico  della  Provincia  dell'  Umorìa. 

I.  Due  Breviarii  del  secolo  XIIl^  ad  uso 
di  S.  Francesco  e  di  S.  Chiara. 

Non  dirò  di  alcune  cose  notabili  osservate  in  due  vec- 
chi Breviarj  l' uno  stato  ad  uso  di  S.  Francesco ,  e  con- 
servasi nell'  antica  Chiesa  di  S.  Damiano ,  V  altro  stato  ad 
uso  di  S.  Chiara  dove  fin'  oggi  si  custodisce  come  Reliquia^ 
ambedue  dei  tempi  d' Innocenzo  III^  e  di  Gregorio  lA;  e 
mi  sono  di  ambiane  giovato  per  provare  l' antica  tradizione 
della  Chiesa  di  Assisi  rispetto  al  suo  Santo  Vescovo^  e  Mar- 
tire Rufino.  Gli  estratti  da  me  fatti  sono  riuniti  con  altri 
simili  di  Codici  di  varie  Biblioteche^  che  ho  visitate. 

IL  Codice  del  secolo  XII  dei  Commentari 
di  S.  Ambrogio  sopra  S.  Luca. 

Dirò  intanto^  che  nella  Librerìa  del  Sagro  Convento  di 
S.  Francesco  {%  osservai  alcuni  Codici  di  non  molto  pregio^ 


(i)  Dei  codici  conservati  in  questa  libreria  ha  testé  parlato  il  eh.  p.  Ehrle  nel  I. 
fascicolo  ddr  Archivfur  die  Utteratur-  und  Kirchengeichichte  des  Mitielaitert  he* 
rautgtgeben  von  P,  H.  Den(/le  O.  P,  undF,  Ehrle  S*  L  Berlino,  1885. 


é64  MICHELE  PiOOCI  PVLICNANI 

e  due  ne  trovai  notati  nelle  mie  schede^  uno  membranaceo 
in  foglio  di  giusta  forma  col  commentario  di  S.  Ambrogio 
suU^  Evangelio  di  S.  Luca^  che  occupa  novanta  fogli  scritti 
a  colonna  con  le  iniziali  formate  di  figure  di  animali  qua- 
drupedi, volatili,  pesci  inge^osamente  intrecciati,  e  lo  reputo 
del  secolo  XII.  1/  altro  e  in  cjuarto  parimenti  in  pergamena, 
nel  cui  terzo  foglio  vi  è  scrìtto  a  lettere  dorate  Ltber  Petri 
Francisci  Pauli  de  Urbeveteri,  e  contiene  il  Cronicum  Eu-^ 
sebii  et  Hieron^mi  cum  su^eradditis  Prosperi.  Prae fatto 
Hieronjrmi;  quivi  ove  parlasi  del  battesimo  amministrato  a 
Costantino  da  Eusebio  Nicomediense  vi  è  la  seguente  nota 
a  pie  di  pagina. 

III.  //  Chronicon  di  Eusebio  in  pergamena 
con  un'  annotazione  del  Petrarca  trascritta  dal  Codice 

di  Eusebio^  scritta  di  sua  mano. 

«  Posuerat  clarissimus  Poeta  D.  F.  Petrarca  in  Eusebio  suo, 
a  quem  propriis  manibus  scrip^rat,  hanc  additionem  dicen- 
«  tem  sic  :  has  duas  additiones  sic  reperì  in  exemplaribus. 
«  Vide  le^endam  SS.  Felicis,  Simplicii,  Faustini,  et  Ben.,  et 
«  legitur  m  fine  lulii.  Continetur,  quod  Constantinus  Con- 
«  stantini  filius  fuit  a  B.  Felice  hereticus  declaratus,  eo^  quod 
«  ab  Eusebio  Nicomediensi  fuit  rebaptizatus,  et  ita  inveni 
«  in  antiquissimis  Libris.  Dicunt  aliqui,  quod  Constantinus 
«  maior  niit  rebaptizatus  ab  isto  Eusebio,  tamen  verìus  vi- 
«  detur,  quod  non,  prout  apparet  in  tripartita  Cassiodorì.... 
«  ibi  enim  apparet  quod  Eusebius  simulabat  se  ab  Ano  re- 
te cessisse,  et  propterea  videtur,  quod  Constantinus  credens 
«  eum  Catholicum  ab  ipso  se  fecerat  baptizarì.  Sit  tamen 
a  salva  veritas  historìae,  quae  continetur  in  legenda  S.  Sii- 
ci vestrì  ».  Da  questa  notarella  si  riconosce  che  il  Petrarca 
non  era  senza  la  buona  crìtica. 

IV.  Cronaca  mss.  in  pergamena  del  secolo  XllU 
0  principio  del  XIV^  forse  inedita. 

Ebbi  pure  in  mano  dal  Sacro  Convento  una  Cronica 
MS.  del  Secolo  XIII,  o  princij))  del  XIV.  in  pergamena, 
della  quale  mi  son  servito  specialmente  nell^  Appendice  terza 


l'  odeporico  DELL^ABB.  di  COSTANZO       66$ 

delle  Iscrizioni  romane  unita  al  Libro  suddetto  di  S.  Rufino^ 
e  avendola  di  nuovo  richiesta  per  esaminarla  con  maggior 
comodo^  non  si  è  più  trovata^  o  che  non  l' abbiano  saputa 
ricercare,  o  che  sia  stata  involata,  come  è  seguito  di  varj 
Codici  dello  stesso  Sa^ro  Convento  in  tempo  della  Demo- 
crazia. Io  poi  non  dubito,  che  nella  Libreria  medesima  vi 
sieno  molti  altri  Mss.  non  di  molta  antichità,  ma  dei  tempi 
posteriori  a  S.  Francesco,  dove  vi  avrà  degli  aneddoti  degni 
di  curiosità,  se  con  diligenza  ed  attenzione  si  esaminassero. 
Così  pure  nelP  Archivio  vi  sarebbe  da  ripescare  delle  me- 
morie del  Secolo  XIII  in  giù  di  molto  giovamento  per  la 
Storia  di  quei  tempi,  ed  io  stesso  vi  avrei  applicato  volen- 
tieri se  avessi  scontrato  Bibliotecarj,  e  Archivisti  portati  per 
siffatte  ricerche.  Nel  Sacrario,  ossia  ReUquario  vi  è  un  Ca- 
lice con  intorno  il  nome  dell'  Artefice  e  del  Papa  Nicolò  IV, 
lavoro  della  fine  del  Secolo  XIII,  e  la  memoria  è  la  sesuente: 
Nicolaus  Papa  Quartus.  Guccius  Mariae  de  Senis/ecit.  In 
un'  Ostensorio  antico  di  forma  Poligona,  e  piramidale  leg- 
gesi  intorno  al  piede  :  Opus  Matthei  Ant.  F.  et  Ant  Raf- 
faelis  F.  aurijicum  Perusinorum. 

V.  Iscrittone  Illirica  incisa  a  spira  intorno 
a  un  Cilindro  d'  argento  doralo. 

Più  attenzione  merita  un'  altra  memoria  incisa  a  spira 
intorno  a  un  Cilindro  d' argento  dorato,  eh'  è  riportata  nella 
tav.  dei  Monumenti.  Nel  Coro  della  Chiesa  superiore,  opera 
d' Intarsia  a  figure  assai  belle  pel  disegno,  e  per  l'esecuzione 
vi  è  la  seguente  Memoria  del  tempo,  e  dell  Artefice. 

M.   F.   SASO   GENERALIS 
FIERI  CVRAVIT.  -«-^ 
DNICVS  DE   STO  SEVERI 
NO  ME  FECIT  MCCCCI. 

V.  Iscri:(ioni  antiche  scoperte  dopo  la  pubblicazione 

delle  altre  di  Assisi. 

Per  le  cose  di  Assisi  debbono  aver  luogo  in  queste 
memorie  altre  cinque  iscrizioni  scoperte  dopo  la  pubblica- 


666  MICHELE  PALÒCl  PULIGNAMI 

zione  delio  spesso  citato  Libro  di  S.  Rufino  dove  sona  re- 
gistrate tutte  le  antiche  lapide  di  quel  Paese^  e  sono  le  se- 
guenti. 

I. 

M.  PETTIO.   M.   L. 

PRIMIGENIO 

PAEDAGOGO 

M.   PETTI  SEVERI  ET 

PETTIARUM  PTOCVLES 

ET  SEVERES  MIEMESETVS 

PATRI  PIENTISSIMO 


a. 


vixrr  AN.  L  D.  IV. 

FAVSTVS  FRATRl  SVO 

POS.   L.  TVRPIUO  SALVIO 

3- 

D.  M. 

TETTIENAE 

SVCCESSAE 

TI.  CLAVDIVS 

IVSTINVS 

COIVGI 

B.  M. 


4. 


C) 


(i)  Coti  nel  manoscritto. 


> :.  .  > 


L    ODEPORICO  DELL    ABB.  DI  COSTANZO  66^ 

S- 

AVTRONI  .   .   . 
SPONSAE 
AVTRONIA  MOD[esta] 
SORORI. 

La  prima  fu  disotterrata  alla  costa  di  S.  Sabino  del 
vocabolo  Cavodacqua.  La  seconda  mancante  vedesi*  al  di 
fuori  della  Tribuna  di  antica  Giiesa  sotto  il  titolo  della  Tri- 
nità posta  al  basso  della  suddetta  costa  di  S.  Sabino.  La 
terza  trovasi  fuori  la  Porta  rustica  del  Monastero  di  S.  Chiara. 
La  duarta  contiene  poche  parole  per  essere  segato  il  marmo 
ad  altro  uso.  La  qumta  finalmente  esiste  nefia  Chiesa  di 
S.  Lucia  al  Ponte  di  Bastia. 


VIL  Due  medaglie;  una  greca  di  Feneo,  r  altra  osca 
di  Cumeliterno;  ambedue  rare^  e  singolari. 

Non  parlo  qui  delle  monete  antiche^  e   delle   Corniole 
trovate  nelle  campagne  di  Assisi^  e  capitate  in   mie   mani^ 

Perchè  di  tali  mercanzie  s^  incontrano  da  per  tutto  nelle 
Provincie  Romane.  Ne  rammenterò  due  di  pregio  trovate 
in  campagna  fuori  di  ogni  mia  aspettazione^  una  greca  con 
V  epigrafe  OENEAN  appartenente  cioè  a  Feneo  Qtta  dell^ Ar- 
cadia nel  Peloponeso  rarissima  fra  le  Urbiche^  e  per  alcune 
particolarità^  cne  non  sono  nelle  poche  Medaglie  Feneati 
conservate  nei  più  ricchi  Musei^  forse  unica.  IJ  altra  non 
meno  pregievole  e  rara  è  con  V  epigrafe  Osca  di  Cumeli" 
temo.  Queste  monetine  hanno  somministrato  un'  articolo 
alla  mia  Deca  archeologica  ('). 

VIIL  Descrizione  di  varj  bronci  pretesi  Antichi. 

E  giacché  siamo  sopra  le  anticaglie^  non  tralascierò  di 
dire^  che  mi  fu  mostrata  una  Cassettina  piena  di  bronzi^ 


(i)  Vedi  lopra,  nelP  Eienco  degli  tcritti  del  Di  CoiUiixo  il  n.  XU,  pag.  539. 


668  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

pretesi  antichi^  e  ne  volli  &re  la  descrizione  che  q|^uì  sog- 
giungo per  disinganno  altrui.  Seppi  che  tutti  questi  bronzi 
erano  stati  acquistati  da  un  giovane  gentiluomo  Perugino^ 
che  girava  per  la  Provìncia  dell^  Umbria,  e  della  confinante 
Toscana  raccogliendo  anticaglie,  senza  aver  capitali  per  di- 
scernerne la  smcerìtà,  e  il  vero  pregio,  onde  restò  ingan- 
nato dalla  malizia  degli  impostori,  che  insidiano  le  borse 
dei  semplici.  Questi  Bronzi  sono. 

i.^'  Un  Idolo  etrusco  di  bronzo  aito  once  dieci  e  mezzo 
compreso  lo  spuntiglione  che  ha  sotto  la  base,  simile  del 
tutto  a  quello  riportato  dal  Lanzi,  nel  suo  saggio  alla 
Tav.  XV.  È  secondo  me  legittimo  e  sincero,  e  se  avesse 
V  iscrizione  etrusca  figurereboe  in  qualunque  Museo. 

2.°  Altro  Idoletto  alto  once  sei  e  mezzo,  sull'andamento 
dell'  antecedente,  più  rozzo  però,  e  meno  lavorato  senz'  i- 
scrizione  ancor'  esso. 

3.°  Una  figura  di  bronzo  alta  sett'  once  e  mezzo ,  di 
uomo  barbato  con  veste  barbara,  col  capo  involto  in  una 
Cuffia,  e  due  iscrizioni  in  caratteri  rilevati,  una  al  petto 
con  queste  parole  L.  ANTONI .  .  .  ,  l' altra  sotto  al  ven- 
tre in  un  cartello  che  sostiene  con  ambe  le  mani,  e  le  let- 
tere .  .  .  ALLVI  ...  ;  la  credo  impostura. 

4.*  e  5.*  Due  lamine  di  bronzo  lunghe  circa  sei  once,  e 
larghe  tre  e  mezzo,  di  getto  con  caratteri  etruschi  rilevati 
di  tre  linee  ambedue  slmili.  Una  sembra  corrosa  dal  tempo, 
ma  sospetto  giustamente  che  sia  fatto  ad  arte,  e  perciò  am- 
bedue le  ho  per  un'  impostura. 

6.*  Altra  laminetta  di  bronzo  lunga  circa  sei  once^ 
larga  una  e  mezzo,  con  iscrizione  etrusca  8/ìM3tA/ì)l  ^ 
cui  non  assicuro  la  sincerità. 

7.*  e  8.*  Due  altre  lamine  di  bronzo  simili  di  getto 
con  caratteri  rilevati  greci  in  nove  linee,  alte  once  circa  sei, 
e  larghe  tre  e  mezzo,  logore  in  parte  ambedue,  ma  in 
modo,  che  una  può  supplire  le  mancanze  dell'  altra ,  sem- 
brano le  corrosioni  artificiali  piuttosto  che  opera  del  tenipo, 
onde  le  reputo  false.  L' Iscrizione  è  registrata  nella  Ta- 
vola •  •  .  Un'  iscrizione  del  tutto  simile  in  pietra  lapisla- 
zuli  si  vede  nel  Libro  di  Giovanni  Agostini  Senese  intito- 
lato Le  gemme  antiche  Jìguraie  P.  11.  N.  37,  che  egli  chiama 
caratteri  magici  intagliati  nel  rovescio  di  un  Abraxas,  che 
rappresenta  varj  simboli  anche  osceni  dei  Basilidiani. 

9.^  Laminetta  quasi  quadrata  della  dimensione  di  tre 
once,  di  getto  anch'^essa  con  una  figura  fi:a   due  tabelle  , 


l'  odeporico  dell'  ABB.   di  COSTANZO  669 

nelle  quali  sono  espresse  per  lungo  due  per  due  le  lettere 
seguenti  AA.  EE.  Aa.  AR.  etc.  La  figura  poi  ha  la  testa 
cornuta  di  Bue  vestita  fino  a  mezza  coscia  con  in  mano  un 
flagello  pendente  con  tre  cordoni  ^  o  piombarole.  Anche 
questa  è  impostura. 

IO.*  e  II.'  Due  altre  laminette  di  bronzo  lunghe  once  due 
e  mezzo^  e  larghe  un^  oncia.  Ambedue  con  caratteri  greci^  e 
certi  segni  come  nella  Tav.  .  .  • 

12/  Lamina  di  bronzo  di  figura  piramidale  troncata^ 
larga  nella  base  once  cinque^  e  alta  due  e  mezza^  con  ca- 
ratteri greci  di  colpo  di  Martello. 

13.*  Lamina  quasi  quadrata  di  circa  once  tre^  con  circolo  in 
rilievo  formato  da  un  serpente,  e  dentro  lettere,  e  segni  dei 
soliti  amuleti  gnostici,  e  Basilidiani  col  consueto  Abraxas. 

14.*  Un  asse  etrusco  di  once  otto  con  Giano  bifronte 
barbato  da  una  parte^  e  daìV  altra  una  testa  d' irco,  e  in- 
tomo l'epigrafe  33.JfìOA|  cioè  Velatri.  Impostura. 

15.*  e  16.*  Due  lamine  di  figura  conica  alte  once  cinque 
e  mezzo,  larghe  nella  base  circa  tre  once,  una  guasta,  V  al- 
tra quasi  intera.  Nella  parte  superiore  vedesi  una  figura  con 
viso  imberbe,  e  capelli  distesi  fin  tutto  il  collo,  e  sembra 
come  fasciato  e  invece  di  braccia  sporgono  dalle  s{>alle  due 
bende  per  parte  estese  fino  ai  piedh  Nella  parte  inferiore 
vedesi  il  Pentalfa,  o  Pentagono  senza  però  la  solita  lettera, 
e  invece  di  esse  altre  a  capriccio.  Tutto  è  rilevato,  e  perciò 
ancora  tutto  è  sospetto. 

17.*  Lamina  di  bronzo  alta  once  cinque,  larga  circa^  tre, 
e  appartiene  alle  superstizioni  abraxee,  o  basilidiane.  E  di 
getto,  rappresenta  come  una  creatura  fasciata,  ma  realmente 
ha  il  corpo  di  scorpione;  termina  colla  coda  di  quell'  ani- 
male, con  faccia  umana  radiata  emblema  del  Sole.  Sotto  la 
coda  si  vede  chiuso  in  un  rettangolo  il  solito  iaw  (tao).  Nel 
petto  della  figura  si  veggono  due  firecce  decussate  ecc. 

i8.*  Un  Oronzo  sìgillatorio  lungo  tre  once,  largo  una, 
con  caratteri  in  tre  linee,  come  siegue 

IMPEMIAVR 

COMMODI 

ANTONINI  AVO. 

19.*  Lamina  grossetta  lunga  circa  tre  once,  e  mezza,  e 
larga  una  e  mezzo,  di  gitto  con  bei  caratteri  rilevati,  cioè 


éyO  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 


DRVSO  CAESARl 

TI.    AVG.    F.    DIVI 

AVO.  N. 

S.   C. 


Dietro  la  lamina  vi  sono  non  bene  espresse  quest^  altre 
lettere  di  forma  maggiore.  ME. 

P.  L.  DD. 

20/  Lucerna  di  bronzo  di  tre  pezzi  uniti  con  vite  da 
servire  per  lucerna  da  olio  al  di  sotto,  e  per  bugia  al  di  so- 
pra, mediante  un  tubo  da  inserire  il  candelo. 

21/  Lamina  di  bronzo  lunga  circa  once  quattro  e 
mezzo,  e  larga  un  terzo  di  oncia  con  iscrizione  etnisca  scol- 
pita collo  scalpello:  /iARtHlAAOtMI?  Trovo  tal  quale 
Ìuest'  iscrizione  in  caratteri  romani  in  una  umetta  di  Chiusi. 
ARTHIAOTANIS.  L'Abate  Lanzi  la  riporta  nel  suo 
saggio  pag.  174,  e  legge  Otanisia.   Tale   conformità  basta 

Eer  iscopnre  V  impostura  dì  questa  laminetta  ancora,  seb- 
ene  il  Marchese  Maffei  nella  sua  arte  critica  lapidaria  cap.  2. 
§.  I.  voglia  che  le  iscrizioni  in  lamine  di  bronzo  sieno  pU" 
rae,  putae  antiauitatis  indubitatUm  ferme  argumentum, 
io  però  delle  qui  descrìtte  appena  una,  o  due  le  tengo  per 
sincere,  o  al  più  qualcuna  d!elle  abrazee. 

IX.  Di  alcune  Corniole  letterate,  e  altre  anepigrafe. 

Proseguendo  l' incominciato  argomento  di  anticaglia^ 
£airò  memoria  di  alcune  Corniole  letterate  o  vedute,  o  ac- 
quistate da  me,  e  sono  le  seguenti:  1/  Una  Corniola  con 
figura  ignuda  incedente  con  cimiero  iln  testa,  asta  alla  man 
diritta,  scudo  umbilicato  alla  sinistra,  e  perizonio  al  fianco, 
dietro  la  figura  neir  arca  a  sinistra  vi  e  inciso  :  BLETE. 
2.°  Altra  Corniola  con  figura  ignuda  fino  all'  inguine  posta 
entro  una  cesta,  o  barca,  con  testa  raggiata,  e  sopraposto 
il  Moggio,  due  Aquile  a  diritta  e  a  sinistra,  una  Stella  sotto 
la  prima  versò  cui  la  fig[ura  stende  la  mano,  e  nell'area  due 
lettere  :  2.  A.  cioè  la  prima  sillaba  del  nome  2APAITI2  Se- 
rapis,  e  rappresenta  il  naingium  Iridis.  jt/  Altra  con  figura 
di  una  vittoria,  da  una  parte  le  lettere  Q.  F.  R.  e  dalr  al- 


l'odeporico  DEL^ABB.   di  COSTANZO  67 1 

tra  NO  da  leggersi  unite  Q.  PRONTO.  4.**  Altra  rappre^ 
sentante  Ajace  che  sostiene  Achille^  o  che  riporta  il  suo  corpo 
alla  Tenda.  Ho  preso  1^  impronta  di  questa  Corniola  benché 
anepigrafa  perche  1^  incisione  nella  figura  di  Ajace  barbato^ 
e  per  il  cimiero  somiglia  all'  etrusca  letterata  di  uno  Scara- 
beo del  Gabinetto  dei  Duca  d'  Orleans  riportata  dal  Lanzi 
nel  suo  saggio.  Passò  in  Perugia^  e  si  pretendeva  lavoro  e- 
trusco^  ma  supera  di  troppo  1  arte  degli  Etrusci. 

X.  Agata  con  macchie  rappresentanti  volto  umano. 

Il  Sijg.  Barone  Crispoldi^  di  cui  si  è  fatta  onorata  men- 
zione^ mi  mostrò  un'  Agata  di  un'  apparente  singolarità  ac- 
quistata da  lui  al  prezzo  di  parecchi  Zecchini^  e  fatta  legare 
in  un'  anello  in  modo  di  poterla  estrarre ,  e  considerarla 
per  ógni  verso.  Le  sue  macchie  formano  come  una  ma- 
schera^ o  volto  umano  con  gli  occhia  naso^  bocca^  e  guance. 
La  giudicai  fatta  con  arte  per  mezzo  di  sostanze  metalliche 
sciohe  dagli  acidi^  di  cui  si  è  fatta  impregnare  V  Agata ,  e 
se  ne  scuopre  l' impostura  esponendola  a  un  calore  mode- 
rato^ o  immergendola  nell'  acido  nitroso.  Non  se  ne  persua- 
deva il  Sig.  Barone^  onde  per  convincerlo  l' Agata  fu  man- 
data a  Roma  per  sentirne  il  parere  di  un'  eccellente  Lito- 
logo, Chimico,  il  quale  confermò  l' artificio,  e  l' impostura. 
Dello  stesso  Calibro  sarà  stata  la  famosa  Agata  del  Re 
Pirro  che  rappresentava  le  nove  Muse  con  Apollo  come  leg- 
^esi  in  Plinio  il  naturalbta,  di  altre  simili  imposture  ragiona 
il  Manette  nel  trattato  des  Pierres  gravées.  In  Germania 
dicono  fosse  trovata  un'  Agata  con  r  imagine  •  di  un  Cro- 
cefisso, e  nella  dissertazione  di  Michele  Lazzari  inserita  nel 
T.  48.  della  raccolta  Calogeriana  si  trova  descrìtta  una  Cal- 
cedonia  col  ritratto  di  un  Duca  di  Baviera.  Mi  ricordo  di 
aver  letto  nei  pubblici  fogli ,  eh'  era  stata  mandata  dalla 
Marca  alla  Regina  Carolina  di  Napoli  un'  Agata  dove  era 
delineata  con  macchie  credute  naturali  la  Carta  Geografica 
del  Regno  di  Napoli  colle  sue  Isole  adiacenti. 

XI.  Corniola  con  Organo  idraulico^ 
ed  un  Sarcofago  etrusco. 

Ho  presso  di  me  due  Corniole,  in  una  vi  è  inciso 
un'  Organo  idraulico  con  una  mezza  figura  di  sopra  rappre^ 


6^2  MICHELE   FALOCl  PULIGNANI 

sentante  V  Organista^  e  ai  lati  di  sotto  due  figurine  ^  che 
maneggiano  li  stantuffi  (  emboli  )  posti  di  qua,  e  di  là  vi- 
cino alle  figurine.  Si  crede  intaglio  del  basso  impero  dei  tempi 
di  Teodosio^  e  Onorio^  abbiamo  però  un'Organo  idraulico 
in  medaglie  di  Nerone^  e  potrebbe  essere  la  (Corniola  anche 
delF  alto  Impero.  U  altra  G)rniola  alla  sinistra  della  figura 
sono  incise  le  lettere  W.  M,  che  lette  a  rovescio  M  V  N 
indicano  un  Munajio  nome  cU  chi  ha  inciso^  o  fatto  incidere 
la  Corniola.  Un  A.  MVNATIVS  leggesi  in  due  lapidi  se- 
polcrali dell^  Umbria^  dove  si  è  trovata  c^uesta  G)rniola.  Ag- 
giungo una  terza  Corniola  venutami  dai  confini  di  Sabina^ 
ed  è  uno  Scarabeo  con  intaglio  etrusco  senza  lettere;  l'A- 
rea è  distinta  in  due  piani;  nel  superiore  vi  è  la  figura  sdra- 
jata  su  la  coscia  sinistra^  appoggiata  sul  gomito^  e  tiene  in 
ambe  le  mani^  come  un  tralcio  di  vite:  La  figura  è  barbata^ 
cioè  un  Bacco  etrusco.  Nel  piano  inferiore  sono  incise  sei 
Diote^  cioè  vasi  da  conservar  vino.  E  coronata^  come  le  al- 
tre pietrelle  etnische,  di  un'ornato,  o  cornice. 


XII.  Crisobulla,  ossia  Sigillo  d'  oro 
di  Eadmondo  £  Inghilterra  Re  di  Sicilia. 


Mi  avvenne  di  vedere  in  mano  di  un'  Orefice  una  Cri- 
sobulla, ossia  un  Sigillo  d' oro  eh'  era  stato  pendente  da 
qualche  Diplòma  onginale,  da  dove  fu  strappata,  e  involata 
nell'invasione  di  Roma  del  17 gg.  Vi  era  da  una  parte  un 
Re  in  trono  tenente  lo  scettro  con  in  cima  il  giglio,  e  con 
la  sinistra  tenente  il  globo,  e  vi  si  leggeva  intorno  a  carat- 
teri teutonici  ;  Eadmundus  de Ada  Siciliae  Rex  : 

dall'  altra  parte  era  scolpito  uno  scudo ,  o  arme  con  tre 
Leoni  insegna  d' Inghilterra,  e  intomo  1'  Epigrafe:  Eadmun- 
dus natus  Regis  AngUae  illustris,  da  che  si  raccoglie,  che 
la  Pergamena  dove  pendeva  questo  Sigillo  d' oro  fosse  il 
documento  di  omaggio,  e  vassallag^o  prestato  al  Papa  dal 
Re  Eadmondo  figlio  del  Re  d' Inghilterra  per  l' investitura 
del  Regno  di  Sicilia.  Quesf  affare  d' investitura  appartiene 
all'  Anno  ^^SS*  ì^  ^^ì  ^  P*P^  Alessandro  IV  investì  del 
Regno  di  SiciUa  il  suddetto  Eadmondo. 


L^  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO       673 

XIII.  Encolpio  d'  oro  con  le  Immagini 
di  5.  Pietro f  e  di  s.  Paolo. 

Vidi  parimenti  dallo  stesso  Orefice  una  Teca  d^  oro 
massiccio  a  uso  di  Encolpio  con  fori  per  il  cappio  da  tenersi 
appeso  al  coUo^  e  vi  erano  a  rilievo  le  teste  dei  due  Prin- 
cipi degli  Apostoli  di  nobil  disegno^  e  perfetto  lavoro  fatto 
in  tempo  di  Papa  Innocenzo  XIII.  di  cui  vi  era  scritto  il 
nome.  Mi  figuro  che  vi  fossero  state  rinchiuse  per  entro  le 
Reliquie  dei  medesimi  Apostoli^  e  che  passato  questo  En- 
colpio in  mano  di  Papa  Pio  VI.  fosse  poi  stato  rubato  nel 
sacco  dato  alle  stanze  del  Papa^  e  venduto  agli  Orefici. 
Credo  che  questo  iappunto  sia  quel  Reliquiario,  cne  Pio  VII. 
portò  appeso  al  collo  nel  viaggio  di  Vienna,  e  che  ragionando 
con  alcuni  Vescovi,  che  concorsero  a  rendergli  omaggio  nel 
suo  passaggio,  disse  loro  mostrando  le  Immagini  di  S.  Pie- 
tro, e  Paolo,  che  conduceva  in  sua  compagnia  due  insigni 
Teologi. 


n. 

BADIA   DI    FARFA 

Non  ho  mai  avuto  fisso  soggiorno  nella  celebre  Badia 
di  Farfa,  ma  stando  in  Roma  mi  ci  recava  specialmente  in 
Primavera  per  respirare  1^  aria  aperta  della  Campagna ,  o 
per  pascere  il  mio  genio  svolgendo  le  antiche  pergamene,  e 
Codici  di  quell^  Arcnivio  tanto  famoso  dentro,  e  fuori  d'  I- 
talia.  I  Registri  Farfensi,  che  comprendono  immense,  e  pre- 
ziose memorie  del  Medio  evo  sono  assai  noti,  perchè  debba 
io  qui  trattenermi  sopra  di  essi.  Oltreciò  i  documenti  che 
contengono  sono  oggimai  o  tutti,  o  quasi  tutti  pubblicati 
parte  dal  Mabillone,  gran  parte  dal  Muratori,  non  pochi  an- 
cora nei  varj  Opuscoli  di  Monsignor  Galletti  Vescovo  di 
Cirene,  e  vi  ha  appena  Scrittore  diplomatico,  o  Storico 
delle  cose  del  medio  evo  spettante  air  Italia,  che  non  siesi 

Archivio  Storico  11 .  43. 


674  MICHELE  FALOCl  PULlGNANt 

giovato  dei  Registri  Farfensi^  e  non  gli  abbia  citati^  ed  anco 
nuovamente  prodotto  or  l' uno,  or  V  altro  di  quei  monu- 
menti. L'ultimo  a  profittarne  è  stato  il  Padre  Abbate  Fat- 
teschi  Cisterciense  nelle  sue  Memorie  istonche  Diplomatiche 
rìsg[uardanti  la  serie  dei  Duchi  di  Spoleto,  dove  colla  scorta 
dei  Registri  Farfensi  illustra  la  topografia  d' Italia  dei  tempi 
di  mezzo,  e  riporta  nelP  Appendice  sopra  cento  venti  stro- 
menti  cavati  da  quei  Registri,  rettificandone  le  date,  e  cor- 
reggendo varj  errori  presso  il  Muratori,  e  massime  presso 
il  succennato  Vescovo  di  Cirene  (*). 

Lasciando  dunque  di  parlare  dei  Registri,  e  Perdamene 
Farfensi,  m' intratterrò  a  oar  notizia  di  dcuni  Codici  MSS. 
e  di  altri  antichi  monumenti,  che  ho  potuto  esaminare  da 
altri  non  prodotti.  (*). 

I.  Passionario  in  pergamena  del  Xj  o  XI  secolo 

degno  di  osservazione. 

Non  sono  molti  i  Codici  della  Biblioteca,  e  la  maggior 
parte  sono  stati  trasportati  alla  Vaticana,  alla  Barberina,  ed 
in  altre  Biblioteche  insigni  di  Roma.  Fra  i  superstiti  vi  è  un 
Passionario  in  Pergamena  in  foglio  minore  segnato  colla 
lettera  B.,  che  lo  giudico  del  Secolo  X,  o  almeno  XL  Porta 
il  titolo  «  Passiones,  vel  Acta  diversorum  Sanctorum, 
«  c^uae  nos  idcirco  congruo  sibi  ordine  non  posuimus,<|uia 
a  sicut  ea  diversis  temporibus,  diversis^ue  in  locis  invenire 
«  potuimus,  ita  et  huic  volumini  indidimus  ». 

Precede  V  Indice  degli  Atti,  e  delle  Vite  dei  Santi  di 
bel  carattere,  del  quale  pur  sono  i  principj   di   ogni  capo. 


(i)  Fa  meraTiglia  che  1'  ab.  di  Costanzo  dica  che  i  docamenti  £irfen8Ì  furono 
tutti  o  guati  tutti  pubblicati.  Il  Regetto  Farjknte  di  Gregorio  di  Catino ,  ricco  di 
circa  1400  documenti,  si  è  cominciato  a  publicare  solo  da  alcuni  anni,  dai  eh.  sigff.  I. 
Giorgi  ed  U.  Balzani  per  cura  della  K,  Società  Romana  di  Storia  Patria,  Ne  abbiamo 
finora  il  volume  11  (1879)  «  '^  1^'  (  1S83). 

(3)  Suir  ArchÌTÌo  e  sui  ms.  di  Farfa  dà  alcune  notizie  il  eh.  sig.  Isnazio  Giorgi  ncl- 
V  Archivio  della  Società  Romana  di  Storia  Patria,  Roma,  1879,  yoI.  II.  pag.  409  « 
segg.  in  un  articolo  intitolato  :  Il  Regetto  di  Farfa  e  le  altre  opere  di  Gregorio  di 
Catino, 


L   ODEPORICO  DELL   ABB.   DI  COSTANZO  675 

ma  tutto  il  resto  del  Volume  di  un  carattere  rozzo,  e  di 
mano  non  italiana,  forse  di  qualche  Monaco  Francigena,  che 

molti  ve  n^  erano  di  quella  Nazione  nel  Monastero  Farfense, 
e  mi  confermo  in  questa  idea  dal  vedere  trascritte  le  vite 
di  molti  Santi  delle  Gallie,  quali  sono  S.  Leodegarìo,  che 
fiorì  sotto  Lotario  Re  dei  Franchi,  S.  Aredio  Abbate  sot- 
to il  Re  Teodeberto  ;  S.  Martino,  S.  Sulpicio,  i  Santr  Dio- 
nisio, Ruffino,  ed  Eleuterio,  S.  Germano,  S.  Marziale,  S.  Be- 
nigno, S.  Quintino,  S.  Saturnino  ecc.  tutti  appartenenti  alle 
Gallie,  Vi  ho  letto  molti  Atti  sincerissimi  de'  Martiri,  e 
molte  storie  di  Santi,  che  meritano  di  essere  ben  conside- 
rate, e  confrontate  con  quelle  de^li  Agiografi,  e  molte  an- 
cora di  esse  singolari,  e  non  ovvie  negli  altri  libri  Passio- 
nari. Ho  trascritto  il  Catalogo  di  tutti  gli  Atti,  e  Vite  con- 
tenute in  questo  Codice  secondo  V  ordine  con  cui  sono  ri- 
portati, notando  qualche  cosa  ancora  per  mia  memoria  :  quel 
Catalogo  è  unito  nel  volumetto  dei  miei  estratti.  Questo 
Codice  dev'essere  il  Lezionario  veduto  in  Farfa  dal  Ma- 
bilione,  e  notato  a  pag.  146  del  suo  Iter  Italicum  colle  se- 
guenti parole.  Extat  vetiAS  Lectionarium  ex  quo  quaedam 
Ada  MartjTum  collegtmus. 

II.  Legionario  in  gran  foglio  in  pergamena 
con  alcune  notabili  rubriche. 

«  Incipiunt  festa,  seu  passiones  SS.  Martirum  a  Pascha 
<r  ad  Adventum  Domini^  auae  forte  si  in  Dominicis  eve- 
<r  nerint  diebus  in  tertio  Noctumo  leguntur  cum  praescrip- 
«  tis  Omeliis.  Aliter  autem  apud  nos  minime  leguntur  ». 

Tal'  è  il  titolo  di  un  Lezionario  membranaceo  in  gran 
foglio,  dove  dopo  le  passioni  dei  Martiri  vi  è  soggiunta 
quest'  altra  Rubrica,  riinc  vero  Omeliae  congruae  de  supra^ 
scriptis  festivitatibus  sequuntur,  quae  sicui  superius  praeli- 
batum  est^  in  Dominicis  diebus  si  venerint  legantur.  Da  am- 
bedue queste  Rubriche  si  raccoglie,  che  gli  antichi  Monaci 
Farfensi  non  facevano  V  ufficio  de'  Santi  cadendo  nel  giorno 
di  Domenica,  vale  a  dire,  che  in  tal  giorno  facevano  l'  of- 
ficio de  Dominicaj  contentandosi  di  recitare  la  leggenda  de' 
Martiri,  e  dei  SS.  solamente  nel  terzo  Notturno,  come  oggi 
si  pratica  per  le  leggende  dei  Santi,  che  chiamano  semplici 
distinzione  dagli  Antichi,  non  conosciuta.  In  verità  le  per- 


676  MICHELE  FALOCI  PULIGNANI 

sone  gravi^  e  ben  intese  dei  sagrì  Riti  ecclesiastici  non  ap- 
provano^ che  nei  giorni  di  Domenica  invece  dell^  Officio 
de  ea,  si  reciti  quello  dei  Santi,  quale  stile  è  invalso  a  un 
segno  presso  alcuni  corpi  ecclesiastici ,  che  infra  l' Anno^ 
fuori  dell'  Avvento^  e  Quaresima^  e  ciò  non  sempre^  raris- 
simamente accade^  che  si  reciti  V  Offici!  de  Dominica  oc-- 
currenie»  Ho  parlato  con  qualche  Ecclesiastico^  e  Canonico 
della  Cattedrale^  che  appena  conosceva  gV  Inni  Ambrosiani 
della  Domenica^  non  cne  delle  Ferie  perchè  di  rarissimo  si 
recitavano. 


IH.  Parltcola  della  Leggenda  di  s.  Felice  IL 

Papa,  e  Martire. 


Non  trovo  segnato  altro  nelle  mie  Schede  di  questo 
Lezionario^  se  non  queste  parole  della  Legjgenda^  o  passione  di 
S.  Felice  Papa:  «  Ab  eodem  vero  die  fìiit  persecutio  magna 
«  in  Clero^  ita  ut  intra  Ecclesiam  Petri^  Clerici  necarentur, 
«  et  martyrio  coronarentur.  Depositus  est  Sanctus^  ac  Bea- 
a  tissimus  Papa  Felix  de  Episcopatu  suo,  et  abitavit  in 
«  praediolo  suo^  quod  est  via  Portuense^  et  levatus  exinde^ 
«  et  ductus  in  Civitatem  corona  passus  est  ibi  capite  trun- 
«  catus,  et  martyrio  coronatus  quarto  idus  Novembris.  Ex 
«  inde  raptum  corpus  ejus  a  Presbyteris,  et  Qericis^  et  se- 
«  pultum  est  in  Basilica  quam  inse  construerat  in  via  Au- 
«  relia  quinto  decimo  Kalendas  Decembris  in  milliario  se- 
te cundo.  Cujus  natalitium  celebra  tur  quarto  Kalendas 
«  Augustas  ». 

Questo  S.  Felice  Papa  è  il  secondo  surrogato  a  Libe- 
rio^ cacciato  in  esilio  per  le  insidie  de^li  Ariani.  La  Storia 
di  questo  Felice  2.,  la  sua  elezione^  vivente  Papa  Liberio^ 
il  suo  Martirio^  la  sua  sepoltura  sono  punti  assai  involuti^ 
che  il  grande  Baronio  va  sviluppando  negli  annali  Ecclesia- 
stici. Si  pretese  pochi  anni  fa  di  scoprire  in  Roma  in  una 
Vigna  V  epitaffio  di  questo  Pontefice^  e  si  stampò  un  grosso 
Volume  in  quarto  per  comunicare  al  pubblico  la  scoperta: 
Ma  V  epitaffio  nulla  ha  che  fare  col  Papa  S.  Felice  iL,  e 
appartiene  a  un  tal  Santimione  Papaie,  cioè  Educatore. 


L   ODEPORICO  DELL*  ABB.   DI  COSTANZO  ^TJ 

IV.  La  favola  Opilionis,  et  Lupi  in  versi  Elegiaci 
di  Morholdo  Vescovo  di  Rennes  mancante  del  principio. 

Nelle  coperte  di  un  piccolo  Codice  in  ottavo^  che  ap- 
parteneva al  Monastero  di  S,  Vittoria  della  Diocesi  di  Fer- 
mo dipendente  da  quello  di  Farfa^  trovai  trascritta,  man- 
cante però  del  principio,  la  favola  Opilionis j  et  Lupi  in  versi 
elegiaci  dal  verso. 

«  Cumque  videt  Pastor  captum  pendere  latronem  » 
fino  all'  ultimo  verso 

«  Nuper  eram  Monachus ,  Canonicus  modo  sum  » 
in  tutto  quaranta  due  distici.  Si  trova  questa  favola  fra  i 
componimenti  di  Marboldo  Vescovo  di  Rennes  che  fiorì 
nelP  XI  e  XII  secolo ,  pubblicati  in  fine  delle  Opere  del 
Ven:  Udeberto  Vescovo  Turonense  dal  Maurino  D.  Anto- 
nio Beaugendre  Parigi  17  oj  in  folio. 

V.  Epitaffio  di  Stefano  Abbate  di  s.  Vittoria 
Monastero  della  Marca. 

Vi  era  pure  r  epitaffio  di  Stefano  Abbjate  del  detto  Mo- 
nastero di  S.  Vittoria  in  questi  poco  felici  versi. 

Hoc  jacet  in  tumulo  fortìs,  justus,  regula  morum 

Sidus  Pastorum,  nec  non,  et  culmen  honorum 

Abbas  f.  f.  Stephanus  de  more  vocatus 

Donis  dotatus  virtutibus  intitulatus 

Protegat  hunc  ergo  victrk  Victoria  Virgo. 

Di  queste  bagattelle,  e  di  alcune  altre,  die  noterò  più 
innanzi  ne  detti  parte  con  lettera  ad  un  mio  Amico  il  ce- 
lebre Signor  Abbate  Cristoforo  Amaduzzi,  che  fu  nel  tempo 
stesso  pubblicata  nelle  novelle  letterarie  di  Firenze  ('). 

VL  Due  iscrÌ7^ioni  in  piccola  tavoletta  di  marmo 
una  antica,  V  altra  del  basso  evo. 

In  un  piccolo  Mattoncino  di  marmo  esistente  nelF  Ar- 


(\)  Di  qaesta  lettera  ho  fatto  cenno  a  pagg.  537-5  38»  n.  IX. 


6^i  MICHELA  FALOCl  PULlóMxKl 

chivio  erano  incise  le  due   seguenti   Iscrizioni ,  una  antica^ 
r  altra  dei  tempi  di  mezzo. 

T.  SCAPTINVS 
T.  ET.  D.  L. 
CLVMENVS. 

MVS  QVOD  ABB  lOHS  CVM  CVNCTA 
CÓNGREGATIO  FECIT  DEVOTVS 

Leggo  quel  Mus  della  seconda  iscrizione  munus,  e  dal 
nome  di  Giovanni  Abate  di  Farfa  si  rileva^  che  questa 
memoria  fu  incisa  circa  1^  anno 

VII.  Sarcofago  di  Marmo  con  V  Epitaffio 
di  Berardo  AhaU  di  Farfa  del  lijo. 

Avendo  risaputo^  che  nei  sotterranei  del  Monastero  vi 
erano  due  grandi  Urne  di  marmo^  le  feci  trasportare  ambe- 
due^ e  collocare  in  luogo  più  degno^  cioè  nel  ripieno  della 
scala  alla  pubblica  vista  (').  Una  di  esse  lavorata  a  semplici 
strigini,  o  pure  onde,  era  servita  per  deposito  delP  Abbate 
Berardo  di  Farfa,  nome  celebratissimo  nelle  Storie,  e  nei 
Registri  Farfensi.  Nel  cartello  in  mezzo  delP  urna  vi  è  scol- 
pita la  seguente  iscrizione  in  ottimi  Caratteri 

D.   ABBAS 
BERARDVS 

Ma      C      La 

SEMPER   VENERABILIS 

PRIMA  DIES  MENSIS 

TVUT  HVNC  LVCE   IVCVNDA 

NOVEMBRIS. 

Nel  gran  Registro  Farfense  dove  sono  notati  i  Duchi 
di  Spoleto,  e  gli  Abbati  Farfensi  si  trovano   di  questi  ul* 


{ì)  Essendo  state  di  nooTo  fatte  servire  per  contenervi  l' olio,  da  pochi  anni  tonò 
state  trasportate  ne]  Mosco  di  Perugia.  ^ 


L*  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  679 

timi  due  Berardi,  il  primo  morto  nel  logo,  ed  il  secondo 
nel  logpj  ed  il  presente  Sarcofago  porta  un  Abbate  Be- 
rardo morto  nel  /750.  Tre  dunque  sono  stati  i  Berardi 
Abbati  FarfensL  In  altro  Codice  pure  Farfense  sono  notati 
appunto  tre  Berardi  Abbati^  ma  neppur  con  questo  ci  tro- 
viam  bene  con  i  conti,  perchè  il  terzo  Berardo,  sebbene 
vivesse  nel  /118,  non  era  più  Abbate  nel  //^o,  al  quaP  an- 
no è  assegnato  Abbate  Aaenulfo. 

Per  conciliare  la  partita  bisognarebbe  ammettere  un 
quarto  Bererdo. 

Vili.  Grande  Urna  istoriata  a  gran  rilievo 
rappresentante  una  pompa  funebre. 

U  altra  Urna  più  grande  di  marmo  ^eco  è  lunga 
palmi  romani  IX  '/a^  alta  IV,  e  7?  ^tta  istoriata  dai  tre  lati 
senza  iscrizione  veruna,  e  rappresenta  una  pompa  funebre. 
Bella  n'  è  la  scultura  >  e  vi  sono  scolpite  circa  24  figure 
tra  uomini,  e  donne,  un  Cocchio,  dei  Cavalli,  alberi,  cip- 
pi ecc.  Rappresenta  forse  il  convoglio  di  Patroclo,  o  di  qual- 
che altro  Greco  Eroe.  Dalla  descrizione  di  tutta  la  scultura , 
che  qui  paratamente  soggiungo  potranno  gli  Eruditi  giudi- 
care della  storia  rappresentata,  sulla  quak  farò  ancor'io 
qualche  riflessione. 

IX.  Descri:^ione  della  pompa  funebre. 

Nel  lato  destro,  si  vede  i.®  una  Donna  con  veste  corta 
succinta  col  peplo  ondeggiante  sopra  il  capo,  avente  nella 
destra  un  flagello,  e  nella  sinistra  la  face  rivolta  indietro, 
come  suole  rappresentarsi  una  furia,  o  Eride:  2.®   Altra  fi- 

fara  di  donna  in  veste  lunga,  e  tiene  colla  diritta  una  face 
forse  un  tizzo  )  voltata  sopra  un^  ara  accesa,  e  con  V  altra 
mano  accosto  al  viso  in  atto  di  piangere:  3.®  Un  perso- 
naggio quasi  ignudo  a  cavallo  colla  metà  del  corpo  al  lato 
dritto  delF  urna,  e  V  altra  metà  nella  facciata ,  servendo  il 
Cavallo  di  limite  tra  il  lato  dritto,  e  la  facciata  delF  urna  ; 
regge  colla  destra  il  freno,  e  colla  sinistra  una  lancia,  è 
mancante  della  testa,  ed  ha  coperto  il  petto  di  un  sago,  o 
clamide  :  4.^  Persona  iguda  mancante  anch^  essa  della  testa, 
di  un  piede,  e  della  mano  destra,  ed  ha  nella  sinistra  lo 


6&0  Michele  paloci  puLiGNAi4t 

scudo,  tenendo  involta  nel  braccio  la  clamide  con  un  lembo 
cadente  dalla  spalla  sul  petto.   Siegue  accanto   un'  Albero 

.  di  quercia:  5.^  Torso  di  altro  personaggio  rivolto  al  lato 
destro  delP  Urna^  e  mostra  da  un  mezzo  braccio  alzato^  che 
raccolga  rami  dalla  quercia  per  formare  la  corona  civica 
all'  Eroe^  che  gli  viene  appresso:  6.®  Personaggio  principale 
in  piedi  sopra  un  Cocchio  tirato  da  due  Cavalli^  manca  an- 
che qui  la  testa^  come  nei  tre  precedenti^  ha  la  veste  suc- 
cinta con  clamide  pendente  dalla  spalla^  e  asta  nella  mano 
sinistra.  Il  G>cchio^  o  biga  è  ornato  a  piccoli  rilievi  rappre- 
sentanti una  fama^  che  incide  con  lo  stilo  in  uno  scudo  con 
altra  figura,  che  precede:  7.°  e  8.°  Due  Militari  a  basso 
rilievo  barbati,  e  vestiti  di  sago,  o  Clamide:  9.°  Più  avanti 
altra  figura  senza  testa  con  asta  alla  sinistra:  10.  Figura  di 
militare  dietro  i  Cavalli  mancante  della  testa.  11.  Accanto  al- 
tra figura  simile,  questa  però  è  senza  la  testa:  Più  indietro 
12,  13,  14.  Tre  figure  di  Soldati  a  più  basso  rilievo,  e  per- 
ciò intiere,  esprimono  tutte  tre  il  dolore,  e  la  compassione: 
15^  ^^>  ^ly  1^*  Gruppo  di  quattro  figure,  due  di  uomini,  e 
due  di  aonne,  i  primi  sostengono  un'  uomo  ignudo  disteso 

'  sopra  un  lenzuolo,  e  sostenuto  da  uno  sotto  Te  scapule ,  e 
l' altro  curvato  mette  il  capo  fra  i  piedi  del  Defonto,  e  colle 
mani  lo  sostiene,  afferrando  il  collo  d' ambedue  i  piedi,  tutto 
il  gruppo  è  assai  bello.  L'  una  delle  due  Donne  sostiene  il 
braccio  del  defonto,  e  P  altra  stende  in  alto  il  suo,  ambe- 
due in  atteggiamento  di  lamento,  e  dolore,  e  mancano  ad 
ambedue  le  teste:  19.  Figura  assai  indietro  di  minor  rilievo 
colla  testa  elevata  in  atto  di  piangere  :  20.  Altra  figura  di 
Donna  senza  asta,  e  senza  braccia,  che  precede  il  Convo- 
glio :  21.  Altro  Militare  con  lancia  assai  rovinata,  e  malcon- 
cio: 22.  Uomo  a  Cavallo,  che,  come  nell'opposto  lato,  ha 
la  metà  del  corpo  nella  facciata,  e  coli' altra  metà  al  lato 
sinistro  dell'Urna:  23.  A  questo  lato  sinistro  è  scolpita  una 
Donna  con  un  ginocchio  a  terra,  colla  destra  armata  di  un 
pugnale  in  atto  di  ferirsi,  e  colla  sinistra  verso  un  Cippo 
Sepolcrale  posto  in  alto  sopra  un  cumolo  di  pietre:  24.  Die- 
tro di  questa  figura  apparisce  un  Militare  col  cimiero  in  te- 
sta, e  Asta  nella  sinistra  trattenendo  colla  destra  il  braccio 
della  Donna,  che  vuol  ferirsi. 

Neil'  Admiranda  di  Sante  Bartoli  p.  68  vi  è  disegnato 
un  Sarcofago  del  Palazzo  Barberini  somigliante  questo  no- 
stro, e  spiegato  per  un  funere  di  Giovane  cacciatore  ri- 
maso  morto  nella  Caccia,  e  intorno  scolpiti  Cani,  reti,  ve- 


L^  ODEPORICO   DELL^ABB.   DI  COSTAMMO  éSt 

nabol]^  e  simili  arnesi  da  caccia  ;  vale  a  dire  che  rappre- 
senta la  Storia  di  Meleagro.  Nel  nostro  Sarcofago  non  vi 
ha  né  Cani,  né  reti,  né  veruno  stromento  venatorio.  Con- 
vengono bensì  ambedue  in  quella  parte  della  rappresentanza, 
ov^  e  la  Donna  che  si  ferisce  ;  non  convengono  nella  cata- 
sta di  legna,  o  rogo,  che  manca  nel  nostro  Sarcofago.  Una 
consimile  scultura  s' incontra  in  una  Urna  Capitolina,  dove 
osserva  V  illustratore  Canonico  Foggìni,  che  la  violenza  che 
si  £a  la  Donna  per  uccidersi  (  come  nei  due  Sarcofagi  Far- 
fense,  e  Barbenno  )  è  costume  barbaro ,  non  romano.  In 
altro  bassorilievo  Borghesiano  é  rappresentato  il  Convo- 
glio di  Ettore,  il  cui  corpo  estinto  è  portato  da  due  Uomini 
nel  modo,  e  mosse  medesime ,  come  nel  nostro ,  ma  in 
quello  non  vi  sono  le  due  Donne  una  che  accende  il  tizzo, 
r  altra  una  Furia  colia  face  accesa,  simboli  della  vendetta,  e 
della  discordia,  circostanze,  almeno  la  prinia,  che  decide- 
rebbe per  la  favola  di  Meleagro.  Si  hanno  queste  due  figure 
di  Donna  come  nel  nostro  basso  rilievo,  così  in  un^  altro 
Borghesiano,  di  modo  che  per  questa  essenziale  circostanza 
pare,  che  come  in  quello,  cosi  anche  nel  nostro  si  rappre- 
senti il  fatto  di  Meleagro,  tutto  il  resto  però  del  nostro  non 
corrisponde,  perché  Meleagro  dovea  rappresentarsi  non  mor- 
to, ma  moribondo,  il  suo  convoglio  non  doveva  essere  ac- 
compagnato da  Militari,  ma  da  Cacciatori  con  arnesi  da 
caccia,  di  che  non  vi  è  il  minimo  indizio:  la  Biga  montata 
da  un  personaggio  militarmente  armato  'non  ha  relazione 
alcuna  col  fatto  di  Meleagro.  Quel  Militare  al  Numero  5.® 
che  fa  mostra  di  tessere  una  corona  civica,  carpendo  le  fo- 
glie di  quercia,  molto  meno  vi  si  adatta  ;  altro  dunaue  non 
vi  é  nella  nostra  scultura,  che  favorisca  il  fatto  di  Melagro, 
se  non  le  figure  dèi  lato  dritto  dov'  è  indicata  V  Eride,  e  Altea 
Madre  di  Melea&ro,  che  riaccende  il  tizzo  fatale.  Ma,  oltre 
che  le  favole,  ed  i  fatti  degli  antichi  Eroi  vengono  rappre- 
sentati dagli  Artisti  secondo  i  dettati  diversi  dei  Paesi,  e 
dei  Mitologi,  ed  anco  secondo  il  capriccio  degli  Artisti  me- 
desimi, é  noto  il  sistema  del  fatahsmo  presso  gli  antichi 
Gentili  e  Greci,  e  Romani,  che  applicavano  le  Furie,  ed  Fr 
ridi  a  qualunque  Eroe  morto  in  forza  del  suo  fato. 

Io  inclinerei  molto  a  credere,  che  il  nostro  Sarcofago 
ci  descriva  il  Convoglio  di  Ettore,  allorché  il  suo  Cadavere 
redento  dal  Re  Priamo  suo  padre  dalle  mani  del  fiero  A- 
chille  di  lui  uccisore,  fu  condotto  alla  tomba;  riflettendo 
ancora,  che  1^  ultima  parte  del  Convoglio  del  lato  sinistro. 


é82  MICHELE  FALÒO  FULlGNAKI 

ov'  è  la  Donna^  che  vuol  ferirsi  in  vicinanza^  del  sepolcro^ 
è  rito  affatto  barbarico,  proprio  più  dei  Traci  Trojani^  che 
dei  Greci* 

X.  La  descritta  pampa  funebre  rappresenta 
più  probabilmente   il   Convoglio   di  Patroclo. 

Non  dubiterei  di  tale  rappresentanza,  se  tra  quelle 
molte  fifiure  di  Militari  avessi  scorto  berretti  fri^',  o  altro 
indizio  di  Uomini  Trojani;  mancando  però  tali  indLq,  che 
io  non  avrei,  secondo  il  mio  solito,  tralasciato  di  avvertire, 
credo  i>iù  probabile,  che  tutta  la  nostra  scultura  debba  in- 
tendersi, e  spiegarsi  del  Convoglio  di  Patroclo,  il  cui  Cada» 
vere  è  sefpito  immediatamente  dalla  Biga  con  sopra  Achille, 
che  si  accinge  a  vendicare  la  morte  deu^  Amico  uccìso  da* 
Ettore. 

XI.  Cassettina  per  Reliquie  adorna  di  bassi  rilievi, 
in  avorio  o  piuttosto  osso,  di  storie  sacre. 

Nel  Sacrario  si  conserva  un^  Umetta  da  riporre  Reli- 
quie coperta  di  lamiae  di  avorio,  o  piuttosto  di  osso  con 
sculture  raporesentanti  la  Nascita,  Passione,  Morte,  e^  Risur- 
redone  di  Nostro  Signore,  ed  il  transito  della  B.  V,  È  lunga 
un  palmo,  e  mezzo,  alta  dieci  Once,  larga  Otto,  e  mezzo. 
U  lavoro  è  dei  tempi  di  mezzo,  e  vi  è  scolpita  un^  iscri- 
zione, che  ricopiai  coli'  ortograna,  e  coi  nessi,  come  neU'  O- 
riginale. 

XII.  Iscrizione  ivi  incisa  col  nome  deW  Oblatore 

rendutosi  Monaco  con  i  suoi  figli. 

IVRE  VOCOR  MAVRVS  QM  SV  NIGRA  SECVTVS 
ME  SEQVrrVR  PROLES.  CVM.   PANTALEONE.  lOHANNES.: 
SERGIVS.   ET   MANSO.   MAVRVS.   FRATER  QVOQVE   PARDO 
DA  SCELERVM  VENIAM  GELESTEM  PREBE  CORONAM 
SVSCIPB  VAS  MODICVM  DIVINIS  CVLTIBVS  APTVM 
AC  TIBI  DIRECTVM  DEVOTA  MENTE  TVORVM 

NOMINA  NRA  TIBI  Qy^„u,  SINT  COGNrTA  PASSM 
HEG  TAMEN.  HIG  SCRIBI.  VOLVIT.  GAVTELA  SALVBRIS. 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.  Di  COSTANZO      683 

La  parola  Maurus  è  qui  presa  secondo  il  greco  volgare 

per  niger,  e  cosi  s^  intende  il  primo  verso  : 

Jure  pocor  Maurus,  quoniarn  sum  nigra  secutus 
facendo  allusione  del  nome  Maurus^  e  V  abito  nero  dei 

Monaci  da  lui  assunto.  Nel  greco  letterale  iiiavpog,ossìaL  afiavpog 

vale  obscurus,  e  potè  quindi  tale  vocabolo  usurparsi  dal  volgo 

Greco  per  color  nero,  perchè  oscuro. 

XIII.  Capitello  Jonico  singolare  con  simboli- 

che  sculture. 

Vidi  per  terra  un  Capitello  Jonico  del  diametro  di  pal- 
mi .  *  .  che  mi  parve  singolare^  e  ne  presi  il  disegno. 
Nel  centro  delle  volute,  che  dicesi  T  occhio,  dove  per  ordi- 
nario si  scolpisce  una  rosa,  o  fiore,  vi  è  da  una  parte  un 
pesce  con  una  frezza  a  traverso,  e  dalF  altra  un  volto  con 
tre  occhi,  due  nasi,  e  un'  enorme  bocca  :  nella  parte  oppo- 
sta vi  è  un  rosone  da  un  sito,  e  dall'  altro  una  faccia  in 
profilo  contornata  dalla  fronte  al  mento  da  una  mezza  luna 
a  indicare  la  figura  di  questo  Pianeta  secondario,  con  dip- 
più  un  certo  ornamento,  che  dal  margine  della  mezzaluna 
sporge,  e  ricuopre  la  fronte  della  figura,  e  questo  tale  or- 
namento rappresenterà  l' orizzonte  da  dove  spunta  la  Luna 
medesima,  trovandosi  in  antichi  bassi  rilievi  rappresentato 
l'Orizzonte  con  tale  ornato,  come  osservò  il  dotto  Mont- 
faucon  nella  sua  Antichità  spiegata  T.  i.  p.  98. 

Il  simbolo  adunque  della  Luna  &  credere  che  l'altra 
figura  nell'  opposto  voluta  indichi  il  Sole  ;  lascio  poi  agli 
eruditi  Antiquarj  l' interpretazione  della  gran  bocca,  dei  due 
nasi,  e  dei  tre  occhi.  Circa  quest'  ultimi  si  ha,  che  un  Giove 
detto  fu  Trioculo  (  Zsvq  Tpio(firaÀ,iiog  ) ,  e  di  una  sua  Sta- 
tua antichissima  con  tre  occhi  ne  fa  menzione  Pausania 
(in )  a  indicare  che  a  Dio  è  tutto  presente,  il  pas- 
sato, il  presente,  ed  il  futuro. 


6^4  Michele  falóci  pùLióNANt 


ni. 


RIETI 

I.  Colonna  miliaria  nel  sotterraneo 
della  cattedrale  di  Rieti. 

La  vicinanza  dei  luoghi  dove  io  mi  trovava  mi  spinse 
a  fare  una  scorsa  fino  a  Rieti  città  illustre  che  può  dirsi 
la  capitale  della  Sabina:  visitai  prima  la  Chiesa  Gittedrale^ 
e  nel  sotterraneo  osservai  una  colonna  miliaria  che  con  al- 
tri pilastri  sostiene  la  volta.  Ha  segnato  il  miglio  quadrage- 
simo col  nome  dei  tre  imperatori  Valentiniano  ^  Valente  e 
Graziano. 

DDD  NNN  FFF  LLL 

VALENTmiANO 

VALENTI  ET  GRA 

TIANO  PUS  FEUCIBVS 

AC    TRIVMPHATORIBVS 

SEMPER    AVGGG 

BONO  R.   P.   N. 

VOTIS    X 

MVLTIS  XX 

Quei  tre  f  seguiti  da  tre  l  si  leggono  Flaviis. 
I  voti  decennali  sciolti  e   li  vicennali  concepiti  appar- 
tengono all^anno  374  della  nostra  Era« 

IL  Altre  belle  iscrizioni  della  città  medesima. 

In  una  strada  della  città  vidi  giacenti  per  terra  una 
nobile  base  di  marmo  alta  circa  quattro  palmi  e  larga  tre^ 
che  mi  dissero  dissotterrata  da  poco  tempo.  Eccola 


l'  odeporico  dell'  ABB.   Dt  COSTANZO  685 

L.   ORANIO   L.  F. 

Q.  VIR.   IVSTO  P.   P. 

PRAEF.  CASTRORVM   LEG.  Ili  CYR. 

LAVRENTi.   LAVINATI.   SACER, 

FLAMINI     AVGVSTALI  ^ 

PLEBS    REATINA 
PATRONO 
QVOD  IS  PRIMVS   OMNIVM 

HS.  C   M  N  AD  ANNONAE  COM 

PARATIONEM  MVNICIPIBVS  SV 

IS  DEDIT  STATVAMQYE  MONO 

RE  CONTENTVS  SVA  PECVNIA 

POSVIT  L.   D,  D.   D. 

Nel  lato  sinistro  è  notato  il  O>n5olato  ossia  il  tempo 
della  dedicazione  del  monumento. 

DEDIC.   IDIBVS 

L.   EGGIO  MARVL 

PAPIRIO  AELIANO  .   .    [  COS  ]    ... 
ET  OB  DEDICATIO   ......    [  Uni  ] 

VERSAE  PLEBEI  siN[gulis  tot  dena] 

RIOS     DED. 

II  Consolato  di  Lucio  Eggio  Marullo  e  di  Gn.  Pli- 
nio Ehano  si  riferisce  all'  anno  di  Roma  937 ,  e  di  (cri- 
sto 184.  Nel  rivedere  la  qui  trascritta  copia  mi  è  nato  dub- 
bio se  nella  linea  prima  invece  di  Oranio  non  ci  fosse 
piuttosto  Granio:  chi  vi  avesse  premura  può  confrontarla. 
Un'  altra  bella  iscrizione  ricopiai  che  quantunque  la  creda 
colle  due  precedenti  già  pubolicate  voglio  nondimeno  qui 
soggiungerla. 

L.   VALERIO  VALENTI 

VETERANO  LEG.   Villi 

DEDVCTO  REATE 

AB  AVGVSTO 

VESPASIANO 

VALERIAE   GALLAE 

FORTVNATVS 

PATRONIS  BENEMEREN 

TIBUS   DEDIT. 


686  MICHELE  PAUXI  PUUGNANl 

La  sala  del  palazzo  pubblico  è  adornata  di  belle  ed  in- 
signi iscrizioni  n*a   le    quali  quelle    PATRI    REATINO 

SACR.  .  \ 

Un^  altra  di  un  Herenulleius  negotiator  tnnarius  a 
septem  caesaribus,  un'  Annia  Helpis  Mater  scelerata  quae 
hoc  facinus  tndit ,  e  molte  altre  che  trattengono  con  di- 
letto gli  amatori  della  lapidaria  e  tutte^  come  io  credo^  tro- 
vansi  pubblicate  nelle  grandi  collezioni  Ilei  Grutero ,  del 
Muratori  e  di  altri. 

Queir  epiteto  di  scelerata  che  prende  Annia  Elpide 
succennata  lo  prende  ancora  una  Claudia  Agapomene ,  in 
lapida  citata  dal  Mabillon  (  It.  It.  T.  I.  p.  yo  ),  della  auale 
così  scrive:  hoc  epitaffium  integrum  est  relqtum  a  AÌarco 
Velsero  in  Epistola  82 ,  ubi  quaestìonem  quasi  difficilem 
mopetj  cur  Mater  hoc  loco  se  sceleratam  dicat  :  Hanc  au- 
tem  vocem  usurpai  ob  scelus  in  se  non  a  se  verpetratum  in 
morte  liberorum.  Apprime  ad  hunc  locum  ugutio  apud  e- 
ruditissimam  Gangium:  sceleratus  in  quo  fit  scelus ,  scele^ 
rosus  per  quem  jit. 


IV. 

ILLUSTRAZIONE 
DI  UN'  ONICE  LETTERATA  O 

A  CoUemaggio  piccola  terra  fra  Bevagna  e  Bettona^  due 
antichi  Municipi  dell'  Umbria,  fu  trovato  un^  onice  lunga 
mezza  oncia,  e  larga  un  quarto  d' oncia  a  due  falde  o  strati, 
uno  di  calcedonia  dal  quale  si  è  cavata  un'  iscrizione  a  let- 
tere in  rilievo,  V  altro  di  un  rosso  incarnato  che  serve*  di 
fondo,  e  non  so  se  in  uno  spazio  cosi  ristretto  si  trovi  in 


{\)  Vedi  «opre»  ^  XVII,  ColUmaggio,  n.  XIII,  pag.  648. 


l'  odeporico  DBLL^ABB.  di  COSTANZO       687 

caratteri  rilevati  un^  iscrizione  di  tre  righe  qual'  è  la   se- 
guente. 


VARENO    p 

P,   ITERVM 

FELICITE 


Fu  questa  gemma  veduta  in  Perugia  :  i  due  antiquari 
perugini  Ab.  Reza  e  Giamb.  Vermiglioli  ne  dettero  que^ 
sta  spiegazione  :  e  Vareno  quinquennalibus  (  pel  quinquatri^ 
tribus  )  feliciier  o  felicttatem,  soggiungendo  la  seguente  il- 
lustrazione :  Sanno  ^li  eruditi  che  presso  i  Romani  in 
<  simili  feste  o  fuochi ,  quali  erano  i  quinouatri  o  vero  i 
e  quinquennali  si  auguravano  a^li  amici^  o  alli  padroni  dalli 
«  servi  le  felicità^  per  le  quali  si  adoperavano  queste  od  al- 
«  tre  simili  acclamazioni;  cne  esprimevansi  non  solo  a  voce^ . 
«  ma  nelle  gemme^  ne^  vasi,  ne'  vetri,  ne'  piombi,  negli  avori 
«  ec.  Questo  Vareno  poi  era  un  capitano  di  Giulio  Cesare.  > 

Tanto  la  spiegazione  quanto  r  illustrazione  paiono  sog- 
gette a  molte  difficoltà.  —  u°  Accordato  per  un  momento 
che  l' ultima  lettera  della  prima  linea  e  la  prima  della  se- 
conda sieno  due,  Q.  non  si  comprende,  perchè  in  una  accla^ 
inazione  si  dovesse  porre  in  caso  sesto  quinquennalibus  ,  o 
pur  quinquatribus.  In  secondo  luogo  i  quinquennali  se  s'in- 
tendono le  feste,  li  giuochi  e  le  disfìde,  dovrebbero  indica- 
re la  vittoria,  la  corona  o  premio  ottenuto,  e  ciò  non  viene 
espresso  con  la  voce  quinquennalibus.  Se  poi  per  quinquen- 
nali s' intendono  i  voti  quinquennali,  questi  non  si  faceva- 
no che  per  gì'  imperatori,  non  già  per  i  privati  qual'  era  il 
Vareno  della  gemma.  3.°  Li  qutnquatri  erano  feste  in  onore 
di  Minerva  ,•  e  come  entrano  in  una  acclamazione  fatta  a 
Vareno  ?  Si  dirà  che  nei  auinquatri  in  onor  di  Minerva  si 
facevano  disfide  si  applaudisse  a  Vareno  vincitore;  ma  l'an* 
damento  dell'  iscrizione,  né  il  solito  stile  delle  acclamazioni 
nel  comportano;  e  quel  iierum  esclude  affatto  questa  inter- 
pretazione in  ambe  le  ipotesi  de'  quinquennali  e  de'  qnin- 
quatri,  il  più  che  si  potrebbe  supporre,  posto  che  le  lettere 
tossero  q.  q,  sarebbe  la  quinquennalità  seconda  conferita  a  Vare- 
no, per  cui  se  gli  fosse  fatta  l'acclamazione:  ma  io  non  credo^ 
che  per  tale  magistratura  si  praticassero  le  acclamazioni,  co« 
mechè  non  si  tralasciasse  di  notarla  tra  li  titoli  onorifici  del 
aggetto  nelle  basi  onorarie,  e  ne' titoli  sepolcrali.   Vi  sarà 


688  MICHELE  FALOCI  PUL1GNAKI 

forse  taluno  che  si  avviserà  d^  interpretare  li  due  pretesi  q. 
per  un  cognome  di  Vareno  e  leggere  quinquatraìi ,  come 
terzo  nome  di  Vareno  suli'  esempio  di  una  lapida  riportata 
dal  Fabretti^  nella  quale  leggesi  quinquatrali ,  cognome  o 
terzo  nome  di  un  soggetto:  ma  questo  terzo  nome  non  è 
segnato  con  due  q^  ^  ma  tutto  steso  nella  lapida  del  Fa- 
bretti^  e  dall^  altro  canto  quel  iterum  della  nostra  gemma 
resiste  ad  una  simile  applicazione  o  interpretazione  tratta 
dall'  esempio  della  lapida  del  Fabretti.  U  ultima  parola  fé- 
licite  leggono  li  due  antiquari  feliàter  o  felicttatem.  La 
prima  è  la  vera  lezione  senza  bisogno  di  applicarne  un'  al- 
tra^ perchè  felidter  è  la  formola  solenne  e  usata  nelle  accla- 
mazioni^ e  se  manca  V  ultima  lettera  r.  è  perchè  non  ca- 
piva in  pietra  cosi  piccola^  ed  ognuno  potea  supplirla  leg- 
gendola. In  fine  la  base  sopra  la  quale  si  appoggia  l'inter- 
pretazione dei  due  antiquari  è  vacillante  pure  assai^  perchè 
quei  due  elementi  creduti  due  q.  ^  si  credono  tutt'  altro  e 
quanto  a  me  non  li  credo  due  semplici  lettere ,  ma  benà 
V  una  e  l' altra  un  verso  di  due  lettere^  cioè  di  p.  l.  ,  vale 
a  dire  il  principio  di  una  parola  solenne  nelle  acclamaziom'^ 
cioè  Plaudite^  talché  l' iscrizione  della  gemma  debba  leg- 
gersi: Vareno  Pladite,  Plaudite  iterum  jeliciter,  e  così  letta 
vi  troveremo  lo  stile^  l' andamento  et  verba  solemnia  ddle 
acclamazioni^  come  dagli  esempi  che  sono  infiniti  si  com- 
prova ad  evidenza. 

Posta  tale  naturalissima  interpretazione  si  offrono  da 
decifrare  due  quesiti:  il  primo  in  quale  occasione  fosse  fatta 
l' acclamazione  a  Vareno^  il  secondo  chi  era  questo  Vare- 
no.  Rispetto  al  primo  quesito  molte  occasioni  si  possono 
assegnare  che  dettero  motivo  all'  acclamazione.  Si  può  cre- 
dere che  Vareno  fosse  un  insigne  attore  di  Tragedie  o 
Commedie^  e  che  in  una  di  tali  rappresentazióni  si  meri- 
tasse applausi  universali^  e  gli  amici  suoi^  o  ammiratori  ne 
volessero  conservar  la  memoria  mediante  questa  gemma  , 
come  avevano  costume  di  fare  gli  antichi  con  Tessere  di 
varie  specie  di  bronzo,  di  avorio,  di  pietre  dure,  e  gemme 
qual'  è  la  presente.  Non  si  apponga,  che  essendo  ^  Vareno 
un  ingenuo  e  nobile  soggetto ,  come  si  dirà  più  innanzi , 
non  si  dee  credere  che  potesse  far  da  attore  in  teatro,  per- 
chè sappiamo ,  che  persone  ingenue  e  illustri  personaggi 
companvano  in  iscena  nelle  azioni  teatrali,  qual  fé  il  cde- 
bre  Trassi  Peto  (  V.  Tacito  Ann:  lib:  i6.  e.  21  )  che  non 
isdegnò  di  salire  in  teatro  a  Padova  sua  patria,  e  rappresen- 


L*    ODEPORICO   DELL^  ABB.   DI  COSTANZO  689 

tarvi  un  personaggio  di  tragedia.  Chi  poi  non  volesse  a  ve- 
run  patto  riconoscere  in  Vareno  un  commediante  troverà 
più  a  una  occasione^  per  cui  se  gli  potè  dirigere  V  accla- 
maidone^  salvo  1^  onore  e  la  dignità  del  suo  ingenuo  e  no- 
bile casato. 

Era  1^  edilità  un^  illustre  magistratura^  con  cui  le  per- 
sone di  nobile  prosapia  intraprendevano  la  carriera  clegli 
onori  sì  in  Roma  che  nelle  Colonie  e  nei  Municipi^  e  gli 
Edili  neir  Esercizip  del  loro  ufficio  erano  soliti^  e  apparte- 
neva al  loro  impiego  1'  ediiio  munerum,  come  dei  gladiatori 
e  altre  simili  pucbliche  feste  teatrali,  combattimenu  di  fiere, 
corse  nel  Circo  etc.  E  dunque  ben  naturale  che  il  Vareno 
come  uno  de'  più  illustri  cittadini  del  suo  Municipio  fosse 
stato  eletto  Eaile,  e  in  forza  della  sua  carica  avesse  esibito 
al  Popolo  e  ai  suoi  concittadini  pubbliche  feste,  per  cui  si 
meritasse  gli  applausi  e  1'  acclamazioni  de'  suoi  amici  e  con- 
giunti, e  in  tale  occasione  fosse  stato  regalato,  come  era  co- 
stume, della  gemma  in  questione  con  1'  acclamazione  :  Fa- 
reno  plaudite^  plaudite  iterum  feliciter.  Una  simile  acclama- 
zione potè  ancne .  farsi  a  Vareno  in  grazia  di  un  qualche  suo 
gladiatore  rimasto  vincitore  ne^  fieri  combattimenti  che  si 
commettevano  fra  i  gladiatori  che  erano  servi  di  vari  pa- 
droni, sopra  dei  quali  ricadeva  l' onore  dei  rispettivi  glaaia- 
tori  vincitori  loro  servi ,  e  partecipavano  quindi  degli  ap- 
plausi che  si  facevano  al  vincitore.  Il  Reinesio  (  Synt:  Iscr: 
CL.  V.  2g  )  riporta  una  tessera  gladiatoria  quadrilatera  dove 
leggesi  —  DEMETRIVS  -  FADENI  -  L.  LENT.  M.  MES. 
COS  -  K.  IVN  —  e  vuole  che  quel  Fadeni  debba  leggersi 
VARENI  perchè,  dice,  Fadenos  historia  Romana  non  agno- 
scity  super  Varenis  testes  multi,  e  vuole  che  questo  Vare- 
no /uit  Patronus  pel  Dominus  gladiatoris  DemetnL 
Sebbene  il  Fabretti  non  meni  buona  al  Reinesio  (Questa  sua 
correzione  di  Fadeni  in  Vareni,  è  peraltro  molto  ingegnosa 
e  fondata  ancora  su  lo  scambiamento  volgare  delle  lettere 
V  ed  R  in  F  e  D.  Posta  la  lezione  del  Reinesio  od  anche 
volendola  rifiutare  col  Fabretti,  ne  risulterà  senipre  che  ot- 
tenutasi la  vittoria  da  Demetrio  gladiatore  di  Fadeno  o  di 
Vareno,  dividesse  costui  gli  applausi  e  1'  onor  della  vittoria 
col  suo  Padrone  Fadeno  o  Vareno  chiunque  si  fosse.  Ed 
ecco  un^  altra  occasione  in  cui  potè  aver  luogo  1'  acclama- 
zione del  nostro  Vareno. 

Altre  pure  assai  ragionevoli  se  ne  potrebbero  assegna- 
re, come  sono  li  concorsi  nei  pubblici  certami,  quali  erano 

Archivio  Storico  II.  44. 


^90  MICHELE  FALOCI  PULIGKANI 

li  Capitolini  quinquennali^  istituiti  da  Nerone  ^  e  dal  suo 
nome  detti  Iweronia  ed  era  trìplice  il  certame  musicOj  ^n- 
nastico,  ed  equestre  come  scrìve  Svetonio.  Nel  primo  si  £si- 
cea  la  disfida  col  premio  di  una  corona  al  vinatore  oratio' 
nis  carminisque  latini  de  qua  honestissimus  quisque  conten- 
debat.  In  una  di  queste  disfide^  nella  quale  però  non  fosse 
concorso  Nerone,  che  doveva  sempre  essere  il  vincitore,  a- 
vrà  ottenuta  la  corona  il  nostro  vareno.  Oltre  li  giuochi 
Capitolini  di  Roma,  s' istituirono  a  Napoli  ed  a  Pozzuoli  in 
onor  di  Augusto  li  quinquennali  da  rinnovarsi  ogtii  cincone 
anni,  concorrendo  Poeti  a  recitare  i  loro  componimenti  à 
fi[reci  che  latini,  e  fra  i  concorrenti  volle  segnalarsi  Qaudio 
Imperatore,  che  vi  fece  rappresentare  una  sua   Commedia 

Sreca  coronata  dai  Giudici  non  so  se  per  merito  intrinseco 
el  componimento,  o  perchè  era  opera  di  un  Augusto.  Vi 
concorsero  anche  U  celebre  Stazio  Foeta  Napoletano  e  suo 
Padre  ambedue  vincitori  al  concorso  di  componimenti  poe- 
tici. Potè  anche  concorrere  un  Vareno  restando  vincitore  per 
cui  si  meritasse  V  acclamazione  espressa  nella  nostra  gemma. 
Fin  qui  si  sono  accennate  varie  occasioni  nelle  quali 
probabilmente  potè  trovarsi  il  nostro  Vareno,  e  meritarsi  V  ac- 
clamazione di  cui  parliamo.  Dico  probabilmente  perchè  non 
abbiamo  dalla  stona  fondamento  alcuno  da  deciderci  che 
realmente  un  Vareno  in  una  delle  divisate  occasioni  rimaso 
fosse  vincitore  e  coronato,  per  cui  li  suoi  amici ,  congiunti 
o  ammiratori  si  avvisassero  di  fargliene  pubbliche  congratu- 
lazioni con  trasmettergli  la  presente  gemma,  e  per  mezzo 
di  essa  serbarne  la  memoria.  Abbiamo  però  dalla  storia  al- 
cuni fatti  celebri  che  rendono  memorabile  il  nome  di  più 
d^  uno  della  Gente  Varena,  cui  con  buon  fondamento  si 
applica  r  iscrizione  della  nostra  ^emma. 

Li  due  soprannominati  Antiquari  Perugini  hanno  asse- 
rito senza  un  minimo  fondamento  che  il  Vareno  della  gem- 
ma era  un  capitano  di  Giulio  Cesare.  Non  sMntende  però 
il  motivo  per  cui  fra  tanti  illustri  Vareni  debbasi  assegnare 
la  nostra  gemma  al  Vareno  che  militò  sotto  Giulio  Cesare, 
il  quale  lo  rammenta  con  lode  unitamente  ad  un  altro  Cen- 
turione chiamato  T.  Pulsione  per  un  fatto  memorabile  ri- 
portato da  Cesare  nel  Lib.  V.  De  bello  gallico,  che  fa  o- 
nore  grande  ad  ambidue  i  Centurioni  emuli  nella  gloria 
militare,  talché  scrisse  di  loro  G.  Cesare:  Hi  perpetui  in- 
ter  se  controversias  habebant ,  uter  alteri  anteferretur ,  e 
quindi  racconta  un'  azione  eroica  dell'  uno  e  dell'  altro^  per 


L*  ODEPORICO   DELL*  ABB.   DI   COSTANZO  69 1 

cui  restarono  salvi  da  morte  ambidue  per  opera  Pun  del- 
l'altro. Il  fatto  é  glorioso  per  ambidue  li  centurioni,  ma 
?iù  per  T.  Pulsione  che  fu  il  primo  ad  esporsi  e  a  sfidare 
/.  Vareno  a  battersi  contro  li  nemici;  l'acclamazione  adun- 
q[ue  espressa  nella  gemma  apparteneva  egualmente  a  T.  Pul- 
sione ed  anco  più  a  lui,  che  a  L.  Vareno,  il  quale  non  (u 
il  primo  ad  uscire  in  campo,  e  ad  affrontare  1  inimico,  ma 
solamente  imitò  V  esempio  di  T.  Pulsione  suo  emulo,  cui 
salvò  la  vita  come  era  stata  a  lui  salvata  dal  medesimo. 

Chi  volesse  rallentare  li  fili  delle  congetture,  che  non 
è  vietato  in  questo  genere  di  ricerche,  potrebbe  riferire  la 
nostra  gemma  al  Vareno  Mevenate  prode  guerriero  nella 
seconda  guerra  punica,  di  cui  fa  onorata  menzione  Silio  Ita* 
lieo  nel  Lib.  IV  de  B.  P.  così  scrivendo  : 

Hic  cadit  infelix  niveis  Varenus  in  armis, 

Mevanas  Varenus, 

Il  qual  Vareno  fu  ucciso  nella  battaglia  di  Canne. 
L'essere  questo  Vareno  di  paitrìa  Mepenate  eia  eemma  nostra 
trovata  non  lungi,  anzi  in  vicinanza  di  Mevania  volgarmente  Be- 
vagna,  darebbe  un  qualche  motivo  da  argomentare  che  l'accla- 
mazione riguardi  il  Vareno  di  Silio  Italico  piuttosto  che  l' al* 
tro  Vareno  Capitano  di  Giulio  Cesare.  Non  ardisco  però  di 
decidere  che  la  gemma  parli  di  alcuno  di  questi  due  Va- 
reni,  è  bensì  certo  che  la  Gente  Varena  era  dell'  Uipbria, 
e  la  stessa  terminazione  in  ius  come  le  Romane  o  del  La- 
zio indica  la  sua  peregrinità,  e  tale  si  comprova  da  una  la- 
pida presso  del  Fabretti,  trovata  vicino  a  Foligno,  dove 
oarlasi  di  un  C.  Vareno  e  di  un  D.  pur  Vareno  (  Fabr  :  I. 
D.  p.  2,  8i  )  (  si  trascrivano  le  lapide  dei  Vareni  qui  citate 
dal  Fabretti  ).  Non  è  dunque  da  dubitare  che  la  Gente  Va- 
rena non  fosse  dell'  Umbria  precisamente  del  Municipio  o 
Prefettura  Fulginate  od  anco  del  Municipio  Mevanate  e  la 
nostra  j^emma  col  nome  di  Vareno  fu  scoperta  in  paese 
vicinissimo  ai  detti  due  Municipi,  dove  era  nota  e  celebrata 
la  Gente  Varena.  Di  questa  Gente  o  Famiglia  abbiamo  dalla 
Storia  Romana  due  fatti  celebratissimi  da  argomentare  -  il 
motivo  e  l' occasione  per  cui  fu  incisa  la  nostra  gemma , 
con  r  acclamazione  in  onore  di  un  Vareno.  Il  primo  fatto 
si  rileva  da  una  presso  gli  antichi  celebratissima  orazione  di 
Cicerone  in  difesa  di  un  L.  Vareno  di  cui  ci  restano  alcuni 
frammenti  raccolti  dal  Sigonio  e  riprodotti  nell'edizione 
delle  Orazioni  di  Cicerone.  Di  questa  causa  di  Vareno  di- 
fesa da  Cicerone  ne  hanno  parlato  gli  antichi  autori  Quin- 


6^2  MICHELE  FALOCl   PULIGKANI 

tiliano.  Tacito,  Plinio  secondo,  e  dovette  essere  causa  stre- 
pitosa trattandosi  di  un  Sicario,  come  era  accusato  L.  Va- 
reno.  Se  la  causa  avesse  avuto  felice  esito,  e  fosse  rimaso 
assoluto  Vareno,  parrebbe  che  migliore  occasione  di  Questa 
non  vi  potea  intervenire  perchè  gli  amici  e  Parenti  dell  Um- 
bria gliene  esibissero  una  prova  e  si  congratulassero  della 
vittoria  ottenuta  da  Cicerone,  con  far  incidere  la  gemma 
applaudendo  la  sorte  di  Vareno  dichiarato  innocente  dal 
delitto  addossatogli  di  avere  assassinato  1^  altro  Vareno.  Ma 
gli  autori  accennati  che  parlano  della  difesa  di  Vareno  in- 
trapresd  da  Cicerone  dicono  bensì,  che  purgasse  il  suo  cliente 
dalr  assassinio  imputatogli  attribuendolo  ad  uno  della  &- 
miglia  Ancaria  dello  stesso  Municipio,  potente  anch'essa  ed 
emula  dei  Vareni,  vale  a  dire  incolpandone  un  servo  o  li- 
berto degli  Ancarj,  ma  non  comparisce  che  l' accusato  Va- 
reno risultasse  innocente  e  fosse  assoluto,  anzi  da  Quinti- 
liano si  raccoglie,  che  P  esito  della  causa  non  fosse  favore- 
vole a  Vareno,  che  restò  condannato.  Ciò  posto  non 
possiamo  con  fondamento  interpretare  l'acclamazione  della 
nostra  gemma  alla  Vittoria  ottenuta  da  Cicerone  nella  di- 
fesa di  Vareno. 

Più  sodo  fondamento  ci  somministra  l' altro  fatto  di 
Storia  Romana  che  abbiamo  accennato,  risguardante  un  al- 
tro soggetto  della  Gente  Varena,  sopra  del  quale  abbiamo 
molte  lettere  di  Plinio  il  Giovine,  che  parla  di  una  strepi- 
rosa  causa  agitata  in  Roma  in  Senato  sotto  V  Imj^eratore 
Traiano  contro  Rufo  Vareno  Proconsole  della  Bittmia  ac- 
cusato repeiundaìnm  dai  Provinciali  di  Bittinia,  e  difeso 
dallo  stesso  Plinio  secondo,  il  più  famoso  oratore  di  quel 
tempo.  La  causa  fu  agitata  con  grande  impegno  prò  e  coti" 
tra  e  delle  varie  sue  vicende  ce  ne  ha  informato  lo  stesso 
Plinio  in  sette  almeno  delle  sue  lettere  dirette  a  vari  dei 
più  distinti  senatori  e  Personaggi  della  Repubblica.  Li  Pro- 
vinciali di  Bittinia  domandarono  in  Senato  che  si  facesse  in- 
quisizione con  far  venire  testimoni  e  prendere  informazio- 
ne della  Provincia  contra  il  Proconsole  Vareno.  La  mede- 
sima istanza  fece  Vareno  per  la  causa  sua,  domandando  di 
far  venire  dalla  Provincia  li  testimoni  a  sé  feivorevoli.  Se 
gli  opposero  i  Provinciali  di  Bittinia  e  il  Console  designato 
Acilio  Rufo  ammise  F  istanza  dei  Provinciali  e  non  interlo- 
quì su  quella  di  Vareno,  omissione  equivalente  ad  una  ne- 
gativa. Insorse  a  favor  di  Vareno  Cornelio  Prisco  uno  dei 
Giudici,  opinando  che  tanto  agli  accusatori  quanto  al  reo  si 


L^  ODEPORICO  dell'  ABB.  DI  COSTANZO       ^93 

dovesse  accordare  l' istanza  di  far  venire'  li  testimoni   e   le 
informazioni  dalla  Provincia. 

Vinse  il  parere  di  Cornelio  Prisco,  onde  scrisse  Plinio 
impetrammus  rem  nec  le  gè  comprehensam  ne  e  satis  mita- 
iam,  iustam  iamen.  Dalla  lettera  15  del  libro  6.  si  raccoglie 
la  grande  animosità  con  cui  i  Bittini  e  i  loro  difensori  si 
scagliarono  contro  il  Proconsole  Vareno  fino  a  perdere  il 
rispetto  dovuto  al  senato  e  allo  stesso  Principe  allora  assente 
e  occupato  della  guerra  contro  i  Daci.  —  Frattanto  li  Pro- 
vinciali di  Bittinia  colla  spedizione  di  un  legato  in  Roma 
fecero  cangiare  aspetto  alla  causa  a  favore  di  Vareno,  e  fu 
detto  per  Roma  che  i  Bittini  avevano  abbandonato  F  accusa 
di  Vareno  ut  temere  incoatam  (  ep.  181.  Lib.  7.  )  con  ispe- 
dire  un  loro  legato  munito  di  un  decreto  del  Concilio  di 
Bittinia  a  Cesare,  a  molti  personaggi  del  Senato  e  allo  stesso 
Plinio  secondo  difensore  di  Vareno,  revocando  P  accusa  con- 
tro di  lui  con  addurre  li  motivi  abolitae  accusationis  e  con 
domandare  ne  cognitioni  Caesaris  praeiudicium  fierei.  Li 
consoli  adunque  d'  accordo  con  il  Legato  dei  Bittini  omnia 
integra  Principi  servaverunt,  cuius  cognitionem  (  soggiunge 
Plinio,  ep.  citat.)  suspensus  expecto,  Nam  dies  illa  noSis  prò 
Vareno  aut  securitatem  et  ottum  dabit,  ani  intermissum  la- 
borem  renovata  solicitudine  iniunget. 

Rimase  dunque  sospesa  la  causa  di  Vareno  fino  al  ri- 
torno in  Roma  delP  Imperatore  Traiano,  e  allora  Jinitis  a- 
ciionibus  (  scrive  Plinio  ep.  io.  lib.  7.  )  Caesar,  neutra,  in- 
quit ,  pars  de  mora  queretur  :  erit  mihi  curae  explorare 
Frovinciae  voluntatem.  Questa  risposta  delP  Imperatore  fu 
di  gran  vantaggio  per  la  causa  di  Vareno,  e  lo  assicurò  di 
una  piena  vittoria,  onde  Plinio  ne  rimase  molto  contento  e 
scrisse  nella  lettera  medesima  :  multum  interim  Varenus  tu- 
lit^  ne  riportò  grandissimo  vantaggio;  etenim,  continua  a 
scrivere  Plinio,  quam  dubium  est  an  merito  accusetur,  qui 
quo  nomine  accusetur,  incertum  est? 

Ridotta  la  causa  di  Vareno  a  termini  per  lui  tanto  van- 
taggiosi con  avere  li  Bittini  revocate  le  accuse  contro  di 
lui  ed  aver  mandaro  un  loro  Legato  da  protestare  con  de- 
creto della  Provincia,  che  non  intendevano  di  accusare  il 
Proconsole  Vareno  della  reità  attribuitagli,  e  dirigendolo  non 
solo  ai  principali  Giudici  e  Senatori  e  allo  stesso  difensore  suo 
Plinio  secondo,  ma  allo  Imperatore  medesimo,  il  quale  si 
era  incaricato  di  esplorare  la  volontà  delle  Provincie  da  se 
stesso,  forza  è  il  dire  che  Traiano  informato  di  questi  fatti 


é94  MICHELE  FALOGl  f^ULlO^AKl 

dichiarasse  assoluto  il  Proconsole  Rufo  Vareno^  e  ne  risul- 
tasse la  sua  piena  giustificazione^  per  la  quale  dovette  non 
poco  influire  il  credito  di  Plinio  suo  difensore  tanto  accetto 
alP  Imperatore  Traiano  com^  è  a  tutti  noto  dal  commercio 
epistolare  che  tenne  con  lui  spiegando  la  sua  fiducia  nella 
sua  abilità  e  nel  suo  trattare  ^1  interessi  pubblici  special- 
mente nella  stessa  Provincia  di  Bittinia  già  governata  sotto 
il  suo  Impero  dallo  stesso  Plinio  secondo.  Lo  strepito  che 
produsse  m  Roma  e  dovette  produrre  ancora  nell  Umbria 
patria  dei  Vareni^  la  causa  del  Proconsole  Vareno^  che 
tenne  Roma  in  grande  curiosità  ed  aspettativa,  è  ben  natu- 
rale che  avendo  avuto  un  esitò  felice  per  Vareno,  produ- 
cesse grande  applauso  presso  i  suoi  Parenti  e  Amici  e  uno 
di  essi  pensasse  di  celebrare  e  applaudire  alla  riportata  Vit- 
toria mediante  1'  onice  di  cui  parliamo  per  conservarne  la 
memoria  in  onore  della  Gente  Varena  con  1'  acclamazione 
€  Vareno  plaudite^  plaudite  iterum  feliciter  » . 


V. 

INDICE  DELLE  PARTI  II  E  IH 
DELL'  ODEPORICO 

PARTE    li.    LAZIO    E    SABINA 


I.  Abbazia  Sublacense  —  i.  Prima  tipografia  eretta  in 
Italia  nel  Monastero  Sublacense  (*).  —  2.  Codice  Innario  del 
secolo  XI.  —  j.  Inno  in,  lode  della  B.  V.  inedito  e  notabi- 
le da  attribuirsi  a  Paolo  Diacono.  —  4.  Lo  stesso  Inno  in 


(1)  Questo  primo  paragrafo  fu  prodotto  io  principio  dell'  Elenco  degli  tcritti  del 
Di  Costanzo,  a  pag.  530,  531. 


L*  ODEPORICO   DELL*  ABB.   DI   COSTANZO  6^$ 

due  G)dici  Cassinesi  ed  in  uno  Farfense,  e  nelle  Colletta- 
nee  di  D.  Costanzo  Gaetani,  trascritte  da  un  G)dice  Bene- 
ventano. —  5.  Lezioni  varianti  dell^  Inno  secondo  i  citati 
Codici.  —  6.  Di  un  Inno  di  S.  Lorenzo  contenuto  nello 
Innario  Sublacense.  —  7,  Cartario  ossia  antico  Registro  di 
Documenti  dall'  anno  706  fino  al  1183.  —  8.  Copia  di  un 
antico  monumento  greco  con  V  antica  versione  latina  conte- 
nute nel  cartario  suolacense,  scorrettissime  ambedue.  —  9. 
Codice  in  pergamena  con  le  XL  omelia  di  S.  Gregorio  Pa- 
pa urbis  Romae,  —  io.  Altro  codice  in  pergamena  di  vari 
opuscoli  e  lettere  di  SS.  PP.  —  11.  Salterio  con  divote  o- 
razioni  per  ogni  salmo.  Codice  membranaceo  del  secolo  XI. 
—  12.  Litanie  lunghissime  con  i  santi  del  vecchio  e  del 
nuovo  testamento,  ed  un  antico  calendario  del  medesimo 
codice.  —  13.  Messale  del  secolo  XIV  con  la  Messa  jpro  cm- 
jus  anima  aubitaiur.  —  14.  Si  accennano  vari  Padri  della 
Chiesa  favorevoli  ad  un  qualche  refrigerio  delle  anime  dan- 
nate. —  15.  Grave  sentimento  del  Petavio  sul  refrieerio  dei 
dannati.  —  16.  Codicetto  greco  dell'  aritmetica  di  Nicoma- 
co  Geraseno  rescritto  due  volte.  —  17.  Scempio  che  alPap- 
parire  dell'  arte  tipografica  si  fece  dei  codici  antichi.  —  18. 
Frammento  dell'  Èvaqgelio  di  S.  Marco  in  caratteri  oncia- 
li. —  19.  Opuscolo  di  Adal^erio  Vescovo  ad  Hohsuvidam 
reclusam.  —  20.  Documenti  presso  Monsignor  Dionisi  da 
rettificare  la  persona  di  Adelgerio  il  tempo  in  cui  fiorì ,  la 
sua  patria  e  la  sua  sede  vescovile  (').  —  21.  Codicetto  pa- 

Jiraceo  dei  4  Evangeli  tradotti  in  volgare  italiano.  —  22. 
lemoria  di  Lodovico  de  Montes  de  Prades  di  Aragona  Ve- 
scovo di  Maiorica,  del  giorno  e  anno  di  sua  morte  e  della 
sua  sepoltura.  —  23.  Copia  della  memoria  scritta  in  fondo 
di  un  antico  messale  in  pergamena  scoperta  l' anno  1749.  — 
24.  Epitaffio  al  deposito  del  Vescovo  Maioricense  Lodovico 
de  Prades.  —  25.  Lettera  a  Monsignor  Despuig  Auditor  di 
Euota  Spagnuolo^  concernente  il  descritto  epitaflSo.  —  26. 
Memoria  di  una  straordinaria  siccità  seguita  da  ubertosissi- 
ma  raccolta  di  generi  del  1540.  —  27.  Lettera  di  Gio:  Sa- 
lamonio  Conte  a  Gio:  Orsini  Arcivescovo  di  Trani.  —  28. 


(i)  11  Caacellieri  (  Otserva^ioni  tee.  p,  11^121  )  pubblicò  interamente  questo  g.ao. 


6^6  Michele  faloci  pol!óna*<i 

Circolare  di  Niccolò  Arcidiacono  scritta  in  tempo  delle  cro- 
ciate di  Levante  stilla  conquista  di  Damiata.  —  20.  Prima 
edizione  delle  opere  di  Platone^  greca^  di  Aldo^  Bibbia  greca 
di  Melantone^  stampate  in  Basilea  da  Gio:  Enagio.  —  ^o. 
Licenza  del  Maestro  del  sagro  Palazzo  per  leggere  la  Bib- 
bia suddetta  accordata  nel  1^66  sotto  certe  osservabili  condi- 
zioni. —  31.  Edizione  del  Concilio  Ecumenico  di  Firenze 
fatta  nella  stamperia  Vaticana  nel  1526  per  sorpresa  da  Bar- 
tolomeo Abramo  Greco  Candiotti.  —  32.  Colonne  di  mar- 
mo ^reco  tolte  dalla  villa  Neroniana  Sublacense  di  molto 
pregio.  —  33.  Sacro  Speco  di  S.  Benedetto.  —  34.  Figure  in 
abito  di  Carmelitani  che  si  suppongono  presenti  sul  Calva- 
rio alla  crocefissione  di  N.  S.  —  35.  Pittura  del  1228  rap- 
presentante la  consacrazione  di  una  cappella  fatta  da  Grego- 
rio IX.  —  36.  Oddone  pittore  che  dipingeva  prima  che 
nascesse  Cimabue.  —  37.  Imagine  di  S.  Francesco  dipinta 
lui  vivente  la  più  antica  di  questo  santo.  —  38.  Stamatico 
pittor  greco.  —  39.  B.  Lorenzo  Loricato  monaco  ed  ere- 
mita morto  nel  1243.  —  40.  Martino  Gebert  celebre  Abba- 
te di  Selvanera  ristaura  1'  antico  Oratorio  di  S.  Biagio.  — 
Al.  Altro  antico  Oratorio  detto  di  S.  Giovanni  dell^  Acqua^ 
dove  fu  trovata  inserita  nell'altare  una  base  gentilesca  con 
iscrizione.  —  42.  Afile  paese  dell'  Abbazia  antichissimo  e 
fin  dai  tempi  della  Rep.  Romana.  —  43.  Trevi,  altro  paese 
antico  dell'Abbazia  rammentato  dagli  autori  classici.  —  44. 
Arco  antico  per  uso  di  aquidotto.  —  45.  Villa  Sublacense 
di  Nerone  Imperatore.  —  46.  Mura  di-Alatrì  di  opera  in^ 
certa.  La  bella  iscrizione  di  Betilienus  L,  F.  Varanus  veri- 
ficata contro  la  pretesa  lezione  del  Reinesio.  —  47.  Vec- 
chia iscrizione  di  Roderigo  Borgia  poi  Alessandro  VI  rimos- 
sa per  dar  luogo  alla  nuova  di  Pio  VI.  —  48.  Iscrizioni 
per  le  nuove  fabbriche  o  restauri  ordinati  dal  Pont  Pio  VI 
m  Subiaco.  —  49.  Progetto  di  erigere  la  collegiata  di  Su- 
biaco  in  Coabbaziale  o  Cpncattredale  colla  Basilica  di  S.  Scor 
lastica  non  eseguito.  —  50.  Particole  della  minuta  del  Bre- 
ve o  Bolla  per  1'  accennato  progetto. 

IL  Nazzano.  I.  Antichissima  chiesa  di  S.  Antimo  Mar- 
tire. —  2.  E  da  credere  che  quest'antica  Chiesa  fosse  e- 
retta  nell'  oratorio  del  Santo  rammentato  negli  atti  —  3. 
Forum  novum  municipio  romano  y  di  cui  parlano  gli  atti , 
diverso  dall'  altro  della  Cisalpina.  —  4.  Il  Forum  Notmm 
di  Sabina^  dove  fu  martirizzato  S.  Antimo^  oggi  distrutto^ 
era   a  Vescovio   vicino  a   Nazano.  —  5.  Escavazioni  fette 


L^ODEPORICO  DEL^ABB.  DI  COSTANZO  697 

intorno  alla  Chiesa  di  S.  Antimo  e  statue  di  marmo  esi- 
stenti in  Nazzano.  —  6.  Antiche  iscrizioni  del  luogo  me4esi- 
mo.  —  7.  Scopena  di  un  antico  Cimiterìo  Cnstiano  fra 
Nazzano  e  Civitella  S.  Paolo. 

III.  Turrita.  I.  Simulacro  mitriaco  osservato  in  Turri- 
ta con  breve  iscrizione  alla  base. 

IV.  Fiano^  Ponzano,  S.  Oreste,  i.  Antica  Chfesa  di 
S.  Stefano.  —  2.  Badia  di  S.  Andrea  in  flumine  sotto  il 
paese  di  Ponzano.  —  3.  Antiche  iscrizioni  ivi  esistenti.  — 
4.  S.  Oreste.  —  5.  Croce  di  busso  con  minutissimi  intagli 
segnata  in  greco  V  epoca  del  fatto  lavoro.  —  6.  Iscrizione 
di  una  campana  del  1340. 

Rieti,  i.(')  Colonna  miliaria  nel  sotterraneo  della  Catte- 
drale di  Rieti.  —  2.  Altre  belle  iscrizioni  della  città  mede- 
sima. 


PARTE  HI.  VESTINI,  MARSI,  SANNIO 

E  CAMPANIA 


I.  Ocre.  1.  Interpretazione  del  nome  di  Ocre.  —  2. 
Indìzi  di  vulcani  in  vari  luoghi.  —  3.  Sito  dell^  antica  A- 
veia.  —  4.  Descrizione  di  un^  antica  chiesa ,  della  sua  co- 
struzione e  delle  antiche  sue  pitture.  —  5.  Pitture  degli 
antichi  patriarchi^  esprimenti  la  patriarcale  fecondità.  —  6. 
Schiarimenti  sopra  gli  atti  del  martirio  di  S.  Massimo  Le- 
vita di  Aveia,  o  sia  dell'Aquila.  —  7.  Gli  atti  di  S.  Massi- 
mo Levita  Aveiense  Aquilano  appjartengono  propriamente  a 
S.  Massimo  M.  Orientale.  —  8.  É  da  credere  che  la  chiesa 
di  S.  M.  delle  Grazie  fosse  la  Tomba  di  S.  Massimo  Levi- 
ta. —  9.  Badia  di  S.  Spirito  fondata  da  Bernardo  di  Ocre^ 
conte  dii  Alba  nel  M.  CC.  XXII.  —  10.  Piano  sotto  Na- 
velli  ubertoso  di  biade  e  legumi.  —  11.  Una  partita  di  fuci- 
lieri regi  si  oppongono  in  Popoli  al  passaggio  di  una  divi- 
sone francese  comandata  dal  General  Le  Moine.  — 12.  An- 


(ì)  Riprodotta  nel  nmn.  III.  di  quest'Appendice  ptg.  684-686. 


698  MICHELE  FALOCI  PULIGNAKI 

• 

tiche  chiese  sotto  Navelli  e  avanzi  di  Fabbriche  gentile- 
sche. —  i^.  Capistrano  Badia  regia  nullius.  —  14.  Fram- 
mento d' iscrizione  militare  della  legione  V  alauda.  —  15. 
Pergamena  riposta  in  un  antico  reliquarìo  con  la  memoria 
della  dedicazione  della  chiesa  fatta  da  Gualaterio  Vescovo 
di  Valva  nel  M,  C.  XI.  —  16.  Alcune  iscrizioni  romane  in 
C^pistfano  e  nella  sottoposta  Valle.  —  17.  Antica  chiesa 
sotto  il  titolo  di  S.  Pietro  fondata  da  Desiderio  Re  dei 
Longobardi.  —  18.  Pitture,  sculture  e  iscrizioni  parte  ro- 
mane e  parte  barbare  nei  muri  di  detta  chiesa.  —  i^.  Eti- 
mologie del  nome  di  Tritano,  data  al  fiume ,  e  di  Valle 
Tritense,  imaginate  per  ignoranza  del  vero  nome  del  fiu- 
me. —  20.  Ara  votiva  con  epigramma  che  ci  scopre  il  ve- 
ro nome  antico  del  nostro  fiume.  —  21.  Iscrizione  scoperta 
pochi  anni  fa  nell'  antico  Fornii  vicino  PAquila ,  che  ci  rr- 
porta  1'  antico  nome  Tirinus  del  nostro  fiume.  —  22.  S. 
M.  de  Martiniano  antico  Monastero  già  dipendente  da  Mon- 
te Massino.  —  23.  Armanino  di  Modena  Pittore  non  cono- 
sciuto che  dipinge  prima  che  nascesse  Gmabue.  —  24. 
Fiume  che  si  nasconde  sotto  terra  e  poi  ricomparisce.  — 
25.  Montagna  e  Paese  di  Calaselo.  —  26.  Chiesa  di  S.  Mar- 
co dipendente  dalla  Badia  di  Casanova  con  antichi  ruderi 
ed  iscrizioni.  —  27.  Paese  abbandonato  dagli  abitanti  per 
infestazione  delle  formiche.  —  28.  Ofena,  Anfidena,  Valva, 
Pentima. 

IL  Marsi  e  Lago  Fucino.  —  i.  Chiesa  vicino  a  Lu- 
co con  porta ,  colonne  e  architrave  di  maniera  partico- 
lare. —    2.    Muri    sott'acqua   alla   riva   del    Fucino.    — 

3.  Deir  antica  Archippe  assorbita  dalle  ac(}ue  del  Fu- 
cino>  dei  Lucenses  di  Plinio,  di  Alba  ad  Fucinum,  etc  — 

4.  Del  nome  angitia  ,  cui  era  consacrato  il  Luco  che 
probabilmente  era  delle  famiglie  egiziane  dette  Psjrlli  o 
Psyllae  superstiti  tuttavia  in  Egitto.  —  5.  Antica  iscri- 
zione che  assicura  il  vero  nome  di  Angitia.  —  6.  Del 
famoso  emissario  di  Claudio.  —  7.  Basamenti  e  muri  anti- 
chi sott'  acqua  alle  rive  del  Fucino.  —  8.  Trasacco  e  Basi- 
lica di  S.  Cesidio  e  comp.  martiri.  —  p.  Memorie  ivi  esi- 
stenti di  S.  Cesidio  non  di  molta  anticnità.  —  io.  Sbaglio 
preso  dai  BoUandisti  nelP  interpretare  una  parola  malamen- 
te da  loro  letta  nel  Ms.  dei  miracoli  di  S.  Cesidio.  — 
II.  Come  nel  Ms.  medesimo  sia  entrato  il  nome  di  Tele- 
sforo  Papa  per  la  scrittura  criptografica.  —  12.  Antiche 
sculture  e  iscrizioni  nel  muro  esteriore  della  Basilica   di  S. 


L^  ODEPORICO  DELL^ABB.  DI  COSTANZO  699 

Cesidio.  —  ij.  L^  antico  Marrubium  nel  basso  evo  Civitas 
Valertae,  oggi  S.  Benedetto. — 14.  Schiarimento  dell'iscrizione 
del  servo  Priamo  altrove  riportata,  e  V  interpretazione  datane 
emendata.  —  15.  Antica  cattedrale  della  città  Valeria  ridotta 
in  rovine,  ed  i  ruderi  dell'  antico  Marrubicum.  —  16.  Pe- 
scina  residenza  in  oggi  dei  Vescovi  de'Marsi  mancante  di 
memorie  di  S.  Rufino  M.  suo  antico  Vescovo,  cioè  dei 
Marsi.  —  17.  Lapide  antiche  in  casa  del  Signor  Barone  To- 
masetti.  —  18.  Equivoco  preso  sulla  parola  divL  —  io.  PaC" 
cus  prenome  pellegrino  da  aggiungere  alli  notati  dal  Sigo* 
nio.  —  20.  Della  voce  Callicula  o  Gallicula.  —  21,  Su^i- 
nates,  popoli  della  Marsia  diversi  dai  Sepinates  del  Sannio. 

—  22.  Epointe  ultima  parola  dell'iscrizione  forse  malamente 
letta  e  trascritta.  ^—23.  Varie  iscrizioni  del  Paese  di  Marsi 
con  brevi  note.   . 

IIL  Metaponto  —  i.  Sussisteva  ai  tempi  di  Ottone  il 
Grande.  —  2.  Due  ale  di  colonne  ancora  in  piedi  appartenenti 
a  grandioso  Edificio  antico. 

IV.  Monte  Cassino.  —  i.  Exercitatorium  vitae  spiritualis 
di  Garcia  di  Cisneros  Abate  di  Monserrato  stampato  o  com- 
pilato^ nel  1500.  —  2.  S.  Ignazio  Loyola  profitta  di  questo 
Èsercitario  e  lo  adotta  per  sé  e  per  i  suoi  soci  —  3.  Esposi^ 
zione  di  Origene  sopra  1^  epistola  di  S.  Paolo  Codice  del 
VI  secolo.  —  4.  Nota  rimarcabile  col  Postconsolato  terzo  di 
Giustino  Giuniore  Augusto.  —  5.  Donato  Prete  del  Castello 
Luculliano,  Collatore  del  Codice  con  la  formola  «  Legt  » 
ripetuta  tre  volte.  —  6.  Il  Montfaucon  non  si  avvide  della 
nota  del  Consolato  e  attribuì  al  codice  di  origine  minore 
della  vera  la  sua  età.  —  7.  Li  primi  32  fogli  del  codice  per- 
duti, e  poi  suppliti  qualche  secolo  dopo.  —  8.  Diversità  no- 
tabili della  scrittura  dei  fogli  suppliti  dai  seguenti  della  prima 
più  antica.  —  9.  Codice  della  stona  tripartita  del  secolo  Vili. 

—  10.  Conferma  della  opinione  del  Maffei  circa  il  nome  di 
Cassiodorio  gentilizio.  —  11,  Ortografia  antica  grecizzante 
del  codici.  —  12;  Punteggiatura  dei  tempi  di  Alenino  e 
Carlo  Magno.  —  13.  La  formula  contuli  del  coUazionatore 
del  codice  preceduta  dal  monogramma  P.  —  14.  E  più 
che  probabile  che  la  formula  P.  contuli  sia  di  mano  di 
Paolo  Diacono.  —  15.  Codice  in  pergamena  dei  Dialoghi 
di  S.  Gregorio  del  Ix.  secolo.  —  16.  Imagine  delle  più  an- 
tiche di  S.  Benedetto  in  veste  Diaconale.  —  17.  Gran  vo- 
lume in  pergamena  di  Rabano  Mauro  De  On^ne  rerum 
del  principio  dell'  undecimo  secolo.  —  18.   Vane   pitturine 


70Ó  Michele  ì'aLoci  t»ULiòKANi 

esprifT\enti  li  vari  oggetti  trattabili  nelP  opera  di  Rabano 
Mauro.  —  19.  Espressione  in  figure  della  èS.  Trinità.  — 
20.  Tribuna  con  G.  C.  e  i  12  Apostoli,  solo  S.  Pietro  colla 
corona  clericale  in  segno  della  sua  primazia.  —  21.  Altra 
espressione  della  SS.  Trinità  più  analoga  alla  fede.  — 
22.  Forma  dei  plutei  delle  anticne  Biblioteche  e  dtlV oblata 
pel  sacrificio  dell'altare.  —  23.  Battesimo  per  immersion 
nenij  Cresima  ed  Eucaristia  sub  utraque  specie.  —  24.  Ma- 
no, simbolo  della  divinità  esprimente  V  unità  della  natura 
divina  e  la  Trinità  delle  persone.  —  25.  Figura  del  vincolo 
e  tormento  detto  lignum  o  nervus.  —  26.  Altare  preparato 
con  due  lumi,  e  le  materie  pel  sagrificio,  corone  gemmate 
sospese  da  tre  catenelle  sopra  l' altare.  —  27.  Forma  di 
Telaio  in  piedi  colla  Tessitrice  parimenti  in  piedi.  —  28.  Cò- 
dice di  Omelie  offerto  a  S.  benedetto  da  Giovanni  arci- 
prete Marsicano  nelP  atto  di  rendersi  monaco  a  Monte  Cas- 
sino. —  29.  Antico  Rito  usato  nelle  oblazioni  reali  e  per- 
sonali. —  30.  Svista  del  Montfaucon  spiegando  un'  antica 
miniatura  del  codice.  —  31.  Tre  pitture  lineari  assai  lode- 
voli^ e  indicanti  processo  nelF  arte  dopo  la  metà  del  secolo 
XI.  —  32.  Lezionan,  Passionari,  Omiliari  in  gran  numero. 
—  33.  Descrizione  di  due  rotoli  dell'  exultet  con  miniature 
del  secolo  XI.  —  34.  Codice  insigne  cogli  Atti  del  Concilio 
Efesino  traduzione  dal  Greco  per  opera  degli  Acemati  del- 
l' Africa.  —  35.  Elegia  in  versi  ofiti,  moltissime  nei  Lezio- 
nari  cassinesi.  —  36.  Epitafiio  al  sepolcro  di  S.  Apollinare 
XIV  Abate  di  Montecasino.  —  37.  Registro  in  pergamena 
di  S.  Angelo  ad  formas  monastero  posto  nei  colli  Tifa- 
tine —  38.  Privilegio  di  Urbano  II  Papa  a  Odorisio  Abbate 
Cassinese  con  intitolazione  fuori  del  solito  stile  dei  PapL  — 
39.  Miniature  colle  figure  del  Papa  e  dell'Abbate  ambidue 
sedute  in  cattedra  e  con  poca  o  ninna  distinzione  l' una 
dall'  altra.  —  40.  Antico  Breviario  in  pergamena  ad  uso  di 
Chiesa  Gallico  -  Belgica.  —  41.  Contacio  ossia  liturgia  gre- 
ca. —  42.  Notabile  omissione  nel  presente  Contacio.  — 
43.  Pergamene  e  membrane  greche  di  Diplomi ,  ed  istro- 
menti  del  secolo  X,  XI,  XII  e  XIII.  —  44.  Dei  Catapani 
di  Puglia  e  la  loro  serie  presso  l' Anonimo  di  Bari,  Lupo 
Protospata  ed  il  Du-cange.  —  45.  Diploma  greco  di  Mi- 
chele Catapano  del  975.  —  46.  Altro  diploma  bilingue  di 
Gregorio  Tracaniota  Catapano  del  1000.  —  47.  Il  cogno- 
me Tracaniota  mal  espresso  da  Cam.  Pellegrini.  —  48.  Le- 
zione del  sigillo  presso  il  Muratori  erronea  e  mancante.  — 


L*  ODEPORICO  DELL*  ABB.  DI  COSTANZO       7OI 

49.  Mèlo  Barense  Catapano  messo  in  serie  dal  Du  -  Gange 
non  pare  che  poteva  aver  luogo.  —  50.  Della  voce  Bàana^ 
dap^og.  —  5L  Opere  di  S.  Pier  Damiano.  —  52.  Sbaglio  e 
antica  correzione  del  Codice  circa  il  natale  di  S.  Rufino.  — 
55.  Antico  edificio  creduto  erroneamente  tempio  dei  Gen- 
tili presso  il  Municipio  Casinate.  —  54.  Tre  antiche  pitture 
dallo  Storico  Cassìnese  non  ben  intese.  —  55.  Anfiteatro 
Casinate  e  pescine  antiche.  —  56.  Alcune  antiche  iscri- 
zioni. 

V.  Badia  di  S.  Vincenzo  al  Volturno.  -^  1.  Grande 
estensione  dell'antica  Chiesa  oggi  demolita.  —  2.  Colonne 
di  marmo  sparse  per  il  campo  prossimo  alla  chiesa.  — 
3.  Nuova  Chiesa  eretta  sulle  ruine  dell'antica.  —  4.  Vec- 
chio Palazzo  con  memorie  sepolcrali  del  basso  evo.  — 
5.  Alcune  antiche  iscrizioni  Romane.  —  6.  Memoria  di  Re 
Roberto  di  Napoli  dell'  anno  nono  del  suo  regno.  —  7.  I- 
scrizione  notabile  in  una  campana  del  1360. 

VI.  Notizie  della  Persona  e  delle  Poesie  latine  di 
D.  Leonardo  Monaco  Cassìnese  cogli  estratti  delle  mede- 
sime. —  I.  Codicetto  di  varie  Elegie  e  Poemi  latini  di 
D.  Leonardo  Oddi  poeta  Perugino.  —  2.  Questo  nobile 
poeta  non  ben  conosciuto  dai  suoi  stessi  Perugini.  3.  Suoi 
componimenti:  1/  Egloghe,  2.<*  Silva  ad  D.  Vincentium 
Riarium  Neapolitanum.  —  4.  Versi  giambici  ad  libellum 
«  De  Triumpho  B.  Mariae  V.»  —  5.  Le  guerre  d'Italia  e 
li  tumulti  della  sua  patria  lo  fanno  risolvere  ad  abbando- 
nare il  secolo.  —  6.   Parla   delle   guerre   d' Italia,   nomina 

3uelle  di  Napoli  e  di  Giulio  li  nelr  Emilia.  —  7.  Abban- 
ona  i  componimenti  di  profano  argomento  e  si  api)lica  ai 
sacri.  —  8.  Rammenta  li  studi  di  Fisica  e  astronomia  col- 
tivati in  Montecassino,  fa  V  elogio  di  un  Baeticus  uomo  per 
dottrina  insigne.  —  9.  Scopre  la  sua  patria^  il  nome,  co- 
gnome de'  genitori  suoi,  e  della  primaria  nobiltà  di  Peru- 
gia.—  IO.  In  età  di  io  anni  scnveva  versi  e  non.  oltre  16 
anni  compose  dei  Poemi  sopra  le  guerre  del  tempo  suo. 
—  u.  Ultimo  suo  componimento  di  profano  argomento  su 
le  imprese  militari  del  famoso  guerriero  Bartolomeo  d'  Al- 
viano.  —  12.  Di  un  giovinetto  di  raro  ingegno  detto  da  lui 
Romanum  invenem,  cne  forse  è  Onorato  rascitelli  celebre 
lìrico  di  cjuel  tempo  dimorante  a  Montecassìno.  —  13.  Pom- 
poso elogio  di  uomini  letterati  dimoranti  a  Montecassino  in 
compagnia  del  nostro  Paolo.  —  14.  Distico  greco. 

Vii.  TiANO  SiDiciNo  ecc.  —  I.  Lettera  archeologica  di 


702  MICHELE  FALOCI  PULIQNAKI 

D.  Angelo  Lanfredi  Canonico  Teologale  ad  un  Lord  In- 
glese, r).  ^ 

VÌn.  Trinità  della.  Cava.  —  i.  Ragguaglio  di  un  co- 
dice Biblico  assai  ragguardevole.  —  2.  Opera  inedita  intito- 
lata De  Septem  Sigtffis. 

IX.  MiscELLANiA.  —  I.  Tegolo  di  caratteri  semibarbari 
—  2.  Bronzo  sigillatorio  di  Porcia  Thalassia.  —  3.  Iscri- 
zioni romane.  —  4.  Altra  iscrizione  del  basso  evo^  intriga- 
tissima  scoperta  in  Aquino. 


(t)  Questa  lettera  è  ricordau  dal  Cancellieri  (  Otserva^ioni  ecc.  p.  41  ), 


SANTA  LUCIA 

LIBERATRICE     DI     ORVIETO 


Lucia,  nimica  di  ciascun  crudele 
Si  mosse. 

Dante.  Inf.  II,  loo. 


I.  Santa  Lucia  e  le  sue  chiese 

Lucia  è  bellissimo  nome  che  irradia,  e  arde  il  cuore. 

Gentile  e  pura  fanciulla  siracusana,  schifa  di  andare  in 
braccio  a  giovane  pagano,  fece  a  Dio  il  sacrificio  di  sé:  ferma 
nel  proposito  suo,  accusata  di  fede  cristiana  dal  giovane  che 
era  di  lei  preso,  sostenne  tormenti  atroci,  resse  impavida,  non 
tocca  nel  luogo  infame  ove  fu  spinta,  e  andò  a  morte  con 
V  allegrezza,  perchè  aveva  il  cuore  dei  forti.  Dolce  e  ingenua 
risplende  sulla  bella  fronte  1'  aureola  divina  neir  orifiamma 
del  Cristianesimo  ;  e  dopo  lo  scempio  sanguinoso  di  Diocle- 
ziano ,  infino  dai  primi  tempi ,  attrassero  sempre  i  Cristiani 
col  raggio  delle  candide  virtù  i  suoi  occhi  lucidi  e  sereni, 
riapertisi  splendidissimi,  amabili  al  sole  dell'  infinito  amore. 

Quando  in  Orvieto  si  prendesse  a  onorarla  io  non  mi 
proverò  a  riandare,  perchè  mi  perderei  dentro  la  fitta  oscurità 
che  cela  le  primi  origini  delle  cose  orvietane,  massime  se  at- 
tinenti alla  Fede.  Ma  non  erro  di  sicuro  se  io  dico  che  il 
culto  a  Santa  Lucia  risale  ai  tempi  più  antichi.  Nel  contado, 
in  un  luogo  detto  Rasa,  era  1'  abbadia  dei  monaci  camaldolesi 
dedicata  alla  santa,  forse,  infino  dai  tempi  di  San  Romualdo 
che  ne  fu,  facilmente,  il  fondatore.  Dipendeva  dall'  Abbadia  di 
Rasa  la  chiesa  di  Santa  Lucia  detta  di  Piella^  dentro  la  città. 


704  LUIGI  FUMI 

forse,  come  io  penso,  cosi  detta  dal  quartiere  urbano  ov*  era 
compresa,  quartiere  di  Pistrella  (  Postierla  ),  che  per  accor- 
ciativo si  sarà  detto  anche  di  Piella.  Pio  II  soppresse  la  Bar 
dia  di  Santa  Lucia  per  soccorrere  con  quei  beni  la  mensa, 
ristretta  a  scarse  rendite,  del  Capitolo  della  Cattedrale.  Allora 
la  Chiesa  di  Santa  Lucia  di  Pùlla  sarà  passata,  come  quella 
di  Rasa,  al  Capitolo,  perchè  si  sa  che  per  fino  ai  nostri  tem- 
pi  i  Canonici  ne  avevano  la  custodia  e  Y  uffiziatura  nel  suo 
di  festivo.  Ora  la  modesta  chiesuola,  che  ha  perduta  la  sua 
antica  forma,  conservata  appena  una  traccia  di  ornamentazione 
del  secolo  XIV  in  un  lato  esterno  ,  è  tuttora  sotto  la  cura 
dei  Canonici,  i  quali  la  cessero  alla  Compagnia  degli  artisti, 
istituitavi  nel  1820,  ricevendone  a  titolo  di  patronato  il  cero 
nel  giorno  della  festa. 

È  rammentata  un'  altra  chiesa  a  onore  della  nostra  santa 
fuori  di  porta  Postierla,  come  da  scritture  del  secolo  XIV  ('). 
Oggi  è  distrutta.  È  pure  distrutta  la  chiesa  di  Santa  Lucia 
dei  sacerdoti^  di  che  è  ricordo  nel  secolo  XV  ('),  quando  sotto 
questo  appellativo  non  si  avesse  a  intendere  anche  una  di  que- 
ste accennate  ora.  In  Polzano ,  o  Porzano ,  non  lungi  della 
città,  pieve  già  di  San  Fortunato,  sarebbe  stata  una  chiesa  di 
Santa  Lucia,  notata  in  una  scrittura  del  secolo  XV  uscente  (')• 
Si  trova  che  la  chiesa  dove  si  eresse  il  nostro  Sant'  Agostino, 
prima  dei  Premostratensi,  poi  degli  Eremitani,  quindi  dei  Con- 
ventuali di  San  Francesco,  ora  soppressa,  èra  anticamente  in- 
titolata a  Santa  Lucia  (^).  Sugano,  nei  dintorni  di  Orvieto,  fu 
pieve  di  San  Pietro  conceduta  nel  1029  circa,  dal  vescovo  Sigi- 
fredo  al  Capitolo  di  San  Costanzo  intuita  religionis^  cioè,  senza 
dubbio,  per  istituire  la  vita  comune  fra  i  Canonici,  secondo 
la  regola  di  Sant'  Agostino.  Alla  nostra  Santa  si   trova   dedi- 


(1)  Arch.  Stor.  Com.  Rif.  1369,  toI,  IXXX,  sa  —  1387,  voi.  CV,  e.  10  t. 
(9)  Iti,  Rif.  141;,  toI.  CXXII,  e.  55  t. 
{{)  Ivi,  Prot.  not.  cod.  «egn.  lU,  11,  1. 
(4)  Iyì,  Rif.  1309,  e.  950  t. 


SANTA  LUCIA  UBBRATMCE  DI  ORVIETO  705 

cata  dappoi.  Dei  suoi  rettori  uno  nominasi  nel  1394  (0*  ^^^* 
no  delegati  del  Capitolo,  e  ciò  fu  per  nuova  concessione  di 
papa  Leone  X  dei  25  gennaio  15 19;  e  mandavansi  a  partito 
ogni  anno,  come  è  costume  per  gli  altri  ufficiali  capitolari. 
Nel  secolo  XV  la  chiesa  è  noverata  come  membro  della 
pieve  di  San  Donato,  che  era  la  terza  pieve  (')•  Per  lente 
frane  che  divennero  d'  un  tratto  precipitose,  è  caduta  al  suolo 
proprio  de'  nostri  giorni;  ma  in  luogo  più  sublime  e  in  mi- 
gliore e  più  vasta  forma  or  ora  risorse ,  essendo  vescovo  di 
Orvieto  mons.  Briganti,  di  presente  arcivescovo  di  Apamea , 
del  decoro  delle  sue  chiese,  non  meno  che  dello  spirito  delia 
sua  diocesi,  zelantissimo. 

Egli  è  in  questa  chiesa,  a  poco  tratto  da  Orvieto,  al  cui 
Comune  appartiene  il  luogo  come  appodiato,  che  In  festa  di 
Santa  Lucia  si  osserva  in  modo  speciale.  Vi  si  continua,  con 
una  irresistibile  costanza  di  tradizioni,  Y  uso  del  suono  delle 
campane  per  tutta  la  notte  che  precede  il  13  dicembre.  Pra- 
ticato da  quei  popolani,  senza  speranza  di  rafirenarli  giammai, 
costoro^  senza  intenderne  la  ragione,  perpetuano,  io  mi  penso, 
un'  antica  usanza  dei  loro  proavi  per  ricordare  la  meravigliosa 
protezione  che  la  Santa  mantenne  coi  suoi  vigili  occhi  sulla 
città  di  Orvieto,  come  ora,  entrando  nel  fine  di  questo  scritto, 
vengo  a  narrare  brevemente. 

2.  La  brìga  del  13 13  fra  Guelfi  e  Ghibellini, 

e  la  riforma  a  parte  guelfa 

sotto  gli  auspici  di  Santa  Lucia. 

Era  r  anno  13 13.  Discendeva  in  Italia  Enrico  VII  per  co- 
ronarsi in  Roma  del  diadema  imperiale.  Veniva  con  lui  in 
qualità  di  grande  ufficiale  della  corte  un  nobile  orvietano  con 


(1)   Sri,  Rif.  ad  an,  toI.  CXUI,  c.  79  t. 
(9)  Itì,  ProU  not.  cit. 

Archivio  Storico  li.  45< 


706  •  LUIGI  FUMI 

titolo  di  ostiario  imperiale.  Egli  era  Buccio  di  Nino  de*  Bec* 
cari,  stretto  amico  e  parente  dei  ghibellini  Filippeschi,  i  rivali 
dei  Monaldeschi,  legati  questi  a  parte  guelfa  y  della  città  di 
Orvieto  allora  principali  e  nfiolto  potenti.  I  Filippeschi,  che 
mal  sopportavano  la  preponderanza  in  città  dei  Monaldeschi , 
speravano  di  ridar  su  in  questa  occasione,  abbattendoli.  F,ecero 
venire  in  città  il  Beccari ,  e  tramarono  con  lui  per  conse- 
gnarla air  imperatore.  Rafforzati  nelle  torri  e  nei  palazzi  aspet- 
tavano il  tempo  di  levare  il  romore  come  gli  imperiali  e  i 
ghibellini  della  lega  di  Toscana  e  dell'  Umbria  si  fossero  pre- 
sentati di  fuori  per  dare  V  assalto  alle  mura. 

I  Monaldeschi,  i  quali  avevano  subito  preso  sospetto,  non 
se  ne  stettero  a  vedere.  E  chiamato  il  conte  Benedetto  Gae- 
tani,  che  fu  nipote  di  Bonifacio  Vili ,  come  barone  del  con- 
tado soggetto  ai  Comune,  fecero  varie  provvisioni  per  ri- 
pararsi. 

Grave  era  quel  momento  appunto  per  V  avvicinarsi  di 
Enrico  VII  ;  e  la  tema  di  lui  mettendoli  in  pericolo  di  essere 
soverchiati,  consigliavali  piuttosto  a  un  accordo  coi  loro  emuli, 
almeno  per  guadagnare  tempo.  E  mandarono  a  loro  pregan- 
doli che  cessassero  dal  divisamento  di  chiamare  il  barbaro 
tiranno,  contenti  di  vivere  meglio  a  protezione  della  Chiesa, 
che  piegare  sotto  il  giogo  di  oltramontani  e  nemici  d*  Italia. 
Si  offrivano,  quanto  a  loro,  di  averli  per  amici,  con  metterli 
a  parte  del  reggimento  pubblico,  e  nel!'  ordine  dei  cavalieri, 
e  in  ogni  onore  e  utile  con  loro  soddisfazione. 

Ma  i  Filippeschi,  già  levati  in  superbia,  speravano  disfare 
e  annullare  al  tutto  i  guelfi,  prendendo  la  città  per  l' impera- 
tore. Di  continuo,  giorno  e  notte,  facevano  entrar  gente,  e 
non  si  tardò  a  venire  alle  prese.  Il  i6  di  Agosto  si  cominciò 
la  battaglia  in  più  luoghi.  Combattevasi  dalle  torri  da  una 
parte  e  dair  altra  con  saettamento  gagliardo  ;  e  balestre  e 
trabocchi  cavaronsi  fuori  per  sbattere  gli  edifizi.  Si  sentivano 
dapertutto  rumori  e  pianti,  che  era  cosa  orribile.  Si  vedevano 
donne  coi  loro  figliuoli  in  braccio  e  per  mano  :  i  vecchi , 
mal  sorreggendosi  sulle  gambe,  tirarsi  innanzi  gli  asinelli  ca- 
richi delle  masserizie.  Lagrimando  la  loro  sorte  che  li  rendeva 


SANTA  LUCIA  LIBERATRICE  DI   ORVIETO  707 

inutili,  abbandonavano  la  città.  Le  pòrte  erano  serrate,  le 
abitazioni,  le  botteghe  chiuse  ;  le  strade  intravate,  le  catene 
allacciate  da  ogni  parte.  Cominciò  un  cozzare  d'  armi  da  per 
tutto.  Gli  ufficiali  se  ne  stavano  muniti  nei  palazzi  pubblici 
con  le  loro  corti.  Il  giorno  17  ecco  i  Filippeschi  rovesciarsi 
come  piena  impetuosa  nel  palazzo  del  Popolo.  Lo  vincono, 
ne  scacciano  di  seggio  il  Capitano  che  era  messer  Catullo  di 
Monteccolo. 

Allora  i  Monaldeschi,  solleciti  a  mettere  in  salvo  il  Po- 
desta,  penetrarono  per  una  bottega  nel  palazzo  del  Comune, 
dove  ei  risiedeva;  lo  condussero  via  segretamente  e  lo  racchiu- 
sero in  San  Francesco.  Il  19  venivano  in  loro  aiuto  i  signori 
di  Farnese,  di  Montemarte  e  di  Campiglia.  Ugolino  di  Ufire- 
duccio  d' Alviano  conduceva  gente  di  Montepulciano ,  di  Ra- 
dicofani.  Chiusi,  Bagnorea  e  Toscanella. 

Si  attaccò  il  fatto  d'  arme  in  Postierla,  quartiere  tutto  di 
Filippeschi.  I  Monaldeschi  incalzati  rincularono  infino  alla 
chiesa  di  San  Cristoforo.  In  quel  mentre  arrivavano  da  porta 
Vivaria  ottocento  cavalli  e  tremila  fanti  dell'  imperatore.  Suo- 
navano in  segno  di  trionfo  trombe  d'  argento  e  altri  stru- 
menti. Loro  capitano  era  Bindo  signore  di  Baschi.  Vi  erano 
Manfredi  dei  Prefetti  di  Vico,  il  conte  di  Santa  Fiora,  Gui- 
duccio  di  Bisenzo,  Lante  da  Carnano  e  Sciarra  Colonna  con 
Viterbesi,  Todini,  quei  di  Amelia,  di  Narni  e  di  Temi.  Era 
tutta  la  lega  dei  ghibellini  deir  Umbria  coi  tedeschi  insieme. 
Come  si  videro  in  si  gran  numero  sopra  i  Monaldeschi,  pre- 
sero a  schernirli.  Vantavansi ,  mettendo  pegno ,  di  scacciarli 
tutti  nella  notte  che  seguirebbe  senza  colpo  ferire.  E  di  ciò 
facevansi  ragione  facilmente  anche  i  guelfi  da  per  loro  stessi  ; 
che  tutta  quella  gente  li  spaventava.  Allora  il  Capitano  del 
Patrimonio,  che  era  venuto  apposta  per  quietare,  si  mise  col 
Vescovo,  con  tutti  gli  ordini  religiosi  della  città  e  coi  mag- 
giorenti dei  guelfi,  e  mossero  tutti  insiemi  alla  volta  di  Bindo 
e  del  Prefetto,  e  con  modi  supplichevoli  gli  invitarono  a  vo- 
lere, per  amor  di  Dio,  risparmiare  una  battaglia  che  avrebbe 
dato  lo  sterminio  alla  città.  E  rinnovarono  Y  offerta  che  eb- 
bero già  fatta  dei  seggi  del  Comune;  che  li  cedevano  libera- 


7o8  LUIGI  Fmti 

mente,  a  patto  di  non  avere  signoria  di  oltramontani.  Ma  gli 
altri  risposero  :  Non  rimanere  ornai  ai  guelfi  che  una  via ,  o 
tutti  andarsene  in  buona  pace,  o  tutti  cadere. 

Unico  scampo  ai  perduti  è  la  disperazione.  E  i  Monalde- 
schi  accettarono  la  battaglia.  E  si  ritorna  alla  zufia,  e  la  Pu- 
sterla  è  tutta  in  arme.  I  Filippeschi  soperchiano  di  forze  e 
scacciano  del  quartiere  i  Monaldeschi.  Li  inseguono  fino  alle 
case  de' Vaselli.  Questi  signori,  atterriti,  levano  allora  in  alto 
il  vessillo  del  Capitano  Bindo.  Pareva  spacciata.  In  queir  ora 
molti  lasciarono  il  campo  della  mischia,  e  piangendo  e  gri- 
dando si  danno  alla  fuga  giù  per  porta  Santa  Maria  e  per 
Portusa.  Ed  ecco  che  i  Guelfi,  fuggendo,  odono  dall'  alto  una 
gran  voce  che  gli  richiama:  «  O  voi  che  fuggite  della  vostra 
«  città,  rifatevi  indietro,  tornate  securi.  Sono  per  via  gli  sti- 
«  pendiari  di  Perugia  che  vengono  alla  difesa  della  città  della 
e  Vergine  e  di  parte  guelfa  ».  Uno  grida  allora:  «  La  voce  è 
del  cielo  »  !  E  questo  basta  a  farli  ritornare  sulle  loro  traccie, 
mentre  appunto  mille  e  dugenti  fanti  perugini  con  altrettanti 
cavalli  entravano  a  suon  di  naccare,  di  tube  e  di  trombette 
per  porta  Maggiore^  tagliavano  le  sbarre  delle  vie  e  davano 
dentro  con  forza  nella  Postierla.  Guelfi  perugini  e  guelfi  or- 
vietani in  una  battaglia  a  corpo  a  corpo  coi  ghibellini,  durata 
più  ore,  li  fanno  rinculare  fino  alla  fonte  di  Santo  Stefano. 
Bindo,  il  capitano  generale,  sente  il  pericolo  serrarsi  addosso 
ai  suoi.  Con  V  esempio  gli  incuora ,  lanciatosi  dentro  come 
leone.  Un  denso  saettlo  lo  investe  da  ogni  parte.  Lo  rove- 
sciano di  sella,  lo  coprono  di  ferite,  lo  finiscono  con  le  spade, 
i  coltelli,  le  lancie  e  gli  spunzoni,  e  ne  recidono  ambe  le 
mani.  Fu  notato  come  atto  di  somma  pietà  che  il  suo  corpo, 
raccolto,  si  portasse  a  seppellire  nella  chiesa  di  San  Francesco. 

Morto  Bindo,  nello  stesso  giorno  i  ghibellini  elessero 
loro  capitano  messer  Bernardo  degli  Acerbi,  probo  e  sagace 
cavaliere  degli  usciti  fiorentini.  Riordinò  le  schiere  dei  cavalli 
e  fanti  in  piazza  San  Domenico  e  in  quella  contrada,  e  so- 
stenne r  impeto  dei  guelfi  che  da  piazza  di  Sant'  Egidio  mos- 
sero a  dare  la  seconda  battaglia.  Mandavano  per  V  aria  le 
quadrelle  un  suono  come  fischio,  e  prima  di  vederle  s'  appun- 


SANTA  LUCIA  LIBERATRICE  DI  ORVIETO  709 

tavano.  Le  aste  uncinate  percuotevano  le  armature,  arrivavano 
le  groppe  dei  cavalli ,  mandavano  a  terra,  arruffando  e  trasci- 
nando via  coi  graffi  di  ferro.  A  corpo  a  corpo  si  combattè 
con  le  spade  e  con  le  coltelle  gli  uni  sugli  altri.  Un  grido  di- 
sperato dei  ghibellini  strazia  le  orecchie,  e  vi  risponde  un 
grido  di  barbara  gioia  dei  guelfi.  Un  dardo,  volando,  si  è  con- 
fitto sul  traditore  della  patria.  Buccio  de'  Beccari,  V  ostiario 
dell'  Imperatore  stramazza  e  muore.  '  Un  cuore  caldo  di  amore 
di  patria,  sporgendo  l' indice  della  mano  destra  sopra  di  lui, 
gli  attaglia  il  dettato  di  Salomone:  Qui  fodit  Joveam  incidit  in 
tatn;  et  qui  dissipai  sepem  mordebit  eum  coluber  I 

Bella  pagina  di  storia  per  la  indipendenza  delle  nostre 
città  italiane,  se  all'  odio  degli  oltramontani  non  andasse  fram- 
misto r  odio  delle  parti  cittadit\e  1 

Ma  la  battaglia  non  è  peranco  finita.  Il  novello  capitano 
generale,  il  fiorentino  fuoruscito  messer  Bernardo  cade  an- 
ch' esso,  e  i  morti  gli  si  ammontano  intorno.  Lo  sgomento 
è  in  tutti  i  Ghibellini.  Soltanto  una  schiera  di  quei  di  Todi 
si  ripresenta  a  combattere  sulla  strada  di  Santa  Margherita. 
E  fu  tagliata  anche  quella  schiera,  e  li  davanti  alla  chiesa  di 
Santa  Margherita  cade  morto  con  molti  altri  V  ultimo  cam- 
pione, il  capitano  Lippotero  conte  di  Castelvecchio.  Era  1'  ora 
di  vespero.  Non  vi  sono  più  capi.  I  ghibellini  si  danno  alla 
rotta,  e  molti  fuggono  per  porta  Vivaria.  I  cavalieri  guelfi 
lanciavano  dietro  a  loro  le  picche.  Donne  e  giovani  orvietani 
li  urtano  contro  le  ripe,  e  poi  spenzolandoli  giù,  li  lasciavano 
andare  di  sotto.  L'  ebbero  buona  Sciarra  Colonna  e  il  Prefetto 
di  Roma,  perchè  due  Cardinali ,  che  erano  in  Orvieto ,  se  li 
ricoverarono.  Quelli  che  rimasero  furono  prigioni. 

Questa  fu  la  giornata  del  20  Agosto  13 13,  notabile  nella 
storia  del  medioevo,  perchè  sconfìsse  un  partito  non  tanto 
cittadino,  quanto  regionale,  a  discredito  di  Enrico  VII  e  a 
gloria  della  parte  nazionale.  San  Bernardo,  che  ricorreva  in 
quel  giorno  la  festa,  fu  da  quel  tempo  il  protettore  dei  guelfi, 
e  ascritto  fra  i  patroni  della  città.  I  Monaldeschi  e  i  guelfi 
per  assicurarsi  il  dominio,  dopo  che  anche  essi  ebbero  con- 
tati i  loro  morti,  si  misero  a  studiare  varii  modi  per  mante- 


7 IO  Luigi  fi)mi 

nersi  sicuri  dai  Filippeschi  e  dai  ghibellini.  Una  nuova  costitu- 
zione comunale  ne  venne  fuori,  L' ordine  democratico  in 
restaurato  con  leggi  nuove,  con  la  spogliazione  delle  sostanze 
dei  vinti ,  con  la  distruzione  delle  loro  case ,  con  proclamare 
il  governo  a  parte  guelfa  e  a  popolo.  Questo  fatto  fu  il  co- 
ronamento della  vittoria  di  San  Bernardo;  e  perchè  fu  com- 
piuto nella  adunanza  del  Consiglio  pubblico  tenuto  nel  refet- 
torio di  San  Francesco  il  giorno  sacro  a  Santa  Lucia,  il 
13  dicembre  1315,  fu  proclamata,  fra  feste  e  tripudi  trionfali, 
la  nuova  protettrice  dei  guelfi,  palladio  del  popolo,  la  vergine 
ausiliare  del  governo.  Da  quel  giorno  a  Santa  Lucia  fu  sa- 
crata la  città,  i  reggitori  si  votarono  a  lei,  e  in  ogni  luogo 
pubblico  sorse  una  immagine,  una  statua  della  Santa  appel- 
lata coi  nomi  più  eletti.  Lucia  pura.  Lucia  dolcissima.  Lucia 
proteggitrice  del  popolo  e  del  Comune  orvietano,  gloriosa, 
pura,  soavissima  verginella,  sua  guida  e  difesa  fortissima  ('). 

3.  Cappelle  a  Santa  Lucia  nei  palazzi  pubblici 

e  suo  culto;  e  come  fosse  proclamata 

Liberatrice  della  città. 

A  cominciare  dall'  anno  1309  il  Comune  mandava  per  la 
festa  di  Santa  Lucia  un  cero  in  dono  alla  Chiesa  di  Sant'A- 
gostino ('),  che  si  è  detto  dedicata  prima  a  questa  Santa.  Ma 
dopo  la  restaurazione  del  popolo  guelfo,  il  cero  si  offriva  a 
Santa  Lucia  di  Pklla  ('),  e  si  alzò  al  suo  nome  la  cappella 
nel  palazzo  del  Popolo  in  una  sala  presso  la  loggia  (^).  Era 
qui  dove  si  facevano  i  Consigli,  prescelto  il  luogo  sacro  quasi 
a  trarne  V  ispirazione  e  V  aiuto  del  cielo.   Un'  altra  cappella 


(r)  Itì  Libro  Romo,  e.  zx  t. 
(3)  Ivi  Rif.  Ad  ann.  e.  350  t. 

(3)  Ivi  Rif.  1312,  Voi  XXI,  e.  99. 

(4)  Arch.  Stor.  Com.  Rif.  13S7,  e.  lai. 


SANTA  LUCIA  LIBERATRICE  DI  ORVIETO  71I 

fl 

fu  eretta  nelle  case  dette  della  Chiesa,  dove  risiedevano  i 
Signori  Sette,  poi  Signori  Cinque,  e  Sette  rimessi  di  nuovo 
più  tardi.  Questa  cappella  si  trovava  dove  oggi  risiede  il  Tri- 
bunale, e  aveva  ai  lati  la  torre  del  Papa,  e  la  loggia  pubbli- 
ca (').  Le  adunanze  deli'  ufficio  de'  Sette  si  facevano  in  que- 
sta cappella,  e  tutti  i  negozi  più  importanti  del  Comune  si 
trattavano  in  essa. 

Un'  altra  cappella  ancora  fu  innalzata  nella  chiesa  di  San 
Francesco,  dove  ogni  anno  il  Comune  offriva  il  cero,  espres- 
samente a  commemorazione  della  riforma. 

In  fìne«  nel  palazzo  del  Comune  propriamente  detto,  si 
volle  edificata  di  pianta  un'  elegante  chiesuola ,  dopo  che  un 
nuovo  avvenimento  storico  ebbe  provocata  vieppiù  la  devo- 
zione pubblica,  come  ora  diciamo. 

I  Monaldeschi  impinguatisi  con  le  spoglie  dei  vinti  Fi- 
lippeschi,  divenuti  straricchi,  cominciarono  a  signoreggiare  la 
città,  si  divisero  fra  loro  medesimi,  si  nimicarono  a  spese  e 
danno  della  comune  patria,  non  meno  che  del  proprio  loro 
sangue,  soperchiandosi  1^  un  ramo  e  1'  una  fazione  sugli  altri. 
Vi  furono  Monaldeschi  del  Cane ,  Monaldeschi  dell*  Aquila , 
Monaldeschi  della  Vipera  e  Monaldeschi  del  Cervo.  Vi  furo- 
rono  le  fazioni  dei  Beffati  e  dei  Malcorinij  poi  dei  Muffati  e 
dei  Melcoriniy  favorite  o  capitanate  dall'  uno  o  dall'  altro  dei 
Monaldeschi.  Le  loro  follie  portarono  la  città  alla  miseria  e 
alla  distruzione  totale.  Fra  gli  altri,  ma  fortunatamente  fu 
r  ultimo.  Gentile  Monaldeschi  con  modi  tirannici  la  oppresse 
a  lungo,  egli  con  Arrigo  suo  fratello,  capi  di  parte  Malcori-- 
na,  tenendo  lontani  dalla  patria  i  Monaldeschi  della  Cervara 
e  i  Mufiati. 

Correva  Y  anno  1449  ed  era  il  quattordicesimo  della  ti- 
rannide di  Gentile  e  di  Arrigo.  Arrigo  soltanto  si  trovava 
allora  in  Orvieto,  perchè  Gentile  aveva  condotta  di   milizie 


(I)  Ivi,  Rif.  1 381,  voi.  Cly  e.  t. 


TU  LUIGI  FDltl 

fuori.  I  Monaldeschi  della  Cervara  e  i  Muffati  fecero  trattato 
per  rientrare  in  città  e  tórla  di  mano  ali'  oppressore.  Condus- 
se la  pratica  un  pover*  uomo,  secondo  il  Manente  un  Gual- 
tieri di  Forano,  secondo  altri  uno  da  Benano,  il  quale  di  con- 
dizione bassissima,  di  piccola  statura,  ma  di  animo  forte  ^  a- 
stuto  e  sagace,  riusci  a  compirla.  Se  ne  venne  in  Orvieto 
vilmente  vestito  e  si  mise  a  chiedere  V  elemosina  allo  spe* 
dale  e  in  Santa  Maria,  e  intanto  osservava  tutto  e  tutto  no- 
tava minutamente,  la  sicurezza  delle  ripe,  il  numero  della 
gente,  la  custodia  della  città.  Quindi  usci  a  trovare  i  Muffati 
e  contò  loro  quello  che  avea  notato ,  e  che  modo  fosse  da 
tenere  per  prendere  la  città  e  levarla  dal  governo  di  Arrigo. 
In  sostanza  si  conchiuse  che  egli  dovesse  di  nuovo  ritornare 
in  Orvieto  a  favorire  la  scalata  delle  ripe.  La  sera  avanti  di 
Santa  Lucia  egli  vi  entrò  con  un  fascio  di  frasche  in  sulle 
spalle.  Andò  allo  Spedale  senza  che  nessuno  prendesse  di  lui 
sospetto,  e  quando  vide  il  tempo,  trasse  un  chiodo  e  una  fu- 
ne che  avea  recati  di  sotto  al  fascetto  ,  e  fitto  il  chiodo  in 
sulla  ripa  sotto  la  guardiola  di  San  Francesco  con  un  mar- 
tello che  gli  venne  bene  di  togliere  alla  fabbrica  di  Santa  Ma- 
ria, gettò  a  pie  della  ripa  la  corda  ai  Muffati,  i  quali  legatavi 
la  scala  di  fune,  salirono  per  essa  le  ripe  ed  entrarono  circa 
sessanta  di  loro  con  Corrado  Monaldeschi  della  Cervara.  Pre- 
sero subito  la  guardia  vicina  e  la  sentinella  che  andava  at- 
torno, e  li  tennero  legati  e  con  le  spade  alla  gola,  perchè 
non  facessero  motto.  Altri  con  Corrado  si  misero  per  la  via 
di  San  Francesco.  Incontrano  un  cervo  domestico  allevato  in 
casa  di  Gentile  Monaldeschi ,  e  ne  prendono  buon  augurio, 
perchè  è  T  emblema  della  loro  stirpe,  e  col  suono  che  faceva 
coi  sonagli  al  collo  copriva  il  rumore  dei  loro  passi.  Onde 
giunti  in  piazza  di  Santa  Maria  e  rivedendo  la  facciata  divina 
si  gettano  in  ginocchio  sulle  scale,  giurano  di  liberare  la  cit* 
tà  dal  tiranno  e  non  far  male  a  nessuno  per  quanto  possono. 
Di  là  traggono  alla  casa  di  Arrigo,  il  quale  al  rumore  senza 
altro  aspettare,  corre  in  camicia  e  con  una  lancia  in  mano  si 
fa  alla  porta;  e  volendo  contrastare,  fu  subito  morto  e  messo 
supino  in  un  tavolone  sulla  via,  acciò   fosse  da  tutti  veduto. 


SAOTA  lucia  LtBfiItATtaC&  Di  ORVIETO  'Jì^ 

Andati  alla  volta  di  piazza  Maggiore,  sorpreso  il  corpo  di 
guardia,  ne  uccisero  il  capo ,  Tommaso  Mazzocchi  ;  quindi 
datisi  a  suonare  la  campana  di  Sant'Andrea,  dettero  il  segnale 
ai  compagni  che  attendevano  a  porta  Maggiore.  La  quale  pre- 
sto gettata  a  terra,  furono  subito  dentro  la  città  Paolo  Pietro 
e  Luigi  Monaideschi  delia  Cervara  e  il  Conte  di  Pitigliano 
con  alquanti  balestrieri,  e  con  gente  di  Porano,  di  Sugano, 
di  Lubriano,  Torre,  Bolsena,  Onano  e  Castiglione. 

L'  alba  di  quel  giorno  rischiarava  le  vie  della  città  con 
i  trionfi  di  una  fazione  che  gridava  pace  e  libertà,  e  restitui- 
va quietamente  le  cose  orvietane  sotto  la  protezione  della 
Chiesa  e  al  governo  di  papa  Niccolò  V. 

Senz'  altra  efiusione  di  sangue ,  dice  lo  storico  Ferrari , 
svaniva  cosi  uno  degli  ;stati  più  violenti  della  vecchia  Italia. 

Da  quel  giorno  Santa  Lucia  fu  appellata  la  Liberatrice  di 
Orvieto:  i  suoi  altari  rifulsero  di  ornamenti  e  s' illuminarono 
di  ceri;  e  ne  fu  osservata  costantemente  la  festa  (').  Fu  de- 
cretata la  costruzione  di  una  cappella  in  suo  onore  nel  palazzo 
del  Comune,  perchè  tutti  i  giorni  i  signori  Conservatori  vi 
assistessero  alla  messa.  Nel  1454  due  maestri  muratori  con 
due  religiosi  attendevano  a  fare  eseguire  il  nuovo  edificio, 
che  tuttora  conserva  le  traccie  del  suo  tempo  con  la  volta  a 
crociera  e  la  fenestra  a  occhi  veneziani  (').  La  graziosa  cap- 
pella fu  presto  arricchita  di  suppellettili  e  arredi  preziosi,  per 
i  quali  si  impose  una  tassa  per  un  solo  anno,  nel  1450,  sulle 
quietanze  pubbliche  e  sul  bestiame  da  lavoro  (').  Primo  cap- 
pellano della  nuova  cappella  fu  frate  Gregorio  priore  di 
Sant'  Andrea.  Quindi  passò  la  cappellania  al  convento  di 
San  Francesco  (*). 


(1)  Ivi,  Rif.  1450,  Tol.  CXLI,  e.  76-78. 

(a)  Ivi,  Rlf.  1454,  voi.  CXLII,  e.  255  t,  S56  t. 

(^)  Ivi,  Rif.  1455,  voi.  CXLIV,  e.  13  t.  1438»  voi.  CXLV«  e.  86,  87. 

(4)  Ivi,  Rif.  1460,  voi.  e.  XLVI,  e.  36o« 


7 14  ^^ài  FUMI 

Si  continuò  fino  ai  nostri  giorni  a  celebrare  la  festa  nel 
palazzo  comunale  con  decoro  e  squisitezza  convenienti  alle 
tradizioni  antiche.  Oggi  si  fa  tutti  gli  anni  a  spese  del  Mu- 
nicipio neir  altare  di  Santa  Lucia  a  San  Francesco,  senza  che 
tutti  sappiano  la  storica  ricorrenza  di  quel  giorno  e  V  antica 
devozione  degli  orvietani  a  quella  Santa  che  vollero  effigiata 
nelle  tele  in  atto  di  offrire  a  Dio  dolcemente  sulle  sue  mani 
la  città  dei  guelfi  e  delle  libertà  rivendicate. 


Luigi  Fumi 


LETTERE 

DI  BENEDETTO  XIV 

ALL'  ARCIDIACONO 

INNOCENZO  STORANI  DI  ANCONA 


Crediamo  di  non  fare  opera  priva  d*  interesse 
storico,  pubblicando  la  corrispondenza  di  Prospero 
Lambertini,  Benedetto  XIV,  con  Innocenzo  Storani 
di  Ancona.  Si  compone  di  cento  sei  lettere,  ed  é 
perciò  molto  superiore  per  numero  a  quella  dello 
stesso  pontefice  con  il  cardinale  Delle  Lanze,  che  é 
di  lettere  ventinove  ('),  e  non  molto  inferiore  a  quella 
con  il  canonico  Pier  Francesco  Peggi,  che  é  di  lettere 
cento  settantanove  (');  mentre  a  nostro  avviso  vince 
r  una  e  V  altra  per  la  importanza. 

Gli  originali  delle  lettere,  che  vanno  dal  1741 
al  1752,  scritte  in  carta  filettata  d'oro,  meno  tre  che 
si  conservano  nelF  archivio  comunale .  di  Ancona, 
sono  raccolte  in  un  libro,  coperto  di  cartone,  col  nu- 


(i)  Lettere  inedite  di  Santi  Papi  Principi  illustri  Guerrieri  e  Letterati 
con  note  ed  illustrazioni  del  cav.  Luigi  Cibrarìo.  Torino,  Tip.  Botta,  1861. 

(2)  Lettere  di  Benedetto  XIV  scritte  al  canonico  Pier  Francesco  Peggi  a 
Bologna,  pubblicate  per  cura  di  Francesco  Saverio  Kraus,  professore  di  sto- 
ria ecclesiastica  nell*  università  di  Friburgo.  Friburgo,  D.  B.  Tubinga,  i884. 


Tl6  MICHELE     MAROHI 

mero  delle  pagine  dall'  uno  al  trecento  novantanove, 
posseduto  dalla  nobile  famiglia  Storani.  Nel  1807  il 
capitolo  della  cattedrale  ne  fece  eseguire  una  copia 
dal  Signor  Giuseppe  Ciampoli,  che  venne  autenticata 
dal  notaio  Orazio  Marasca.  E  su  questa  il  frate  car- 
melitano Dionisio  Liberti  esegui  ancora  una  copia 
nel  1860  per  incarico  del  canonico  Sebastiano  Petrelli, 
che  ne  fece  un  gradito  dono  al  nostro  parente  di 
venerata  ricordanza,  il  cardinale  Lorenzo  Barili,  va- 
lentissimo cultore  delle  patrie  memorie  (');  e  questa 
pervenne  nelle  nostre  mani. 

Lo  Storani,  a.  cui  le  lettere  sono  dirette,  era  ar- 
cidiacono della  chiesa  cattedrale.  Egli  nacque  in  An- 
cona nel  1680,  un'  anno  innanzi  alla  morte  del  suo 
zio,  canonico  della  cattedrale  e  vicario  generale  della 
diocesi,  Cristofaro  (*),  che  primo  della  famiglia  Sto- 
rani nel  1630  circa  si  recò  in  Ancona  dalla  nativa  Ra- 
gusi,  dove  molto  tempo  prima  la  famiglia  Storani, 
fuggitiva  dalla  Serbia  per  le  stragi  turchesche,  aveva 
trovato  ricovero.  Segui  Cristofaro  il  fratello  Giovanni, 
il  padre  dì  Innocenzo,  che  tolta  in  moglie  1'  anco- 
nitana Caterina  Marcelli,  diede  principio  nella  città 
nostra  a  quella  famiglia  Storani,  che  da  Urbano  Vili 
venne  con  altre  parecchie  famiglie  di  Ancona  ascritta 
nel  ruolo  delle   patrizie   (').   D' Innocenzo ,   tranne 


(i)  Vedi  C.  Feroso.  Ancona  semper  optimorum  mgeniorum  faecunda  gè- 
nitrix,  Ancona,  Morelli,  1883. 

(2)  Fu  insigne  matematico.  V.  C.  Feroso.  Ancona  ecc. 

(3)  Per  la  estinzione  di  molte  famiglie  nobili  anconitane  avvenuta 
dopo  il  1532,  circa  il  1630  si  pensò  da  alcuni  consiglieri  di  aggregare  alla 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XI V  ^l^ 

eh'  egli  fu  arcidiacono,  e  il  primo  deputato  per  le 
scuole  delle  Maestre  Pie,  dopo  che  queste  vennero 
istituite  dal  vescovo  cardinale  Massei,  non  cono- 
sciamo altre  notizie  biografiche.  Mori  nel  1753  (*). 
Laonde  il  maggior  titolo  di  lode  per  Innocenzo 
Storani,  da  noi  conosciuto,  è  la  benevolenza  e  la  fa- 
migliarità, della  quale  lo  onorò  Benedetto  XIV,  giu- 
sto e  sagace  conoscitore  di  uomini  e  di  cose.  E  la 
famigliarità  tra  lo  Storani  e  il  Lambertini  certamente 
nacque,  quando  questi  dal  1727  al  1730  fu  vescovo 
di  Ancona.  Già  prima  che  personalmente  lo  cono- 
scesse, il  Lambertini  si  era  rivolto  allo  Storani,  co- 
me a  principal  dignità  della  cattedrale,  appena  nomi- 


nobiltà  alcune  ricche  e  rispettabili  famiglie  della  città.  Ma  altri  consiglieri, 
la  più  parte,  energicamente  si  opposero  a  questo  partito,  timorosi  di  vedere 
menomati  i  loro  privilegi.  Nacquero  perciò  discordie  e  lotte,  aHe  quali  si 
associò  anche  il  popolo.  Sciolse  la  contesa  il  papa  Urbano  Vili,  il  quale 
con  breve  del  io  ottobre  1639,  compiendo  atto  di  sovranità,  aggregò  quin- 
dici famiglie  alla  nobiltà  anconitana,  e  fra  queste  la  recente  famiglia  Sto- 
rani. Camillo  Albertini,  nel  suo  Elenco  delle  famiglie  aggregate  dopo  il  Jj)2, 
manoscritto  nell*  archivio  comunale  di  Ancona,  riferisce  le  seguenti  parole 
di  Giovanni  Fichi  Tancredi,  di  antica  nobiltà,  e  contrario  ali*  aggregazione:  — - 
«  Il  Storani  è  Raguseo,  et  in  Ragusa  nemmeno  aveva  1*  essere  di  cittadino. 
«  n  zio  tira  la  sciabbica,  et  è  vile  e  pover  uomo  ;  qua  in  Ancona  non  ha  ca- 
«  pitale  del  suo  Se.  3  mila,  non  ha  parentato  mai  con  alcuno  della  città,  et 
«  sono  20  anni  eh'  è  in  Ancona.  »  —  Ma  1*  Albertini  nota  subito  appresso 
che  Matteo  Storani  ebbe  il  privilegio  di  famigliarità  dall'  imperatore  in  data 
di  Praga  24  marzo  161 6,  e  Biagio,  padre  di  Cristofaro  e  di  Giovanni,  in 
data  di  Vienna  7  gennaio  1622.  Le  parole  adunque  del  Tancredi  erano  det- 
tate da  malignità  con  ignoranza  delle  circostanze  de'  fatti, 

(i)  La  famiglia  Storani,  come  chiama  vasi  in  antico,  esiste  ancora,  ed 
oggi  dicesi  Sturani.  In  questo  secolo  si  rese  diiaro  per  ingegno  Ludovico, 
che  nel  183 1  appartenne  al  governo  provvisorio  delle  provincie  unite   ita- 
liane con  r  officio  di  ministro  delle  finanze»  —  V.  Cesare  Facdiini.  La  Ca* 
pitolaiione  <r  Ancona  del  MDCCCXXXL  Bologna,  Zanichelli,  x884. 


7l8  MICHELE      MARONI 

nato  vescovo  da  Benedetto  XIII,  dandogli,  come  a 
procuratore,  V  incarico  della  presa  di  possesso.  E  la 
famigliarità,  allora  contratta,  perdurò  finché  visse  lo 
Storani,  che  di  alcuni  anni  precede  nella  tomba  il 
suo  augusto  amico. 

Le  lettere  allo  Storani,  piuttostoché  del  ponte- 
fice, la  cui  storia  é  facile  a  conoscersi  ('),  e'  invi- 
tano a  dire  una  parola  del  vescovo  di  Ancona,  la 
cui  storia  é  presso  che  affatto  ignorata.  La  nobile 
famiglia  Bolognese  dei  Lambertini,  allorché  Prospero 
fu  nominato  vescovo  di  Ancona,  non  era  quivi  nuo- 
va; giacché  nel  1384  Egano  Lambertini  fii  podestà 
di  Ancona,  e  nel  1573  Lodovico  Lambertini  fu  pro- 
legato del  cardinale  Guastavillani.  Per  il  che,  legato 
da  ricordi  domestici  alla  nostra  città,  Prospero  ne 
accettò  con  piacere  il  vescovado,  parendogli  di  ve- 
nire fra  noi,  non  solo  come  vescovo  e  giudice,  ma 
eziandio  come  cittadino  (*).  Laonde  per  affetto  ad 
Ancona,  prima  ancora  che  vi  si  recasse,  si  fece  ala- 
cremente a  sostenere  il  diritto  di  giuspatrpnato  per 
il  comune  sulla  chiesa  del  Crocifisso  di  Umana,  alla 
quale  anche  nelle  cure  del  pontificato  rivolse  il  suo 
studioso  pensiero,  come  appare  dalle  presenti  let- 
tere. E  durante  il  breve  tempo  del  vescovado, 
compose  in  buon'  accordo  alcune  famiglie  da  mol- 
to tempo  inimiche  per  fiere  dissenzioni  ;  si  diede 
con    ogni    vigore    al    miglioramento    delle    strade 


(i)  V.  Gaetano  Moroni.  Dixionario  di  erudixioM  storico  -  eccUsiastica. 
Voi.  V.  Venezia.  Tip.  Emiliana  i84o. 

(2)  Lettera  Pastorale  24  feb.  1727.  —  V.  Institutiones  Eccksiastica$ 
Benedicti  XI V,  T.  III.  Romae,  Ansiglioni,  1785. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  719 

della  città  ed  . all' apertura  di  nuove,  provvedendo 
senza  balzelli  per  i  cittadini  alla  entrata  occorrente 
per  la  loro  manutenzione;  pose  ogni  cura  al  riordi- 
namento amministrativo  della  mensa  vescovile  au- 
mentandone le  rendite,  e  della  chiesa  cattedrale, 
che  decorò  del  coro  e  dell'  altare  maggiore  (*) ,  e 
che  fatto  pontefice  arricchì  di  annui  preziosi  doni  (*); 


(i)  Intorno  al  coro,  in  memorìa  dell'  opera,  si  legge  la  scritta  —  Pro- 
sper  S.  R.  E.  Card,  de  Lambertiniié  Episcopus  Anconae  altare  et  chorum 
renovavit.  Anno  Domini  MDCCXXXI.  — 

(2)  Il  vescovo  Niccola  Manciforte  fece  a  sue  spese  un  monumento  al 
munificente  pontefice,  collocando  due  lapidi  di  fino  marmo  ai  lati  dell*  alta- 
re maggiore,  sopra  una  delle  quali  è  il  busto  di  Benedetto  XIV,  e  sopra 
r  altra  un'  angelo  tenente  in  mano  il  triregno.  Con  le  seguenti  iscrizioni. 

Benedicto  XIV  Pont  Max. 

quod 

Anconitanam  ecclesiam  sanctissimis  rexerit  legibus 

innocentia  et  suaVitate  morum  omaverit 

praeclarìs  muneribus  auxerit 

et 

quem  animi  anconitanorum  altissime  impressam 

munifìcentissimi  principis  memoria m 

nulla  delibet  oblivio 

ut  ipsa  etiam  eius  imago  perpetuo  renovaret 

Nicolaus  Manciforte  Episcopus 

anno  CIDI3CCXLVIII.  p. 

Benedicto  XIV  Pont.  Max. 

cuius  liberalitate 

Senogalliensem  primum  ecclesiam  consecutus 

deinde  ad  Anconitanam  traductus 

summis  et  immortalibus  beneficiis 

indulgentissimo  principi 

sentiens  in  perpemum  se  esse  devinctum 

Nicolaus  Manciforte  Episcopus 

sempitemum  eius  erga  se  meritorum  testem 

hoc  monumentum  p.  anno  CIDIDCCXLVIII. 


720  MICHELE     MARONI 

commutò  in  facili  opere  di  pietà  i  voti  pubblici  resi 
impossibili  ad  eseguirsi,  e  ridusse  il  numero  omai 
infinito  delle  pubbliche  processioni,  o  luminarie,  che 
si  facevano  con  l' intervento  del  capitolo  e  del  ma- 
gistrato ;  e  in  ogni  circostanza  tutto  il  suo  ingegno 
ed  il  favore,  del  quale  godeva  presso  i  pontefici  Be- 
nedetto XIII  e  Clemente  XII,  adoperò  in  beneficio 
della  chiesa  e  del  comune  anconitano.  E  alle  solle- 
citudini del  Lambertini,  anche  dopo  lasciato  il  vesco- 
vado di  Ancona,  la  città  dovè  in  gran  parte  attri- 
buire il  merito  dei  privilegi  accordati  da  Clemen- 
te XII,  come  la  franghigìa  del  porto,  e  dei  lavori 
da  questo  pontefice  decretati,  come  il  lazzaretto  ed 
il  prolungamento  del  molo  chiamato  dementino  ('). 


(i)  Il  molo  o  braccio  sopra  disegno  del  Vanvitelli  per  ordine  di  Cle- 
mente XII  incominciato  nel  1733,  fii  pros^;uito  sotto  Benedetto  XIV,  e 
compiuto  sotto  Pio  VI.  In  onore  di  Benedetto  nel  muragUone  longo  il  brac- 
cio fii  posta  la  seguente  iscrizione. 


Benedictus  XIV  P.  M. 

ad  tutam  navium  stationem 

producto  ultra 

hunc  lapidem  aggere 

et  jacta  mole 

in  altitudinem  maris 

fere  LX 

opus 

a  Gemente  XU  decessore  suo 

inchoatum 

perfed  jussit  curante 

Nicolao  Fteelli 

Appolid  Aerarli  praefecto 

anno  MDCCLVI. 


LETTERE   DI   BENEDETTO  XI V  72 1 

Non  é  a  dirsi  pertanto  se  gli  anconitani  con 
rammarico,  appena  corsi  tre  anni,  videro  il  Lamber- 
tini  lasciare  Ancona  per  V  arcivescovado  di  Bologna, 
sua  patria  ;  e  con  gioia  appresero  la  notizia  dell'  e- 
saltazione  di  lui  al  pontificato.  Narra  Camillo  Alber- 
tini,  nella  sua  Storia  £  Ancona  manoscritta  nell'  ar- 
chivio comunale  ('),  che  il  popolo  minuto  all'  an- 
nunzio corse  forsennato  e  tumultuariamente  al  baloardo 
detto  di  S.  Agostino;  da  cui  tolse  vari  pezzi  di  ar- 
tiglieria per  trasportarli  nella  piazza  maggiore,  e  quivi 
spararli.  Ma  come  il  popolo  pervenne  innanzi  la 
chiesa  del  Sagramento,  il  segretario  comunale  Betti, 
per  far  cessare  il  chiasso,  si  avvisò  di  aprire  il  pub- 
blico forno,  e  di  far  larga  e  gratuita  dispensa  di 
pane,  mercé  della  quale  tornò  subito  V  ordine  e  la 
quiete.  Anche  il  comune  non  mancò  di  fare-  segni 
di  festa,  e  nominò  per  un'  ambasceria  al  pontefice, 
acciocché  gli  esprimesse  i  sensi  della  città,  i  nobili 
signori,  Pietro  Bonarelli,  Corrado  Ferretti,  Giulio  Ce- 
sare Nappi,  ai  quali  due  ultimi,  non  avendo  la  Con- 
gregazione del  Buon  Governo  permesso  che  il  viag- 
gio si  facesse  a  pubblica  spesa,  sostituì  Cesare  Fer- 
retti e  Pietro  Del  Monte,  che,  come  Pietro  Bonarelli 
già  si  trovavano  in  Roma.  Il  pontefice  non  meno 
del  vescovo  fii  benigno  ad  Ancona  ;  sicché  in  me- 
moria di  lui  il  magistrato  fece  collocare  un  marmo- 
reo monumento  nella  sala  del  civico  palazzo  ove  si 


(2)  Tom.  XIII.  p.  I. 
Archivio  storico  II.  46 


722  MICHELE     MAIOKI 

vede  il  suo  busto  entro  una  nìcchia,  con  sotto  la  se- 
guente iscrizione  : 

BcnedktD  XIV  P.  ÌL 

Anctmàunit  txMs  olim  sacroniai 

anti  stìd 

ac  parenti  optìmo 

ob  egregiam  timc  navatam  operam 

in   relig.  coltu  ac  divino  booore  ampli6candis 

in  pubblicis  |x>piili  commodis  corandis 

munids  eo  auctore  viis 

vicontmqoe  asperìute  leni  acliviute 

emollita 

locopletatis  commercn  rcsdtutione  virìbus 

portuqtie  eitis  stadio  immiinitate  donato 

S.  P.  Q,  A. 
munifìcentiis  princ  novis  beneficia  vetcra 

cumulanti 

in  grati  animi  monnmentum 

AL  P.  D. 

Dell'  importanza  delle  presenti  lettere ,  le  quali 
sono  una  novella  prova  della  dottrina,  della  bontà, 
della  schiettezza,  e  della  festività  di  carattere  di  Be- 
nedetto XIV,  crediamo  inutile  di  discorrere;  ogni 
discreto  lettore  ne  potrà  far  giudizio  da  sé.  Sicché 
noi  poniamo  fine  a  questa  nostra  avvertenza,  con  il 
voto  che  sieno  presto,  nel  maggior  numero  possi- 
bile, raccolte  e  pubblicate  le  lettere  famigliari  del 
Lambertini  ('),  le  quali,  in  quella  guisa  che  le  opere 
sue  erudite  ci  hanno  fatto  apprezzare  il  sapiente  ca- 
nonista, serviranno  sommamente  a  farci  meglio  co- 
noscere r  uomo  nelle  sue  qualità  pubbliche  e  private. 

Michele  Maroni 


(2)  V.  r  opera  citata  di  Francesco  Saverio  Kraus  nella  prefazione. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  723 


Benedietus  PP.  XIV.  Dilecte  in  Christo  Filii  noster, 
Salutem^  et  Aposlolicam  Benedictionem. 

Al  P.  Gervasì  Minore  Conventuale^  che  nella  prossima 
passata  Quaresima  ha  Predicato  in  questa  Basilica  Vaticana^ 
e  che  è  di  ritorno  al  suo  Ospizio  di  Loreto^  consegniamo 
un'  Involto  diretto  a  Lei,  in  cui  son  rinchiusi  una  Pianeta, 
una  Mitra,  un  Camice,  ed  un  Calice  che  doniamo  alla  No- 
stra diletta  chiesa  di  S.  Ciriaco ,  nell'  occasione  della  pros- 
sima Festa  imminente  del  detto  Santo  (*).  Procurerà  il  Pa- 
dre di  ritrovare  chi  porti  1^  involto  da  Loreto  ad  Ancona^  e 
quando  Egli  non  vi  pensasse,  che  non  crediamo,  preghiamo 
la  Sua  bontà  a  pensarvi.  Ricevuto  l' involto ,  ella  farà  gra- 
zia d'  aprirlo,  e  di  portar  tutto  al  Sig.  Cardinale  Vescovo  (') 
pregandolo  in  nome  nostro  a  benedire  i  Sacri  indumenti  ed 
a  consecrare  il  Calice,  ed  a  servirsi  del  tutto,  quando  canti 
la  Messa  solenne  nel  giorno  di  S.  Ciriaco.  Finita  poi  la 
Messa,  Ella  stessa  dopo  aver  data  la  Benedizione  in  nostro 
nome  al  Capitolo,  dirà  che  doniamo  per  contrasegno,  ben- 
ché tenue,  del  nostro  sincero  affetto  le  dette  cose  alla  chie- 
sa, che  sarà  bene  di  conservare  in  luogo  remoto  dalP  umido, 
che  è  troppo  nemico  deir  oro ,  e  delP  argento ,  e  delle  fine 


(i)  S.  Ciriaco,  la  chiesa  cattedrale.  S.  Ciriaca  è  il  protettore  di  Ancona,  e  la  festa 
si  celebra  il  4  di  maggio. 

(3)  Bartolomeo  Massei ,  che  fu  nominato  Yescovo  di  Ancona  nel  1731  e  morì 
nel  1746. 


724  MICHELE     M^VRONl 

biancherie  (').  Assicurerà  inoltre  il  Capitolo^  che  se  piacerà 
al  Sig.  Iddio  di  darci  vita^  e  di  somministrarci  quei  comodi^ 
che  presentemente  non  abbiamo',  avendo  ritrovato  il  Ponti- 
ficato oppresso  di  debiti,  e  di  miserie,  che  dall'  alba  a  mezza 
notte  ci  travagliano,  non  ci  scorderemo  della  nostra  prima 
dilettissima  sposa  (').  Adhaereat  lingua  mea  faucibus  meis^  si 
non  neminero  tiii.  Con  che  le  diamo  di  nuovo  la  nostra  Apo- 
stolica Benedizione. 

Dalum  Romae  apud  S.  Mariani  Majorem  die  1 2  Apri- 
li 17 41  Pontijicatus  nostri  anno  Pmo. 

Sig.  Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona 

IL 

Parte  quanto  prima  Monsignor  Vescovo  di  Sinigallia  e 
sarà  presto  in  Ancona  venendo  per  cambiatura  (').  Con 
maggior  comodo  viene  dietro  di  Lui  una  sua  Carrozza,  ed 
in  essa  sono  due  grossi  involti ,  che  saranno  consegnati  al  ' 
Sig.  Arcidiacono  Storani,  che  gli  dovrà  far  aprire,  ritenere 
presso  di  se,  sino  alla  vigilia  della  Festa  di  S.  Ciriaco  (^), 
nel  qual  giorno  gli  porterà,  in  nome  nostro  al  Sig.  Cardi- 
nale Vescovo,  pregandolo  a  benedire  la  Pianeta,  e  servirsene 
in  quel  giorno,  ed  a  far  collocare  nel  Reliquiario  grande 
della  Chiesa  il  rimanente. 

NegP  Involti  dunque  ritroverassi  una  Pianeta  nobile,  un 
Messale^  eh'  è  nuovo,  ma  ordinario.   Il  rimanente ,  se   non 


(1)  Io  questa  ed  in  altre  lettere  vengasi  a  quali  mlnozie  discende  il  pontefice,  quasi 
un  buono  ed  umile  massaio. 

(2)  La  chiesa  anconiuna.  Benedetto  XIV  fu  vescovo  di  Ancona  prima  del  M  assei, 
dal  1737  al  1731.  Assunto  al  pontificato  nel  1740.  conformemente  alla  promessa  fatta 
in  questa  lettera,  ogni  anno,  per  la  ricorrenza  della  festa  di  S.  Ciriaco  ;  il  4  ma<.'gio, 
mandò  alla  cattedrale  un  ricco  d  ino.  Questa  lettera  e  le  altre  accompagnative  del  dono 
annuale,  che  sono  leJettere  3,  6,  18,  sK,  3f(,  1^,  5^,  6M  83,  86,  94,  100  furono  pub- 
blicate dai  signori  Canonici  Pauri  e  Frtrelli  nelle  Note  e  Supplementi  alla  Disserta^iome 
iu  la  Chieta  Anconitana  di  Mona.  Agostino  Peruzzi.  Ancona,  Sartori  Cherubini  1845. 

())  Ossia  celeramente  per  il  cambiarsi  dei  cavalli  ad  oi;ni  posta. 
(4)  V.  la  lettera  precedente. 


LETTERE   DI   BENEDETTO  XIV  ^2$ 

erriamo,  consiste  in  tante  Reliquie  legate,  e  vi  sono  le  auten- 
tiche. In  una  cassettina  a  parte  si  trova  una  specie  Ò*  ufficio 
di  tartaruga  legata  con  V  oro.  Questo  si  apre ,  e  dentro 
ritrovansi  collocate  varie  reliquie,  che  se  mai  per  il  moto 
della  carrozza  si  fossero  staccate,  con  un  poco  di  colla  si 
riattaccano.  Le  tarle  nulla  possano  contro  loro,  ma  molto 
possono  contro  la  tartaruga,  ma  con  quattro  o  cinque  grani 
di  pepe,  che  si  mettino  nella  cassetta,  ove  sta  il  regalo,  ed 
ove  dovrebbe  sempre  stare,  si  ripara  al  danno  delle  tarle. 

Intendiamo  esser  la  povera  Sagrestia  di  S.  Ciriaco  ridot- 
ta miserabile,  essendosi  consumata  la  Biancherìa,  ed  anche 
consumate  le  pianete  da  Noi  fatte.  Se  Iddio  ci  darà  vita, 
per  la  Festa  di  S.  Ciriaco  del  1743  si  sarà  rimediato  ;  ma  il 
Nostro  Sig.  Arcidiacono  ci  favorirà  d'  una  esatta  notizia  di 
tutto  il  bisognevole.  Ci  ricordiamo  d^  aver  unito  una  certa 
Eredità  alla  fabrica,  o  sia  all'  opera  ;  il  che  fu  fatto  appunto 
perchè  le  suppellettili  avessero  la  dovuta  manutenzione  (*). 
Intendiamo  però  che  si  siano  fatti  debiti  sopra  la  roba  ap- 
plicata per  far  altre  cose ,  e  così  sarà  d'  uopo  pensare  a 
qualch' altro  partito.  Se  il  Sig.  Arcidiacono  avesse  qualche 
cosa  da  suggerirci  lo  sentiressimo  volentieri  ;  ed  intanto 
diamo  a  Lei,  ed  a  tutti  gli  altri  suoi  Colleghi,  e  Canonici 
1'  Apostolica  Benedizione. 

Roma  28  Marzo  1742. 

Sig.  Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Roma. 

III. 

Accusiamo  la  Sua  dei  6,  dalla  quale  con  nostra  gran 
consolazione  intendiamo  l' ofiFerta,  che  ella  ha  fatto  in  nome 
nostro  alla  Chiesa  di  S.  Ciriaco  della  Pianeta,  e  Reliquie, 
e  la  ringraziamo  dell'  incomodo ,  che  si  è  preso.  Sentiamo 
pure  con  gusto  le  nuove  di  non  esser  tanto  deserta  la  Sa- 


io L'eredità  Fardioi.  Benedetto  allora  vescovo  di  Ancona  fece  isUnza  al  papa  per 
l' applicazione  di  quest'  eredità  alla  cattedrale.  Il  rescritto  del  papa  è  del  33  Novem- 
bre 1739;  il  decreto  del  vescovo  è  del  15  dicembre  1739. 


726  Michele    marOni 

grestia^  come  ci  era  stato  supposto.  Mandiamo  a  Bologna 
due  Casse^  in  una  delle  quali  è  collocata  una  Mummia^  e 
neli^  altra  è  collocato  il  di  lei  Piedistallo ,  ed  il  tutto  deve 
riporsi  nell'Istituto  delle  Scienze  di  quella  Città  (*).  Le 
Cas^e  sono  indirizzate  a  Lei  ;  e  giunte  che  saranno,  Noi  la 
preghiamo  d' indirizzarle  a  Bologna  al  Dottor  Filippo  Maria 
Mazzi  per  acqua. 

Compatisca  V  incomodo,  restando  col  darle  1'  Apostolica 
Benedizione. 

Roma  12  Maggio  1742. 

Sig.  Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

IV. 

Carlo  V.  fu  P  ultimo  Imperatore  che  viaggiò.  Clemen- 
te Vili,  fu  V  ultimo  Papa  che  viaggiò  ;  ed  il  Cardinal  Sa- 
gripante  dev'  essere  V  ultimo  Tesoriere,  che  abbia  viaggiato, 
a  spese  almeno  della  Camera,  che  pur  troppo  è  smunta  ed 
esausta.  Abbiamo  tutta  la  buona  volontà  per  la  Città  d*  An- 
cona, e  per  gli  Anconitani,  e  se  essi  hanno  qualche  cosa  da 
proporre  in  loro  vantaggio,  venghino  alcuni  di  Eisi  a  Ro- 
ma, e  saranno  ben  volentieri  sentiti.  Ecco  la  risposta  alla 
lettera  del  Nostro  Sig.  Arcidiacono  Storani  (*);  a  Cui  in- 
tanto diamo  1'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  8  Settembre  1742. 

Sig.  Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

V. 

Abbiamo  ricevuto  una  sua  lettera  dei  29  Ottobre,  che 
ci  è  stata  presentata  da  Mons.  Valenti,  e  rispondendo  alla 


(1)  Benedetto  XIV,  nativo  di  Bologna,  come  pontefice  fu  sempre  munifico  Terso  la 
sua  patria. 

(3)  Ix>  Storani  approfittava  dell'  amicizia,  di  cui  il  pontefice  lo  onorava,  a  benefi- 
cio dei  pubblici  negozi  cittadini.  E  spesso  il  magistrato  si  serviva  di  lui,  come  d' in- 
termediario tra  il  papa  e  il  comune,  come  si  apprende  da  parecchie  di  queste  lettere. 


LETTERE   DI   BENEDETTO  XlV  7^7 

medesima  diciamo  desiderarsi  da  Noi  congiuntura  per  giovare 
alla  di  lei  Casa^  che  tutto  merita  ;  e  quanto  a  suo  nipote  ce 
l'anderemo  intendendo  col  predetto  Monsignor  Valenti  (*): 
Preghi  il  Sig.  Iddio  per  Noi  che  ne  abbiamo  bisogno:  re- 
stando col  darle  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  17  Novembre  1742. 
Sig.  Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

VI. 

S^  avvicina  la  Festa  di  S.  Ciriaco,  e  già  è  stata  spedita 
una  cassetta  diretta  a  Lei  ('),  in  cui  troverà  una  Pianeta 
non  per  anco  benedetta,  un  Calice  non  per  anche  consa- 
crato, ed  una  Reliquia  della  raschiatura  della  Catena  di 
5.  Paolo  Apostolo  fatta  fere  da  Noi.  Secondo  il  solito.  Ella 
avrà  la  bontà  di  presentare  il  tutto  nella  vigilia,  o  antivigi- 
lia della  festa  di  S.  Ciriaco  al  Sig.  Cardinale  Vescovo,  che 
pregherà  in  nostro  nome  a  benedire  la  Pianeta,  e  consacra- 
re il  calice,  mettendo  1'  una  e  1^  altra  nella  Sagrestia  della 
Cattedrale,  a  baciare  la  Reliquia,  e  poi  farla  porre  fra  le 
altre  della  Chiesa  ;  e  mentre  ci  raccomandiamo  alle  sue  Ora- 
razioni,  ed  alle  altre  di  cotesto  da  Noi  amatissimo  Popolo, 
con  Paterno  affetto  diamo  a  Lei,  ed  a  tutti  quanti  V  Apo- 
stolica Benedizione. 

Róma  IO  Aprile  1743. 

Dilecto  Filio  Arcidiacono  Inn.  Storani  —  Anconam. 

VIL 

Accusiamo  la  Sua,  e  godiamo  sentire  da  essa,  essere 
stati  graditi  i  piccoli  regali  che  da  Noi  si  sono  mandati  a 
codesta  Chiesa  Vescovile  per  la  festa  di  S.  Ciriaco  (').  Man- 


(1)  V.  la  lettera  7  e  g. 

(2)  V.  la  lettera  1. 

(3)  V.  la  lettera  stessa. 


7^8  MICHELE     MARONl 

diamo  annessa  la  risposta  alla  lettera  del  Sig.  Cardinale  ;  ed 
ella  favorirà  di  presentargliela  in  nome  nostro.  In  ordine 
poi  al  suo  nipote^  che  Ella  ci  raccomanda,  bisogna  espri- 
mere ciò  che  vorrebbe,  non  essendo  ogni  cosa  buona  per 
lui,  mentre  per  le  notizie  che  abbiamo,  egli  persevera  nella 
sua  volontà  di  prender  moglie  (').  Con  che  diamo  a  lei 
r  Apostolica  Benedizione. 

Roma  II  Maggio  1743. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

Vili. 

Prevalendomi,  secondo  il  solito  delie  sue  grazie,  giunti 
che  saranno  in  Ancona  per  mare  alcuni  Involti  diretti  a  Lei, 
come  già  Monsignor  Nostro  Maggiordomo  1^  avrà  avvisata , 
ci  farà  favore  di  farci  mutare  il  soprascritto,  dirigendoli* al 
Marchese,  e  Senatore  Paolo  Magnani  a  Bologna  (')  colP  ag- 
giunta per  senniio  di  Nostro  Signore,  e  mandandoli  a  Bo- 
logna per  acqua.  Scusi  la  confidenza  ;  dandole  intanto  1'  A- 
postolica  Benedizione. 

Roma  22  Maggio  1743. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

IX. 

m 

Accusiamo  una  sua  lettera,  e  circa  la  concessione  del 
sito  consaputo  è  d*  uopo  che  si  faccia  della  Comunità  un 
Memoriale,  che  secondo  il  solito  si  rimetterà  al  Governatore 
per  informazione,  venuta  la  quale  si  farà  la  grazia,  che  ci 
sembra  assai  equa,  e  si  farà  senza  veruna  spesa  (').  In  ordi- 
ne poi  all'  affare  che  riguarda  suo   Nepote ,  Iddio  sia  testi- 


ci) Non  poteva  esser  cosa  buona  per  iui  nna  dignità  e  no  benefizio  eccleskstico, 
che  il  pontefice  avrebbe  potuto  facilmenie  conferirgli. 

(3)  Il  senatore  Magnani  è  più  volte  rammentato  nelle  lettere  di  Benedetto  al  cano- 
nico Pier  Francesco  Peggi  pubblicate  dal  Kraus. 

(3I  Non  cbbiamo  potuto  rilevare  di  qual  consaputo  sito  qui  si  parli 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  729 

monio  se  abbiamo  buona  volontà  per  fargli  del  bene;  ma 
circa  1'  Agenzia  del  nuovo  arcivescovo  di  Milano ,  prescin- 
dendo che  l' elezione  non  appartiene  a  Noi^  ma  a  lui,  è  già 
più  volte  comparso  come  suo  agente  quello  che  lo  serviva 
come  tale  quand'  era  Vicario  Capitolare  in  Milano,  e  quando 
esercitava  prima  del  vicariato  Capitolare,  il  vicariato  delle 
Monache,  ed  altri  impieghi  nella  Diocesi  di  Milano  (').  Non 
lasciamo  di  pensare,  e  far  pensare  qualch'  altra  cosa  per  lui, 
dando  intanto  a  lei  Y  Apostolica  Benedizione. 
Roma  3  Luglio  1743. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

X. 

In  un  Bastimento  Francese,  già  partito  da  Qvita vecchia, 
è  stato  imbarcato  uno  scrittorio  grande ,  che  mandiamo  a 
Bologna.  Capiterà  in  Ancona  ed  è  diretto  a  Lei.  Ella  favo- 
rirà di  sborsare  al  Marinaro  ciò  che  esso  crederà  essergli 
dovuto,  non  avendo  voluto  ricever  denaro  qui  in  Roma,  ed 
avendo  detto ,  che  l' avrebbe  preso  in  Ancona.  Favorirà 
Ella  poi  d' inviarlo  per  acqua  a  Bologna  diretto  ai  Marchese 
Senatore  Paolo  Magnani.  (')  Compatirà  il  Sig.  Arcidiacono 
i  continui  incomodi ,  dandogli  intanto  1^  Apostolica  Benedi- 
zione. 

ColP  aggiungere  che  sborsato  il  denaro   ne  dia  pronto 
avviso,  acciò  il  rimborso  sia  puntuale. 
Roma  25  Decembre  1743. 

Sig.  Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XI. 

Accusiamo  la  sua  dei  19  e  ringraziamo  Iddio  che  sia 
arrivato  il  Bastimento  Francese ,  e  crediamo ,  che  sia  espe- 


(i)  SI  vede  che,  obbedendo  al  consiglio  del  pontefice  contenuto   nella  lettera   7  » 
lo  Storani  aveva  espretto  ciò  che  voleva  per  il  nipote. 
(3)  V.  la  lettera  8. 


730  MICHELE     MAROKt 

diente  il  mandarlo  (')  a  Bologna  nella  barca  ^  in  cui   ande- 
ranno  i  marmi  di  Mastro  Albertini  (). 

Qrca  il  P.  Inquisitore  Belingeri  {^),  Noi  lo  conosciamo 
e  sappiamo  che  è  Religioso  di  Merito;  nessun  ha  fatto 
parte  contro  di  lui^  e  se  fosse  stata  fatta^  non  ci  avressimo 
data  credenza. 

Non  si  è  mandato  all^  Inquisitorato  di  Faenza^  perchè 
quel  Monsig.  Vescovo^  che  è  nostra  creatura^  ha  desiderato 
d'avere  un  altro,  che  è  di  quei  Paesi,  che  il  P.  G)mmis- 
sarìo  ha  qualificato  per  buono,  e  che  si  è  creduto  esser  in 
grado  di  poter  più  facilmente  levare  gli  abusi  introdotti  dal- 
l' antecessore  nel  numero  e  qualità  de'  Patentati. 

Quando  il  P.  Belingeri  sia  in  grado  di  poter  prestar 
fede  ad  un  Terziario  della  Compagnia  (^),  lo  potrà  assicu- 
rare della  nostra  buona  disposizione  in  ahre  occorrenze,  che 
speriamo  si  presenteranno. 

Suo  Nepote  le  potrà  assicurare  che  da  Noi  si  sollecita 
la  spedizione  del  negozio  del  dodici  per  Cento  (^).  Preghi 
Ella,  e  faccia  pregare  Iddio  per  Noi  restando  col  darle  V  A- 
postolica  Benedizione. 

Roma  25  Gennaio  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona, 

XII. 

Il  Cardinale  Rezzonico  manda  in  Ancona  certe  Casse  ^ 
nelle  quali  sono  alcuni  esemplari  della  ristampa  delle  nostre 
opere  de  Canoni\atìone  fatte  in  Padova.  Ci  pare  di  meritare 


(1)  S' intende  Io  tcrittorio  grande,  di  cai  si  parla  nella  precedente. 
(3)  V.  le  lettere  io  e  si. 

(3)  Dalla  lettera  74  si  apprende  che  il  Belingeri  era  anconitano. 

(4)  S' intende  della  Compannia  di  Gesù.  Lo  Storani  era  Terziario  della  Compagnia 
di  Gesù,  e  fra  questa  Compagnia  e  l' Ordine  dei  Domenicanif  cui  apparteneva  il  P.  Be» 
lingeri  non  era  molta  buona  armonia  come  non  era  con  altri  Ordini.  Più  volte  il  papa 
prende  da  ciò  argomento  di  scherzo,  come  si  vede  nelle  lettere  31,  $9,  35»  36,  47,  48, 

.  5»»  59»  <>Of  79»  92»  9^»  «  »02- 

(5)  Non  si  ha  alcun  dato  per  rilevare  qual  fosse. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  73 1 

che  non  siano  strapazzate  o  affumicate  col  pretesto  della 
Contumacia  .(').  11  nostro  Sig.  Arcidiacono  Storani  parli  a 
chi  si  deve  in  nome  nostro^  ed  intanto  gli  diamo  1'  Aposto- 
lica Benedizione. 

Roma  22  Febbraio  1744, 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


XIII. 


Abbiamo  veduto  un  suo  biglietto  in  cui  dà  avviso 
delP  arrivo  delle  Balle  mandate  dal  Cardinale  Rezzonico  ^  e 
distintamente  lo  ringraziamo  (*). 

Il  Cardinale  Segretario  di  Stato  ci  ha  asserito  volere  il 
di  lei  fratello  far  passare  nel  Conte  Camerata  il  Posto  che 
ha  di  Comandante  al  Rivellino  (')  per  l' incompatibilità  col 
Consolato  d' Inghilterra. 

E  che  il  figlio  e  Nipote  rispettivamente  che  sta  qui  in 
Roma  era  stato  ad  esibirsi  di  levare  il  collarino^  a  cui  dice 
di  non  aver  genio^  acciò  il  posto  non  esca  di  Casa  (^). 


(1)  Per  precauzione  contro  il  contaguio,  giacché  l' epidemia  desolava  alcuni  luoghi 
d*  Italia,  i  Deputati  alla  Sanità  averano  ordinato  la  contumacia  ,  osata  la  suffumica- 
zion«  delltf  mercanzie,  e  la  dimora  delle  persone  per  alquanti  giorni  nel  Lazzaretto,  pri- 
ma che  potessero  entrare  liberamente  in  città.  —  II  desiderio  del  pontefice  non  fu  soddi- 
sfatto, come  si  rileva  dalla  lettera  17  ,  o  fu  lieve  la  premura  dello  Storani,  o,  come 
meglio  crediamo,  fu  invincibile  la  rigidezza  dei  Deputati  alla  Sanità, 

(2)  V.  lettera  precedente. 

(3)  Rivellino,  fortelizio  sul  mare  presso  1'  entrata  del  porto:  Comandante  del  Ri' 
vellino,  quasi  Capitano  di  Porto, 

(4)  Il  comandante  del  Rivellino  non  era  nel  momento  officio  compatibile  eoo  il  con- 
solato d'Inghilterra,  giacche,  essendo  oel  1744  viva  in  Italia  la  guerra  per  la  succes* 
sione  dell'  Austria,  la  flotta  Inglese  si  presentava  ostile  aUe  nostre  città  marittime,  e 
già  aveva  minacciato  di  bombardare  Napoli.  Il  fìi^lio  adunque  domandava  il  comando 
del  Rivellino,  forse  non  senza  accordo  del  padre,  il  quale  per  meglio  colorir  la  cosa, 
aveva  mtanto  chiesto  che  fosse  quel  comando  dato  al  conte  Camerata.  Il  padre  rima- 
neva console,  il  figliò  diveniva  comandante  :  e  cosi  i  due  offici  si  conservavano  alla  casa 
Storani.  Era  una  rinuncia  da  burla.  Il  Papa  non  tardò  a  capire  la  cosa,  e  non  l'approvò, 
come  si  vede  nelle  lettere  seguenti. 


7J2  MICHELE   MARONl 

Noi  desideriamo  di  sapere  come  sia  questo  fatto ,  e  se 
vi  sia  il  consenso  de'  Vecchi  alle  idee  del  Giovine ,  e  però 
abbiamo  detto  al  Cardinale  che  gli  risponda^  che  accomodi 
prima  i  suoi,  e  poi  promova  le  sue  istanze. 

Né  Lei,  né  suo  fratello  si  diano  per  intesi  di  ^quanto 
succede,  né  facciano  la  figura  di  Contradditori,  ma  essi  scri- 
vano a  Noi  a  dirittura ,  esprimendosi  il  desiderio ,  per- 
ché procuraremo  d'  uniformarci  ad  esso ,  professando  verso 
di  Lei,  e  di  suo  Fratello  ogni  buona  legge,  ed  avendo  sem- 
pre presenti  i  favori  ricevuti  da  ambedue:  con  che  intanto 
diamo  alP  uno  ed  alP  altro  1'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  n  Marzo  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XIV. 

Accusiamo  una  sua  dei  12  ;  e  per  venire  alle  corte  non 
vi  é  veruno  che  intacchi  le  puntualità  di  suo  Fratello,  es- 
sendo esso  qui  ben  conosciuto  non  meno  da  noi,  che  da 
molti  altri. 

Il  punto  si  riduce,  che  le  Navi  Inglesi  hanno  minac- 
ciato, e  minacciano  la  Città  d'  Ancona,  ed  il  Vascello  che 
era  partito  a  buon  conto  é  ritornato. 

Ora  in  tale  stato  di  cose  non  fa  buon  sentire ,  che  il 
Comandante  del  Rivellino  sia  ancora  Console  degP  Inglesi, 
ancorché  esso  sia  pieno  d' onore,  e  non  s^  ingerisca  che  nel 
mercantile  ('). 

Ed  il  primo  che  discorre  così  é  il  Re  Giacomo  d'  In- 
ghilterra, a  cui  la  S.  Sede  dà  tutto  il  jus  ne'  Consolati  d' In- 
ghilterra, che  sono  ne  suoi  Stati. 

In  tale  dunque  stato  di  cose  sembra  aver  luogo  il  par- 
tito da  Noi  accennatole  in  un  altra  nostra  di  ritrovare  un 


(1)  V.  la  lettera  precedeoie. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  733 

Gentiluomo  di  buona  fede  che  faccia  la  testa  dì  ferro  in 
uno  dei  detti  due  impieghi  sino  che  duri  questa  baraonda^ 
ad  effetto  che  passata  la  medesima  ritornino  le  ossa  al  suo 
Stato. 

E  noi  intanto  abbiamo  ordinato  che  si  sospenda  ogni 
risoluzione  (*). 

Circa  poi  le  disgrazie  d^  Ancona  esse  ci  passano  V  Ani- 
ma^ e  non  lasciamo  d'  offerire  ogni  giorno  al  grande  Iddio 
la  nostra  vita  se  con  essa  siano  per  cessare  le  disgrazie  de 
nostri  sudditi  ('). 

Per  grazia  però  di  Dio^  le  sventure  d'  Ancona  insino  ad 
ora  sono  molto  lontane  dalle  altre  patite ,  e  che  nemmeno 
sono  terminate  del  rimanente  dello  Stato  Pontificio^  che 
non  è  inferiore  né  ad  Ancona^  né  alla  Marca. 

Parliamo  del  Ferrarese^  Bolognese  e  Romagna  ,  che , 
oltre  innumerabili  passaggi^  sono  più  di  due  anni  che  ge- 
mono ora  sotto  un  Armata^  ora  sotto  tutte  due. 

Bastando  il  dire  che  per  grazia  particolare  oggi  la  cosa 
è  ridotta  ad  una  spesa  di  mille  scudi  il  giorno  per  ciasche- 
duna delle  dette  tre  Provincie. 

Ed  i  rubbamenti^  gli  omicidj,  la  devastazione  delle  Cam- 
pagne^ gV  incomodi  de  Palazzi  passano^  e  sono  passate  per 
conseguenza  indispensabile  deir  Armata. 

Né  Ella  credesse,  che  i  Beni,  e  Poderi,  e  le  case  nobili 
di  Campagna,  e  delP  Arcivescovado  di  Bologna,  o  dì  No- 
stro Nepote  fossero  restate  esente  da  simili  danni  ed  insulti. 

I  nostri  peccati  meritano  tutto  questo,  e  molto  di  più, 
né  assolutamente  vi  resta  altro  da  fare ,  che  raccomandarsi 


(1)  Il  papa  aveva  perfettamente  ragione.  Egli  voleva  almeno  un  gentiluomo  che 
facesse  la  ietta  di  ferro,  o  come  anche  e  più  comunemente  si  dice,  di  legno,  11  papa 
voleva  salva  la  convenienza. 

(3)  Si  allude  ai  danni  per  i  continui  passaitgi  delle  miliiie,  essendo  allora,  come  si 
è  detto,  accesa  la  guerra  fra  I'  Austria  la  Francia  e  il  re>;no  di  Napoli  per  la  succes- 
sione al  trono  imperiale  dopo  U  morte  di  Cario  VI.  I  passai!gi  durarono  dal  1743  al 
1749.  Dovè  inoltre  Ancona  contribuire  alle  grandi  spese,  sostenute  dallo  Stato  con  ia« 
genti  somme. 


734  MICHELE     MARONI 

di  tutto  cuore  al  Grande  Iddio,  che  per  la  sua  divina  mise- 
ricordia sospenda  gli  ulteriori  flagelli  ('). 

Che  è  quanto  dobbiamo  accennarle,  restando  col  darle 
1^  Apostolica  Benedizione. 

Roma  i8  Marzo  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


XV. 


Accusiamo  una  sua  dei  1 5  ;  che  riguarda  il  noto  affare 
di  suo  Fratello. 

Non  possiamo  far  altro  che  rimetterci  a  quanto  le  ab- 
biamo scritto  nel  passato  ordinario  sopra  questo  stesso  ne- 
gozio, in  cui  la  forza  non  consiste  in  mancamento  com- 
messo, ma  nel  brutto  sentire  che  fa  da  per  tutto  il  vedere 
Console  d' Inghilterra,  e  Castellano  al  Rivellino  la  medesi- 
ma persona,  quando  gP  Inglesi  si  danno  per  nemici  d'An- 
cona ('). 

Quello  che  possiamo  fare  e  che  facciamo  per  ora  si  è  di 
non  muover  parola,  ma  se  altri  ce  ne  parleranno,  non  sa- 
premo come  difenderci,  se  Ella  non  ci  dà  il  modo,  rispon- 
dendo alla  Nostra  lettera  dello  spazio  passato  (')  :  Con  che 
intanto  le  diamo  1'  apostolica  Benedizione. 
Roma  21  Marzo  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(1)  La  rassegnazione,  che  conferma  la  nominanza  di  filosofo  data  a  Benedetto  XI V, 
come  la  preghiera,  ci  sembra  assai  propria  dell'  officio  di  pontefice. 

(9)  Appare  assai  grande  l' insistenza  della  famiglia  Storani  per  la  conserrazione 
dei  due  uffici,  il  cooundo  del  Rivellino  e  il  consolato  d' Inghilterra.  E  appare  eziandio 
assai  grande  la  bontà  del  pontefice  verso  questa  famiglia,  giacche  non  lascia  di  studiare 
modo  per  conciliare  V  interesse  della  medesima  con  i  riguardi  necessari  nei  pubblici  ne- 
gozi. V.  le  lettere  1 3  e  14. 

(3)  Il  Kraus  nelle  Lettere  di  Benedetto  XIV  al  Canonico  Pier  FramceMCO  Peggi  di 
Bologna  si  compiace  di  annotare  con  un  tic  tutte  le  parole  e  i  modi  di  dire,  ch*egK  chia- 
ma idiotismi  regionali  difficili  a  intendersi  (/);  e  cosi  fa  della  parola  spazio,  che  spiqja 


LErrERE   DI  BENEDETTO   XIV  735 


XVI. 


Accusiamo  la  sua  dei  26  del  passato^  e  circa  al  paga- 
mento dei  mille  zecchini  non  v^  è  diflScoltà  rispetto  all'  in- 
giustizia. Il  punto  si  riduce  alla  vergogna^  ed  alla  derisione^ 
essendosi  tenuto  forte  sino  che  v'  era  pericolo,  ed  essendosi 
calati  i  calzoni,  quando  non  v'  era  più  pericolo;  e  dopo  che 
si  era  procurato  di  fare  quello  che  si  poteva  coir  ajuto  del 
Generale  Manfroni  ;  ed  il  buon  Cardinale  Vescovo  {%  il  che 
sia  detto  in  stretta  Confidenza,  in  questo  accidente  ha  fatto 
qui  una  trista  figura  ('). 

Circa  cotesto  Governatore,  non  vi  è  veruno  che  abbia 
fatta  parte  contro  di  Lui  :  ma  avendo  secondo  il  solito  gli 
Austriaci  formata  contro  di  Noi  querela  per  ritenere  in  An- 
cona un  Governatore  suddito  della  Regina  d^  Ungheria,  ci 
ritroviamo  nella  necessità  di  doverlo  mandare  altrove  ('). 

Nella  presente  provvidenza  non  sappiamo  vedere  altro 
hiogo  che  Civitavecchia ,  l' aria  del  qual  luogo  è  cattiva 
V  estate,  e  nell^  estate  il  Governatore  sta  nella  Tolfa,  che  è 
luogo  diaria  buona.  Non  si  può  fare  tutto  quello  che  si 
vorrebbe,  né  si  può  dir  sempre  la  ragione,  di  ciò  che  si  fa, 
non  avendo  le  persone  gusto  di  sentire  quella  ragione,  che 
non  è  proficua  al  suo  intento. 

Circa  poi  V  interesse  di  suo  Fratello  a  Noi  piace  il  tem- 
peramento, che  esso  attende  al  Rivellino,  e  che  il  Consolato 


per  tpaccio,  dispaccio.  Ma  la  parola  spazio  evidentemente  suona  tempo,  tempo  di  mez- 
zo fra  una  posta  e  i'  altra  ;  perciò  ietterà  delio  spa\io  pattato  vuol  dire  la  ietterà  ulti- 
ma, la  lettera  del  corriere  pattato» 

(f)  Bartolomeo  Massei.  V.  la  lettera  1. 

(s)  Si  allude  agi* incidenti  occorsi   nei   passaggi  delle  milizie  nell'  occasione  della 
guerra  alla  successione  d'  Austria  >~  V.  la  lettera  \^., 

(3)  Triste  sorte  degli  Stati  piccoli  e  grandi  1  Dal  s)  settembre  1741  al  37  apri- 
le 1744  fu  governatore  di  Ancona  Saverio  Dattilo  dei  Marchesi  di  S.  Caterina,  patrizio 
Cosentino;  e  dal  97  aprile  1744  al  19  settembre  1749  Paolo  Girolamo  Massei  di  Monte 
Pulciano. 


73  6  MICHELE     MAROKl 

d'Inghilterra  s'eserciti  dal  figlio  accasato^  tanto  più  che  ha 
per  se  la  Patente  di  sopravivenza  ('). 

Fatte  dunque  le  Feste  ^  ella  ci  mandi  una  copia  della 
detta  Patente^  dalla  quale  se  non  altro  ricaveremo  il  nome 
dell'  Accasato ,  che  Ella  non  ha  posto  nella  sua  lettera^  e 
con  lettera  poi  di  Segretaria  di  Stato  ^  senza  mischiarvi  al- 
tre persone^  notificaremo  al  Padre  che  lasci  esercitare  la  Ca- 
rica al  figlio^  ed  al  figlio  che  eserciti  la  Carica;  che  è  quanto 
dobbiamo  significare  in  risposta  alla  sua^  restando  col  darle 
1'  Apostolica  Benedizione. 

Roma  primo  Aprile  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XVII. 

È  un  gran  pezzo^  che  sappiamo  esser  giunta  ad  Ancona 
una  cassa  in  cui  sono  gli  esemplari  della  ristampa  dell'  ope- 
ra nostra  de  Canoni^atione  fatta  in  Padova. 

Fu  detto  che  si  tratteneva  per  sciorinarla  (*)^  mercechè 
veniva  da  Venezia. 

Si  sarebbe  sciorinata  la  Biblioteca  Vaticana  dal  tempo 
dell'  arrivo  sino  al  giorno  d'  oggi  :  e  non  si  sente  per  anche 
incaminata  la  cassa. 

Il  Sig.  Arcidiacono  favorisca  di  cercar  conto  di  questa 
cassa^  e  del  Mercante,  che  ha  dal  Cardinal  Rezzonico  1'  or- 
dine di  mandarcela,  e  sciolga  l' incantesimo  ;  con  che  intanto 
gli  diamo  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  4  Aprile  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(1)  Non  il  fi^lioi  che  aveva  voglia  di  levare  il  collarino^  e  ne  anche  per  il  genii^ 
luomo  testa  di  ferro.  11  pontefice,  non  essendo  certo  di  «rave  importanza  la  cosa  Tolle 
favorire  la  famiglia  >torani  :  ma  non  comprendiamo  come  gli  piacesse  il  temperamento 
perchè  il  figlio  era  accasato,  e  perchè  aveva  per  se  la  patente  di  sopravipen^a.  ~  V. 
la  lettera  i;,  14,  e  15. 

(a)  Aprirla  per  i  saffumigi.  V.  la  lettera  13. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  7J7 

XVIII.      ^ 

Antonio  Riccini  vetturale  porta  seco  due  cassette  dirette 
al  nostro  Arcidiacono  Storani.  In  una  ci  figuriamo  che  sia 
un  Calice  non  consecrato,  e  nell'  altra  una  Pianeta  non  be- 
nedetta^ piccolo  tributo  che  paghiamo  per  la  prossima  festa 
di  S.  Ciriaco  alla  nostra  antica  diletta  Sposa  (').  Secondo  il 
solito  il  Sig.  Arcidiacono  presenterà  tutto  al  Sig.  Cardinale 
Vescovo  pregandolo  nel  giorno  del  Santo  di  dare  la  Bene- 
dizione Papale  in  nome  Nostro,  e  colla  nostra  autorità  al 
Popolo  d^  Ancona.  Con  che  ecc. 
Roma  II  Aprile  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XIX. 

Arrivarono  le  casse  de'  libri  trasmesse  dal  Cardinale 
Rezzonico  ottimamente  condizionate  (')  ;  e  Noi  rendiamo  le 
dovute  grazie  a  chiunque  vi  ha  avuta  la  mano. 

Godiamo^  che  siano  giunti  i  piccoli  regali  fatti  da  Noi 
alla  Chiesa  di  S.  Ciriaco  (')  ;  ne  v'è  bisogno^  che  il  Santo 
faccia  venire  P  ispirazione  per  gli  Candel lievi  et  Argento, 
poiché  è  un  pezzo  che  quella  è  venuta;  è  bensì  necessario 
che  faccia  venire  il  comodo  di  farli,  che  fin  ora  non  v'  è 
stato,  e  nemmeno  v'  è  presentemente. 

Abbiamo  soddisfazione ,  che  1'  affare   del  Consolato  sia 
terminato   coerentemente   ai   suoi  desiderj   (^).    Con   che  le 
diamo  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  25  Aprile  1744. 

Archidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(1)  V,  la  lettera  i. 

(1)  Manco  male  1  V.  le  lettere  i3  e  17. 

(3)  V.  la  lettera  precedente  e  le  seguenti  44,  91,  g8>  100  e  101. 

(4)  V.  la  lettera  16. 

Archivio  Storico  il-  47. 


738  MICHELE     MARONl 


JvJva 


Ci  vien  scrìtto  Bologna  trattenersi  i  marmi  in  Ancona 
essendo  le  Barche  impiegate  per  uso  di  truppa  ed  il  ritardo 
de'  marmi  porta  seco  il  ritardo  della  fabbrica  di  Bologna  et 
quidem  nel  tempo  che  in  quel  Paese  è  1'  unico  per  fabri- 
care.  E  d'  uopo  dunque  che  il  nostro  buon  Arcidiacono  sì 
dia  d'  attorno,  spenda  il  nostro  Nome,  è  ritrovi  una,  o  due 
Barche  per  lo  trasporto  de  marmi  restati  (*)  ;  Con  che  gli 
diamo  1'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  6  Maggio  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXL 

Accusiamo  la  sua  gentilissima,  dalla  quale  intendiamo 
quant'  ella  ha  operato  per  ritrovare  le  Barche  per  i  Marmi, 
che  devono  andare  a  Bologna  (*).  Noi  con  tutto  cuore  la 
ringraziamo,  dando  a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  Casa  1'  Aposto- 
lica Benedizione. 

Roma  16  Maggio  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXIL 

Abbiamo  ricevuto  una  lettera  di  Monsìg.  Arcivescovo 
di  Ragusa,  alla  quale  rispondiamo,  mandandola  a  Lei  a  Si- 
gillo volante,  acciò  dopo  averla  letta,  la  Sigilli,  e  favorisca 
mandarla  per  la  prima  congiuntura.  La  lettura  servirà,  acciò 
Ella  conosca  il  bisogno  che  abbiamo  della  sua  persona  nel- 


(1)  V.  la  lettera  ii  e  la  teffuente. 
(a)  V.  la  lettera  precedente. 


LETTERE   DI   BENEDETTO   XIV  739 

P  occorrenza  del  caso  (*).  Compatisca  i  frequenti  incomodi^ 
restando  col  darle  T  Apostolica  Benedizione. 
Roma  23  Maggio  1744. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXIIL 

Accusiamo  la  sua  dei  16  unitamente  con  quella  di  Mon- 
sig.  Arcivescovo  di  Ragusa;  e  giacché  Ella  colla  sua  solita 
bontà  ci  vuol  favorire,  si  conterrà  nel  modo  seguente. 

Quando  a  quest^ora  non  l'abbia  fatto,  scriva  a  Mon- 
sig.  Arcivescovo  predetto  che  è  arrivato  il  Ragazzo,  e  che 
Ella  ha  mandato  a  Noi  la  sua  lettera  ('). 

In  ordine  poi  al  Ragazzo,  essendo  arrivato  in  tempo, 
in  cui  r  ingresso  in  Roma  è  pericoloso  per  V  aria,  finita  che 
avrà  la  quarantena,  ritroverà  una  casa  onesta  in  cui  possa 
esser  trattenuto  sino  a  Novembre,  essendo  Noi  per  supplire 
a  tutto  il  bisognevole,  e  per  le  spese  della  quarantena,  e 
per  le  spese  della  dozzena  interina,  e  per  la  spesa  del  viag- 
gio per  il  suo  tempo  a  Roma.  Ella  dunque  si  prenda  la 
briga  di  tutto,  e  quanto  ha  speso,  o  è  per  spendere,  ci  dia 
aviso  acciò  possiamo  esser  pronti  al  rimborso. 

Non  mancheremo  di  sollecitare  Monsig.  Tesoriere  per 
la  consaputa  Causa  ('),  ed  ordiniamo  alla  Consulta  il  rispon- 
dere a  Cotesto  Officio  della  Sanità  sopra  il  punto  della 
quarantena ,  restando  intanto  col  darle  V  Apostolica  Bene- 
dizione. 

Roma  22  Luglio  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(1)  11  caso  era,  come  si  apprende  dalle  lettere  che  seguono,  di  un  Raga\\o,  iorse 
un  convertito  di  fresco  al  Cattolicismo ,  cui  il  pontefice  voleva  si  prestassero  le  neces- 
sarie cure  di  assistenza  e  di  protezione. 

(s)  V.  la  lettera  precedente. 

(3)  Forse  una  caosa  rìsguardante  la  quarantena  o  contumacia,  circa  alla  quale  il 
papa  prometteva  di  ordinare  alla  Consulta  di  rispondere  all'  officio  della  Sanità  :  e  cause 
di  simile  natura  erano  frequenti. 


740  MICHELE     MARONl 

XXIV. 

Accettiamo  il  di  Lei  consiglio^  e  la  ringraziamo  che  ce 
1^  abbia  dato  di  far  riporre  il  consaputo  figliuolo  nel  Colle- 
gio Illirico  di  Loreto^  ove  dovrà  stare  fino  a  nuovo  ordine 
nostro  (').  Il  Collegio  di  Loreto  non  sta  sotto  Propaganda , 
ma  sotto  la  Congregazione  di  Loreto.  Noi  daremo  gli  ordini 
opportuni  a  Mons.  Giustiniani  Sotto  -  Datario ,  che  scriverà 
non  meno  a  Lei  che  lo  mandi,  che  al  Collegio  che  lo  rice- 
va. Nemmeno  Ella  si  scordi  di  mandarci  la  lista  di  quello 
che  avrà  speso,  o  spenderà,  acciò  la  possiamo  rimborsare  ; 
ed  intanto  le  diamo  1'  Apostolica  benedizione. 
Roma  primo  Agosto  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXV. 

Accusiamo  la  sua  dei  9  e  con  essa  la  lettera  di  Mon- 
sig.  Bufalini  ('),  che  le  rimandiamo.  Vivamente  poi  la  rin- 
graziamo di  quanto  Ella  ha  fatto  per  il  povero  Ragazzo  ('). 
Circa  la  spesa  fatta  non  ci  vogliono  cerimonie,  e  di  grazia 
avvisi  lo  speso  acciò  possiamo  esser  pronti  al  rimborso,  o 
da  mandarsegli  in  Ancona,  o  in  qualunque  altro  luogo,  e 
sopra  ciò  attendiamo  la  notizia  in  risposta  di  questa. 

Aspettiamo  pure  il  memoriale  del  Luogotenente  di 
Monsig.  Dattilo,  e  faremo  quello  che  potremo  per  lui  (^).  E 
una  gran  carità  quella  che  da  lei  si  usa  verso  di  noi  pre- 
gando e  far  pregare  il  Signore  per  la  Nostra  debole  perso- 


ci) V.  la  lettera  precedente. 

(i)  Giovanni  OtUvio,  che  poi  fu  Cardinale  e  Vescovo  di  Ancona  dal  1766  al  1789. 

^3)  V.  la  lettera  precedente 

(4)  Paolo  Girolamo  Masiei  fu  nominato  governatore  di  Ancona  con  decreto  del  37 
Aprile  1744*  Si  vede  da  qnesta  lettera  che  il  Massai  non  venne  subito  in  Ancona,  e 
seguitò  a  rimanere  il  Dattilo,  che  era  governatore  fino  dal  94.  Settembre  1741.  L'  Al- 
bertini  ndl'  Elenco  dei  Governatori  volume  manoscritto  nell'  archivio  comunale  non 
dice  chi  fosse  il  luogotenente  di  Moosig.  Dattilo,  giscchè  per  alcuni  governatori  nota  ti 
luosotenente  per  altri  no,  forie  seconio  le  notizie  che  pite  rscco<;liere.  V.  la  let- 
tera 1 6. 


LETTERE  Di   BENEDETTO   XIV  74I 

na«  Non  vi  è  bisogno  di  grazia  speciale,  ma  basta  il  lume 
comune  per  comprendere  che  nelle  circostanze  presenti,  nel- 
le quali  ci  troviamo,  il  rimedio  unicamente  sta  nelle  mani 
dì  Dio  (').  In  lui  dunque  confidiamo,  e  sempre  confideremo 
avendo  avanti  gli  occhi  il  sentimento  di  S.  Agostino ,  che 
esponendo  il  fatto  di  S.  Pietro,  che  chiamato  da  Cristo,  e 
camminando  sopra  l'acqua  temeva  di  sommergersi,  anzi 
incominciava  a  sommergersi  gli  dice  non  faciel  te  perire 
qui  fedi  te  ambulare.  Con  che  intanto  diamo  a  Lei  V  Apo- 
stolica Benedizione.     * 

Roma  15  Agosto  1744. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXVL 

Accusiamo  la  sua  dei  20  e  con  essa  il  memoriale  del 
Consaputo  Luogotenente ,  che  non  lasceremo  di  raccoman- 
dare a  Monsig.  Segretario  di  Consulta  per  qualche  provista , 
ed  il  passo  sarà  fatto  con  tutta  efficacia  (^).  1  scudi  cinque 
e  baj.  trenta  ^i  rimborso  saranno  consegnati  a  suo  Nipote  (') 
e  se  Iddio  ci  manderà  qualche  congiuntura  non  lascieremo 
di  porgere  aiuto  ancora  ad  esso,  premendoci  di  far  bene 
a  tutti.  Circa  la  facoltà  di  benedire  corone ,  e  medaglie 
colK  Indulgenza  in  Articulo  mortis ,  e  di  S.  Brigida  ;  gliela 
concediamo  per  trecento  corone  e  cinquecento  medaglie 
quanto  alF  Indulgenza  in  articolo  mortis,  e  per  cinquecento 
quanto  alle  Corone  di  S.  Brigida.  Restando  intanto  col  dare 
a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  casa  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  26  Agosto  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


0)  V.  la  lettera  14. 
(2)  V.  la  lettera  precedente. 

($)  V.  la  lettera  precedente.  E  il  rimborso  della   spesa   sostenuta  per  il  Rogano 
di  Ragusa. 


742  MICHELE     MARONt 

XXVII. 

Parte  da  Noi  in  questo  punto  Monsig.  Datano^  ed 
avendoci  interrogato  se  avevamo  ricevuto  lettere  da  lei  so- 
pra r  affare  de  Nobili  Zelanti  della  Comunità  d^  Ancona^  gli 
abbiamo  risposto  di  no  (').  Partito  poi  esso^  come  abbiamo 
detto  ci  è  stata  recata  la  di  lei  lettera  dei  17  unitamente  col 
memoriale  de  Nobili  Zelanti.  Considereremo  tutto  e  non 
mancheremo  di  dare  le  opportune  providenze.  Saranno  pure 
sborsati  a  suo  Nepote  scudi  dodici,  e  bajocchi  cinquantasette^ 
che  ella  ha  spesi  per  il  consaputo  Alunno  ('). 

Godiamo  che  il  detto  Nipote  si  sia  quietato  della  sua 
frenesia  di  prender  moglie  (0,  e  procureremo  di  far  per  lui 
quello  che  potremo.  Rispetto  poi  al  Bertelli  si  sarebbe  am- 
messa la  sua  istanza^  ed  anche  eseguita  in  ciò  che  riguarda 
r  Isola  di  Goro.  Ma  essendo  il  Luogo  Controverso  fra  la  Ca- 
mera^ ed  il  Duca  di  Modena^  è  duopo  V  aspettare^  non 
essendo  azione  onorata  precipitare  un  negozio  in  pregiudizio 
d^  un  Principe  collitigante  nel  tempo ,  eh'  esso  è  fuori  de^ 
suoi  stati  (^);  che  è  quanto  dobbiamo  significarle  dandoli 
1'  Apostolica  Benedizione. 

Roma  23  Decembre  1744. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

xxvm. 

Già  sta  tutto  preparato  per  la  festa  di  S.  Ciriaco  {% 
ed  il  Regalo  di  quest'anno  consiste  in  un  Piviale,  che  ha 


(i)  Zelanti  nel  MngiuLgaìo  del  Mcolo^scorfo  in  Ancona  significava  Ricorrenti,  o 
come  ongi  nelle  istanze  si  dice  Oratori, 

(9)  V.  la  lettera  precedente  ;  in  essa  si  parla  di  scudi  cinque  e  baj.  trenta  :  nel- 
r  intervallo  la  spesa  doveva  essersi  accresciuta. 

($)  V.  la  lettera  7. 

(4)  Chi  fosse  il  Bertelli  e  qnale  fosse  il  negozio  non  sappiamo.  Ma  da  questa  let- 
tera si  raccoglie  un'  altra  bella  prova  del  rispetto  alle  convenienze  desiderato  dal  ponte- 
fice nella  trattazione  degli  affari  pubblici.  V.  la  lettera  15. 

(i)  V.  la  lettera  1. 


LETTERE   DI  BENEDETTO  XIV  74} 

il  SUO  merito  e  che  dovrà  esser  benedetto  dal  Cardinale  Ve- 
svovo^  quand^  Egli  sia  d'  opinione  che  il  Piviale  sia  fra  Y  in- 
dumenti sacri  che  si  benedicono.  Vi  è  pure  un  Calice  et  ar- 
gento che  dovrà  consecrarsi  essendo  nuovo  di  zecca,  come 
pure  è  il  Piviale.  Vi  sarà  poi  una  cassettina  legata  in  argento, 
in  cui  è  un  Berrettino  del  Beato  Arcangelo  Canetolo,  Beato 
di  Bologna,  ed  una  reliquia  legata  in  oro  di  5.  Marone  pri- 
mo Martire  della  Marca.  Il  tutto  è  colle  sue  autentiche,  e 
la  Cassettina  dovrà  mettersi  fra  le  altre  Reliquie.  Si  sta  sulla 
congiuntura  per  ritrovare  chi  porti  il  regalo  ad  Ancona  e 
se  suo  Nepote  parte  in  tempo,  esso  sarà,  a  cui  sarà  addossato 
^incomodo,  ed  il  degno  zio  farà  la  solita  funzione  di  pre- 
sentare il  tutto  al  Cardinal  Vescovo  in  nome  Nostro.  Ad 
esso  pure  consegneremo  V  annessa  lettera  che  mandiamo 
a  Sigillo  volante,  e  dopo  che  1'  avrà  letta ,  e  sigillata ,  non 
lascierà,  come  si  è  detto,  di  presentarla;  con  che  intanto 
diamo  a  Lei  ed  a  tutta  la  sua  Famiglia,  a  tutto  il  Capitolo 
ed  a  tutta  Ancona  T  Apostolica  Benedizione. 
Roma  7  Aprile  1745. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXIX. 

Non  vedendosi  imminente  la  partenza  di  suo  Nipote  ('), 
si  è  fatta  la  consegna  dei  regali  ad  un  ceno  vit turino,  chia- 
mato se  non  erriamo.  Biscione,  persona  creduta  fidata,  e 
che  gli  dovrà  rimettere  nelle  sue  mani.  Non  se  gli  è  data 
cosa  veruna  per  meglio  assicurare  la  partita  (  ).  Ella  dun- 
lo  sodisfi,  ed  avvisi  lo  speso,  acciocché  possiamo  esser 
pronti  al  rimborso  :  Con  che  gli  diamo  1^  Apostolica  Be- 
nedizione. 

Roma  IO  Aprile  1745. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(\)  V.  U  lettera  precedente. 

(^)  Cioè,  denaro  :  il  pontefice  doveva  se^juire  la  massima  —  fidarsi  è  bene,  non  fi- 
darsi è  meglio.  — 


744  MICHELE     UAKONt 

XXX. 

Accusiamo  la  sua  dei  22  e  godiamo  che  àa  giunto  a 
salvamento  il  r^alo^  e  che  sia  stato  gradito.  Provvida  è  la 
disposizione  delle  Pianete^  e  Piviale  appresso  le  Monache  di 
S.  Bartolomeo. 

Manca  nella  sua  lettera  V  avvisò  dello  speso^  e  però  si 
supplisca  (')• 

Diasi  pure  il  memoriale  per  la  consaputa  sopravivenza 
che  vedremo  di  fare  quello  che  potremo  ('). 

Quanto  al  Cardinale  Vescovo,  esso  proseguisca  nell'  af- 
fare de'  PP.  Filippini ,  che  Noi  lo  reggeremo  (')  :  0>n  che 
in  tanto  diamo  a  Lei  ed  a  tutta  la  sua  Casa  V  apostolica 
Benedizione. 

Roma  28  Aprile  1745. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXXI. 

Abbiamo  ricevuto  il  memoriale  del  Padre  Inquisitore 
Belingeri  {*).  E  necessario  che  questo  Domenicano  sia  un 
Desertore  essendo  raccomandato  dal  Generale  de'  Terziarj 
della  Compagnia  (^).  Ciò  non  ostante,  non  si  tralascierà  di  far 
per  lui  ogni  passo  colla  Congregazione,  dipendendo  da  essa 
l' affare,  quando  non  si  voglia  lavorare  d' assoluta  potenza. 
Se  è  stato  dato  il  Memorii\le  della  Palunci  (*),  vi  sarà  la 
sua  risposta  nella  Segreteria  de'  memoriali ,  non  essendoci 
riuscito  molto  comodo  di  partire  da  Monte  Cavallo  e  ve- 
nire passeggiando  al  porto  d'Ancona  per  lasciare  il  memo- 


(t)  V.  le  dua  lettere  precedenti. 

(f)  Forse  si  allude  alla  patente  di  sopravivenza,  di  cai  si  parla  nella  lettera  t6. 
(^)  Trattavasi  di  sua  sacra  visita  che  il  Cardinale  Vescovo  voleva  fare  nella  chiesa 
dei  PP.  Filippini,  alla  quale  forse  questi  si  opponevano.  V.  le  due  lettere  se^suenti. 

(4)  V.  la  lettera  ii. 

(5)  V.  la  lettera  stessa. 

(6)  Famiglia  nobile  anconitana,  ora  estinta. 


LETTI-RE  DI   BENEDETTO   XIV  745 

fiale  nelle  mani  proprie  d'  essa  :  con  che  diamo  a  Lei^  ed  a 
tutta  la  sua  Famiglia  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  30  Giugno  1745. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXXII. 

Riceviamo  la  sua  delli  8  e  circa  il  memoriale  della 
Marchesa  Palunci  ('),  quando  fu  dato^  gli  fu  fatto  il  rescritto 
favorevole,  e  così  questo  negozio  è  terminato. 

Rispetto  poi  alla  visita  dei  PP.  di  S.  Filippo,  mandia- 
mo 1^  annesso  plico  ch^  Ella  consegnerà  al  buon  Cardinale 
Vescovo  (^).  I  Decreti  sono  belli ,  e  buoni  ma  vi  manca 
qualche  cosa,  e  ci  maravigliamo  di  lei  che  non  V  abbia  sug- 
rita  ;  per  esempio,  come  debbono  regolarsi  i  PP.  di  S.  Fi- 
lippo incontrandosi  per  Ancona  coi  PP.  della  Compagnia, 
*  se  gli  debbono  baciare  la  mano  ;  inoltre  se  passeggiando, 
basta  che  vadino  a  mano  manca ,  oppure  è  d^  uopo  che 
vadino  un  passo  a  dietro.  Tali  cose  non  sarebbero  sfuggite 
all'  Arcidiacono  Storani  17  o  18  anni  a  dietro  (')  :  ma  gli 
Anni  sono  cresciuti  a  Noi  ed  a  lui,  e  V  età  avanzata  smor- 
za il  fuoco,  e  debilita  la  memoria.  Non  vorressimo,  che  ciò 
succedesse  nelle  sue  Sante  '  Orazioni  rispetto  alla  nostra 
persona,  che  intanto  gli  dà  1'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  14  Luglio  1745. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXXIII. 

Accusiamo  la  sua  dei  25  e  con  essa  il  memoriale  de' 
PP.  Agostiniani ,  la  petizione  de'  quali  è  esorbitante  ;  si 
perchè  se  si  dà  ad  essi  V  Altare  privilegiato  perpetuo ,  vor- 
ressimo poi  sapere   come   potrà   negarsi  la  perpetuità   alle 


(t)  V.  la  letfera  precedente. 

(1)  V.  la  leUera  precedente  e  la  seguente. 

(})  V.  la  lettera  ii. 


74^  MICHELE     MARONI 

Chiese  più  remote^  alle  quali  si  nega,  acciò  terminato  il 
tempo  ricorrino  al  sommo  Pontefice  come  capo  della  Chie- 
sa ;  sì  che  per  avere  V  altare  privilegiato  quotidiano^  richie- 
dendosi il  numero  di  quaranta  messe  fisse  ogni  giorno  nella 
Chiesa^  se  essi  non  ne  hanno  che  dieci  ^  Ella  ben  vede  se 
sono  a  tiro.  Alla  sua  abbiamo  ritrovato  annessa  quella  dei 
Cardinale  Vescovo  che  ci  sembra  contento  dell'  approva- 
zione de  consaputi  decreti  (*).  Se  Ella  poi  desidera  di  ve- 
derci nelP  anno  venturo  non  deve  far  altro  che  venire  a 
Roma  essendo  vane  le  ciarle  del  nostro  viaggio  a  Bologna^ 
ma  non  essendovi  i  quatrini^  ed  essendo  assai  totgììo  lo 
spendere  quel  poco,  che  v*  è  per  le  Chiese ,  e  per  i  Pove- 
ri (').  Con  che  intanto  le  diamo  1'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  31  Luglio  1745. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXXIV. 

Accusiamo  una  sua  dei  21  unitamente  colla  particola 
del  testamento  del  buon  Cardinale  Massei  che  sia  in  cielo 
e  restiamo  obbligati  alla  di  lui  (')  riconoscenza  e  bontà 
verso  di  Noi,  e  non  lasciaremo  di  pregare  Iddio  per  V  ani- 
ma Sua.  Circa  poi  il  Successore,  pregheremo  il  grande  Iddio 
che  c'illumini  (^).  Nella  presente  provvidenza  non  occorre 
pensare  ad  un  Cardinale,  ancorché  la  Chiesa  ne  sia  in  pos- 
sesso, e  lo  meriti,  non  essendovi  veruno  d'  essi  che  voglia 
Vescovadi  ;  e  quando  anche  vi  fusse  suddito  Nostro ,  desi- 
derando Noi  di  provvedere  le  Chiese  dello  Stato  de'  Nostri 
sudditi,  e  non  riempire  le  Diocesi  di  Napoletani,  e  Fiorentini, 
giacché  i  nostri  poveri  sudditi  non  possono  avere  un  giuiio 


(ì)  V.  la  lettera  precedente. 

(2)  Pensiero  nobilisaimo»  che  fa  molto  onore  al  pontefice. 

(^  V.  lettera  i. 

("4)  11  pobtefice  nominò  a  vescovo  di  Ancona  Monsig.  Niccola  Manciforte,  nìk  ve- 
scovo di  SeRÌ|{allia,  e  nativo  di  Ancona  di  Nobile  famÌKlia,  il  quale  governò  la  chiesa 
anconitana  dal  1746  al  175^. 


LETTERE   Di   ÉENEOETTO   XlV  747 

nei  Stati  degli  altri  (').  U  Cardinale  defonto  era  uomo  pieno 
di  buona  creanza^  e  di  buona  intenzione;  ed  oltre  ciò  es- 
sendo vecchio,  non  è  difficile  il  comprendye,  che  la  Dioce- 
si sia  un  poco  sconcertata.  Noi  certamente  provederemo 
senza  verun  fine  secondo,  e  colP  unico  motivo  del  servizio 
di  Dio.  Intendiamo  quant'  Ella  ci  scrive  del  Vicario  Gene- 
rale del  Defonto,  il  che  sarà  da  Noi  tenuto  a  calcolo,  re- 
stando col  dare  a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  casa  V  Apostolica 
Benedizione. 

Roma  27  Novembre  1745. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXXV. 

Accusiamo  la  sua  dei  16  e  le  diremo  con  ogni  since- 
rità, che  siamo  restati  sorpresi  che  mandandoci  Monsig.  Mas- 
sei  il  legato  lasciatoci  dal  buon  Cardinale  suo  Zio,  ella  non 
sia  incaricata  di  venirlo  a  presentare  in  persona,  trattandosi 
d' una  bella  fatica  fatta  da  un  Padre  della  Compagnia. 

Riflettiamo  però  che  essendo  V  autore  Gesuita,  ma  non 
però  di  quelli  che  piacciono  ai  Terziarj,  da  ciò  sarà  derivato 
che  il  loro  Generale  avrà  creduto  espediente  di  non  muo- 
versi da  Ancona,  e  di  non  prendersi  V  incomodo  (*).  Circa 
poi  il  raccomandato  Bonajuti  abbiamo  di  lui  ottima  opinione, 
avendocene  parlato  il  Padre  D.  Natale  (')  che  ci  ha  avvi- 
sato del  formidabile  triun  virato  del  Canonico  Senili  (^),  di 
Lei,  e  di  Lui.  Iddio  ci  mandi  le  occasioni  di  poterlo  ajutare 


(i)  Ci  sembra  che  il  pootefice  non  avesse  torto. 

(2I  V.  la  lettera  ii. 

(2Ì)  Non  sappiamo  chi  fosse  e  che  volesse  questo  Bonajati.  Quanto  poi  al  Padre 
D.  Natale,  il  titolo  di  padre  farebbe  supporre  si  trattasse  d*  un  frate  di  uno  della 
compagnia  di  Gesù.  Ma  siccome  si  parla  per  il  formidabile  triumvirato  del  canonico 
Senili  e  dell'  arcidiacono  Storani,  cosi  non  ci  sembra  improbabile  che  quel  D,  Natale 
fosse  D.  Natale  Fatati,  di  nobile  famiglia  anconitana  ancora  esistente  canonico  esso  pure 
della  cattedrale  dal  quale  si  fa  cenno  anche  nella  lettera  93. 

(\)  Di  famiglia  nobile  anconitana,  ora  estinta. 


74^  MICHELE  •  MARONI 

che  volentieri  lo  faremo,  restando  intanto  col  dare  a  lei,  ed 
a  tutta  la  sua  casa  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  22^Decembre  1745. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXXVI. 

Mandiamo  a  lei  a  Sigillo  volante  V  annessa  lettera ,  che 
dopo  che  V  avrà  lietta  e  sigillata,  non  lascìerà  di  presentar- 
la al  Capitolo  in  nome  nostro  (').  Per  quello  pòi  che  ap- 
partiene a  lei ,  e  che  non  abbiamo  espresso  nella  lettera , 
essendo  cosa  che  riguarda  a  lei,  non  come  Arcidiacono  della 
Cattedrale,  ma  come  Provinciale  de  terziarj  della  Compa- 
gnia, aggiungeremo,  che  il  nuovo  Vescovo  (')  è  tutto  del 
Padre  Bianchi  ('),  e*  nel  nostro  tempo  era  anche  Terziario  ; 
e  se  la  memoria  non  ci  tradisce,  ci  pare  che  poco  dopo  di 
Lei  facesse  la  Professione  nelle  mani  del  buon  Padre  Gio- 
vanni. Si  consoli  ella  dunque  (^);  dandole  anche  per  com- 
pimento d^  essa  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  ig  Gennaio  1746. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XXXVII. 

U  Istanza  della  applicazione  de^  frutti  a  benefìcio  di 
cotesta  Cattedrale,  è  arrivata  tardi,  essendosene  già  dispo- 
sto, se  non  erriamo ,  parte  a  favore  dell'  Erede  del  Defon- 
to  (5),  parte  a  favore  del  Vescovo  presente. 

Il  Defonto  certamente  aveva  la  facoltà  di  disporre  della 
Cappella,  dandosi  un  Breve  ad  ogni  Cardinale  di  far  simile 


(i)  La  lettera  inedita  diretta  al  Capitolo,  con  la  quale  il  pontefice  annunciava  la 
nomina  del  nuovo  Vescovo,  la  pubblichiamo  in  appendice  a  pagg.  793  -  796. 

(2}  V.  la  lettera  34. 

(^)  Questo  P.  Bianchi  doveva  essere  uno,  e  forse  il  capo  dei  Gesuiti ,  che  allora 
erano  in  Ancona  nel  convento  unito  alla  chiesa,  anche  oggi  detta  del  Gesù,  nella  piaz- 
za del  Comune.  V.  U  lettera  48 

(^)  V.  la  lettera  11. 

f 5)  Cioè,  il  cardinale  Massai;  —  V.  la  lettera  34. 


LETTERE   DI   BENEDETTO   XIV  749 

disposizione^  e  non  disponendo,  le  suppellettili  s^  intendono 
applicate  a  questa  cappella  Pontificia. 

Il  punto  dovrebbe  consistere  nel  vedere,  se  il  privile- 
gio dato  ai  Cardinali  abbia  'luogo  nei  Cardinali  Vescovi, 
essendovi  la  Bolla  di  S.  Pio  V.  che  applicata  alla  Catte- 
drale le  cappelle  de*  Vescovi ,  delle  quali  esse  non  possono 
disporre. 

Questo  è  un  punto  che  è    un  gran  tempo  che   ci  sta 
in  testa,  e  se  avremo  tempo  una  volta  lo  risolveremo,  dan- 
do intanto  a  lei  l'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  29  Gennaio  1746. 

Arcidiacono  Inocenzo  Storani  —  Ancona. 

• 

XXXVIII. 

Abbiamo  gettata,  come  suol  dirsi,  la  lisciatura,  non  es- 
sendo stato  sufficiente  V  anticipare,  per  iscansare  la  citazione, 
ricevendola  colla  sua  dei  3  non  ostante  V  esser  già  per  stra- 
da il  nostro  tributo  a.  S.  Ciriaco  ('),  e  dover  esso,  secon- 
do le  nostre  misure,  arrivare  ad  Ancona,  a  Dio  piacendo, 
prima  della  festa  del  Santo  (*).  Non  creda  però,  che  ci  ab- 
biamo a  male  simile  citazione,  godendo  eh*  Ella  faccia  il 
suo  debito  per  eccitar  noi  a  fare  il  nostro.  Unitamente  colla 
sua  lettera  riceviamo  i  due  memoriali ,  ai  quali  si  darà  il 
dovuto  ricapito,  quando  saremo  ritornati  a  Monte  Cavallo  , 
che  a  Dio  piacendo  sarà  domani  sera  stando  ora  a  S.  Pie- 
tro per  le  funzioni  per  la  settimana  Santa.  Preghi  Iddio  per 
noi,  restando  col  dare  a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  casa  V  Apo- 
stolica Benedizione. 

Roma  9  Aprile  1746. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  V.  la  le  Itera  i. 

(7)  Non  si  rileva  quale  fosse  il  Dono.  Da  questa  lettera  però  si  viene  a  conoscere 
che  lo  Storani  doveva,  forse  ogni  anno,  scrivere  una  lettera  ^citazione ^  per  rammetl" 
tare  al  pontefice  V  invio  del  dono  per  la  festa  di  S.  Ciriaco.  •—  V.  la  lettera  19. 


750  MICHELE     MABOn 


Accularne  la  imara  sua  dd  7  e  quanto  all'  Abbate 
Bosdarì  {'),  gli  coficedianio  die  possa  guadagnare  in  quella 
Chiesa,  dorè  ^  comunica,  P  Indulgenza  plenarìa  che  avrdv 
be  guadagnata  se  fosse  andato  alle  altre  Chiese  ndk  quali 
è  la  detta  Indulgenza. 

A  Lei  pure  diamo  la  facoltà  di  poter  benedire  le  Co- 
rone di  S.  Rìgida,  medaglie  e  crocifissi  in  articolo  di  morte 
in  qud  numero  che  altre  volte  gli  abbiamo  accordato  ('). 

Diamo  finalmente  e  sarà  suo  carico  farglielo  sapere ,  a 
Monsig.  Vescovo  la  facoltà  di  dare  la  benedizione  Papale 
nel  di  di  S.  Ciriaco. 

La  ringraziamo   dell^  informazione  sopra  il  consaputo 
memoriale  ('),  e  sopra  quelli^  eh'  Dia  tempo  fa  mandò,  si 
sono  prese  le  dovute  provvidenze.  Con  dò  diamo  a  Id,  ed 
a  tutta  la  sua  Casa  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  13  Aprile  1746. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XL. 

Il  Cardinale  Alessandro  Albani  ha  promesso  di  scrivere 
al  Conte  Pironi  {*),  che  elegga  in  Ancona  un  Procuratore , 
che  è  quello  potrà  citarsi,  salvandosi  in  questa  maniera  non 
meno  la  giustizia  per  gl'interessati;  che  la  convenienza  per 
la  Regina  d'  Ungarìa. 

Sopra  r  altro  interesse  dell'  Oglio ,  ordiniamo ,  che  si 
scrivesse  per  informazione  ai  Monsignori  Vescovo  e  Gover- 
natore dì  cotesta  Città  per  caminare  rite  et  recte.  Ella  in- 
tanto invigili  ragguagliandoci  confidentemente   di  quanto  si 


(t)  Di  nobile  CimigliA  anconitaoA,  ancora  esistente.  V.  le  lettere  98  e  104. 

(1)  V.  la  lettera  26. 

(%)  Non  abbiamo  potuto  conoscere  di  qual  nieinoriale  qui  si  parli. 

(4)  Di  nobile  famiglia  d*  Ancona  ora  estinta. 


LKTTERE  DI  BENEDETTO   XIV  75  I 

andarà  costì  operando  de'  detti  affari  (■).  La  ringradamo  del 
recapito  dei  regali  mandati;  dando  a  lei^  al  Capitolo  ed  a 
tutta  la  sua  famiglia^  ed  a  tutta  Ancona  V  Apostolica  Bene- 
dizione. 

Roma  23  Aprile  1746. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancóna. 

XLI. 

Rimandiamo  il  memoriale  col  rescritto^  e  rimandiamo 
pure  la  lettera  del  P.  Leonardo  (').  Esso  è  un  degno  Reli- 
gioso :  ma  non  può  essere  in  cinquanta  luoghi  nello  stesso 
tempo  come  forse  per  la  sua  gran  carità  bramerebbe  d'  es- 
sere. Dice  di  sì  a  tutti,  e  poi  ritrovandosi  imbrogliato,  ora 
chiama  in  aiuto  il  Papa,  ora  il  suo  P.  Generale.  Trattere- 
mo con  questo  per  vedere  ciò  che  si  può  fare  per  Ancona. 
Per  altro  poi  è  d'  uopo  il  riflettere,  che  il  P.  Leonardo  non 
è  un  Ente  necessario,  essendo  Iddio  solo  che  ha  questo  at- 
tributo, e  siccome  quando  sarà  morto,  si  può  sperare  che 
continueranno  nella  Chiesa  di  Dio  le  Missioni,  così  è  lecito  , 
pensare  ad  altri,  quando  esso,  benché  desiderato,  non  po- 
tesse venire  (^).  Circa  il  P.  Generale  di  S.  Agostino  vedre- 
mo quello  che  potrebbe  fare  ;  ma  esso  è  molto  imbaraz- 
zato nella  gran  fabrica  che  fa  del  suo  Convento  in  Roma. 
Non  ci  scordiamo  della  prossima  festa  di  S.  Qriaco  (4),  ed 
intanto  diamo  a  lei,  ed  a  tutta  Ancona  V  Apostolica  Bene- 
dizione. 

Roma  primo  Marzo  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  Non  MppUmo  qiial  fosse  \*  iuterette  dell'  Oglio»  U  pontefice  per  eaminare 
rite  et  recte,  voIcti  si  eseguisse  la  via  gerarchica,  e,  come  oggi  si  direbbe,  officiale  o 
burocratica  :  ma  sembra  clie  negli  affari  amasse  ancora  di  essere  confidentemente  rag" 
guagliato  da  un  provato  amico  :  e  certo  non  faceva  male. 

(t)  S.  Leonardo  da  Porto  Maurizio.  V.  la  lettera  59. 

(^)  Parole  gravi,  e  molto  notevoli  rispetto  al  pontefice. 

U)   V.  la  lettera  38. 


752  MICHELE     MARONI 


XLII. 


Avendo  scritto  1*  Arcivescovo  di  Spalatro  di  volerci 
maniare  certo  Verde  Antico,  una  testa  d'  un  busto  ^  ed  un 
.  vaso  con  certe  medaglie  ,  gli  rispondiamo  che  le  mandi  in 
Ancona  dirette  a  lei.  Vi  vorrà  qualche  tempo  avanti  che 
arrivino ,  ma  noi  le  anticipiamo  V  avviso,  acciò  si  prepari  a 
farci  il  favore,  dandoci  V  avviso  quando  il  tutto  sarà  giunto, 
ad  effetto  che  noi  la  possiamo  pregare  in  ordine  a  quello 
che  disporremo  della  roba  che  verrà. 

Con  tale  occasione  la  preghiamo  di  far  qualche  diligen- 
za o  in  Cancelleria  Vescovile,  o  in  qualunque  altro  luogo, 
se  mai  si  trovasse  qualche  cosa  appartenente  alla  Città,  o 
Diocesi  Umana  (*).  Ritrovando  basterà  che  ci  additi  ciò 
che  avrà  ritrovato,  che  Noi  da  ciò  vedremo  cosa  può  fare 
al  Nostro  proposito,  ed  allora  ordinaremo  le  Copie.  Com- 
patisca tant^  incomodo  restando  con  darle  V  Apostolica  Be- 
nedizione. 

Roma  15  Marzo  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XLIII. 

Per  la  prossima  Festa  di  S.  Ciriaco  (')  la  nostra  obla- 
zione parte  verrà  da  Roma,  e  parte  da  Bologna.  Da  Roma 
le  verranno  due  libri,  imo  delti  Evangelj  l  altro  delle  Epi- 
stole  fatti  stampare  qui  dal  Re  di  Portogallo,  e  che  servo- 
no uno   per   il  Diacono ,  e  l' altro  per   il  Sudiacono  nelle 


(\)  Al  pontefice  interressava  di  avere  qualche  cosa  appartenente  alla  Città  o 
Dioceti  di  Umana  per  la  dissertazione  che  poi  scrìsse  col  titolo  di  —  Lettera  a  Mon" 
tignor  Mecola  Manci/orte  circa  il  dover  riastumere  e  ritenere  il  titolo  di  Vetcovo 
di  Ancona  e  di  Umana  —  che  Lorenzo  Barili,  rìpubbllcandola  per  i  tipi  del  Santorì  in 
Ancona  nel  1856  con  Annotazioni  e  documenti,  chiamò  il  primo  e  ben  /elice  saggio 
della  gloria  di  Umana. 

(2)  V.  la  lettera  1. 


LETTERE   DI   BENEDETTO  XIV  753 

Messe  cantate.  Da  Bologna  poi  le  verrà  una  Cassetta^  entro 
cui  sarà  uno  Ostensorio  grande  d  Argento  per  il  Santis- 
simo Sacramento.  E  perchè  il  portarlo  in  processione  col 
piede  grande  sarebbe  gran  fatica^  vi  è  ancora  un  piede  piccolo 
che  si  mette  sotto  il  raggio^  quando  si  fa  la  Processione, 
servendo  il  piede  grande  per  V  esposizione.  Unito  che  avrà 
tutto,  non  lascierà  di  portarlo  in  Nome  nostro  a  Monsig.  Ve- 
scovo accompagnando  il  dono  col  solito  complimento  in 
nome  nostro,  restando  intanto  col  dare  a  lei  V  Apostolica 
Benedizione. 

Róma  12  Aprile  1747. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XLIV. 

In  questo  luogo,  ove  ci  ritroviamo  per  prendere  un 
poco  d^  Aria  di  Mare,  riceviamo  la  sua  dei  23,  e  godiamo, 
che  tutto  sia  felicemente  arrivato,  e  da  Bologna,  e  da  Ro- 
ma (').  Staremo  attendendo  le  notizie  circa  Umana  (^).  Ma 
se  Monsig.  Vescovo  le  mostrerà  la  lettera  che  in  tal  propo- 
sito le  abbiamo  scritto,  vedrà  che  abbiamo  più  Noi  ritro- 
vato nella  nostra  libraria,  che  ella  in  Sirolo  (').  Circa  i  Can- 
delieri, 5e  Iddio  ci  darà  il  comodo  volentieri  li  faremo  (^). 
In  ordine  poi  al  Suo  Nepote  Maggiore,  Ella  ci  faccia  dare 
il  memoriale  che  procureremo  di  fare  quanto  potremo  per 
consolarlo  (^).  Ed  intanto  diamo  a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  fa- 
miglia 1  '  Apostolica  Bendizione. 

Civitavecchia  29  Aprile  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  V.  la  lettera  precedente. 
(2)  V.  la  lettera  41. 

(^)  Il  papa  scrìve  Sirolo  per  Umana,  che  sono  due  paesi  l' nno  presso  all'  altro, 
più  grande  il  primo ,  più  piccolo  il  secondo,  che  però  un  tempo  fu  notevole  città. 
(4)  V.  la  lettera  19. 
(^)  V.  la  lettera  16. 

Archivio  Storico  li.  4^. 


754  MICHELE     MARONI 

XLV. 

Q  pare  d'  essere  ritornati  ad  Ancona ,  ritrovandoci  in 
in  Civitavecchia,  d^  onde  però  stiamo  in  procinto  di  partire 
per  essere,  se  a  Dio  piace,  domani  sera  in  Roma,  ed  ivi 
abbiamo  ricevuta  la  sua  dei  27  unitamente  alle  carte  che 
risguardano  la  Città  d'  Umana,  delle  quali  la  ringraziamo  ('). 
La  ringraziamo  pure  d'  aver  presentato  à  Monsignor  Ve- 
scovo il  regalo  che  abbiamo  mandato  a  cotesta  Chiesa  per 
la  festa  di  S.  Ciriaco  (*).  Unita  alla  sua  lettera  abbiamo  ri- 
cevuta 1'  altra  di  Monsig.  Vescovo ,  che  non  lascierà  di  ri- 
verire in  nostro  Nome,  dicendogli,  che  non  rispondiamo  alla 
sua  lettera,  perchè  è  lettera  di  ringraziamento  ne  noi  mai 
rispondiamo  alle  lettere  di  puro  ringramento  (0. 

Quando  saremo  in  Roma,  se  verrà  il  P.  Francesco 
Ghetti  non  lasceremo  di  dare  tutta  la  mano  per  la  grazia 
della  coadiutoria  dei  Canonicato  di  Loreto  in  persona  di 
Suo  Fratello.  Sentiremo  pure  il  Dionigi  Predicatore  in  ciò 
che  ci  rappresentarà  sopra  1^  istanza  di  cotesta  Congrega- 
zione delP  Oratorio. 

Venendo  al  gioco  del  Biribisso  (^),  Monsignor  Segre- 
tario di  Consulta  più  volte  ci  ha  attestato  non  accordarsi  da 
Essa  la  licenza  del  gioco,  ma  che  non  manca  chi  alle  volte 
spende  il  suo  nome  per  lasciar  correre  il  giuoco,  e  ricevere 
profìtto  dalla  licenza  che  dà  ;  ciò  non  ostante,  non  lasciere- 
mo  di  dar  V  ordine  opportuno  in  ciò  che  risguarda  Ancona, 
e  giuocandosi  non  si  lasci  di  farne  penetrare  a  Noi  la  no- 
tizia.  Rispetto  poi  alP  opera  da  farsi  nel  Teatro  nel  pros- 
simo Luglio,  Noi  nulla  abbiamo  saputo,  e  la  licenza  sarà 
stata  data  probabilmente  dalla  Consulta,  senza  però  che  vi 


(i)  V.  la  lettera  42  e  U  precedente. 

(t)  V.  la  lettera  43. 

(^)  Aveva  troppo  da  fare  il  pontefice  per  perdersi  nei  complimenti.  V.  left.  104. 

(4)  Giuoco  d'axzardo  fatto  con  dati. 


LETTERE   DI    BENEDETTO   XIV  755 

recitino  Donne  (').  Che  è  quanto  dobbiamo  significarle,  re- 
stando col  darle  V  Apostolica  Benedizione. 
Civitavecchia  3  Maggio  1747. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XLVL 

Riceviamo  la  sua  lettera  dei  18  e  rimandiamo  quella 
scritta  a  lei  da  Grottamare.  La  sostanza  si  è,  che  la  robba 
mandata  da  Monsig.  Arcivescovo  di  Spalatro  deve  venire  a 
Roma,  e  deve  capitare  in  mano  nostra,  ed  il  nostro  buon 
Arcidiacono  Storani  pensi  al  modo,  ed  avvisi  quanto  avrà 
speso  per  esser  rimborsato  (*). 

Quando  ci  sarà  venuta  la  prima  stampa  della  correzione 
della  nostra  lettera  Sopra  Umana  ('),  Noi  la  rimanderemo 
colV  inserzione  della  notizia  ch^  Ella  ci  dà  colla  sua,  alla 
quale  rispondiamo;  e  veduta  da  Noi  la  prima  stampa,  e 
fatta  V  inserzione,  si  potrà  poi  fare  tutto  il  rimanente. 

Conosciamo  che  avressimo  potuto  far  di  meno  di  feir 
venire  a  Roma  la  detta  prima  stampa  per  farvi  V  inserzione, 
imperocché  rileggendo  il  nostro  Originale  avressimo  potuto 
dire,  si  faccia  l' inserzione  nel  tal  sito.. 

Ma  essendo  Noi  fuori  di  Roma,  e  non  avendo  alle  ma- 
ni 1'  Originale,  crediamo  bene  che  si  faccia,  come  poc'anzi 
abbiamo  accennato-,  ed  intanto  diamo  a  lei  1^  Apostolica  Be- 
n  edizione. 

Castel   Gandolfo  24  Giugno  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


^1)  Nel  1788  la  compagnia  comica  Rota  Madebach  e  Carlo  Giovannoni  con  Vomirti 
e  Donne  domandò  di  fare  un  corso  di  recite  in  Ancom.  Multe  furono  le  pratiche  oc- 
corse fra  il  Vescovo,  il  Vicario,  il  Governatore,  e  la  ^acr<i  Consu:ta.  In  um  lettera 
del  Vicario  del  ao  febbraio  1788  di  legge  :  —  „  Da  persiona  de:nadi  fede  si  asserisce 
che  da  ottani  anni  a  questa  parte  una  «ola  volta  le  donne  hanno  recitato  in  questo 
teatro,  ma  con  iscandalo  notabile  e  deterioramento  grande  del  cottume. 

(2)  V.  la  lettera  43. 

(j,)  V.  la  lettera  medesima. 


75  é  MICHELE     MAROKl 

XLVII. 

In  un  foglietto  d'  Ancona  leggemmo^  che'  il  nostro  Ar- 
cidiacono Storani  era  arrivato  sino  alla  porta  del  Convento 
di  S.  Domenico,  e  che  senza  entrarvi  era  corso  di  carriera 
sforzata  al  Rivellino,  che  ciò  aveva  fatto  due  altre  volte  ^ 
ma  che  finita  la  terza  carriera  ritornò  alla  porta  del  Con- 
vento di  S.  Domenico,  ove  entrò  sbuffando,  e  battendo  i 
piedi  (').  Restammo  in  grave  apprensione  per  questo  feno- 
meno: ma  avendo  poi  letto  nella  sua  lettera  dei  6  che  era 
andato  dal  P.  Priore  de'  Domenicani  per  far  correggere  la 
nota  stampa  (^) ,  siamo  restati  persuasi  essere  il  tutto  pro- 
venuto dair  intrinseca  fatale  ripugnanza  che  tormenta  ogni 
Terziario  della  Compagnia,  quando  deve  trattare  con  qual- 
che Padre  Domenicano  (').  Ciò  stante  ci  professiamo  obli- 
gati  al  predetto  nostro  Arcidiacono,  riconoscendo  che  per 
favorirci  non  ha  patito  tanto  quanto  pati  S.  Lorenzo  nella 
graticola,  ma  poco  meno.  Aggiungiamo  altri  ringraziamenti 
per  l'esatta  correzione  della  stampa^  che  rimandiamo  colle 
rimesse ,  e  correzioni  ai  suoi  luoghi.  Staremo  aspettando 
ancora  le  Casse  di  Monsig.  Arcivescovo  di  Spalatro  (*),  né 
ci  scorderemo  del  Giovane  raccomandato  per  il  Collegio 
Piceno  (5),  dando  intanto  al  detto  Arcidiacono,  ed  a  tutta 
la  sua  famiglia  l'Apostolica  Benedizione. 
Roma  12  Luglio  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  Dal  Convento  di  5.  Domenico  in  capo  alla  piazza  già  detta  di  5.  Domenico  o 
del  Papa,  e  ora  detta  del  PiebetcitOt  al  Rivellino,  ossia  al  porto,  correva  un  buon  trat- 
to di  strada. 

(t)  V.  la  lettera  precedente. 

(l)  V.  la  lettera  u. 

(^)  V.  la  lettem  4S  e  la  precedente. 

(^)  Collegio  Piceno  io  Roma ,  nel  quale  vengono  ammessi  giovani  della   regione 
picena.  Il  f;iov«ne  raccomandato  era  uno  della  famiglia  Ruffini,  famiglia  nobile  anconi 
tana  ora  estinta,  come  ai  apprende  dalla  lettera  36. 


LETTERE   DI   BENEDETTO  XIV  757 


XLVIII. 


Non  vi  è  Frate  per  miserabile  che  sia,  che  dando  ad 
uno  stampatore  da  stampare  uno  suo  cattivo  Panegirico  so- 
pra le  Anime  del  Purgatorio  non  ne  ricavi  in  regalo  una 
dozzina  d'esemplari  ('). 

A  noi  solo  è  toccata  la  disgrazia,  che  avendo  dato  a 
stampare  una  nostra  lettera  sopra  il  Vescovado  d'  Anco- 
na {%  ce  ne  è  stato  mandato  per  misericordia  un  solo 
esemplare  in  regalo.  Domandiamo  dunque  d'  esser  trattati 
ad  instar  del  Frate,  e  che  a  Noi  se  ne  mandi  una  dozzina, 
e  non  più,  perchè  tanto  ci  basta. 

Il  Cardinale  Pro  -  Maggiordomo  tempo  fa  ci  disse,  che 
era  giunto  ad  Ancona  un  nostro  Busto,  e  che  Ella  gli  ave- 
va scritto  che  1'  avrebbe,  secondo  V  ordine  avuto ,  mandato 
a  Bologna.  Qui  finisce  la  storia,  e  se  di  più  non  si  fa.  Noi 
la  condanneremo  a  mandare  a  Bologna  dodici  Busti. 

Circa  Nicola  Agnelli  lo  staremo  aspettando  (^),  e  poi 
risponderemo  a  Monsig.  Arcivescovo  di  Spalatro,  la  di  cui 
lettera  ha  favorito  mandarci,  e  se  Ella  ha  speso  qualche  cosa, 
avvisi  per  essere  rimborsato. 

Quanto  alle  Tratte,  sappiamo  benissimo  che  quest*  an- 
no non  è  Anno  delle  Tratte  (^). 

Venendo  al  Padre  Bianchi  {%  che  scrivendo  ad  un  Ter- 
ziario doveva  avere  il  primo  luogo    (^),    ben    volentieri  gli 


(ì)  In  bocct  del  pootefice  è  un'  umorismo  degno  di  nota. 

(i)  Ossia  la  lettera  a  Monsig.  Niccola  Manciforte  circa  il  dovere  di  riasiumere 
e  ritenere  il  titolo  di  Vescovo  di  Ancona  e  diVmana,--  V.  le  lett.  42,  44f  45>  46  e  47. 

($)  Forse  la  persona  incaricata  del  trasporto  a  Roma  degli  oggetti  mandati  in  do- 
no al  pontefice  dal  vescovo  di  Spilatro  —  V.  le  lettere  41,  46,  e  la  precedente. 

(4)  La  tratta  era  una  cartella  che  si  rilasciava  dal  Cardinale  Carmelengo,  mercè 
la  quale  si  potevano  eseguire  i  trasponi  di  grano,  in  un  tempo  determinato,  da  un  luo- 
go dello  stato  id  un'altro.  I  proprietari  tutti  senz'  alcuna  distinzione  di  ceto,  dovevano 
dopo  il  raccolto  dare  V  assegna;  si  determinava  quindi  la  quota  che  ciascuno  doveva 
lasciare  per  i  bisogni  della  popolazione;  per  il  residuo  si  concedeva  o  negava  fscoltà 
della  tratta  secondo  le  circostanze. 

(^)  V.  la  lettera  36. 

(6)  V.  la  lettera  11. 


758  MICHELE    M AROMI 

facciamo  la  grazia  rispetto  air  Officio  Divino,  come  Ella  ve- 
drà nell'annessa  Carta,  che  d'ordine  di  lei  ci  è  stata  con- 
segnata dal  Zancarelli  ('),  che  è  quanto  dobbiamo  scriverle, 
dando  a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  Famiglia  l' Apostolica  Bene- 
dizione. 

Ronia  9  Agosto  1747. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XLIX.  ' 

Riceviamo  la  sua  dei  17  ringraziandola  di  esser  stato 
mezzano  del  regalo  delle  due  dozzene  della  stampa  delle 
consapute  lettere,  né  lasciaremb  di  fare  le  nostre  parti  an- 
che col  Prelato  (*). 

La  ringraziamo  inoltre  della  buona  disposizione  d' in- 
viare a  Bologna  il  consaputo  Busto,  quando  le  acque  lo 
permetteranno  ('). 

Circa  finalmente  il  memoriale  del  buon  Padre  Scara- 
melli, non  lasciaremo  di  leggerlo,  e  quello  che  più  importa 
di  chiamare  Monsig.  Assessore,  per  essere  informati  dello 
stato  della  revisione  dell'  Opera ,  ed  acciò  la  medesima  sia 
spedita  (^).  Ed  intanto  restiamo  col  dare  al  nostro  Arcidia- 
cono 1'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  23  Agosto  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

L. 

Arrivò  la  roba  di  Monsig.  Arcivescovo  di  Spalatro.  (^) 
Le  Pietre  erano  un  poco  malmenate,  perchè  sfarinate   per 


(\)  Monsig.  Zancarelli  di  Ancona. 

(•ì)  Forse  con  Monsi^r.  Manciforte,  cui  sembra  pertanto  fosse  diretto  il  rimprovero 
contenuto  nella  lettera  precedente. 

(l)  V.  la  lettera  precedente. 

(4)  II  memoriale  risguardava  la  revisione  di  un  libro  dello  Scaramelli  da  farai  dal 
S.  Officio.  Vedi  le  lettere  56  e  57. 

(*i)  V.  le  lettere  43,  46,  47,  48. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  759 

il  moto  del  Calesse  ^  nella  parte  posteriore  del  quale  erano 
state  collocate.  Ciò  però  poco  rileva  perchè  le  pietre  erano 
meno  che  ordinarie.  Il  rimanente  è  arrivato  bene:  perlochè 
ringraziando  il  nostro  Arcidiacono  Storani^  gli  mandiamo 
1^  annessa  nostra  per  Monsig.  di  Spalatro ,  pregandolo  a 
prendersi  la  briga  del  sicuro  ricapito;  restando  col  dargli 
V  Apostolica  Benedizione. 

Roma  29  Agosto  1747. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


LI. 

Monsig.  Rota  nostro  Segretario  della  Cifra  partirà  di 
qui  martedì  prossimo^  e  verrà  ad  Ancona,  per  ivi  passare 
V  Ottobre.  Essendo  questi  un  Uomo  di  mente,  e  che  è  stato 
molt'  anni  Commissario  della  Camera  in  Ferrara  V  abbiamo 
creduto  à  proposito  per  informarsi,  ed  informar  Noi,  di  ciò, 
che  risguarda  V  affare  de'  Lazzaretti  (') ,  riconoscendo  spe- 
cialmente dai  Libri  di  cotesta  Comunità  se  essa  ha  sempre 
esatte  le  Contumacie ,  ed  in   che  sia  stato  speso  V  emolu- 


(t)  V  affare  dei  Lazzaretti,  che  è  il  soggetto  in  appresso  di  parecchie  lettere,  e  che 
suscitò  alquanto  sdegno  nell' animo  del  pontefice  contro  Ancona,  era  il  seguente.  Com- 
piuto il  lazzaretto  monumentale,  opera  del  Van vitelli,  per  ordine  e  munificenza  di  Cle- 
mente XII  ;  con  breve  del  so  giugno  1748  Benedetto  XIV  ,  nell'  intento  di  far  cusa 
grata  donò  al  comune  il  lazzaretto  vecchio  situato  sotto  il  promontorio  del  Guasco  o 
di  S.  Ciriaco,  sebbene  fosse  dichiarato  di  pertinenza  della  Camera  Apostolica,  coli' ob- 
bligo del  mantenimento,  e  con  la  riserva  di  alcune  stanze  per  uso  di  custodia  dei  con- 
dannati da  mandarsi  in  Ancona  per  lo  spurgo  del  porto ,  e  di  altre  per  collocarvi  le 
merci  che  in  caso  di  contumacia  sopravvanzassero  nel  lazzaretto  nuovo.  Ma  il  dono, 
per  la  considerazione  delle  spese  del  mantenimento,  e  di  quelle  dei  battitori  della  spiag- 
gia nei  pericoli  dei  corsari  e  nei  sospetti  delle  pestilenze,  parve  un  danno  ai  Deputati 
ai  pubblici  negro^i,  indettati  dal  Segretario  Betti,  che  certo  non  aveva  torto.  Per  il  che 
essi  rivolsero  un'  istanza  al  papa,  e  misero  come  mediatore  lo  Storani.  Ecco  la  ragione 
delle  lettere  dirette  allo  Storani  in'  ordine  a  cotesto  affare.  Il  papa  da  prima  s' inquietò; 
poi  finì  col  cedere  ;  e  con  istrumento  del  7  maggio  1749  donò  il  lazzaretto  vecchio  al 
Comune,  che  ne  faccia  quello  che  vuole,  e  con  questo  che  le  contumacie  si  faccino 
nei  ta\xaretti  nuovi,  e  le  spese  dei  battitori  si  faranno  dalla  Camera.  Il  papa  pre- 
vedeva che  il  lazzaretto  nuovo  abbandonato  al  comune  sarebbe  andato  a  finire,  e  quan- 
to a  ciò  non  s' ingannò. 


7éo  Michele    maroki 

mento  delle  medesime.  Per  quanto  sentiamo  la  Camera 
non  ha  mai  avuto  nessuna  cosa  a  conto  delle  contumacie. 
La  Comunità  nelle  Tabelle  mandate  al  Buon  Governo  non 
ha  mai  fatta  menzione  degli  emolumenti  delle  Contumacie. 
Si  è  supposto^  che  tutto  sia  andato  in  spese^  il  che  poi  non 
combina  col  pregiudizio  che  si  asserisce  derivare  aUa  Co- 
munità, quando  la  Camera  tirasse  a  se  il  sopravanzo  che  si 
è  speso  nel  risarcimento  de^  Lazzaretti  vecchi,  e  ciò  do- 
vrebbe costare  dai  libri. 

Abbiamo  altresì  commesso  a  Monsig.  Rota,  che  tratti, 
e  veda  quale  è  il  partito  che  si  potrebbe  prendere  in  que- 
sta Contingenza,  essendo  noi  da  una  parte  angustiati,  quan- 
do si  tratta  di  dar  pregiudizio  ad  Ancona,  alla  qual  Città 
abbiamo,  e  dobbiamo  avere  particolare  affetto,  e  dall'altra 
parte  siamo  tormentati  quando  ci  vediamo  in  procinto  di 
qualificare  e  rendere  per  inutili  i  Lazzaretti  nuovi,  ancor- 
ché se  fosse  stato  a  Noi ,  o  non  gli  avressimo  fatti ,  o  gli 
avressimo  fatti  in  altro  sito,  ed  in  altro  modo.  II  nostro  buon 
Arcidiacono  accozzi  Monsig.  Rota  con  Monsig.  Governatore 
con  quelli  del  Consìglio,  ed  anche  con  Monsig.  Vescovo, 
che  è  uomo  di  Giudizio.  Si  dia  d'  attorno,  e  si  figuri  che 
il  Negozio  risguardi  la  Compagnia  di 'Gesù,  e  che  gli  sia 
comandato  dal  Padre  Generale  tamquam  Provinciali  Ter- 
tiarorum  (*).  Quanto  ci  dirà  Monsig.  Rota  servirà  per  istru- 
zione dell'  animo  nostro ,  e  quando  si  fosse  preso  il  panno 
per  altro  verso,  sarebbe  stato  d'uopo  constituire  un  Giu- 
dice suddelegato  che  estraesse  le  partite  citate  parte  a  parte, 
e  così  con  perdita  di  tempo  e  di  quattrini.  Preghi  Iddio 
per  Noi  dando  ad  esso,  ed  a  tutta  la  sua  Casa  V  Apostoli- 
ca Benedizione. 

Roma  23  Settembre  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  Vedi  la  lettera  ii. 


Lettere  di  Benedetto  xtv        761 

LII. 

Accusiamo  la  sua  dei  24.  in  cui  ci  da  ragguaglio  della 
Missione  del  Padre  Leonardo  (');  e  della  venuta  in  Ancona 
del  Cardinale  Yorck  (^).  Ringraziamo  il  Sig.  Iddio  che  tutto 
sia  riuscito  bene;  ed  intanto  diamo  a  Lei^  ed  a  tutta  la  sua 
Casa  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  30  Settembre  1747. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona 

LUI. 

Riceviamo  la  sua  unitamente  con  quella  di  Monsig.  Ve- 
scovo, ed  ecco  la  risposta,  che  favorirà  consegnarli. 

Nella  stessa  sua  lettera  leggiamo  lo  sbaglio  accaduto 
fra  i  due  Santi  Liberio,  e  Liborio,  e  diamo  la  facoltà,  che 
a  S.  Liborio  si  sostituisca  S.  Liberio,  protettore  della  Città  ('), 
la  di  cui  festa  si  celebra  ai  27  dì  Maggio;  ed  intanto  re- 
stiamo col  dare  a  Lei,  ed  a  tutta  la  sua  Casa  V  Apostolica 
Benedizione. 

Roma  4  Ottobre  1741. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LIV. 

Riceviamo  la  sua  degli  8  in  cui  ci  avvisa  esser  già 
stata  collocata  la  Via  Crucis  nella  sua  Chiesa  (^),  diciamo 
sua,  perchè  fin  da  quando  eravamo  in  Ancona  Ella  se  V  era 
presa  per  se,  e  ne  aveva  cacciato  il  Vescovo,  contro  cui 
formava  querela,  se  vi  entrava   senza   avergli   detta   prima 


(i)  V.  la  lettera  41  • 

(2)  Si  recava  a  Roma,  essendo  stato  da  Benedetto  XIV  nominato  Cardinale  nel 
luglio  i747> 

iS)  Cioè  comprotettore,  essendo  S.  Ciriaco  il  protettore,  oil  protettore  pr^incipale. 

(4)  Cioè  chiesa  officiata  dallo  btorani:  non  abbiamo  indizi  per  conoscere  qual 
chiesa  fosse. 


7^2  MICHELE     MAROKI 

una  parola.  Leggiamo  ancora  nella  lettera  i  congressi  che  si 
sono  incominciati  con  Monsig.  Rota;  Iddio  lo  feliciti  ('). 
Saluti  Monsig.  Vescovo^  e  diamo  a  tutti  quanti  V  Aposto- 
lica Benedizione. 

Roma  14  Ottobre  1757. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LV. 

Non  serve  questa  nostra  ad  altro  che  per  ringraziarla 
delle  notizie  che  ci  ha  date  colla  sua  dei  12  circa  la  persona^ 
ed  il  portamento  di  Monsig.  Rota^  che  staremo  aspettando 
per  sentire  quant'  esso  ci  riferirà  in  ordine  al  consaputo  af- 
fare {^),  che  desideriamo  di  poter  spedire^  giusta  i  desiderj 
di  codesta  Città;  ed  intanto  restiamo  col  dare  a  Lei^  ed  a 
tutta  la  sua  Famiglia  P  Apostolica  Benedizione. 
Roma  18  Ottobre  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LVI. 

La  ringraziamo  delle  notizie  dei  due  Colli  imbarcati 
per  Bologna^  e  se  ha  speso  qualche  cosa  favorisca  avvisarlo^ 
acciò  se  ne  mandi  il  rimborso  ('). 

Circa  V  affare  dei  Lazzaretti  Monsig.  Rota  sta  stendendo 
alcuni  foglia  avedoci  già  data  qualche  informazione  a  voce  (^). 

È  troppo  presto  il  pensare  al  Privilegio  d' addottorare 
i  Scolari;  è  d'uopo  vedere  la  cosa  come  si  mette  {% 


(1)  V.  la  lettera  51  e  le  seguenti  55,  56»  61,  6a,  63. 
(3)  V.  le  lettere  indii^te  nella  nota  precedente. 

(3)  V.  la  lettera  49* 

(4)  V.  la  lettera  51  e  le  indicate  nella  nota  I. 

(5)  In  Ancona  aveva  nei  primordi  del  secolo  scorso  cessato  di  esistere  un  collegio 
di  dottori,  che  per  privileiiio  di  Pio  IV  aveva  facoltà  di  conferire  le  lauree.  li  Comune 
di  Ancona  aveva,  dopo  cessato  il  collegio»  istituite  due  cattedre,  una  dì  dirìtt<^  civile, 
e  una  di  diritto  canonico.  Lo  Storani  aveva  chiesto  al  p>ntefice  che  ai  due  professori 
fosse  confermato  o  cencesso  il  diritto  xià  spettante  al  collegio.  Vedi  il  nostro  studio  — 
L*  Univertità  degli  studi  e  H  collegio  dei  dottori  in  Ancona,  pubblicato  in  questo 
Archivio  Voi.  I,  pagg. 


LETTERE   DI   BENEDETTO   XIV  763 

Circa  il  Padre  Scaramelli  {'),  ed  il  luogo  nel  Collegio 
Piceno  per  il  giovane  RuflBni,  vedremo  quello  potrà  farsi  (*). 
Ed  intanto  restiamo  col  dare  a  lei^  ed  a  tutta  la  sua  &mi- 
glia  1^  Apostolica  Benedizione. 

Roma  22  Novembre  1747. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LVII.' 

Questa  sera  Monsig.  Segretario  di  Consulta  scrive  che 
non  si  permetta  il  Lotto  degli  Allegri  (');  così  gli  abbiamo 
ordinato^  né  a  lui  era  stata  fatta  veruna  istanza  dai  publici 
Deputati^  acciò  non  si  permettesse  il  Lotto. 

Circa  1^  affare  de'  Lazzaretti^  non  lasciamo  di  sollecitare^ 
ma  i  Camerali  vogliono  esser  sentiti^  ne  ciò  se  gli  può  ne- 
gare (^). 

Circa  il  libro  del  Padre  Scaramelli,  ne  chiederemo 
conto  al  S.  Officio:  ma  temiamo  che  debba  restare  come 
un  fondo  di  Bottega  nel  Tribunale  (^). 

Non  lo  sappiamo  di  certo,  ma  ne  cercheremo  conto; 
ed  intanto  diamo  al  nostro  Arcidiacono  V  Apostolica  Bene- 
dizione. 

Roma  4  Febbraio  1748. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LVIII. 

S'avvicina  la  festa  di  S.  Ciriaco,  e  Noi  mandiamo  se- 
condo il  solito  il  regalo  (*). 


(i)  V.  la  lettert  49  e  la  seguente. 

(2)  V.  la  lettera  47. 

(5)  Non  a**biamo  potuto  rintracciare  che  cosa  fosse  il  Lotto  degli  Allegri.  Che 
gli  Allegri  fossero  una  società  dì  divertimento  ?  Certo  si  era  in  tempo  di  carnevale. 
E  il  lotto,  come  cioco  d'  azzardo,  era  vietato. 

(4)  V.  la  lettera  5 1. 

(5)  V.  la  lettera  49  e  la  precedente. 

(6)  V.  la  lettera  1  ed  ivi  la  nota  a  pag.  734. 


7^4  MICHELE     MAROKt 

Questo  consiste  in  un  Reliquiario  ctOro,  entro  cui  oltre  le 
altre  Relìquie,  vi  sono  quelle  de' Santi  Canonizzati  da  Noi  (')• 

Oltre  il  Reliquiario  mandiamo  V  Autentica. 

Il  Reliquiario  assolutamente  è  bello  e  ricco.  Lo  fece 
fare  il  fu  Cardinale  Acquaviva,  e  fra  oro  e  fattura  vi  spese 
mille  e  cinquecento  Scudi  Romani. 

Fu  Éitto  col  supposto,  che  dovessimo  beatificare  il  servo 
di  Dio  Rodolfo  Acquaviva,  e  seguendo  la  Beatificazione  vi 
avrebbe  riposte  le  Reliquie  delle  Ossa  d^  esso,  e  de'  Com- 
pagni. 

Non  potemmo  poi  fare  la  Beatificazione,  ed  il  Cardi- 
nale ritenne  il  Reliquiario  per  sé.  Morendo  poi  ce  lo  lasciò 
in  legato,  e  così  il  dono  è  stato  fatto  da  un  Governatore 
d'  Ancona,  ad  un  Vescovo  d'  Ancona,  ed  il  Vescovo  d' An- 
cona lo  manda  in  dono  alla  Sua  sempre  diletta  Chiesa  (*). 

Il  Regalo  si  consegna  al  Primicerio  di  Loreto  che  par- 
tirà uno  di  questi  giorni  da  Roma,  e  che  dopo  le  fest« 
verrà  ad  Ancona  a  consegnarlo  nelle  proprie  mani  dell'  Ar- 
cidiacono Storani,  a  cui  è  diretto,  ed  al  quale  diamo  l'A- 
postolica Benedizione;  pregandolo  di  fare  in  ordine  a  que- 
sto regalo  il  solito,  che  è  di  presentarlo  a  Monsig.  Vescovo, 
e  sia  riposto  nel  luogo,  ove  si  conservano  le  altre  Reliquie. 
Roma  3  Aprile  1748. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LIX. 

Abbiamo  parlato  al  P.  Generale  di  S.  Agostino  per  co- 
testo P.  Priore  (');  esso  lo  tiene  per    un  buon   Sacerdote, 


(i)  S.  Fedele  da  Stgmaringa.  S.  Camillo  de  Lellis,  S.  Pietro  Regalato,  S.  Giuseppe 
da  Leonessa,  S.  Caterina  Ricci,  canonizzati  nel  9q  glu^^no  1746.  In  vari  tempi  poi  ce* 
lebrò  alcune  Beatificazioni,  e  confermò  alcuni  Culti  immemorabili,  fra  i  quali  quello 
del  B.  Gabriele  Ferretti  anconitano. 

(i)  Benedetto  XIV  ffià  Vescovo  di  Ancona  mandava  in  dono  alla  chiesa  d'Ancona 
il  reliquiario,  clie  si'  era  stato  donato  dal  Cardinale  Troiano  Acquaviva  di  Napoli,  che 
per  decreto  d'  Innocenzo  XI 11  era  stato  governatore  di  Ancona  dal  1791  al  1713. 

C3)  Gian  Niccola  Reppi  di  Ancona. 


LETTERE  DI  BENEDEITO  XIV  765 

né  ha  avuto  contro  di  lui  altro^  che  un  giusto  dispiacere  ^ 
per  non  aver  esso  subito  obbedito  ad  un  certo  suo  ordine 
appartenente  alla  disciplina  Claustrale.  Era  dunque  per  que- 
sto motivo  risoluto^  che  che  non  compisse  V  altro  triennio 
pel  suo  Priorato;  ma  avendogli  Noi  parlato  dopo  la  Cap- 
pella di  jeri  dopo  pranzo^  ed  avendogli  fatto  vedere  il  Ca- 
pitolo della  di  lei  lettera,  col  rilevargli,  che  era  stata  scritta 
dal  Generale  de^  Terziarj  de^  Gesuiti,  per  V  ordinario  inimici 
degli  Agostiniani  (*),  alzando  le  braccia  al  Cielo  esclamò 
tre  volte,  si  faccia  quanto  chiede  questo  buon  Padre  Gene- 
rale, con  che  resta  terminato  questo  gran  negozio,  col  dare 
a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  famiglia  1'  Apostolica  Benedizione. 
Roma  13  Aprile  1748. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona 

Ecco  una  lettera  per  Monsig.  Arcivescovo  di  Ragusa. 
U  assicuriamo,  che  non  vi  è  una  parola  contro  la  Venera- 
bile Compagnia  di  Gesù,  e  nemmeno  contro  veruno  indi- 
viduo della  medesima,  siccome  nemmeno  contra  verun  Ter- 
ziario (').  Potrà  Ella  dunque  senza  prima  chiederne  licenza 
al  P.  Rettore  di  codesto  Collegio,  farci  il  favore  d^  inca mi- 
narla sicuramente  per  Ragusa.  Abbiamo  considerate  le  co- 
stituzioni dell'  Ordine,  e  vediamo  essere  disputabile  il  caso, 
se  dopo  aver  mandata  via  la  lettera,  sia  obligato  il  Terzia- 
rio a  darne  parte  al  Sinedrio.  Non  vogliamo  scrupoli;  Ne 
dia  dunque  parte  dopo  che  sarà  partita  la  lettera.  Compa- 
tisca l' incomodo,  restando  col  darle  V  Apostolica  Benedi- 
zione. 

Castel  Gandolfo  29  Maggio  1748. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  V.  la  lettera  it. 

(2)  V.  la  ietterà  medesima. 


^66  MICHELE     MAROKI 

LXT. 

Codesti  Anziani^  e  codesto  Consiglio  sono  un  poco 
difficili  da  contentarsi  {'). 

I  chirografi  non  si  sono  fatti  alla  cieca^  Monsig.  Rota 
n^  è  stato  consapevole,  ed  esso  non  ha  mostrata  altra  diffi- 
coltà, che  sopra  1'  uno  per  cento  da  esiggersi  ;  al  che  essen- 
dosi risposto,  che  la  fissazione  delK  uno  per  cento  indicata 
nel  Chirografo  era  posta  in  modo,  che  lasciava  libero  l'  a- 
dito  a  ricorrere,  e  mostrare  che  V  uno  per  cento  è  troppo, 
ancorché  si  esigga  in  Civitavecchia,  in  Livorno,  in  Genova 
ed  in  tanti  altri  porti;  per  lo  che  poteva  contro  il  detto 
uno  per  cento  ricorre  a  Monsig.  Tesoriere.  Esso  conobbe 
la  ragionevolezza  della  risposta.  Ecco  quanto  occorre  nell^ af- 
fare, in  cui  se  i  Chirografi  non  piacciono.  Noi  ben  volen- 
tieri gli  casseremo,  e  lascieremo,  che  il  Mondo  giudichi  per 
chi  sia  Ja  ragione,  e  per  chi  il  torto,  ne  priveremo  la  Ca- 
mera, che  colle  spese  vive,  e  continue  avrebbe  fabbricate 
tre  città,  com^è  Ancona.  Ancona  proseguisca  i  suoi  diritti  sopra 
i  Lazzaretti  vecchi,  e  nuovi,  ed  allora  si  vedrà  se  la  insopor- 
tabile  insaziabilità  di  codesti  Anziani  e  Consiglio  sarà  stata 
causa  di  bene,  o  di  male   a   codesto   povero   Pubblico   (*). 


(ì)  Questa  lettera,  e  le  seguenti  65  le  abbiamo  tratte  dalla  Storia  di  Ancona  mano- 
scritto di  Camillo  Albertini  neir  archivio  comunale  al  T.  HI.  p.  I. 

(7)  U  chirografo  a  cui  si  allude  è  il  breve  di  donazione  con  alcuni  patti  e  condi- 
zioni del  lazzaretto  vecchio  al  comune  ~  V.  la  lettera  51-  —  11  memoriale  dei  Depu- 
tati ai  Negozi,  con  il  quale  si  apponeva  ostacoli  ali*  accettazione*  del  dono,  fu  accooi- 
pagnato  da  una  lettera  dell'  arcidiacono  Storani .  Ecco  la  ragione  di  questa  lettera  del 
papa  al  suo  amico,  scritta  un  pò  ab  irato.  Lo  Storani  allora  in  data  del  a  8  successivo 
scrìsse  al  pontefice  la  seguente,  che  sola  delle  lettere  dello  Storani,  abbiamo  ritrovata 
neir  Albertini.  (Tom.  HI.  p.  1. 

„  Confesso  alla  Santità  Sua,  che  nel  leggere  il  veneratissimo  Suo  foglio  rapporto 
„  alli  due  divisati  Chirografi,  siamo  rimasti  si  fattamente  mortificati,  non  meno  io,  che 
„  questo  Pubblica  Rappresentanza,  che  non  ho  termini  da  poterglielo  esprimere  ,  sol 
„  riflesso  appunto,  che  potesse  la  Santità  Vostra  dubitare  della  sincerità  del  da  me 
„  espostuli.  Per  verità  non  avrei  ardito  rendere  nuovo  incommodo  alla  Santità  Vo- 
„  stra  con  altre  mie  repliche,  se  non  conoscessi  1'  evidente  pregiudizio  eh'  è  per  ri- 
dondare a  questa  povera  Città  dalla  piena  esecuzione  dei  suddetti  Chirografi. 

„  Questo  Pubblico  aveva  cumulato  diversi  Documenti  autentici  per  umiliarli  alla 
„  Santità  Vostra ,   ma  disanimato  dalla  sopravenuta  risposta  aveva  determinato  so- 


» 


LETTERE   DI   BENEDETTO   XIV  ^6^ 

Ch'  è  quanto  con  ogni  ingenuità   possiamo   dire   al   nostro 
Arcidiacono^  a  cui  diamo  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  20  Luglio  1748. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona 

LXII. 

Riceviamo  la  sua  dei  28  di  Luglio^  e  non  possiamo 
negare  di  non  a,ver  provata  una  grande  amarezza  nel  ve- 
dere non  graditi  i  nostri  due  Chirografi^  e  che  si  mette 
per  gravame  un  comodo  da  darsi  ai  Galeotti,  che  volta  si 
vorrebbero  mandare  a  cotesto  Porto  per  nettarlo,  acciò 
non  vada  in  malora,  come  pur  troppo  minaccia  di  fare,  se 
non  si  prende  providenza.  In  sostanza  il  Mondo  è  fatto  in- 
contentabile, non  bastando  il  fare  ogni  giorno,  anzi  ogni 
momento,  quando  si  può  per  gli  altri  ;  che  i  beneficati  hanno 
sempre  che  ridire.  Circa  poi  il  sentire  P  Agente  di  cotesta 
Comunità  ('),  o  qualsivoglia  altra  persona.  Noi,  benché  fos- 
simo risoluti  di  non  voler  più  sentire  parlare  di  questa  fac- 
cenda^ e  di  rimetterla  ai  suoi  Giudici,  non  avremo  difficoltà 
di  sentire,  protestandoci  unicamente  di  farlo  in  riguardo  di 
lei,  a  cui  portiamo  distinto  affetto  ('),  ed  intanto  le  diamo  . 
1^  Apostolica  Benedizione. 

Roma  3  Agosto  1748. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


»,  spendere  ogni  altro  passo  ;  Ciò  non  ostante  io.  che  ho  piena  prova  della  Clemeaza, 
„  ed  amore  della  Santità  Vostra  gli  ho  persuasi  a  doverli  porre  sotto  gli  occhi 
„  della  medesima  per  mezzo  del  suo  Agente,  con  fiducia,  che  in  vista  di  Essi  sia  la  San- 
,,  tità  Vostra  per  rimanere  disingannata  di  quelle  sinistre  informazioni,  che  forse  le  sono 
t,  state  fatte  contro  sii  Anziani,  e  Consiglio. 

„  Supplico  dunque  la  Santità  Vostra,  a  cui  è  ben  nota  la  mia  ingenuità,  ri- 
„  cevere  t  enignamente  le  suddette  Giustificazioni,  e  concedermi  la  grazia,  che  in  questi 
„  ultimi  giorni  di  mia  vita  debba  vedere  consolata  questa  afflitta  Patria,  e  con  essa  que^ 
„  sti  miei  Concittadini,  che  tutti  unitamente  con  me  si  umiliano  a'  suoi  Santissimi  Pie- 
„  di,  implorando  la  sua  Paterna  Benedizione. 

(t)  Agente,  ossia  incaricato  degli  affari  del  Comune  in  Roma.  In  questo  tempo 
era  agente  1*  avv,  Pier  Andrea  Vecchi. 

(2)  V.  la  lettera  51. 


7^8  MICHELE     MAROSI 

LXIII. 

Ella  tempo  fa  ci  scrisse,  che  sarebbe  stato  da  Noi 
r  agente  di  cotesta  Città  d*  Ancona  per  il  noto  interesse, 
ed  esso  non  è  stato  mai  da  Noi  ('). 

Fu  bensì  dopo  qualche  tempo  esibito  in  nome  della 
Città  un  memoriale  per  il  canale  della  Segreteria  de'  me- 
moriali, che  fu  da  noi  rimesso  a  Monsig.  Tesoriere  (*).  Il 
memoriale  poi  col  rescritto  dovette  esser  preso  dalP  Agente, 
e  posto  nella  cassetta  comune  de' Memoriali,  che  sta  a  pie- 
di delle  scale  di  Monsig.  Tesoriere,  perchè  in  essa  fu  ri- 
trovato ('). 

Questa  è  la  trafila  data  al  Negozio;  venendo  ora  ai 
capi  d'  esso  ;  quanto  al  pagamento  da  farsi  dalle  Barche  sì 
attendono  le  notizie  per  stabilirlo  a  dovere.  Quanto  al  man- 
tenimento de  battitori  della  spiaggia,  si  dirà  che  Ancona 
faccia  quanto  si  fa  dalle  altre  Città  dello  Stato,  e  che  non 
vi  sia  per  essa  veruna  specialità  d'aggravio.  Rispetto  ai  Laz- 
zaretti vecchj,  si  lasceranno  a  disposizione  della  Città,  acciò 
ne  cavi  quel  profitto  che  potrà,  e  ne  faccia  1'  uso  che  cre- 
derà opportuno.  Si  vorrebbe  bensì  la  riserva  d' una  porzione 
per  i  Galeotti,  che  una  volta  si  mandino  per  spurgare  il 
porto,  quali  il  Betti  (^),  se  avesse  il  vero  amore  per  la  sua 
Patria,  e  prima  di  morire  si  disponesse  a  lasciare  il  genio 
d' imbrogliare  ogni  cosa,  dovrebbe  ricettare  in  sua  Casa , 
invece  di  porre  ostacoli  alla  loro  venuta,  dovendo  venire 
a  spese  della  Camera,  e  per  servizio  d'  Ancona. 

Il  negozio  è  in  crisi;  prendasi  dunque  partito,  perchè 
la  cosa  non  sta  bene  così,  come  ora  sta,  e  ciò  che  Noi 
avremo  la  sorte  di  terminare  dalla  Congregazione  partico- 
lare ne'  primi  giorni  di  Novembre  (5). 


(i)  V.  la  lettere  precedente. 

(i)  II  memoriale  rìsguardava  l' affare  delle  cootamacie  e  dei  lazzaretti. 
{%)  Sembra  che  l'agente  non  fosse  molto  premuroso. 

(a)  Francesco  Saverio  Betti  fu  segretario  del  Comune   dal   lysS   al   1770,   nel 
quale  anno  venne  «iubilato  :  morì  nel  177)^. 
(^)  V.  la  lettera  51. 


LETTERE   DI   BENEDETTO  XIV  769 

Ch'  è  quanto  dobbiamo  dire  al  Nostro  Arcidiacono,  re- 
stando col  dargli  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  25  Settembre  1748. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXIV. 

Dal  2^ncarelli  {%  abbiamo  ricevuto  la  sua  dei  3,  colle 
stampe  annesse  (').  Il  tutto  sarà  da  Noi  considerato  colla 
dovuta  equità.  E  duopo  però  che  codesto  acutissimo  Betti  ('), 
ed  altri  suoi  ciechi  aderenti,  abbiano  la  bontà  di  riflettere, 
che  chi  succederà  a  Noi  nel  Pontificato  non  sarà  né  un  No- 
stro Figlio,  ne  un  nostro  Nipote,  né  veruno  di  Casa  Lam- 
bertini,  da  quali  si  possa  sperare  un  impegno  per  mante- 
nere le  cose  da  Noi  fatte.  Il  vero  mantenimento  deve  pro- 
venire dalla  giustizia  o  almeno  da  un  equità  ragionevole, 
e  dal  fare  le  cose  con  intelligenza  de'  Camerali ,  morendo 
il  papa,  e  sopravivendo  la  Camera.  Noi  ci  siamo  fatto  pre- 
gio di  mantenere  le  cose  anche  zoppicanti  fatte  dal  nostro 
Predecessore.  Esso  certamente  mal  consigliato  non  fece  così 
con  quelle  fatte  dal  suo  Predecessore  Benedetto  (^).  Di  che 
umore  sia  per  essere  chi  verrà  dopo  di  Noi,  non  lo  sap- 
piamo ;  e  perché  vogliamo  bene  ad  Ancona  ci  basta  d' es- 
ser ringraziati  per  quello  che  faremo,  trovandoci  qualche 
lode  nel  tempo  che  viviamo;  ma  indirizziamo  la  mira  alla 
permanenza  a  conto  anche  delle  critiche  da  sopportarsi  nel 
tempo  di  nostra  vita.  Che  é  quanto  possiamo  dire  in  ri- 
sposta alla  sua,  dando  a  lei,  ed  a  tutta  la  sua  famiglia  V  A- 
postolica  Benedizione. 

Roma  9  Ottobre  1748. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  V.  la  lettera  48. 

(2)  Relative  alla  questione  dei  Lazzaretti.  V.  la  lettera  51. 

(^)  V.  la  lettera  precedente. 

(4)  Sapientissimi  detti,  che  rivelano  l'  alto  animo  di  Benedetto  XIV. 

Archivio  Storico  li.  49< 


770  MICHELE     MARONl 

LXV. 

Per  andare  avanti  nel  noto  affare^  qui  si  sta  aspettando 
il  sentimento  delle  Persone  pratiche,  ed  interrogarle^  per 
ben  regolare  la  Tariffa  per  le  Barche^  o  siano  Merci  di  con- 
tumacia ('). 

Circa  i  Battitori  delle  spiaggie  si  potrà  prendere  qual- 
che compenso  per  le  pratiche  contìnue^  che  costì  si  fanno 
per  la  Sanità. 

Si  additi  il  Quartiere  vicino  al  Porto  per  i  Galeotti^ 
acciò  possino  restare  alla  Città  liberi  i  Lazzaretti  VecchJ. 

Ch'  è  quanto  per  ora  possiamo  accennare,  restando  col 
dare  a  Lei  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  12  Ottobre  1748. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXVI. 

Riceviamo  la  sua  dei  14.  e  circa  gli  affari  publici,  si 
starà  in  attenzione  della  persona,  a  cui  si  darà  la  facoltà  di 
fare  ciò  che  si  deve  in  nome  publico  ('). 

Abbiamo  veduto  Monsig.  Arcivescovo  di  Spalatro  per 
V  Alunno,  che  sta  in  Loreto  (').  Prenderemo  un  poco  di 
lingua,  per  vedere  ciò  che  possa  farsi,  non  essendo  eretto 
il  Collegio  Illirico  in  Loreto  per  far  preti  che  stiano  fra 
di  Noi. 

Circa  i  figli  del  Cappellano  Angelo  Pichi  ('*),  parimenti 
vedrassi  come  si  sta  circa  i  luoghi  di  questo  Collegio  Pi- 
ceno (')  desiderando  Noi  di  far  per  essi  quanto  si  può  fare. 


(i)  V.  la  lettera  51. 

fi)  V.  la  lettera  medesima. 

(y)  Sembra  che  ai  parli  del  Ragax\o,  dei  qaale  ai  discorre  nelle  lettera  15  e  34; 
ma  in  queste  lettera  si  nomina  il  vescovo  di  Ragusa,  e  non  il  vescovo  di  Spalatro. 
(^)  Famiglia  nobile,  ancora  esistente. 
(l)  V.  la  lettera  47* 


LETTERE   DI  BENEDETTO  XIV  77 1 

Resta  il  punto  dì  confermare  alla  Città  il  privilegio  di 
dare  la  laura  Dottorale^  è  d^  uopo^  che  a  Noi  si  mandi  il 
Privilegio  in  forma  autentica  (');  ed  intanto  restiamo  col 
dare  a  lei^  ed  a  tutta  la  sua  famiglia  l'Apostolica  Benedi- 
zione. 

Roma  20  Novembre  1748. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


LXVU. 

Facemmo  tempo  fa  un  moto -proprio  sopra  cotesti 
Lazzaretti  Vecchi.  Non  piacque  alla  Comunità  d'  Ancona, 
e  con  soverchia  bontà  fu  detto,  che  esponessero,  le  cause 
del  dispiacimento  (^). 

Esposte  le  cause  fu  risposto,  che  si  sarebbe  fatto  sic  et 
sic,  e  che  si  deputasse  chi  doveva  stipulare  colla  Camera. 

Piacque  il  nuovo  partito  ;  Monsig.  Manciforte  per  or- 
dine della  Città  venne  a  ringraziarci,  1'  agente  venne  a  dirci 
che  aveva  avuto  il  Mandato  per  stipulare  ('). 

Non  essendo  poi  an4ato  1'  Agente  da  Monsig.  Teso- 
riere per  stipulare,  ed  essendo  stato  chiamato,  ha  mostrato 
la  revoca  del  mandato,  e  l' affare  resta  in  questi  termini. 

Quali  siano  le  conseguenze  che  si  possono  &re  contro 
questo  modo  di  trattare,  ella  lo  conoscerà  al  pari  di  Noi. 
Noi  bensì  sappiamo  quello  che  Ella  forse  non  sa,  cioè  quanto 
deve  farsi  da  Noi  per  vindicare  l' offesa  fatta  al  Princi- 
pato (^);  Con  che  le  diamo  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  primo  Febbraio  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


0)  V.  la  lettera  ^6. 
(i)  V.  la  lettera  51. 

(3)  V.  la  lettera  medesima. 

(4)  II  pontefice  era  giustamente  indignato. 


772  MICHELE     MARONl 

LXVIII. 

Parte  di  qui  il  P.  Inquisitore  d^  Ancona  {%  a  cui  con* 
segnamo  una  Reliquia  di  5,  Ciriaco  legata  in  oro,  da  ri- 
porsì  nel  Reliquiario  della  Gittedrale  (*). 

Il  regalo  è  stato  fatto  a  Noi  da  Monsig.  di  Spira  ^  che 
trent^anni  sono,  frequentava  il  Nostro  studio;  e  Noi  se- 
condo il  solito  per  la  Festa  di  S.  Ciriaco  lo  mandiamo  a 
lei  acciò  faccia  il  solito  con  Monsig.  Vescovo  in  nome  no- 
stro. Nulla  scriviamo  circa  gì'  interessi  di  cotesta  G)munità, 
che  volendo  troppo,  nulla  avrà  (').  Post  haec,  occasio  calva. 
Con  che  diamo  a  lei,  ed  alla  sua  famiglia  l'Apostolica  Be- 
nedizione. 

Rojna  12  Marzo  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXIX. 

Colla  sua  dei  30  del  passato  abbiamo  anche  ricevuta 
V  altra  di  cotesto  Monsig.  Vescovo  in  ringraziamento  della 
Reliquia,  e  del  Reliquario  da  Noi  trasmesso  a  cotesta  chie- 
sa Cattedrale  (♦)  :  ed  ecco  annessa  la  risposta,  che  Ella  fa- 
vorirà di  consegnarli  per  parte  nostra.  Intanto  non  vogliamo 
tralasciare  di  ringraziare  ancor  lei  delle  sue  cortesi  espres- 
sioni, come  colla  presente  facciamo:  restando  col  darle 
r  Apostolica  Benedizione. 
Roma  5  Aprile  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXX. 
Riceviamo  la  lettera  del  Nostro  Arcidiacono  unitamente 


(i)  V.  la  lettera  31. 

(9)  V.  la  lettera  i. 

(j^)  V.  la  lettera  51.  —  Questo  perìodo  è  stato  ommesso  nella  pabblicaitone  di 
questa  lettera  fatta  dai  canonici  Petrellì  e  Paurì  nella  Dittertaxione  iutla  Chiesa  An- 
conitana del  Peruzzi.  —  V.  la  lettera  i. 

(4)  V.  la  lettera  precedente^ 


LKTTERE  DI  BENEDETTO  XIV  'J'J^ 

col  memoriale,  che  trasmettiamo  col  rescritto  (*)  e  non  aven- 
do che  soggiungere,  restiamo  col  darle  l'Apostolica  Bene- 
dizione. 

Roma  16  Aprile  1749. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXI. 

Abbiamo  ripigliato  il  negozio  de'  Lazzaretti ,  e  quando 
SI  voglia  venire  al  buono  si  può  dire  terminato  ('). 

La  prima  difficoltà  nasceva  sopra  il  magazzeno,  o  sia 
Stanzone,  che  si  cede  alla  Camera.  Circa  questo  si  dirà  nel- 
r  Istromento  che  si  cede,  e  che  ce  ne  prevaleremo  libera- 
mente, e  specialmente  per  V  uso  de  Galeotti. 

La  seconda  rìsguardava  il  mantenimento  dei  Lazzaretti 
Vecchi.  Non  addosseremo  il  peso  alla  Comunità  di  mante- 
nerli ;  ma  nemmeno  vogliamo  addossarlo  alla  Camera ,  per 
non  comparire  ridicoli  :  imperocché  questo  sarebbe  il  primo 
caso,  che  il  donante  si  obbligasse  alla  manutenzione  della 
cosa  donata. 

Dirassi  che  in  questo  modo  i  Lazzaretti  vecchi  andranno 
in  malora.  Rispondiamo,  che  pur  troppo  sarà  cosi,  sapendo 
il  naturale  degli  Anconitani,  non  essendovi  in  tutto  lo  stato 
Ecclesiastico  una  Città ,  che  sia  di  tanta  spesa ,  e  di  tanto 
aggravio  alla  Sede  Apostolica;  non  siamo  assolutamente  in 
grado  di  mettere  per  Essa  nuovi  vessicatorj  addosso  alla 
Camera. 

La  terza,  che  la  Camera  non  si  assumeva  il  peso  de' 
Battitori  della  spiaggia*  Questo  si  levarà,  coir  esprimere,  che 
1'  assume. 

U  ultima ,  che  non  s' individuano  i  Corpi  componenti 
i  Lazzaretti,  che  si  cedono.  Si  farà,  che  restino   individuati 


(0  Non  abbiamo  potato  conoscere  quo!  foue  1'  affare,  cui  il  memoriale  si  riferìice. 
(2)  Vedi  la  lettera  51. 


774  MICHELE     MAROHI 

a  tenore  di  quanto  ragionevolmente  si  esprìmerà  dalla  città: 
e  però  Essa  gP  individui. 

Ecco  quanto  si*  potrà  fare  con  gran  maraviglia  di  que- 
sti Camerali^  che  avendo  in  Capitale  la  Sentenza  del  Giu- 
dice sopra  la  pertinenza  de'  Lazzaretti  vecchi  alla  Camera , 
ch^è  stata  trattenuta  da  Noi^  non  sanno  capire  come  non 
le  si  svolgono  le  mani  per  agire;  e  stiamo  sofferenti  ingo- 
iando continuamente  da  una  misera  suddita  Comunità  male 
creanze^  ed  insolenze.  Avendo  ogni  momento  in  bocca^  che 
gli  Anconitani  hanno  le  mani  di  pece^  quando  si  tratta  della 
roba  della  Camera^  e  portano  una  serie  di  casi  più  grossa 
della  Stona  del  Saraceni  ('). 

Non  teniamo  copia  di  questo  foglio.  Il  nostro  buon 
Arcidiacono  ce  la  mandi ,  perchè  stendendosi  1^  Istromento , 
Noi  stessi  la  confrontaremo  con  esso  :  e  non  si  faccia  nuo- 
va mozzorecchierìa  di  levare  di  soppiatto  il  mandato  di  Ro- 
ma a  chi  lo  avrà  per  stipulare  (% 

Con  che  gli  diamo  V  Apostolica  benedizione. 
Roma  19  Aprile  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXII. 

Riceviamo  la  sua  dei  24  ;  e  circa  V  affare  di  cotesta 
Comunità  ('),  sopra  cui  scrivemo  a  Lei ,  s*  aspetterà  la  ri- 
sposta^ purché  venga  dentro  un  tempo  discreto^  avendo  già 
Noi  preso  il  partito  di  spogliarci  in  caso  contràrio  di  questa 
bega^  lasciandola  in  mano  ai  Camerali ,  che  sapranno  fare , 
quando  devono^  e  non  averanno  gran  paura  del  Betti  (^\ 
che  mena  per  il  naso  cotesti  altri  imbecilli  (^). 


(\)  V.  U  lettera  51. 

(^)  Questa  lettera  non  è  certo  onorifica  per  Ancona  :  fortuna  che  il  pontefice  non 
parlaTa  ex  cathedra,  e  per  di  più  non  era  nella  consueta  calma  di  spirito. 

("i)  V.  la  lettera  51. 

U)  V.  la  lettera  6s. 

(%)  Cioè  coloro,  che  nella  lettera  64  sono  chiamati  ciechi  aderenti^  forse  i  Signori, 
o  alcuni  dei  Siipiori  del  magistrato  cittadino,  —  specialmente  i  Deputati  ai  Ne^oxi»  — 
Questo  ci  sembra  un  piirlar  chiaro  davvero. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  77$ 

Circa  poi  le  Finestre  degli  Ebrei  è  d' uopo  Y  indagare 
con  quale  autorità  'abbino  fatta  V  innovazione^  e  poi^  che  si 
ricorra  a  Noi  col  Menioriale^  perchè  sarà  cura  nostra  il  ri- 
parare al  disordine^  da  qualunque  Capo  sia  provenuto  (^). 

Se  il  S.  Offizio  vi  ha  avuto  le  mani  non  l^avrà  fatto 
senza  aver  sentito  cotesto  P.  Inquisitore^  tanto  più^  che 
quanto  è  seguito  è  seguito  circum  circa  il  tempo  nel  quale 
esso  era  in  Roma  ('). 

Oltre  di  che  l' Inquisitori  combattono  per  la  fede  cat-* 
tolica^  ma  non  sogliono  aver  in  odio  gli  ebrei  ('). 

Noi  parliamo  cosi^  ma  in  generale^  ed  in  astratto^  po- 
tendo essere  che  nel  caso  presente  il  fatto  sia  in  contrario; 
restando  lutando  col  dare  a  lei^  e  a  tutta  la  sua  famiglia 
1^  Apostolica  benedizione. 

Roma  30  Aprile  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXIIL 

Acciò  il  nostro  Arcidiacono  Storani  veda  quanto  si  è 
fatto ,  e  si  £a  nell'  affare  delle  finestre  degli  Ebrei  (^) ,  gli 
mandiamo  a  sigillo  volante  V  annessa  lettera^  che  scrìviamo 
a  Monsig.  Vescovo,  acciò^  dopo  che  l'avrà  letta,  e  sigillata, 
se  cosi  crede  espediente,  gliela  consegni  :  dando  intanto  Noi 
al  detto  buon  Arcidiacono,  ed  a  tutta  la  famiglia  V  Aposto- 
lica Benedizione. 

Roma  21  Maggio  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXIV. 

Godiamo  sentir  dalla  sua  dei  29  del  passato,  ch^  ella 
abbia  ricevuto  il  nostro   Plico  sopra  le  fenestre  di  cotesti 


(i)  Non  possiamo  precisare  il  fatto  ;  ma  dall'  insieme  pare  si  dovesse  trattare  di 
an  fatto  commesso  a  danno  degli  ebrei  da  parte  del  S.  Officio. 
(7)  V.  la  lettera  67. 

(ji)  Sentimento  di  amaniti  proprio  di  Benedetto  XI V. 
(4)  V.  la  lettera  precedente. 


77^  *     MICHELE     MARONI 

Ebrei^  e  ne  abbia  fatta  la  consegna  a  Monsig,  Vescovo  ('). 

Quanto  poi  alia  di  lei  istanza  di  rimettere  tutto  il  pre- 
detto affare  nelle  mani  dello  stesso  Monsig.  Vescovo^  a  cau- 
sa dell^  imminente  partenza  di  cotesto  P.  Inquisitore  ;  Noi 
non  lasciaremo  di  trattare  con  questo  Monsig.  Assessore  del 
S.  Officio  (')•  Per  altro  ci  giunge  molto  inaspettata  la  noti- 
zia che  Ella  ci  dà  del  viaggio  del  sopradetto  Padre  ^  aven- 
doci egli  qui  assicurato ,  che  non  V  avrebbe  mai  intrapreso, 
perchè  era  certo,  diceva  esso,  ritornando  alla  Patria  sua,  di 
lasciarvi  la  vita  (')•  Che  è*  quanto  possiamo  dire  in  risposta 
alla  lettera  del  Nostro  Arcidiacono,  dandogli  1'  Apostolica 
benedizione. 

Castel  Gandolfo  4  Giugno  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXV. 

Ringraziamo  in  primo  luogo  il  npstro  Arcidiacono  de- 
gli augurj  e  delle  espressioni  cortesi  che  ci  ha  fatto  nella  sua 
dei  2[  del  corrente,  e  quanto  al  memoriale,  che  con  essa 
egli  ci  ha  inviato,  vogliamo  prima  prendere  le  dovute  in- 
formazioni, per  veder  poscia  quello  che  si  potrà  fare  (^). 

Passando  poi  ad  altro^  ci  sovviene  che  fra  i  Reliquiari 
che  unitamente  si  conservano  in  cotesta  Cattedrale  d'  An- 
cona, se  ne  ritrovano  alcuni  di  legno.  Noi  brameressimo 
sapere  il  numero  di  questi,  ed  anche  la  loro  altezza ,  lar- 
ghezza^ e  forma.  Il  nostro  Arcidiacono  con  suo  comodo  fa- 
vorisca di  darci  questa  notizia:  e  Noi  intanto  restiamo  col 
darle  1^  Apostolica  Benedizione. 
Roma  27  Agosto  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


{\)  V.  la  lettera  precedente. 

(^)  Sembra  che  1*  affare,  qual  si  fosse,  dovesse  stare  molto  t  cuore  dello  Storani. 
V.  la  lettera  69. 

{%)  V.  la  lettera  31. 

{a)  Il  memoriale  era  V  istanza  di  un'  Oratriee,  non  sappiamo  chi  foasc^  per  otte- 
nere un'assegnamento  o  sussidio,  V.  la  lettera  77. 


LETTERE  DI   BENEDETTO  Xy  777 


LXXVI. 


Avendo  Noi  rimesso  a  Monsìg.  Commissario  della  Ca- 
mera il  memoriale  raccomandatoci  da  lei^  ed  avendoci  data 
Monsig.  la  sua  informazione  in  iscrìtto  {'),  mandiamo  a  lei 
1^  uno,  e  V  altra  annessi  a  questa  nostra ,  acciocché  dopo 
visto,  e  considerato  il  tutto  si  notifichi  a  Noi  quanto  si 
deve  per  poter  venire  ad  una  ragionevole  determinazione. 
Con  che  intanto  diamo  a  lei  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  30  Agosto  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXVIL 

Riceviamo  la  sua  lettera  dei  7.  unitamente  colla  rispo- 
sta fatta  da  un  Legale  alP  Informazione  di  Monsig,  Com- 
missario della  Camera  (*).  La  risposta,  per  vero  dire  è  poco 
concludente,  e  tutti  i  Salmi  iSniscono  in  gloria,  cioè  con 
qualche  assegnamento  che  duri  durante  la  vita  dell^  Ora- 
trice.  Si  vedrà  quello  potrà  farsi,  ma  è  d^  uopo  il  conside- 
rare, che  Noi  siamo  semplici  usufruttuarj ,  e  le  nostre  di- 
sposizioni in  materia  d^  assegnamenti  durano  durante  la  vita 
Nostra,  se  non  sono  confermate  dai  Nostri  successori. 

Passando  alP  altro  articolo  de  Reliquarj,  ci  pareva  che 
fossero  molti  di  puro  legno,  o  indorato,  o  inargentato,  ma 
non  essendovene  che  due  piccoli,  il  gioco  non  vale  la  spe- 
sa della  Candela,  e  però  è  d'  uopo  mutar  pensiere,  avendo 
avuta  la  nostra  richiesta  V  oggetto  del  solito  regalo  che  so- 
gliamo fare  a  cotesta  Chiesa  per  la  festa  di  S.  Ciriaco  ('). 
Sarà  dunque  preciso  mutar  pensiere,  e  se  Ella  avesse  qual- 
che cosa  da  suggerirci,  non  lasci  di  farlo,  ed  anche  se  fosse 
bene  unire  a  quella  piccola  dimostrazione,  che  faressimo  alla 
Chiesa,  non  avendo  presentemente  cosa  veruna   di    riguar- 


do V.  la  lettera  precedente 
(s)  V.  k  lettera  precedeote. 
{%}  V.  la  lettera  71. 


77  8  MICHELE     MARONI 

devole^  e  nemmeno  sperando  d^  averla,  qualche  maritaggio  di 
Zitelle  ('),  o  altra  specie  di  elemosina. 

Il  tutto  sia  scritto  in  confidenza,  restando   col  dare  a 
lei,  e  a  tutta  la  sua  famiglia  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  13  Settembre  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXVIII. 

Giampedi  (*)  già  ci  ha  consegnato  tutto,  e  Noi  adesso 
pensaremo  a  quello  che  abbiamo  da  fare  (^). 

La  ringraziamo  della  trasmissione  sicura  della  Nostra 
lettera  a  Monsig.  Bizza,  e  della  disposizione  di  mandare  i 
legni  al  Marchese  Magnani  (^). 

Il  G)nfessore  delle  Monache  di  S.  Maria  Nuova  resta- 
rà sino  a  Maggio,  avendone  già  parlato  al  Padre  Generale 
d' Araceli. 

Restiamo  col  dare  a  lei,  ed  alla  sua  famiglia  V  Aposto- 
lica Benedizione. 

Roma  8  Novembre  1749. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXIX. 

Abbiamo  ricevuto  la  sua  appartenente  al  taccolo  di  co- 
testi Canonici  {%  consideraremo  il  tutto,  e  poi  scriveremo 


(1)  Oui«  tssegDamento  di  doti. 

(s)  Giaa  Domenico  Giampedi,  nctivo  di  Agugliaoc  presso  Ancona,  fa  Segretario 
domestico  di  Benedetto  XIV 

(3)  V.  la  lettera  precedente. 

(4;  V.  la  lettera  8. 

(S)  I  Canonici  della  Cattedrale  si  distinguono  in  numerari  e  sopranumerari. 
e  tanti  gli  uni  che  gli  altri  in  antico  avevano  soltanto  la  insegna  corale  dell'  almu' 
^ia.  Ma  nel  1701  i  Canonici  numerart  col  £svore  del  Vescovo  di  Ancona»  Cardinale 
d' Aste,  ottennero  il  privilegio  di  portare  la  cappa  e  la  moff^/Za  payona;^a.  Allora 
le  Dignità,  il  Primicerio,  V  Arciprete,  e  T  Arcidiacano,  presero  il  partito  di  vestirsi 
da  Protonotari  con  zucchetto  e  mantelletta  nera  ;  e  i  Canonici  topranumerari  fiecero 
solenne  protesta  al  Vescovo  per  chiedere  anch'  essi  al  papa  le  stesse  insegne  dei  Ca- 
nonici numerari.  Se  non  che  questi  non  contenti  dell'  onore  dell'  abito,   pretesero   di 


LETTERE   DI  BENEDETTO  *  XI V  779 

» 

a  Monsig.  Vescovo,  Non  ci  pare  che  la  materia  meriti  lite^ 
e  che  costi  più  la  Candela  del  valore  del  giuoco.  Restiamo 
col  dare  a  lei^  ed  a  tutta  la  sua  famiglia  1'  Apostolica  Be- 
nedizione. 

Roma  14  Gennaio  1750. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXX. 

Circa  V  officio  di  S.  Ciriaco  la  concessione  è  per  lei. 
Rispetto  poi  alla  Città  e  Diocesi  vi  abbiamo  gravi  difficoltà: 
e  sappia  il  nostro  buon  Arcidiacono^  che  la  miglior  dipo- 
lione  è  quella  che  si  conforma  alla  Rubrica  della  Chiesa 
e  che  non  tira  a  grazie  particolari.  Sono  imbrogliati  gli  Atti 


essere  distinti  dai  Canonici  sopranumerari  anche  negli  onori  del  coro.  E  perciò  nella 
notte  del  Natale  del  171.9  ^^"^  fecero  dare  ai  topranumerari  l*  incensazione  duplici 
ductu    ne'  la  pace.  Ecco  ciò  che  il  pontefice  chiama  il  taccola  di  cotesti  Canonici.  1 
sopranumerari,  molto  dolenti  del  fiitto  rivolsero  un  memoriale  a  Benedetto  XIV, 
come  si  apprende  dalla  lettera  A5.  11  Leoni  nella  sua   storia  d*  Ancona  riporta  la  se- 
guente  lettera  diretta  al  Vescovo  di  Ancona,   con   la  quale  Benedetto   XIV,   dando 
tutto  il  torto  ai  Canonici  numerari,  impose  silenzio  alla  contraversia,  —  "  Ci  è 
y,  stato  esibito  un  Memoriale  di  cotesti  Canonici  Sopranumerari,  a*  quali  si  controverte 
„  l' incensazione  da  codesti  Canonici  di  Cappa  della  sua  Cattedrale  contro  il  praticato 
„  sinora,  essendo  stato  sempre  per  lo  passato  incensati  i  Sopranumerari  duplici  ductu, 
„  dopo  eh'  erano  incensati  i  Canonici  di  Cappa.  Lo  diremo  con  ineenuità,  che  ciò  e*  è 
„  dispiaciuto,  amando  noi  cotesto  clero,  e  dispiacendoci  di  sentire  dissenzioni  fra  i  mem- 
„  t>ri  dello  stesso.  1  Canonici  di  Cappa  hanno  tutto  il  torto;  si  perchè  hanno  contro  di 
„  se  il  solito,  che  molto  vale  in  queste  materie;  si  perchè  se  v'  è  differenza  fra  i  Cano- 
„  nici  di  Cappa,  ed  i  Sopranumerari,  maggiore  è  la  differenza  fra  i  Canonici  delle  Me- 
„  tropolitane  e  Cattedrali  con  quelli  delle  Collegiate;  e  se  convenendo  i  Canonici  delle 
„  Metropolitane  e  Cattedrali  con  quelli  delle  Collegiate  nell'  assistenza  ad  una  Messa 
„  Cantata,  o  a  Vespri,  dopo  che  sono  stati  incensati  duplici  ductu  i  Canonici  della  Me- 
„  tropolitana,  o  Cattedrale,  s' incensano  duplici  ductu   quelli   delle  Collegiate,  il  che 
„  viene  stabilito  in  varie  decisioni  della  Congregazione  de'  Riti ,  e  noi  abbiamo  veduto 
„  praticare  in  Bologna;  con  molta  maggior  ragione,  convenendo  nell'  ufficiatura  i  Cano- 
„  nici  di  Cappa  coi  Canonici  Sopranumerari,  dopo  l'incensazione  duplici  ductu  dei  primi, 
„  dovranno  duplici  ductu  essere  incensati  i  secondi.  Aggiungiamo  aver  noi  sopra  il  punto 
„  interrogati  questi  nostri  Maestri  di  Cerimonie,  ed  aver  essf  risposto  esser  tutta  la  ra- 
„  gione  per  i  Sopranumerari.  Per  ora  non  abbiamo  voluto  fare  nessun  Rescritto  al  loro 
„  Memoriale,  ordinando  che  s'  osservi  il  solito,  ed  imponendo  silenzio  alla  controversia, 
„  avendo  creduto,  che  quando  il  passo  fosse  giusto,  altrettanto  fosse  poco  adattato  alla 
„  pace,  che  da  noi  si  desidera.  Chiami  Ella  adunque  alcuni  Canonici  di  Cappa  più  savi 
„  degli  altri,  legga  questa  nostra  lettera,  e  gli  esorti  a  recedere  col  fatto  dall'  impegno 
„  preso  male  a  proposito,  essendo  vero  pur  troppo  il  proverbio  de'  Francesi,  che  le  paz- 
„  zie  più  corte  sono  le  migliori.  Ch'  è  quanto  le  dobbiamo  significare,  dandole  1'  Apo- 
stolica Benedizione.  ,,  — 


„  B»vr«iw«    «^«.uvwt»«vr**«..    „ 


7S0  MICHELE     MARONl 

di  S.  Ciriaco  d'  Ancona  ;  e  sarebbe  vergogna  nostra  ,  che 
gli  accreditassimo  colla  estensione  deir  Officio  a  tutta  la 
diocesi  per  una  volta  al  mese  ('). 

Circa  il  P.  Bianchi  (*)  gli  diamo  per  quest^  Anno  Santo 
tutte  le  facoltà  che  hanno  prò  foro  conscentiae  i  Peniten- 
zieri di  S.  Pietro,  ma  per  dieci  soli  penitenti,  dovendo  poi 
la  Penitenzieria  stare  in  Roma,  ed  essendovene  un^  altra 
in  Loreto,  e  non  essendo  del  dovere  che  se  ne  apra  un  al- 
tra in  Ancona.  In  sostanza ,  chi  non  è  Papa  ,  per  uomo 
dabbene  che  sia,  vorrebbe  l' autorità  da  Papa. 

Ci  rallegriamo  che  stia  tanto  bene  il  Padre  Sarti  in  età 
di  anni  89.  Lo  saluti  in  nostro  Nome.  E  noi  diamo  a  lei, 
e  tutta  la  sua  famiglia  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  28  Gennajo  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXI. 

Riceviamo  una  sua  dei  19  e  rispetto  al  memoriale  che 
in  essa  Ella  ci  raccomanda.  Noi  non  possiamo  dare  alcuna 
risposta,  non  essendoci  per  anche  stato  presentato  nulla  (}). 

Abilitiamo  bensì  lei  a  poter  conseguire  in  Ancona  il 
Giubileo  dell'Anno  Santo,  quantunque  Ella  non  abbia  ol- 
trepassati gli  anni  settanta  di  sua  età,  ma  gli  abbia  soltanto 


(ì)  L'Ufficio  del  patrono  S.  Ciriaco  fa  ottenuto  dalla  chiesa  Anconitana  con  de- 
creto di  Pio  VII  del  30  settembre  1817  per  opera  del  cardinale  Niccolò  Riganti,  essendo 
postnlatore  il  P.  Antonio  Cadolini  anconitano,  che  fu  vescovo  di  Ancona,  e  cardina- 
le. ~  Sotto  Benedetto  XIV  il  Capitolo  chiese  1'  ufficio  di  S.  Ciriaco  ;  nu  non  solo  si 
voleva  1'  ufficio  per  il  giorno  della  festa,  sibbene  si  pretendeva  la  concessione  vera- 
mente straordinaria  di  poter  recitarlo  dodici  volte  1'  anno.  Inoltre  prìnu  che  il  Cano- 
nico Baroni  Vincenzo  publicasse  la  sua  DÌ»*erta\ione  su  S.  Grìaco  stampata  dal  Sar- 
tori in  Ancona  nel  1813,  regnava  una  grande  oscurità  intomo  gli  atti  ed  il  vescovado 
del  santo.  Quindi  s' intende  perchè  Benedetto  XIV  dicesse  eh'  erano  imbrogliati ,  e 
prendesse  1*  imbroglio  come  ar^'omento  contro  l' esorbitante  pretesa  deU*  ufficio  mensile. 

fi;  V.  la  lettera  36. 

^3)  Porse  è  il  memoriale,  di  cui  si  parla  nella  lettera  79. 


i 


LETTERE   Df   BENEDETTO   XIV   •  78 1 

incominciati.  Non  si  scordi  di  noi  nelle  sue  orazioni:  e  noi 
restiamo  col  darle  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  25  Febbrajo  1750. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXIL 

Sono  fuor  di  proposito^  e  scandalose  le  passeggiate  del 
nostro  Arcidiacono  Storani  fuori  della  porta  Calamo,  bat- 
tendo i  piedi,  e  dicendo  sotto  voce  alcune  parole,  delle  qua- 
li le  sole  intelligibili  sono  le  seguenti.  —  Papa  —  5.  Ciriaco. 

U  Papa  non  si  è  scordato  del  solito  nella  Festa  di  S.  Ci- 
riaco (•).  Si  ordinò  sino  nel  mese  di  Novembre  quanto  si 
voleva  per  fare  il  solito  nella  Festa. 

Gli  artisti  presero  V  incombenza,  ed  impegno,  ma  poi 
colla  scusa  forse  non  falsa  delle  grandi  faccende  per  V  An- 
no Santo  (^),  ci  hanno  fatto  sapere  essere  impossibile  che 
V  opera  commessagli  sia  terminata  per  poterla  trasmettere 
nel  tempo  destinato. 

Quando  sarà  finita,  si  manderà,  e  si  porrà  a  calcolo 
del  1750  e  non  del  1751. 

Restiamo  col  darle  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  18  Aprile  17  50, 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXIIL 

Rimandiamo  il  memoriale  sopra  il  Rettore  della  Chiesa 
del  Crocifisso  di  Sirolo  (')  col  rescritto  favorevole  alla  do- 
manda; se  poi  il  Rettore  per  i  suoi  malanni  deve  stare  in 


(ì)  V.  la  lettera  i. 

(9)  V.  la  lettera  precedente. 

(^)  Veramente  la  chieta  del  Crocifitto  sta  in  Umana»  paese  ▼icintssimo  a  quello 
di  Sirolo  sulle  falde  del  Monte  Conerò  o  di  Ancona.  Ma  come  scrÌTe  il  papa,  anche 
volgarmente  si  chiama  il  Crocifisso  di  Sirolo:  anzi  un'  adagio  popolare  dice  —  chi 
va  a  Loreto  a  non  va  a  Sirolo  vede  la  marna  e  non  vede  lo  fiolo  —  V.  la  lettera  44. 


782  «  MICHELE     MAROMI 

Ancona^  li  giustifichi^  esponga  le  sue  domande^  ed  allora 
per  via  di  dispensa  si  potrà  usare  equità.  U  nostro  buon 
Arcidiacono  saluti  Monsig.  Vescovo^  gli  Anziani^  ed  il  Con- 
siglio^ o  siano  i  Deputati  ai  Negozi  {%  dando  a  tutti  quanti 
V  Apostolica  Benedizione. 

Roma  6  Maggio  1750. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXIV. 

Abbiamo  ricevuta  unitamente  colla  sua^  anche  la  let- 
tera di  cotesto  Publico  sopra  la  Condotta  di  Chirurgo  di 
cotesta  Città^  conferita  con  unanime  consenso^  a  nostra  re- 
quisizione al  Dottor  Stampini  (*).  Rispondiamo  al  Publico, 
ringraziandolo;  e  mandiamo  a  lei  a  Sigillo  Volante  la  no- 
stra risposta,  acciocché  &vorisca  di  presentarla,  e  di  con- 
fermare anche  colla  sua  viva  voce  il  nostro  gradimento,  ed 
i  nostri  ringraziamenti.  Compatisca  il  nuovo  incomodo  :  re- 
stando col  darle  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  16  Maggio  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXV. 

Godiamo  di  sentire  dalla  sua  dei  18   le    buone   nuove 
che  Ella  ci   dà  della    Fabrica  che   si  vuole   intraprendere 


(i)  Parrebbe  che  il  Consiglio  ed  i  Deputati  ai  Ne^o^i  fossero  una  cosa  sola;  xnà  in 
realtà  si  avevano  gli  Anziani,  ì  Deputati  ai  Ne^o^i,  e  il  Consiglio  del  quale  gli  An- 
ziani e  i  Deputati,  come  oggi  gli  Assessori,  facevano  parte. 

^9)  Lo  Stampini  favorito  della  requisizione  del  papa,  dod  dovè  meravigliarsi  certo 
dell*  unanime  consenso;  A  tanto  intercessor  nulla  si  nega  — .  lì  Dott.  Luigi  Stami- 
pini  fu  eletto  il  9  Maggio  del  1750,  e  Camillo  Albertini  nel  suo  volume  manoscritto 
intitolato  -^  Multa  Continet  —,  nell'  elenco  dei  Chirurgi,  nota  che  Io  Stampini  venne 
eletto  f II  rijlesso  delle  dimostran\e  /atte  da  Benedetto  XIV.  Sembra  che  lo  Stampini 
forte  del  favore  del  papa,  non  si  curasse  di  venir  tosto  in  Ancona  :  infatti  I*  Albertini 
avverte  che  i  Deputati  ai  Negozi  lì  6  giugno  del  1750  elessero  in  provigionalt  fino 
alla  venuta  dello  Stampini,  il  Dott.  Francesco  Sennini  di  Pesaro. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  783 

d'  una  nuova  Chiesa  da  cotesti  PP.  Agostiniani  (*);  e  glie 
ne  rendiamo  le  dovute  grazie;  come  pure  della  notizia 
della  conferma  di  cotesto  P.  Priore  ('). 

Abbiamo  anche  ricevuto  colla  predetta  sua  il  memo- 
riale di  cotesti  Canonici  sopranumerarj  {^),  sopra  il  quale  al 
nostro  ritorno  in  Roma  ne  parleremo  con  Monsig.  Vescovo 
Ed  intanto  restiamo  col  dare  a  lei  V  Apostolica  Benedizione. 
Castel  Gandolfo  24  Giugno  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXVI. 

I  Regali^  che  mandiamo  alla  Cattedrale  di  S.  Ciriaco 
per  1^  anno  corr.  1750  (*),  consistono  nelle  cose  seguenti  :  In 
un  ricco  Superumerale  da  portarsi  dal  Vescovo ,  se  non 
quando  fa  la  Processione  del  Santissimo,  essendo  soverchia- 
mente di  peso^  almeno  quando  dà  la  Benedizione  in  Chie- 
sa; in  due  nuovi  Turribuli  <t  Argento  con  sua  Navicella, 
ed  una  gran  Macchina  di  legno  dorato  per  P  esposizione 
del  Santissimo,  quando  si  fa  nella  settimana  Santa  in  S.  G- 
riaco  (5). 

II  superumerale  fu  già  consegnato  a  Monsig.  Vescovo. 
I  Turribuli  sono  in  una  cassetta^  e  la  Macchina  è  divisa  in 
due  casse  ;  e  la  cassetta^  e  le  casse  diretta  a  Lei  sono  di 
qui  già  partite^  e  dovrebbero  giungere  poco  dopo  questa 
lettera. 


(ì)  La  chiesa  di  S.  Maria  del  Popolo,  poi  detta  di  S.  Agostino  dall'  Ordine  dei 
frati  Agostiniani ,  un  tempo  di  stile  gotico  ,  fu  nel  secolo  scorso  ridotta  alla  mo- 
derna dal  celebre  Vanvitelli.  La  vecchia  fu  cominciata  a  demolire  nel  giugno  del  1750, 
e  dell'antico  non  rimase  altro  che  la  tacciata,  o  meglio  il  fregio  intorno  la  porta.  La 
nuova  chiesa  fu  aperta  nel  1764;  e  il  disegno  del  Vanvitelli  venne  eseguito  dall'  An- 
conitano Francesco  Bernasconi,  che  poi  venne  chiamato  a  Napoli  per  i  lavori  della 
Reggia  di  Caserta. 

(»)  V.  la  lettera  39. 

($)  V,  la  lettera  79. 

^4)  V.  le  lettere  i  e  8s. 

(S)  L'  uso  dell'  etpost'iione  del  Santittimo  in  S.  Ciriaco  nella  settimana  Santa, 
e  precisamente  dal  pomeriggio  della  domenica  al  mezzo  giorno  del  melcordi,  dura  an- 
cora ;  e  r  esposizione  si  fa  nella  Macchina  di  legno  dorato,  o  baldacchino,  collocata 
nell'  altare  maggiore. 


784  MICHELE  MARONl 

Quanto  al  SuperumeralCj  ed  i  Turribuli  v^  è  poco  da 
discorrere ,  e  però  il  discorso  si  restringe  alla  Macchina  . 
Questa  viene  in  tanti  pezzi  ^  che  hanno  il  suo  numero ,  in 
tal  maniera  che  un  Falegname  con  interessenza  del  nostro 
buon  Arcidiacono  Storani  è  in  grado  d^  unirla ,  e  feria  vedere 
nella  sua  retta  positura. 

Fatta  poi  vedere  in  questo  stato  la  Macchina  se  si  cre- 
derà ben  fatto  disarmarla  e  ridurla  ne'  suoi  pezzi  per  ri- 
metterla nelle  congiunture^  ciò  facilmente  si  può  adempire^ 
rimettendo  i  pezzi  nelle  casse ,  in  cui  sono  venuti ,  conser- 
vando le  casse  in  luogo  remoto  dair  umido^  troppo  inimico 
dell'  oro  ;  ma  ciò  porta ,  che  ogni  volta  che  si  vorrà  ado- 
prare^  sarà  d'  uopo  unirla  e  poi  disunirla. 

Tale  incomodo  si  potrebbe  sfuggire,  quando  armata  la 
Macchina  una  volta,  si  lasci  così,  per  rimetterla  ne'  bisogni 
come  sta  ;  ma  qui  vi  vogliono  tre  cose ,  cioè  una  gran  ca- 
miscia  di  tela,  che  cuopra  la  Macchina,  un  armario,  in  cui 
essa  sia  custodita,  ed  un  luogo  comodo ,  e  non  umido ,  in 
cui  stia  1'  Armario.  Volendosi  tenere  questo  sistema ,  Noi 
diamo  commissione  al  Nostro  buon  Arcidiacono,  che  a  spe- 
se nostre  facci  la  Camiscia ,  e  facci  1'  Armario ,  mandando 
subito  la  lista  pel  rimborso,  e  circa  il  luogo  a  proposito  sa- 
rà suo  peso  ritrovarlo.  Confidi  tutto  e  concordi  col  Nostro 
Monsig.  Vescovo  restando  col  dare  ad  ambedue  1'  Aposto- 
lica Benedizione. 

Roma  8  Luglio  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXVIL 

Riceviamo  la  sua  dei  19  che  ci  dà  avviso  di  quanto 
appartiene  ai  doni  trasmessi  ('),  del   che  distintamente  la 


(1)  V.  la  lettera  precedente. 


LETTERE   DI   BENETTO   XIV  785 

ringraziamo.  Accusiamo  il  memoriale  del  Conte  Fanelli  {*), 
la  di  cui  domanda  non  è  esaudibile.  Preghino  Iddio  per 
Noi  Avendo  Ella  occasione  di  scrivere  a  Monsig.  Arcive- 
scovo di  Spalatro,  lo  riverisca  in  nome  nostro;  restando 
col  dare  ai  soliti  V  Apostolica  Benedizione. 

Se  il  Superumerale  trasmesso  è  pesante ,  ce  n'  è  stato 
regalato  uno  leggiero,  ma  assai  nobile  ;  Abbiamo  ordinato 
che  sia  trasmesso^  sicché  il  primo  servirà  per  V  inverno^  ed 
il  secondo  per  1'  estate  (*). 

Roma  25  Luglio  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXVUI. 

Se  anche  è  in  Ancona  1'  Abbate  Stefano  Rosa  Ragu- 
seo C)^  favorirà  il  nostro  buon  Arcidiacono  Storani  di  con- 
segnarli V  annessa  nostra  lettera  ;  e  quando  ne  fosse  partito^ 
di  mandargliela  coii  una  sua  a  Ragusa.  Compatisca  i  con- 
tinui incomodi^  restando  col  dare  a  lei^  ed  a  tutta  la  sua 
famiglia  1'  Apostolica  Benedizione. 

Aggiungiamo  un^  altra  lettera  per  lo  stesso  Stefano  Rosa. 
Roma  5  Settembre  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

LXXXIX. 

•  E  già  un  pezzo,  che  sappiamo  esser  Ella  l' invitto  Pro- 
tettore della  Compagnia  di  Gesù  {^) ,  e  T  oppressore  della 
libertà  della  Repubblica  di  Ragusa  e  per  quest^  ultimo  mo- 
tivo 1^  abbiamo  incomodata  colle  lettere  per  V  abbate  Ste- 
fano Rosa  (5),  colla  fiducia,  che  temendo  esso  la  sferza  po- 
tente di  chi  li  manda  le  nostre  lettere,  risponderà. 


j  (1)  Famiglia  antica  e  nobile  di  Ancoaa,  estin(.asi  or  Bono  pochi  anni. 

(I)  V.  la  letlera  precedente. 
{%)  V.  le  lettere  8q,  g^,  94,  96  e  10^. 
(4)  V    la  letlera  11  ed  ivi  la  nota  4. 
(^)  V.  la  lettera  precedente. 

Archivio  Storico  II.  50. 


786  MICHELE     MàROMI 

Venendo  il  Baldi  (') ,  discorreremo  di  quanto  Ella  ci 
avvisa,  ma  le  nostre  notizie  sono  non  avere  né  esso,  né 
r  altFo  ('),  che  pochi  disgraziati  scolarj,  essendo  risoluti  i 
nostri  buoni  Anconitani  di  voler  morire  ignoranti  (').  Diamo 
a  lei  la  facoltà  di  celebrare  la  messa  in  casa ,  anche  nei 
giorni  eccettuati,  e  la  fecoltà  di  distribuire  trecento  meda- 
glie coli'  Indulgenza  in  Articulo  mortis,  e  due  Cento  Coro- 
ne di  S.  Brigida  (^).  Restiamo  col  darle  V  Apostolica  Bene- 
dizione. 

Roma  26  Settembre  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XO. 

Riceviamo  la  sua  dei  4;  e  volendo  Noi  condiscendere 
ancora  alla  di  lei  nuova  istanza,  le  concediamo  la  facoltà,  in 
caso  ch^  Ella  a  giudizio  del  Medico,  non  possa  per  infermità 
celebrare  per  se,  di  far  celebrare  in  casa  da  altro  Sacerdote 
la  S.  Messa  (^).  Godiamo  che  la  nomina  del  Priorato  va- 
cante di  Sirolo  sia  caduta  in  un  soggetto  per  quanto  Ella 
ci  attesta,  ottimo  esemplare  (^).  Ci  raccomandi  al  Signore, 
e  Noi  restiamo  col  dare  a  Lei  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  IO  Ottobre  1750. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XCI. 

Non  mancheremo  nel  corrente  anno  di  fare  qualche 
dimostrazione  per  la  festa  di  S.  Ciriaco  secondo  il  solito  (7). 
Vorressimo  poi   nelP  anno   susseguente ,  se   Iddio   ci  darà 


(ì)  Giuseppe  Baldi,  il  lettore  di  diritto  cinonioo  nella  scuola  di  leggi  istituita 
dal  Comune.  —  V.  la  lettera  56. 

(2)  II  lettore  di  diritto  civile,  che  era  Alessandro  Benincasa  della^  patrizia  fami- 
glia anconitana  teste  estintasi. 

(•^j  Sembra  clie  il  pontefice  non  avesse  un  gran  bel  concetto  degli  Anconitani. 

(4)  V.  le  lettere  96  e  39. 

(^)  V.  la  lettera  precedente. 

(6)  V.  la  lettera  83. 

(7)  V.  la  lettera  1. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  787 

tanta  vita^  fare  il  regalo  della  muta  de'  Candellieri  d  Ar^ 
gento  per  t  aitar  Maggiore  di  cotesta  Cattedrale  (*).  Per 
questo  effetto  mandiamo  al  nostro  buon  Arcidiacono  Sto- 
rani  V  annessa  fìttuccia  coli'  annessa  Carta,  La  fittuccia  è  la 
misura  dell'  altezza  del  Candeliere^  la  carta  è  la  misura  della 
larghezza  del  piede.  Sarà  suo  pensiere  se  sette  Candelieri 
col  piede  largo  secondo  la  misura  della  Carta  possano  stare 
nello  scalino  dell'  altare ,  in  cui  stanno  i  candelieri  ^  e  se 
r  altezza  indicata  colla  fìttuccia  sia  competente.  Rimandi 
poi  colla  risposta  la  carta  colla  fittuccia,  e  noi  restiamo  col 
dargli  r  Apostolica  Benedizione. 
Roma  6  Gennaio  1751. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XCII. 

Abbiamo  ricevuto  la  sua  lettera  dei  io  ed  abbiamo  an- 
che compreso  il  bisogno  dell'  elevazione  dei  Candelieri,  acciò 
faccino  la  sua  comparsa  ('). 

Procureremo,  che  tutto  sia  eseguito  con  tutta  la  buo- 
na maniera.  Dovendosi  eleggere  il  Generale  dei  Gesuiti,  Vi- 
sconti intende  anche  di  chiamare  all'  elezione  il  Provinciale 
de'  Terziarj  (').  In  tale  occasione  dunque  speriamo  di  rive- 
derla; ed  intanto  le  diamo  l'Apostolica  Benedizione. 
Roma  16  Gennaio  17  51. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

xeni. 

Abbiamo  ricevuta  colla  sua  dei  25  del  passato  anche 
1'  altra  scritta  a  lei  dall'  Abbate  Rosa  che  le  rimandiamo. 

Abbiamo  altresì  ricevuto  con  essa,  due  altre  lettere, 
una  per  Noi ,  1'  altra  per  questo  Padre  Maestro   del  Sacro 


(\)  V^  le  lettere  19,  44,  98,  100  e  loi. 
(2)  V.  la  lettera  precedente. 
(3J  V.  la  lettera  11  ed  ivi  la  nota  4. 


788  \UCHELE     MARONI 

Palazzo.  Abbiamo  subito  fatto  ricapitare  la  seconda  a  chi 
era  diretta  :  ed  alla  prima  rispondiamo  colP  annessa  nostra^ 
la  quale  preghiamo  a  lei  di  fer  avere  al  sopraddetto  Àbba« 
te  Rosa  in  prima  Congiuntura  ('). 

Prima  di  dare  alcuna  risposta  sopra  V  istanza  che  Ella 
ci  ha  fatta  per  parte  di  cotesto  Canonico  Fatati  {*),  Noi 
vorressimo  vedere  i^  opera  {^),  che  ci  si  suppone  aver  esso 
già  compilata;  dopo  di  che  non  lascieremo  di  dare  la  con- 
veniente risposta  :  restando  intanto  col  dare  a  lei  V  Aposto- 
lica Benedizione. 

Roma  3  Marzo  1751. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XCIV. 

Mandiamo  al  nostro  Arcidiacono  Storani  V  annessa  let- 
tera^ acciò  ci  favorisca  d' inviarla  colla  prima  congiuntura  a 
Ragusa  (^)  :  e  pregandolo  a  scusare   V  incomodo  ^  restiamo 
col  dargli  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  5  Maggio  1751. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

xcv. 

Partiranno  quanto  prima  di  qua  quattro  Lanternoni  di 
bronco  dorato  fatti  fare  da  Noi,  da  portarsi  nella  proces- 
sione del  Venerabile,  che  suol  farsi  in  cotesta  Città  nel  dì 
del  Corpus  Domini^  e  questi  sono  il  regalo  di  quest'  anno 
per  S.  Ciriaco  (5).  Si  possono  portare  come  sono,  senz'  ag- 
giunta d'  asta  di  legno  :  il  che  è  conforme  allo  stile  di  Ro- 


(i)  V.  le  lettere  88,  89,  94f  96  e  103. 

(^)  Natale  Fatati.  V.  la  lettera  35. 

(l)  Di»9ertaiione  tulla  origine  e  fondazione  della  città  d*  Ancona,  stampata  in 
Ancona  da  Pietro  Ferri  nel  1766. 

(a)  La  lettera  doveTa  estere  certamente  per  il  Rosa,  sebbene  non  lo  si  nomini.  — 
V.  le  lettere  citate  nella  nota  i. 

(^)  V.  la  lettera  1. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  789 

ma^  portandosi  da  quattro  persone  vestite  col  Sacco^  o  da 
quattro  Chierici  in  Cotta  ^  due  da  una  parte  ^  e  due  dal- 
r  altra  del  Baldacchino^  e  sembra  ancora  più  confaciente  ad 
un  Paese^  come  è  Ancona  esposta  ai  venti.  Ci  rimettiamo 
però  al  parere  di  chi  è  presente  in  faccia  del  Luogo,  Pre- 
senterà il  tutto  secondo  il  solito  a  Monsig.  Vescovo^  dando 
intanto  a  lui^  ed  a  lei  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  31  Maggio  1751. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XCVI. 

Mandiamo  al  nostro  Arcidiacono  Storani  P  annessa  no- 
stra lettera  pel  Sacerdote  Stefano  Rosa ,  acciò  ci  favorisca 
colla  prima  congiuntura  d^  inviària  a  Ragusa  (*).  Compati- 
sca l' incomodo  restando  Noi  col  dargli  V  Apostolica  Bene- 
dizione. 

Roma  24  Luglio  1751. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  Ancona. 

XCVIL 

Riceviamo  la  sua  dei  12  unitamente  colla  lettera  di 
Monsig.  Vescovo  di  Nona,  ed  ecco  la  rispósta  che  in  buo- 
na congiuntura  procurerà  di  fargliela  capitare. 

Il  Cardinale  Mellini  è  oggi  quello,  che  fa  i  fatti  della 
Regina  d'  Ungarìa ,  ed  è  un  uomo  pieno  di  vera  giustizia. 

Gli  faremo  parlare  per  il  memoriale  dei  Fratelli  Pa- 
pis  (*),  che  sono  veramente  degni  di  una  vera  compassione 
non  convenendo  a  Noi  parlargli  a  dirittura  per  un  negozio, 
che  in  sostanza  offende  la  nostra  Sovranità  e  per  cui  a  di- 
rittura non  si  può  prendere  impegno  per  timore  di  mali 
maggiori  ;  secondo  poi  le  risposte  prenderemo  le  misure  per 
conseguire  il  nostro  fine. 


(t)  V.  le  lettere  88,  89,  93,  94  e  103. 

(t)  Famiglia  nobile  anconitana,  ancora  esistente. 


'J^O  MICHELE     MARONl 

Ci  conservi  la  sua  buona  antica  Amicizia^  restando  col 
darle  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  i8  Settembre  1751. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

XCVIII. 

Riceviamo  la  sua  dei  j ,  e  con  essa  la  lettera  del  fu 
Monsig.  Arcivescovo  di  Ragusa  dei  30  Agosto  (').  Si  è 
detto  fu,  essendo  settimane  sono  per  espresso  venuta  qui 
la  notizia  della  di  lui  morte.  Rimandiamo  intanto  a  lei  la 
lettera^  acciò  la  legga^  e  la  consideri^  e  la  legga ^  e  ci  sug- 
gerisca il  suo  savio  consiglio  {^) ,  lusingandoci  Noi  d'essere 
in  grado  di  poter  ottenere  ogni  cosa  fattibile  dalla  Repu- 
blica  di  Ragusa. 

Circa  1^  Abate  Michele  Bosdari  (') ,  lo  riverirà  in  nostro 
Nome^  dicendogli  che  gli  diamo  la  facoltà  sin  che  dura  il 
Breve  concesso  delP  Oratorio  privato  in  casa^  che  possa, 
far  dir  la  Messa^  ancorché  non  sia  nominato  nel  Breve^  ed 
ancorché  non  vi  sia  presente  veruno  de  suoi  Parenti  no- 
minati nel  Breve. 

Abbiamo  in  casa  i  sei  Candeglieri  d'  argento  colla  Cro- 
ce per  la  nostra  Chiesa  di  S.  Qriaco  (^).  Ci  sono  costati 
più  di  quello  che  ci  era  stato  supposto.  ;  ma  abbiamo  avuto 
gusto  ben  grande  d'  aver  fatta  la  spesa  essendo  stati  trava- 
gliati colP  ultimo  gusto. 

Si  manderanno  secondo  il  solito  per  la  festa  di  S.  G- 
riaco  (5). 

Avressimo  sempre  creduto  eh'  ella  fosse  stata  invitata  > 
e  chiamata  come  Generale  de'  Terziarj  della  Compagnia  alla 
Congregazione  Generale  tenutasi  per  1'  elezione  del  supe- 
riore generale  ultimamente  seguita  (^).  Si  lusinga  però  esso 


(i)  Dell'  ircivescoTo  di  Ragasa  si  fa  cenno  nelle  lettere  a  a,  33»  60. 

(2)  Evidentemente  dò  torna  a  molto  errore  delio  Storani. 

('^)  V.  le  lettere  19  e  104. 

(4)  V.  le  lettere  19»  44,  91»  100  e  101. 

{^)  V.  la  lettera  I. 

(6)  V.  la  lettera  11  ed  ivi  la  nota  4. 


LETTERE  Di  BEDEDETTO  XIV  79 1 

d'  abbracciarla  in  Roma,  sperando  che  sia  per  venire  a  pre- 
sentargli V  omaggio  dovutogli ,  e  già  nel  Gesù  si  studia  il 
Ceremoniale  non  essendosi  fatta  la  funzione  quando  fu  eletto 
il  Generale  ultimamente  morto,  perchè  allora  i  Terziarj  non 
avevano  Generale. 

Distintamente  La  ringraziamo  della  Carità  che  ci  si  usa 
pregando  Iddio  per  Noi,  ed  acciò  le  preghiere  ci  siano  utili 
lo  preghi  che  ci  faccia  morire  in  sua  grazia.  Terminiamo 
col  dare  a  lei ,  ed  a  tutta  la  sua  Famiglia  1^  Apostolica  Be- 
nedizione. 

Roma  13  Ottobre  1751. 

P.  S.  Ritornando  ai  Candelieri  si  è  tardato  tanto  a 
farli  fare,  perchè  gli  abbiamo  voluti  far  fare  coi  frutti  delle 
Nostre  fatiche  ,  cioè  colla  propina  del  Concistoro ,  essendo 
terminati  gli  anni  undici  del  Pontificato ,  senza  aver  inco- 
modato d^  un  bajocco  la  Camera,  eccettuato  il  nostro  scarso 
mantenimento;  e  se  così  avessero  fatto  tutti  gli  altri  non 
sarebbe  la  Camera  indebitata  di  sessanta  milioni  di  scudi 
Romani,  de^  quali  si  pagano  tanti  frutti  che  1'  entrata  non 
arriva,  che  per  una  stretta  Economia  (*). 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona.* 

XCIX. 

La  ringraziamo  delF  indirizzo  che  colla  sua  dei  12  ci 
dice  aver  fatto  della  nostra  lettera  a  Ragusa  (').  Quanto  poi 
al  Memoriale  ('),  che  nella  stessa  sua  lettela  ci  ha  raccoman- 
dato, lo  rimandiamo  annesso  con  quel  rescritto  che  per  ora 
si  è  pptuto  fare  :  dando  intanto  a  Lei  1'  Apostolica  Bene- 
I  dizione. 

Roma  18  Marzo  1752. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


0^  Ci  sembra  che  questo  poscritto  sia  assai  importante  per  la   storia   di   Beoe* 
detto  XIV. 

(2)  V.  la  lettera  88  e  le  ivi  indicate  in  nota. 

(^  Forse  è  il  memoriale,  di  cui  si  parla  nella  lettera  97. 


79^  M1CHE^E     MARÒNI 

c. 

Col  ritorno  della  mandata  s' inviano  a  lei  la  Croce,  sei 
Candelieri  cP  Argento  ed  i  sottopiedi  sottociascheduno  ('). 
Questo  è  il  regalo  per  la  festa  di  S.  Ciriaco  (*).  Ella  faccia 
il  solito  ;  e  Noi  intanto  restiamo  col  darle  V  Apostolica  De- 
dizione. 

Roma  22  Marzo  1752. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona, 

•  CL 

Godiamo  sentire  dalla  sua  dei  30  del  passato  V  arrivo 
delle  due  Casse^  e  che  i  Candellieri  d^  Argento  colla  Croce, 
ed  i  sottopiedi  nulla  abbian  patito  pel  viaggio,  ma  che  tutto 
siasi  ritrovato  in  ottimo  stato  (').  Ringraziamo  poi  la  di  lei 
bontà  delle  cortesi  espressioni,  che  perciò  ha  voluto  farcire 
restiamo  col  darle  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  5  Aprile  1752. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

CIL. 

Riceviamo  la  sua  unitamente  col  memoriale  ,  che  ri- 
mandiamo col  rescritto ,  per  dare  il  suo  corso  all^  affare  (^). 
Circa  Monsig.  Arcivescovo  di  Spalatro,  bisogna  vedere  co- 
me V  intendono  i  PP.  Gesuiti  (5),  ed  anche  i  Veneziani.  Per 
altro  Noi  crederessimo  la  cosa  ben  fatta.  Grca  Monsignor 
Vescovo  di  Montefeltro,  né  si  è  pensato,  né  si  può  pensare 


^1)  V.  le  lettere  19,  44,  91,  98  e  loi. 

(2)  V.  la  lettera  i.  —  Questa  è  V  ultima  lettera  diretta  allo  Storani  rispetto  ai 
doni  per  la  festa  di  S.  Ciriaco,  essendo  lo  Storani  morto  poco  appresso.  Ma  l' invio 
desìi  annui  preziosi  doni  non  cessò  che  con  la  morte  del  pontefice.  —  V.  Panri  e  Pe- 
trelli,  Chk$a  Anconitana  ecc. 

(\)  V.  la  lettera  precedente. 

(^)  V.  là- lettera  99. 

(^)  Sembra  che  i  PP.  Gesuiti  dessero  da  pensare  al  papa,  anche  più  dei  Vene- 
ziani, e  un  poco  li  temesse. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  ^$i 

a  lui  per  una  Chiesa  come  quella  di  Rimino.   Terminiamo 
col  dare  a  lei  V  Apostolica  Benedizione. 
Castel  Gandolfo  7  Giugno  1752. 
Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

CIIL 

Riceviamo  una  sua  lettera  dei  13  unitamente   a  quella 
dell'  Abbate  Rosa  {'),  del  che  distintamente  la  ringraziamo. 

Circa  alla  Chiesa  di  S.  Maria  della  Piazza  {*)  godiamo^ 
che  sia  incominciato  il  riattamento:  e  Iddio  non  mancherà 
d' assistenza^  e  ci  farà  trovare  ì  mezzi  per  dare  qualche  soc- 
corso alla  buon'opera  (').  Terminiamo  col  dare  a  lei  ed  a 
tutta  la  sua  famiglia  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  19  Luglio  1752. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  V.  le  lettere  88,  89,  93,  94  e  96^ 

(9)  V.  la  lettera  che  segue.  —  lo  dicsoatrazione  di  gratitudine  per  quanto  il 
Pontefice  operò  in  vantaggio  del  riattamento  della  chiesa  di  S.  Maria  della  Piazza,  il 
magittrato  fece  porre  le  due  seguenti  iscrizioni  nella  facciata  della  chiesa,  che  oggi 
più  non  esistono,  e  che  sono  riportate  dall'  Alb0^Uni  nella  sua  Storia  d*  Ancona  ma- 
noscritto esistente  neir  Archivio  comunale. 


t. 

BENEDICTO  XIV. 

P.  O.  M. 

ECLESIAE  RESTAURATORI 

S.  F.  Q.  A. 
ANNO  DOMINI  MDCCLII. 

11. 

S.  F.  Or  A. 

IN   NOVA  TEMPLI  ISTAURATIONE 

BENEDICrUM 

NE  ANIMO  EXCIDERET 

HIS  TAfiULIS  REFERRI  CURAVlT 

AN.  MDCCLIII. 


794  MICHELE     MAROHt 

CIV, 

Riceviamo  la  sua  dei  17^  e  con  essa  quella  de^  deputati 
a  Negozj^  e  nello  stesso  tempo  ci  è  arrivata  un'  altra  lette- 
ra di  Monsig.  Vescovo.  Ambedue  le  lettere  sono  di  ringra- 
ziamento per  quel  poco  che  abbiamo  fatto  per  la  Chiesa 
della  Madonna  della  Piazza  ('). 

Non  siamo  soliti  di  rispondere  a  lettere  di  ringrazia- 
mento {%  e  però  Ella  ci  favorirà  di  accusare  tanto  ai  De- 
putati, quando  a  Monsig.  Vescovo  in  Nome  nostro  delle 
loro  lettere,  ed  il  nostro  gradimento.  Quanto  alF  Abbate 
Michele  Bosdarì ,  stante  la  sua  grave  età,  gli  concediamo  il 
poter  sentire  la  Messa  nell'  Oratorio  privato  anche  nei  giorni 
eccettuati  (3),  e  terminiamo  col  dare  a  lei  l'Apostolica  Be- 
nedizione. 

Roma  23  Settembre  1752. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 

CV. 

Se  Ella  non  ha  insino  ad  ora  veduto,  quanto  prima 
vedrà  Monsig.  Vescovo  di  Spalatro,  che  essendo  di  ritomo 
per  la  sua  residenza,  o  è  passato,  o  passerà  per  Ancona. 
L'abbiamo  ritrovato  tale*quale  l'abbiamo  sempre  provato, 
cioè  degno,  e  vegliante  Arcivescovo  per  la  sua  provincia  (^). 
La  pupilla  de'  suoi  occhi  è  il  suo  Seminario.  Non  sfuggirà 
questo  dalla  nostra  considerazione  ;  di  ciò  vedendolo.  Ella 
l' assicuri  dando  ad  ambedue  V  Apostolica  Benedizione. 
Roma  4  Ottobre  1752. 

Arcidiacono  Innocenzo  Storani  —  Ancona. 


(i)  V.  In  lettera  precedente. 
(2)  V.  la  lettera  45, 
(^)  V.  le  lettere  39  e  98. 

(4)  Bell'  elogio  per  I'  arci^escoTO  di  Spalatro,  del  quale  si  fa  cenno  nelle  lettere 
49,  46,  48»  50,  66,  87,  e  ioa. 


LETTERE  DI  BENEDETTO  XIV  795 


/ 


APPENDICE 


Lettera  di  Benedetto  XIV  al  Capitolo  della  Cattedrale 
di  Ancona  (  Vedi  sopra  lettera  XXX  VI^  pag.  748  ). 


Riflettendo  Noi^  ehe  sono  241  anno^  che  cotesta  nostra 
diletta  Chiesa  d'  Ancona  non  ha  avuto  Vescovo  anconitano 
abbiamo  creduto  essere  dovoroso  il  provederia  ora ,  che  è 
vacante  per  la  morte  del  buon  Cardinale  Massei^  che  sia  in 
Cielo,  di  un  Vescovo  suo  Patrizio,  avendo  fatto  lo  stesso 
alle  due  Chiese  di  Ravenna,  e  Ferrara,  che  erano  centinara 
d^  anni  che  non  avevano  avuto  Arcivescovo  e  Vescovo  re- 
spettivamente  concittadini.  Riconoscendoci  in  debito  di  ama- 
re tutte  le  Chiese,  e  specialmente  quelle  del  Nostro  Stato, 
e  fra  quelle  del  Nostro  St£Ho  quella  di  Ancona,  ch^  è  stata 
la  nostra  diletissima  Sposa.  Lo  eletto  alla  Chiesa  di  Ancona 
è  Monsig.  Manciforte,  che  nel  Concistoro  di  Lunedì  pros- 
simo passato  abbiamo  trasferito  dalla  Chiesa  di  Sinigaglia  a 
codesta  di  Ancona.  Noi  e  Voi  siamo  stati  spettatori  della 
sua  Pietà,  e  delli  suoi  egregi  costumi  veramenti  Ecclesiastici, 
sin  da  quando  era  semplice  Sacerdote,  e  che  negli  atti  di 
Pietà  e  carità  era  fedelissimo  imitatore  di  Monsig.  Vesco- 
vo di  Gubbio  suo  zio,  tanto  nostro  buon  amico,  come 
pur'  anco  lo  era  il  di  lui  Padre  March.  Giovanni,  che 
volendo  tanto  bene  a  noi,  era  da  noi  di  tutto  cuore  corri- 
sposto. La  esperienza  del  Governo  Ecclesiastico  di  Monsig. 
Manciforte  resta  pienamente  comprovata  dal  felice  governo 
da  esso  fatto  in  Sinigalia,  dalla  qual  Chiesa  è  partito,  come 
parti  Berenice  da  Tito,  dicendo  Svetonio,  che   Invitus   di- 


79^  MICHELE     MAROKT 

misit  invitam.  Prendendoci  noi  la  libertà  di  servirci  di  un 
esempio  profano,  e  poco  proprio,  ma  corrente  per  la  pro- 
prietà delle  parole,  colle  quali  è  espresso  dall'  Autore.  Ab- 
biamo dunque  tutta  la  speranza  di  avere  dato  alla  Città  e 
Diocesi  di  Ancona  un  buon  Vescovo.  Crediamo  superfluo 
d' inculcare  di  dare  ad  esso  tutta  la  mano  adjutrice  per  ri- 
stabilire la  disciplina  in  tutte  quelle  parti,  nelle  quali  fosse 
rilasciata,  avendo  Noi  per  esperienza  conosciuto,  quando  era- 
vamo Vescovo  di  Ancona  lo  Zelo  de'  Canonici,  e  la  Digni- 
tà di  detta  Cattedrale.  Ci  conservino  il  loro  buon  affetto, 
restando  col  dare  a  tutti  V  Apostolica  Benedizione. 

Datum  Romae   apud  S.   M.  Majorem  die  19  lanua- 
rii  1746  Pontificatus  Nostri  Anno  VI. 


STEFANO  TOMANI  AMIANI 


U  giorno  28  decembre  ultimo  scorso  moriva  in  Fano^ 
sua  patria,  il  conte  cav.  Stefano  Tomani  Amiani. 

Datosi  fin  dalla  giovinezza  agli  studii  delle  lettere,  tra 
queste  predilesse  gli  studii  della  storia  e  singolarmente  quelli 
di  storia  patria.  Pier  Maria  Amiani  avea  dato,  in  due  grossi 
volumi,  le  Memorie  Istoriche  di  Fano  (ivi,  pel  Leonardi, 
1751  ):  non  critico,  né  digeribil  lavoro.  Sull'esempio  dell*  an- 
tenato, ma  con  ben  altri  cànoni  critici,  molte  cose  Stefano 
scrisse  e  pubblicò,  quasi  tutte  attinenti  alla  storia  civile,  let- 
teraria ed  artistica  di  Fano.  Citeremo  fra  queste,  le  Memorie 
Biografiche  di  Antonio  Costani^i  fanese ,  poeta  laureato  del 
secolo  XV  (  Fano ,  Lana,  1843  )  :   la   Lettera  Necrologica 
sul  conte  Carlo  Ferri  (  Fano,  Lana,  1852  )  :  delle  dipinture 
più  celebri  esistenti  in  Fano  (  ivi.  Lana,  1856  ):  Della  vita  e 
delle  benejìcen\e  di  Guido  Nolji  da  Fano  (ivi.  Lana,  1857  ): 
Del  teatro  antico  della  Fortuna  di  Fano  e  della  sua  riedi- 
Jica'iione  :  monografia  storico  -  artistica  con  note  e  documenti 
(  Sanseverino  -  Marche,  Corradetti,  1867  ).  A  queste  aggiun- 
giamo il  ricordo  storico  del  generale  Rodolfo  di  Montevec- 
chio,  fanese,  (pubblicato  nell'Enciclopedia  Contemporanea, 
edita  in  Fano  dal  Crollalanza  e  dal  Gabrielli  ),  e  delP  altro 
suo  concittadino,  generale  cav.  Giuseppe  C.  Bracci  (  il  quale 
ricordo  vide  prima  la  luce  nella  Rivista  Europea  di  Milano, 
quindi,  pel  Groppi,  in  Forlì,  nel  1876  ).  Così  mise  in  luce 


798  AUGUSTO   VERNARECCI 

da  una  storia  inedita  di  G.  B.  Rinalducci^  esistente  nella 
Magliabecchiana  di  Firenze,  la  Disgrafia  e  morie  del  Mar- 
chese  Giacomo  Gaufrdio,  primo  ministro  di  Ranuccio  Far- 
nese II  duca  di  Parma  (Fano,  Lana,  1866),  e  un  Saggio 
di  lettere  di  Antonio  Doit.  Babucci  da  Orciano,  Segretario 
di  Francesco  Maria  II,  sesto  ed  ultimo  Duca  di  Urbino 
(  Arezzo,  Bellotti,  1871  ). 

U  Conte  Amiani  è  mancato,  dopo  lunghe  infermità,  in 
età  di  oltre  80  anni.  Fu  in  varii  luoghi  R.  Sotto  -  Prefetto, 
Consigliere  di  Prefettura,  ec;  ma  non  dimenticò  mai  la  sua 
patria,  e  nelF  ultimo  periodo  della  sua  vita  caldeggiò  spe- 
cialmente il  riordinamento  dell^  archivio  storico  fanese.  Il 
qùal  lavoro  egli  poi  seppe  degnamente  compiuto;  da  che 
venne  affidato  alla  ben  nota  perizia  e  diligenza  del  chiaria 
simo  Mons.  Zonghu 


Augusto  Vernarecci 


799 


RIVISTA  BIBLIOGRAFICA  <'> 


GIORGI  IGNAZIO  E  BALZANI  UGO.  //  Re- 
gesto  di  Farfa  di  Gregorio  di  Catino  (  Livorno,  Vigo). 
Roma,  presso  la  Società  Romana  di  Storia  Patria. 
Voi.  II,  1878- 1879,  in  4.^  di  pag.  XVI.256  — 
voi.  Ili,  1883 -1884,  in  4.*^  di  pag.  XVI -3 12. 

Tardi  parliamo  di  questi  volumi,  ma  ci  parrebbe  gra- 
ve mancanza  il  non  tenerne  conto  ncìV Archivio  nostro,  trattan- 
dosi di  una  pubblicazione  interessantissima  per  la  sostanza, 
commendevolissima  per  il  metodo,  tale  insomma,  che  poche 
assai  sono  quelle  che  alla  medesima  possano  stare  a  confronto. 


(1)  Per  pubblicare  ioterameote  i  lavori  contenuti  in  questo  fascicolo  che  è  sover- 
chiamente cresciuto,  siamo  costretti  a  rimandare  al  prossimo  numero  le  riviste  dei  se- 
guenti libri  che  abbiamo  pronte  e  delle  quali  accenniamo  solamente  i  titoli. 

1.  Analecta  francÌMcana,  tine  chronica  aliaque  varia  documenta  ad  hittoriam 
fratrum  minorum  spectanlia  edita  a  patrihut  Coltegii  5.  Bonaventurae  adiuvanti- 
àus  aliis  patribui  eiutdem  ordinai.  iTom.  i.  Ad  Claras  Aquas  (  Quaracchi  )  prope 
Florentiam,  ecc.  typographia  CoIIegii  S.  Bonaventurae.  MDCCCLXXXV.  In -4,  di 
pag.  XX  «450. 

3.  BENEDETTUCCI  CLEMENTE.  Biblioteca  Recanatese.  Recanati,  Simhali,  1884 
in -4  di  pag.  160. 

3.  BROLI  GIOVANNL  Alcune  prote  e  versi,  Roma,  tip.  Letteraria,  1885, 
voi.  I,  in -8  di  pag.  Vili-  594- 

4.  FOGLIETTI  RAFFAELE.  Conferente  sulla  storia  antica  maceratese.  Mace- 
rata, Bianchini,  18X4.  Torino,  Baglione,  1885  in-8  di  pag.  350. 

5.  GIAMPAOLI  LORENZO.  5.  Ubaldo  Canonico  regolare  lateranense  Vescovo 
Patrono»  cittadino  di  Gubbio.  Memoria  storica  con  documenti  inediti.  Voi.  I.  Rocca 
S.  Casciano,  Cappelli,  1885.  in -8  ^  l»g*  47®* 

6.  PORRO  GIULIO.  Catalogo  dei  codici  manoscritti  della  Trivul^iana.  Torino, 

Bocca,  MDCCCLXXXIV,  in-4  di  pag.  XVI.533. 

N.  d.  D. 


800  RIVISTA     BIBLIOGRAFICA 

Crediamo  superfluo  il  discolparci  se  taluno  ci  accusasse  di 
occuparci  di  cose  non  nostre,  perchè  discorriamo  della  badia 
farfense  che,  geograficamente  appartiene  alla  Sabina,  e  non 
air  Umbria.  Ma  lasciando  anche  stare  che  Farfa  sta  oggi  com- 
presa precisamente  nella  provincia  nostra,  ciò  che  ci  deve 
far  esaminare  questi  volumi,  è  il  sapere  che  il  celeberrimo 
monistero  farfense  fu  edificato  per  le  cure  principalmente  dei 
Duchi  spoletini,  che  là  dentro  sta  sepolta  non  una  parte,  ma 
quasi  tutta  la  storia  di  mezzo  ducato  nell'  alto  medio  -  evo , 
e  che  le  indicazioni  topografiche,  genealogiche,  monumentali, 
civili,  religiose,  giuridiche  ecc.  sono  ivi  cosi  numerose  e  ric- 
che, che  forse  vi  è  appena  qualche  piccola  città  o  terra  del- 
l' Umbria  meridionale  che  non  possa  trarre  da  questo  Regesto 
memorie  preziosissime.  Anzitutto  diremo  una  parola  del  me- 
todo tenuto  dagli  editori  nel  publicarlo. 

Il  primo  volume  di  questo  Regesto^  non  è  ancora  publi- 
cato;  esso  conterrà  gì'  indici  che  Gregorio  di  Catino  premise  al 
Regesto^  una  raccolta  di  canoni  inserita  nel  Regesto  da  Gregorio, 
altri  copiosi  indici  compilati  da  noi^  e  quello  che  dovrem  dire  in- 
torno al  Regesto  e  al  Monastero  di  Farfa.  Cosi  scrivono  gli 
editori  nel  principio  dell'  Avvertenza  che  va  innanzi  al  volu- 
me secondo.  In  attesa  pertanto  del  primo,  esaminiamo  bre- 
vemente i  due  volumi  publicati  sinora. 

La  storia  delle  origini  farfensi  è  piena  di  oscurità,  rima- 
nendo confusa  da  leggende  e  da  racconti  di  dubbio  valore.  Il 
eh.  sig.  Giorgi  ha  procurato  di  raccontarne  la  storia  più  pro- 
babile, secondo  la  quale  il  Monastero  Farfense  sarebbe  stato 
fondato  sugli  inizi  del  secolo  Vili ,  per  opera  del  monaco 
Tommaso  di  Morienna,  e  di  Faroaldo  II  duca  di  Spoleto  (')• 
Il  Monastero  prosperò  subitamente,  e  sia  per  la  disciplina  re- 


^i  )  //  Regetto  di  Farfa  e  le  altre  opere  di  Gregorio  di  Catino  (  nell'  Archivio 
della  Società  Romana  di  S.  P,  Roma,  i^79t  voi.  II.  pie.  410  e  seg).  Vedasi  anche  il 
ricordo  del  eh.  sig.  A.  Saost  nel  suo  libro  /Z)ircAi  (/i5/K>/e/b.  Folig03,Sgarìglia,  1870, 
pag.  40  e  seg. 


RIVISTA    BIBLIOGRAFICA  8oi 

goiare  di  chi  Y  abitava,  sia  per  la  generosità  di  chi  Io  arric- 
chiva di  beni,  sah  in  breve  a  tanta  altezza,  che  il  Muratori 
lo  giudicò,  insieme  a  quella  di  Montecassino  e  del  Volturno, 
fra  i  più  insigni  dell'  Italia  (').  Le  donazioni  nurnerose  che 
riceveva  il  monastero,  i  contratti  che  facevano  quei  monaci , 
i  privilegi,  le  bolle,  i  diplomi  dei  quali  erano  ricchissimi,  do- 
vettero rendere  e  resero  queir  archivio  benedettino  uno  dei 
pia  numerosi  ed  interessanti  dell'  Italia,  nel  quale,  come  scri- 
ve il  Troya  ,  si  conservarono  per  lunga  età  i  più  vecchi  te- 
sori della  storia  italiana  del  medio  evo,  e  che,  come  soggiunse 
il  Sansi,  formava  il  vero  archivio  storico  del  ducato^  di  Spoleto., 
Sulla  fine  del  secolo  XI  abitava  nel  monastero  di  Farfa  un 
monaco  studioso  ed  intelligente ,  il  quale ,  veduta  tanta  ric- 
chezza di  carte ,  volle ,  a  decoro  del  suo  monastero ,  trarne 
queir  utile  maggiore  che  potè ,  e  dopo  aver  consultati  uno 
per  uno  tutti  quei  documenti ,  ed  averli  disposti  in  ordine 
cronologico,  li  trascrisse  diligentemente  in  due  volumi ,  uno 
dei  quali 'è  il  Regesto  del  quale  parliamo,  e  l'altro  è  il  liber 
largitorius^  tuttora  inedito,  nel  quale  si  trovano  tutti  i  con- 
tratti enfiteutici,  fatti  col  Monastero.  Nel  Regesto  il  bravo  mo- 
naco radunò  da  1300  documenti,  che  vanno  dal  703  al  tempo 
suo^  e  che  formano  un  fonte  preziosissimo  di  storia  patria , 
dalla  quale  hanno  attinto  i  migliori  storici  d'Italia  ed  esteri, 
traendone  fuori  veri  tesori  di  notizie.  Nessuno  però  avea  pen- 
sato a  pubblicare  intiera  la  grande  raccolta,  sulla  quale  eransi 
contentati  tutti  di  estrarre  qua  e  là  documenti  e  diplomi,  sia 
pure  in  gran  numero:  oggi  però  la  benemerita  Società  Romana 
di  Storia  Patria  ha  avuto  il  lodevole  pensiero  di  por  mano 
all'  edizione  completa  di  esso ,  incaricandone  saggiamente  i 
signori  cav.  Ignazio  Giorgi  e  conte  Ugo  Balzani ,  sui  quali 
invero  non  potea  cadere  scelta  migliore. 

Gli  editori  adunque,  dovendo  pubblicare  V  intero  Regesto 
(  che  oggi  sta  col  num.  8487  fra   i   codici  vaticani  ),  savia- 


(0  Annali  d' Italia,  Aii.  718. 

Archivio  Storico  U.  ^i. 


802  RIVISTA    BIBLIOGRAFICA 

mente,  come  abbiamo  detto,  hanno  rimesso  ad  altro  tempo  il 
discorrere  di  Farfa  e  del  sjo  RegestOy  de  suoi  indici,  della  sua 
importanza  ecc,  quando  cioè  pubblicato  interamente  il  Regesto 
stesso,  sarà  più  facile  fare  sopra  esso,  studi,  richiami  e  con- 
fronti necessari.  Intanto  si  occuparono  del  solo  testo,  publi* 
cando  fedelmente  il  codice  vaticano  (che  è  di  mano  di  Gre- 
gorio di  Catino  quasi  interamente  ),  ora  che  la  perdita  dei 
documenti  originali  rese  impossibile  il  confronto  della  copia 
con  questi.  I  documenti  farfensi  sono  publicati  per  ordine  cro- 
nologico, come  si  trovano  nel  codice,  e  sono  tutti  preceduti 
dal  numero  progressivo  in  cifre  romane  postovi  da  Grego- 
rio, mentre  in  margine  ogni  documento  ha  tre  utilissime  in- 
dicazioni, cioè  un  altro  numero  progressivo,  postovi  dagli 
editori  quando  per  ragioni  diverse  non  credettero  di  conser- 
vare quello  postovi  da  Gregorio  di  Catino,  V  anno  nel  quale 
fu  scritto  il  diploma,  ed  un  breve  sunto  del  medesimo.  Otti- 
mo sistema,  che  sembrerebbe  cosa  facile  e  di  poca  fatica,  se 
oltre  a  questo  non  si  trovassero  qua  e  là  prove  continue  di 
molto  studio,  e  di  non  minore  erudizione ,  cioè  annotazioni 
a  pie  di  pagina  di  moltissimo  valore,  talvolta  esami  sulla  ge- 
nuinità di  un  documento,  talaltra  ricerche  sulla  vera  data  di 
esso,  o  sopra  una  interpretazione  paleografica  di  una  sigla,  o 
sopra  un  dubbio  di  lettura,  o  sopra  il  confronto  con  qualche 
copia  ecc.  Ma  del  resto,  siamo  sicurissimi ,  la  valentia  mag- 
giore degli  egregi  editori  apparirà  manifesta  nel  desideratis- 
simo  primo  volume ,  ove  i  fatti  della  badia  farfense ,  la  sua 
importanza,  le  sue  relazioni  giuridiche  e  morali  col  papato  e 
coir  impero,  il  valore  del  suo  archivio,  la  ricchezza  della  sua 
biblioteca,  le  vicende  e  le  dispersioni  dei  codici,  dei  diplomi, 
r  importanza  monumentale  e  artistica  della  chiesa  e  del  con- 
vento con  i  preziosi  relitti  di  epoche  remote  e  anteriori  allo 
stesso,  le  cronologie  dei  duchi  spoletini,  degli  abbati  farfensi, 
tutto  questo  insomma  e  molto  anche  di  più,  verrà  discusso, 
svolto  ,  esaminato  con  un  corredo  di  notizie ,  di  ricordi ,  di 
indici  che  di  questo  primo  volume  faranno  un  vero  manuale 
della  storia  della  Sabina  e  dell*  Umbria  nel  medio  evo. 

Venendo  ora  ai  volumi  publicati  del  Regesto^  il   secondo 


RIVISTA    BIBLIOGRAFICA  803 

volume  contiene  299  documenti,  dei  quali  il  più  antico  è 
deli'  anno  705,  il  più  recente  è  dell*  857.  Aggiungansi  a  que- 
sto alcuni  prologhi,  prefazioni,  catalogi  ed  altro,  in  parte  di 
Gregorio  di  Cantino ,  e  in  parte  di  altri  antichi ,  i  quali  do- 
cumenti stanno  in  principio  del  volume.  Il  terzo  volume  con- 
tiene altrettanti  documenti,  i  quali  vanno  dalK  857  all'  anno 
1024,  oltre  alcuni  pochi  di  epoca  più  recente  (  sec.  XII). 

Sotto  qualunque  aspetto  si  considerino  questi  documenti, 
essi  sono  davvero  del  più  alto  valore.  Testé  il  eh.  sig.  Ca- 
lisse  ha  publicato  un  utilissimo  studio  sulle  cotidi:(ioni  della 
proprietà  territoriale  nei  secoli  FUI,  IX  e  Z,  che  egli  dice  aver 
studiate  sui  documenti  della  provincia  romana  Q)  :  e  invero  le 
fonti  che  indica  in  principio,  sono  quasi  tutte  della  provìncia 
romana:  però,  il  Regesto  di  Farfa  che  è  fra  queste,  anzi  pri- 
mo di  esse,  è  usato  cosi  ripetutamente  e  a  preferenza  di  altri 
documenti,  che  il  bellissimo  tema  svolto  dal  Calisse  si  può 
dire  che  sia  fondato  esclusivamente  suU'  esame  attento  ed  esatto 
del  nostro  Regesto^  che  all'  egregio  scrittore  ha  fornito  elementi 
e  dati  abbondantissimi,  segno  certo  cotesto  dell'  importanza 
somma  del  medesimo.  E  1'  ampio  studio  del  Calisse  non  esa- 
mina in  fine  i  documenti  nostri  che  sotto  un  solo  punto 
di  vista,  che  poi  in  fondo  non  è  né  1'  unico  che  si  possa  trat- 
tare, né  di  tutti  il  più  interessante.  Quello  che  pertanto  ha 
fatto  il  Calisse  per  le  condizioni  delle  proprietà  rustiche,  altri 
può  fare ,  per  esempio ,  indagando  le  costituzioni  politiche  e 
municipali  delle  regioni  nominate  nel  Regesto^  esaminando  i 
nomi  delle  masse  delle  corti  dei  fondi  ivi  ricordati ,  confron- 
tandoli con  i  più  antichi  e  con  i  più  moderni,  per  vedere  le 
forme  che  presero  nei  diversi  tempi,  traendone  conclusioni 
filologicamente  utili.  Aggiungasi  a  questo  esame  topografico 
delle  carte  farfensi,  l' utilità  grandissima  che  può  cavarsi  del 
ricordo  di  edifici  sacri  e  profani  ivi  menzionati,  ed  oggi  di- 
strutti :  cosi  pure  di  ville,  di  borgate,  e  di  città,  la  storia  delle 


{\)  Archivio  della  R,  Società  Rotnaua  diS.  P.  Ronuii  i884,pag.  309-351.  1885. 
pag.  60-100. 


804  RIVISTA    fìlBLlOGRAFiCA 

quali,  in  quei  secoli  oscuri,  è  appena  confortata  di  debolissi< 
ma  luce  pel  semplice  ricordo  che  se  ne  fa  per  accidens  in 
queste  carte.  Spoleto  e  Rieti  sono,  fra  le  altre,  quelle  che  più 
si  avvantaggiono  di  notizie:  quella  per  il  ricordo  continuo  dei 
suoi  duchi,  questa  dei  suoi  castaidi^  dei  quali  si  può  quasi 
compilare  intera  la  serie,  come  intera  si  può  compilare,  o  al- 
meno correggere,  quella  dei  vescovi  spoletini,  reatini  ecc.  Ed 
oltre  a  questo,  i  costumi  del  tempo,  i  pregiudizi  di  quei  no- 
stri avi,  le  loro  condizioni  morali ,  economiche ,  giuridiche , 
tutto  insomma  può  illustrarsi  con  questi  documenti,  dove 
'quasi  ogni  riga  reca  qualche  cosa  di  nuovo  e  di  sconosciuto. 
E,  giova  ripeterlo,  non  si  tratta  qui  di  documenti  che  si  ri- 
feriscono ad  epoche  ricche  di  storia,  di  cronache,  di  notizie 
comunque,  ma  si  tratta  di  monumenti  che  spettano  agli  oscu- 
rissimi  secoli  Vili,  IX,  e  X,  a  quei  secoli  cioè  nei  quali  tanta 
parte  di  storia  italiana,  e  la  maggior  parte  della  nostra  storia 
municipale,  resta  involta  in  piena  oscurità.  Quando  nella  storia 
delle  città  nostre  abbiamo  lacune  di  cinque  ,  di  sei  ed  anche 
di  dieci  secoli,  senza  che  il  nome  di  tsst  ricorra  mai,  non  è 
cosa  preziosa  il  vederlo  ricordato  anche  semplicemente  e  senza 
altro  corredo  di  notizie  ?  Quel  nome  dirà  poco,  ma  dirà  al- 
meno che  quella  città  esisteva  ancora:  se  poi  quel  nome  in- 
dica la  patria  di  un  cittadino  ,  si  dirà  che  quella  era  ancora 
abitata,  che  se  quel  cittadino  riveste  una  qualifica,  se  è  notaio, 
se  è  gastaldo,  se  è  scudalscio,  se  è  colono,  se  è  servo ,  tutto 
giova  ancora  di  più  per  gittare  un  pò  di  luce  fra  le  tene- 
bre della  nostra  istoria.  Un  pò  di  esame  su  questi  diplomi 
farfensi,  mi  ha  persuaso  di  quanto  ho  detto,  e  mi  ha  fatto 
rallegrare  più  volte,  al  leggere  testimonianze  di  nomi  e  di  date 
per  noi  preziosissime.  Per  darne  un  saggio,  limitandomi  solo 
ai  paesi  vicini  al  luogo  dal  quale  scrivo ,  osserverò  di  avervi 
trovate  notizie  di  molto  valore.  Neil'  anno  928  troviamo  un 
Remedium  de  beuanea  (  Bevagna  )  filium  cuiusdam  constantini  il 
quale  dona  alla  Badia  di  Farfa  curiem  in  praetorio  in  Amittrno, 
e  il  documento  è  anche  più  interessante  perchè  è  acium  in 
fulginea  (  Foligno)  mense  et  indiciione  suprascriptis  (12  Maggio, 
ind.  I  ),  ed  oltre  al  Remedio  donatore  vi  è  segnato  un  Albe- 


RIVISTA    BIBLIOGRAFICA  805 

ficus  testimonio,  ed  un  Remedius  notauNS  (').  Sul  principio  del 
secolo  XI  (11  Aprile  1024)  un  Octavianus  filiiis  cuiusdam 
Joseph  dona  a  Farfa  alcuni  beni  posti  nel  territorium  nourinum 
in  vocabulo  dnas  portiones  de  cauallo  albo,  ed  in  questo  docu- 
mento ricorrono  numerose  indicazioni  topografiche  la  serra  de 
pila^  la  curte  di  arT^iìione  ^  la  clusam  sancii  Victorini^  il  tnons 
sancii  Angeli  ad  camilianumy  ed  in  fine  si  legge  che  scrittore 
deir  atto  fu  Teu:^o  judex  et  notarius  territorii  nocerini  (*).  Più 
interessanti  sono  le  indicazioni  che  riguardano  Narni,  onde 
troviamo  il  castaldato  narnatino  {})y  W  comitatu  narniensi  (♦),  il 
territorium  narnatinum  Q)  la  massa  narnatina  ecc.  (^).  Il  docu- 
mento 54,  che  è  dell'  763  ('),  contiene  una  donazione  fatta 
al  Monastero  da  Auderisio  di  Rieti  di  alcuni  beni ,  e  vi  si 
nomina  un  oratorio  beati  archangeli  michaelis  che  Auderisio 
eresse  in  un  suo  terreno.  Tuttociò  non  avrebbe  valore  alcuno 
per  lo  scopo  nostro ,  ne  ha  però  moltissimo  la  chiusa  del  do- 
cumento che  riferisco  interamente  :  Acium  in  curte  domnica  in 
musileo^  mense  et  indictione  suprascripto,  feìiciter.  ^  Ego  hauderis 
in  hoc  testamento  cartulae  a  me  facto  propria  mano  mea  subscripsi, 
)J(  Ego  anrimo  notarius  civifatis  asisinatae,  rogatus  ab  hauderis 
manu  mea  propria  subscripsi.  ^  Ego  anselmus  rogatus  ab  haun 
deris  in  hac  cartula  manu  mea  subscipsi,  i^  Ego  leopardus  de 
de  asisi  in  hac  cartula  rogatus  ab  hauderis  manu  mea  propria 
subscripsi  iestis.  fj^  Ego  hauto  sculdahis  de  fuìginea,  in  hanc  car-- 
tulam  rogatus  ab  hauderis  manu  mea  propria  subscripsi  me  testem. 
Orbene,  queste  poche  parole  contengono  indicazioni  utilis- 
sima per  alcune  città  dell'  Umbria.  Siamo  al  secolo  Vili,  e 


^1)  Reg-»  Far/,  Voi.  IH,  doc.  341,  p.  43. 
(3>  Ibid.doc.  577,  p.  383,  984. 

(3)  Ibid.  doc.  365,  p.  70,  deir  anno  958. 

(4)  Ibid.  doc.  539,  p.  248-349»  àcW  anno  loso  circa. 

(5)  Ibìd.  doc.  565.  p.  27J,  dell'anno  1034  circa:  doc.  568,  p.  175-376  dell'an- 
no 1036. 

^6)  Voi.  II,  pag.  57-5«- 

(7;  Voi.  II,  doc.  356,  pag.  311,  dell'anno  832. 


8o6  RIVISTA    BIBLIOGRAFICA 

di  questo  secolo  (  e  di  altri  ancora  )  non  abbiamo  alcuna  no- 
tizia che  si  riferisca,  né  a  Foligno,  né  ad  Assisi,  né  a  Spello  : 
or'  ecco  che  questo  documento  del  765  ci  rivela  un  Hauto 
sculdahis  di  Foligno  ('),  indicazione  preziosa  che  smentisce 
tutte  le  favole  relative  alla  distruzione  di  questa  città  che  sa- 
rebbe accaduta,  dicesi,  nel  740.  Abbiamo  inoltre  un  Leopardus 
di  Assisi,  e  meglio  ancora  un  Aurimo  notarius  civitatis  assisa- 
nate  ,  onde ,  in  tempo  di  pieno  silenzio  ecco  qualche  debole 
testimonianza  di  epoca  molto  remota  (').  La  Curte  domnica  in 
fnusileOy  se  io  non  erro ,  é  probabilmente  il  luogo  ove  oggi 
sorge  la  chiesa  di  santa  Maria  del  Mausoleo  presso  Spello,  fra 
Foligno  ed  Assisi,  ove  sono  frequenti  i  ruderi  di  edifici  anti- 
chissimi. 

Ma  r  esame  di  questi  documenti  sarebbe  cosa  lunghissima 
e  inopportuna  in  questo  luogo,  ove  basta  averne  dato  un 
saggio  appena.  Di  Spoleto  e  di  Rieti,  e  delle  città  e  borgate 
vicine  (  non  esco  dall'  Umbria  )  è  pieno  il  Regesto^  e  sarà  for- 
tunato quell'  istorico  e  quell'  erudito  che  saprà  trarne  vantag- 
gio :  potremmo  accennare  qualche  documento  che  riguarda 
Terni  (')  e  Norcia  (^)  o  altre  città  ;  basti  però  il  sin  qui  detto. 
Quando  i  chiarissimi  editori  avranno  pubblicato  con  i  loro 
anche  i  minutissimi  e  diligentissimi  indici  alfabetici  di  Gre- 
gorio di  Catino,  allora  anche  meglio  vedremo  come  anche 
ogni  città  umbra   possa  trarre  da   questi  volumi  un  prezioso 


(ì)  Uo  altra  indicazione  di  Foligno  del  791  sta  poco  dopo,  cioè  a  pag.  130, 
doc.  154. 

(1)  Il  Regetto  di  Farfa  dovrebbe  contenere  la  memoria  di  un  Maio  vescovo  di 
Assisi  clic  neirSsi  dovea  esser  presente  ad  un  placito  tenuto  a  Norcia  e  non  a  Nocera 
come  per  erroiescrisse  A.Cristofani  nella  Storia  di  Assiti,  Assisi,  Sensi,  1875,  voi.  1. 
pag.  50.  Ho  letto  il  placito  (  voi.  II.  num.  351  pagg  307-209  },  che  era  gii  stato  pu^ 
blicato  dal  Di  Costanzo  nella  Disamina  ecc»  di  san  Rufino  (  Assisi  Sgariglia,  1797 , 
pagg.  361-364),  ed  ivi  si  trova  un  Magio  vescovo  :  ignoro  però  se  sia  certamente  il 
Màio  vescovo  di  Assisi. 

(3)  Voi.  II,  pag.  130,  doc.  154  del  791;  vedasi  anche  un  diploma  del  1195  edito 
àa\  G'xoTgi  ìitW  Archivio  della  Socieùi  Romana  di  Storia  Batria,  Roma,  1879,  pag.  453, 
ove  è  pure  ricordo  di  Todi,  di  Assisi,  e  di  Perugia  ecc. 

(4)  Voi.  Il,  pag.  307  e  ^Kg*  n<><n.  351,  dell'anno  821. 


RIVISTA    BIBLIOGRAFICA  807 

manipolo  di  utili  notizie.  Intanto  rallegriamoci  del  pubblicato 
sin  qui,  ed  augurando  una  sollecita  edizione  del  i  volume  e 
dei  volumi  seguenti ,  ci  sia  permesso  congratularci  cogli  edi* 
tori  del  Regesto  dell'  egregio  lavoro  che  hanno  intrapreso,  per 
il  quale  con  Gregorio  di  Catino  che  compilò  il  Regesto  stesso, 
saranno  benemeriti  al  sommo  della  nostra  istoria  medioevale. 
Vogliamo  dire  una  parola  dell'  edizione  splendida,  ele- 
gante e  insieme  severa,  quale  alla  natura  dell'  opera  si  addi- 
ceva. Belli  i  caratteri^  durevole  la  carta  espressamente  fabri- 
cata,  ottima  V  esecuzione ,  merito  questo  del  sig.  Vigo  tipo- 
grafo livornese,  che  ha  contribuito  a  fare  un  lavoro  veramente 
romano.  Peccato  che  V  edizione  sia  riuscita  troppo  costosa,  e 
che  air  infuori  di  poche  biblioteche  e  di  pochissimi  collettori 
di  rarità  librarie,  non  possano  procacciarsela  tanti  modesti  stu- 
diosi di  Provincie,  che  per  due  soli  volumi  non  possono  spen- 
dere da  novanta  franchi^  che  tanto  costa  il  pubblicato  sinora. 


Michele  Faloci  Pulignanl 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


Alessandri  Leto.  Della  vita  e  degli  scritti  di  Antonio 
Cristofani.  Commentario  edito  per  cura  dell*  Accademia  Proper- 
T^iana  di  Assisi.  Foligno,  Campiteli],  1S84,  in  16.^  di  pag.  388. 


Per  noi  Umbri  che  abbiamo  cono- 
sciuto r  elegantissimo  istorìco  delia 
città  di  Assisi  e  V  illustratore  be- 
nemerito delle  antichità  artistiche 
e  religiose  di  quella  città,  non  è 
senza  molto  dilt^o  il  vederlo  rivi- 
vere nelle  pagine  di  questo  bel  li- 
bro, dove,  più  che  il  biografo,  è  il 
Cristofani  stesso  che  parla  con  i  suoi 
scritti,  con  le  sue  poesie,  con  le  o- 
pere  sue,  delle  quali  vi  è  copia  lar- 
ghissima. Invero  il  prof.  Alessandri 
non  ha  ommessa  diligenza  alcuna  nel 
raccontare  la  vita  del  suo  dotto  con- 
cittadino, nel  mostrare  lo  sviluppo  e 
il  progresso  di  quel  fortunato  inge- 
gno nato  fatto  per  le  cose  belle,  nel 
narrare  minutamente  le  vicende  let- 
terarie, le  polemiche  artistiche,  le  di- 
scussioni che  ebbe,   toccando  delle 


idee  che  modificò  o  mutò,  delle  o- 
pere  che  abbozzò,  tradusse  o  com- 
pose, seminando  il  racconto  di  aned- 
doti e  di  notizie  pregevoli  e  scono- 
sciute. Egli  divide  il  suo  Commenta- 
rio in  trentatre  lunghi  paragrafi  ed 
in  un  appendice,  parlando  del  Cri- 
stofani come  uomo,  come  lettera- 
to ,  come  istorìco ,  come  critico , 
usando  per  lo  più  le  parole  dei  più 
illustri  letterati  (  Capponi ,  Guasti , 
Cantù,  Ranalli,  Fabretti,  Fanfani,  To- 
masseo,  Vannucci  ecc. }  coi  quali  tutti 
il  Cristofani  fu  in  amichevole  re- 
lazione. Questo  libro  onora  il  Cri- 
stofani, e  fa  insieme  onore  al  bene- 
merito prof.  Alessandri,  che  tanta 
diligenza  adoprò  nel  commemorare 
elegantemente  la  vita  e  le  opere  del 
suo  illustre  concittadino. 


Angelini  Antonio.  Brevi  notizie  intorno  a  san  Rufino  ve- 
scovo e  martire  protettore  della  città  di  Assisi.  Seconda  edizione. 
Frascati,  tip.  Tuscolana,  1885.  in  8.°  di  pag.  66. 


Questo  libretto,  che  fu  già  stam- 
pato una  prima  volta  sono  omai 
cinque  lustri,  non  è  che  un  compen- 
dio della   vita  di   san   Rufino   tolta 


dall'  ottimo  volume  dell*  abate  Di 
Costanzo,  intitolato  disamina  degli 
scrittori  e  dei  monumenti  risguardanti 
san  Rufino  ecc,  Assisi,  ij^j.  Siccome 


BULLETTIKO    BIBLIOGRAFICO 


809 


più  che  altro  è  scritto  con  scopo 
morale,  cos),  poco  riguarda  il  com- 
pito nostro  perchè  se  ne  debba  tener 
conto:  pure  vorremmo  notare  qual- 
che cosa.  Per  es.  nella  nota  alle 
pag.  18,  19,  si  parla  dei  Santi  Bri* 
zio  e  Crispòldo,  come  vescovi  del- 
l' età  apostolica,  cosa  affatto  desti- 
tuita di  fondamento,  specialmente  pel 
E  rimo,  la  cui  leggenda  il  sommo 
^e  Rossi   ha   giudicata  ripiena    di 


gravissimi  errori  storici.  G>sl  pure 
non  ci  sembra  serio  il  modo  col 
quale  si  cerca  di  combatter  il  Di 
Costanzo  sulla  maggiore  o  minor 
grandezza  della  mola  da  grano  no- 
minata negli  atti  di  san  Rufino,  e 
che  il  Di  Costanzo  con  esempi  di 
scrittori  profani  e  cristiani,  propende 
a  credere  mola  a  mano,  o,  come  la 
chiama  Catone,  trusatile. 


Casati  Carlo.  L*  incivilimento  etrusco  secondo-i  monumenti, 
Perugia,  tip.  Umbra,  i88j,  in  16.**  di  pag.  24. 


L' incivilimento  etrusco  secondo  i 
monumenti,  fu  1*  oggetto  di  una  me- 
moria letta  air  Accademia  di  Iscri- 
zioni e  belle  lettere  di  Parigi  il  2 
Maggio  i884.  Il  Casati,  premesso 
che,  secondo  lui,  la  civiltà  romana 
ebbe  V  origine  dalia  civiltà  etrusca, 
esamina  di  questa  i  monumenti  che 
ci  restano,  mostrando  come  i  vecchi 
etruschi  giungessero  ad  uno  svilup- 
po artistico  ed  industriale  finora  in- 
superato, tanto  nelle  cose  minori  che 
produssero  (  orefìceria  ),  quanto  nelle 
maggiori  (  mura  urbiche ,  porte  ) . 
La  memoria  del  Casati,  tradotta  in 


Italiano  dal  sig.  A.  Lupatelli,  merita 
considerazione:  ma,  per  noi  Umbri,  ne 
deve  meritare  assai  di  più  un*  altra, 
letta  il  17  Aprile  di  quest*  anno , 
nella  quale,  esaminando  il  Casati  di- 
verse monete  etnische,  una  ne  trovò 
con  la  leggenda  Peiresa,  che,  secondo 
lui ,  sarebbe  la  forma  etrusca  del 
nome  Perusia.  Noi  speriamo  che  il 
sig.  Lupattelli,  ci  farà  in  breve  co- 
noscere anche  quest'  altro  pregevole 
lavoro  del  dotto  archeologo  ,  tanto 
più  che  nemmeno  il  recentissimo 
libro  del  padre  Garucci ,  fa  parola 
di  monete  perugine. 


Cenni  storici  sopra  la  santissima  Icone  venerata  nella  basi- 
lica metropolitana  di  Spoleto,  pnblicati  nella  ricorren:;^a  solenne 
del  VII.  centenario  dalla  donazione  dell'  imperatore  Federico  Bar- 
barossa.  Trevi  -  Umbria,  Tip.  Nazzarena,  i88j,  in  16,'^  di 
pag.  36. 


Non  avremmo  fatto  ricordo  di 
questo  meschinibsimo  opuscolo  cui 
si  dà  il  titolo  di  cenni  storici,  se 
dalla  pubblicazione  di  esso  non  ci 
venisse  V  occasione  di  lamentare  una 
grave  mancanza  degli  eruditi  spole- 
tini,  i  quali,  celebrandosi  in  questa 
città  il  centenario  della  donazione 
fatta  alla  stessa  dal  Barbarossa  di 
una  pittura  bizantina  rappresentante 


la  Vergine,  lasciarono  passare  la 
bellissima  circostanza ,  senza  che 
nessuno  rammentasse  adequatamente 
le  memorie  di  quel  fatto  storico  che 
per  quella  città  è  interessantissimo, 
e  ne  illustrasse  con  criteri  scientifici 
quella  rara  pittura,  che  è  veramente 
un  monumento  religioso  e  archeolo- 
gico di  molto  valore.  È  quindi  de- 
plorevole che  delle  feste  dell'  Agosto 


8io 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


i88$  non  resti  altro  ricordo  che  que- 
sto insulso  scritterello,  il  quale  né 
pasce  la  divozione  come  vorrebbe, 
né  svolge  il  tema  propostosi  come 
dovrebbe.  È  vero  che  nel  1877  mons. 
Lironi  publicò  alcune  Notizie  storiche 
sul  culto  della  b.  Vergine  che  si  ve- 
nera nella  Chiesa  nielroprlitana  di 
Sboleto  (  Roma ,  Propaganda ,  in  8. 
di  p.  42  ),  e  che  nel  1881  die  alla 
luce  altre  Memorie  storiche  sul  culto 
e  sulle  vicende  orientali  della  SS.  I- 
cone  ecc,  {  Foligno ,  Sgarìglia ,  in  8. 
di  pag.  i44):ma  Questi  buoni  scritti 
o  si  occupano  '  esclusivamente  della 
storia  dell*  immagine,  0  si  estendono 
in  dissertazioni  di  indole  generale, 
ponendo  in  seconda  linea  la  storia 
della  donazione,  la  quale  ci  sembra 
ottimo  tema  per  un  bellissimo  scritto 
di  storia  locale.  E  può  aggiungersi 
che  anche  la  sola  descrizione  e  l'e- 


same dell*  immagine,  lascia  molto  a 
desiderare,  poiché  per  esempio,  nes- 
suno che  noi  sappiamo,  ha  dato  an- 
cora una  buona  lezione  della  leg- 
genda greca,  nessuno  ha  pubblicata 
mteramente  1*  iscrizione  latina  del 
tabernacolo  del  dugento  ecc.  E  s) 
che  la  ricordata  era  proprio  un'  oc- 
casione opportunissima  da  ci6.  Non 
sarà  inutile  di  osservare  qui  che  una 
lezione,  interpetrazione,  e  versione  di 
tutte  le  leggende,  dell'Icone  cioè  e 
del  tabernacolo,  fu  data  nel  1634  dal 
celebre  archeologo  Suarez  vescovo  di 
Vaison,  il  quale  il  13  Novembre  di 
quell'anno  potè  a  suo  agio  esami- 
nare e  trascrivere  ogni  cosa.  Questa 
copia  si  conserva  inedita  in  volume 
iacobilliano  di  cose  spoletine  fra  i 
manoscritti  della  biblioteca  del  Se- 
minario di  Foligno. 


Corradi  Augusto.  Biblioteca  di  un  medico  marchigiano  del 
secolo  }LIV.  Milano,  Richiedei,  1885,  in  8.®  di  pag.  8. 


Nel  Bibliofilo  di  quest*  anno  (  vedi 
lo  spoglio  qui  appresso  )  il  prof. 
Giannandrea  publicò  l' elenco  di  circa 
50  codici  che  formavano  la  biblioteca 
di  Maestro  Ugolino  di  Nuzio  di  Santa 
Vittoria,  medico  defunto  sui  primi 
del  sec.  XV.  Quell'  elenco  al  eh. 
prof.  Corradi  sembrò  di  qualche  in- 
teresse, onde,  riproducendolo  nel  vo- 


lume 272  degli  Annali  Universali  di 
Medicinay  dal  quale  è  estratto  questo 
opuscolo,  lo  arricchì  di  molte  ed 
erudite  note,  della  maggior  parte  dei 
codici  e  dei  loro  autori  dando  noti- 
zie storiche,  indicazioni  bibliografi- 
che ecc.  che  al  breve  elenco  del 
Giannandrea  formano  un  commento 
utilissimo. 


De  Nino  Antonio.  Briciole  letterarie.  Lanciano,  Carabba, 
voi.  I.  1884,  in  i6.<'  di  pag.  268,  voi.  II,  18S5,  in  16.**  di 
pag.  288. 


In  questi  due  volumi  sono  raccolti 
più  di  ottanta  scritti  di  cose  lettera- 
rie, artistiche,  storiche,  aneddotiche, 
alcune  delle  quali  sono  vere  briciole, 
ma  alcune  altre  sono  veramente  u- 
tili  monografìe,  per  quanto  brevi,  di 


cose  o  sconosciute,  o  non  molto  con- 
siderate. Naturalmente  noi  non  pos- 
siamo discorrere  del  più  e  del  me- 
glio di  questi  libri  senza  cscire  dai 
limiti  che  ci  siamo  assegnati  :  vo- 
gliamo però  riferire  almeno  il  titolo 


BULLETTINO    BIBLIOGRAFICO 


Slt 


di  quelle  brìciole  che  possono  inte- 
ressare i  lettori  dell  Archivio.  A 
pag.  135  del  voi.  I  si  legge  :  Mano- 
scritti dell*  Arcìiivio  di  sanf  Anf^do 
d'  Ocre,  dove  il  più  interessante  è  la 
copia  del  noto  cantico  umbro  Infoco 
Y  amor  mi  mise  (  sia  di  lacopone  o 
di  san  Francesco  )  trascrìtto  dalla 
copia  che  nel  XV  secolo  ne  fece 
frate  Giusto  da  Monticchio.  A  p.  149 
si  discorre  del  fiume  Velino,  del  lago 
di  Piediluco  e  della  cascata  deUe 
Marmore.  Nel  secondo  volume  a 
p.  23    si   racconta   minutamente   la 


battaclia  di  Rieti  del  182 1  fra  Napo- 
letam  e  austriaci,  ed  a  p.  51  si  di- 
scorre di  Loreto  Matteo  da  Rieti 
poeta  vernacolo  del  secolo  scorso. 
Assai  interessanti  sono  le  notizie 
contenute  nell'  articolo  :  Ribellione  di 
contadini  urbinati  e  sacco  dei  francesi 
a  Fossombrone  accaduto  nel  1797. 
In  conclusione,  aueste  briciole  sono 
scrìtte  per  fare  di  esse  una  lettura 
piacevole,  ma  non  manca  in  esse 
qualche  pagina  dalla  quale  1*  istorìco 
e  r  erudito  possa  trarre  non  poco 
profitto. 


Erculei  Raffaele.  Intaglio  e  tarsia  in  legno.  Roma,  Ci- 
velli,  1885,  in  8.®  di  pag.  212. 


Questo  scrìtto  del  eh.  sig.  Erculei 
fa  parte  di  una  pubblicazione  del 
Museo  artistico  industriale  di  Roma 
intitolata:  Catalogo  delle  opere  antiche 
i'  intaglio  e  intarsio  in  legno  esboste 
nel  180$  in  Romay  preceduto  da  or  evi 
cenni  sulla  storia  dt  quelle  due  arti  in 
Italia  dal  XII  al  XVI  secolo.  Però  i 
brevi  cenni  occupano  da  150  pagine, 
e  sono  seguite  da  una  bibliografia 
sulla  storia  di  queste  arti,  biblioer^- 
fìa  se  non  completa,  certo  utilissima 
e  rìcchissima,  contenente  i  titoli  di 
oltre  cento  publicazioni  relative.  Ab- 
biamo creduto  di  ricordare  in  questo 
perìodico  i  brevi  cenni  del  sig.  Ercu- 
lei, perchè  da  essi  si  rileva  facil- 
mente come,  in  proporzione  di  altre 
regioni  italiane,  !'  intaglio  e  la  tar- 
sia fiorìssero  specialmente  in  queste 
nostre  provincie  centrali,  e  partico- 
larmente neir  Umbria,  ove  i  Cori 
perugini  del  duomo,  di  san  Dome- 
nico, di  sant*  Agostino,  di  san  Pie- 
tro, e  quello  assisano  di  san  Fran- 
cesco, che  r  Erculei  chiama  il  piti 
bello  deir  Umbria  e  forse  deHItaHa, 
mostrano  a  che  grado  fungesse  fra 
noi  questa  utile  arte.  E  del  resto 
questo  primato  artistico  fra  noi  fa- 
cilmente si  spiega,  ove  si  osservi  che 


dal  XIII  al  XVI  secolo,  non  vi  ha 
forse  piccola  città  umbra  o  picena 
che  non  possieda  qualche  beli'  opera 
di  tarsia  o  di  intaglio,  o  che  non 
vanti  qualche  bravo  maestro  di  le- 
gname. Invero,  l' Erculei  in  brevi 
cenni  non  potea  mtto  descrìvere  né 
tutto  ricordare,  pure,  sebbene  non  sie- 
no  tutti  più  valenti  degli  artisti  om- 
messi,  egli  ha  fatto  parola  di  Mae- 
stri umbri  che  ha  trovati  in  Orvie- 
to, in  Amelia,  a  Gubbio,  in  Assisi, 
a  Foligno,  a  Spoleto,  a  Perugia,  a 
Bettona,  a  Toai,  a  Città  di  Castello, 
e  di  altri  maestrì  non  meno  numerosi 
e  valenti  ha  trovato  lavorì  nelle  città 
marchigiane  a  Camerino,  Iesi,  Ripa- 
transone,  Ascoli,  Urbino,  Sanseverì- 
no,  Arcevia,  Cagli,  Matetica,  Urbi- 
no. 11  libro  dell'Erculei  si  legge 
con  piacere,  e  merita  plauso,  ha  solo 
il  ditetto  di  far  desiderare  di  più, 
poiché  quella  lettura  fa  venire  la  vo- 
glia di  leggere  suir  origine  e  sullo 
sviluppo  di  questa  industria  artisti- 
ca non  dei  brevi  cenni,  ma  una 
vera  e  propria  istoria ,  la  quale 
non  crediamo  di  errare  affermando 
che,  ove  venisse  fatta  dalP  Erculei, 
dovrebbe  riuscire  opera  lodatissinu 
e  perfetta. 


8l2 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


Faloci  PuLiGNANi  D.  MicHELE.  La  Ch'usa  e  il  convento  di 
san  Giacomo  in  Foligno  dei  servi  di  Maria.  Foligno,  Sgariglia, 
1885,  in  4.**  di  pag.  31  con  due  tavole. 


Le  brevi  notizie  raccolte  in  que- 
sto scritto,  si  riferiscono  a  cose  sto- 
riche, artistiche,  letterarie,  poiché  in 
poche  parole  si  narra  V  origine  della 
Chiesa  e  del  Convento,  se  ne  enu- 
merano i  monumenti  di  arte  che 
r  ornano,  i  maestri  che  vi  lavoraro- 
no, i  religiosi  che  vi  dimorarono  e 
che  si  distinsero  per  virtù  religiose, 


per  opere  letterarie,  cittadine  ;  insom- 
ma si  fa  una  compiuta  monografìa, 
che  però,  come  dice  Fautore,  com- 
pilata in  pochi  giorni,  non  ha  la  pre- 
tesa di  avere  sviluppato  adequata- 
mente  il  soggetto,  sul  quale  si  può 
facilmente  tornare  con  ma^or  copia 
di  documenti  e  di  notizie  che  in  que- 
sto scritto  non  sia  stato  fatto. 


Faloci  PuLiGNANi  D.  MiCHELE.  La  chiesa  di  santa  Lucia 
del  Ponte  presso  il  castello  di  Pale.  Foligno,  Sgsriglia,  1885,  in 
4.^  di  pag.  16. 


L' autore  fa  un  breve  cenno  sto- 
rico di  questa  Chiesa  rurale,  eretta 
nel  territorio  di  Foligno  nel  secolo 
X  circa,  demolita  a' nostri  giorni  e  poi 
ai  nostri  giorni  riedificata.  In  sei  brevi 
paragrafi  ricorda  la  sua  fondazione,  co- 
me divenisse  chiesa  collegiata ,  poi 
badia  dipt udente  dal  celebre  monastero 
di  Sassovivo,  poi  come  nel  XV  secolo 
venisse  istituita  una  fìera,  e  come  la 
chiesa  venisse  ridotta  a  semplice  ere- 
mitaggio,  finalmente  come   venisse 


abbandonata,  demolita,  ed  ivi  presso 
riedificata.  Lo  scritto  dell*  autore  non 
contiene  notizie  interessanti ,  ma  ove 
uno  studio  minuto  e  diligente  sopra 
cose  di  poco  conto  come  questa 
chiesa,  venisse  esteso  a  tanti  punti 
dimenticati  o  trascurati  delle  regioni 
nostre,  non  può  esstrvi  dubbio  che 
la  topografia  antica,  la  storia  civile, 
religiosa,  artistica,  commerciale  delle 
città  nostre  ne  dovrebbe  trarre  un 
utilità  grande  e  impreveduta. 


Faloci  Pulignani  D.  Michele.  Sigilli  di  Foligno.  Came- 
rino, Mercuri,  1885,  in  8.*>  di  pag.  16  con  tavola. 


Questi  sigilli  sono  sei,  della  ^0- 
cietas  mercantìMy  del  monastero  di 
santa  Caterina,  dall'abbate  e  capitolo 
di  Santa  Maria  forisporta,  del  presi- 
dato  farfense,  di  Egidio  di  Giovanni 
Canonico  di  Foligno  e  Vescovo  di 
Nocera,  e  di  Pelagio  altro  canonico 
di  Foligno.  Questi  sigilli  furono  pub- 
blicati nel  BulIeUino  di  Numismatica 


e  di  Sfragistica  di  Camerino  (  volu- 
me II,  anno  II,  1885  )  e  apparten- 
fono  tutti  al  XIV  al  XV  secolo, 
'regevole  fra  gli  altri  e  il  sigillo 
della  compagma  dei  mercanti,  la  più 
importante  delle  corporazioni  citta- 
dine, la  quale  procurò  nei  passati  se- 
coli lustro  e  ricchezza  non  piccola 
alla  città  di  Foligno. 


BULLETTINO  BlBLlOCRAPiCO 


813 


Foglietti  Raffaele.  Statuto  del  comune  di  Macerata   del 
secolo  XII L  Macerata,  Bianchini,  1885,  in  S.**  di  pag.   24. 


Il  nome  del  eh.  sìg.  aw.  Fo- 
glietti è  noto  fra  i  cultori  di  storia 
marchigiana,  specialmente  macerate- 
se. Egli,  giurista  valente,  si  occupò 
altre  volte  della  bibliografìa  statuta- 
ria della  sua  regione ,  ed  oggi  pu- 
blica  il  testo  di  un  frammento  del- 
lo statuto  di  Macerata  da  lui  giu- 
dicato del  secolo  XIII,  sul  quale  si 
riserva  di  far  poi  dei  commenti  e 
delle  annotazioni  opportune.  Invero 
Io  Statuto  è  antichissimo,  e  se,  come 
il  Foglietti  crede,  fosse  veramente 
anteriore  al  1268,  sarebbe  per  Ma- 
cerata di  un  valore  grandissimo. 
Sventuratamente,  come  si  è  detto, 
questo  statuto,  non  é  che  un  fram- 
mento, e  risulta  appena  di  26  rubri- 
che, scrbbene  V  ìndice  che  le  precede 
ascenda  al  numero  di  34.  Il  foglietti 
crede  che  i  due  fogli  contenenti  detto 


indice. e  dette  26  rubriche  sieno  la 
parte  maggiore  dell'antico  statuto, 
onde  la  mancanza  si  ridurrebbe  a 
poca  cosa,  cioè  a  poche  rubriche: 
considerando  però  cne  i  tìtoli  di  que- 
ste rubriche  non  ccHitengono  affatto 
la  parte  criminale,  tacciono  delle 
successioni,  delle  prescrizioni  edili- 
zie, dei  dazi  ecc,  non  è  forse  cosa 
inverosimile  il  supporre  che  del  vec- 
chio statuto,  sia  giunta  fìno  a  noi 
solo  una  piccola,  e  non  la  maggior 
parte.  Comunque,  il  Foglietti  ha  fatta 
opera  egregia  pubblicando  questi  bra- 
ni, e  farà  opera  utilissima  studiando 
s  )pra  essi,  tacendo  osservazioni  com- 
parative con  altri  codici  maceratesi 
e  piceni,  dichiarando  insomma  V  im- 
portanza e  il  pregio  di  questi  preziosi 
frammenti. 


Fu.\ii  Luigi.  Leggenda  della  beata  Vanna  da  Orvieto  tra- 
dotta in  volgare  V  anno  MCCCC  in  Vene:(ia  da  fra  Tommaso 
Canarini  ecc.  Città  di  .Castello,  Lapi,  1885,  in  16.®  di  pag.  48. 


Questa  leggenda  era  stata  già 
pubblicata  nel  1879  da  F.  Passarini 
in  Roma  per  le  nozze  Boncompagni 
Ludovisi  -  Cattaneo,  ed  ora  è  stato 
ottimo  il  pensiero  del  eh.  sig.  conte 
Luigi  Fumi  di  ripubblicarla  di  nuovo 
con  alcune  varianti,  per  le  quali  la 
presente  edizione  si  avvantaggia  su 


quella  precedente.  Un*  awer tenia  in 
hne  dcir  elegantissimo  opuscoletto 
fa  opportunamente  notare  le  altre  fon- 
ti istoriche  che  si  hanno  sulla  vita  della 
beata  Vanna,  ed  indica  1  libri  nei 
quali  si  discorre  di  lei  e  della  sua 
leggenda. 


Fumi  Luigi.  Pio  II  (  Silvio  Enea  Piccolomini )   e  la  pace 
di  Orvieto.  Roma,  tip.  della  Pace,  1883,  in  4.°  df  pag.  28. 


È  una  bellissima  narrazione  storica, 
la  quale  fa  conoscere  quanto  fece  ed 
operò  a  favore  dì  Orvieto  il  grande 
Pontefìce  Pio  II.  Questi,  essendo  nel 


r46o  in  Siena  reduce  da  Mantova, 
fu  onorato  grandemente  dagli  Orvie- 
tani, che  mandarono  a  lui  ambascia- 
tori e  regali,  chiedendone  grazie  e 


8i4 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


favorì  di  vario  genere.  Maggiormente 
fecero  onore  a  lui  ed  alla  sua  corte, 
allorché  con  essa  si  trasferì  in  Or- 
vieto, dove  potè  fare  in  modo,  da  ri- 
condurre in  essa  auella  pace  e  quella 
concordia  di  cittadini  che  era  unto 
desiderata.  Lo  scritto  del  eh.  si^.  Fu- 
mi è  tutto  basato  sulla  fede  di  do- 
cumenti contemporanei,  dei  quali  in 
appendice  publica  alcuni,  ed  è  scrìt- 
to cosi  piacevolmente,  che  riesce  di 


amena  ed  istruttiva  lettura,  se  non 
altro  per  la  conoscenza  che  fa  fare 
di  consuetudini  singolari  di  quei  tem- 
pi, consuetudini  delle  quali  ci  som- 
ministra qui  esempi  assai  caratteri- 
stici. La  narrazione  è  una  elegante 
pubblicazione  per  le  no^:^e  Bandini  - 
Piccoìomini,  Baldassarini-  Marinelli, 
ed  é  estratta  dal  perìodico:  Studi  e 
documenti  di  Storia  e  diritto,  An.  V» 
n.  4.  Roma,  1885. 


GiANAKDREA  ANTONIO.  Della  Signoria  di  Francesco  Sfor:(fl 
nella  Marca,  secondo  le  memorie  e  i  documenti  dell'  archivio 
setiempedano.  Milano.  Tipografia  Bartolotti  di  Dal  Bono  e 
C.  1885,   in  S.^  di  pag.  118. 


Con  pubblicazioni  di  questo  genere 
è  la  seconda  volta  che  il  nome  del 
Prof.  Gianandrea  comparisce  nelP  Ar- 
chivio Storico  Lombardo  e  precisa- 
mente nei  Fase.  I,  II  e  III  del  1885,^ 
Anno  XII.  Ed  ambedue  le  volte  ha 
reso  di  pubblica  ragione  documenti 
che  accennano  al  dominio  esercitato 
nella  Marca  da  Francesco  Sforza. 
L'  Archivio  comunale  di  S.  Severino 
compulsato  in  osni  sua  parte  dal- 
l' egremo  raccoglitore,  gli  ha  fornito 
circa  duecento  tra  memorie  e  docu- 
menti, che  valgono  a  spargere  molta 
luce  su  Quel  perìodo  storico  delle 
Marche  che  va  dal  dicembre  del  1453 
al  novembre  del  i445.  Le  memorie 
e  i  documenti  sono  disposti  per  or- 
dine cronologico,  intercalati  da  brevi 
osservazioni    o    meglio    congiungi- 


menti che  danno  alla  pubblicazione 
r  aspetto  di  un  tutto  armonico  ed 
ordinato.  Il  lavoro,  pubblicato  anche 
in  estratto,  si  estende  per  118  pag. 
in  formato  appunto  deli'  Archivio  da 
cui  è  tolto. 

Le  indagini  e  le  ricerche,  sempre 
in  relazione  alla  Signorìa  dello  Sforza 
nelle  Marche,  istituite  dal  Gianan- 
drea, non  si  limitano  a  queste  che 
abbiamo  accennato.  Ci  è  noto  che 
nello  scorso  Settembre  ha  spogliato 
r  archivio  fabrianese  riordinato  dal 
eh.  Canonico  Zonghi  (  lo  nominiamo 
a  titolo  di  merìtato  encomio  ),  e  spe- 
riamo che  non  tarderà  a  pubblicare 
anche  il  frutto  di  questi  suoi  ulterìorì 
studi,  rendendosi  così  sempre  più  be- 
nemerito fra  i  cultorì  della  storia. 


Gianandrea  Antonio.  Pergolesiana.  Iesi,   Ruzzini,    1885, 
in  i6.°  pag.  16. 


II  medesimo  prof.  Gianadrea  ha  pub- 
blicato in  occasione  delle  nozze  (Jop- 
paroni  -Cerìlli  alcune  ricerche  da  lui 
fatte  intomo  a  G.  B.  Pergolesi.  L'o- 
puscolo è  piccolissimo  di  mole,  ma 


assai  importante,  giacché  nulla  o 
Quasi  si  conosce  finora  dei  prìmi  se- 
dici anni  di  questo  sublime  compo- 
sitore di  musica,  gloria  della  città  di 
Iesi.  Mentre  trìbutiamo  elogio  all'è- 


BULLUTTINO  BIBLIOGRAFICO 


8is 


gregio  professore  oer  V  opera  inde- 
fessa che  pone  ncll'  illustrare  uomini 
e  cose  del  luogo  dove  esercita  il 
magistero,  non  possiamo  tacere  che 
è  inesatto  nei  documento  III  il  dire 
che  Tatto  di  nascita  del  Pergolesi 
fu  pubblicato  per  la  prima  volta  dal 
Marchese  di  Villanxja,  Sta  in  fatto 
che  52  anni  prima  del  Villanza  lo 
pubblicò  Giuseppe  Santini  di  StaHblo 
neir  opera  che  ha  per  titolo  «  Pice- 
cenorum  Mathematicorum  elo^a . 
Maceratae  MDCCXXIX.  Typis  Bar- 
tholomaei  Capitani.  »  e  ciò  dietro  i 
suggerimenti  e  le  rettifiche  fattegli 
da  quel  Gianfrancesco  Lancellotti 
che  può  considerarsi  il  Muratori 
delle  Marche  e  le  cui  raccolte  giac- 


ciono Mss.  neir  archivio  Guamierì, 
oggi  proprietà  Balleani,  di  Osimo.  Il 
ViUarosa,  perchè  più  conosciuto,  me- 
rita lode  di  aver  fatto  tacere  defini- 
tivamente le  pretese  di  altre  città 
che  volevano  il  Pergolesi  per  loro 
concittadino.  Ma  al  Santini  spetta 
r  onore  di  aver  pubblicato  per  la 
prima  volta  (  almeno  fin  che  non 
venga  ritrovata  altra  stampa  ante- 
riore al  1729  )  r  atto  di  nascita  del- 
r  immortale  autore  dello  Stabat, 
quale  trovasi  nel  libro  Regenerato» 
rum  della  Parrocchia  di  S.  Settimio, 
chiesa  Cattedrale  di  Iesi,  ad  ann. 
17 IO,  e  precisamente  in  fine  della 
retropagma  584. 


Gradassi  -  Luzi  Riccardo.  Gli  antichi  statuti  della  Confra- 
ternita della  Misericordia  di  Terni.  Terni,  Borri,  1885,  in  i6.° 
di  pag.  120. 


Il  Gradassi -Luzi  ritiene,  ed  ha 
ragione,  che  molto  lume  alla  nostra 
storia  municipale,  debba  sommini- 
strare la  notizia  esatta  dell'  origine, 
dei  progressi  e  dello  sviluppo  delle 
nostre  Confraternite,  e  però,  come 
piccolo  contributo  a  onesto  utile  stu- 
dio, publica  gli  statuti  della  Confra- 
ternità della  Misericordia  in  Temi 
fondata  nel  I54t,  principalmente  con 
lo  scopo  di  assistere  nelle  ultime  ore 
quei  disgraziati  che  eranno  condan- 
nati alla  morte.  Agli  statuti  premette 
una  lunga  prefazione  che  occupa  metà 
del  libretto,  ove  poi  sieguono  gli  sta- 
tuti del  1541,  che  sono  divisi  in  4o 


capitoli.  Giustamente  osserva  il  Gra- 
dassi-Luzi  (  p.  29.)  che  le  nostre  Con- 
fraternite furono  pel  passato  molto 
benemerite  delle  arti ,  delle  lettere, 
della  beneficenza,  della  civiltà:  sicché 
soggiungiamo  noi,  è  molto  interes- 
sante occuparsene  ampiamente,  spe- 
cialmente studiandone  le  vicende  nei 
secoli  XIII  e  XIV,  e  di  quei  tempi 
specialmente  pubblicandone  i  docu- 
menti, inventari,  laudi  ecc.  Noi  invi- 
tiamo il  eh.  sig.  Gradassi -Luzi  a  ri- 
volgere la  sua  attenzione  a  monu- 
menti più  remoti,  e  di  men  comune 
interesse. 


Lanzi  Luigi.  SuW  Abba:(ia  di  S.  Benedetto  in  Fundis  presso 
Stroncone.  Terni,  Pacelli  -  Tomassini,  1885,  in  8.'  di  pag.  36, 
con  2  tavole. 


Premesso  un  cenno  storico  di 
Stroncone,  ricca  e  popolosa  terra 
dell*  Umbria,  il  Lanzi  in  un  secondo 


capitolo  tratta  dei  barbari,  di  san 
Benedetto,  di  sant*  Antonio,  cose  que- 
ste che  in  un  breve  lavoro  come  il 


8i6 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


SUO,  poteano,  e  forse  doveano  omet- 
tersi. 11  capo  3.  narra  la^  fondazione 
del  Monastero  di  S.  Benedetto  in 
Fundis,  eretto,  dicesi,  dalla  regina 
Ansa  circa  il  771;  però  si  trascura 
affatto  di  indicare  a  onde  sia  tratta 
la  notizia,  la  ouale  per  essere  cosi 
antica,  deve  fondarsi  sopra  dati  e 
notizie  ben  sicure.  Con  lodevole  di- 
ligenza si  esamina  poi  parte  a  parte 
il  vecchio  edifìcio,  se  ne  pubblicano 
i  documenti,  epigrafi,  ecc,  raccogliendo 
in  breve  quanto  di  interessante  può 
conoscersi  di  quel  Monastero.  Forse, 


se  nello  scrìtto  del  sig.  Lanzi  non 
fossero  tanto  frequenti  considerazioni 
di  indole  generale,  e  supposizioni  non 
sempre  ^n  fondate,  il  suo  scrìtto 
si  leG;gerebbe  più  volentierì,  e  merì- 
tereb^  più  plauso.  Sono  poi  da  ri- 
cordarsi le  due  tavole  litografiche, 
che  riproducono  tre  iscrizioni  medio- 
evali e  la  pianta  e  lo  spaccato  della 
Chiesa,  imperocché  sono  eseguite  con 
tanta  esattezza,  che  rare  volte  si  ve- 
de usata  in  opere  di  interesse  molto 
maggiore. 


Lanzi  Luigi.  Sangemine  e  il  suo  pàlai:(o  vecchio.  Terni, 
tip.  dell^  Unione  liberale,  1885,  in  16.^  di  pag.  16. 


Sangemini  è  una  grossa  terra  pres^ 
so  Temi ,  e  il  Lanzi  accennatone 
sommariamente  la  storia,  si  ferma  a 
descrivere  specialmente  il  vecchio 
palazzo  comunale,  che  giudica  del 
Ali  o  XIII  secolo.  Questo  palazzo, 
come  tanti  altri,  si  trova  in  serio 
pericolo  di  cadere,  sicché  avrebbe 


fatta  opera  egregia  il  Sig.  Lanzi  de- 
scrivendo e  riportando  i  resti  degli 
stemmi  e  delle  iscrizioni  che  egli 
ravvisò  da  per  tutto  dipinti  per  lo 
spazio  di  tre  o  quattro  secoli.  Intorno 
a  Sangemini  vedasi  a  pag.  607  di 
questo  volume  del  nostro  Archivio, 


LoccATELLi    Paolucci    D.    Tommaso.    Della   Badia   di 
san  Pietro  di  Assisi.  Assisi,  Sensi,  1885,  in  8.®  di  pag.  56. 


Dalla  cortesia  di  un  amico  nostro 
abbiamo  ricevuto  quest'  opuscolo  del 
rev.  priore  del  Duomo  di  Assisi  cul- 
tore diligente  delle  antichità  religiose 
del  suo  paese.  Discorrendo  della  chie- 
sa di  San  Pietro,  egli,  fondato  sopra 
un  documento  dello  Spadcr^  la  crede 
esistente  fin  dal  sec.  V:  ma  lo  Spa- 
der  (p.  32)  non  asserisce  questa  co- 
sa, e  il  Di  Costanzo  (p.  3i4)  nem- 
meno ne  fa  parola.  È  certo  però  che 
é  antichissima.  Il  Loccatelii  ne  rac- 
conta le  vicende ,  parla  dei  Monaci 
che  vi  dimorarono,  fa  ricordo  delle 


persone  per  virtù  o  per  dottrina  il- 
lustri che  vi  ebbero  relazione,  termi- 
nando coìr  elenco  degli  Abati  e  colle 
iscrizioni  esistenti  in  quella  Badia.  In 

3uesto  volume  (p.  515-516)  abbiamo 
etto  che  un  Abate  di  S  Pietro  di 
Assisi  fu  il  p.  Di  Costanzo  il  quale 
resse  due  volte  dal  1786  al  1790  e 
poi  dal  1799  e  al  1806.  Di  questo 
Abate  il  Loccatelii  non  dà  molte  no- 
tizie, ma  a  p.  50  riproduce  un'iscri- 
zione esistente  nell'  ingresso  dell'Ar- 
chivio Capitolare  di  Assisi,  posta  da 
quel  Capitolo  in.  suo  onore ,  per  la 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO  817 

Stampa  della  Disamina  di  san  Raffi-     a  quanto  abbiamo  detto    di  questo 
no,  di  cui  abbiamo  parlato  (  p.  5^  i-     monaco,  menta  di  essere  riportata: 
532).  V  iscrizione,  come  appendice 


lOSEPHO  lUSTlNO  DE  COSTANZO 

IN   SODALrrATE  MONACHOR.  ABBATI 

EORUMDEM     ORATORI     AD     FONT.     MAX.     AN.     VI. 

VIRO  RELIGIOSISSIMO 

IN  DIVINIS   UUMANISQ,   SCIENTIIS  CONSPICUO 

OMNIGENAE  ANTIQPITATIS  NOTITIA 

ADFATIM  EXCULTO 

COLLEGIUM  CANONICOR.  PRINCIPIS  TEMPLI 

INLUSTRATORI  ECCLESIAE  ASISINATIS 

CUJUS  PERITIA 

RUFINÌ   HIEROMARTYRIS  ANTISTmS 

PATRONI  COELESTIS 

DOCUMENTIS  EX  HOC  MAXIME  TABULARIO 

DEPROMPTIS 

HISTORIA  RECOGNrrA  VINDICATA 

SUCCESSORUM  EJUSDEM   SERIES 

VETERESQ,  URBIS  INSCRIPTIONES 

PURGATAE  ET  AUCTAE  SUNT 

HONORIS  VXRTUnSQ.  CAUSSA 

EX  DECRETO  ORDINIS 

A.  MDCCCXXIV. 


LuPATTELLi  Angelo.  //  Salone  dei  consigli  generali  nel  pa^ 
/fl^^o  del  popolo  in  Perugia,  restaurato  dal  pittore  Matteo  Tassi, 
Firenze,  tip.  della  Pia  Casa,  1885,  in  8.®  di  pag.  8. 

—  Una  settimana  a  Perugia,  Breve  guida  con  una  pianta 
in  litografia.  Foligno,  Campitelli,  1885,  in  16.**  di  pag.  48.  « 

—  Catalogo  dei  quadri  che  si  conservano  nella  Pinacoteca 
Vannucci  esistente  nel  piano  superiore  del  pala^pio  Municipale  in 
Perugia.  Perugia,  Bartelli,  1885,  in  i6.°  di  pag.  52. 

Il  sig.  Lupattelli,  a  breve  distanza  Perugia,  e  danno  buone   indicazioni 

di  tempo,  ha  publìcato  questi  tre  o-  sui  monumenti  della  stessa.  Il  primo 

puscoli,  i  quali  fanno  ben  conoscere  di  questi  lavori,  come  dice  il  titolo, 

le  ricchezze  artistiche  della  città  di  dovrebbe  dar  notizia  del  salone  del 

Archivio  Storico  li.  52. 


8i8 


BOLLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


Consiglio  Perugino,  ora  restaurato 
secondo  lo  stile  primitivo,  però,  trat- 
tenendosi su  questi  restari,  dimentica 
di  dirci  r  epoca  alla  anale  rimonta 
il  salone  e  1  autore  dello  stesso,  che 
pure  avrebbe  potuto  facilmente  far 
conoscere,  ove  avesse  voluto  cercarlo 
nel  libretto  del  Rossi  (  //  Palay^o 
del  Popolo  in  Perugia,  Perugia,  i864) 
che  egli  indica  in  nota.  Il  secondo 
opuscolo  è  una  guida  di  Perugia, 
chiara  ed  abbastanza  esatta.  Ave- 
vamo già  quella  del  Rossi  Scotti 
(  3.>  edizione^  Perugia  1878  ),  ma  il 
Lupattelli  ha  fatto  bene  di  scriverne 
una  nuova,  la  quale  se  non  è  co- 
stata all'autore  molto  fatica,  è  però 
riuscita  molto  utile  a  quelli  pei  quali 


fu  scritta,  cioè  per  i  medici  italiani 
convenuti  nel  Settembre  di  quest'  an- 
no in  Congresso  in  quella  città,  i 
quali,  oltre  tutte  le  variazioni  sacce- 
dute dal  78  in  qua,  vi  avranno  po- 
tuto trovare  indicazioni  oppormne  in 
molto  numero.  Il  soggetto  del  terzo 
scritto  è  ben  indicato  dal  titolo.  An- 
che questo  è  di  incontestabile  uti- 
lità per  i  visitatori  della  ricca  pina- 
coteca perugina.  Per  uniformità  mag- 
giore avremmo  però  desiderato  che 
a  lettore  potesse  sapere,  o  sempre  o 
mai,  se  le  pitture  sono  attribuite  e 
autentiche,  donde  provengano,  ecc. 
e  le  date  e  le  firme  fossero  pari- 
menti sempre  riferite  o  sempre  ta- 
ciute. 


Marson  Luigi.  Alberico  GentilL  Discorso.  Macerata,  Ilari, 
1S85,  in  16.0  di  pag.  64. 


Questo  discorso  fu  letto  il  di  7 
Giugno  di  quest*  anno  nel  R.  Istituto 
A.  Gentili  di  Macerata  ove  al  Gen- 
tili stesso  si  inaugurava  una  lapide 
onoraria.  Il  discorso  è  un  riassunto 
sulla  vita  e  sulle  opere  dell*  illustre 
giurista,  fatto   specialmente    consul- 


tando i  libri  dello  Speranza,  del  Fio- 
rini e  di  pochi  altri.  Siegue  al  di- 
scorso un  elenco  degli  scritti  editi  ed 
inediti  di  Alberigo,  ed  una  bibliogra- 
fia Gentiliana,  alla  quale  però,  seb- 
ben  ricca  di  circa  ottanti  titoli,  si 
possono  aggiungere  anche  altri  nomi. 


MiGNiNi  Girolamo.  Le   tradÌT^ioni  dell*  Epopea   Carolingia 
neir  Umbria.  Perugia,  tip.  Umbra,  1885,  in  15.°  di  pag.  20. 


Questo  scritto,  già  da  noi  annun- 
ciato nel  passato  anno  (Archivio,  I, 
83  ),  fu  pubblicato  nel  Numero  del- 
a  Domenica  del  giornale  Perugino 
La  Provincia  ("  An.  I,  num.  2,  3,  4), 
ed  ora  vede  di  nuovo  la  luce  in  un 


l 


opuscolo  separato.  Avendo  già  dato 
i  titoli  nei  quali  è  diviso  questo  la- 
voro, ed  avendone  data  qualche  no- 
tizia, non  è  qui  necessario  di  par- 
lame  ulteriormente. 


Muntz  Eugene,  L'atelier  monétaire  de  Rome.  Documents 
inidits  sur  les  graveurs  de  monnaies  et  de  sceaux  et  sur  les  mi- 
dalleurs  de  la  cour  pontificale.  Paris,  Rougier,  1884,  in  8.**  di 
pag.  52. 

L*  infaticabile  sig.  Eugenio  Muntz  guardanti  gli  autori  di  monete,  me- 
ha  raccolto  in  questo  breve  lavoro  daglie  e  sigilli ,  che  fiorirono  in  Ro- 
un  manipolo  di  notizie  artistiche,  ri-     ma  da  Innocenzo  VIII  a   Paolo  III 


BULLETTIKO  BIBLIOGRAFICO 


819 


(  1484-1549).  Teniamo  conto  di 
(questo  scrìtto,  perchè  alcuni  brani 
riguardano  artisti  delie  nostre  res^io- 
ni.  Tali  sarebbero  quel  famoso  hmi' 
ìiano  da  Foligno,  zecchiere,  orafo, 
tipografo,  che  nel  1 484  riceveva  xoo 
fiorini  e  nel  1487  altri  ne  riceveva 
per  lavori  fatti  in  servigio  del  Papa 
(  p.  5  ):  tale  anche  sarebbe  il  magi- 
ster  Thomasius  Antonii  perusint  stam- 
parum  sculptor,  del  auale  sono  no- 
tati 1  pagamenti  fatti  nel   1535,   37 


e  4i  (  p.  4o).  Due  volte  (  p.  16,  17) 
è  nominata  in  onesti  documenti  la 
Zecca  perugina  del  1S07,  ed  in  fine 
è  da  notarsi  una  lettera  del  Card. 
Camerlengo  al  maestro  della  Zecca 
di  Roma  (  p.  51)  nella  quale,  an- 
nuendo alle  istanze  di  Ottavio  Far- 
nese duca  di  Camerino,  gli  ingiunge 
di  coniare  nuove  monete  coir  inse- 
gne di  detto  duca ,  distruggendo 
quelle  dei  suoi  predecessori. 


Muntz  Eugéne.  Les  monuments  antiques  de  Rome  a  V  ip(h 
que  de  la  Renaissance.  Paris,  Leroux,  1885,  in  8.°  di  pag.  20. 


Fra  i  molti  documenti  che  il 
Muntz  publica  in  questo  utile  scritto, 
uno  ha  interesse  speciale  per  noi, 
la  relazione  cioè  di  un  viaggio  fatto 
da  Bernardo  Bembo  nel  15 19  da 
Venezia  a  Roma.  Il  Bembo  ricorda 
tutte  le  città  che  visitò,  e  fra  oneste 
tutte  quelle  della  Marca  e  dell  Um- 
bria che  incontrò  per  via.  Il  18  A- 
prile  visitò  Urbino;  il  19  Cagli;  il 
20  Cantiano,  Costacciaro ,  Sigillo  e 
Fossato;  il  21  Gualdo,  Nocera,  altre 
terre  minori  e  Foligno;  il  22  Spole- 
to, il  25  Terni,  Nami,  Otricoli  ecc. 
il  2S  era  in  Roma.  Come  si  vede 
da  questo  itinerario,  egli  non  potè 
notare  molte  cose  per  la  strada, 
pure  anche  in  questa  parte  del  suo 
viaggio,  trascrisse  e  segnò  alcune 
cose  che  gli  fecero  impressione.  In 
Urbino  notò  la  ricchezza  dell*  ospizio 
offertogli  dal  duca,  et  dncis  uxoris 
comitaiem:  di    Foligno    ricordò  V  a- 


moenissimam  valìem,  hinc  et  inde  mon- 
tihus  circundataniy  atmgdalisque  re- 
fertam:  a  Spoleto,  fra  le  altre  cose 
lo  colpì  r  aquedotto,  aedificium  am- 
plum  et  tale  ut  romanae  magntficentiae 
fatearis.  Di  Terni  Colonensis  factionis 
ricordò  i  ruderi  del  teatro,  e  V  iscri- 
zione SALVTI  PERPETVAE  AV- 
GVSTAE  ecc.  riprodotta  già  dall' An- 
geloni  (  ediz.  Pisa,  1878,  p.  2.  )  e 
ultimamente  dall'  Orelli  -  Henzen 
(  n.  689  ):  poi  come  ho  detto,  ricor- 
dò Narni  Ursinae  factionis^  e  cosi 
via  via  sino  a  Roma.  Altro  non  oc- 
corre dire  pel  caso  nostro  di  questo 
bel  documento,  solo  è  a  lamentare 
la  scorrettezza  della  copia  trovata 
del  Muntz,  scorrettezza  somma,  tan- 
to chi  Nocera  è  detta  Lucariana:  la 
Cerqua  sul  Topino,  5>r^{//im,  ecc.  ecc. 
e  così  in  questo  ed  in  altri  luoghi,  pa- 
role e  nomi  o  assolutamente  illeggi- 
bili, o  di  assai  difficile  interpretazione. 


Pallotta  Giuseppe.  Noti:(ie  della  torre  e  altre  memorie  sto^ 
riche  '  artistiche  della  Città  di  Macerata.  Macerata,  Cortesi,  1885, 
in  8.®  di  pag.  68. 


Questo  libro  è  un  vero  arsenale 
di  notizie  storiche,  artistiche,  religio- 
se e  civili   sulla  città  di   Macerata. 


Principalmente  vi  si  descrive  la  fa- 
mosa torre  di  quella  città,  ma  poi 
se  ne  trae  occasione  per  descrivere 


820 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


e  narrare  le  vicende  di  chiese,  di 
palazzi,  di  torri^  insomma  in  esso  si 
fa  arapiiamente  la  storia  di  molte  e 
importantissime  fabbriche  di  Mace- 
rata. Della  torre  poi  si  ricerca  pa- 
zientemente l'origine,  si  raccontano 
le  vicende,  i  danni,  i  restauri,  le 
decorazioni  ecc.,  mostrandoci,  dal 
complesso  di  tante  notizie,  che  i  cit- 


tadini maceratesi  hanno  avuto  sem- 
pre a  cuore  il  decoro  di  essa,  la  quale, 
come  dice  V  oratore,  è  il  primo  mo- 
numento della  città.  Questo  scritto 
è  invero  eruditissimo,  ci  sembra  pe- 
rò, che,  per  amor  di  chiarezza,  il 
eh.  autore  avrebbe  fatto  opera  buona 
a  dividerlo  in  tanti  capi,  a  ciascuno 
di  essi  prefiggendo  un  titolo. 


Santoni  Milziade.  Di  alcune  pitture  a  fresco  nella  Chie- 
setta del  SS.  Crocifisso  di  Paganico  presso  a  Camerino.  Came- 
rino, Tip.  Mercuri  success.  Borgarelli,  1885,  in  16®  di  pag.  12. 


Nelle  vicinanze  di  Camerino, 
sulla  spianata  di  un  colle,  detto  di 
Patullo,  sorge  la  chìcsina  illustrata  in 
quest*  opuscolo,  la  auale,  senza  ve- 
run  aspetto  di  architettura  estema, 
è  nell'interno,  da  capo  a  fondo,  co- 
perta di  numerosi  affreschi,  il  com- 
plesso dei  quali  formano  quindici 
istorie  evangeliche,  rappresentate  da 
ben  centottanta  fìgure.  11  che  è 
tanto  più  da  notarsi  in  quanto  che 
la  chiesina  in  discorso,  coperta  da 
una  volta,  misura  m.  2,  65  per 
4,  70  di  superfìcie,  elevandosi  ap- 
pena per  due  metri  e  mezzo.  Di  que- 
sti affreschi,  il  diligentissimo  illustra- 
tore, dà  esatta  descrizione,  riproduce 
le  sottoposte  leggende  italiane,  fa- 
cendo notare  di  tutte  T  interesse  che 
meritano   e  il  valore  artistico  che 


hanno.  È  poi  una  bella  ed  utile  sco- 
perta per  la  storia  dell'  arte,  quella 
fatta  dair  Autore  suU'  epoca  di  que- 
sti affreschi.  Fu  già  chi  1'  attribuì  a 
Simone  de  Magistris  pittore  della  se- 
conda metà  del  sec.  XVI,  ma  il  San- 
toni avendo  letta  in  detta  chiesina 
una  iscrizione,  a  tutti  sfuggita,  e  nella 
auale  ricordasi  che  quell'opera  fu  fatta 
fare  da  ser  aniovino  de  angelutio  ca- 
nonico de  sancta  Maria  etc,  ed  aven- 
do trovato  in  un  istrumento  che  detto 
ser  Ansovino  dotò  di  fondi  detta  chiesa 
nell'anno  1477,  ^^  mostrato  chiara- 
mente che  questo  lavoro  artistico, 
contrariamente  all'asserzione  di  altri, 
deve  riportarsi  all'epoca  aurea  delle 
nostre  arti,  cioè  alla  seconda  metà 
del  secolo  XV.  . 


Servanzi-Collio  Severino.  Disegno  ed  illustrazione  di  un 
antichissimo  calice  esistente  nella  Diocesi  di  Cingoli  ecc.  Sanse- 
verino^  succ.  Borgarelli,  1885,  in  16.^  di  pag.  8,  con  i  tavola. 


Questo  calice  fu  già  edito  ed 
illustrato  dal  eh.  autore  nel  giornale 
romano  V Album  àe\  1860,  ed  oralo 
riproduce  separatamente ,  dandone 
una  minuta  descrizione',  che,  unita 
alla  tavola  annessa,  ne  fa  esattamente 


conoscere  il  lavoro  e  la  bellezza.  Mi- 
gliore e  più  ricco  è  un'altro  calice 
esistente  in  una  chiesa  della  villa  di 
Gaglianvecchio  presso  Sanseverino, 
che  il  Servnnzi  -  Col  li  o  descrìve  dopo 
il  primo,  e  del  quale,  per  la  esatta 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


821 


descrizione  che  fa  di  fregi,  di  figu- 
rine e  di  lavori  diversi,  fa  nascere 
desiderio  in  chi  legge,  di  conoscerne 


il  disegno  in  un*  altra  tavola ,  che 
però  r  editore  non  ci  ha  data.  Am- 
oedue  i  lavori  sono  del  secolo  XV. 


Servanzi-Collio  Severino.  No7^:(e  Voglia -Ctccaronu  San- 
severrao,  siicc.  Borgarelli,  1885,  in  16.**  di  pag.  12. 


Invece  di  un  solito  sonetto,  il 
comm.  Servanzi  -  CoUio ,  ha  pubblicato 
opportunamente  per  le  nozze  del  sig. 
Her  Domenico  Ceccaroni  con  fa 
sig.  Marchesa  Francesca  Voglia,  la 
relazione  della  festa  nuziale  ratta  nel 
X705  pel  Matrimonio  del  Conte  Guido 


Ottaviano  Ubaldini  con  la  sig.  Mar- 
gherita Divinj.  Il  documento  è  vera- 
mente caratteristico,  ed  è  pregievole 
come  una  pagina  viva  e  tedele  dei 
costumi,  e  diremo  anche,  delle  su- 
perstizioni vigenti  fra  i  ricchi  signori 
del  secolo  passato. 


Veratti  Bartolomeo.  Lettera  di  santa  Caterina  da  Siena 

a  Giacoma  moglie  di  Trincio  dei  Trinci  da   Foligno.  Modena, 
1884,  in  8.®  di  pag.  20. 


È  notissimo  fra  gli  studiosi  della 
storia  letteraria  il  nome  del  bene- 
merito Veratti,  editore  accuratissimo 
di  molteplici  e  purgati  testi  di  lin- 
cia. Fra  questi  han  luogo  parecchie 
lettere  di  santa  Caterina  da  Siena, 
una  delle  quali  è  la  lettera  annun- 
ziata, tolta  da  un  vecchio  manoscritto 
ed  annotata  e  commoiuta    da    par 


suo.  Come  le  altre,  questa  lettera  fii 
publicata  negli  Opuscoli  religiosi,  let" 
ierari  e  Morali  di  Modena,  ove  an- 
che nel  1880  si  publicò  un  altra  let- 
tera dalla  santa  a  Trincia  e  Corrado 
Trinci  di  Foli^o,  con  la  famiglia 
dei  quali  sembra  che  Caterina  si 
trovasse  in  stretta  relazione. 


Verona  Carlo  Andrea.  Cenni  popolari  sulla  vita  di  s.  Fi- 
lippo Beni^if  desunti  dalle  pitture  del  chiostro  di  5.  Giacomo  di 
Foligno.  Foligno,  Campitelli,  1885,  in  8.®  di  pag.  32. 


Nel  1285  mori  a  Todi  nelF  Um- 
bria san  Filippo  fìenizi,  al  quale  in 
breve  si  rizzarono  altari,  si  dipinsero 
tavole,  si  elevarono  monumenti  di 
vario  genere.  Nel  1659  Lodovico 
Giustiniani  da  Foligno,  deli'  ordine 
dei  Serviti,  fece  dipingere  la  vita  di 
S.  Filippo  nelle  24  lunette  del  patrio 
convento  di  san    Giacomo    apparte- 


nente al  suo  ordine,  ed  in  quest*  anno 
1885  il  p.  Verona  parroco  di  san  Gia- 
como, ha  descritte  queste  pitture  con 
scopo  morale,  tessendovi  su  la  vit^ 
del  Santo,  alternandola  colla  indica- 
zione dei  molti  stemmi  gentilizi,  e 
con  la  trascrizione  delle  leggende 
poetiche  che  hirono  allora  colorite 
sotto  le  24  istorie  del  Chiostro. 


SPOGLIO 

DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 


PEL   PRIMO  SEMESTRE  1885, 


ANALECTA  BOLLANDIANA  -  BRUXELLES. 

Tom.  IV,  fase.  L  —  Cataìogus  codicum  hagiographorum 
Bihliothecat  reg'uu  Bruxellensis  (  Nel  cod.  581,  del  sec.  XV, 
ai  fogli  71-73  trovasi  una  Passio  Santi  Pontiani  ^  quod  est 
XIX.  halendas  februariiy  scritta  nel  966,  e  che  qui  si  publica. 
Un  compendio  della  vita  di  s.  Ponziano,  sta  anche  nel  codice 
1351-1372,  del  sec.  XV.  Nel  cod.  1328-37,  del  sec.  XIV, 
trovasi  una  Vita  sancti  Francisci  confessoris,  che  è  la  leggenda 
minore  di  S.  Bonaventura.  Nel  cod.  1820-27,  ^^^  s^^-  ^^ 
e  X  si  trova  Dt  vita  5.  Benedicti  dialogus  Gregorii  Af,  che  è 
una  parte  del  lib.  II  dei  Dialoghi  di  S.  Gregorio  ).  =  Fase.  II 
Cataìogus  etc.  (Continuazione.  Il  cod.  1970-78  del  sec.  XV 
contiene  una  vita  vita  beati  Patris  Francisci^  e  una  Vita  San- 
ctaè  Clarae^  ambedue  publicate  nella  collezione  bollandiana, 
12  agosto  e  4  ottobre.  Il  cod.  2529  -32  del  sec.  XV,  con- 
tiene U  Vita  almi  confessoris  Francisci  edita  a  fratre  Bonaven- 
tura doctore  Seraphico  :  il  cod.  2864-71  del  sec.  XV  con- 
tiene la  vita  beatissimae  Angelae  de  Fulgineo.  La  prima  vita 
è  pubblicata  il  4  ottobre,  i'  altra,  sebbene  sia  di  fra  Arnaldo, 
ne  riferisce  però  la  primitiva  compilazione,  e  se  ne  fa  spe- 
rare la  stampa  ). 

ANNUARIO  BIOGRAFICO  UNIVERS.-TOKWO. 

Voi.  I.  Num.  5-6,  Biografia  del  card.  Carlo  Laurenzi 
di  Perugia,  e  di  Eugenio  Balbi,  figlio  del  celebre  Adriano, 
nato  a  Fermo  nel  1812^  mentre  il   padre   insegnava   scienze 


St»OCLIO   lìEI  PERIODICI  82^ 

fisiche  nel  Liceo  di  quella  città.  =r  Num.  7.  LUCARELLI  O. 
Luigi  Bonfatti  (  Biografìa  di  questo  letterato  eugubino,  estratta 
dal  nostro  Archivio^  I,  745  -  748  ). 

ANNUARIO   DEL    CLUB -ALPINO   ITALIANO- 
PERUGIA. 

1885,  disp.  IL  MARINELLI  Z.  Monte  Corona.  —  BEL- 
LUCCI G.  Leggende  umbre  (  I  capesciotti  di  S.  Romualdo. 
La  sorgente  dell'  Artino  ).  —  X.  L'Aiso  (  Laghetto  presso  Be- 
vagna  ).  —  ACCORIMBONI  D.  Leggende  ispellesi  (  La  Vec- 
chia della  Croce:  Il  muro  d*  Orlando  ).  —  BELLUCCI  G. 
Leggende  Eugubine  (  Il  volto  di  S.  Ubaldo  ). 

ARCHIVIO  DELLA   R.  SOCIETÀ    ROMANA   DI 
STORIA  PA  TRI  A  -  ROMA. 

Voi.  Vili,  fac.  I-ILTORRACA  F.  Cola  da  Rienzo  eia 
canTione  Spirto  Gentil  di  F.  Petrarca  (  Riassume  la  questione, 
e  discutendola  parte  a  parte,  dimostra  fra  le  altre  cose,  che 
non  fu  diretta  a  Bosone  da  Gubbio). 

ARCHIVIO  STORICO  ITALIANO -HRENZE. 

Voi.  XV,  disp.  I.  ROSA  G.  Storia  di  Perugia  dalle  ori- 
gini al  j86o  per  Luigi  Bonazzi  (Ampia  recensione  del  I.  vo- 
lume di  questa  storia  stampato  dieci  anni  indietro,  cioè  nel 
1875  ).  =  Disp.  IL  MAZZATINTI  G.  Lettere  politiche  dal  1642 
ai  1644  di  Vincen:(p  Armanni  (  Continuazione  ). 

ARCHIVIO  STORICO  LOMBARDO -MlLkìiO. 

An.  XII,  voi.  II,  fase.  V.  GIANANDREA  A.  Della  Si- 
gnoria di  Francesco  Sforma  nella  Marca  secondo  le  memorie  e  i 
documenti  dell'  Archivio  Settempedano  (  Accurata  publicazione 
di  molti  documenti  dal  1433  al  1438  estratti  dall'  Archivio 
Comunale  di  S.  Severino.  Continua  nei  fascicoli  seguenti. 
Vedi  di  sopra  il  Bullettino  Bibliografico  alla  pagina  814  ).  — 
CAFFI  M.  Di  alcuni  architetti  e  scultori  della  Svinerà  Ita- 
liana (  Fra  questi  vi  sono  Pietro  Paolo  di  Andrea  e  Filippo 


d:24  SPOGLIO   DEI  PERIODICI 

di  Giovanni  da  Melìde  autori  di  due  cappelle  in  Perugia  Del- 
l' ultimo  quarto  del  sec.  XV  ). 

ARCHIVIO  STORICO  PFR  LE  PROVINCIE  NA- 
POLETANE-ìi  AVOLI. 

An.  X,  fase.  I.  BARONE  N.  Le  cedole  di  tesoreria  del- 
V  Archivio  di  Stato  di  Napoli  dal  1466  al  1^04  (  Vi  sono 
rammentati,  ai  18  Ottobre  1489  una  testa  di  argento  del 
Duca  di  Calabria  al  naturale,  mandata  a  S.  Maria  di  Loreto: 
e  ai  16  Marzo  1492  un  Tommaso  da  Ancona  libraio  a 
Napoli  ). 

ARCHIVIO  VENETO 'YEìiEZlA. 

Tom.  XXIX,  p.  I.  fase.  57.  BONI  G.  Una  firma  del 
}00  nel  Palai:(o  ducale  (  È  grafEta  sulla  colonna  XII  della 
loggia  del  !•  pianò  verso  il  molo,  e  dice  cosi  :  Angelus  de 
Fulg  ....  0  I  m  ccc LXXXVIIIme  Agusti.  Converrebbe  inda- 
gare per  sapere  chi  fosse  quest'  Angelus  de  Fulgineo  che  di- 
morava a  Venezia  nel  1388  ).  =:  P.  IL  fase.  58.  CECCHET- 
TI  B.  Per  la  storia  deW  arte  della  carta  nelle  Provincie  Venete. 
(Si  tratta  di  un  documento  28  Nov.  1361,  nel  quale  si  parla 
di  un  Francesco  Biancon  da  Fabriano,  che  trovavasi  nel  Ve- 
neto presso  il  Sile,  ove  esercitava  il  mestiere  della  carta  di 
Bambagia  ). 

ARTE  E  5702?;^ -FIRENZE. 

An,  IV,  num.  2.  RAFFAELLI  F.  //  Tabernacolo  di 
bronco"  ed  il  ciborio  in  marmo  nella  chiesa  Metropolitana  di  Fer* 
mo  (  Cfr.  pag.  391).  =z  Num.  4.  CANTALAMESSA  G. 
Giuseppe  Sacconi.  =  Num.  6.  P.  BARNABA  D*  ALSAZIA. 
Di  un  paliotto  X  altare^  del  nono  0  decimo  secolo  ritrovato  a 
5.  Maria  degli  Angioli  in  quel  d'  Assisi.  =:  Num,  8.  PINA. 
A  :(on7^o  per  la  Marche  (  Ricorda  alcuni  lavori  artistici  di 
S.  Maria  nuova  e  nel  Duomo  di  Fano  ).  =  Num.  9.  GIANUIZ- 
ZI  P.  Nicolò  Cocchi  (  Notizie  di  lavori  pittorici  di  questo  ar- 
tista Fiorentino,  eseguiti  in  Loreto  nei  primi  del  sec.  XVII  ). 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  825 

=  N.  13.  FALOCI  PULIGNANl  D.  M.  Un  artista  Umbro 
del  sec.  XIII  (  Di  nome  Atto ,  architetto  e  decoratore  di 
S.  Pietro  di  Bovara  presso  Trevi  ).  ^  N.  15.  LUZI  E.  Lafac-^ 
ciata  del  Duomo  di  Ascoli  Piceno  (  Si  nega  che  sia  di  Cola 
dell'  Amatrice,  e  si  nega  a  buon  diritto-  Malamente  però  si 
nega  a  Cola,  contro  1* -asserzione  del  Vasari,  che  abbia  lavo- 
rato a  Norcia,  ove  invece  esegui  parecchi  lavori.  Cfr,  il  Gior- 
nale di  erudi:(ione  artistica  del  Prof.  Rossi.  Perugia,  1883, 
voi.  I.  pag.  78-80.  Continua  nel  num.  seg.  ).  =  Num.  19. 
CASTELLI  G.  Per  la  storia  dell*  arte  (  Ricordo  dì  un  Gu- 
glielmino  poeta  ascolano  del  1187  )•  =  Num.  25.  GIA- 
NUIZZI  P.  A  proposito  dell'  architetto  che  nel  ijp2  die  il  dise- 
gno per  la  ricostru:(ione  del  Duomo  Ascolano  (  Continua  nel 
Num.  26  e  seg.  ).  =  Num.  26.  MELANI  A.  Raffaello ,  di 
Marco  Minghetti  (  Favorevole  ). 

ATTI  DELLA  R.  ACCADEMIA  DELLE  SCIENZE 
DI  TORINO 'TOKlìiO. 

Voi.  XX,  fase.  2.  FABRETTI  A.  Statuti  suntuarii  in- 
torno al  vestire  degli  uomini  e  delle  donne  in  Perugia  dal  1266 
al  1644  (  Lettura  di  questa  memoria,  fatta  nei  mesi  di  Di- 
cembre 1884,  Gennaio  e  Febbraio  1885:  vedi  i  fase.  364). 

ATTI   DELLA    SOCIETÀ    LIGURE  DI    STORIA 
PA  TRI  A  -  GENOVA. 

Voi.  XIII,  fase.  V,  1884  [  ritardato  ].  BELGRANO  L.  T. 
Seconda  serie  di  documenti  riguardanti  la  colonia  di  Pera  (  Il 
doc.  Ili  è  del  12  die.  1348,  ed  è  una  sentenza  colla  quale  il 
podestà  di  Pera,  Benedetto  .d'  Arco,  condanna  i  soci  di  Pa- 
squalino Aldini  e  di  Egidio  Nicolai,  cittadini  di  Ancona,  al 
pagamento  di  1953  fiorini  d'oro  e  3  grossi,  in  favore  di  Mi- 
chele Sotero  e  Bartolomeo  Bìgo,  borghesi  di  Pera,  con  di- 
chiarazione che,  trascorsa  la  mora  conceduta  senza  che  il  pa- 
gamento sia  stato  eseguito,  possano  i  detti  creditori  commet- 
tere rappresaglie  a  danno  degli  anconitani.  I  doc,  XVII  e 
XVill  sono  due  lettere  di  Ciriaco  d'Ancona:  1444-1445). 


826  SPOGLIO  DEI  PERIODia 

ATTI  E  MEMORIE  DELLA  R.  DEPUTAZIONE 
DI  STORIA  PATRIA  PER  LE  PROVINCIE  DI  ROM  A- 
GNA .  BOLOGNA. 

Ser.  Ili,  voi.  Ili,  fase.  I-II.  ORSI  P.  Sui  centurani  ita- 
lici della  L  età  del  Jerro  e  sulla  duor anione  geometrica  e  rap- 
presentativa dei  bronci  norditalici  dello  staso  periodo  (  In  questo 
scritto,  si  tiene  anche  conto  delle  Necropoli  piceno ^ samni- 
tìche  J. 

BOLLETTINO  STORICO  DELLA  SVIZZERA  ITA- 
LIANA -  BELLINZONA. 

An.  VII,  num.  1-2.  BERTOLOTTI  A.  Artisti  svbi:(eri 
in  Roma  nei  sec.  XV ,  XVI  e  XVII  (  Fra  questi  vi  è  un  Fi- 
lippo di  Giovanni  da  Melide,  che  verso  la  fine  del  sec.  XV 
lavorava  a  Perugia  ).  —  Due  documenti  per  Bramante  da  Ur- 
bino (  Relativi  alla  chiesa  di  san  Satiro  in  Milano  [1497]  e 
al  castello  di  Vigevano  [1494]  ). 

BULLETTINO  DELL'  INSTITUTO  DI  CORRISPON- 
DENZA ARCHEOLOGICA 'ROMA. 

1885.  Gennaio  KOERTE.  Comunicazione  sopra  una 
tazza  antica  trovata  in  una  necropoli  di  Orvieto.  —  Altra 
comunicazione  del  medesimo  sopra  uno  scarabeo  etrusco  di 
corniola  acquistato  pure  in  Orvieto. 

BULLETTINO  DI  ARCHEOLOGIA    CRISTIANA  - 
ROMA. 

Ser.  IV,  an.  Ili,  Num.  i.  ARMELLINI  M-  Iscrizione  di 
Gubbio  del  Jij/  (Notizia  di  un  iscrizione  nella  chiesa  di 
sant.  Erasmo.  Cfr.  Archivio,  I,  675,  nello  spoglio  della  Croni- 
chetta  mensuale). 

BULLETTINO   DI  NUMISMATICA    E   SFRAGI- 
STICA-CAUEKmO. 

Voi.  II,  num.  7.  SANTONI  M.  e  RAFFAELLI  F. 
La  Zecca  di  Macerata    e  della  provincia  della  Marca  (  Conti- 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  827 

nuazione  dei  fascicoli  precedenti  ).  — Notizia  di  un  ripostiglio  di 
monete  municipali,  per  la  massima  parte  marchegiane  ed  um- 
bre, appartenenti  alla  metà  del  secolo  XV,  trovate  nel  cir- 
condario di  Camerino,  fra  Muccia  e  Pievetorina. 

CORNELIO  TACITO 'TERm. 

An.  II,  num.  4,  HERRLICH.  Giuseppe  Cocchi  (  Necro- 
logia di  questo  letterato  umbro,  nato  in  Todi  nel  181 3, 
morto  in  Perugia  nel  1882.  Continua  nei  num.  seg.  ). 

CORRIERE  DEL  MATTINO -NAPOLI. 

An.  XIII,  num.  134.  F.  TORRACA.  Sul  Consalvo  di 
G.  LEOPARDI   (  Cont.  nel  num.  135  ). 

CRONACA  MARCHIGIANA  -  CAMERINO. 

An.  X.  num.  3.  Agostino  Reali  (  Necrologia).  =:  Num.  7. 
SANTONI  M.  Sisto  V.  Spigolature  Camerinesi  (  Breve  cenno 
sulle  relazioni  fra  Camerino  e  Sisto  V,  la  cui  madre  era  ca- 
merinese  ).  =:  Num.  8.  SANTONI  M.  Ancora  di  Sisto  V. 
Spigolature  Camerinesi.  —  SANTONI  M.  Lorenzo  Cretico  da 
Camerino  (  Letterato  del  sec.  XV  ).  =  Num.  9.  FEROSO  C. 
A  proposito  delle  spigolature  camerinesi  sopra  Sisto  V.  —  SAN- 
TONI M.  Spadaccini  nel  cinquecento  (  Spigolature  Camerine- 
si ).  =  Num.  12.  G.  V.  //  conte  Teren:(io  Afamwni  (  Biogra- 
fia, desunta  specialmente  dalle  lettere  di  lui  al  fratello  Giu- 
seppe ). 

CRONICHETTA  M  EN  SU  A  LE -KOUk. 
An.  XIX,  fase.  V.  Scoperte  presso  Carsoli. 

FANFULLA  -  ROMA. 

An.  XVI,  num.  41  ROUX  O.  La  Maschera  perugina. 
(  Notizia  su  Bartoccio  e  le  Bartocciate.  Fu  poi  riprodotta  dalla 
Provincia  di  Perugia,  an.  XII,  num.  44  ). 


828  SPOGLIO   DEI  PFRIODICI 

FANFULLA  DELLA  DOMENICA  -  ROxMA. 

An.  VII,  nutn.  2.  ANTONA  -  TRAVERSI  C.  Alcune 
varianti  della  Can:(pne  «  Sul  monumento  di  Dante  n  di 
Giacomo  Leopardi  (  È  un  saggio  della  nuova  edizione  critica 
di  tutte  le  poesie  del  Leopardi  ).  =s  Num.  5.  Recensione  di 
due  scritti  del  C  Feroso  (  prof.  M.  Maroni  ),  Spigolature  bùh 
grafiche  di  Francesco  Podestiy  Ancona,  Morelli,  1884,  e  Guida 
dì  Ancona,  Ivi,  Morelli,  1884.  (  Favorevole  ). 

GAZETTE  DES  BEAUX  ARTS- PARIS. 

Voi.  XXX,  fase.  331.  Gennaio.  MICHEL  A.  La  legen- 
de de  Saint  Francois  dans  V  Art  (  Notizia  abbastanza  dif- 
fusa della  parte  artistica  del  libro  :  Saint  Francois  etc.  del 
quale  vedi  questo  voi.  a  pag.  164  e  seg.  ).  —  DAÌR.CEL  A. 
La  collection  Basilewski  (  Fra  gli  oggetti  formanti  questo  ric- 
chissimo museo,  si  rammentano  alcune  maioliche  di  Urbino, 
•di  Deruta  e  di  Gubbio).  —  PHILIPPS  C.  Correspondence 
d'Angleterre  (  Si  parla  della  Madonna  degli  Ansidei  di  Raffaello, 
recentemente  acquistata  dalla  Galleria  Nazionale  di  Londra 
per  I,  750,000  lire.  Ne  fa  1^  storia,  ne  stabilisce  la  data 
(1506),  e  rileva  il  carattere  umbro  della  disposizione  delle 
figure,  e  le  attinenze  col  Perugino  ).  —  Fra  i  disegni  di  questo 
fascicolo  a  pag.  85  vi  è  quello  di  una  fenestra  del  palazzo 
ducale  di  Urbino. 

GAZZETTA  LETTERARIA  -  TORINO. 

An.  IX,  num.  2.  VISCARDI  G.  Un  antico  poemetto  po- 
polare italiano  (  È  intitolato  la  Passione  di  Cristo;  ed  è  at- 
tribuito a  parecchi,  fra  gli  altri  al  Boccaccio.  Un  codice  senese 
ne  fa  autore  il  b.  Jacopone  da  Todi  ). 

GIORNALE  DEGLI  ERUDITI  E  DEI  CURIOSI  - 
PADOVA. 

An.  Ili,  num.  68.  Notizia  di  D.  M.  Faloci  Pulignani  sui 
magistrati  medioevali  di  Foligno,  e  di  C.  G.  Cattaneo  su  quelli 


SPOGLIO   DUI   PERIODICI  829 

di  Iesi.  =:  Num.  69,  Notizia  sull'  acquetta  di  Perugia  di  L.  F. 
Valdrini,  —  Altra  notizia  sullo  stesso  soggetto.  =  Num.  70. 
Notizie  diverse  sulle  supreme  magistrature  di  alcune  città 
della  Marca  e  dell'  Umbria  durante  il  medio  evo.  =  Noti- 
zie di  M.  Mandatari  e  di  Camese  suU'  Università  di  Came- 
rino. =  Num.  71.  Notizie  sopra  Guglielmo  Ebreo  Pesare- 
se. —  Notizia  di  L.  Fabretti  e  di  altri  su  G.  B.  Danti.  =: 
Num.  72.  Notizia  di  D.  M.  Faloci  Pulignani  sopra  una  stampa 
di  Orvieto  dei  priini  anni  del  sec.  XVII.  =  Num.  73.  G. 
B.  Dante. 

GIORNALE  NAPOLETANO  DI  FILOSOFIA  E 
LETTERE 'ìiAPOLl. 

An.  V,  voi.  IX,  fase.  34.  VARRIALE  V.  La  Canione 
di  Leopardi  alV  Italia. 

GIORNALE  STORICO  DELLA  LETTERATURA 
ITALIANA  -  TORINO. 

An.  Ili,  voi.  V,  fase.  13-14.  SABBADINI  R.  Notizie 
sulla  vita  e  gli  scritti  di  alcuni  dotti  umanisti  del  sec.  XV.  rac- 
colte da  codici  italiani  (  Il  num.  III.  tratta  di  Francesco  Filelfo^ 
o  dà  conto  di  una  orazione  inedita,  contenuta  nel  cod.  V, 
IO  dtlV  Ambrosiana  )^ 

GLI  ANNALI  FRANCESCANI  -  MILANO. 

An.  XVI.  fase.  i.  5.  Francesco  di  Assisi  e  la  contea  di 
Montauto  (  Recensione  di  questo  libro  pubblicato  a  Prato  dal 
p.  Lodovico  da  Livorno  ). 

IL  BIBLIOFILO  -  BOLOGNA. 

An.  VI,  num.  i.  UN  MARCHIGIANO.  Gara  di  contraf- 
fazioni  trecentistiche  tra  padre  e  figlio  Leopardi.  (Continuazione. 
Vedi  Archivio  I,  378.  )  —  GIAN  ANDREA  A.  Biblioteca  di 
un  medico  marchigiano  del  secolo  XI F.  (  Vedi  di  sopra  il  Bui- 
lettino  a  pag.  8io  ).  —  Recensione  dello  scritto  del  conte 
S.  Servanzi  CoUio  sullo  statuto  di  Serra  Petrona,  del  quale 


830  SPOGLIO  DEI  PERIODICI 

ctr.  Archivio^  I,  768  (  Favorevole  ).  r=  Num.  3.  FAELLI  E. 
Di  Federico  Zuccaro  e  di  un  suo  rarissimo  opuscolo,  ss  Num.  4. 
Recensione  degli  scritti  dell'  avv.  Maroni  publicati  in  que- 
st'  Archivio  I»  227  -  2689  689  -  709,  della  monografia  dello  stesso 
per  GraT^ioso  Benincasa  di  un  cfr.  Archivio  I,  363,  =  Num.  5. 
UN  MARCHIGIANO.  Gara  di  contraffa:(ioni  trecentistiche  tra 
padre  e  figlio  Leopardi  (  Continuazione  ). 

IL  MACERATESE  -  MACERATA. 

An.  I,  num.  i.  Storia  popolare  Maceratese.  —  Letteratura 
Maceratese.  =  Num.  4-5.  Un  autografo  sovrano  (  É  di  Carlo 
Emanuele  duca  di  Savoia,  che  nel  1590  nominava  lettore  di 
S.  Scrittura  nell'  Università  di  Torino,  fra  Trebatio  Marcotti 
francescano,  della  Penna  S.  Giovanni  nelle  Marche  ).  ^  Nu- 
mero 8-9.  U  Avv.  Cav.  Giuseppe  Foglietti  (  Necrologia  , 
1820 -1882).  =  Num.  IO- II.  Uomini  illustri  di  Macerata 
(  Anteriori  al  sec.  XVII  ). 

IL  PROPUGNATORE-  BOLOGNA. 

An,  XVIII,  disp.  I  -  2.  PÈRCOPO  E.  Le  laudi  di  fra 
lacopone  da  Todi  nei  ms.  della  Biblioteca  na:^ionale  di  Napoli 
(Continuazione.  Si  danno  le  varianti  delle  laudi  XXXVII- 
XLIX,  contenute  nel  cod.  XIV,  C,  38  ).  —  GUARDIONE  F. 
//  Bruto  Minore  di  Giacomo  Leopardi.  ^  Disp.  3.  PÈRCO- 
PO E.  Le  laudi  del  fra  lacopone  ecc.  (  Continuazione.  Dà  le 
varianti  dei  primi  io  canti  del  cod.  XIII,  C.  98  ). 

IL  PUNGOLO  DELLA  DOMENICA  -  MILANO. 

An.  Ili,  num.  7.  BIANCHI  A.  G.  La  cicceide  (  A  pro- 
posito di  questo  libro  dell'  Egubino  Lazzarelli  ,  testé  ri- 
stampata dal  Sommaruga). 

IL  rO/^/ATO  .  FOLIGNO. 

An.  I,  num.  2.  M.  F.(ALOCI)  P.(ULIGNANI).  Storia 
di  un  hatocco  (  Episodio  di  una  guerra  municipale  fra  Foligno 
e  Spoleto  avvenuta  nel  1438  a  proposito  di  un  batocco  ).  ^ 


SPOGLIO    DEI  PERIODICI  83  I 

N.  3.  A.  M.(ANCINELLI).  La  Pentarchia  nel  j«02  (  Ricordo 
estratto  della  Gas^T^etta  Universale  di  Foligno  del  17  settem- 
bre 1802  ).  =r  N.  4.  M.  F.  P.  La  corsa  di  un  animale  nero 
(  Feste  popolari  per  la  festa  del  protettore,  cessate  nel  1485, 
e  consistenti  nell*  appendere  un  maiale  vivo,  e  nell'  arronci- 
gliarlo  a  furia  di  popolo  ).  =  N.  5.  M.  F.  P.  //  chiostro  di 
Sa^sovivo  (È  del  1225.  Con  vignetta).  =:  N.  6.  M.  F.  P. 
La  Musa  di  Belfiore  (  Ricordo  di  Ovidio  Unti  poeta  del 
XVII  secolo  ).  =  N.  7.  M.  F.  P.  Foligno  dalle  strade  inT^uc- 
cherate  (Enumera  gli  autori  e  le  publicazioni  popolari,  nelle 
quali  si  ricorda  questo  detto  ).  =  N.  io.  M.  F.  P.  Perchi 
ci  dicono  Cuccugnai  (  Spiegazione  di  questo  motto  popolare. 
Riprodotto  nella  Provincia^  an.  XII.  n.  68-69  ).  =  N.  11.  M. 
F.  P.  Canti  popolari  delV  Umbria.  =  N.  12.  M.  F.  P.  La  città 
di  Foligno  nel  16 jj  (  Da  una  pianta  topografica  di  Luca  U- 
golini  ).  =1  N.  13.  M.  F.  P.  Sfragistica  Folignate.  =  N.  15. 
M.  F.  P,  La  prima  edi:(ione  della  divina  Commedia  (  Eseguita 
in  Foligno  nel  1472  da  Giovanni  Numeister  di  Magonza  e  da 
Evangelista  Mei  di  Foligno).  =z  N.  16.  M.  F.  P.  Sonetto  so^ 
pra  {Voltaire  (  Ricordo  di  una  stampa  Folignate  del  1782  so- 
pra Voltaire,  con  sonetto  satirico  dell'epoca  ).  rz  N.  17.  M.  F. 
P.  Codici  Folignati  della  ColleT^tone  -  Ashburnham  (  Sono  i  nu- 
meri 151:  Gentile  da  Foligno ^  e  il  304  e  1213;  Fre7i:ìii  Fede- 
rico. Delcod.  121 3  Cfr.  il  n.  19  ).  =:N.  20  M.  F.  P.  Una  poe- 
tessa di  Foligno  (  Maria  Battista  Vitelleschi,  ^norta  giovanis- 
sima nel  1725.  Vedi  tre  sonetti  di  essa  nel  num.  22  ).  z= 
N.  21.  M.  F.  P.  La  Madonna  delia  5/^/tó  (Affresco  dei  primi 
del  sec.  XVI  di  Paolo  Bontulli  da  Percanestro,  del  quale  si 
danno  notizie.  Cfr.  n.  23  ).  =:  N.  23.  A.  M.  //  Sabato^  i  Set- 
tembre  1827  )  Questa  data  segna  V  apertura  del  nuovo  Teatro 
Apollo  ).  =  N.  25.  M.  F.  P.  //  palaT^io  dei  Trinci  (  Monu- 
mento pregevole  per  la  storia  letteraria  civile  ed  artistica  del 
sec.  XV.  Se  ne  dà  un  cenno  ). 

LA  DOMENICA  DEL  FRACASSA  -  ROMA. 

An.  II,  num.  2.  A.  BARTOLI.  Da  un  codice  Ashburnha- 
miano  (  È  quello  segn.  478,  contenente  il  Can^^oniere  del  Pc- 


832  SPOGLIO  DEI  PERIODICI 

trarca  e  rime  di  altri  poeti.  Alla  canzone  Spirto  gentil  sì  leg- 
gono premesse  queste  parole  :  Mandato  a  Messer  Busone  da 
Gubbio  essendo  senatore  di  Roma.  Il  Bartoli  accenna  con  quali 
argomenti  si  può  sostenere  questa  attribuzione,  che  dal  Tor- 
raca  nel  num.  3  viene  esclusa,  e  dal  Borgognoni  accettata 
nel  num.  4.  Il  Bartoli  se  ne  occupò  di  nuovo  nel  num.  8, 
e  nel  num.  io  il  D'  Ovidio^  il  quale  accetta  pure  la  nuova 
ipotesi.  Vedasi  la  spoglio  della  Scuola  Romana.  Parleremo  della 
questione  esaminando  il  recente  scritto  del  collega  Mazzatinti 
su  Bosone,  inserito  neir  ultimo  volume  degli  studi  di  Filolo- 
gia romanza).  =  N.  11.  lACK  LA  BOLINA.  Il  Publio  Ven- 
eidio  Basso  Ascolano  di  Iginio  Gentile  (  Cfr.  lo  Spoglio  della 
Rivista  Storica  Italiana  pag.  17S  ).  —  N.  16.  WAGNER  IL 
PEDANTE  Un  pranzo  del  suolo  XVI  (  Fu  dato  nel  15 13 
in  Campidoglio  dal  Magistrato  romano  a  Giuliano  e  Lorenzo 
di  Medici,  e  descritto  da  Paolo  Palliolo  da  Fano  ).  =:  N.  18. 
BORGOGNONI  A.  La  Cicceide  (  Interessante  analisi  del 
poema  in  più  di  300  sonetti  di  G.  F.  Lai^arelli  di  Gubbio, 
contro  Bonaventura  Arrighini  da  Lucca.  Il  Borgognoni  asserisce 
che  il  sig.  A.  S.  ultimo  editore  della  Cicceide.  Roma,  Som- 
maruga,  1885,  è  incorso  in  vari  errori  ).  z=  N.  19.  RICCI 
C.  Fantasmi  della  critica  (  A  proposito  di  una  tavola  del  se*- 
colo  XIV,  esistente  in  una  chiesa  di  Urbania,  sotto  alla  quale 
il  Ricci  dice  leggersi  il  nome  del  Pittore  Giuliano  da  Rimini, 
mentre  Crowe  è  Cavalcaselle  scrissero  leggervisi  Pietro  da 
Rimini.  Questo  asserisce  di  nuovo  nel  n.  20  il  Cavalcaselle  ).. 
=  Num.  25.  GUERRINI  O.  Raffaello  di  Marco  Minghetti.  = 
N.  26.  PICA  V.  A  proposito  del  Raffaello  del  Minghetti.    . 

LA  DOMENICA  LETTERARIA  -  ROMA. 

An.  IV,  num.  4.  Recensione  della  nuova  edizione  della 
Cicceidcy  del  Lazzarelli  edita  in  Roma  quest'  anno  dal  Som- 
maruga. 

LA  NUOVA  i7MBi?L4  -  SPOLETO. 

An.  VII,  num.  2.  Al  Sig.  Giuseppe  Mai^atinti  (  Replica, 
niente  calma,  al  giudizio  dato  dal  Mazzatinti  in   questo   Ar^ 


SFOGLIO  DBI  BEKIODICr  83,3 

cbivio  I,  757  della  rivista  fatta  molto  iegg^rnienfe  dblla  Nuòva 
Umbria  del  libro,  del  Baron  Saosi ,  Storia  del  Comiine  di  Spo- 
kìo  ).  =:  N.  4.  Epigrafia  (  Framtnearò  di  lapide  rcmatia  tro* 
vata  presso  san  Claudio.  Il  Sig.  G«  S.  che  fa  publica  >  può 
;tar  tranquilld  che  lacortuzipne  di  5.  Claudio  in  5.  Chiodio^ 
proviene  xinicatnente  .da.  una  ragione  fonica),  r^  Loreto  Vi^ 
tori  (  Distinto  cultore  di  musica,  nato  a  Spoleto  yersoil  i6oq: 
se  ne  pubblica  Particola  biografico  coìnpilato  dal  Sansi  nel- 
r  opuscolo  :  /  nomi  delle  vìe  dì  SpoleSo.  Spoleto^  sen^a  data, 
pag.  55  ).  =:  Num.  5.  Epigrafia  (  Frammento  d' iscrizione 
romana  inedita  ).  =:  Num.  9.  PIERGILI  G.  Alcuni  scrittori  Spo- 
letini  (A  proposito  dei  i  due  codici,  il  num.  992  e  1552 
della  biblioteca  di  )Lord  Ashburnham  è  del  cod.  74  della 
Laurenziana  )•  =  Num.  11.  SORDINI  G.  Ubaldo  de  Dotna 
(  Questo  scrittore  spoletino  stampò  in  Perugia  pel  Colombara, 
1602,  un  esposizione  della  canzone  22  del  Petrarca,  della 
quale  in  questo  e  nel  seg.  numero  si  publica  un  sunto  ine-. 
dito  reddatto  nel  16 12  dal  Serafini,  e  nel  num.  13  si  da  una 
descrizione  bibliografica  ).  =  Num«  19.  Descrizione  deW  India 
(  È  di  fra  Menentlllo  da  Spoleto,  diretta  a  fra  Bartolomeo 
da  S.  Concordio.  Continua  nei  num.  seg.  )• 

r  APPENNINO  -  CAMERINO. 

.  An.  X,  n.  20.  CONTI  À.  Le  pantofole  di  Sisto  V  (  Ap- 
punti tecnici  sulla  statua  di  questo  pontefice  a  Camerino  ).  =: 
N.  23.  CAMESE.  Castelraimondor  Pagine  vecchie  j(  Breve  illu- 
strazione storica  di  questo  comune  in  occasione  dell'  inau- 
gurazione della  via  ferrata  ). 

LA  PROVINCIA  -  PERUGIA. 

An.  XII,  num.  44.  —  ROUX  O.  La  maschera  Perugina 
(  Continua  nel  num.  45,  Estratto  dal  giornale  politicò  il  fan-- 
fulla,  An.  XVI,  n.  41,  n  -  12  febbraio  1885  )•  =  Num.  62.  TI- 
BERINO. Luigi  BoHa:(^i^  profilo  biografico.  =  Num.  69.  M.  F. 
P.  Perché  ai  Folignati  dicono  Cuccugnai  (  Continua  nel  n.  69. 
Estratto  dal  Topino^  An.  I.  num.  10/  =  Num.  133.  PAN U UGO. 

Archivio  Storico  U.  53* 


$34  SPOGLIO  DEI  PERIODICI 

La  festa  dei  ceri  a  Gubbio  (  Notizia  di  costumi  popolari  di 
questa  città  io  occasione  della  festa  di  s.  Ubaldo  il  i8  Mag* 
gio  )•  =  Num.  142.  CALDERINI  G.  V  accademia  di  belle 
arti  di  Perugia  (  Si  fa  succintamente  la  storia  di  questa  isti- 
tuzione fondata»  sembra»  nelji546,  e  però,  in  ordine  di  tempo, 
la  più  antica  di  Italia  :  continua  nei  numm.  seguenti  )• 

LA  RASSEGNA  ITALIANA  -ROMA, 

An.  V,  voi.  Il,  hsc.  I.  AVOLI  A.  Lettere  inedite  del  Leo* 
pardi  e  del  Puecinotti. 

LA  RASSEGNA  NAZIONALE  -  FÌRESZE. 

An.  VII,  voi.  XXII,  fase.  LXXXffl,  CASTELLACCI  D. 
Alcune  lettere  inedite  di  L.  A.  Muratori  (  Da  una  di  queste 
lettere,  Modena  17  Gennaio  1742,  togliamo  il  periodo  che 
siegue  ;  U  iscrizione  di  Spello  attribuita  al  poeta  Proper:(io,  già 
era  in  mia  manOy  e  V  ho  me^sa  nella  Raccolta^  con  dire^  non  es- 
ser tal  monumento  bastante  a  decidere  la  questione  della  di  lui 
patria.  Anche  Assisi  lo  pretende^  e  con  buone  ragioni ,  come  ho 
veduto  in  una  Dissertazione  manoscritta  che  mi  fu  inviata.  La 
lettera  è  diretta  a  Domenico  Brichieri  Colombi,  che  allora 
risiedeva  in  Austria  ). 

LA  RONDA  -  VERONA. 

An.  IIL  n.  3.  F.  GUARDIONE.  G.  Leopardi  in  S.  Croce. 

L'ART -PARIGI 

An.  XI,  n.  495.  E  VERON.  S.  Fragois  J^ Assisi  (Biblio- 
grafia di  questo  libro  publicato  dall'  editore  Plon.  ). 

LA  SAPIENZA  -  TORINO. 

An.  Vn,  voi.  XI,  fase.  1-2.  B.  MATTEIS.  Sul  Franco^ 
SCO  d*  Assisi  di  Ruggero  Bonghi.  Appunti  critici. 

LA  SCUOLA  ROMANA  -  ROMA. 

An.  ni,  num.  6.  Aprile.  LABRUZZI.  F.  Bosone  da  Gub* 
bio  e  la  can:(one  Spirto  Gentil  (  Contro   V  opinione  di   alcuni 


SPOGLIO  DEI  PERIODICI  835 

nega  che  il  Petrarca  indirizzasse  a  Bosone  questa  canzone, 
(  Continua  nel  num.  7  }•  =5  CUGNONI  G.  Due  ùra:(ioni  at^ 
tribuito  a  Sallustio  dal  codice  cbigiano  H,  ni,  iv,  scritto  nel 
1470  da  Piergiovanni  Nardi  di  S.  Angelo  in  Vado  sub  sfi^ 
pendio  domini  comitis  Federici). 

L  ECO  DELLA  S.  CASA  -  LORETO. 

An,  IV,  num.  45.  TORSELLINI  O.  Storia  della  5.  Casa 
di  Loreto  (  Continua  in  tutti  i  num.  seguenti  ).  =  Effemeridi 
Loretane  (  Decembre  1457  al  1498  ).  ==  Num.  46.  FEDE- 
RICI F.  Ancona  e  Loreto  (  Notizia  di  un'  opera  di  oreficeria 
mandata  a  Loreto  dagli  anconitani  nel  1624 ,  e  di  un  melo- 
dramma del  Bonarelli  edito  in  Ancona  nel  1653).  — Effeme" 
ridi  Loretane  (  Gennaio  1458  -  1499  ).  =:  Num.  47.  BARTO- 
LINI  D.  Osserva^iioni  Storico  -  critiche  ecc.  (  Continuazione  ).  =: 
Num.  48.  Effemeridi  Loretane  (  Marzo  1458  - 1499)-  =  N.  49. 
Effemeridi  Loretane  (Aprile,  1454-  '495  )•  =  Num.  50.  Ef- 
femeridi Loretane  (  Maggio  e  Giugno  1454  -  1499  ). 

L  ILLVSTAZIONE  ITALIANA  -  MILANO. 

An.  Xn,  n.  13.  RICCI  C.  //  passo  del  Furio.  —  N.  16. 
Macerata  (  Brevi  cenni  istorici  con  illustrazioni  ). 

V  ITALIA  .  ROMA. 

An.  III,  num.  i.  CASTELLI  G.  Le  sculture  ascolane  del 
secolo  XI  (  Della  chiesa  dei  SS.  Vincenzo  ed  Anastasio,  delle 
quali  si  danno  due  disegni.  Continua  nel  num.  2.  ).  ^  N.  2. 
FALOCI  PULIGNANI  D.  M.  La  porta  minore  della  CatU- 
drale  di  Foligno  (È  del  1201 ,  e  si  attribuisse  ai  marmorari 
Rodolfo  e  Binello:  se  ne  dà  un  disegno  ).  ==  Num.  5.  CAN- 
TALAMESSA  G.  Un  nuovo  libro  su  Raffaello  (  Giudizio  fa- 
vorevole del  nuovo  libro  del  Minghetti,  con  alcuni  appunti 
e  riserve  ). 

L  ORDINE' AUCOìiA. 

An.  XXVI,  num.  121.  FEROSO  C.  La  festa  e  V  armata 
di  S.  Ciriaco  { Ricordo  delle  antiche  feste  popolari,  in  occa« 
sione  delle  feste  del  Patrono). 


836  SPOGLIO   DEI   PERIODICI 

NUO  VA  AN  TOLOGIA  -  ROMA. 

Ser.  II,  voi.  XLIX,  fase.  IV,  PIGORINI  BESI  C.  Un 
battesimo  principesco  nella  fine  del  su.  XVIII  (  Accaduto  a  Ca- 
merino il  26  Luglio  1775.  ^^^  u^  bambino  di  Casa  Morelli» 
pel  battesimo  del  quale,  venne  a  Camerino  la  stessa  duchessa 
di  Parma  ). 

OPUSCOLI  RELIGIOSI    LETTERARI  E  MO- 
RALI -  ÌAODEN  A. 

Ser-  IV,  voi.  XVI.  fase.  48.  B.  VERATTI.  Lettere  di^ 
S.  Caterina  da  Siena  secondo  un  antico  ms.  con  note  (  La  let- 
tera è  nota,  ed  è  diretta  a  Mona  Jacoma  dì  Messer  Trincia 
di  Trìnci  da  Fulìgno,  consolandola  per  la  morte  di  suo  ma- 
rito Trincio,  signore  di  Foligno^  ucciso  in  una  sommossa  po- 
polare nel  137  .  Lo  scritto  del  Veratti  è  pubblicato  nel  1884, 
ma  sebbene  tardi,  non  abbiamo  voluto  astenerci  dal  segna- 
larlo ). 

REVUE    DES    QUESTIONS    HISTORIQUES - 
PARIS. 

An.  XIX,  fase.  73.  L.  C.  Annunzio  favorevole  assai  del 
Saint  Francois  ecc.  edito  dai  sigg.  Plon  et  Nourrit. 

RIVISTA  CRITICA  DELLA  LETTERATURA 
ITALIANA  .  ROMA. 

An.  II,  n.  3.  Recensione  dello  scrìtto  di  F.  TORRACA. 
Cola  da  Rien:(p  e  la  Can:(pne  «  Spirto  Gentil  »  (  Roma,  Fot* 
zani,  1885  )  publicato  neir  Archivio  della  Società  Romana  di 
Storia  Patria.  Vedi  sopra  lo  spoglio  di  questo  Archivio  pag. 
823  ).  =  N.  6.  Recensione  dello  scritto  di  G.  MIGNINI. 
Le  tradixioni  dell'epopea  carolingia  nelV  Umbria.  Cfr.  Archìvio  I, 
383  e  sopra  p.  818.  —  E.  TEZA.  Italiani  e  Spagnuoli:  appunti  di 
bibliografia  (Si  ricorda  una  stampa  perugina  del  1656  circa ^ 
intitolata  :  //  maggior  mostro  del  mondo^  opera  tragica  di  Gia- 
cinto Andrea  Cicognini  fiorentino  ). 


SPOGLIO  DEI  PEKIODICI  837 

STUDI  E  DOCUMENTI  DI  STORIA  E  DIRITTO- 
ROMA. 

An.  VI,  fase,  i  -  2.  BATTAUDreR  A.  Un  volume  dà 
Regesti  di  Innocenzo  III  donato  alla  Santità  di  N.  S.  Leone  XIII 
da  Lord  Ashburnham  (  Si  fa  notare  che  questo  volume  una 
volta  bx  deposto  in  Assisi  nella  biblioteca  del  S.  Convento). 

THE  ART  -  JOURNAL  -  LONDRA. 

Gennaio  1885.  —  WALLIS  H.  The  carly  Madonnas  of. 
Raphael  (  Le  prime  Madonne  del  Rafiaello  :  Continua  nel 
num.  di  Aprile). 

THE  MAGAZINE  OF  ART-  LONDRA. 

Gennaio.  1885.  PHILIPPS  CL.  The  Madonna  Ansidei. 
(  La  Madonna  degli  Ansidei  acquistata  recentemente  per  la 
Galleria  Nazionale  di  Londra  ). 

ZEITSCHRIFT    FtfR    BILDENDE    KUNST  - 
LIPSIA. 

XX,  1885,  5.  Febbraio  THODE  H  (  Recensione  del  li- 
bro  5.  Frangois  d'  Assisi  edito  dal  Plon,  di  cui  si  loda  la  parte 
artistica,  ma  si  lamenta  che  in  fatto  di  critica  lasci  a  desi- 
derare. Il  Dott.  Thode  ha  poi  pubblicato  su  questo  soggetto, 
cioè  sulle  relazioni  fra  San  Francesco  e  1'  arte,  un  pregevole 
volume  ). 


VARIETÀ  E  NOTIZIE 


*  Nel  Settembre  di  quest'  anno  1885  ^^  tenuto  a  Torino 
il  ter:(o  congresso  storico  italiano.  Ciò  è  noto;  interessa  però  ai 
nostri  lettori  il  conoscere»  come  fra  le  varie  comunicazioni 
fatte  in  quelle  adunanze ,  il  cav.  Tommaso  Belgrano  rappre- 
sentante la  Società  Ligure  di  Storia  patria  ,  die  notizia  che 
per  cura  di  quella  società  si  publìcheranno  forse  anche  i 
viaggi  del  nostro  Ciriaco  di  Ancona. 

^  La  casa  editrice  A.  G.  Morelli  annunzia  prossima  la 
publicazione  di  un  saggio  della  cronaca  di  Ancona  in  ter^a  ri- 
ma di  Mario  Filelfo  con  prefazione  e  note  di  C.  Feroso.  Questo 
volume  sarà  il  primo  di  una  collezione  di  Curiosità  letterarie 
Anconitane  per  cura  e  studio  del  nominato  C.  Feroso,  della 
quale  faranno  parte  queste  opere:  Versi  di  Ciriaco  Pi:(^icolli: 
Saggio  deir  Ama:(pnide  di  Andrea  Stagio:  Saggio  del  Rinaldo 
Furioso  di  Marco  Cavallo:  Il  Solimano,  tragedia  di  Prospero  Bo- 
narelli:  Tullia  Feroce,  tragedia  di  Pietro  Cresci. 

*  È  prossima  a  pubblicarsi  1'  ultima  parte  della  storia  di 
Spoleto  del  Barone  Achille  Sansi,  la  quale  comprende  V  epoca 
moderna  e  giunge  fino  ai  giorni  nostri. 

*  Monsignor  Aurelio  Zonghi  si  propone  di  pubblicare  in 
quattro  grossi  volumi  in  4.^  i  repertori  degli  antichi  archivi 
comunali  di  Iesi,  Osimo,  Fano»  e  Fabriano.  L*  opera  sarà  uti- 
lissima» risultando  dalla  descrizione  o  dal  riassunto  di  parec* 
chie  migliaia   di   codici  »  carte  diplomatiche^  statuti  »  registri» 


VARIETÀ  E  NOTIZIE  839 

riformaiize  ecc.  Nel  programma  si  legge  che  il  più  antico  do- 
cumento Fabrianese  è  del  loii;  il  più  antico  di  Osimo  è 
del  1061;  di  Fano  è  del  1173,  di  Iesi  è  del  1277. 

*  Il  Nestore  degli  eruditi  marchigiani,  comm.  Severino 
Servanzi  Collio,  è  giunto  coi  suoi  scritti  ad  un  numero  cosi 
elevato  di  opuscoli  e  di  libri ,  che  il  loro  elenco  è  una  vera 
bibliografia.  Un  elenco  di  questi  scritti  fu  publicato  nel  1855, 
ed  allora  salivano  a  61:  una  continuazione  fu  aggiunta  dieci 
anni  dopo,  ed  a  quest'  epoca  erano  108:  oggi  ha  ripubblicato 
un  nuovo  elenco  che  deve  essere  assai  raro,  poiché  ci  è  riu- 
scito impossibile  di  procurarcelo  per  quante  dimande  e  ricer- 
che ne  sieno  state  fatte  nella  patria  dall'autore;  sappiamo 
però  che  esso  va  fino  al  1884,  ^  comprende  la  bellezza  di 
ben  144  scritti  di  arte,  di  storia,  di  letteratura,  di  agiogra- 
fia ecc.  ecc.  Di  altri  scritti,  non  compresi  in  quest'elenco,  si 
è  parlato  in  questo  Archivio  (pag.  392,  820  ec):  ora.  non  sarà 
inutile  far  seguire  la  nota  di  parecchi  altri  lavori  del  diligen- 
tissimo  raccoglitore,  lavori  o  abbozzati  prossimi  a  publicarsi, 
Eccone  i  titoli: 

T.  Settempeda.  Notisti  varie  e  descrixiotu  di  alcuni  oggetti  venuti  a  luce 
dalV  antico  sito  dove  sorgeva  quella  città  ed  incisi  in  rame. 

2.  La  patria  e  la  posizione  economica  di  Bartolomeo  Eustacchio  di  San- 
Severino  Marche,  sommo  anatomico,  con  la  sua  immagiue  e  con  la  incisione  di 
una  medaglia  di  hron'^p  a  lui  offerta  dal  Conte  Severino  Servanti  -  Collio  . 

3.  Chiesa  di  S.  Giovanni  di  Urbitto  dipinta  interamente  dai  fratelli 
Loren:^o  e  Giacomo  di  Sanseverino  Marche  nelV  anno  14 16  con  incisione  por- 
tante uno  di  quei  molti  quadri. 

4.  Sante  Saccone.  Poche  parole  sulla  sua  vita  e  la  sua  immagine. 

5.  Famiglia  Divini  0  Indivini,  dalla  quale  derivò  S.  Pacifico  e  suo  al- 
bero genealogico. 

6.  Statua  di  argento ,  fatta ,  disfatta,  rifatta  di  S.  Severino  Vescovo  e 
Protettore  della  Città  che  ne  porta  il  nome. 

7.  Zelo  Apostolico  spiegato  nel  Piceno  da  san  Francesco,  e  suo  ripetuto 
accesso  in  San  Severino  Marche. 

8.  Chiesa  di  San  Francesco  di  Padri  Conventuali  in  San  Severino,  in- 
tieramente dipinta  a  fresco  con  varie  incisioni. 

9.  Sulla  antica  Chiesa  e  Monastero  dt  S.  Maria  di  Rambona  presso 
Montemilone  0  Pollen^a,  con  una  veduta  prospettica. 

10.  Quattro  onorevoli  soggetti  della  famiglia  Bigioli,  vissuti  e  morti  nel 
secolo  corrente,  con  una  incisione. 


Ò^O  VARIETÀ   E  KOTlZrC 

11.  DKcri{ione  delU  Immagini  di  alcune  Diviniià  Pagane  che  si  trova- 
no disegnate  neUe  poesie  di  Lodovico  La^iareUi,  conservate  in  questa  biblioté' 
ca  comunale,  . .     ,    • 

12.  Due  residence  corali  f  una  nel?  antico  Duomo  delta  città  di  San- 
Severino  Marche ,  F  altra  di  stalli  centodue  nella  basilica  di  S,  Francesco  di 
Assisi^  lavori  eseguiti  nelT  anno  J^oi  dal  rinomatissimo  Prof.  Domenico  In- 
divini  di  Sanseverino  Marche. 

13.  Notizie  intorno  alla  Beata  MarsUia  PupeHi  Mantellata  Agostiniana 
4$  Sanseverino  Marche  e  ìa  sua  santa  Immagine* 

i4.  Pittura  ad  olio  di  Pdice  Damiam  da  Gubhio ,  descritta  dal  Conte 
Severino  Servanti  -  Collio, 

15.  Lauri  D.  Francesco  patrizio  di  Sanseverino  Marche,  uno  dà  veri 
benefattori  delF  umanità  in  questa  sua  patria.  Cenno  della  sua  vita  e  sua 
immagine. 

16.  5.  Carlo  Borromeo.  Culto  e  devozione  della  città  e  diocesi  di  Sanse- 
verino  Marche  verso'  questo  santo. 

17.  Cenno  storico  sopra  il  monastero  di  santa  Maria  in  Castagnola,  « 

18.  Viaggio  di  devozione  da  Loreto  ad  Assisi. 

19.  Alcuni  epigrammi  di  Zefferino  Re.  Poche  parole  sulla  vita  di  lui  e 
la  sua  immagine. 

20.  Bartolomeo  Borghese.  Alcune  lettere  dirette  al  conte  Severino  Ser- 
vanii  -  Colilo. 

21.  Notixie  sopra  là  Chiesa  di  santa  M.iria  della  Misericordia. 

22.  Cippi  ed  iscrizioni  venute  a  luce  nelV  antica  Settempeda  e  non  molto 
lungi  dalla  medesima. 

23.  Quello  che  fu  Settempeda. 

24.  Francesca  del  Serrane  di  Sanseverino  Marche:  alcuni  ricordi  della 
sua  vita  e  sua  immagine. 

*  Coi  tipi  dello  stabilimento  S.Lapi  di  Città  di  Castello 
il  Sig.  A.  Tenneroni  pubblicherà  le  poesie  di  lacopoae  da 
Todi  tratte  da  codici  umbri,  con  prefazione,  biografia  e  note. 

*  Il  Sig.  E.  Colini  pubblicherà  prossimamente  in  Iesi  un'o- 
pera intitolata:  Noti:(ie  della  vita  e  delle  opere  di  Terenzio 
Mamiani. 

*  Nella  recentissima  pubblicazione  :  Le  Monete  dell'  Italia 
antica  del  p.  Raffaele  Garrucci  S.  I.  (  Roma,  Saiviucci,  1885, 
in  fol.  di  pp.  230,  con  125  tav.)  si  parla  a  lungo  delle  zecche 
e  monete  coniate  nelle  diverse  città  italiche ,  e ,  fra  queste , 
delle  zecche  e  monete  di  Ancona^  Asculum,  Cales  e   Tudcr. 


VARIETÀ  E  NOTIZIE  84 1 

*  V  avv.  Raffaele  Foglietti ,  terminate  le  Conferenie  sulla 
storia  antica  dell*  antico  territorio  Maceratese^  delle  quali  ci  occu- 
peremo nel  prossimo  fascicolo,  ha  intrapreso  altre  conferenze 
sulla  storia  medioevale  dello  stesso  territorio. 

*  Dal  volume  I  àdV  Inventario  dei  manoscritti  italiani  che 
conservansi  nelle  biblioteche  della  Francia^  redatto  da  G.  Mazza- 
tinti  e  di  prossima  pubblicazione,  togliamo  le  indicazioni  dei 
codici  che  riferisconsi  alle  Marche  ed  ali*  Umbria  e  che  con- 
servansi nella  Nazionale  di  Parigi. 


Cod.  91  (  7706;  Sec.  XrV;  Mazarino  ).  —  I  Fioretti  di  S.  Francesco 
(  f.  70-94  ).  «e  De  le  gloriose  stimate  del  beato  padre  nostro  messer 
San  Francesco  .  .  .  >»  (  f .  95-102  }. 

Cod.  97  (  7712  ;  Sec.  XV  ;    Aragona  ).  —  «  Como  sancto  Francisco 
promesi  obediencia  a  frate  Bernardo  da  quintaualle  »  :  seguono  alcuni  5S* 
dei  Fioretti  senza  argomenti  (  f.  105  - 1 1 5  ).  Relazione  di  un    pellegrinaggio 
alla   chiesa   di    S.    Francesco    d*  Assisi  (  f.  x  1 5  e  segg.  ). 

Cod.  99  (  77i4;  Sec.  XV;  Béthune  ).  —  I  Fioretti  di  S.  Francesco 
(f.  i-s8).   Leggenda   di  S.   Francesco    (f.  61-89). 

Cod.  203  (  10043»;  Sec.  XVII;  Baluze  550).  —  Lettera  di  M.r  della 
Casa  al  Duca  d'Urbino;  15  agosto  1555  (  f.  291-92).  Lettera  del  Card. 
Carrafa  a  M.r  Giovanni  Andrea  di  Gubbio;  io  settembre  1555  (f.  294-97). 

Cod.  2o4  (  xoo43^;  Sec.  XVII;  Loménie  de  Brienne;  Colbert,  $304  ). 
Copia  di  una  lettera  alla  duchessa  d' Urbino  sul  conclave  per  1*  elezione  di 
Pio  IV;  s.  d.  (f.  137-39)- 

Cod.  227  (  X0070;  Sec.  XVI.  ).  —  Istruzione  pontifìcia  al  Cardinale 
di  Perugia  inviato  al  Duca  di  Firenze;  Maggio  1553  (f.  271-72).  Istru- 
sione  pontifìcia  a  M.r  Visconte  inviato  al  Duca  d'Urbino  (f.  357-361  ). 
Frammento  della  profezia  di  Tommasuccio  Unzio  che  com.:  «  Tu  piue  voli 
Ohio  dica  »  (  f.   4  io    e    segg.  ). 

Cod.  251  {  xoo35*-^;  Sec.  XVII;  Colbert  2129  ).  —  «  Discorso  fatto  al 
senato  veneto  contra  il  Duca  d'  Urbino  perchè  non  si  condusse  per  capitano 
di  essa  republica  »  (  f.  174). 

Cod.  256  (  X0078;  Sec.  XVII  ).  —  Relazione  del  ducato  d'  Urbino 
nel    1570   di  Lazzaro  Mocenigo   (  f .    161  - 179  ). 

Cod.  267  (  10183;  Sec.  XVI  ).  —  Annali    di  Lodovico  Monaldeschi. 

Cod.  324  ^9963;  Sec.  XVII;  Du  Fresne).  —  «  Della  libertà  veneta  » 
di  Paolo  Beni  da  Gubbio. 

Cod.  364  (10185;  Sec.  XVII).  —  «r  Delle  antichità  delle  armi  o  inse- 
gne delle  fameglie  trattato  di  Gauges  de  Gozze  da  Pesaro  »  dedic.  al  Car- 
dinal F.  Barberino. 


842  VARIETÀ   E  NOllZIE 

Cod.  yfB  (  Z019X;  Sec.  XVI}.  —  Biografìa  del  Savonarola  di  fra  H- 
moteo  da   Perugia)  f.  79-288). 

Cod.  4o3  (Supplem.  fr.  3081;  Sec.  XVII  ).  —  Relazione  della  «r  Spe- 
dinone in  Inghilterra  del  Conte  Carlo  Rossetti  e  suoi  negotiati  per  la  reli- 
gione cattolica  »  di  V.  Armanni  da  Gubbio. 

Cod.  409  (  10036»;  Sec.  XVII;  Paure  209  ).  —  a  Investitura  di  Fio 
IV  fatu  alli  Signori  Ottoni   di  Matelica  »  (  f.  278-291  ). 

Cod.  424  (  10062;  Sec.  XVII;  Bèthune  ).  «-  Discorso  sui  duchi  d'Ur- 
bino (  f.  4o5  e  segg.  ). 

Cod.  476  (  7746;  Sec.  XVI).  •—  ff  Domini  lohannis  pisaurensis  de  pra- 
tica seu  arte  tripudi!  volgare  opusculum  ». 

Cod.  505  (Suppl.  fr.  2892;  Sec.  XVIII).  —  Copia  di  lettere  del  card. 
Qjurini  al  Borgia  arcivescovo  di  Fermo  ,  e  di  questi  al  Qjtiirini ,  dal  19 
gennaio  1746  al  27  marzo  1747. 

Cod.  559  (  7783;  Sec. XV ). —  Laudi  di  lacopone  da  Todi  (£  i-ni). 

Cod.  576  (  7784;   Sec.    XV  ).  —  L'  Acerba  di  Cecco  d'  Ascoli. 

Cod.  577  (7785;  Sec.  XV;  Mazarino).  —  L'Acerba  di  Cecco  d'Ascoli. 

Cod.  579  (  7264;  Sec.  XIV;  Celso  Cittadini).  —  L'Acerba  di  Cecco 
d*  Ascoli  con  commento  lat.  fino  al  Cap.  I  del  lib.  II  e  con  noterelle  mar- 
ginali del  Cittadini. 

Cod.  602    (  8099;  S^-  ^^  ^*  —  ^  Fioretti  di  S.  Francesco. 

Cod.  606  (8097;  Sec.  XV;  Mazarino).  —  «  Epistola  della  beata 
Angnio  la  da  Foligno  ad  alcuna  anima  denota»  (f.  37-38).  Detti  di  frate 
lacopone  da  Todi  (  f.  38-  -42  ),  Trattato  «  della  arte  del  murire  chom- 
pilato  per -lo  reverendo  padre  M.r  card,  di  Fermo  »  1452  (f.  97-129  )k 
Cfr.  BoEHMER,  Romanischt  studien,  Heft  i,  zu  itali  enischen  dichtem,  pag. 
123  e  segg. 

Cod.  607  (  82851  ;  Sec  XVII  ;  Colbert  S944  ).  —  Laudi  di  lacopone 

da  Todi. 

Cod.  671  (Sec.  XVII;  Baluze   778).   —   Diari  di  Lodovico  Monal- 

deschi    (f.    205-241  ).  Cfr.  Cod.  739,  f.  602-638. 

Cod.  712  (Suppl.  fr.  3277;  Sec  XVI,  XVII).  —  Annali  di  Pfenigia 
<r  cavati  da  un  annale  in  carta  pecora   »   dal    1194  al  1569  (£  5-64). 

Cod.  716  (  10048»;  Sec  XVII  ;  Colbert  5480  ).  —  •  Rdatione 
de'  successi  dell'  incontro  fatto  dal  Principe  D.  Taddeo  Barberino  alla  M.tà 
della  Regina  d'  Ungheria  in  Loreto  ...  ;  dimora  fatta  in  Ancona  da  S. 
M.à  e  suo  imbarco  per  Trieste  »  (  f.  i6i-  199). 

Cod.  773  (Suppl.  fr.  496)*;  Sec.  XVII;  Caumartin;  Fantanieu  C2/  SO)- 
—  Storia  delle  investiture  del  ducato  di  Urbino  fino  a  Pio  IV  (f.  139-149). 

Cod.  973  (  7747?;  Sec  XV;  Visconti -Sforza  ).  #  Guilelmi  Hebraei  pi- 
saurensis de  pratica  seu  arte  tripudi!  vulgare  opusculum  »  (  f.  1-22  ).  Can> 
zone  di  Mario  Filelfo  «  ad  honore  et  laude  di  Maestro  Guilidmohebreo» 
(  £  44-4s  ). 

Cod.  999  (  Suppl.  fr.  1777;  Sec  XVII  ).  —  Lettere  di  Vincenzo  Lue* 
cioji  di  Bevagna  scrìtte  da  Roma  e  da  Brescia  dal  x6$t  al  1673. 


VARIETÀ  E   NOTIZIE  84J 

G)d.  1037  (  8x46:  Sec.  XV;  Luca  di  Simone  della  RobUa  ).  —  Laudi 
di  lacopone  da  Todi  (  f.  i  - 131  ^«  «  Tractato  del  b.  iacopone  in  che  modo 
luomo  può  tosto  peruenire  alla  cognitione  della  uerita  et  perfectamente  la 
pace  dellanima  possedere  »  (  f.  133-138).  Considerazioni  «dei  tre  stati 
dellanima  »  del  medesimo  (f.  139).  «  Consideratione  de  cinque  scudi 
della  patientia  »  (  ivi  )  Cfr.  Boehmer^  op.  cit,  loc.  cìl 

Cod.  1070  (  8i45i.3;  Sec.  XV;  Giacomo  Augusto  De  Thou;  Colbert 
3781  ).  —  L'  Acerba  di  Cecco  d*  Ascoli. 

Cod.  1117  (  Sec.  XVIII;  Arch.  frane.  ).  —  Memorie  storiche  di  Mon- 
tefortino  nella  Marca  raccolte  da  Leopardo  Leopardi:  17 73* 

Cod.  1299  (Sec  XVII;  Saint -Germain  i684).  «  Poesie  di  Lorenzo 
Azzolini  vescovo  di  Ripatransone. 

Cod.  1332  (Sec.  XVII;  Harla3r,  Saint-Germain  274).  —  Relazione 
dello  stato  d' Urbino. 

Cod,  1337  (Sec.  XVII;  Gesvres;  Saint-Germain  117  ).  —  Relazione 
dell*  incontro  di  T.  Barberini  con  la  regina  d'Ungheria  a  Loreto  (  f.  71  - 102). 

Cod.  1537  (Sec  XIV;  La  Valliére  9}  ).  —  Lauda  di  lacopone  da 
Todi  che  com.:  e  O  anima  fedele  »  (  f.  77-79  )• 

Cod.  i64i  (  Sec  XIX  ).  —  Notizie  dei  libri  editi  a  Perugia  da  Fran- 
cesco e  Girolamo  Cartolari  raccolte  dal  Vermiglioli. 

Cod.  i684  (Sec  XVII  ).  —  Trattato  sul  legno  fossile  di  F.  SteUuti, 
con  disegni. 

*  La  casa  Hachette  et  C.*'  di  Parigi  ha  pubblicato  una  se- 
conda edizione  del  Raphael  del  Muntz,  dall'  autore  rifuso  to- 
talmente^ e  ornato  di  oltre  60  nuove  incisioni. 

*  È  prossimo  a  publicarsi  un  volume  sulla  storia  di  Pausula 
nelle  Marche,  scritto  dal  Preposto  Pierpaolo  Bartolazzi,  i  di  cui 
cenni  storici  per  la  storia  di  Pausula  furono  da  noi  già  ricor- 
dati. Cfr.  Archivio,  I,  356. 


INDICE  ALFABETICO 

DEI   NOMI   PROPRI   E   DELLE  MATERIE  CONTENUTE 

IN  QUESTO  VOLUME. 


/  nomi  di  quei  scrittori  dei  quali  ti  esaminano  i  libri,  e  gli  scritti  inseriti  in  questo 
volume,  sono  distinti  col  carattere  corsivo. 


Acquapendente.  103. 
Alessandri  L.  Dèlia  vita  di  A.  Cri- 
stofani.  4oo,  808. 
Alighieri  Dante.  851. 
Amatrice.  177. 
Amelia.  177,  i84,  185,  608. 
Amiani  Tomani  S.  797. 
Ancona.  175,  180,  182,  186,  190, 
383,  390,715,  821,  825,825, 
828,  835,  838,  84o. 
B.  Angela  da  Foligno,  x 80,  181,  391, 
822. 
Angelini  A.  177. 
Angelini  A,  Notizie  di  San  Rufino. 

808. 
Angelo  da  Foligno.  824. 
S.  Angelo  in  Vado.  835. 
Annihaldi  G.  IJesini  alla  battaglia 

di  Lebanto,  437. 
Ansideì.  828,  837. 
S.  Ansovino.  185,  391. 

Antona  -  Traversi  C.  La  salma  di 
G.  Leopardi.  172. 
Il  conte  Carlo  '  Leopar- 
di. 387. 
Un  cap.  inedito  dell*  au- 
tobiografìa di  M.  Leo- 
pardi 172. 


» 


Arbuatti  T.  A.  389. 

Arcevia.  177. 

Ardizio  C.  178. 

Arezzo.  555. 

Armanni  V.  823. 

Ascoli.  174,  177,  178,    180,  825, 

835,  84o. 
Assisi.  j64,  173,  185,    100,  4oo, 

663,  808,  816,  822,  828,  829, 

831,  837. 
Ashbumham.  190. 

•taglioni.  173. 

Balbi  E.  822. 

Baldi  B.  183. 

Balzani  U.  709. 

Bellucci  G.  4o6. 

Bembo  P.  390. 

Benedetto  XlV-r  715. 

Benincasa  G.  186. 

Bettona.  173,  388,  630. 

Bianconi  G,  Morte  di  MaUtesta  IV 

Baglioni.  r73. 
Bonazzi  L.  823,  833. 
Bonghi  R.  Francesco  d'Assisi.  175. 
Bonfigli  C  L' igiene   publica   nel 

sec.  XV.  307. 


846  INDICE 

BontuUi  P.  831. 

fiosone  da  Gubbio.  823,  Sp,  834, 

836,  808. 
Bovara.  823. 
Braccio.  181. 
Bramante.  825. 
Buonaventorji  di  Benvenuto,  51^, 

CatfK.  187,  84o, 

Cagliostro.  179. 

Camerino.  37,  i84,  187, 167,  391, 

501,  820,  827,  820,  835. 
Campello.  176,  i84^  186. 
Cannara.  629. 
Carsoli.  827. 
Casali  C.   L'  incivifimento  eti^ 

sca  809. 
Cascia.  177. 
CastOUmi  L   Tradizioni  popolari 

dàlia  ptmnncia    di    Macera' 

ta.  4oi. 
Castelli  G.  Una  colonia  ascolana 

in  Corsica.  174,  177. 
Castel  Raimondo.  83^. 
Castel  S.  Gregorio.  638. 
S.Caterina.  836. 
Cavalcasene  C.  Raf&eHo  ecc.  576. 
Cheranfé  L.  S.  Francois  etc.  i64. 
Cherubini  C.  Biordo  Michelotti   e 

Bettona.  j88. 
S.  Chiara  d'  Assisi.  822. 
S.  Chiara  di  Montefalco.  193. 
S.  Ciriaco.  83  5« 
Ciriaco  d*  Ancona.  825,  838. 
Città  di  Castello.  5  $4. 
ClaricetH  A.  Il  ponte  di  Spole- 
to ecc.  387. 
Qitonno,  179,  617. 
Cocchi  G.  827. 
Cola  dell'  Amatric^,  177. 
Collemaggio.  64  x. 
Corradi  A.  Biblioteca  di  un  medico 

marchegiano.  810. 
Cristoiani  A.  4oo,  808. 
Crowe  G.  B.  Raffaolkl  P^  57^- 

Danii  a  a  849. 

De  Conutibus^.  189^ 

De  Domo  U.  ^y 

De  Nino  A,  Briciole  letterarie.  &10. 

Deruta.  828. 

De  Silvestri  G.  181. 

De  Sanctis  P.  NotizÌÉ  del  mona- 


ALFABBTICO 

stero  di  S.  Salvatore  ecc.  158. 
Di  Costanzo  G.  511,  817. 

S.  Elpidio.  181. 

Erculei  R.  Intaglio  e  tarsia  ecc.  811. 

Eroli  G.  4oo. 
S.  Eutizio.  i84. 


•Tabriaao.  103,  180, 181, 189, 637, 

824,  838. 
Paloei  PuVf^ni  D.  M.  VUa  di  S. 
Chiara  da  MonUJah 
co.  193. 
»        Cronaca  di   Foligno  di 
Bwmaventura  di  Be»h 
venuta.  317. 
»        L'Odeporico  delf  Abh. 

di  Costanzo,  510. 
»        La  Chiesa   di  S.  Gia- 
como. 812. 
»        La  Chiesa  di  Sw  Lucia. 

812. 
9       SieUti  di  Foligno.  812. 
Fano.  i9o,  i8r,  797, 824,  832,  838. 
FarÉi.  ^3,  7^. 
Fatati  Antonio.  i9iS. 
Fermo.  391,  833,  824. 
Ferretti  C.  Il  cognome  ecc.  di  Pa- 
squalino d' Ancona.  17$. 
Fiana  697. 
Filellò  F.  829. 
S.  Filippo  Benizi.  697. 
Firenze.  660. 
Flaminia  via.  i84. 
Foglietti  R.  Storia  di   S.  Giulia- 
no. 365. 
M       Statuto  (il  Macerata.  813, 
84i. 
Foligno.  177,  180,  181,  182,  183, 
i84,  189,317,  391,  618,812, 

821,  822,  824,  828, 830,  831, 

853»  835. 
Fossombrone.  178,  393,  810. 

Fracaasetti  G.  176. 

SL  Francesco.  i64, 173,  i8j,  190,811, 

822,  820,  834,  836. 
Fra^  L.  Feaerico  Duca  di  Urbi- 
no. 360. 

Fratini  6.  Spello  ecc.  388. 
Fratta.  160,  553. 


Fucino  lago 


.  698. 


INDICE 

Fumi  L,  S,  Lucia  liberatrice  di  Or- 
Visio*  703. 
»       Ho  II  e  la  pace  di  Or- 
vieta  813. 

(dentile  da  Fabriano.  189. 
Gentile  da  Foligno.  183. 
Gentili  Alberico.  818. 
Gianandrea  A.  Della  Signoria  di 
F.  Sforza.  8i4. 
»       PerRolesiana.  81 4. 
Giardini  P.  182. 
Giordano  da  Giano.  100. 
Giorgi  I.  Il  Regesto  di  Farfa.  799. 
Giudici  C.  Af.  Vita  di  T.  A,  Ar- 
buatti.  389. 
S.  Giuliano.  388. 
Gradara.  177. 

Gradassi'Luii  R,  Gli  antichi  Ca- 

(itoli  del  CampiUU 

to,  5. 

j»        Gli  antichi  statuti  della 

Misericordia.  815. 

Gregoroxnus  F.   Il  libro  Rosso  del 

C.  di  Orvieto  360. 
Gubbio.  180,  18.-»,  350,  4oo,  463, 

823,  826,  828,  834. 
Gu^rrmi^^.  Storia  della  Fratta.  160. 

B.  lacopone  da  Todi.  183,  828,  830, 

SS.  Icone.  809. 
Iesi.  437,  8i4,  838. 

•L^ncellotti  S.  177. 
.  Lan^i  L.  S.  Benedetto   in  fundis 

ecc.  815. 
»  San  Gemini  e  il  suo 

palazzo,  816. 
Laurenzi  C.  822. 
Lazio.  694. 
Lazzarelli.  830,  832. 
S.Leo.  179. 
Lopardi  C.  i8t,  387. 
Leopardi  G.  171,  172,   180,   181, 
182,  827,  828,  829,  830,  834. 
Leopardi  M.  172,  .1 84,  829,  830. 
Lepanto.  437. 

Loreto,  185,  823,  824,  835. 
Loccatelli  Paolucci  T.  S.  Pietro  di 
Assisi  ecc.  816. 
S.  Lucia.  703. 


ALFABETICO 


847 

LuppatelU  A.  H  salone  del  palazzo 

del  Popolo.  817. 

•  Una  settimana  a  Pe- 

rugia, 817. 

»  Catalogo  della  pina- 

coteca Vannucci. 
817. 

Macerata.  190,    388,    4oi,    819, 
825,  830,  835,  8o4. 

Macereto.  i84. 

Magner  E.  176. 

Mamiani  T.  827,  84o. 

Marche.  63,  190,  394,  826,  84i. 

Marcolini  C.  Notizie  storiche  delle 
prov.  di  Pesaro  e  Urbino.  475. 

Marcotti  T.  830. 

Maroni  M,  Lettere  di  Benedetto 
XIV,  71  s.  Or.  830,  838. 

Marsi.  658. 

MarsoH  L.  Alberigo  Gentili.  818. 

Matteo  d*  Acquasparta.  183. 

Massa  di  Todi.  789. 

Mauruzi.  39^. 

Maxxatinti  G,  Cronaca  di  ser  Guer- 
riero ecc  463,  Gir.  84 1,  833. 

Menentillo  da  Spoleto.  833  ). 

Mercenario  da  Monteverde.  17$. 

Metaponto.  699. 

Micheletti  B.  388. 

Mignini  G,  Le   tradizioni  carolin- 
gie nell*  Umbria.  818,  836. 

Monte  cassino.  699. 

Monte  corona.  553,  823. 

Montefalco.  193,  635. 

Montefeltro.  187. 

Monti  Vincenzo.  389. 

Morsolin  B.   L'ortodossia  di  He- 
tro  Bembo.  390. 

Mùnti  E.  L*Ateleir  monetaire  de 
Roma.  815. 
»         Les  monuments  antiques 
de  Roma.  8x9. 

Nardi  P.  835.    ■ 
Nanni.  176,  4oo, 
Nazzano.  '69). 
Nicolò  di  Liberatore.  182. 
Nocera.  380. 
Norcia.  i84. 

Novali  F.  Un  umanisu  fabrianese 
del  sec,  XV.  103 . 


848 

Ocre.  697. 
Oddi  L.  701. 
Odeporico.  $4o. 
S.Oreste.  697. 

Orlando  G,  Storia"  di  Nocera.  380. 
Orvieto.  180;  187,  360,  703,813, 

826. 
Osimo.  83$. 

Pagliari  U.  Età  della   pietra   in  ^ 
Gubbio.  390. 

Paliiolo  P.  832. 

Pallotta  6.  ùi  torre  di  Macerata. 
819. 

Pasqualino  d'Ancona.  175,  182. 

Pausola.  843. 

Pergola.  177. 

Pergolesi.  188,  8x4. 

Perugia.  178,  x8o,  187,  188,  189, 
701,  817,  822,  829.  824,  825, 
827,  829.  833,  834. 

Perugino  Pietro.  177,  185,  186. 

Pesaro.  178,  i8o,  181,  182,  378. 

Petrucci.  J93. 

Piermarini  G.  182. 

Tila  Carocci  L.  La  Zecca  di  Spo- 
leto. 382. 

Pontoni.  387. 

Ponxano.  607. 
S.  Ponziano.  822. 

Properzio.  182. 

« 

Raffadli  F,  Le  Constituiiotus  Mar- 
chiae.  63. 
»        Sigillo  di  Mercenario  da 

Monteverde.  17$. 
»        Il  uberaacolo  di  bron- 
zo ecc.  391. 
Raffaello.  177,  179.  1B6,  188,  188, 
189,  376,  825,  828,  837,  843. 
Recanati.  180,  190,  389. 
Rieti.  168,  183,  684,  697,  810. 
Rossi  M,  La  b.  Angela  da    Foli- 
gno. 391. 
S.  Rufino.  808. 
Ruffo  Cardinale.  i84. 

Cabina.  694. 
Sacconi  G.  824. 
Sangemini.  607,  816. 


INDICE    ALFABETICO 


Sansi  Achille.  i84,  833,  838. 
Santoni  M,  Il  libro  rosso  del  Co- 
mune di  Camerino. 
»        Sisto  V,  ìa  sua  statua  di 

Camerino,  267. 
»        Pitture  di  Pa^anico.  820, 
»        Statuta  Vissi.  384. 
»        AttidiS.Ansovino.  391. 
»        Inventariò  ddla  Cat.  di 
Camerino.  501. 
Sassovivo.  186,  618.  830  831. 
Serrapetrona.  180,-829. 
Serrasanquirìco.  179. 
Servanii-Collio  S.  Descrizione  di 
una  lampada  ec.  392. 
9        Diserò  e  illustrazioni 

(fi  un  calice.  820. 
«        Kozze  Voglia  -  Cecca- 

roni.  821. 
9        Bibliografia.  839. 
S.  Severino.  8x4. 
Sinigaglia.  X71,  180. 
Sisto  V.  x84,  267,  827,  833. 
Spello.  388,  619,  823,  824. 
Spoleto.  178,  x84.  383,  387,  6i4, 

80J,  822,  833,  838. 
Spontini.  188. 
Storani  Innocenzo.  715. 
Stroncone.  815. 
Subiaco.  694. 


1  emi.  5,  815. 
Tiano  Sidicino.  701. 
Tinti  Giovanni.  X03. 
Todi.  x82,  S89,  84a 
B.  Tomassuccio.  180. 
Tomasso  da  Rieti.  183. 
Trinci.  182,  821,  83 x,  836. 
Trinità  della  Cava.  701. 
Turrito.  697. 


S.  Ubaldo.  4oo,  823, 
Ugolino  di  Nuzio.  810,  829. 
Umbertide.  160. 
Umbria.  394,  4oo,  848,  8x9,  823, 

829,  836,  84 1. 
Urbania.  833. 

Urbino.  X77,  178,  180,  187,    X89, 
360,  378,  810,  828. 


INDICE    ALFABETICO 

Valfabrica.  619. 

Varani  Battista.  x84. 

Vareno.  686: 

Ventidio  Basso.  188,  832. 

Venturino  da  Fabriano.  186. 

Vera  Giovanni.  185. 

Vcratti  B.  Lettera  d;  S.  Cateri- 
na; 821. 

Virna  A.  Cenni  storici  della  fa- 
miglia Mauru2i.  392. 

Vernarecci  A.  S.  Totnani  Amia- 
ni.  797. 

Verona  C.  A,  Vita  di  S.  Filippo 
Benizi.  821. 


849 


S.  Vincenzo  al  Volturno.  702. 

Visso.  179,  zM. 

Vitelli.  180. 
S.  Vittoria.  8x0,  829. 


H^eckerlin  I,  B,  PetruccL  395 
Woltaire.  831. 


bonghi  Aurelio.  838. 
Zuccari  F.  830. 


INDICE 


MEMORIE  E  DOCUMENTI 

Gradassi  Luzi  R.  Gli  antichi  capitoli  della  Fiera 

del  Campitello  di  Terni        ....     Pag.     5. 

Santoni  M.  Il  libro  rosso  del  Comune  di  Came- 
rino (  1207  -  1336  )     .        .        .        .        •      »       37. 

Raffaelli  F.  Le  ConstituHon^s  Marcbiae  Anconita- 

nae  ecc.  ( Cantinua^ime  e  fine)     •        .        .      jv       63. 

NovATi  F.  Un  Umanista   Fabrianese   del    secolo 

XV:  Giovanni  Tinti »     103. 

Faloci  Pulignani  M.  Vita  di  S.  Chiara  da  Mon- 

tefalco  ecc.  (  Continua:(ione  e  fine)        •        .      »     193. 

Santoni  M.  Sisto  V  e  la  sua  Statua  a  Q^mcrìno 

(  Con  tavola  ) »     267. 

Valeri  G.  L* Archivio  segreto  di  Serrasanquirico 

(  ConHnua:(ione  e  fine  ) »     294. 

Faloci  Pulignani  M.  Cronaca  di  Foligno  di  Buo- 

naventura  di  Benvenuto         .        .        .        .      »     317. 

Frati  L.   Federico    Duca   di  Urbino    e  il  Veltro 

Dantesco j»     360. 

Gregorovius  F.  Il  libro  dei  documenti  della  città 

di  Orvieto .      »     368. 

Castellani  L.  Tradizioni  popolari  della  Provin- 
cia di  Macerata n    401. 


852 

Annibaldi  G.  I  lesini  nella  battaglia  di  Lepanto         »     437. 
Mazz.vtinti  G.  Cronaca    di    Scr   Guerriero   ecc. 

(  Continwi:i^iont,e  fine  )         .        .        ,        .      »     463. 
Santoni  M.  Inventano  *^IIa  Ckkdrale  di  Carne» 

rino  (  1528  ) »     501. 

Faloci  PuLiGNANi  M.  L'  Odepofìco  deir  Abbate 

Di  Costanzo          .        •        .        .        .        .      »     510. 
FuB&i  L.  Santa  Lucia  Liberatrice  di  Orvieto         .       «    703. 
Marchi  M.  Lettere  di  Benedetto  XIV  all'Arcidia- 
cono I.  Storani  di  Ancona  ...        .        •      »     71$. 
Vernarecci  A.  Stefano  Tomani  Ami  ani      .        .      j     797. 
RIVISTA  BIBLIOGRAFICA  .        .        i>     158,  376,  799. 
BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO          »     172,  384,  808. 
SPOGLIO  DEI  PERIODICI  pel  2.'' semestre  1884  »     176. 
»                     »                  pel  /.**  semestre  iS8j  »     822* 
VARIETÀ  E  NOTIZIE          .        .        .     190,  394, 838. 
INDICE  ALFABETICO »     845. 


' 


Foligno,  18&6,  Sub*  Tipografico  P,  Sgariglia  ^  p.  MA2ZATiirri.res|>qipMbM^' 


E.  PLON,  NOU|(RIT  et  C> .  finprimeara-Editeurs,  RaeG»ranci<ré,  8  et  io  Paris. 

SAINT 

FiRÀNCbiS    D'  AiSSISE 


Le  livr^  que  noQs  annon^ons  est  consacré  à  celui  de 
tous  les  hommes  qui,  depuis  le  Christ,  a  conquis  dans  le 
monde  la  popularìté  la  plus  .vaste  et  exercé  sur  la  rodete 
chrétienne.l'infli^ence  la  plus    jjrofònde.  Saint  Frangois 

d'Assise  EST  LA  PLUS  HAUTE  FIGURE  DU   MOYEN   AGE, 

Toutes  ìtÈ  merveilles  de  sa  vie  et  mille  autres  jusq'  i 
nos  jours  sont  racontées  en  notre  livre  avec  les  dévelop- 
pemehts  et  r  ehthousiasme  qu'elles  méritent.  Vie  de  sàìnt 
FRAgoi3;  ^AiNT  Francois  APRjÉs  SA  mort:  tels  sont  les  ti- 
tres  des  deUx  grandes  parties  dont  T  oeuvre  entière  se* 
composej  et  la  seconde  oflre  eìle-rrièmé  trois  divisions 
qui  paraitront  rationnelles  et  claires:  l'  Ordre  de  Saint 
Francois;  les  Fils  de  saint  Francois;  saint  Francois 
dans  l'  art.  Ces  quélqués  lignes  mettént  sufEssament  no- 
tre pian  en  lumière» 

A  ce  beau  livre  on  a  voulu  donner  la  parure  d'  une 
illustratiòh  qui  n'  eùt  rieri  de  fantaìsiste,  mais  qui  fùt  pro- 
fundément  réelky  et,  pour  dire  le  mot  vrai,  historique. 


L'  ouvrage  forme  un  beau  volume  grand  in*4 

très  -  richement  illustre  de 

Sept  eaux-fortes  signées  Gaillard^  de  Mare^  Flameng,  Le  Rat; 

neuf  héliogravures,  tróis  chromolithographies^ 

quatre  dejssins  de  maìtres  reproduits  en  chromotypographie 

douze  grandes  gravures  sur  bois  hors  texte^  reproduissant 

les  chefs-d'  ceuvre  de  V  dxt, 
et  pWs  de  deux  cents  gravures  sur  bois  dans  le  texte. 

Prix:  broché,  50  francs. 

Cartonnné  60  fr.;  en  demi-reliure  chagrin,  avec  plaque 
speciale  mosaìque,  70  fr.;  en  demi-reliure  d'  amateur,  a- 
vec  coins,  tète  dorée,  70  fr. 


AI    SIGNORI     ASSOCIATI 


Con  questo  fascicolo,  il  nostro  Archivio 
Storico  per  le  Marche  e  per  t  Umbria  ter- 
mina il  secondo  volume.  Rammentiamo  agli 
Associati  morosi  di  fare  sollecitamente  il 
debito  loro,  poiché  è  solo  col  loro  concorso 
che  potremo  proseguire  la  pubblicazione 
periodica  del  nostro  Archivio,  il  quale  vive 
solo  col  sacrificio  privato  dei  Redattori.  Poi- 
ché per  Associati  noi  non  intendiamo  che 
quelli  i  quali  in  un  modo  o  in  un  altro 
esplicitamente  dettero  le  loro  adesioni,  e  poi- 
ché molti  di  questi  ci  devono  ancora  il  1884 
e  il  1885,  ci  sembra  che  alla  nostra  domanda 
essi  dovrebbero  dare  una  sollecita  risposta. 


U Archivio  Storico  per  le  Marche  e  per  tVmbria 
si  pubblica  in  Foligno  in  4  fascicoli  trimestrali^  che  for- 
mano un  volume  di  circa  800  pagine.  Prezzo  di  asso- 
ciazione Lire  quindici. 
Si  è  pubblicato  : 
Voi.  I.  (  1884  )  di  pag.  Vili  -  700      .    .    .    L.  15. 
Voi.  II.  (  1885  )  di  pag.  852  con  una  tavola    »    15. 

—  NON  SI  VENDONO  FASCICOLI  SEPARATI  — 

Dirigere  Lettere,  Manoscritti ,  Vaglia  ecc.  in  Foli- 
gno al  Sig.  D.  Michele  Faloci  Pulignani. 

Foligno,  Stab.  Tip.  P.etro  Sgariglia  7  Febbraio  i$86.